IL BIENNIO ROSSO Il Biennio Rosso (1919 - 1920) è la locuzione con cui alcuni storici chiamano il periodo della storia italiana immediatamente successivo alla prima guerra mondiale in cui si verificarono soprattutto al nord mobilitazioni contadine, tumulti annonari, manifestazioni operaie, occupazioni di terreni e fabbriche con in alcuni casi tentativi di autogestione. Le agitazioni si estesero anche alle zone rurali della pianura padana e furono accompagnate da scioperi, picchettaggi e violenti scontri.Nel novembre del 1919, si tennero elezioni che per la prima volta utilizzavano il sistema proporzionale, voluto da socialisti e popolari. Il confronto elettorale era incentrato sulle liste di partito e non sui singoli candidati che spesso erano troppo "sponsorizzati". Ebbero la meglio due partiti di massa: il Partito Socialista (che si affermò con il 32% dei voti come primo partito) e il Partito Popolare (che ottenne alla prima prova elettorale il 20%). Questi risultati elettorali non garantirono comunque al paese la stabilità necessaria e il PSI, che aveva il maggior peso, continuò a rifiutare alleanze con i partiti "borghesi". L'Italia fu quindi guidata fino alla marcia su Roma da un'alleanza tra popolari e liberali. LA COSTITUZIONE DI WEIMAR Il periodo della Storia della Germania che va dal 1919 al 1933 è conosciuto come la Repubblica di Weimar. Prende il nome dalla città di Weimar, dove si tenne un'assemblea nazionale per redigere una nuova costituzione dopo la sconfitta tedesca della prima guerra mondiale. Il primo tentativo di stabilire una democrazia liberale in Germania fu un'epoca di grande tensione e di conflitto interno, che si concluse con l'ascesa al potere di Adolf Hitler e del Partito Nazionalsocialista nel 1933 (il Partito Nazionalsocialista rappresentò il maggior beneficiario della crisi politica economica che attanagliò tutto il periodo di durata della fragile repubblica). Anche se tecnicamente, la costituzione del 1919 non venne mai revocata interamente fino a dopo la seconda guerra mondiale, le misure legali prese dal governo nazista nel 1933, che sono comunemente conosciute come Gleichschaltung, in effetti distrussero tutti i meccanismi forniti da un normale sistema democratico, è quindi comune segnare il 1933 come la fine della Repubblica di Weimar. Fin dall'inizio, la Repubblica fu posta sotto grande pressione da entrambi gli estremisti di destra e sinistra. Essenzialmente, la sinistra accusava i Socialdemocratici al potere di aver tradito gli ideali del movimento operaio, patteggiando con i poteri del vecchio stato invece di mettere in atto una rivoluzione comunista; la destra si opponeva a un sistema democratico perché avrebbe preferito mantenere uno stato autoritario come l'Impero del 1871.la presa di Berlino da parte di un gruppo di truppe dei Freikorps e l'insediamento di Wolfgang Kapp, un giornalista di destra, come Cancelliere del nuovo governo. I Freikorps, che avevano propri progetti per il potere, gli si rivoltarono contro, Ebert poté solo ritirare il suo parlamento da Berlino e riunirlo a Dresda, da dove il governo indisse uno sciopero generale. Questo ebbe successo nel fermare completamente l'economia e il governo Kapp collassò già il 17 marzo. Il 6 giugno 1920 si tenne la seconda tornata di elezioni della Repubblica, le prima dall'emanazione della Costituzione: esse confermarono Ebert al governo e videro, nonostante un calo di consensi, la supremazia delle sinistre. Per il 1923 la Repubblica non poteva più permettersi di tener fede ai pagamenti delle riparazioni di guerra stabilite a Versailles ed il nuovo governo divenne insolvente. In risposta, nel gennaio del 1923 le truppe francesi e belghe occuparono la Ruhr, la regione a quell'epoca più importante dal punto di vista industriale, prendendo il controllo delle industrie minerarie e manifatturiere. Nel gennaio del 1923, vennero di nuovo indetti Gustav Stresemann fu Cancelliere per un breve periodo