reazioni avverse ai farmaci nel gatto

REAZIONI AVVERSE
AI FARMACI NEL GATTO
Dawn Merton Boothe, DVM, MS, PhD
Diplomate ACVIM (Internal Medicine) ed ACVCP
Department of Veterinary Physiology and Pharmacology
College of Veterinary Medicine
Texas A&M University
College Station, Texas 77843
cato dal propranololo, β-antagonista non selettivo; Figura 1) o da un effetto citotossico non correlato nel quale,
come conseguenza delle azioni farmacologiche del farmaco, si verifica la morte cellulare (ad es., metemoglobinemia indotta da acetaminofene; Figura 2). Le reazioni avverse spesso riflettono differenze nella farmacocinetica (eliminazione del principio attivo) o nelle risposte
farmacodinamiche. Anche se è possibile che alcune di
queste risposte nel gatto siano dovute alle variazioni della composizione dei tessuti, probabilmente la causa più
comune è rappresentata dalle differenze nei processi di
eliminazione del farmaco o dalla nostra incapacità, come
clinici, di compensarle nei protocolli di dosaggio.
A differenza di quelle di tipo A, le reazioni avverse di
tipo B (“bizzarre”) sono risposte inattese ed aberranti,
non correlate all’effetto farmacologico dell’agente utilizzato. Non sono dose-dipendenti, sono imprevedibili e si
verificano in una minima percentuale della popolazione.1
Riflettono probabilmente delle differenze sconosciute
nel rapporto fra tessuti bersaglio e farmaco, nelle caratteristiche genetiche o nelle allergie ai farmaci, piuttosto
che nella farmacocinetica. Al contrario delle reazioni avverse di tipo A, quelle di tipo B sono difficili da evitare.1
Numerose reazioni da farmaci nel gatto sono considerate di tipo B.
Nonostante la diffusione dei gatti come animali da
compagnia, i protocolli di dosaggio di molti farmaci indicati per l’impiego nei felini derivano da estrapolazioni
di quelli messi a punto per altre specie, in particolar modo il cane e l’uomo. La conseguenza più significativa
dell’uso di protocolli di dosaggio o indicazioni così
estrapolate è il potenziale verificarsi di reazioni avverse
al farmaco. In effetti, un po’ di tempo fa è stata pubblicata una rassegna sull’uso dei vari agenti nel gatto, con
particolare riguardo alle reazioni avverse.1-4 Con l’eccezione di alcune segnalazioni di casi isolati, le nuove
informazioni raccolte su questo argomento nella specie
felina sono scarse.
SUSCETTIBILITÀ DEL GATTO
ALLE REAZIONI AVVERSE AI FARMACI
Definizione di reazione avversa
al farmaco
Le reazioni avverse ai farmaci, distinte in tipo A e tipo B, comprendono qualsiasi effetto indesiderato o involontario del trattamento con il farmaco.5 Quelle di tipo A
(“effetto aumentato”) sono risposte esagerate, ma per il
resto normali ed attese, all’azione farmacologica (o tossica) di un dato agente. Generalmente riflettono il raggiungimento di concentrazioni plasmatiche comprese
nell’intervallo tossico. Pertanto, si verificano in un’elevata percentuale della popolazione in cui le concentrazioni hanno superato il limite di tossicità e sono prevedibili e, quindi, ampiamente evitabili. Una risposta avversa ad un farmaco può essere data da un suo effetto farmacologico primario (deliberato), sebbene esagerato (ad
es., la cronotropia negativa indotta dal propranololo), da
una risposta secondaria (ad es., il broncospasmo provo-
Correlazione tra farmacocinetica
del farmaco e reazioni avverse di tipo A
Le risposte farmacologiche (reazioni di tipo A) ad un
dato agente sono di norma correlate in misura lineare alla concentrazione dello stesso nel plasma. Quindi, i livelli tissutali, che tendono a mostrare un andamento parallelo a quelli plasmatici, rappresentano di solito i fattori che determinano in ultima analisi l’entità della risposta
11
Sovradosaggio
Propranololo
β1e2
Effetto
respiratorio
secondario
Esagerata
risposta
cardiaca
Bradicardia
β1
Ipotensione
(-)
Cronotropo
β1
Ipotensione
Broncocostrizione
β2
Dispnea
Figura 1 - Il sovradosaggio del propranololo, antagonista non selettivo dei recettori β-adrenergici, causa una risposta esagerata e prevedibile (bradicardia). Tuttavia, si ha anche un effetto secondario indesiderabile, dovuto alle azioni non selettive del farmaco sui bronchi.
(Riprodotto con autorizzazione da Boothe D: Small Animal Clinical Pharmacology and Therapeutics. Philadelphia, WB Saunders, in corso
di stampa.)
l’esterno dell’organismo.6 La misura in cui ciascuno di
questi fattori determina la farmacocinetica di un particolare agente dipende dalle sue caratteristiche chimiche (ad
es., dalla sua lipo- o idrosolubilità, dalla dimensione della molecola e dal pKa), così come da svariate condizioni
ambientali locali. Ad esempio, l’assorbimento attraverso
l’apparato digerente è determinato principalmente da pH
gastroenterico, motilità, permeabilità epiteliale, estensione della superficie e perfusione ematica. La distribuzione avviene nei vari comparti dell’organismo (ad es., plasma, fluidi extracellulari o contenuto idrico corporeo totale) ed è influenzata dalla dimensione degli stessi (Vd =
volume di distribuzione), dalla misura in cui il farmaco è
legato alle proteine plasmatiche (principalmente l’albumina), dalla perfusione dei tessuti e dal loro legame con
la molecola. La metabolizzazione avviene principalmente nel fegato ed è determinata dalla perfusione dell’organo, dalla sua capacità di mettere in atto un metabolismo
intrinseco, dalla secrezione biliare e, per alcuni farmaci,
dal loro legame con le proteine plasmatiche. L’escrezio-
ad un farmaco, indipendentemente dal fatto che questa
sia primaria (attesa), secondaria o tossica. Spesso, la relazione concentrazione-risposta al farmaco sembra essere la stessa per la maggior parte delle specie animali. L’obiettivo della farmacoterapia è quello di somministrare
una dose che raggiunga l’intervallo terapeutico, cioè che
consenta di raggiungere il picco (massimo livello efficace) delle concentrazioni del farmaco nel plasma senza
che si verifichino cadute sotto il livello minimo (efficacia
minima) delle stesse concentrazioni durante l’intervallo
di tempo che separa due somministrazioni consecutive.
Le concentrazioni plasmatiche massime e minime dopo
la somministrazione di un farmaco secondo uno specifico protocollo di dosaggio sono determinate dai fattori
che controllano la distribuzione ed eliminazione del farmaco stesso.6 Questi includono l’assorbimento dalla sede di somministrazione (per lo più il tratto gastroenterico) ed il passaggio nella circolazione sistemica, la distribuzione dal sangue circolante ai tessuti corporei e poi da
questi al circolo, ed il metabolismo e/o l’escrezione al-
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acetaminofene
Eritrociti
Metaboliti tossici
deplezione
nel gatto
glucuronidazione
metabolismo di fase I
citocromo P450
eliminazione
glutatione
Figura 2 - L’acetaminofene causa una reazione avversa di tipo citotossico in tutte le specie animali, se si raggiunge un sovradosaggio abbastanza elevato. I gatti sono predisposti alla tossicità perché risultano carenti degli enzimi della glucuronidazione necessari a coniugare
ed eliminare il farmaco. Quest’ultimo viene quindi dirottato verso il metabolismo di fase I. I suoi prodotti sono reattivi e danneggiano gli
eritrociti (causando metaemoglobinemia) del gatto ed il fegato di tutte le specie animali. Il glutatione, un agente di coniugazione di fase II,
elimina i metaboliti reattivi dell’acetaminofene. Tuttavia, nel gatto va incontro ad una rapida deplezione. L’N-acetilcisteina è un precursore
del glutatione che può penetrare attraverso le membrane cellulari e viene utilizzato per il trattamento dell’intossicazione da acetaminofene.
