la storia 2: da costantinopoli a lirey.

1 Sindone Scheda V LA STORIA 2:
DA COSTANTINOPOLI A LIREY.
1. A Costantinopoli.
Il trasferimento del mandylion da Edessa a Costantinopoli è descritto dai
cronisti dell'epoca come un vero e proprio trionfo, segno dell'eminente
considerazione e venerazione da cui l'immagine era circondata. Si trattò di un
vero e proprio pellegrinaggio, a cui presero parte vescovi, ecclesiastici e nobili
accorsi da tutto l'impero, come descrivono ben due sinassari, i testi liturgici
della Chiesa bizantina. Lungo il cammino si verificarono anche numerosi
segni portentosi e miracoli. Da uno dei due sinassari leggiamo questi versi:
"Su una sindone, perché vivente, [hai impresso le tue sembianze;
[perché morto, vestisti, ultima, la sindone".
Il 15 agosto 944, in un tripudio di popolo, il mandylion giunge a
Costantinopoli, accolto alle porte della capitale dalla famiglia imperiale
schierata al gran completo. La preziosa reliquia viene deposta nella chiesa
della Theotokos delle Blacherne, dedicata alla Madre di Dio. L'indomani le
celebrazioni riprendono, la reliquia viene esposta alla venerazione dei fedeli
ed infine definitivamente sistemata nella chiesa della Theotokos del Pahros.
L'arrivo del mandylion a Costantinopoli fu un evento di rilievo eccezionale, al
punto che nel calendario liturgico della Chiesa bizantina viene ricordato con
una festa liturgica anniversaria, celebrata il 16 agosto di ogni anno. Due
documenti risalenti a questo periodo sono molto importanti per confermare
l'identificazione del mandylion con la sindone.
a. Un'omelia pronunciata da Costantino Porfirogenito, esperto pittore e
futuro imperatore di Bisanzio. Scrive:
"Quanto alla causa per cui, grazie a una secrezione liquida senza
materia colorante né arte pittorica, l’aspetto del viso si è formato
sul tessuto di lino e in che modo ciò che è venuto da una materia
così corruttibile non abbia subito nel tempo alcuna corruzione, e
tutti gli altri argomenti che ama ricercare accuratamente colui che
si applica alle realtà come fisico, bisogna lasciarli all’inaccessibile
saggezza di Dio. Riguardo al punto principale dell’argomento tutti
sono d’accordo e convengono che la forma è stata impressa in
maniera meravigliosa nel tessuto dal volto del Signore. Ma riguardo
a un particolare della cosa, cioè al momento, essi differiscono, il che
Sindone 2 Scheda V non nuoce in alcun modo alla verità che ciò sia accaduto prima o più
tardi. Ecco dunque l’altra tradizione. Quando Cristo si avvicinava
alla sua passione volontaria, quando mostrò l’umana debolezza e lo
si vide nell’agonia pregare, quando il suo sudore colò come gocce di
sangue, secondo la parola del Vangelo, allora, si dice, egli ebbe da
uno dei suoi discepoli questo pezzo di tessuto che ora vediamo e con
esso si asciugò l’effusione dei suoi sudori. E subito si impresse
quest’impronta visibile dei suoi tratti divini".
b. Un'orazione di Gregorio, arcidiacono e referendario della chiesa di santa
Sofia a Costantinopoli. Scrive:
"Lo splendore - e ciascuno sia ispirato da questa narrazione - è stato
impresso dalle sole gocce di sudore dell’agonia sgorgate dal volto che
è origine di vita, stillate giù come gocce di sangue, come pure dal
dito di Dio. Queste sono veramente le bellezze che hanno prodotto la
colorazione dell’impronta di Cristo, la quale è stata ulteriormente
abbellita dalle gocce di sangue sgorgate dal suo stesso fianco.
Ambedue sono piene di insegnamenti: sangue e acqua là, sudore e
immagine qui. Quale somiglianza dei fatti! Queste cose provengono
dall’Uno e dal Medesimo".
Risulta da queste parole che il mandylion giunto a Costantinopoli da Edessa
non è un'immagine dipinta, riproduce la figura dell'intero corpo e non solo del
volto, reca tracce di sangue. Mentre ad Edessa probabilmente il mandylion
era conservato in un reliquiario ripiegato in otto, lasciando così vedere solo il
volto, a Costantinopoli era ripiegato in quattro, rendendo visibile anche la
ferita del costato. Da questa immagine si sviluppa nell'Impero d'Oriente la
rappresentazione dell'Imago Pietatis, Cristo morto che sporge dal sepolcro in
posizione eretta fino alla vita, con le mani incrociate davanti. Parallelamente
si diffonde anche la rappresentazione di Cristo morto in varie pitture e
mosaici, dove il corpo di Gesù appare irrigidito dalla morte e deposto su un
lenzuolo.
