SinDRoMe Di aiCaRDi-GoutiÈReS: una S¡eCiaLe enCeFaLo¡atia

SINDROME DI AICARDI-GOUTIÈRES: UNA
SPECIALE ENCEFALOPATIA
AD ESORDIO PRECOCE
Jean Aicardi
Paris - France
Introduzione
La Sindrome di Aicardi-Goutières fu descritta per la prima volta nel 1984 (1) in una famiglia
portoghese il cui primogenito era affetto da calcificazioni dei gangli della base e da una grave encefalopatia.
All’epoca, si ritenne si trattasse di un’infezione da citomegalovirus (infezione CMV) a causa del quadro
clinico e nonostante non fossimo riusciti a dimostrare la presenza di un’infezione virale.
Sfortunatamente e nonostante il risultato genetico relativamente favorevole che avevamo dato a
questa famiglia, nacque successivamente un altro figlio, anche questo colpito dalla stessa condizione, che ci
permise di riconoscere che non si trattava di infezione da citomegalovirus, ma forse di una forma genetica
all’epoca sconosciuta. Questa famiglia ebbe in seguito un terzo figlio ammalato, nonostante un risultato
corretto.
I genitori erano consanguinei, il che depone fortemente a favore di una condizione autosomica
recessiva, in quanto risultavano colpiti dalla malattia sia i figli maschi che le figlie femmine. Ad oggi, sono
stati segnalati circa 30 casi della sindrome (2), anche se ne esistono certamente molti altri. In effetti, nella
letteratura disponibile, si possono trovare riferimenti a casi analoghi che non furono riconosciuti come
sindrome specifica.
Il nostro studio si basa su 28 casi, 19 dei quali sono stati seguiti dalla dottoressa Goutières e da me;
nelle mie due diapositive c’è una differenza, perché di recente ho aggiunto un ventottesimo caso ai 27
oggetto di una recente pubblicazione mia e della dottoressa Goutières. Gli altri casi ci sono stati segnalati da
colleghi, in particolare dal Prof. Barth, dal Prof. Di Rocco, dal Prof. Stephenson in Scozia, che desideriamo
ringraziare.
Siamo a conoscenza di 12 casi familiari appartenenti a 20 famiglie. In almeno 3 famiglie e,
probabilmente, in una quarta, era presente consanguineità. Non vi erano antecedenti significativi di
manifestazioni perinatali o di eventi anomali durante la gravidanza, tranne che in pochi casi. Infine, come
sentiremo più tardi dal dottor Crow, in circa la metà dei casi studiati fino ad oggi è stato mappato un locus
sul cromosoma 3p21.
Caratteristiche neurologiche
Le caratteristiche principali della sindrome sono relativamente comuni, nonostante alcuni tratti
caratterizzanti.
Il primo di questi è la presenza di un’encefalopatia progressiva ad esordio precoce, spesso in realtà presente
fin dalla nascita, ma che può cominciare più tardi, anche se quasi sempre entro il primo anno di vita.
La seconda caratteristica specifica è la presenza di calcificazioni localizzate soprattutto nei gangli
della base, ma che possono estendersi anche nella sostanza bianca, nel cervelletto e, molto raramente, nella
corteccia.
La terza caratteristica è di grande rilevanza diagnostica ed è la presenza di liquido cerebrospinale
anomalo, con la presenza di linfocitosi che può andare da poche a molte cellule, associata circa nella metà
dei casi ad un livello proteico relativamente elevato.
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Un quarto punto importantissimo per la diagnosi è la negatività di tutte le indagini eziologiche,
specialmente di quelle mirate alla diagnosi delle infezioni fetali.