La cimetidina, un inibitore del metabolismo di fase I, può diminuire la tossicità da acetaminofene. (Riprodotto con autorizzazione da Boothe
D: Small Animal Clinical Pharmacology and Therapeutics. Philadelphia, WB Saunders).
ne renale rappresenta il meccanismo principale con il
quale principi attivi o metaboliti sono eliminati dall’organismo. La clearance renale delle varie molecole è determinata dalla perfusione dell’organo, dalla filtrazione
glomerulare (che dipende, in parte, dal legame farmacoproteico) dalla secrezione tubulare attiva e dal riassorbimento tubulare passivo (che può essere influenzato dalla
liposolubilità e dal pKa del farmaco, nonché dal pH urinario). La somma degli effetti di questi fattori determina
le concentrazioni plasmatiche del farmaco ed il tempo richiesto per eliminarlo dall’organismo, che può essere valutato comunemente attraverso l’emivita plasmatica, ma
anche, più appropriatamente, in base alla velocità (volume per unità di tempo) della clearance corporea totale.
I protocolli di dosaggio raccomandati sono applicabili soprattutto quando sono basati su studi controllati che
descrivono la correlazione tra tempo e livelli plasmatici
del farmaco (farmacocinetica clinica)5,6 nelle specie prese in considerazione. Le differenze fra specie nella farmacocinetica dei singoli agenti non consentono l’estra-
polazione dei protocolli di dosaggio fra specie. Inoltre, le
variazioni fra sottopopolazioni di gatti (ad es., giovani o
anziani, malati o sani) possono comportare reazioni avverse anche nel caso in cui siano stati impiegati protocolli di dosaggio specifici per gli animali di questa specie. Il presente lavoro è incentrato sulle reazioni con le
maggiori probabilità di riflettere le differenze fisiologiche esistenti nei felini, ma va fatto rilevare che sull’insorgenza di queste reazioni possono influire anche gli effetti delle malattie e quelli derivanti dalla somministrazione di altri agenti (interazioni fra farmaci).
RUOLO DELLE DIFFERENZE
DI SPECIE NELLE REAZIONI
AVVERSE AL FARMACO
Le specie fisiologicamente simili tendono ad avere
modelli farmacocinetici sovrapponibili e spesso è possibile utilizzare lo stesso protocollo di dosaggio per la me-
13
desima molecola.7 Di conseguenza, i protocolli di dosaggio studiati per il cane possono spesso essere estrapolati
al gatto, poiché entrambi sono carnivori. Tra le due specie esistono, tuttavia, alcune differenze relative alla farmacocinetica che possono portare allo sviluppo di reazioni avverse nei gatti trattati in modo inappropriato con
i protocolli di dosaggio per il cane.
La velocità e l’entità dell’assorbimento del farmaco
sembrano simili in entrambe le specie, indipendentemente dalle vie di somministrazione. Possono fare eccezione
le preparazioni a lento rilascio, ancora poco note sia nel
cane che nel gatto. Le differenze nella distribuzione del
farmaco fra le due specie, pur essendo di minore entità,
possono occasionalmente risultare importanti. Ad esempio, nel gatto il legame del farmaco con le proteine plasmatiche viene studiato solo raramente; tuttavia, per gli
agenti altamente legati alle proteine, differenze anche
minime nel grado di legame possono portare a fenomeni
di tossicità. Questa è una delle numerose ragioni per cui,
nei felini, l’impiego di farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS), generalmente legati in misura superiore
al 90%, deve essere fondato su prove scientifiche di sicurezza. In generale, i composti liposolubili hanno una
maggiore probabilità di quelli idrosolubili di presentare
un elevato legame con le proteine e, nel gatto, vanno usati con cautela. Il volume ematico dei felini (70 ml/kg) è
inferiore a quello del cane (90 ml/kg); di conseguenza, i
farmaci idrosolubili vengono diluiti da un volume minore, il che tende a determinare il raggiungimento di livelli
plasmatici più elevati che nel cane. I gatti hanno approssimativamente le stesse dimensioni dei cani delle razze
di piccola taglia. Quindi, le dosi stabilite per i cani di media e grossa taglia possono non essere adatte a loro, perché gli animali di minori dimensioni possiedono una superficie corporea più ampia. Il gatto malato non mantiene lo stato di idratazione come il cane; gli squilibri idrici derivanti dalla disidratazione possono alterare anche la
distribuzione del farmaco.
Le differenze farmacocinetiche più significative fra
cane e gatto sono probabilmente dovute a variazioni del
metabolismo.8 Le molecole sufficientemente idrosolubili
di solito non richiedono un metabolismo epatico. Questi
farmaci (ad es., aminoglicosidi o antibiotici β-lattamici)
sono escreti in gran parte inalterati con l’urina e presentano modelli di farmacocinetica e protocolli di dosaggio
spesso simili nelle due specie. Al contrario, per poter essere escreti gli agenti liposolubili richiedono tipicamente
la conversione a forme idrosolubili. La funzione della metabolizzazione del farmaco è quella di modificare chimicamente la forma liposolubile in idrosolubile, che risulta
più facile da eliminare, di norma attraverso l’escrezione
renale.9 Se non vengono metabolizzati, i farmaci liposolubili si possono accumulare sino a raggiungere concentrazioni tossiche. Nella maggior parte dei casi la metabolizzazione dei farmaci ha luogo nel fegato in due fasi, ciascuna catalizzata da enzimi specifici. Quelli di fase I ossidano, riducono o idrolizzano il farmaco; la variazione
chimica di solito aumenta l’idrosolubilità, in modo che la
molecola risulti maggiormente suscettibile all’attività degli enzimi di fase II. La maggior parte degli enzimi di fase I appartiene al sistema del citocromo P-450. Gli enzimi di fase II catalizzano la coniugazione di molecole di
grosse dimensioni come i gruppi glucuronide, glutatione,
solfato ed acetile e gli aminoacidi (ad es., taurina e glicina) con i farmaci di partenza o i loro metaboliti di fase I.9
L’addizione o la coniugazione di una molecola di grosse
dimensioni esita quasi sempre in un composto inattivo,
idrosolubile, che può essere escreto facilmente attraverso
la bile o l’urina.9 Un importante ruolo degli enzimi di fase II è la coniugazione e la rimozione dei prodotti del metabolismo dei farmaci di fase I, che altrimenti potrebbero
essere tossici. La più comune reazione di fase II è la coniugazione del glucuronide, catalizzata da una famiglia di
glucuroniltransferasi. I farmaci contenenti gruppi –OH, COOH, -NH2, -HN ed SH (ad es., morfina, cloramfenicolo, acido salicilico e molecole affini, ed alcuni sulfamidici) sono particolarmente suscettibili alla glucuronidazione.9 La glutatione-transferasi è un altro importante enzima di fase II, poiché funge da eliminatore di farmaci e/o
metaboliti tossici. La deplezione del glutatione determinata da alcune molecole può portare ad un accumulo di
composti potenzialmente tossici.9
Nel gatto, l’identificazione degli enzimi di fase I e dei
farmaci che costituiscono i loro specifici substrati non è
ancora stata descritta con precisione. In questa specie
animale, sono state rilevate carenze di metilazione e di
idrossilazione che possono essere responsabili delle differenti modalità di attivazione del profarmaco (ad es., del
primidone in fenobarbital) o delle reazioni avverse a certi agenti (come il cloramfenicolo).10-13 Le differenze fra
gli enzimi di fase II ed i farmaci che fungono loro da substrato sono state meglio identificate nei felini e consentono di spiegare molte delle variazioni della farmacocinetica rispetto al cane.8-11 La maggior parte di esse è dovuta ad una carenza, nel gatto, nella coniugazione con il
glucuronide dovuta ad una bassa concentrazione di alcune glucuroniltransferasi. Molti farmaci che in altre specie animali sono escreti per coniugazione con il glucuronide nel gatto sono caratterizzati da una riduzione della
clearance ed un prolungamento dell’emivita.7,8,10,11 Nei
felini, i livelli tossici si possono accumulare molto più rapidamente ed è più facile l’insorgenza di risposte farmacologiche esagerate o fenomeni di tossicità. Tuttavia, non
tutti i farmaci coniugati con il glucuronide sono tossici
nel gatto. Ciò è vero per vari motivi. In primo luogo, in
questi animali si riscontra solo la carenza di alcune famiglie di glucuroniltransferasi. La capacità di questa specie
di coniugare ed eliminare per escrezione substrati endogeni come la bilirubina, la tiroxina e gli ormoni steroidei
è simile a quella delle altre. Invece, il metabolismo di una
varietà di farmaci esogeni (in particolare i fenoli), acidi
aromatici ed amine nel gatto ha luogo molto più lentamente che nelle altre specie.8,14 Il grado di carenza e di
potenziale tossicità dipendono dal farmaco che funge da
14
considerata come un agente adatto da somministrare dopo un trattamento con qualsiasi farmaco capace di causare la metemoglobinemia nel gatto.