nel 1923 e ricoprì il ruolo di Ministro degli Esteri (1923-1929). Questo periodo fu di relativa stabilità per la Repubblica di Weimar, con un minor numero di sollevazioni e l'inizio di un'apparente ripresa economica. La prima mossa di Stresemann fu quella di emettere una nuova valuta, la Rentenmark, per arrestare l'iperinflazione estrema che stava paralizzando la società e l'economia tedesche. Ebbe successo nel suo scopo e Stresemann si rifiutò ripetutamente di emettere altra valuta, che fu la causa iniziale della precedente spirale inflattiva. Per stabilizzare ulteriormente l'economia, ridusse le spese e la burocrazia e al tempo stesso aumentò le tasse. Durante questo periodo venne creato anche il Piano Dawes per permettere alla Germania di mantenersi in grado di pagare le riparazioni di guerra. La Germania fu ammessa nella Società delle Nazioni, stipulò degli accordi sui suoi confini occidentali, firmò un patto di neutralità con la Russia e il disarmo venne fermato. Questi progressi si basavano comunque su prestiti da oltreoceano che incrementarono il debito nazionale mentre il commercio globale decresceva e la disoccupazione saliva. Le riforme messe in atto da Stresemann non riformarono la debolezza sottostante alla Repubblica di Weimar ma diedero appena la parvenza di una democrazia stabile. Nel 1929 la morte di Stresemann segnò la fine dell'"Epoca d'Oro" della Repubblica di Weimar. Il piano Dawes è un piano di natura economica, per la soluzione del problema delle riparazioni di guerra stabilite dal Trattato di Versailles, Il piano Dawes fu ideato dal finanziere e uomo politico americano (futuro vicepresidente) Charles Dawes. Tale piano fu basato su due pilastri: la ripresa dei pagamenti tedeschi secondo rate crescenti, ma senza definire un ammontare complessivo, la riorganizzazione della Reichbank, Banca Nazionale Tedesca, di Hjalmar Schacht e in secondo luogo il cambio della moneta attraverso la creazione di un Reichsmark che avrebbe sostituito il Rentenmark. In tal modo i tedeschi avrebbero potuto osservare i loro debiti emettendo un prestito obbligazionario da collocare sul mercato della finanza mondiale per una somma totale di 800 milioni di marchi oro (circa 200 milioni di dollari), garantiti dalle azioni della società ferroviaria tedesca e da un'ipoteca sugli introiti fiscali. Il piano tra l'altro avrebe permesso di far affluire capitali statunitensi in Germania e di qui indirettamente alle altre nazioni europee colpite dalla guerra. In questo modo, come sarebbe avvenuto poi per il Piano Marshall nel secondo dopoguerra, La Repubblica di Weimar ebbe alcuni tra i più gravi problemi economici mai sperimentati nella storia di una democrazia occidentale. L'iperinflazione rampante, la massiccia disoccupazione e il grave abbassamento della qualità della vita, a confronto con il periodo precedente alla prima guerra mondiale, furono i fattori principali del collasso. Con la Grande depressione degli anni '30, le istituzioni della Repubblica in quanto tali vennero incolpate da molti per i problemi economici; questo è evidente nei risultati elettorali, dove i partiti politici che volevano lo smantellamento completo della Repubblica, sia a destra che a sinistra, resero impossibile una maggioranza in parlamento. LA PRIMA GUERRA MONDIALE La prima guerra mondiale (per i contemporanei la Grande Guerra) fu il conflitto cominciato il 28 luglio 1914 con la dichiarazione di guerra dell'Austria alla Serbia a seguito dell'assassinio dell'arciduca Francesco Ferdinando, erede al trono d'Austria, compiuto a Sarajevo (Bosnia Erzegovina) il 28 giugno 1914. L'attentatore fu il patriota serbo-bosniaco Gavrilo Princip. Il conflitto si concluse oltre quattro anni dopo, l'11 novembre 1918, con la resa della Germania. La prima guerra mondiale vide inizialmente lo scontro degli Imperi centrali di Germania e Austria-Ungheria contro la Serbia, il Montenegro, e le nazioni della Triplice Intesa: Francia, Regno