Le testimonianze della presenza del mandylion a Costantinopoli tra il 944 ed
il 1204 sono molto numerose e concordi:
a. Giovanni il geometra, sacerdote a Costantinopoli. Parla
dell'"immagine di Cristo visibile nel suo sudario".
b. Alessio I Comneno, imperatore bizantino. Nel 1092, rivolgendosi in
cerca di aiuto per lettera a Roberto di Fiandra, scrive:
"Essere miglior cosa che i cristiani d'Occidente abbiano
Costantinopoli anziché essa cada in mani pagane. Qui infatti si
3 Sindone Scheda V trovano preziosissime reliquie del Signore tra cui i lini ritrovati nel
sepolcro dopo la sua risurrezione".
c. Ludovico VII, re di Francia. Nel 1147 il sovrano francese è in visita a
Costantinopoli e viene condotto dallimperatore Manuele Comneno nella
chiesa della Theotokos alle Blacherne, dove può venerare le insigni reliquie
del tesoro imperiale, tra cui i lini sepolcrali del Signore.
d. Amalrico I, re di Gerusalemme. Durante una sua visita
allimperatore Michele Comneno può venerare le reliquie più preziose
custodite nella capitale, tra cui la sindone.
e. Nicola Mesarite, custode del tesoro del Palazzo Imperiale di
Costantinopoli. Nel 1201, durante una rivolta popolare, riesce a evitare il
saccheggio del palazzo, ricordando agli insorti la sacralità delle reliquie che
ivi sono custodite. Tra esse cita:
"I lenzuoli sepolcrali di Cristo, sono di lino, una materia
conveniente secondo l'uso; profumano ancora; resistono alla
corruzione, perché hanno avvolto l'ineffabile cadavere, nudo ed
imbalsamato dopo la passione".
Interessante e illuminante il riferimento alla nudità del corpo di Gesù,
particolare inconcepibile per l'epoca e di cui non si ha alcun riscontro
artistico, ma perfettamente coincidente con quanto la sindone rivela.
Al periodo della permanenza della sindone a Costantinopoli si riferisce anche
la raffigurazione contenuta nel codice Pray di Budapest, datato tra il 1192 ed
il 1195.
2. La IV crociata.
Nel 1199 papa Innocenzo III bandisce la IV crociata per la riconquista di
Gerusalemme. I crociati si radunano a Venezia nel 1202 ma, sprovvisti di
fondi per pagare il trasporto in Egitto, accettano di prestare il proprio aiuto
alle autorità veneziane per riconquistare Zara. Riconquistata la città, i
crociati ricevono nel 1203 l'ambasceria del principe bizantino Alessio che, a
nome del padre Isacco II detronizzato dal fratello Alessio III, chiede aiuto alle
armi crociate per cacciare l'usurpatore dal trono imperiale. In cambio
dell'aiuto, il principe promette ai crociati a nome del padre il pagamento di
una forte somma di denaro, l'impegno alla riconciliazione con la Chiesa di
Roma e laiuto militare per la riconquista di Gerusalemme. I crociati,
nonostante l'opposizione papale, accettano l'offerta e il 17 luglio 1203 sferrano
l'attacco finale a Costantinopoli, rimettendo sul trono l'imperatore Isacco II,
Sindone 4 Scheda V che associa al governo il figlio, con il nome di Alessio IV. L'opera di
riconciliazione con il Papato però suscita la violenta opposizione della
popolazione urbana che, insorta, depone i due imperatori e acclama nuovo
sovrano Alessio V. Di fronte a questo imprevisto rivolgimento, ritenuto un
affronto ed una minaccia, i crociati deliberano di dare una seconda volta
l'assalto alla capitale. La presa, seguita da un terribile saccheggio, avviene
tra il 12 e il 13 aprile 1204. Certamente le immense ricchezze custodite a
Costantinopoli, in primis le insigni reliquie della passione di Cristo,
rappresentano per i crociati un notevole incentivo alla conquista.
Tra il 1203 ed il 1204, i crociati, accuartierati fuori città, hanno libero accesso
a Costantinopoli. Tra loro vi è il cavaliere francese Robert de Clari, che scrive:
"C'è un altro monastero chiamato Santa Maria delle Blacherne,
dove stava la Sindone in cui fu avvolto Nostro Signore che ogni
venerdì si alzava tutto dritto, così che se ne poteva vedere bene la
figura... Nessuno, greco o francese che fosse, venne mai a sapere
cosa accadde di questa Sindone quando la città fu presa".
