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LA TETTONICA DI ESPANSIONE DELLA TERRA (1/2)
Riscontri derivanti da striping magnetico e datazione del fondo oceanico indicano che la Terra si è espansa nel
corso di tutta la sua storia geologica. Ora la teoria della tettonica a placche va riesaminata.
Quando ho iniziato ad analizzare la tettonica di espansione, il Professor Sam Warren Carey (Professore
Emerito di Geologia presso la University of Tasmania, ormai deceduto) dichiarò con profondità al
sottoscritto: “Se 50 milioni di individui prestano fede a una credenza erronea, quest’ultima rimane
comunque tale.” La tesi sostenuta dal professore è che la validità di una teoria non dipende dal numero di
persone che la ritengono esatta; di conseguenza, una teoria comunemente accettata potrebbe rivelarsi
essenzialmente fallace a dispetto del consistente numero di soggetti che la considerano corretta.
Ad esempio, l’interpretazione dei dati operata secondo la tettonica a placche si basa sulla fondamentale
premessa che nel corso della storia il raggio della Terra si sia mantenuto costante, o pressoché tale.
Come si descriverà a grandi linee nel presente documento, questo contrasta con l’interpretazione dei
medesimi dati globali operata secondo la tettonica di espansione, la quale si basa sulla fondamentale
premessa che nel corso della storia il raggio della Terra sia costantemente aumentato.
In base a tale asserzione bisognerebbe comprendere che tutti i dati globali moderni e storici impiegati per
comprovare tanto la tettonica a placche quanto la tettonica di espansione sono di fatto identici. L’unica
ragione per cui cinquant’anni or sono la tettonica a placche ha prevalso risiede nel fatto che il dibattito
sull’eventualità che il raggio terrestre cambi o meno nel tempo era in gran parte ipotetico, data
l’impossibilità di verificarlo o misurarlo in modo convincente.
Da allora la tecnologia ha compiuto grandi progressi – dallo sviluppo dei computer e delle prerogative di
raccolta ed elaborazione dei dati sino ai progressi dei software, delle tecnologie satellitari e della
presentazione tramite media – così come la comprensione popolare della Terra fisica e dei principi della
tettonica globale.
Il tempismo delle mie iniziali ricerche sulla tettonica di espansione fu al contempo propizio e decisivo.
L’ultimazione e la pubblicazione della Geological Map of the World concernente il substrato roccioso
utilizzata nei miei studi a modello (figura 2) coincise con l’avvio della mia ricerca. Senza tale mappa la
tettonica di espansione avrebbe continuato a restare a livello ‘medievale’. Inoltre, la tecnologia di
hardware e software informatici ha soddisfatto il requisito di presentare i modelli di tettonica di espansione
della Terra nonché di corroborare i dati vincolati dal tempo sui globi sferici della Terra.
Al momento attuale i più importanti esiti della mia ricerca sulla tettonica di espansione sono i seguenti:
• Il modello degli assemblaggi della placca continentale è stato completato per il cento per cento della
storia geologica della Terra, dal primo eone Archeano sino ai giorni nostri. Tali assemblaggi hanno
evidenziato un elevato grado di accuratezza dell’adattamento crostale – senza la necessità di
frammentare arbitrariamente i continenti o di collocare preesistenti croste tramite subduzione.
• Si è prodotta una formula per la velocità di cambiamento del raggio terrestre e si è completato il
modelling dei dati fisici. Il modello matematico dimostra che il raggio della Terra è aumentato
esponenzialmente nel tempo sino alla velocità attuale di 22 millimetri all’anno.
• Su tutti i modelli elaborati sono stati accuratamente localizzati antichi poli magnetici ed equatori.
Ambedue i poli si configurano in quanto poli nord e sud diametralmente opposti, consentendo l’esatta
collocazione degli antichi equatori e zone climatiche.
• Si sono esaminati dati geologici, geografici e geofisici su tutti i modelli. Tali dati dimostrano di coincidere
con precisione con le previste limitazioni biotiche e climatiche polari ed equatoriali.
• Si sono animati i modelli quadridimensionali, a indicare l’aumento del raggio terrestre nel tempo in
concomitanza con la distribuzione globale dei set di dati selezionati.