Unito (con i Dominion) e Russia. Il conflitto si allargò successivamente a varie altre nazioni. Entrarono in guerra come alleati degli Imperi centrali: l'Impero Ottomano (1914) e la Bulgaria (1915). La Triplice intesa (1907) fu un'intesa politica raggiunta da tre grandi potenze, cioè Francia, Regno Unito e l'Impero russo all'inizio del XX secolo. Interventisti e neutralisti in Italia Alla vigilia della guerra, l'opinione pubblica italiana era così divisa: Interventisti I liberal-conservatori, che speravano in un rafforzamento delle istituzioni in senso autoritario, tra cui Antonio Salandra e Sidney Sonnino, Albertini e il Corriere della Sera. Gli irredentisti, che vedevano la guerra come una prosecuzione del Risorgimento, un'occasione per liberare le terre italiane irredente, rimaste in mano austriaca. I socialisti rivoluzionari, che speravano che la guerra avrebbe accelerato il compimento della rivoluzione socialista, tra cui Benito Mussolini. I nazionalisti, che esaltavano la guerra come strumento per dare potenza e prestigio alla Nazione. Gli industriali dell'industria pesante, che avrebbero fatto ingenti guadagni attraverso la produzione bellica. La massoneria e, oltre a D'Annunzio i "futuristi" con Marinetti, che nel programma della sua corrente di pensiero aveva scritto: "La guerra, sola igiene del mondo"; inoltre Corradini e alcuni altri intellettuali. Neutralisti I cattolici, sia per i principi evangelici sia per non andare contro la cattolicissima Austria-Ungheria perché vedevano la guerra come espressione di ateismo. I socialisti, che vedevano la guerra come una inutile strage, e che volevano proteggere gli interessi sovranazionali della Seconda Internazionale Socialista. Giolitti e i giolittiani, che ritenevano di poter ottenere comunque dall'Austria le terre irredente in cambio della neutralità. Gli industriali che producevano per l'esportazione, che speravano di poter sostituire sui mercati internazionali la Germania impegnata nella guerra. L'Italia dichiarò guerra all'Austria-Ungheria il 23 maggio 1915, e alla Germania quindici mesi più tardi. All'alba del 24 maggio il Regio Esercito sparò la prima salva di cannone contro le postazioni austro-ungariche asserragliate a Cervignano del Friuli che, poche ore più tardi, divenne la prima città conquistata. All'alba dello stesso giorno la flotta austro-ungarica bombardò la stazione ferroviaria di Manfredonia; alle 23:56, bombardò Ancona. Lo stesso 24 maggio cadde il primo soldato italiano, Riccardo di Giusto. Il comando delle forze armate italiane fu affidato al generale Luigi Cadorna. Il nuovo fronte aperto dall'Italia ebbe come teatro l'arco alpino dallo Stelvio al mare Adriatico e lo sforzo principale tendente allo sfondamento del fronte fu attuato nella regione della valli isontine, in direzione di Lubiana. Anche qui, dopo un'iniziale avanzata italiana, gli austro-ungarici ricevettero l'ordine di trincerarsi e resistere. Si arrivò così a una guerra di trincea simile a quella che si stava svolgendo sul fronte occidentale: l'unica differenza consisteva nel fatto che, mentre sul fronte occidentale le trincee erano scavate nel fango, sul fronte italiano erano scavate nelle rocce e nei ghiacciai delle Alpi, fino ed oltre i 3.000 metri di altitudine. accerchiarono la 2a Armata italiana, in particolare il IV ed il XXVII Corpo d'armata, comandato dal generale Pietro Badoglio. Il generale Luigi Capello, comandante della 2a armata italiana, come pure il capo di stato maggiore dell'esercito Luigi Cadorna da tempo avevano sentito di un probabile attacco, ma sottovalutarono tali notizie e anche l'effettiva capacità offensiva delle forze nemiche. Capello durante l'accerchiamento preferì farsi diplomaticamente ricoverare in ospedale e questo gli costò poi l'impossibilità di difendersi di fronte alla commissione d'inchiesta, tanto da essere negli anni successivi degradato ed incarcerato. Da lì gli austriaci avanzarono per 150 km in