Che in questo passo si parli o meno del mandylion, è certo che dal 1204 si
perdono le tracce di questa preziosa reliquia.
Dopo la caduta dell'Impero Bizantino, a Costantinopoli viene proclamato
l'Impero Latino d'Oriente. La corona imperiale è assunta da Baldovino I di
Fiandra. Il fragile impero si resse fino al 1261, anno in cui Michele VIII
Paleologo cacciò i Latini e restaurò l'Impero Bizantino. I deboli sovrani latini
di Costantinopoli dovettero fin da subito far fronte alla disastrosa situazione
economica in cui versavano le casse dell'impero. Per recuperare la liquidità
necessaria alla difesa delle frontiere, a più riprese i sovrani o loro dignitari
accettarono, a fronte di forti somme di denaro, di dare in pegno o addirittura
di vendere le reliquie del tesoro imperiale sopravvissute al sacco del 1204.
Nei vari documenti che comprovano tali transizioni e che contengono un
elenco dettagliato delle reliquie oggetto di scambio, non vi è più traccia dei
lenzuoli sepolcrali di Cristo, testimonianza evidente della scomparsa della
sindone dalla capitale bizantina.
3. i Crociati
Dal 1204 si perde ogni notizia sulla sindone. Ciò è spiegato in primo luogo dal
fatto che, in seguito al sacco di Costantinopoli ed al trafugamento di varie
reliquie, secondo le disposizioni del Concilio Lateranense IV del 1215 erano
stati colpiti da scomunica tutti coloro che in qualunque modo si fossero
impadroniti e detenessero tali oggetti sacri.
Sindone 5 Scheda V Tuttavia vi sono alcuni indizi che permettono di avanzare due ipotesi sul
passaggio del lenzuolo in Europa, dove misteriosamente ricompare a Lirey in
Francia nel 1353.
a. Ottone de la Roche. Nato in Borgogna nel 1170 dalla nobile famiglia
Ray, prende la croce e partecipa alla IV crociata. Durante il sacco di
Costantinopoli si sarebbe impossessato del prezioso lenzuolo, trasferendolo
poi ad Atene. Alla fine della crociata venne nominato duca di Atene e di Tebe.
b. A conferma della presenza della sindone ad Atene, nel 1205, Teodoro
Angelo-Comneno, nipote dell'imperatore Isacco II, indirizza una missiva a
papa Innocenzo III in cui chiede il suo aiuto per recuperare le reliquie
trafugate:
"Teodoro Angelo, a nome del fratello Michele, signore dell'Epiro, e
suo, augura lunga vita ad Innocenzo, signore e pontefice dell'antica
Roma.
Lo scorso anno, in aprile, l'esercito crociato, partito col falso intento
di liberare la Terra Santa, viene a saccheggiare la città di
Costantino. Durante il saccheggio i soldati veneziani e i franchi
fecero preda anche nei luoghi sacri. I Veneziani presero nella
spartizione i tesori d'oro, argento e avorio, i Franchi le reliquie dei
Santi e la più sacra tra quelle, cioè il lenzuolo con il quale fu
avvolto, dopo la morte e prima della risurrezione, nostro Signore
Gesù Cristo. Sappiamo che le cose sacre sono conservate a Venezia,
in Francia e negli altri luoghi dei predatori, il sacro lenzuolo in
Atene. Tante spoglie in quanto sacre non devono essere portate via,
essendo ciò contro ogni diritto umano e divino; tuttavia i barbari di
questi tempi le predarono in nome di Gesù Cristo, nostro Signore
ed in nome tuo, sebbene contro la tua volontà.
L'insegnamento di Gesù Cristo, nostro Salvatore, non ammette che
i Cristiani spoglino gli altri delle cose sacre. A i predatori vada l'oro
e l'argento, ritorni a noi ciò che e sacro, per la qual cosa il mio
fratello e signore ha posto la massima fiducia nell'intervento della
tua autorità. Attraverso la tua autorità la restituzione non può
mancare. Il popolo aspetta fiducioso che tu agisca e tu sicuramente
l'esaudirai. Il mio fratello e signore, Michele, attende la giustizia di
Pietro".
c. Nel 1207, Nicola d'Otranto, abate di Casola, che nel 1206 si era
recato ad Atene, scrive, riguardo al sacco di Costantinopoli:
"Quando la città fu catturata dai cavalieri francesi, entrarono come
ladri, fino al tesoro del Grande Palazzo dove gli oggetti sacri erano
stati custoditi e trovarono, fra le altre cose, il legno prezioso, la
corona di spine, i sandali del Salvatore, il chiodo, e il lenzuolo della
sepoltura, che abbiamo visto più tardi con i nostri occhi".