GEOLOGIA E CRONACA RUPESTRE
Geologia (dal greco ghe “Terra” e lógos “discorso”) significa letteralmente discorso sulla Terra e viene
definita come la scienza e lo studio della materia solida che costituisce, per l’appunto, la Terra. A mio
avviso, tale definizione deve ampliarsi ulteriormente e riconoscere che le rocce che costituiscono la Terra
rappresentano di fatto la cronaca dei processi fisici che hanno interessato la Terra per tutta la sua storia,
come un libro aperto in attesa di lettura. Per comprendere ed esaminare la “cronaca rupestre” preservata
nelle rocce è di conseguenza necessario capire il linguaggio della geologia.
Spesso si considera James Hutton il primo geologo moderno. Nel 1785, egli presentò alla Royal Society di
Edimburgo un documento, pubblicato nel 1788 con la denominazione di “Teoria della Terra”, in cui
ipotizzava che, onde consentire un arco di tempo sufficiente all’erosione delle montagne e alla formazione
di sedimenti sul fondo marino, a loro volta successivamente sollevati sino a formare le terre emerse, il
pianeta dovesse essere assai più vecchio di quanto ritenuto in precedenza. Nel 1795 Hutton pubblicò una
versione in due volumi delle sue concezioni.
Da allora le conoscenze geologiche si sono ampliate a livello mondiale, unitamente all’archiviazione di un
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ingente quantitativo di dati geologici, geografici e geofisici globali a disposizione di tutti per una
interpretazione. Durante la mia iniziale ricerca sulla tettonica di espansione, la mia principale perplessità
risiedeva nel fatto che i moderni dati in questione non erano mai stati testati su modelli di Terra in
espansione. La nostra percezione dei principi della tettonica globale era, ed è tuttora, fortemente orientata
a favore della tettonica a placche a scapito di teorie alternative.
EXCURSUS STORICO
Nel corso dei millenni sono emerse e decadute numerose teorie, in particolare dopo il riconoscimento
formale delle scienze geologiche. La teoria della Terra Piatta, in auge nell’antichità, è ormai superata,
tuttavia risulta utile come punto di partenza per comprendere la progressione delle nostre conoscenze
sulla Terra attraverso le epoche storiche. Suddetta concezione deriva dalle limitate conoscenze delle
dimensioni e della configurazione della Terra nell’antichità e, naturalmente, dal limitato numero di
“scienziati” o filosofi in grado di desumere sufficienti informazioni utili a dare un senso compiuto alle
conoscenze disponibili.
L’ipotesi che i continenti non abbiano sempre occupato le rispettive posizioni attuali venne avanzata già
nel 1596 dal cartografo fiammingo Abraham Ortelius, il quale asseriva che in base ai profili simmetrici delle
linee costiere atlantiche le Americhe, l’Eurasia e l’Africa un tempo erano unite e quindi si distaccarono “a
causa di terremoti e inondazioni”, dando origine al moderno Oceano Atlantico. Come riscontro, scrisse:
“Se qualcuno dispiega una mappa del mondo ed esamina attentamente le coste dei tre continenti, le
vestigia del distacco si palesano da sé.”
Nel 1915, nella prima edizione del suo libro dal titolo The Origin of Continents and Oceans, Alfred
Wegener presentava scrupolose argomentazioni a sostegno della nozione di “deriva dei continenti”. Lo
studioso notava come la costa orientale del Sud America e la costa occidentale dell’Africa appaiono come
se un tempo fossero congiunte. Pur non essendo il primo a notarlo, Wegener fu comunque il primo a
riunire rilevanti riscontri fossili e geologici a sostegno di questa semplice osservazione. Le sue concezioni
non vennero tuttavia prese in seria considerazione dalla maggior parte dei geologi dell’epoca, i quali
rilevarono che non esisteva alcun evidente meccanismo per la “deriva dei continenti”, come veniva
definita allora. Nello specifico, non vedevano in che modo la roccia continentale potesse procedere
attraverso la roccia assai più compatta che costituisce la crosta oceanica.
Val la pena di notare che per la sua presentazione dal titolo “The Tectonic Approach to Continental Drift”,
tenutasi nel 1958 in occasione di un simposio presso la University of Tasmania, il Professor Sam Carey
produsse modelli in scala della Terra. Lo studioso dimostrò che “se si riunissero in una configurazione
‘pangeana’ tutti i continenti su un modello che rappresenta le dimensioni della Terra moderna, la
coincidenza risulterebbe ragionevolmente precisa al centro del riassemblaggio nonché lungo i margini
comuni dell’Africa Nordoccidentale e dell’insenatura della costa orientale degli Stati Uniti, ma
diventerebbe progressivamente imperfetta lontano da tali aree”. In base alla sua ricerca Carey trasse la
conclusione che la coincidenza di questi antichi continenti “in suddette aree potrebbe risultare assai più
precisa qualora all’epoca di Pangea il diametro della Terra fosse stato minore”. Dopo l’accettazione della
tettonica a placche, le fondamentali osservazioni fisiche di Carey sono state totalmente ignorate.
