elettronica di potenza - Dipartimento di Ingegneria dell`Informazione

ELETTRONICA DI POTENZA
L’elettronica di potenza ha il compito di gestire l’energia elettrica anziché trattare le informazioni.
Questo problema di gestione dell’energia è fondamentale per l’industria che compra energia
dall’esterno in una data forma e deve adattarla al tipo di apparati che devono essere alimentati.
Questa trasformazione deve essere effettuata cercando di non sprecare potenza elettrica ovvero di
minimizzare la potenza elettrica dissipata in questa operazione. Nell’economia di un ambiente
industriale pesante la gestione-trasformazione-recupero dell’energia è molto importante per
mantenere bassi i costi dei prodotti (oltre che per ragioni puramente ecologiche).
L’energia elettrica può essere erogata essenzialmente in due forme:
1.
2.
DC: tensione invariante nel tempo (potenza invariante), continua
AC: potenza erogata sotto forma di corrente alternata a valor medio nullo
Le operazioni di conversione dell’energia effettuate dai sistemi di potenza sono quindi le seguenti:
1. Conversione DC-AC. Conversione da tensione corrente continua ad alternata
2. Conversione AC-DC. Raddrizzamento.
3. Conversione AC-AC. Conversione da bassa tensione ad alta tensione alternata( e viceversa)
a parità di potenza. Conversione della frequenza dei segnali
4. Conversione DC-DC. Conversione da bassa tensione ad alta tensione alternata( e viceversa)
a parità di potenza.
Fig. 1
Flusso di Potenza dal generatore al carico P=V*I
La potenza erogata dal generatore è P = VI . Il generatore è in grado di erogare la potenza
richiesta dal carico se questa è inferiore alla potenza massima che il generatore stesso può erogare.
Se il carico richiede una maggiore corrente il generatore tende ad abbassare il valore di tensione.
Esempio: il carico ad un certo punto aumenta, ovvero la resistenza totale diminuisce
Se R diminuisce troppo e il carico richiede quindi più corrente, la tensione deve diminuire
anch’essa.
V2
Infatti P = VI =
= cos tan te = PMAX .
R
Questa condizione del generatore che eroga la massima potenza possibile è da evitare perché anche
se V diminuisce, I tende ad aumentare e quindi il generatore viene attraversato da una forte
corrente che rischia di bruciare gli avvolgimenti
Nel caso che il generatore sia di tipo alternato (che fornisce una tensione o corrente a valor medio
nullo), la potenza viene erogata sotto forma di tensione e corrente alternata.
La potenza erogata in questo caso è la seguente. Supponendo il carico puramente resistivo, allora si
ha che V e I sono in fase.
V = VM cos ω 0 t
I = I M cos ω 0
Possiamo calcolare la potenza istantanea P(t):
 1 + cos 2ωt  VM I M VM I M cos 2ωt
P (t ) = VI = VM I M cos 2 ω 0 t = VM I M 
+
=
2
2
2


La potenza istantanea è data dalla somma di due componenti: una costante e una oscillante.
Se voglio calcolare l’energia erogata dal generatore in un intervallo di tempo basta calcolare
l’integrale della potenza in tale intervallo.
∫ P(t )dt
Visto che la frequenza ω è costante ( ω =50Hz o ω =60Hz) viene fuori che la componente oscillante
è nulla. Quindi mi interessa la componente costante:
1
PCOST = VM I M
2
1
è dovuta alla natura oscillante del sistema.
2
Spesso gli strumenti di misura forniscono direttamente i valori efficaci di tensione e corrente:
La frazione
V EFF =
VM
2
V EFF =
IM
2
L’elettronica di potenza ha lo scopo di trasformare l’energia elettrica da una forma ad un’altra, a
seconda delle esigenze del carico e dell’utilizzatore, possibilmente con la minore perdita di potenza
possibile. Per chiarire facciamo alcuni esempi.
Esempio: Il trasformatore di tensione per il pilotaggio delle linee elettriche
Fig. 4 : il trasformatore è un tipico convertitore AC-AC
Per ridurre la potenza dissipata, la corrente viene trasportata tramite elettrodotti ad alta tensione,
poiché la potenza che viene persa è quella dell’effetto Joule causata dalla corrente che scorre nei
cavi.
Pdissipata =
1 2
RI Potenza dissipata nei conduttori della linea
2
Sono necessari quindi a monte e a valle della linea due trasformatori AC/AC per alzare prima e
abbassare dopo la tensione mediante un trasformatore in cui il rapporto tra le correnti in ingresso e
in uscita dipende dal rapporto tra le spire. In questo modo minimizzo le perdite di energia durante il
trasporto.
Il dispositivo dovrebbe trasferire tutta la potenza, in realtà il trasformatore non è ideale: più spire ci
metto maggiori sono le perdite di potenza che si hanno per effetto Joule, inoltre si hanno perdite nel
traferro dovute all’azione del campo magnetico che si forma sulla struttura del metallo che forma il
nucleo del trasformatore.
Esempio: Conversione DC-DC all’interno delle piastre di circuiti elettrici complessi
I sistemi elettronici complessi hanno un sempre maggiore numero di circuiti integrati che tendono
ad assorbire una potenza sempre maggiore (a causa dell’aumento dei singoli transistori per chip) ad
un valore di tensione di alimentazione sempre più basso per ridurre i campi elettrici interni.
Elevata potenza a bassa tensione implica che nella piastra le piste delle alimentazioni dovrebbero
condurre delle correnti sempre più elevate. Si pone quindi in piccolo la stessa esigenza vista per la
trasmissione sulle linee elettriche. In questo caso però la conversione a parità di potenza (prima da
bassa ad alta tensione e dopo da alta a bassa tensione) deve avvenire con tensioni e correnti
continue. Si ha quindi necessità di inserire dei convertitori DC-DC di piccola portata.