Le reazioni avverse di tipo A di norma sono dovute
ad elevate concentrazioni plasmatiche di farmaco. La loro incidenza può essere ridotta:
substrato. Ad esempio, alcuni composti fenolici vengono
coniugati in misura sufficiente, mentre altri no. In secondo luogo, i farmaci coniugati al glucuronide che possiedono un ampio margine di sicurezza sono caratterizzati
da ridotte reazioni avverse, anche se si verifica un accumulo. In ultimo, in assenza di glucuronide, queste molecole possono essere sufficientemente metabolizzate con
un processo alternativo. Nel gatto, possono risultare particolarmente ben sviluppate alcune reazioni di solfatazione e molti farmaci che nel cane vengono escreti coniugati al glucuronide nei felini possono invece essere
eliminati come composti solforati.8 Tuttavia, in questa
specie, sembrano venire facilmente saturati altri sistemi
di coniugazione dei solfati.14 Sfortunatamente, le vie metaboliche alternative possono anche contribuire alla tossicità di certi agenti, perché possono coinvolgere gli enzimi di fase I che catalizzano la formazione di metaboliti tossici. Questi composti deviati su un’altra via metabolica possono risultare molto tossici nel gatto, mentre in
altri animali mostrano una tossicità minima (ad es. acetaminofene).8,14,15
Un’altra variazione di specie fra cane e gatto che può
comportare nei felini la comparsa di reazioni avverse dopo la somministrazione di farmaci specifici è la sensibilità degli eritrociti (cioè dell’emoglobina) dei felini all’ossidazione e, quindi, alla metemoglobinemia. Secondo quanto segnalato in letteratura, i farmaci risultati in
grado di causare la metemoglobinemia nel gatto sono gli
antisettici urinari che contengono blu di metilene,16 l’acetaminofene14,15,17 ed i composti correlati,14 la benzocaina e alcuni affini,18 ed il propiltiouracile.19 Nel gatto, è
stata ipotizzata una sensibilità selettiva dell’emoglobina
B in confronto con quella A. Come possibile causa è stata anche suggerita la possibilità che esistano differenze
nella struttura di questa molecola.16,17,20,21 L’emoglobina
felina contiene fino a 20 gruppi sulfidrilici, in confronto
ad un massimo di 4 nelle altre specie. I gruppi sulfidrilici tendono ad essere reattivi e, di conseguenza, sono suscettibili all’interazione con le parti reattive dei farmaci
d’origine o dei loro metaboliti. Quindi, nel gatto potrebbe essere necessario mantenere in stato ridotto un maggior numero di gruppi sulfidrilici.21 Un altro possibile
meccanismo per aumentare la formazione di metemoglobina in questa specie potrebbe essere l’esistenza di un
differente livello intracellulare degli enzimi che coniugano il glutatione. Dal momento che questi enzimi eliminano i prodotti reattivi che potrebbero ossidare i gruppi
sulfidrilici, una relativa carenza di questi ultimi potrebbe
predisporre il gatto all’ossidazione dell’emoglobina. Il
ruolo dei livelli intracellulari o dell’attività dei sistemi
che coniugano il glutatione negli eritrociti dei felini non
è stato ben chiarito. Tuttavia, poiché dopo un avvelenamento da acetaminofene il gatto risponde favorevolmente all’integrazione con precursori del glutatione (N-acetilcisteina), questo sistema può presentare delle variazioni di attività che possono essere importanti e devono essere approfondite. Inoltre, la N-acetilcisteina può essere
• Arrivando a formulare una diagnosi definitiva prima
del trattamento
• Usando farmaci appropriati in accordo con i protocolli raccomandati
• Impiegando farmaci alternativi (meno tossici) in tutti
i casi in cui sono disponibili
• Effettuando una valutazione del paziente, sia prima
che durante il trattamento (ad es., mediante visita clinica ed esami di laboratorio), che tenga particolarmente in considerazione gli organi bersaglio della
tossicità
• Interrompendo la somministrazione del farmaco se
compaiono segni di tossicità
• Valutando la risposta terapeutica e sospendendo o cambiando la terapia se non compaiono segni di remissione
• Assicurandosi che lo stato di nutrizione e di idratazione del paziente siano il più possibile vicini alla
normalità
• Evitando terapie combinate nei casi non espressamente indicati
• Avendo familiarità con i fenomeni tossici, prevedendone l’insorgenza e tenendosi pronti ad intervenire
con gli opportuni antidoti.
Nei casi in cui è necessaria una terapia combinata, bisogna tenere presente la potenziale interazione fra i farmaci ed evitare le associazioni inappropriate. Può essere
utile somministrare vari agenti in tempi diversi. Quando
possibile, vanno particolarmente evitate le molecole potenzialmente in grado di indurre tossicità a carico dello
stesso organo (ad es., aminoglicosidi e FANS). Inoltre, in
caso di necessità si devono modificare i protocolli di dosaggio per compensare le variazioni della farmacocinetica indotte da differenze fisiologiche (ad es., l’età) o da
malattie.
Uno dei principali problemi connessi all’estrapolazione delle dosi nel gatto si ha quando si devono utilizzare preparazioni destinate all’impiego nell’uomo, perché le dimensioni delle compresse spesso impediscono
un dosaggio accurato. Va tenuto presente che molte farmacie del Paese oggi forniscono specificamente i veterinari e, quindi, sono in grado di affrontare queste difficoltà. Inoltre, in commercio si trovano dei veicoli o composti inerti utilizzabili per diluire i farmaci in volumi di
più facile impiego. D’altro canto, alcune di queste farmacie vantano la capacità di formulare “nuovi prodotti”
il cui impiego trova giustificazioni di poco valore o scarso fondamento scientifico. Secondo l’esperienza dell’autore, nel caso di alcune farmacie costituisce un problema
anche il controllo di qualità delle capsule di piccole di-
15
mensioni. L’approccio più saggio sarebbe quello di impiegare farmaci non modificati da una riformulazione.