In questo stesso periodo alcuni pensatori indipendenti ritenevano invece plausibile attribuire la formazione
degli oceani a un aumento del raggio terrestre. Nel 1889 e poi nel 1909 Roberto Mantovani pubblicò una
teoria della “deriva dei continenti ed espansione della Terra”, secondo la quale lo studioso prevedeva che
un continente chiuso ricoprisse l’intera superficie di una Terra più piccola e ipotizzava che un’espansione
termica determinò attività vulcanica, la quale a sua volta frantumò la massa terrestre in continenti più
ridotti. Tali continenti quindi si allontanarono l’uno dall’altro a causa di ulteriore espansione presso le
“zone di spaccatura”, dove si trovano attualmente gli oceani. A questa teoria seguirono le dirompenti
opere e pubblicazioni di B. Lindemann nel 1927, di Ott Cristophe Hilgenberg negli anni Trenta, del
Professor Sam Carey fra gli anni Cinquanta e la fine degli anni Novanta, di Jan Kozier negli anni Ottanta e
di Klaus Vogel negli anni Ottanta e Novanta.
Tutti questi ricercatori hanno dimostrato che se ciascun continente venisse fisicamente riunito agli altri,
dato un globo terrestre di dimensioni pari al 55-60 per cento di quelle attuali tutti i continenti
avvilupperebbero nettamente di crosta continentale la Terra. Tale coincidenza ha portato Hilgenberg,
Carey e in particolare Vogel alla conclusione che l’espansione terrestre determinò la separazione e la
graduale dispersione dei continenti mentre questi si spostavano radialmente verso l’esterno durante i
tempi geologici.
Ad ogni modo, negli anni Sessanta, alla fine i difetti e le inadeguatezze rilevati in ciascuna di queste teorie
determinarono l’accettazione della teoria della tettonica a placche, la quale ora è accreditata in quanto
derivante dall’ipotesi di deriva dei continenti inizialmente proposta da Alfred Wegener.
Ormai nel complesso abbiamo una ragionevole dimestichezza con la concezione della tettonica a placche,
in base alla quale si sostiene che la crosta terrestre esterna sia costituita da una serie di grandi croste
rigide simili a placche che si spostano a caso sulla superficie terrestre sotto l’influsso delle correnti
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convettive del mantello. Si sostiene che nel processo di migrazione casuale le placche crostali si
spaccano, slittano una sull’altra e/o entrano periodicamente in collisione sino a formare montagne e
‘subdurre’ sotto le croste continentali. Il primo assunto nonché indiscusso fondamento della tettonica a
placche prevede che il raggio della Terra si sia mantenuto costante, o pressoché tale, in un arco di tempo
pari a 4.500 milioni di anni.
Figura 1: Striping magnetico simmetrico lungo parte della dorsale medio-oceanica dell’Oceano Atlantico
(Fonte: http://en.wikipedia.org/wiki/Plate_tectonics#Explanation_of_magnetic_striping)
CONTRIBUTI ALLA MODERNA TEORIA DELLA TETTONICA
Nel 1947, utilizzando la nave oceanografica Atlantis del Woods Hole Oceanographic Institution, un gruppo
di scienziati capitanati da Maurice Ewing confermò l’esistenza di un innalzamento del fondo marino
nell’Oceano Atlantico centrale; tale innalzamento è ora noto con la definizione di “dorsale mediooceanica”. I ricercatori scoprirono inoltre che la sezione del fondo marino sottostante lo strato di sedimenti
era di basalto – non, come ritenuto in precedenza, di granito, uno dei principali elementi costitutivi dei
continenti. Oltre a ciò, rilevarono che la crosta oceanica è assai più sottile della crosta continentale.
Tutte queste nuove scoperte suscitarono importanti e stimolanti quesiti sul modo in cui consideriamo la
crosta oceanica. Il dato più rilevante è che l’oceano non è, come ritenuto in precedenza, semplicemente
crosta continentale “oceanizzata” ricoperta da acqua marina.