Convertitore AC/DC
Fig. 7 : Conversione AC/DC
La conversione AC/DC permette di raddrizzare una forma d’onda a valor medio nullo per ottenere
un valore di tensione continua
Il criterio di bontà del convertitore è il residuo d’armonica o fattore di ripple: L’ampiezza della
componente alternata residua sovrapposta al valore continuo: più basso è, migliore è il
raddrizzatore.
Convertitore DC/AC
Trasforma una tensione continua in una tensione alternata a frequenza fissa.
In questo caso, poiché in generale l’utente ha bisogno di una forma d’onda sinusoidale ed il
convertitore tende a fornire una onda squadrata, il fattore di bontà è costituito dall’ampiezza delle
armoniche superiori alla prima. Più basso è il contenuto delle armoniche, migliore è il convertitore.
Le armoniche superiori presenti nell’onda quadra utilizzata per alimentare un carico costituito da
strutture elettromeccaniche elettromeccaniche possono eccitare le frequenze meccaniche di
risonanza provocando vibrazioni e stress nelle strutture fino a provocarne la rottura.
Tanto più la forma d’onda somiglia ad una sinusoide meno problemi ho con le risonanze
meccaniche.
Se usassi un filtro passa-basso riuscirei a tagliare le frequenze delle armoniche, però non riuscirei ad
evitare le conseguenti perdite di potenza.
Esempio di CONVERTITORE DC/AC
Per poter fare una conversione DC/AC possiamo usare il seguente schema che include un
trasformatore.
Convertitore DC/AC a
trasformatore
-
Abbiamo un carico sul secondario del trasformatore mentre il primario ha una parte centrale
connessa ad una batteria E posta a massa. All’estremità del primario sono connessi due tasti che
nella realizzazzione pratica sono dei dispositivi di switch. Tali dispositivi sono aperti e chiusi in
controfase. Indichiamo il pilotaggio:
a sinistra una forma d’onda φ .
a destra una forma d’onda φ .
dove φ è un’onda quadra che pilota l’apertura e la chiusura del tasto e φ è l’onda in controfase.
Il sistema funziona nel seguente modo:
Quando φ = 1 e φ = 0 vuol dire che il tasto di sinistra è chiuso e quello di destra è aperto. In queste
condizioni la corrente erogata dalla batteria E scorre nel ramo di sinistra ed impone nel traferro un
campo magnetico in una data direzione.
Se inverto la chiusura e l’apertura dei tasti la corrente che eroga la batteria E rimane costante in
modulo ma scorre in verso opposto e quindi tende a creare nel traferro un flusso di campo
magnetico opposto alla condizione precedente. Necessariamente, a questo cambiamento improvviso
di flusso nel traferro, il secondario deve rispondere con l’emissione di una forza elettromotrice che
tende ad opporsi al cambiamento di corrente.
Di fatto, se la frequenza di switch è sufficientemente elevata, ottengo in uscita al secondario una
forma d’onda che certamente non è una sinusoide ma è a valor medio nullo e quindi contiene una
armonica fondamentale della stessa frequenza dell’onda quadra di controllo. La forma d’onda di
tensione sul secondario ha un andamento del tipo in figura.
Conclusione:
Il sistema esposto non è un molto efficiente perché non è possibile di fatto controllare la forma
d’onda in uscita perché questa dipende dalle costanti di tempo degli elementi reattivi presenti nel
circuito (induttanza e eventualmente capacità connesse in parallelo). Ovvero la forma d’onda di
uscita non è qualcosa di fisso che posso imporre io, ma dipende fortemente dalla natura del carico.
In ogni caso il sistema esposto è esemplificativo di tutti gli elementi che compongono un sistema di
conversione DC-AC: una sorgente di tensione costante, dei commutatori (switch) e soprattutto un
sistema di controllo (una intelligenza elettronica, un microprocessore ad esempio) che pilota
l’apertura e chiusura degli switch e che regola la temporizzazzione della conversione.
ELEMENTI DI UN SISTEMA DI CONVERSIONE DC/AC
1) Elementi non lineari che fungono da interruttori. L’efficienza operativa di dipende dalla
qualità e dalla funzionalità del tasto. Un esempio di tasto elettronico è il transistore MOSFET la cui
conduzione tra Source e Drainè controllata dalla tensione di gate .
Nella conversione AC-DC (raddrizzatori) gli elementi non lineari possono essere a comportamento
fisso, ovvero non configurabili, come i diodi a semiconduttore la cui caratteristica è fissa e non
configurabile dall’esterno.
Nella conversione DC-AC si ha invece la necessità di avere dei dispositivi a controllo intelligente
dall’esterno che possano in qualche modo cambiare la loro configurazione, cioè un tasto che si può
aprire o chiudere. In questo caso si ricorre a vari tipi di dispositivi come gli SCR, i transistori IGBT
(Insulated Gate Bipolar Transistors) o anche i MOSFET di potenza.
2)
Per cercare di migliorare il più possibile le prestazioni di questi dispostivi è necessaria la
presenza di una intelligenza, di un CIRCUITO DI COMANDO. Tale circuito ha il ruolo di gestione:
non deve maneggiare elevate correnti, elevate tensioni perché ciò è fatto dai tasti, dal trasformatore,
dalla batteria. Questo elemento ha il ruolo di fornire i comandi (e.g. azionare gli switch con una
cadenza opportuna). È formato da una circuiteria che deve elaborare dei segnali. In particolare è
un’elettronica che prevede di gestire in modo accurato i sincronismi e i tempi di commutazione. La
grandezza da controllare sono i tempi in cui un tasto deve rimanere aperto o chiuso. In generale il
circuito di potenza ed il circuito intelligente operano con alimentazioni molto diverse tra loro (1000
V – 5V) spesso non compatibili. La loro interazione avviene tramite elementi di sicurezza con cui le
due sezioni possono scambiare comandi e informazioni in modo bidirezionale rimanendo separati
dal punto di vista elettrico: gli OPTOISOLATORI. In questi dispositivi il comando avviene
attraverso la trasmissione di impulsi luminosi che passano attraverso un isolante trasparente alla
luce ma con alta rigidità dielettrica, per cui posso mettere in colloquio il sistema intelligente a bassa
potenza con il circuito di alta potenza. Senza il rischio che una elevata tensione danneggi i circuiti
del sitema a bassa alimentazione.