Le reazioni avverse di tipo B sono imprevedibili e
quindi difficili da evitare.15,16 La modificazione dei protocolli di dosaggio non offre protezione dalle risposte
idiosincrasiche o allergiche, né da molte reazioni geneticamente determinate. Il monitoraggio frequente durante
il trattamento, in particolare dell’organo bersaglio della
tossicità, rappresenta probabilmente il metodo migliore
per ridurre l’incidenza nel gatto delle reazioni di tipo B
precedentemente citate.
tevolissime. Infine, nei felini sono da proscrivere anche
le preparazioni contenenti glicol propilenico, alcool benzilico o altri veicoli o conservanti sconosciuti, perché
possono causare reazioni avverse.
Farmaci idrosolubili
Come regola generale, l’estrapolazione al gatto dei dosaggi stabiliti per altre specie animali è più auspicabile per
i farmaci idrosolubili che per quelli liposolubili. I primi,
generalmente caratterizzati da un volume di distribuzione
inferiore a 3 l/kg, tendono ad essere distribuiti ai fluidi extracellulari, legarsi alle proteine solo in misura trascurabile e presentare una minima metabolizzazione epatica. Poiché il volume di distribuzione del farmaco e la sua eliminazione renale sono spesso simili nelle varie specie animali, è frequentemente possibile estrapolare al gatto sia le
dosi che gli intervalli fra le somministrazioni utilizzati per
questi agenti. Nell’uomo, le dosi sono di norma stabilite
per la somministrazione a soggetti giovani, di sesso maschile e del peso di 70 kg, per cui è possibile dividere di
conseguenza il dosaggio (espresso in mg) per calcolare
una posologia in mg/kg per il gatto. Tuttavia, nei felini le
dosi ottenute devono probabilmente essere ridotte per
compensare le differenze nel volume ematico. Questa correzione risulta tanto più importante quanto più tossico è il
farmaco, in particolare per le sostanze che agiscono sul sistema nervoso centrale (SNC) o per quelli cardioattivi.
MODIFICAZIONE DEI PROTOCOLLI
DI DOSAGGIO
L’estrapolazione dei protocolli di dosaggio tra specie
animali differenti si deve basare su una conoscenza della
farmacologia clinica della molecola da somministrare e
del paziente destinato a riceverla. La sicurezza dell’estrapolazione è direttamente proporzionale a quella del
farmaco impiegato. Per contribuire a determinare la sicurezza ed i fattori che determinano la farmacocinetica di
un nuovo agente è possibile basarsi su informazioni come quelle fornite da pubblicazioni quali Physician’s Desk Reference e Veterinary Pharmaceuticals and Biologicals. Possono anche essere d’aiuto le nuove pubblicazioni informative di tipo professionale. Certamente, Internet
può essere una risorsa, purché si stia attenti ad utilizzare
informazioni attendibili. L’estrapolazione deve essere
tanto più cauta quanto più è malato il gatto destinato a ricevere il farmaco. È necessario conoscere lo stato di salute dell’animale, ed evitare le estrapolazioni se risultano
colpiti dalla malattia organi importanti per i processi farmacocinetici. Generalmente, è più sicura la somministrazione per via orale (anche se può comportare un maggior
rischio di irritazione gastrica), mentre va evitata l’infusione endovenosa perché determina livelli plasmatici più
elevati. In generale, sono da escludere i farmaci con
un’emivita prolungata in altre specie animali (8-12 ore o
più) e quelli che richiedono una metabolizzazione epatica. Se il farmaco viene somministrato con un intervallo
inferiore al valore di emivita riportato per altre specie, è
prevedibile l’accumulo. In questi casi, sono indicati la riduzione del dosaggio ed il prolungamento dell’intervallo
fra le somministrazioni. Occorre rilevare che può darsi
che le massime reazioni avverse non compaiano sino a
che non sia stato completato l’accumulo (cioè al raggiungimento delle concentrazioni allo stato stazionario
[steady-state]). Va aggiunto che, se l’emivita del farmaco è lunga, anche il tempo necessario per eliminare i segni clinici dovuti a reazioni avverse sarà lungo. È quindi
necessario prevedere l’insorgenza di questo tipo di problemi e disporre di antidoti o trattamenti sintomatici da
utilizzare in caso di necessità. Le preparazioni a lento rilascio vanno evitate nel gatto solo perché le differenze di
velocità di assorbimento fra le specie possono essere no-
Farmaci liposolubili
Al contrario di quelli idrosolubili, i farmaci liposolubili presentano caratteristiche farmacocinetiche con maggiori probabilità di variare da una specie all’altra. Spesso associati ad un Vd di 0,6 l/kg, sono ben distribuiti nell’organismo e possono legarsi ai tessuti. Presentano frequentemente anche un significativo legame con le proteine. È poi
più probabile che richiedano una metabolizzazione epatica.
Indipendentemente dal tipo di processi metabolici attuati
nel fegato, si deve prevedere che il gatto presenti delle carenze a carico di una o più vie, principalmente se la glucuronidazione rappresenta un meccanismo importante nell’eliminazione del farmaco. Anche se l’impiego di questo tipo di metabolizzazione non indica necessariamente che l’eliminazione del farmaco sarà più lenta nel gatto, questi
agenti dovranno essere utilizzati con cautela fino a che uno
studio appropriato non ne avrà stabilito la cinetica nei felini. Di certo, va prolungato l’intervallo fra le somministrazioni e, se questo risulta più breve dell’emivita, si deve anche ridurre il dosaggio. Si può fare un’eccezione nei casi in
cui il principio attivo impiegato può essere monitorato o è
caratterizzato da un’ampia finestra terapeutica. Se l’acetilazione costituisce una delle principali vie di eliminazione
di fase II, è probabile che nel gatto il farmaco possa essere
metabolizzato più rapidamente che nel cane.
16
FARMACI CHE SUSCITANO REAZIONI
AVVERSE NEL GATTO
della sulfasalazina può essere migliorata utilizzando la
sospensione orale ad uso pediatrico. Esistono anche due
preparazioni per enteroclisma controindicate nel gatto: i
clismi saponosi contenenti esaclorofene (vedi oltre, “Farmaci vari”) e quelli commerciali a base di fosfati. I principi attivi di questi ultimi, cioè i sali dei fosfati, possono
essere rapidamente assorbiti dalla mucosa rettale. Nell’arco di 20 minuti dalla somministrazione possono comparire iperfosfatemia, ipocalcemia ed ipernatremia potenzialmente fatali.25 Sono particolarmente predisposti
allo sviluppo di queste complicazioni i gatti disidratati
e/o debilitati. I segni clinici che possono comparire entro
20 minuti comprendono collasso, vomito violento, ipersalivazione, tachicardia, cianosi, ipotermia, fascicolazioni muscolari e tetania. La terapia consiste nel ripristino
dei livelli sierici di calcio e nella correzione degli squilibri elettrolitici.26
È probabile che i farmaci che causano una reazione
avversa nel cane abbiano lo stesso effetto nel gatto. La
parte restante del presente lavoro sarà incentrata sui farmaci per i quali l’insorgenza di una reazione avversa è
più probabile nel gatto che nel cane.
I felini sembrano essere più predisposti alla degranulazione delle mast cell e, di conseguenza, al rilascio di
istamina indotto dai farmaci cationici (basici). Ne deriva
una reazione anafilattoide, che si presenta come l’anafilassi, ma non è legata alle immunoglobuline E (allergia).