A partire dagli anni Cinquanta, ricorrendo a strumenti magnetici (magnetometri) ricavati e adattati da
dispositivi aerei elaborati durante la Seconda Guerra Mondiale per individuare i sommergibili, gli scienziati
inoltre iniziarono a rilevare sul fondo oceanico anomali profili magnetici. Tale scoperta, per quanto
inattesa, non fu del tutto una sorpresa poiché si sapeva che il basalto, roccia vulcanica ricca di ferro che
costituisce il fondo oceanico, contiene un minerale fortemente magnetico denominato magnetite, il quale
può determinare distorsioni locali sui rilevamenti effettuati con la bussola. Ancor più importante, dato che
la presenza di magnetite conferisce al basalto proprietà magnetiche misurabili, i profili magnetici del fondo
marino da poco scoperti fornivano un importante mezzo per studiare la distribuzione delle rocce
vulcaniche per ciascuno dei vari fondali oceanici.
Man mano che negli anni Cinquanta si procedeva alla mappatura di zone sempre più estese di fondale
marino, si scoprì che i profili magnetici non erano fenomeni isolati o casuali; al contrario, rivelavano strisce
‘zebrate’ simmetriche vicino alle dorsali medio-oceaniche. Strisce di roccia alternate risultarono disposte
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in file parallele su ambo i lati della dorsale medio-oceanica, una striscia dotata di polarità normale e quella
adiacente di polarità inversa. Lo schema complessivo, definito da queste bande alternate di roccia a
polarità normale e inversa, è divenuto noto con la denominazione di “striping magnetico”.
La scoperta di questo schema di striping magnetico simmetrico suggeriva una stretta correlazione fra le
dorsali medio-oceaniche e le strisce. Nel 1961 alcuni scienziati (in particolare il geologo statunitense Harry
Hess) iniziarono a formulare la teoria secondo cui le dorsali medio-oceaniche contraddistinguono
strutturalmente zone deboli in cui il fondo oceanico è stato lacerato longitudinalmente lungo la cresta della
dorsale medio-oceanica. Si avanzò l’ipotesi che nuovo magma vulcanico proveniente dalle profondità
terrestri dovesse salire attraverso queste zone deboli e infine eruttare lungo la cresta delle dorsali sino a
formare nuova crosta oceanica. Tale processo, in seguito definito “espansione dei fondali oceanici”, opera
nel corso di milioni di anni e continua a formare nuovo fondale oceanico per tutta la lunghezza del sistema
di dorsali oceaniche di 60.000 chilometri che ora si sa essere presente in tutti gli oceani.
Tale ipotesi è corroborata da riscontri di vario genere. In corrispondenza o nei pressi delle dorsali mediooceaniche le rocce sono assai giovani e diventano man mano più vecchie allontanandosi dalla cresta della
dorsale. Le rocce più giovani in corrispondenza della cresta della dorsale presentano sempre una polarità
attuale (normale). Le strisce di roccia parallele alla cresta della dorsale si sono rivelate dotate di polarità
magnetica alternata (normale-inversa-normale, etc.), a indicare che nel corso della storia il campo
magnetico terrestre si è invertito numerose volte.
Dato che spiegava tanto lo striping magnetico zebrato quanto la formazione del sistema delle dorsali
medio-oceaniche, l’ipotesi dell’espansione dei fondali oceanici acquisì rapidamente sostenitori. Per di più,
a quel punto la costa oceanica assumeva la connotazione universale di naturale “registrazione
magnetica” della storia relativa alle inversioni del campo magnetico terrestre.
Il successivo lavoro svolto dalla Commissione per la Mappatura Geologica della Terra e dall’UNESCO nel
corso degli anni Ottanta, nel 1990 portò alla pubblicazione della Mappa Geologica Mondiale del fondale
oceanico (Figura 2). In questa mappa globale lo striping magnetico esaminato in precedenza è stato
ulteriormente elaborato. Datando le età dei fondali oceanici secondo intervalli regolari per ciascun oceano
e confrontandole con lo striping magnetico, gli scienziati sono riusciti a delineare la crosta del fondale
oceanico in base alle età delle rocce.
Questo sta a significare che, ad esempio, le strisce gialle in figura 2, situate fra le più giovani strisce rosse
e le più vecchie strisce arancione, rappresentano rocce vulcaniche eruttate lungo le antiche dorsali mediooceaniche durante il Miocene, protrattosi fra i 6 e i 23 milioni di anni fa. All’epoca le rocce più giovani
rosse e rosa non esistevano e le due strisce gialle del Miocene erano congiunte lungo la rispettiva dorsale
medio-oceanica comune.