Nel caso invece che i due circuiti usufruiscano di alimentazioni non troppo dissimili (applicazioni a
bassa potenza) allora è possibile integrare sullo stesso chip di semiconduttore o sullo stesso circuito
ibrido le due tipologie di circuito. In questo caso si parla di SMART Power ovvero di un circuito di
potenza che possiede al suo interno una intelligenza (Smart). Se guardo al microscopio questo
circuito integrato monolitico, in genere vedo:
• Un’area in cui ci sono circuiti molto complessi di transistor MOS molto piccoli che servono
a elaborare un’informazione
• Un’area separata in cui ci sono transistors di area maggiore necessari a gestire la potenza.
La figura seguente illustra una parte del layout di un circuito elettronico di tipo Smart-Power della
Siemens:
A. Riguarda l’allocazione degli elementi di potenza (poiché sono di potenza devono avere delle
aree grandi)
B. Formata da tanti microscopici transistori: costituisce l’intelligenza a bordo del sistema.
N.B.
Un transistor si rompe perché il flusso di elettroni tende a lacerare il reticolo cristallino. Non è la
corrente in sé che danneggia il dispositivo, ma la densità di corrente.


corrente
 densità _ di _ corrente =

area _ della _ sezione _ attraversata 

A parità di corrente da erogare, devo mantenere la densità di corrente molto bassa. Se voglio
aumentare la corrente devo aumentare l’area mantenendo la densità di corrente al di sotto di un
valore di sicurezza.
Come funziona un OPTOISOLATORE
L’optoisolatore è costituito da un diodo emettitore di luce separato da un fototransistor per mezzo di
uno strato isolante elettrico ma trasparente alla luce. (Vedi figura)
Il diodo emettitore è in grado di emettere una potenza luminosa proporzionale alla corrente di
polarizzazione diretta. La luce emessa ha una lunghezza d’onda nel vicino infrarosso (tipicamente
da 0.8 a 1.6 microns).
Il Foto transistor è in pratica un transistore BJT con la base connessa ad un fotorivelatore. La
fotocorrente dovuta all’assorbimento di fotoni viene iniettata nella base del transistor che quindi
viene mandato in conduzione o in saturazione a seconda dell’entità della luce emessa.
Il Diodo emettitore è quindi connesso con il circuito a bassa tensione mentre il foto-transistor
appartiene elettricamente alla sezione ad alta potenza
I DISPOSITIVI DI COMMUTAZIONE
I dispositivi di commutazione sono gli elementi principali e più importanti del sistema di potenza.
Infatti proprio da loro, dalle loro proprietà e dalla rapidità con cui si aprono e si chiudono dipende
l’efficienza del sistema di conversione. In particolare la potenza persa all’interno del sistema e che
viene trasformata in calore, viene dissipata proprio in questi elementi.
PERCHÉ E COME VIENE DISSIPATA POTENZA IN UN TASTO
L’elemento di commutazione in un sistema di potenza può essere schematizzato dal circuito
seguente dove tutti gli elementi sono considerati ideali.
Quando il tasto è aperto il generatore di tensione Vf è sconnesso dal resto del circuito, per cui il
diodo è percorso dalla corrente Io e la caduta sul diodo ideale è da considersi nulla (un diodo ideale
ha una tensione di soglia nulla). Nel tasto naturalmente non scorre corrente ed ai suoi capi ricade
tutta la tensione Vf. In questo caso le potenze dissipate sul diodo e sul tasto sono nulle perchè
ènullo uno dei due elementi del prodotto.
Quando il tasto è chiuso la tensione Vf ricade tutta sul bipolo diodo-generatore di corrente. Tale
tensione pone il diodo in condizioni di polarizzazione inversa per cui la corrente non scorre nel
diodo ma deve richiudersi dentro il generatore di tensione. Anche in questo caso sul diodo non
viene dissipata alcuna potenza in quanto uno dei due fattori (la corrente) è nullo.
In realtà, anche in queste due condizioni stazionarie, una qualche potenza viene dissipata sul diodo
a causa delle non idealità dei dispositivi (tensione di soglia, corrente inversa di saturazione).
Tuttavia l’aspetto più critico si verifica in condizioni transitorie, ovvero durante la commutazione.
Nella figura che segue vengono illustrati schematicamente i grafici temporali conseguenti alla
chiusura e all’apertura dello switch elettronico.
In fase di chiusura, quando la tensione deve tornare a zero, esiste un intervallo di tempo TON in cui
la tensione continua a rimanere invariata. Quando poi il tasto comincia a chiudersi però non si
chiude in maniera istantanea ovvero la tensione scende con una velocità massima ma non infinita. Il
∂V
parametro
indica quindi la velocità di discesa della tensione durante la fase di chiusura.
∂t
Durante la fase opposta di apertura, avviene un comportamento analogo per quanto riguarda la
corrente che dovrebbe rapidamente ridursi a zero.
TOFF - tempo in cui la corrente continua a scorrere
Dopo il comando “apriti”, la corrente tende a diminuire con una velocità massima indicata dal
∂I
parametro
.