direzione sud-ovest raggiungendo Udine in soli quattro giorni. La Disfatta di Caporetto provocò il crollo del fronte italiano sull'Isonzo con la conseguente ritirata delle armate schierate dall'Adriatico fino alla Valsugana, oltre alle perdite umane e di materiale; 350.000 soldati si diedero a una ritirata scomposta assieme a 400.000 civili che scappavano dalle zone invase. La ritirata venne prima effettuata portando l'esercito lungo il Tagliamento, ed in seguito fino al Piave, l'11 novembre 1917, quando tutto il Veneto (Venezia compresa) sembrava potesse andare perduto. Alla fine si contarono quasi 700.000 tra morti, feriti e prigionieri. A seguito della disfatta, il generale Cadorna, nel comunicato emesso il 29 ottobre 1917, indicò, in modo errato e strumentale «la mancata resistenza di reparti della II armata» come la motivazione dello sfondamento del fronte da parte dell'esercito austro-ungarico. In seguito Cadorna, invitato a far parte della Conferenza interalleata a Versailles, venne sostituito, per volere del nuovo presidente del consiglio Vittorio Emanuele Orlando, dal generale Armando Diaz, l'8 novembre 1917, dopo che la ritirata si stabilizzò definitivamente sulla linea del Monte Grappa e del Piave. Il trattato di Versailles, anche detto patto di Versailles, prende il nome dal luogo dove venne firmato: la galleria degli specchi del palazzo di Versailles. Il 18 gennaio 1919 una conferenza di pace si aprì a Versailles, in Francia, per lavorare al trattato; la conclusione dei lavori e la firma definitiva si ebbe il 28 giugno 1919. Il trattato fu una premessa alla creazione della Società delle Nazioni, uno degli scopi principali del Presidente degli Stati Uniti Woodrow Wilson. Lo scopo dell'organizzazione era di arbitrare i conflitti tra le nazioni prima che si arrivasse alla guerra. Tra le disposizioni previste c'era la perdita delle colonie e di territorio da parte della Germania. La lista di ex-province tedesche che cambiarono appartenenza comprende: l'Alsazia-Lorena, restituita alla Francia; lo Schleswig settentrionale, fino a Tondern nello Schleswig-Holstein, alla Danimarca (in seguito a un plebiscito); gran parte della Posnania e della Prussia occidentale e parte della Slesia alla Polonia; la città di Danzica con il delta della Vistola sul Mar Baltico, venne resa Città libera di Danzica, sotto l'autorità della Società delle Nazioni e della Polonia. Fine della guerra Bulgaria fu il primo tra gli Imperi Centrali a firmare l'armistizio (29 settembre 1918), seguito dalla Turchia (30 ottobre). La Germania richiese un cessate il fuoco il 3 novembre 1918, seguita dall'Austria-Ungheria. I combattimenti terminarono con l'armistizio concordato l'11 novembre a Compiègne. Austria e Ungheria firmarono due armistizi separati a seguito del rovesciamento della monarchia asburgica. La sconfitta dell'esercito austro-ungarico venne annunciata all'Italia dal famoso bollettino del generale Armando Diaz il 4 novembre 1918: La guerra contro l'Austria-Ungheria che, sotto l'alta guida di S.M. il Re, duce supremo, l'Esercito Italiano, inferiore per numero e per mezzi, iniziò il 24 maggio 1915 e con fede incrollabile e tenace valore condusse ininterrotta ed asprissima per 41 mesi, è vinta. Il maggiore Harry S. Truman fece sparare i cannoni al suo battaglione fino agli ultimi minuti: La mia batteria sparò, com'era ordinato, fino alle 10.45 quando esplose l'ultimo colpo. Circa trent'anni dopo, il maggiore divenne presidente degli Stati Uniti. Fu lui a ordinare il lancio delle bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki, che pose fine alla seconda guerra mondiale. Si può in qualche modo dire che Truman fece terminare entrambe le guerre mondiali.Sotto molti punti di vista, l'ultimo giorno della prima guerra mondiale, l'11 novembre 1918, fu uno dei più tragici del conflitto. Nonostante alle 5 ora francese fosse stato firmato l'armistizio, operativo dalle 11, i comandanti alleati, desiderosi