Di conseguenza, può essere utile somministrare una piccola dose di prova per rilevare la comparsa di risposte indesiderate. Sono farmaci di questo tipo l’amfotericina B
ed i mezzi di contrasto radiografici. Il rischio di risposta
anafilattoide aumenta se i farmaci vengono somministrati per via endovenosa.
Farmaci attivi sul sistema nervoso
centrale e periferico e farmaci
impiegati per il controllo del dolore
Farmaci gastroenterici
Nel gatto, è possibile che numerosi anticonvulsivanti
non siano sicuri. Sia nel cane che nel gatto, il primidone
viene metabolizzato nei suoi derivati attivi, il fenobarbital e la feniletilmalonamide (PEMA). Nel gatto, però,
questo metabolismo risulta molto più lento che nel cane;
le concentrazioni plasmatiche di picco del primidone sono molto più elevate di quelle del fenobarbital nei gatti
dopo la somministrazione di una dose di primidone adatta per il cane. Un dosaggio di 20 mg/kg per via orale due
volte al giorno per 3 mesi non ha causato gravi reazioni
avverse,27 ma l’efficacia del primidone a questa posologia come anticonvulsivante nei felini risulta discutibile.
A seguito della somministrazione di una singola dose,
variabile fra 25 e 100 mg/kg, nel gatto è stata descritta
una tossicità da primidone, che si manifestava con temporanea atassia e depressione. In questa specie, l’emivita della fenitoina è superiore alle 40 ore, il che può determinare un rapido accumulo, anche quando viene somministrata con cautela. Si possono verificare sedazione,
atassia ed anoressia, provocate da intossicazione da fenitoina.28 Inoltre, in letteratura sono stati riportati casi di
atrofia reversibile del derma in gatti trattati con fenitoina.29 In questi animali, il diazepam è stato considerato il
secondo farmaco d’elezione per il controllo delle convulsioni. Tuttavia, recenti segnalazioni di necrosi epatica
acuta ed insufficienza epatica dopo somministrazione di
diazepam suggeriscono di utilizzare farmaci alternativi
(ad es., bromuro). L’autore ha utilizzato bromuro di potassio (15 g/kg ogni 12 ore per via orale) senza riscontrare alcun segno di reazione avversa nel gatto. L’epatopatia indotta dal diazepam sembra essere una reazione di
tipo B (cioè non dose- o tempo-dipendente) e si osserva
in una piccola percentuale di pazienti trattati con il farmaco. Sono state implicate anche altre benzodiazepine.
Per indurre il vomito nel gatto occorrono dosi di apomorfina più elevate che nel cane e la depressione del sistema nervoso centrale associata al farmaco ne preclude
o complica l’uso, come un emetico nei felini.22 L’impiego di sciroppo di ipecacuana nel gatto è controverso, ma
probabilmente si tratta di un agente sicuro, se usato con
cautela. Contiene emetina, che viene assorbita a livello
sistemico e può essere tossica. Di conseguenza, le somministrazioni ripetute sono da evitare e nel caso che il
gatto non vomiti può essere indicata la lavanda gastrica.22,23 Per la sua breve emivita e la tendenza a causare alterazioni comportamentali non è inoltre consigliato un
agente anticolinergico, la scopolamina. È controverso
l’impiego del difenossilato, un derivato della meperidina.22,23 La loperamide, un derivato del difenossilato, non
attraversa la barriera ematoencefalica ed è disponibile
come prodotto da banco. Pur essendo meno efficace del
difenossilato, può essere usata nel gatto con reazioni avverse di minima entità.22,23a Le preparazioni di salicilato
basico di bismuto contengono acido salicilico che, in seguito a somministrazioni ripetute, può potenzialmente
arrivare a livelli tossici.24,25 La salicilazosulfapiridina
(sulfasalazina) può essere impiegata nel trattamento della colite cronica del gatto;24 una parte del farmaco viene
convertita ad opera dei microrganismi del colon in un derivato dell’acido salicilico che, nell’uomo, può essere assorbito dalla mucosa di questo tratto intestinale in una
percentuale che può arrivare fino al 30%. Poiché nel gatto l’acido salicilico si accumula facilmente, questo agente va utilizzato con cautela. La precisione del dosaggio
a
Burrows, Colin. Comunicazione Personale. Small Animal Clinical
Sciences, University of Florida, Gainesville, Florida, 1990.
17
L’eccitazione comunemente riferita nel gatto a seguito di terapia con oppiacei può riflettere differenze fra i tipi o i livelli di recettori specifici nel sistema limbico, o
semplicemente un relativo sovradosaggio di morfina.30
Quest’ultima può anche stimolare l’attività del SNC attraverso il rilascio di agenti dopaminergici o noradrenergici.30 Nonostante questi effetti, nel gatto si possono usare con tranquillità parecchi derivati della morfina. Diversi altri possono essere impiegati a dosaggio ridotto, come
gli agonisti puri morfina e ossimorfone, l’agonista/antagonista narcotico butorfanolo,31,32 e l’agonista parziale
buprenorfina. Inoltre, nel gatto sembrano essere sicuri i
cerotti al fentanil (25 µg/h).
Gli anestetici locali sono comunemente impiegati per
desensibilizzare la mucosa laringea, prima dell’intubazione tracheale. Tuttavia, nel gatto l’uso di prodotti contenenti benzocaina è da evitare. L’applicazione topica di
questo agente sulla cute o sulla laringe può provocare
una metemoglobinemia. Inoltre, non è rara l’insorgenza
di edema laringeo e difficoltà respiratoria a seguito di applicazione laringea.33,34,b
Nel gatto, l’acido acetilsalicilico è un efficace analgesico, antinfiammatorio ed antipiretico. Tuttavia, nella
maggior parte delle specie animali questo e gli altri salicilati sono eliminati come coniugati con glucuronide;
quindi, nei felini risultano prolungate sia l’emivita plasmatica che la clearance di queste molecole. Ad esempio,
l’emivita plasmatica dell’acido acetilsalicilico nel gatto
risulta essere di 38 ore nel gatto a confronto delle 9 ore
nel cane.35 Il protocollo di dosaggio raccomandato per la
terapia con questo farmaco nel gatto, rispetto a quello del
cane, riflette sia un calo di dosaggio che un incremento
dell’intervallo fra le somministrazioni. Nei felini, sono
state descritte sia la tossicità acuta che quella cronica da
acido acetilsalicilico. In questi animali, dosi giornaliere di
130 mg o più possono risultare letali.36 I segni clinici dell’intossicazione acuta da acido acetilsalicilico sono rappresentati da iperpnea, ipersensibilità ed ipertermia. La
tossicità cronica è più sottile; i segni clinici gastroenterici
possono riflettere una disfunzione epatica. Anche la coniugazione con il glucuronide rappresenta una delle principali vie di metabolizzazione della maggior parte degli
altri FANS. Nel gatto, la somministrazione di fenilbutazone è stata associata ad un’elevata incidenza di tossicità,
anche se non è stato dimostrato che ciò sia dovuto al prolungamento dell’emivita.37 Inoltre, il carprofen non garantisce la stessa sicurezza (rispetto agli altri FANS) che
lo caratterizza nel cane. Anche se approvato per l’impiego in Europa, nei felini questo farmaco va somministrato
soltanto per tempi brevi (2 o 3 giorni). Le medesime considerazioni valgono per il ketoprofen, anch’esso approvato in Europa per l’impiego nel gatto.