∂t
Se mettiamo insieme questi due comportamenti otteniamo che in fase di apertura e chiusura
(durante un ciclo di commutazione) i tasti dissipano una potenza di tipo impulsivo (impulso
triangolare) come mostrato dal grafico della potenza istantanea nella figura in basso.
Situazione della temporizzazione della tensione, della corrente e della potenza istantanea durante
le commutazioni
Ci sono quindi due importanti e gravi conseguenze:
1.
Esiste un ritardo dell’uscita rispetto al comando. La commutazione avviene con ritardo
rispetto all’andamento dell’onda quadra di comando.
2. La potenza dissipata sugli switch, mediata sul periodo del ciclo, è responsabile della
diminuzione del fattore di conversione della potenza, dell’aumento di temperatura del dispositivo
stesso e della diminuzione del suo tempo di vita.
In conclusione, la scelta del tipo di dispositivo con cui realizzare gli switch è fondamentale per il
buon funzionamento del circuito di conversione. Dalle loro caratteristiche di velocità dipende
l’efficienza e l’affidabilità con cui il circuito lavora. Tuttavia spesso il fattore velocità si trova ad
essere in contrasto con la robustezza : spesso i dispositivi veloci non sono in grado di sopportare
valori di tensione molto elevati e viceversa.
IL FATTORE TERMICO
Abbiamo visto come nella realtà la non idealità nel comportamento degli switch fa sì che al loro
interno venga dissipata una potenza media: l’aumento di temperatura a lungo andare danneggia i
dispositivi stessi perché:
•
l’aumento di temperatura altera le caratteristiche elettriche
•
l’aumento di temperatura altera le caratteristiche meccaniche
Ad esempio: i dispositivi su silicio sono connessi insieme da piste metalliche: se la temperatura del
dispositivo va oltre i 200 °C queste rischiano di fondere o di lacerarsi al passaggio di forti correnti
(elettromigrazione).
Visto che la dissipazione di potenza sui dispositivi è per certi versi ineliminabile, è necessario che
comunque la temperatura di esercizio del dispositivo non aumenti più di tanto.
In questa esigenza è coinvolto il progetto del package del dispositivo stesso. Per package si intende
l’insieme della struttura meccanica che serve a rendere compatto il dispositivo, a proteggerlo
dall’ambiente esterno e soprattutto a consentire lo smaltimento del calore in eccesso utilizzando i
meccanismi di scambio termico di conduzione del calore ed eventualmente di convezione.
La figura mostra un tipico assemblaggio meccanico di un dispositivo di potenza. In cima c’è la
sorgente di calore mentre in fondo il sistema è a contatto con il mondo esterno a temperatura
costante To.
L’intero sistema meccanico possiede un parametro, denominato RESISTENZA TERMICA di
CONDUZIONE Rth che è la misura della temperatura Tj raggiunta dalla sorgente qundo viene
dissipata la potenza Pd. Si ha:
Tj = To + Rth * Pd
La resistenza termica si misura in °C/ W.
Per un singolo strato percorso da un flusso uniforme di calore, la resistenza termica ha la seguente
espressione del tutto simile a quella della resistenza elettrica.
Rth = (1/k) * (l /S)
Dove k è la conducibilità termica del materiale, l lo spessore dello strato ed S l’area. La resistenza
termica è quindi in generale determinata da un fattore che dipende dal materiale e da un fattore di
tipo geometrico. (forma e dimensione degli strati che compongono il package). Nella figura di
sopra, in cui il flusso termico ha in generale un andamento tridimensionale, ogni strato ha la sua
propria resistenza termica e la Rth e data dalla somma dei contributi di tutti gli strati.
Il progetto meccanico del sistema di assemblaggio del dispositivo di potenza deve tendere ad
utilizzare materiali e geometrie tali da MINIMIZZARE la resistenza termica in modo da rendere
minimo l’aumento di temperatura durante il funzionamento del dispositivo.
Nota : la trasmissione del calore per conduzione ed il mondo elettrico sono legate da una qualche
analogia (non totale sotto tutti gli aspetti)
In particolare la differenza di temperatura corrisponde alla differenza di potenziale elettrico e la
potenza dissipata corrisponde alla potenza dissipata o al flusso di calore. La resistenza termica
corrisponde alla resistenza elettrica.
Grandezza Elettrica
V
I
R
σ (conducibilità elettrica)
ρ (resistività elettrica)
Grandezza Termica
T –To
Pd
Rth
k (conducibilità termica)
1/k
CIRCUITO TERMICO EQUIVALENTE ad una struttura multistrato
Pv
Tj
Pc
R1
1/h
Pd
R2
To
Ta
Pd = generatore ideale di corrente (potenza dissipata nel dispositivo)
Pc = flusso termico di conduzione attraverso gli strati.
To = generatore ideale di tensione (temperatura del termostato alla base del sistema)
R1 = primo strato
R2 = secondo strato
MASSA = temperatura ambiente Ta
(parte del flusso passa per convezione dalla superficie superiore all’ambiente)
Pv = flusso termico di convezione [Watt]
Pv = h * ( Tj-Ta )
Con h = coefficiente di scambio termico per convezione
La formula di Pv assomiglia alla Legge di Ohm nella forma I= V/R, per cui h ha la dimensione di
una conduttanza termica [W/°C] , motivo per cui inserisco nel circuito una resistenza 1/h.
La giunzione su cui si trova il dispositivo che scalda è rappresentato dal nodo con temperatura Tj.
OSSERVAZIONE:_ Differenza tra Pd, Pc e Pv
Pd è la generazione superficiale di potenza = è una sorgente indipendente dalle condizioni
ambientali (l’equivalente dei generatori di corrente), a differenza di Pc e Po che sono flussi termici
(l’equivalente delle correnti). Il generatore di corrente impone una certa corrente fissa nel ramo in
cui è posto,poi quando il ramo incontra un nodo, la corrente si ripartisce come l’ambiente
suggerisce.