di ottenere premi per ulteriori avanzate, mandarono al macello migliaia di propri soldati che i tedeschi, comunque ancora ben armati, uccisero facilmente. Quando le lancette degli orologi segnarono le 11, "Ci fu un attimo di silenzio e di attesa, poi si udì uno strano mormorio, che gli osservatori in posizione molto arretrata rispetto al fronte paragonarono al soffio di una brezza leggera. Erano gli uomini che esultavano dal Vosgi fino al mare." Guglielmo II ostinatamente ordinò alla Flotta d'alto mare tedesca una sortita contro le navi alleate il 29 ottobre 1918, questa si ammutinò a Wilhelmshaven: morirono 9 marinai. Il 9 novembre 1918 venne proclamata in Germania la repubblica, avvenimento che segnò la fine dell'Impero tedesco nato nel 1871. Il Kaiser fuggì il giorno seguente nei Paesi Bassi, dove gli venne garantito l'asilo politico fino alla morte (avvenuta nel 1941, poco tempo l'occupazione militare dei Paesi Bassi da parte delle truppe del Terzo Reich di Hitler, durante la Seconda guerra mondiale). La NEP, Nuova politica economica (НЭП, Новая Экономическая Политика), fu un sistema di riforme economiche, in parte orientate al libero mercato, che Vladimir Lenin istituì in Unione Sovietica nel 1921 e che durò fino al 1929. Essa rappresentò una soluzione temporanea e di riparazione dopo i disastri economici del comunismo di guerra e della guerra civile russa.La NEP ripristinò la proprietà privata in alcuni settori dell'economia, in particolare in agricoltura. Sostituì il comunismo di guerra, considerato insostenibile in una nazione ancora sottosviluppata e dilaniata dalla guerra civile appena conclusa. Sebbene l'industria fosse totalmente nazionalizzata si introduceva il concetto di autosufficienza e autonomia aziendale e si permetteva per la prima volta ai contadini di vendere i propri prodotti sul libero mercato nazionale, fatta salva la parte che spettava allo stato. Lo stesso Lenin considerava la NEP, per quanto necessaria, un passo indietro nella corsa verso il socialismo: "Non siamo ancora abbastanza civilizzati per il socialismo", diceva, riferendosi alla condizione prevalentemente agraria della Russia del tempo, con una piccola popolazione urbana e operaia, che non permetteva un passaggio alla società pienamente socialista. La NEP riuscì a risollevare l'economia sovietica dopo i disastri della prima guerra mondiale, della rivoluzione e della guerra con i bianchi. In particolare essa aumentò enormemente la produzione agricola e rallentò la carestia in corso. Il problema della scarsa produttività del lavoro venne risolto con lo stimolo economico del mercato libero e la concorrenza tra le industrie (per quanto soggette allo stato). La riforma creò una nuova classe dalle caratteristiche originali: gli uomini della NEP, come erano chiamati, erano coloro che si erano arricchiti grazie alle nuove possibilità di mercato, ma che non godevano di alcun diritto politico, in quanto non considerati lavoratori. Saranno tra i principali bersagli della persecuzione staliniana successiva alla morte di Lenin. La NEP fu abbandonata pochi anni dopo la morte di Lenin (1924), in quanto si riteneva che i suoi obiettivi fossero stati raggiunti e si dovesse andare avanti. Fin dall'inizio la NEP fu vista come una misura provvisoria e raccolse pochi consensi tra i marxisti ortodossi del partito bolscevico perché introduceva degli elementi capitalistici. Il successore di Lenin, Stalin, avrebbe messo fine all'esperimento nel 1929, non appena ebbe il pieno controllo dell'apparato del partito. Al suo posto furono introdotti i piani quinquennali, una politica economica completamente centralizzata (idea presa dalla sinistra trotzkista del partito, che peraltro egli epuró), e si intraprese un processo di industrializzazione forzata e collettivizzazione agricola. Stalin ordinò la creazione forzata di comuni agricole (kolchoz) e decise l'eliminazione dei kulaki, i contadini agiati. Con il 1928 iniziò la