L’acetaminofene è un analgesico ed antipiretico utilizzato in medicina umana al posto dell’acido acetilsalicilico, poiché è associato a minori effetti collaterali
gastroenterici. La sua attività antinfiammatoria è controversa. Il farmaco viene metabolizzato principalmente attraverso la coniugazione con il glucuronide e, in
misura minore, con il solfato. Inoltre, in piccola parte
viene biotrasformato in metaboliti tossici dagli enzimi
metabolizzanti di fase I (citocromo P-450).38,39 Normalmente, questi metaboliti tossici vengono rimossi attraverso il legame covalente con il glutatione, prima che
danneggino i tessuti. Tuttavia, nel gatto esiste una carenza degli enzimi che catalizzano la glucuronidazione
dell’acetaminofene. Inoltre, la solfatazione del farmaco
sembra essere rapidamente saturata.40,41 L’acetaminofene che non può essere rimosso attraverso la glucuronidazione viene dirottato verso gli enzimi di fase I, per
cui si ha la produzione di una gran quantità di metaboliti tossici. Finché i livelli di glutatione intracellulare
sono adeguati, i metaboliti vengono rimossi e non si rileva tossicità. Tuttavia, nel gatto si può avere facilmente la deplezione del glutatione, per cui i metaboliti si
accumulano rapidamente.36,41 I segni di tossicità possono comparire in seguito alla somministrazione di meno
di 500 mg. Le manifestazioni cliniche della tossicità nel
gatto sono dovute principalmente alla metemoglobinemia. Si riscontrano depressione, anoressia, dispnea,
pallore e cianosi delle mucose, edema degli arti e del
muso, ittero e produzione di urine color cioccolato scuro.36,42 La necrosi epatica acuta, che compare nell’uomo
e nel cane, nel gatto è meno comune,42 ma si può comunque verificare, in particolare quando il farmaco viene somministrato alle dosi più elevate. Il trattamento
dell’intossicazione è finalizzato a:
• prevenire la deplezione di glutatione
• apportare un’integrazione di donatori sulfidrilici
• inibire gli enzimi metabolizzanti di fase I
Le modalità studiate nel gatto comprendono la terapia di supporto e la somministrazione di N-acetilcisteina
(un precursore del glutatione in grado di penetrare nelle
cellule) o, se questo non è disponibile, di sodio solfato.36
L’acido ascorbico (vitamina C) può contribuire a controllare l’ossidazione dell’emoglobina.36,42,43 La cimetidina, un inibitore degli enzimi microsomiali, può ridurre la
produzione di intermedi tossici. Nel corso di un episodio
di intossicazione, prima si somministra il farmaco meglio è, anche se gli effetti positivi compaiono fino a 48
ore dopo l’ingestione dell’acetaminofene.44,45
Agenti cardiovascolari
Benché la digossina possa essere eliminata in primo
luogo dai reni, il gatto è più sensibile del cane all’intossicazione da digitale ed è necessario ridurre sia la dose
b
Boothe, Harry W. Comunicazione personale. Department of
Small Animal Medicine and Surgery, Texas A & M University,
College Station, Texas, 1990.
18
spnea e depressione.53 Il gatto sembra essere più sensibile agli effetti della furosemide e forse di altri diuretici (ad
es., lo spironolattone); il dosaggio di questi farmaci deve
essere modulato sulla base della risposta di ciascun animale. L’uso della metionina può essere associato a reazioni avverse nel gatto. In uno studio, gatti alimentati con
metionina alla dose di 0,5 g/kg/die per 52 giorni hanno
sviluppato una moderata anemia emolitica a corpi di
Heinz; quelli trattati con dosi elevate di DL-metionina (1
g/kg/die) hanno presentato una grave formazione di corpi di Heinz con anemia emolitica.55 Anche se gli effetti
riscontrati erano dose-dipendenti, i gatti si sono apparentemente adattati alle dosi elevate di farmaco e l’anemia si
è risolta nonostante la prosecuzione della somministrazione alla stessa dose. I disordini della minzione nel gatto sono in genere associati ad ostruzione uretrale. La riduzione o la perdita della funzionalità del muscolo detrusore possono essere trattate con farmaci parasimpaticomimetici come il betanecolo.56 La minzione deve avvenire entro 30 minuti; si somministrano anticolinergici
per ridurre l’incidenza degli effetti collaterali (salivazione, vomito e diarrea). Il betanecolo nei gatti deve essere
somministrato solo per os, perché la via parenterale può
essere associata a reazioni avverse potenzialmente letali.
che la frequenza di somministrazione del farmaco. Nei
felini, le preparazioni liquide (elisir) non vengono tollerate bene come le compresse; sfortunatamente la concentrazione del farmaco in queste ultime è sufficientemente elevata da complicare un dosaggio accurato.46 La
posologia va stabilita individualmente per il singolo paziente, basandosi sempre sul peso corporeo magro. L’intervallo fra le somministrazioni può essere prolungato da
due volte al giorno ad una volta ogni tre giorni, in relazione al peso dell’animale.46 Nel gatto è anche frequente
l’intossicazione da lidocaina, che si manifesta principalmente come una depressione miocardica piuttosto che
sotto forma di crisi convulsive (più tipiche nel cane).
Nel gatto è stato studiato un attivatore del plasminogeno tissutale (t-PA), una proteina fibrinolitica intrinseca
che può essere prodotta su larga scala.47 A differenza della streptochinasi, la t-PA non induce uno stato proteolitico sistemico, che causa disordini emorragici. Nel gatto
con tromboembolia sperimentalmente indotta, l’attivatore del plasminogeno tissutale migliora la riperfusione,
ma il suo impiego è stato correlato ad un tasso di mortalità del 50%, dovuto ad iperkalemia, insufficienza cardiaca congestizia ed aritmie. Dato che la percentuale di
guarigione dei casi non trattati è del 50% circa, l’uso del
t-PA per il trattamento del tromboembolismo aortico necessita di ulteriori approfondimenti.47 Per la cura dei disordini cardiaci associati ad ipertiroidismo può essere
utilizzato con sicurezza il propranololo, β-bloccante non
selettivo; tuttavia, nei felini con ipertiroidismo sperimentalmente indotto è stato documentato un aumento della
biodisponibilità orale. Per evitare effetti collaterali avversi, può essere necessario ridurre i dosaggi.48
La terapia con tiacetarsamide è raccomandata per il
trattamento della filariosi cardiopolmonare felina e dell’emobartonellosi.49,50 Come nel cane, anche nel gatto il
farmaco è associato a danni epatici.51 Si può anche avere
un’eosinofilia periferica.51 È probabile che la sensibilità
del gatto alla tossicità da caparsolate sia superiore a
quanto indicato in letteratura. In uno studio, è emerso
che dopo alcune ore dalla somministrazione si riscontra
un’elevata incidenza di risposte febbrili al farmaco. Inoltre, il 40% dei gatti sviluppa affezioni respiratorie caratterizzate da dispnea. Nel 25% degli animali che soccombevano ad un edema polmonare fulminante dopo la somministrazione di caparsolate è stata riscontrata una sindrome da difficoltà respiratoria acuta.51
Agenti antimicrobici
Le tetracicline possono causare una febbre da farmaci
nei gatti anche quando vengono somministrate rispettando i protocolli di dosaggio consigliati.57 Entro 1-2 giorni
dalla somministrazione si può osservare un rialzo termico
di 41,1°C che può essere accompagnato da vomito, diarrea, depressione ed inappetenza. I segni clinici si risolvono con la sospensione della terapia.57 Nel gatto, sono state segnalate anche reazioni anafilattiche e disordini gastroenterici. Il cloramfenicolo (per via orale) è stato ritirato dal commercio, ma verrà ancora utilizzato fino all’esaurimento delle scorte. Inibisce l’attività della ferrochelatasi del midollo osseo e, in diverse specie, può causare