SOLUZIONE: per calcolare Tj devo risolvere la rete attraverso la sovrapposizione degli effetti,
avendo due generatori indipendenti. La presenza della resistenza 1/h in parallelo al generatore di
corrente tende ad abbassare la tensione (ovvero la temperatura) del nodo Tj a parità di potenza
generata.
DISPOSITIVI NEI CIRCUITI DI POTENZA
1. DIODO
Di questo dispositivo disegniamo soltanto la caratteristica tensione-corrente stilizzata: è qualcosa di
statico, inamovibile. Funziona da elemento raddrizzante.
2. SCR
Questo dispositivo assai robusto (può condurre una corrente molto elevata) si comporta di fatto
come un diodo normale ma soltanto se sul terminale di gate G viene inviato un impulso di corrente,
altrimenti si comporta come un ramo aperto. Se un impulso sul gate accende l’SCR e questo si trova
in condizioni di polarizzazione diretta, il dispositivo si comporta come un corto circuito. Per
riportare il dispositivo nello stato di OFF, basta invertire la tensione tra anodo e catodo.
DISPOSITIVI BIDIREZIONALI
3. BJT BIPOLARE
Dispositivo che funziona soltanto in un quadrante. È bidirezionale: dal comando della base posso
interdire il dispositivo (se non conduce corrente, è un ramo aperto) oppure attivarlo in conduzione.
Se inietto una forte corrente dalla base lo porto in saturazione ed ai suoi capi insiste la tensione
collettore-emettitore di saturazione ( 0.2 – 0.3 Volt).
4. MOSFET
Lo switch è bidirezionale. Il source è elettricamente collegato al substrato inferiore:quando è spento
(la tensione di gate è inferiore alla tensione di soglia), sotto l’ossido non ci sono cariche che
possono mettere in conduzione source e drain; per collegamento tra source e drain ciò che rimane è
una giunzione p-n . Dal punto di vista delle applicazioni di potenza il MOSFET lo possiamo vedere
come un Transistore normale più in parallelo tra source e drain un diodo (giunzione substratodrain). Quando il MOSFET è spento può essere usato come diodo semplice con l’anodo sul source
ed il catodo sul drain. Quando aziono il transistore (mando sul GATE una tensione maggiore della
tensione di soglia) creo un cortocircuito tra anodo e catodo. Questa proprietà risulta molto utile per
aggiungere un controllo di regolazione nei raddrizzatori (convertitori AC/DC).
5. GTO
È un dispositivo utilizzato soltanto per applicazioni di potenza.
6. IGBT (Insulated Gate Bipolar Transistor)
Dispositivo che è di fatto formato da un transistore bipolare di potenza la cui corrente di base è
erogata da un mosfet di potenza a sua volta controllato da un gate. Può essere attivato o disattivato
per mezzo del gate del mosfet. Viene utilizzato al posto del GTO per applicazioni di elevata potenza
ESIGENZE DISPOSITIVI
1. Velocità di commutazione (devo sveltire la commutazione)
2. Resistenza ad una tensione quanto più possibile elevata (se io devo commutare tensioni
dell’ordine di 200 V)
Il MOSFET è molto veloce, ma è anche molto delicato in termini di tensione. Infatti, tutto il suo
funzionamento si basa sulla presenza dello strato di ossido. Per rendere bassa la tensione di soglia
l’ossido deve essere sottile, ma più sottile è l’ossido più c’è la possibilità che questo venga
danneggiato dai campi elettrici interni causati da eccessivi valori di tensione tra il gate ed il
semiconduttore. Altri dispositivi che hanno una maggiore robustezza (GTO, IGBT) sono
tendenzialmente più lenti in fase di commutazione.
CONVERTITORI AC-DC :
RADDRIZZATORE A SINGOLA SEMIONDA
I
Vi
R
C
Non è un dispositivo molto efficiente: è un modo di utilizzare il diodo abbastanza pericoloso per il
diodo stesso.
Ricordiamo che l’ampiezza picco-picco della ondulazione residua vale Vm/fRC dove f è la
frequenza dell’onda.
Solamente nel piccolo intervallo tratteggiato il diodo è in conduzione. Tale intervallo è tanto più
piccolo quanto più il ripple è piccolo. In quell’intervallo accade che se consideriamo il diodo
completamente ideale (la Vγ è nulla), scorre una corrente tanto più elevata quanto più grande è il
condensatore di filtro, per cui il diodo viene sollecitato nel peggior modo possibile con elevati
picchi di corrente ad ogni periodo.
È come avere un generatore ideale con un condensatore scarico e un tasto: se chiudo il tasto ho una
carica istantanea e quindi un innalzamento istantaneo della tensione; tale innalzamento istantaneo è
supportato da un impulso di corrente infinito.
Conclusione:
questo dispositivo usa il diodo in maniera pericolosa perché per la maggior parte del tempo il diodo
rimane inattivo e poi quando è attivo deve erogare una corrente molto elevata.
RADDRIZZATORE A SINGOLA SEMIONDA CON INDUTTANZA
Una possibile soluzione per eliminare le sollecitazioni di tipo impulsivo che tende a danneggiare il
diodo stesso è inserire un’induttanza (ha il comportamento duale del condensatore).
L
Vi
R
C
Condensatore:
è un volano di tensione: impedisce che la tensione ai suoi capi salga bruscamente.
Induttanza:
è un volano di corrente: impedisce che la corrente attraverso la bobina possa variare in maniera
brusca.