Figura 2: Mappa Geologica Mondiale (Commissione per la Mappatura Geologica della Terra e UNESCO,
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1990)
IMPORTANTI CONSIDERAZIONI
A questo punto vanno esaminate a fondo alcune considerazioni assai importanti inerenti alla mappatura
crostale illustrata nelle figure.
• In primo luogo, lo striping illustrato in figura 2 indica che ciascun oceano contiene una dorsale mediooceanica (attualmente accentrata sotto le linee rosa) e ciascun oceano sta aumentando la propria area
superficiale nel tempo. Tale incremento di area superficiale si rivela simmetrico entro ciascun oceano.
L’età massima della crosta di fondale esposta corrisponde al Primo Giurassico – all’incirca 165 milioni di
anni (aree di colore azzurro chiaro).
• In secondo luogo, in un immaginario processo di andare a ritroso nel tempo ciascuna delle strisce
illustrate in figura 1 e 2 deve essere rimossa in successione e i corrispondenti margini di ciascuna striscia
colorata devono essere avvicinati man mano che si retrocede; vale a dire che le rocce vulcaniche (e
analogamente le acque oceaniche) entro ciascuna striscia devono essere restituite al mantello da cui
hanno avuto origine.
• In terzo luogo, indipendentemente dalla teoria tettonica di riferimento, andando a ritroso nel tempo
ciascun continente deve essere riavvicinato in precisa conformità con i riscontri dello striping documentati
in figura 2.
• In quarto luogo, la subduzione delle croste sotto i continenti è un artificio della premessa fondamentale
della tettonica a placche, ovvero un raggio terrestre costante. I riscontri simmetrici dello striping non vanno
a sostegno della subduzione, fenomeno non necessario se la Terra sta aumentando il proprio raggio.
Va inoltre tenuto in considerazione che quando venne inizialmente avanzata la teoria della tettonica a
placche nessuno o ben pochi dei riscontri di datazione o striping magnetico erano disponibili. La
distribuzione globale della datazione e dello striping magnetico fu di fatto completata in seguito, allo scopo
di quantificare la storia dello spostamento di placca e quindi la storia della tettonica a placche di ciascun
oceano.
TETTONICA DI ESPANSIONE VERSUS TETTONICA A PLACCHE
Come affermato in precedenza, i fondamentali riscontri utilizzati per quantificare tanto la teoria della
tettonica a placche quanto quella della tettonica di espansione sono identici. La differenza fra le due teorie
si riduce semplicemente all'eventualità che la presunta necessità della premessa di un raggio terrestre
costante sia vera o falsa.
Nella teoria della tettonica a placche si presume che il raggio terrestre si sia mantenuto essenzialmente
costante nel tempo. Quando nuove rocce vulcaniche vengono iniettate lungo gli assi di espansione della
dorsale medio-oceanica, i fondali si ampliano consentendo la formazione di crosta oceanica più recente.
Per sostenere la teoria di una Terra a raggio costante, un analogo quantitativo di preesistente crosta
oceanica o continentale deve quindi essere distribuito altrove e restituito al mantello tramite un ipotetico
processo denominato "subduzione". Tale processo rappresenta la base della teoria della tettonica a
placche e risulta di conseguenza essenziale per soddisfare la premessa di una Terra a raggio statico.
In alternativa, nel caso di una Terra soggetta a tettonica di espansione, le medesime rocce vulcaniche
iniettate lungo gli assi di espansione della dorsale medio-oceanica si ampliano e vanno ad aggiungersi
all'area superficiale del fondale oceanico: tale aumento dell'area superficiale dei fondali oceanici è un
riflesso dell'incremento del raggio della Terra, quindi non vi è alcuna necessità di ridistribuzione netta della
crosta in eccesso tramite processi di subduzione.
Nel contesto di una Terra soggetta a tettonica di espansione, prima di circa 200 milioni di anni fa i moderni
bacini oceanici non esistevano. All'epoca, tutta la crosta continentale risultava unita a formare un singolo
supercontinente denominato Pangea, che racchiudeva l'intera Terra antica secondo circa il 52 per cento
dell'attuale raggio terrestre. Invece dei moderni oceani, una rete di mari di profondità relativamente ridotta
ricopriva le parti basse del supercontinente 'pangeano'. Tutte le croste vulcaniche dei fondali oceanici
relativamente recenti, nonché gran parte delle acque oceaniche e dell'atmosfera, erano trattenute
all'interno del mantello da cui hanno avuto origine.