L’ultima caratteristica, scoperta dal professor Lebon, è la presenza di un innalzamento del livello di
interferone alfa nel liquido cerebrospinale e nel sangue, anche se il livello cerebrospinale è sempre molto più
elevato di quello del sangue. Le caratteristiche cliniche di questi elementi neuro-evolutivi verranno descritte
con maggiore dettaglio dal professor Lanzi. Tutti i pazienti presentavano un grave ritardo dello sviluppo,
tranne in due casi in cui il ritardo mentale era meno grave. Inoltre, tutti i pazienti presentavano segni
neurologici diffusi comprendenti ipertono, segni del tratto piramidale, movimenti oculari anomali e,
specialmente in alcuni casi, attacchi di opistotono scatenati da stimoli esterni di lieve entità.
Al momento della nostra osservazione, otto pazienti presentavano crisi epilettiche e gran parte di loro
avevano sviluppato una microcefalia che non era presente alla nascita ma che si era manifestata dopo
qualche mese o qualche anno, fino a porsi in genere ad oltre 3 deviazioni standard sotto la media. In
un’elevata percentuale di pazienti erano inoltre presenti movimenti oculari anomali, probabilmente associati
alla riduzione o all’assenza del visus.
Abbiamo potuto osservare ripetutamente segni del fascio piramidale; era comune un’ipotonia del
tronco; nella metà dei pazienti abbiamo osservato la presenza di spasmi oculari e, nelle stesse proporzioni,
l’assenza di fissazione dello sguardo. Non è stata rilevata alcuna anomalia significativa del fondo
dell’occhio. Erano presenti chiari segni extrapiramidali, con evidenti movimenti distonici e, in alcuni
pazienti, una discinesia oro-linguale molto accentuata. Era anche frequente la persistenza di riflessi tonici
asimmetrici del collo. La Figura 1 mostra un paziente con interessamento congenito, con ipertono
particolarmente accentuato.
Fig. 1: Marcata ipertonia generalizzata in un bambino di 2 mesi
Caratteristiche extraneurologiche
Alcuni pazienti presentano anche caratteristiche extraneurologiche. Tra queste, le più evidenti sono le lesioni
cutanee che colpiscono essenzialmente dita delle mani e dei piedi, talvolta anche i lobi delle orecchie, sotto
forma di irritazione eritematosa desquamante con gonfiore delle dita e aspetto acrocianotico che ricorda i
geloni. Questo quadro può essere complicato talvolta da un’infezione periungueale.
Oltre a questi segni cutanei, che possono essere molto evidenti, in alcuni pazienti abbiamo osservato
un’epatomegalia transitoria; in alcuni bambini le transaminasi erano leggermente alte. In due casi è stata
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riscontrata una lieve trombocitopenia. Questa osservazione è interessante alla luce del probabile rapporto di
questi casi con la microcefalia con calcificazioni endocraniche, cioè con la cosiddetta sindrome MICS di cui
si discuterà più avanti.
Di recente, alcuni colleghi scozzesi (3) hanno rilevato nel sangue di due pazienti la presenza di
anticorpi, fatto che farebbe propendere per una diagnosi di lupus eritematoso. In questi casi, il quadro
sierologico del lupus eritematoso è comparso dopo alcuni anni, dopo una prima fase in cui erano presenti
tutti i sintomi e i segni della sindrome. Sfortunatamente, in questi casi non è stato misurato il livello di
interferone alfa.
La Figura 2 illustra l’aspetto delle mani e dei piedi di un paziente e desidero ringraziare il Prof. Barth
per avermi permesso di usare queste foto.
Fig. 2 Bambino con sindrome di
Aicardi-Goutières
a) dita
b) piedi
mostrante edema turgido e
gonfiore delle dita della mano e dei
piedi
Caratteristiche rilevabili attraverso la diagnostica per immagini
Le caratteristiche evidenziate mediante la diagnostica per immagini sono molto specifiche e la
calcificazione dei gangli della base è un segno fondamentale della condizione, oltre ad essere un indizio
diagnostico determinante. In tutti i nostri 28 pazienti sono state osservate calcificazioni dei gangli della base.