Nel momento della carica il sistema risponde con un andamento della corrente più dolce e quindi
vuol dire che, anche se ho ridotto il valore medio, sono riuscito ad allungare di corrente su un tempo
più lungo e quindi riesco a evitare le sollecitazioni impulsive di corrente che sono pericolose per il
diodo.
RADDRIZZATORE A DOPPIA SEMIONDA A PONTE DI GRAETZ
Per diminuire il fattore Ripple aumentando di un fattore 2 la frequenza posso usare anche la
semionda negativa: devo fare in modo di raddrizzare la semionda cioè fare una specie di
amplificatore in valore assoluto che fornisce un’uscita positiva se l’ingresso è positivo e ancora
un’uscita positiva se l’ingresso è negativo.
La struttura è:
questo sistema è un elemento fondamentale di quei sistemi che tramutano una energia elettrica
dall’alternata alla continua.
Andamento della corrente nel raddrizzatore a doppia semionda durante la semionda positiva (a
sinistra) e negativa (a destra)
Durante la semionda positiva polarizzo direttamente il diodo D1 e il diodo D2. Se corrente deve
passare nel carico, questa deve andare da sinistra a destra, quindi il carico è percorso da una
corrente con il seguente verso →.
Durante la semionda negativa inverto le polarità: i diodi D1 e D2 sono interdetti e i diodi D3 e D4
sono posti in conduzione. Quindi all’interno del carico la polarità è la stessa e la corrente scorre
sempre verso destra →.
Lo stesso identico circuito può essere disegnato in un’altra forma più comoda:
I rami di questo convertitore sono semplicemente degli elementi raddrizzanti.
RADDRIZZATORE TRIFASE
Posso fare un raddrizzatore a doppia semionda che ha come sorgente alternata una tripletta di
tensioni sfasate di 120° (tensione trifase).
I rami costituiti dai due diodi sono le fasi delle trifase. Dal punto di vista elettrico lo posso indicare
con 3 generatori con un neutro.
Le fasi hanno un andamento di questo tipo:
TENSIONE TRIFASE
La tensione trifase è una forma d’onda dell’energia che serve per alimentare i motori (è quella
fornita dall’ENEL). È composta da 3 generatori di tensione messi nella seguente maniera
denominata configurazione a stella:
Ciascun generatore dà luogo a una forma sinusoidale, però le 3 sinusoidi sono sfasate di 120° l’una
dall’altra.
Una tensione sinusoidale può essere rappresentata sul piano di Gauss. La tripletta di generatori può
essere rappresentata così: con 3 vettori sfasati di 120°
La forma d’oinda che misuro con l’oscilloscopio è istante per istante la proiezione, cioè la
componente reale del vettore.
Se facciamo ruotare questa stella a 3 punte con una pulsazione ω 0 = 50 Hz , uno di questi vettori
costituisce una funzione sinusoidale. Siccome i 3 vettori sono sfasati di un certo angolo allora le
proiezioni sull’asse reale sono sfasate temporalmente di un certo ritardo.
Tutte queste tensioni sono riferite a un nodo centrale: il neutro.
ESEMPIO DI RADDRIZZATORE TRIFASE CON CONTROLLO DI AMPIEZZA
Il sistema preso in esame ed illustrato nella figura che segue è un semplice convertitore trifase
realizzato con MOSFET di potenza. Esso è ad esempio il circuito che fornisce le alimentazioni
continue a bordo di una motocicletta. Le tensioni alternate che costituiscolo la stella trifase in
ingresso provengono dal generatore del nostro motorino. Per mezzo di questa sorgente elettrica
devo devo alimentare tutti i sistemi di bordo che funzionano a corrente continua (devo caricare la
batteria, devo alimentare le luci…).
L’ampiezza picco-picco della tensione del generatore dipende dalla velocità del motorino: maggiore
la velocità e maggiore è la tensione sul carico. Quindi è possibile che il sistema, se non regolato,
possa fornire una tensione maggiore del dovuto col rischio di danneggiare gli elementi.
È necessario quindi inserire un sistema di controllo che legge la tensione in uscita ed interviene a
bloccare parzialmente il raddrizzatore in modo da ridurre gradualmente la tensione in uscita.
tensione continua che ho in uscita e l’intelligenza deve dire se la tensione continua è troppo elevata.
Dalla figura si vede che i diodi del ponte trifase sono realizzati con transistori mosfet. I tre di sopra
hanno il gate ed il source cortocircuitati, per cui non sono mai messi in attivazione: funzionano
soltanto da diodi source-drain.
I tre mosfet inferiori hanno invece il gate collegato con il circuito di controllo. Quando la tensione
sul carico si innalza, il controllo tende a mandare degli impulsi positivi maggiori della tensione di
soglia in modo da attivare il mosfet per un certo periodo rendendolo un cortocircuito. Le fasi del
V1
V2
V3
CARICO
generatore vengono ad essere messe in corto per cui diminuisce la tensione media che ricade sul
condensatore di uscita.
CIRCUITO DI REGOLAZIONE E
CONTROLLO - GENERAT. DI
IMPULSI
Ponte raddrizzatore trifase con controllo dell’ampiezza di uscita.
CONVERTITORI DC/AC
I convertitori DC/AC trasformano una tensione e corrente continua in una tensione e corrente
alternata.
Sono sistemi più complessi perché:
Devono sempre possedere un circuito di controllo che regola i tempi di commutazione dei
tasti elettronici ed eventualmente che che regola l’ampiezza della tennsione di uscita.
Il convertitore non riesce mai ad ottenere una forma sinusoidale perfettamente pura ma
fornisce una tensione alternata di tipo squadrato, del tipo di un’onda quadra oppure una forma
composta da una serie di impulsi rettangolari.
Avere un’onda quadra invece di una sinusoide pura vuol dire in pratica avere la potenza di uscita
che si distribuisce sulla fondamentale e sulle armoniche superiori.