una soppressione midollare dose-dipendente. Nel gatto si
riscontra una carenza del metabolismo di fase I di questo
farmaco che, inoltre, viene escreto coniugato con il glucuronide, anch’esso carente nei felini. Gli animali di questa specie sono più sensibili agli effetti collaterali emopoietici del cloramfenicolo.57,60 Si ha un’anemia non rigenerativa associata ad ipocellularità del midollo osseo, ma
entrambe le affezioni regrediscono con la sospensione
della terapia. Queste manifestazioni compaiono a dosi di
appena 60 mg/kg/die.59 Altre reazioni avverse, descritte in
seguito alla somministrazione di dosi elevate (120
mg/kg/die per 14 giorni) sono rappresentate da depressione del SNC, disidratazione, vomito, inappetenza e perdita di peso.59 Attualmente, si consiglia di utilizzare la dose
di 50 mg/gatto piuttosto che quelle espresse in mg/kg.61,62
L’insorgenza di una discrasia ematica è meno probabile
se la durata del trattamento viene limitata a 7-10 giorni. Il
Antisettici e regolatori della minzione
Nel gatto, occorre evitare gli antisettici urinari contenenti blu di metilene e coloranti azotati. L’ossidazione irreversibile dell’emoglobina porta alla formazione di corpi di Heinz ed all’emolisi intravascolare.52-54 La sensibilità degli eritrociti felini ai composti ossidanti è stata oggetto di discussione. I segni clinici dell’intossicazione
sono rappresentati da pallore delle mucose, ittero, di-
19
cloramfenicolo è un potente inibitore degli enzimi di fase
I e deve essere impiegato con cautela in associazione con
altri farmaci la cui eliminazione dipende dal metabolismo
epatico o nei gatti con epatopatie. Come nel cane, secondo quanto segnalato in letteratura, dosi elevate di sulfamidici potenziati possono causare in questi animali la
comparsa di anemia, dovuta a carenza di acido folico, in
particolare a seguito di somministrazione prolungata di
dosi elevate.63 Il gatto può essere più suscettibile a questi
effetti. Anche se si tratta di un’evenienza poco comune, i
difetti di maturazione dell’emopoiesi possono essere fatti
facilmente regredire con un’integrazione con acido folico
per via orale. Tuttavia, per quanto è a conoscenza dell’autore, le sole discrasie midollari indotte da questi prodotti sono quelle che sembrano di natura idiosincrasica
(tipo B). Nei gatti trattati con associazioni di trimethoprim/sulfadiazina sono stati descritti salivazione profusa e
vomito.64 La cheratocongiuntivite secca, riscontrata nel
cane, non è stata descritta nei felini.
I gatti sembrano più sensibili all’oto- e nefrotossicità
indotte dagli aminoglicosidi.65-69 Si può riscontrare una
maggiore suscettibilità ai danni renali indotti dalla tobramicina rispetto a quelli causati dall’amikacina e dalla
gentamicina, forse perché l’eliminazione è dose-dipendente.68 Streptomicina e diidrostreptomicina sembrano
essere gli agenti maggiormente ototossici e risultano associati a danni di tipo sia vestibolare che cocleare in caso di somministrazione protratta.65 La streptomicina causa inoltre un blocco neuromuscolare e, quindi, nei felini
è da evitare. I gatti sono sensibili alla tossicità cocleare
indotta dall’amikacina, che si manifesta con una perdita
dell’udito. Al contrario, la gentamicina causa soprattutto
una tossicità vestibolare, sebbene possa provocare anche
un danno cocleare. I segni di tossicità vestibolare sono
rappresentati da compromissione dei riflessi di raddrizzamento, vertigini e testa piegata. Il rischio di tossicità da
aminoglicosidi può essere ridotto ricorrendo ad uno
schema di trattamento che preveda una sola somministrazione al giorno,70,71 mantenendo lo stato di idratazione del paziente ed evitando la contemporanea somministrazione di altri farmaci nefrotossici o nefroattivi.71
La griseofulvina induce effetti teratogeni nelle gatte
gravide, in particolare nel primo terzo della gravidanza.
A seguito della sua somministrazione nella terza o quarta settimana di gestazione si possono avere mortinatalità
o nascita di neonati deboli.72 Apparentemente, il farmaco
può essere somministrato alle gatte gravide nella seconda metà della gravidanza, senza provocare reazioni avverse. In letteratura è stata pubblicata una casistica in cui
erano descritti gatti che avevano manifestato risposte indesiderate alla somministrazione della griseofulvina.73 I
trattamenti effettuati seguendo i protocolli di dosaggio
raccomandati hanno provocato letargia, depressione, disidratazione, vomito, diarrea, anoressia, piressia e, in due
gattini, atassia. In un gatto è comparso angioedema. Gli
esami di laboratorio evidenziavano costantemente leucopenia periferica e midollare e/o pancitopenia. Le reazio-
ni si avevano sia con la forma micronizzata che con quella ultramicronizzata. I segni clinici si risolvevano in 1-14
giorni dopo la sospensione della terapia. La variabilità
del momento di insorgenza dei segni clinici (da 5 ore a
11 settimane) e l’assenza di una dose-dipendenza suggeriscono una reazione avversa ai farmaci di tipo B.74 Quindi, è improbabile che l’alterazione dei protocolli di dosaggio riduca l’incidenza della tossicità da griseofulvina
e nei gatti trattati con il farmaco può essere indicato il
monitoraggio ematologico. I soggetti che mostrano una
reazione avversa alla griseofulvina non devono più essere trattati con questo farmaco.
I gatti sono probabilmente più sensibili alle tossicità
associate all’amfotericina B, compresa una risposta anafilattoide. Si deve somministrare inizialmente una piccola dose di prova ed è probabile che l’infusione endovenosa lenta sia da preferire al bolo endovenoso.
Farmaci endocrini
Il megestrolo acetato è associato a numerose reazioni
avverse, la maggior parte delle quali si riscontra in seguito a trattamenti cronici ad alte dosi.75,76 Tuttavia, sono state rilevate alcune manifestazioni di questo tipo anche nel
corso della somministrazione di basse dosi per brevi periodi. Gli effetti collaterali comprendono variazioni di
temperamento (ad es., incremento delle manifestazioni affettive, aggressività, depressione), polifagia associata ad
aumento di peso, poliuria, polidipsia ed ipertrofia mammaria benigna con possibile evoluzione in adenocarcinoma mammario.77 Reazioni avverse più gravi sono rappresentate da piometra (e piometra del moncone) associata ad
endometrite cistica dopo appena 4 settimane di terapia,
diabete mellito e soppressione adrenocorticale.78,79 L’insorgenza del diabete si è verificata dopo solo 2 settimane
di terapia con megestrolo acetato, ma la sua occorrenza
non sembra essere correlata alla dose o alla durata del trattamento. Alcuni casi si risolvono con la sospensione della
terapia, ma altri richiedono un trattamento con insulina per
periodi di tempo variabili. Sono anche stati segnalati casi
di diabete da megestrolo insulino-resistente.79,80 La soppressione adrenocorticale è stata riscontrata sperimentalmente80,81 e nel gatto è stata descritta clinicamente78 dopo
appena due settimane di terapia. Data questa potenziale
complicazione, i felini che risultano stressati durante la
somministrazione di megestrolo acetato devono essere
sottoposti ad un’integrazione a scopo profilattico con glucocorticoidi dotati di una certa attività mineralcorticoide
(ad es., prednisolone). Nel gatto, a causa degli effetti collaterali avversi associati alla terapia con megestrolo acetato, si deve sempre prendere prima in considerazione un
trattamento con un farmaco alternativo.