Le aree interessate hanno un certo grado di variabilità. Le calcificazioni sono generalmente a carico del
putamen, mentre più raramente colpiscono il pallido. Spesso risulta colpito il nucleo caudato. Più raramente
vi sono segni nel talamo, nonostante ne abbiamo riscontrato l’interessamento in 15 dei nostri pazienti. Nel
cervelletto può essere presente una notevole calcificazione del nucleo dentato.
Le calcificazioni vengono rilevate bene mediante TAC mentre, in genere, sono meno evidenti alla
risonanza magnetica (figure 3 – 5).
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Fig. 3: CT scan di un bambino con
calcificazione dei gangli basali. Si nota
anche una diffusa atrofia cerebrale e
ipodensità della materia bianca
Fig. 4: Calcificazioni simmetriche del
nucleo dentato
In questo gruppo, quindici pazienti presentavano una calcificazione della sostanza bianca emisferica,
in genere meno densa che nei nuclei della base e spesso con un aspetto puntiforme. In 21 pazienti su 28 sono
state riscontrate ipodensità della sostanza bianca, elemento che apparentemente rispecchia l’assenza o un
deposito insufficiente di mielina. Queste ipodensità erano predominanti nell’area periventricolare e nel lobo
frontale e risultano molto più chiare alla risonanza magnetica che alla TAC, in quanto quest’ultima talvolta
non riesce ad evidenziarle bene.
Praticamente in tutti i casi è presente un’atrofia cerebrale, con una dilatazione ventricolare di gravità
variabile. In alcuni casi in cui si sono ripetuti gli esami, è stato osservato un grado crescente di atrofia.
Non tutte queste caratteristiche rilevabili attraverso la diagnostica per immagini sono sempre
presenti. Particolare interesse rivestono i casi in cui non vengono rilevate le calcificazioni dei gangli della
base. Nel nostro studio, questo si è verificato in due pazienti in cui la TAC aveva evidenziato un’atrofia
cerebrale e un’ipodensità della sostanza bianca, ma nessuna calcificazione visibile. In uno di questi pazienti,
una seconda TAC aveva rilevato una lieve calcificazione puntiforme nel putamen.
Nel secondo caso, la seconda TAC eseguita dopo un anno ha permesso invece di rilevare chiare
calcificazioni, ad indicare che può esserci un’evoluzione nella deposizione del calcio e che, in rari casi, le
calcificazioni possono manifestarsi con ritardo, per cui la loro assenza non permette di escludere la diagnosi.
Si noti tuttavia che le TAC eseguite su questi pazienti non erano normali, ma presentavano comunque un
notevole grado di atrofia.
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Fig. 5: MRI di un altro bambino con
marcata perdita di materia bianca
segnalata specialmente nei lobi frontali
e diffusa atrofia emisferica.
Analisi del liquido cerebrospinale
La terza caratteristica importante della sindrome è la presenza di anomalie nel liquido
cerebrospinale. Ad un esame macroscopico, il liquido cerebrospinale appare normale, ma in 20 dei nostri
pazienti è stata riscontrata una linfocitosi. Tutti i casi esaminati entro il primo anno di vita presentavano da 6
a 260 cellule per millilitro cubo e questi livelli persistevano almeno fino dopo i 3 anni di età in almeno 3
casi. Sembra quindi che una linfocitosi di grado variabile sia una caratteristica comune a tutti i bambini
colpiti da questa sindrome. Tuttavia, è probabile che la pleocitosi abbia una durata abbastanza variabile,
mentre si deve ancora definire con maggiore precisione la persistenza della linfocitosi. I linfociti trovati nel
liquido cerebrospinale sono normali sottopopolazioni di linfociti ma, per il momento, non ne sono ancora
state definite chiaramente le caratteristiche.
Le proteine erano superiori alla norma solo in 12 pazienti; non abbiamo trovato presenza di
bandeggio oligoclonale, né di sintesi intratecale nel liquido cerebrospinale.