La presenza delle armoniche è certamente indesiderata perché sono inutili al circuito utilizzatore e
perchè assorbono una parte della potenza. Inoltre la loro presenza può essere pericolosa: infatti se il
carico è un sistema di tipo elettromeccanico (motore) possiede certamente una sua frequenza di
risonanza meccanica. Se una delle armoniche della tensione è vicina o coincidente con quella di
risonanza, possono essere indotte vibrazioni anche violente che posso danneggiare il sistema.
Nella figura è illustrato il più semplice converitore DC/AC di tipo monofase
Φ1
S1
S3
Φ2
CIRCUITO DI
PILOTAGGIO
DEI TASTI
E
S2
S4
Φ2
Φ1
Il circuito di controllo ha il compito di aprire e chiudere i tasti secondo una cadenza opportuna. Φ1
è la forma d’onda che pilota i tasti S1 ed S4, mentre Φ2 pilota S2 ed S3. In ogni ramo i tasti sono
aperti e chiusi in controfase.
E
E
S1 e S4 chiusi
S2 e S3 aperti
S2 e S3 chiusi
S1 e S4 aperti
Se i tasti sono i soliti dispositivi di commutazione, alla tensione di controllo alta corrisponde il tasto
chiuso, alla tensione bassa corrisponde il tasto aperto.
Dalla figura sopra si vede chiaramente che la tensione sul carico (e quindi anche la corrente cambia
di verso nelle due condizioni, per cui la forma d’onda sul carico assume la forma di un’onda quadra.
Ho trasformato quindi una tensione continua in una tensione alternata. È una funzione periodica a
valor medio nullo, ma essendo un’onda quadra possiede un contenuto non indifferente di
armoniche.
Accantoniamo per ora il problema delle armoniche e andiamo a vedere in realtà qual è la vera forma
d’onda che devo realizzare.
Il problema serio a cui va incontro questo tipo di commutatore cosi’ pilotato è il rischio di
danneggiare la batteria. Infatti quello che NON DEVE ACCADERE è che i tasti in un ramo
rimangano per un istante chiusi entrambi durante la commutazione. In tal caso avverrebbe un
cortocircuito della batteria.
Questo pericolo è indotto dalla lentezza con cui i tasti rispondono al comando di apertura e
chiusura. Se quindi uno stesso comando fornisce l’ordine ad S1 di chiudersi ed a S3 di aprirsi,
certamente durante questa commutazione la lentezza con cui S3 esegue l’ordine provoca un corto
circuito della batteria nel primo ramo.
Per evitare questo difetto si fa in modo che le due forme d’onda di comando non siano mai
esattamente l’una il negato dell’altra ma assumono la forma di un’onda quadra con il duty-cycle
minore del 50%.
Nella figura seguente sono illustrate le due vere forme d’onda di comando e la tensione sul cariico
che ne consegue.
In pratica tra i due stati del sistema esiste un piccolo intervallo di tempo in cui tutti e quattro i tasti
rimangono aperti e la tensione sul carico è nulla. La durata di questo intervallo dipende dal tipo di
commutatore scelto.
Facendo riferimento alla commutazione della tensione dal più al meno
Vu = + E
S1 e S4 chiusi (Φ1=1)
S2 e S3 aperti (Φ2=0)
Vu = 0
S1 e S4 aperti (Φ1=0)
S2 e S3 aperti (Φ2=0)
Vu = -E
S1 e S4 aperti (Φ1=0)
S2 e S3 chiusi (Φ2=1)
Φ1
Φ2
+E
t
-E
La forma d’onda vera è ancora alternata a valor medio nullo, è migliore della onda quadra pura
perché si avvicina di più a una sinusoide e quindi il suo contenuto di armoniche è minore.
Si ricorda che un convertitore è migliore di un altro in base ai seguenti criteri:
Rapporto di trasferimento di potenza maggiore
Potenza sulle armoniche minore
TECNICA PWM
Una possibile tecnica per cercare di minimizzare il contenuto di armoniche è figlia della
considerazione che abbiamo fatto precedenetemente nel senso che posso avere una situazione
intermedia in cui posso trasmettere una tensione 0 sul carico. Quindi, è possibile, agendo sulla
temporizzazione dei tasti costruire una forma d’onda di uscita composta da una serie opportuna di
impulsi rettangolari programmati in modo da rendere nulla una o più armoniche della forma d’onda
complessiva.
Per esempio sempre agendo con questo sistema qui, con 3 stadi
alto
basso
0
Mi posso costruire una forma d’onda a contenuto di armoniche minimizzato fatta in questa maniera:
Fig. 7: Forma d’onda PWM a due livelli (caso a) e a tre livelli (caso b).
La strategia di progetto è quella di andare a modulare in maniera opportuna le durate degli impulsi
α1, α2, α3 (si noti che deve esserci una sequenza simmetrica all’interno di ciascun semiperiodo).
IL CIRCUITO DEVE POSSEDERE UNA CAPACITÀ ADATTATIVA
Ovvero deve esserci una opportuna intelligenza (microprocessore) che sia in grado di cambiare
eventualmente le durate degli impulsi in funzione della natura reattiva del carico e
dell’assorbimento di corrente.
VERSIONE TRIFASE DEL CONVERTITORE DC / AC
Il seguente circuito costituisce la versione trifase del convertitore DC/AC nel caso che il carico
stesso abbia una natura tripolare.
Convertitore DC/AC trifase.
Il carico trifase ha infatti il vantaggio di essere alimentato da tensioni sintetizzate con interruttori,
riportate nella figura seguente, che, benché risentano ancora della natura tutto-niente degli
interruttori con cui sono state generate, si avvicinano abbastanza alla forma sinusoidale desiderata.
Forme d'onda nel convertitore trifase DC/AC.