cosiddetta "era di Stalin". Da quell'anno infatti la vicenda della sua persona si identificò con la storia dell'URSS, di cui fu l'onnipotente artefice fino alla morte. Dopo aver posto bruscamente termine alla NEP con la collettivizzazione forzata e la meccanizzazione dell'agricoltura e soppresso il commercio privato (i kulaki arricchiti furono declassati a semplici contadini dei kolchoz o avviati a campi di lavoro), fu dato avvio al primo piano quinquennale (1928-32) che dava la precedenza all'industria pesante. Circa la metà del reddito nazionale fu dedicata all'opera di trasformazione di un Paese povero e arretrato in una grande potenza industriale. Furono fatte massicce importazioni di macchinari e chiamate alcune decine di migliaia di tecnici stranieri. Sorsero nuove città per ospitare gli operai (che in pochi anni passarono dal 17 al 33% della popolazione), mentre una fittissima rete di scuole debellava l'analfabetismo e preparava i nuovi tecnici. Anche il secondo piano quinquennale (1933-37) diede la precedenza all'industria che compì un nuovo grande balzo in avanti; ma non altrettanto brillante fu il rendimento agricolo per cui, in concomitanza con l'entrata in vigore di una nuova Costituzione (1936), ne fu modificata la troppo rigida struttura. A quest'opera indubbiamente gigantesca corrisposero tuttavia un ferreo autoritarismo e un'implacabile intransigenza: ogni dissenso ideologico fu condannato come "complotto".Furono le terribili "purghe" degli anni Trenta. Certo all'origine del bagno di sangue che spazzò via dal PCUS ogni residuo frazionismo (operazione che privò fra l'altro l'Armata Rossa di oltre la metà dei suoi comandanti più prestigiosi) ci fu anche l'effettivo timore di complotti e di moti reazionari, nonché la presenza di una "quinta colonna" nei vertici dell'esercito.Ammessa alla Società delle Nazioni nel 1934, l'URSS avanzò proposte di disarmo generale e cercò di favorire una stretta collaborazione antifascista sia fra i vari Paesi sia al loro interno (politica dei "fronti popolari"). Nel 1935 concluse patti di amicizia e reciproca assistenza con la Francia e la Cecoslovacchia; l'anno successivo appoggiò con aiuti militari la Spagna repubblicana contro Franco. Ma il Patto di Monaco (1938) costituì un duro colpo per la politica "collaborazionista" di Stalin che a Litvinov sostituì Vjačeslav Molotov (1939) e alla linea possibilista alternò una politica puramente realistica.Così, di fronte alle tergiversazioni occidentali, Stalin preferì la "concretezza" tedesca (Patto Molotov-Ribbentrop del 23 agosto 1939) che, secondo lui, se non era più in condizione di salvare la pace europea, poteva almeno assicurare la pace all'URSS. Una diversa interpretazione storiografica è, tuttavia, quella che vede il Patto Molotov-Ribbentrop come un tentativo di Stalin di far uscire l'URSS dall'isolamento internazionale in cui si trovava da almeno un biennio, reso palese dalla Conferenza di Monaco del 29-30 settembre 1938 cui l'Unione Sovietica non era stata invitata. Una ulteriore interpretazione storiografica (ad esempio, quella dello storico russo marxista-leninista Roy Medvedev, che ha scritto diverse opere su Stalin) vede un Stalin in attesa degli eventi, pronto a schierarsi dalla parte del vincitore appena si fosse palesato come tale. La spartizione della Polonia (1939) e l'annessione di Estonia, Lettonia e Lituania e la guerra alla Finlandia (1940) rientrarono nella stessa concezione: garantire al massimo le frontiere sovietiche "calde". In seguito al patto di non aggressione con la Germania, il Comintern strettamente controllato da Stalin, riesumò il vecchio slogan leniniano della guerra tra opposti imperialismi, attribuendo le maggiori responsabilità a Francia e Inghilterra. [10] Tale linea provocò non poco scompiglio e disorientamento tra le file dei comunisti molti dei quali erano approdati alle idee del comunismo proprio in funzione dell'anti-nazismo e dell'antifascismo [11].