Molti anni fa, il professor Lebon (4) dimostrò la presenza di titoli elevati di interferone alfa nel
sangue e, soprattutto, nel liquido cerebrospinale. Questa si è dimostrata essere una caratteristica essenziale
della Sindrome di Aicardi-Goutières ed è diventata un fattore diagnostico determinante. È probabile che
questo segno sia sempre presente, almeno nelle prime fasi della malattia. Un titolo elevato di interferone alfa
è stato riscontrato in 15 pazienti sui 16 sui quali è stata effettuata la misurazione. Il titolo era decisamente
variabile e comunque sempre più elevato nel liquido cerebrospinale che nel plasma. Nei casi in cui
l’interferone non è stato misurato direttamente, una prova indiretta della sintesi dell’interferone si è avuta
dalla presenza di inclusioni tubulo-reticolari nelle cellule endoteliali di una biopsia cutanea effettuata su 2
bambini. Si considera che queste inclusioni siano la controparte morfologica della presenza di interferone.
Gli unici altri risultati di laboratorio interessanti riguardano gli esami effettuati per rilevare
l’infezione TORCH, che hanno sempre dato esito negativo. Non sono stati trovati anticorpi IGM contro il
citomegalovirus.
In due casi, erano assenti i potenziali evocati visivi. Le biopsie muscolari ed epatiche eseguite su 2 pazienti si
sono rivelate normali, così come era normale lo studio delle funzioni mitocondriali e perossisomali. Erano
normali anche i risultati immunologici nei casi osservati.
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Decorso
Il decorso di questa affezione è molto grave. Per quanto a nostra conoscenza, otto pazienti sono
deceduti ad un’età variabile tra poco più di 1 anno e 17 anni.
Diciannove pazienti erano ancora in vita all’epoca del nostro ultimo follow-up: 6 di questi avevano più di 10
anni, il che indica che la prognosi, per quanto sfavorevole, non è necessariamente infausta in termini di
sopravvivenza nei primi anni di vita.
Siamo riusciti ad individuare due tipi di decorso. In diciannove bambini l’esordio era stato precoce,
prima dell’età di 4 mesi, in genere alla nascita o immediatamente dopo. Questi bambini erano abbastanza
irritabili, soffrivano di frequenti attacchi di vomito e febbre e il loro stato generale era precario, con un
quadro molto grave fin dall’inizio. In questi casi, si va oltre un interessamento meramente neurologico e il
danno sistemico è accentuato e causa spesso un decesso precoce.
Invece, otto bambini hanno avuto un esordio più tardivo, con uno sviluppo iniziale normale, seguito
da una regressione che in alcuni di essi è stata dimostrata chiaramente da una perdita netta di competenze già
acquisite, che si è verificata in genere prima dei 2 anni e, spesso, anche al termine del primo anno di vita.
Tra i casi gravi ad esordio precoce, 10 pazienti avevano difficoltà ad alimentarsi, convulsioni, febbre,
interessamento sistemico accentuato. In questi casi, i segni fondamentali erano soprattutto la difficoltà ad
alimentarsi e il vomito. Invece, nei casi che rientrano nel gruppo 2, cioè negli 8 pazienti caratterizzati da un
esordio tardivo, i segni si sono manifestati tra pochi mesi di età e 1 anno circa e i primi sintomi sono stati in
genere neurologici, manifestandosi attraverso un’encefalopatia a progressione lenta, senza il notevole
pregiudizio sistemico osservato nel gruppo con esordio precoce.
Varianti atipiche
È stato possibile studiare od osservare numerosi casi atipici. In alcuni pazienti calcificazione dei
nuclei della base o linfocitosi erano assenti. Negli ultimi anni, sono state segnalate forme più lievi,
probabilmente più frequenti (5). Tali forme lievi possono non venire riconosciute per un certo tempo,
soprattutto in pazienti caratterizzati da un ritardo lieve o moderato e da segni neurologici molto lievi o del
tutto assenti. Questi soggetti non presentano necessariamente una microcefalia, ma hanno tutti una certa
disfunzionalità neuroevolutiva. Alcuni di questi pazienti sono fratelli o sorelle di casi gravi tipici, il che
induce a diagnosticare in via definitiva la stessa affezione.