Il circuito, ovvero la sua realizzazione a mezzo di interruttori allo stato solido, data la sua semplicità
costruttiva, è molto diffuso nelle applicazioni industriali. Il tipo di interruttori allo stato solido
impiegati dipende dalla potenza assorbita dal carico e va dagli SCR, per le alte potenze, ai
transistori bipolari o Mos per le potenze più basse.
Ho una batteria singola e voglio creare una tripletta di tensioni trifase. La struttura è la stessa del
monofase ma con però a tre rami. Su A ,B,C è attaccato un carico trifase (tre impedenze uguali)
costituito da tre impedenze uguali connesse a stella tra il centro del ramo e il neutro N.
N = neutro ≠ massa
Facendo riferimento alla figura di sopra ed ignorando il problema del pericolo del cortocircuito
della batteria, le tensioni marcate con A , B e C sono le tensioni dei centri dei rami rispetto a massa
(negativo della batteria). Ciascuna di esse rimane alta (bassa) per un periodo pari a tre slot
temporali.
In ogni slot temporale si ha l’alternanza di due situazioni:
La prima in cui due nodi sono a + E ed uno a massa. Nella seconda un nodo è a tensione +E e gli
altri due sono a massa. Questi due casi si posso schematizzare nel modo seguente:
R
R
0V
+E
R
R
N
0V
+E
R
N
R
Quindi la tensione del neutro rispetto a massa oscilla tra 2/3 E e 1/3 E.
È quindi facile vedere che le tensione ai capi dei tre carichi A-N, B-N, C-N assumono la forma di
tensioni alternate sfasate di 120 gradi l’una dall’altra che pur essendo di tipo ancora squadrato, si
avvicinano abbastanza alla sinusoide pura.
CONVERTITORI DC/AC RISONANTI.
Uno dei problemi principali che affliggono i dispositivi di conversione descritti nei precedenti
paragrafi è senza dubbio la dissipazione di calore negli interruttori allo stato solido che oltre a
provocare perdite di energia è anche una delle prime cause di guasto. Poiché lo stress si verifica
quasi esclusivamente durante la commutazione ci si può chiedere se non sia possibile progettare
convertitori in cui la commutazione degli interruttori avvenga esclusivamente in corrispondenza di
valori di corrente (o tensione) nulli.
Fig. 10: Sintesi di una forma d’onda a bassa frequenza a mezzo di semisinusoidi.
In linea di principio ciò è possibile nel caso DC/AC se la tensione continua da convertire è
preventivamente trasformata in una corrente (o tensione) alternata ad alta frequenza le cui singole
semisinusoidi vengano applicate poi al carico aprendo o chiudendo gli interruttori del convertitore
negli istanti in cui esse transitano per lo zero. In altre parole si ha la situazione della figura
precedente in cui vengono riportate per confronto le forme d’onda PWM tradizionali e quelle
ottenute a mezzo di elementi semisinusoidali.
In pratica se la frequenza delle semisinusoidi è sufficientemente elevata, la forma d’onda
sintetizzata che si ottiene non differisce sostanzialmente da una PWM tradizionale con la differenza
fondamentale che in quest’ultimo caso è possibile aggiungere o togliere solo semisinusoidi intere.
Vi è perciò una discretizzazione delle durate dei singoli impulsi dell’onda di bassa frequenza
sintetizzata che possono perciò assumere solo valori multipli del semiperiodo dell’onda di alta
frequenza. Il vantaggio, come già detto, consiste nel fatto che l’aggiunta delle semisinusoidi avviene
commutando interruttori in istanti in cui la corrente (o tensione) è appunto nulla. Il problema si può
perciò ridurre alla generazione di una corrente (o tensione) sinusoidale ad alta frequenza di
ampiezza indipendente dal carico utilizzato. A tale scopo si impiega un circuito risonante posto nel
solito ponte ad interruttori, come indicato in Fig. 11.
Ponte a interruttori che alimenta un circuito risonante serie.
Se la frequenza con cui commutano gli interruttori coincide con la frequenza di risonanza del
circuito e il fattore di merito di quest’ultimo è abbastanza elevato, la tensione ad onda quadra
applicata fa circolare una corrente pressoché sinusoidale come è mostrato in Fig. 11. Il passaggio
per lo zero della corrente avviene perciò nell’istante preciso in cui gli interruttori commutano
garantendo così l’assenza di perdite. Una volta generata la sinusoide ad alta frequenza, essa viene
instradata nel modo voluto attraverso il carico posto in serie a mezzo di un altro ponte a interruttori,
come mostrato in figura
Convertitore risonante serie con carico.
Occorre subito notare che l’inserzione del carico in serie al circuito risonante provoca grossi
problemi a quest’ultimo. Questo infatti è il tallone d’Achille dei convertitori risonanti: se il carico
non presenta una reattanza sufficientemente bassa il circuito risonante esce di sintonia con
conseguenze facilmente immaginabili sulla ampiezza, fase e distorsione dell’onda sinusoidale.
Questi ed altri sono i motivi che fin’ora hanno impedito un’ampia diffusione di questi dispositivi.
Ovviamente oltre al circuito precedente, che impiega un circuito risonante serie per la generazione
di una corrente sinusoidale, esiste il caso duale di un circuito risonante parallelo che genera una
tensione sinusoidale di alta frequenza. Lo schema è riportato nella figura seguente in cui si nota che
al posto del generatore costante di corrente che, per dualità dovrebbe sostituire la batteria E del caso
serie, si è utilizzata una batteria con in serie una induttanza di valore elevato.
Fig. 13: Convertitore risonante parallelo.
Anche nel caso del circuito risonante parallelo esiste il grosso problema della dissintonizzazione
causata dall’inserzione di un carico la cui reattanza non sia sufficientemente elevata.