Gli agenti antitiroidei più comunemente impiegati
per il trattamento dell’ipertiroidismo felino sono il metimazolo ed il propiltiouracile.82 Entrambi risultano efficaci per riportare a livelli normali le concentrazioni degli
20
no dai distretti periferici e progrediscono verso il sistema
nervoso centrale. La selegilina, un farmaco recentemente
approvato per il trattamento del morbo di Cushing nel cane, sembra facilitare anche la rigenerazione del nervo e
può essere considerata come intervento terapeutico.
I collari antipulci impregnati con diclorvos sono stati
correlati a dermatite da contatto nel gatto. Devono essere utilizzati con cautela, in particolare nei soggetti debilitati. Il citioato non è approvato per l’impiego nel gatto,
ma in alcuni casi è stato utilizzato con efficacia per il
controllo delle pulci.92,93 Si tratta di un organofosfato e
quindi non deve essere impiegato entro 14 giorni dal trattamento con altri agenti dello stesso tipo o in associazione con altri inibitori della colinesterasi. Non va usato nei
gattini di meno di tre mesi di età. Il fenthion è un altro organofosfato che non è stato approvato per l’uso nei felini, anche se è stato impiegato con sicurezza ed efficacia
per il controllo delle pulci.92 Si utilizza la soluzione al
5,6%, ma non nelle gatte gravide o nei gattini con meno
di 3 mesi di vita. Le soluzioni contenenti quantità maggiori di fenthion non vanno usate nel gatto, a meno che
tutti gli altri trattamenti abbiano fallito; hanno una durata d’azione prolungata che può esitare in tossicità sia per
l’animale che per l’operatore.92,93
I gatti sono molto sensibili agli effetti degli idrocarburi clorurati. In questa specie, il loro uso è controindicato. I segni clinici comprendono apprensione, comportamento bellicoso, iperestesia, ipersalivazione, convulsioni e morte. Possono comparire subito o parecchie settimane dopo l’esposizione. Il decorso clinico può essere
prolungato a causa dell’accumulo dei composti nelle
masse adipose. Il trattamento è limitato al lavaggio dell’animale per rimuovere i residui di farmaco, alla lavanda gastroenterica, alla sedazione con anticonvulsivanti
adeguati e al ricovero in un ambiente tranquillo. Occorre
preservare la funzione renale perché questi prodotti vengono escreti principalmente con le urine.
ormoni circolanti, ma l’incidenza delle reazioni avverse
alla somministrazione di propiltiouracile è elevata.82 Gli
effetti collaterali comprendono vomito, anoressia, letargia, trombocitopenia ed anemia emolitica immunomediata.83 Il metimazolo sembra essere efficace quanto il
propiltiouracile, rispetto al quale presenta anche un’azione molto più prolungata.84 Inoltre, a differenza del propiltiouracile, è caratterizzato da effetti collaterali (anoressia, vomito e letargia) di lieve entità.
Antineoplastici
Nel gatto, la ciclofosfamide può essere utilizzata efficacemente; al contrario di quanto si verifica nel cane, il
suo impiego non sembra essere associato a cistite emorragica.85-88 I felini sembrano più sensibili alla neurotossicità reversibile dose-dipendente, associata alla somministrazione di vincristina nel cane. Nel gatto, uno studio ha
descritto un’elevata incidenza di nefropatie dopo la somministrazione di dosi elevate di doxorubicina.89 Tuttavia,
quando in un altro studio è stata utilizzata una dose inferiore, ma ugualmente efficace, i segni clinici sono stati
limitati all’anoressia.85,88 In una ricerca che mirava a valutare la sua efficacia per il carcinoma squamocellulare
inoperabile nel gatto, il cisplatino ha provocato un edema polmonare acuto, fatale.90 Ad oggi, questo farmaco
non va utilizzato nei felini. In un gatto, l’uso topico dell’analogo della pirimidina, il 5-fluorouracile (5-Flu) (5%
crema) è stato associato a neurotossicosi irreversibile.91
Come nel cane, in questa specie animale la sua somministrazione è correlata a discrasie del midollo osseo e a
lesioni gastroenteriche.
Antiparassitari
I gatti sembrano essere molto sensibili alla tossicità da
organofosfati. Questi vengono metabolizzati dalla colinesterasi localizzata nelle terminazioni nervose ed in tutto
l’organismo invece che ad opera degli enzimi microsomiali epatici. La ragione di questo incremento di sensibilità non è nota, ma sembra che i gatti siano sensibili sia alla forma acuta della tossicità che a quella ritardata. La prima presenta delle analogie con l’analoga sindrome del cane ed è caratterizzata da miosi, defecazione, minzione, vomito, fascicolazioni muscolari, convulsioni e morte dovuta a paralisi respiratoria. L’intossicazione viene trattata
con anticolinergici (ad es., atropina o glicopirrolato) e terapia di supporto.92 Nei casi più gravi, si può utilizzare la
2-PAM (pralidossima) per via endovenosa, associata ad
anticolinergici. La forma cronica o ritardata di tossicità da
organofosfati riflette la degenerazione assonale. Può essere provocata da un’esposizione a questi agenti anche solo
di minima entità; è possibile che i segni clinici non compaiano per giorni o settimane dopo il trattamento. Queste
manifestazioni comprendono paresi o paralisi, che inizia-
Farmaci vari
Nella maggior parte delle specie, i prodotti fenolici
sono escreti primariamente come coniugati con il glucuronide. Nel gatto, sono metabolizzati a chinoloni, che si
accumulano fino a raggiungere concentrazioni tossiche.
L’esaclorofene è un prodotto fenolico contenuto in numerosi saponi germicidi utilizzati per gli enteroclismi o la
detersione del campo operatorio prima dell’intervento. Il
suo impiego nei felini, in particolare nei gattini, può essere associato a vomito, depressione, atassia, iperreflessia
che evolve in iporeflessia e paralisi flaccida. Il trattamento consiste nella rimozione del farmaco (lavaggio, lavanda gastrica e purganti) e terapia di supporto.94 In un gruppo di gatti da laboratorio ricoverati insieme è stata riscontrata una tossicità dovuta ad un composto di ammonio quaternario contenente cloruro di benzalconio.95 Il
composto era stato impiegato quotidianamente per una
21
disinfezione ambientale. I segni clinici erano rappresentati da scolo nasale ed oculare, ulcere linguali, difficoltà respiratorie e disidratazione. Gli autori hanno ipotizzato che
l’abitudine del gatto alla toelettatura abbia portato ad una
tossicità da ingestione. Anche la clorexidina può risultare
tossica quando viene ingerita durante la toelettatura dopo
la disinfezione della gabbia o del gattile.
L’alcool benzilico è un fenolo frequentemente impiegato come conservante in una varietà di prodotti biologici, farmaci o fluidi. La tossicità deriva dall’accumulo di
un metabolita di fase I, l’acido benzoico. Nel gatto, è stata segnalata l’intossicazione dopo la somministrazione di
50-100 ml/kg di soluzione di Ringer lattato contenente
l’1,5% di alcool benzilico; la tossicità si può anche avere a dosi più basse. Le manifestazioni osservate sia in
ambito sperimentale che clinico sono rappresentate da
atassia, iperestesia, fascicolazioni, coma, convulsioni, insufficienza respiratoria e morte.96
L’acido benzoico è un conservante utilizzato negli
alimenti per animali da compagnia. Anche se generalmente è presente in concentrazioni sicure, si è riscontrata una tossicità in gatti trattati con dosi di 0,45 g di acido
benzoico per kg di peso o alimentati con diete contenenti lo 0,2% o più di questo composto.
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