Vi sono al contrario forme gravi, con grave atrofia cerebrale e manifestazioni sistemiche
comprendenti anemia con microcitosi (per esempio, i casi descritti da Kumar et al. (6)). Questi autori hanno
ritenuto che i loro pazienti potessero essere affetti da una patologia diversa. Personalmente, sono invece
propenso a ritenere che si tratti di una differenza di gravità e non di patologia, in quanto i pazienti descritti
soddisfano i criteri diagnostici della sindrome da noi studiata.
Allo stato attuale delle conoscenze, ritengo sia opportuno inserire tra i casi atipici soltanto quelli che
appartengono a famiglie nelle quali è stato riconosciuto un altro caso tipico. Tuttavia, nella famiglia descritta
da Kumar, tutti i bambini colpiti presentavano una forma grave che, in base alle sue caratteristiche cliniche,
può comunque essere considerata AGS.
Diagnosi differenziale
C’è ampio spazio per la diagnosi differenziale, poiché i sintomi non sono caratteristici. Il problema
più frequente si incontra con altre condizioni che presentano anch’esse una calcificazione dei gangli della
base. Questa è infatti una caratteristica molto comune, attribuibile ad almeno 50 patologie.
La prima diagnosi, e la più importante, riguarda naturalmente le infezioni intrauterine appartenenti al gruppo
TORCH, soprattutto l’infezione da citomegalovirus. Si tratta della prima diagnosi da escludere, poiché le
patologie di questo gruppo sono frequenti e alcune di esse, soprattutto la toxoplasmosi o l’infezione da
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CMV, possono essere curate e devono essere riconosciute in considerazione delle conseguenze – sia
terapeutiche che genetiche – della diagnosi.
Un altro problema diagnostico è rappresentato dalla sindrome da microcefalia con calcificazioni
endocraniche o MICS (7, 8), che ha molte caratteristiche in comune con la Sindrome di Aicardi-Goutières.
Alcuni pazienti affetti da MICS possono anche presentare trombocitopenia; ne sono stati riconosciuti vari
sottotipi. La letteratura disponibile su questo gruppo di affezioni non è particolarmente illuminante e si sono
descritti pazienti con trombocitopenia, epatosplenomegalia e cataratta. Vi è ancora un’altra sindrome che,
oltre alla calcificazione dei gangli della base, presenta ipoplasia cerebellare e trombocitopenia. Non è ancora
possibile stabilire se queste sindromi siano condizioni veramente distinte, ma si pone decisamente il
problema di capire se alcune di esse possano essere identiche alla Sindrome di Aicardi-Goutières.
Infine, il gruppo più numeroso è quello di bambini affetti da calcificazione dei gangli della base
associata ad encefalopatia statica non progressiva. In questi casi il liquido cerebrospinale è normale.
Abbiamo seguito alcuni di questi bambini per un periodo compreso tra 10 e 15 anni e non abbiamo rilevato
segni di aggravamento. Sembra quindi che ci troviamo di fronte ad una condizione diversa che, tuttavia, non
è facilmente distinguibile rispetto alla Sindrome di Aicardi-Goutières.
Una diagnosi più rara e meno difficile è quella della sindrome di Cockayne e delle affezioni
correlate. Questa sindrome comprende calcificazioni endocraniche, retinopatia e caratteristiche sistemiche.
Un’affezione molto simile alla sindrome di nostro interesse è stata descritta tra gli Indiani Cree del
Quebec settentrionale (9). Ho esaminato uno di questi pazienti insieme a Frederick Andermann a Montreal e
la somiglianza con l’AGS è decisamente notevole. In effetti, in uno di questi soggetti, è stato misurato un
livello elevato di interferone, mentre in un altro paziente è stata dimostrata un’associazione sullo stesso
locus.