Sindone 6 Scheda V Nel 2006, al castello di Ray furono identificati alcuni cimeli bizantini, portati
in Europa da Ottone al termine della IV crociata. Tra essi, oltre a varie
reliquie della Croce, si trova un singolare cofanetto di legno che, secondo la
dicitura riportata, avrebbe custodito il lenzuolo sepolcrale di Cristo, portato
in Europa dal signore del castello.
Ottone, edificato il suo castello sull'acropoli di Atene, rientra in Francia dove
muore nel 1224. Gli succede il primogenito Ottone II che nel 1255 cede tutti i
possedimenti greci e rientra definitivamente nei suoi possedimenti francesi. Il
ducato di Atene rimane al figlio cadetto Guy, la cui casata regge il piccolo
ducato ellenico fino al 1308 quando sale al trono Gautier V de Brienne. Il
figlio, Gautier VI, pur conservando il titolo ducale di Atene, è un militare di
professione che combatte tra le file francesi nella guerra dei Cent'anni. Muore
nella battaglia di Poitiers del 1256, come Geoffroy de Charny, il primo
possessore della sindone in Europa. I due cavalieri, che certamente si
conoscevano, erano possessori di due feudi vicini, Brienne e Lirey.
Questa prima ipotesi spiega il trasferimento della sindone da Costantinopoli
alla Francia via Atene, passaggio che sarebbe avvenuto per mano di Ottone o
dei suoi successori, e lascia intuire una possibile spiegazione del passaggio
del lenzuolo nelle mani di Geoffroy de Charny.
4. I templari.
I Templari, poveri compagni d'armi di Cristo e del Tempio di Salomone,
costituiscono un celebre ordine religioso e cavalleresco di monaci-guerrieri,
nato a Gerusalemme nel 1129 e finalizato alla protezione degli spostamenti
dei pellegrini in viaggio verso i Luoghi Santi conquistati dai crociati. Secondo
alcune ipotesi, tra il XIII ed il XIV secolo la sindone sarebbe stata custodita
dai Templari, che lavrebbero portata in Europa dalla Terrasanta o ricevuta
da qualche crociato al suo rientro dall'Oriente. In Francia i templari sono
fatti arrestare e imprigionare nel 1307 dal re Filippo il Bello, che confisca i
loro ingentissimi beni. Nel 1312 il sovrano francese ottiene da papa Clemente
V la condanna dell'ordine per eresia. L'accusa è quella del culto del volto di
un uomo con la barba e i capelli rossi. Alcune descrizioni di questo idolo,
chiamato Baphomet, lo rappresentano come una forma umana, a due figure,
di cui una ha la barba, con quattro piedi. L'ultimo Gran Maestro dell'ordine
finì sul rogo nel 1314, assieme ad un templare di nome Geoffroy de Charny. Il
volto dei templari non è mai stato ritrovato, ma ne è stata ritrovata una
copia, venuta alla luce nel 1945 a Templecombe, in Inghilterra, presso la
cappella di un'antica caserma dell'ordine. Si tratta di un pannello di legno di
quercia, su cui è raffigurato un volto barbuto che mostra immediate ed
Sindone 7 Scheda V evidenti analogie con quello sindonico. La tavola, datata al 1280 e nascosta in
un controsoffitto crollato in seguito allo spostamento d'aria provocato da una
bomba tedesca, presenta un buco di serratura, indizio che fa pensare trattarsi
del coperchio di un contenitore di una reliquia molto preziosa, appunto il
volto adorato dai templari, corrispondente alla sindone ripiegata in otto.
A partire da questi elementi si possono avanzare varie ipotesi.
Nell'imminenza della caduta dell'Impero Latino d'Oriente, la sindone
potrebbe essere stata consegnata ai templari e da loro portata in Europa, in
particolare in Inghilterra. Il trasferimento in Francia potrebbe essere stato
motivato dal fatto che nella regione della Champagne, dove si trova Lirey, i
templari godevano di ampie protezioni e di capillari appoggi, che avrebbero
permesso di occultarla con facilità. Non è provata una parentela diretta tra il
Geoffroy de Charny arso sul rogo nel 1314 ed il Geoffroy de Charny
possessore della sindone a Lirey nel 1353. Geoffroy de Charny potrebbe
altresì essere entrato in possesso della preziosa reliquia durante uno dei due
periodi di prigionia trascorsi in Inghilterra, potrebbe averla ricevuta in dono
dal compagno d'armi Gautier VI de Brienne, ultimo duca di Atene e morto
privo di eredi, oppure potrebbe infine averla ricevuta in dote dalla moglie,
Giovanna de Vergy, discendente da Ottone de la Roche.