L’ultima diagnosi che desidero citare è quella di lupus eritematoso. In effetti, i primi due casi
descritti presentavano tutte le caratteristiche della Sindrome di Aicardi-Goutières e il lupus è comparso solo
molto tempo dopo, essendo probabilmente di natura secondaria. Questi casi rivestono un notevole interesse,
in quanto suggeriscono che possa esservi una qualche relazione tra la vasculite del lupus e quella osservata
nella sindrome. Sembra possibile che la Sindrome di Aicardi-Goutières, la MICS e affezioni correlate e
l’encefalite degli Indiani Cree siano la stessa patologia o, almeno, condizioni che si sovrappongono. In
effetti, in casi isolati di queste ultime due è stata dimostrata la presenza di un titolo elevato di interferone
alfa.
Fisiopatologia
Dell’aspetto fisiopatologico si occuperanno nel dettaglio altri relatori più competenti di me. Desidero
ricordare soltanto un punto importante dal punto di vista patologico: le lesioni principali sembrano essere
rappresentate da una vasculite calcificante a carico sia del cervello che dei vasi sistemici. Questa vasculite è
molto simile a quella indotta nel topo a cui viene somministrato interferone destinato agli astrociti. Questo
fenomeno è però limitato al sistema nervoso centrale in cui le lesioni così provocate sono straordinariamente
simili a quelle osservate nell’uomo (10), con un’encefalopatia progressiva con angiopatia e calcificazione dei
gangli della base. Mentre sembra molto probabile il coinvolgimento dell’interferone nella patogenesi di
questa affezione, non si conosce ancora la causa dell’innalzamento dei suoi livelli. Vari ricercatori sono
propensi a ritenere che ciò potrebbe essere dovuto ad una sregolazione causata dalla mutazione di un gene
che regola la produzione di interferone.
Conclusioni
L’interesse pratico di questa sindrome è innegabile. L’obiettivo è soprattutto quello di distinguere
questa condizione dalle infezioni intrauterine, per le implicazioni genetiche e terapeutiche che ciò potrebbe
avere. È quindi essenziale arrivare ad una diagnosi corretta.
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Per quanto rara, questa sindrome è anche interessante perché la sua comprensione può contribuire a
chiarire alcuni meccanismi della calcificazione del SNC e, in una prospettiva più ampia, delle encefalopatie
croniche con sregolazione del meccanismo immunitario, un argomento che attualmente è oggetto di notevoli
sforzi di ricerca. Intorno a questa sindrome permangono numerosi problemi. Dal punto di vista eziologico, ci
si chiede se essa sia un’entità a sé stante o se sia invece un insieme di disturbi correlati con manifestazioni
analoghe. Questa ipotesi è sostenuta dal fatto che devono necessariamente esistere altri loci, in quanto circa
la metà dei casi non risulta legata al cromosoma 3p, e solo metà è legata al cromosoma 3p21.
Un altro argomento di possibile discussione è l’ampiezza dello spettro clinico della sindrome.
L’esistenza di casi lievi o lievissimi rende ancora più imperfetta l’attuale definizione dei suoi confini,
soprattutto quando i pazienti vengono esaminati in un momento in cui la linfocitosi nel liquido
cerebrospinale è magari scesa o è scomparsa e l’interferone non è più presente.
Non sappiamo a quale età l’assenza di alcune caratteristiche, quali la linfocitosi nel liquido cerebrospinale e
forse anche l’assenza di calcificazione, possa fare escludere la diagnosi di questa sindrome.
I meccanismi di questa patologia sollevano altri problemi. Quali sono i meccanismi che causano
l’encefalopatia calcificante, le lesioni cutanee e le eventuali lesioni viscerali? Non si conosce l’origine della
vasculite, ma sembra che essa sia connessa alla sregolazione della produzione o della secrezione di
interferone, come suggerito dagli esperimenti condotti sugli animali. Per tentare di migliorare lo stato attuale
delle conoscenze su questa sindrome, è certo necessario ancora molto lavoro.
Bibliografia
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Syndrome: an update and results of interferon-alpha studies. Ann Neurol, 44: 900-907
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