Quantunque sia lecito addurre argomentazioni pro e contro ambedue le teorie, va sottolineato che
esattamente i medesimi frammenti crostali che costituiscono tanto gli antichi supercontinenti quanto i
continenti moderni sono adattabili con precisione, in una sorta di puzzle sferico, su una Terra con raggio
minore, sino a formare un singolo supercontinente. Quindi il quesito a cui rispondere è: si tratta di un
fenomeno empirico fattuale o di una semplice coincidenza?
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Figura 3: Modelli sferici di tettonica di espansione dal Primo Giurassico ai giorni nostri. I modelli illustrano il
relativo incremento del raggio della Terra nel corso della sua storia e includono continenti fondamentali più
geologia oceanica. (Geologia successiva alla Mappa Geologica Mondiale della Commissione per la
Mappatura Geologica della Terra e dell’UNESCO, 1990)
PANORAMICA SULLA TETTONICA DI ESPANSIONE
Attualmente numerosi ricercatori immaginano l'accettazione della tettonica di espansione come processo
tettonico plausibile in quanto frustrata da rilevanti ostacoli che presumibilmente "superano le prove a
sostegno".
Tali opinioni si basano su ricerche decisamente datate e a quanto pare emotive e dogmatiche condotte fra
gli anni Cinquanta e Settanta, molto prima dell'avvento della moderna tettonica a placche, della tecnologia
informatica, della facoltà di raccolta dati a livello globale e della comunicazione multimediale.
Malauguratamente, le medesime opinioni ormai sorpassate compaiono sulla letteratura recente in assenza
di un'adeguata indagine scientifica, a dispetto dei recenti progressi compiuti dalla ricerca sulla tettonica di
espansione.
La teoria della tettonica di espansione elimina semplicemente dall'attuale teoria tettonica una premessa
fondamentale: vale a dire, l'assunto che il raggio terrestre si mantenga costante. Eliminando tale
premessa, ci troviamo dunque nella condizione di applicare principi scientifici corretti onde verificare se i
dati globali vengano di fatto spiegati in modo migliore su una Terra con un raggio soggetto a incremento
nel corso del tempo.
L'ultimazione della mappatura magnetica oceanica e della datazione della crosta sottostante a tutti i
principali oceani terrestri (figura 2) ha fornito un importantissimo strumento utile a quantificare la tettonica
di espansione. Tale mappatura dei fondali oceanici ha posto limiti di tempo finiti alla storia del movimento
della placca indicato in tutti gli oceani risalenti a prima del Primo Giurassico (vale a dire, sino a circa 200
milioni di anni fa). Nel contesto della tettonica di espansione si impiega tale mappatura per quantificare sia
la ricostruzione della placca sia la velocità di generazione crostale su modelli di Terra più piccola.
In figura 3 sono illustrate quattro immagini di un set di 11 modelli, dal Primo Giurassico sino al presente. In
seguito si è proceduto a far risalire tali modelli sino all'iniziale Eone Archeano (circa 4.500 milioni di anni
fa), nonché a proiettare un modello (non riportato in questa sede) sino a cinque milioni di anni nel futuro.
Per elaborare ciascuno dei modelli, ci si limita a rimuovere in successione le strisce di tempo geologico più
vecchie parallele alle dorsali di espansione medio-oceaniche (figura 2). Quindi ciascuna placca crostale
viene ripristinata secondo una configurazione pre-espansione o pre-estensione con un raggio terrestre
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ridotto rispettivamente lungo la placca o il margine continentale comune. Rimuovendo successivamente la
crosta oceanica giovane e riunendo le placche continentali e oceaniche lungo le rispettive dorsali mediooceaniche comuni, ciascuno dei modelli riportati in figura 3 dimostra una concordanza di placca migliore
del 99 per cento.
Su questi modelli, durante il Triassico (il periodo temporale antecedente al Giurassico) la crosta
continentale nonché i sedimenti depositati attorno ai margini continentali risultano quindi avvolgere la terra
come un guscio continentale completo secondo un raggio terrestre pari al 52 per cento di quello attuale.
All'epoca, i sedimenti lungo i margini continentali (indicati dal colore bianco in figura 3) formavano una rete
globale, a rappresentare la posizione di mari poco profondi che attorniavano e ricoprivano parzialmente le
antiche terre continentali.
Questa peculiare concordanza delle terre e dei mari antichi dimostra che la tettonica di espansione è
senza dubbio un processo plausibile. Il modelling delle croste oceaniche e continentali su un modello di
Terra a raggio ridotto elimina efficacemente la necessità di frammentare arbitrariamente i continenti allo
scopo di mantenere un raggio terrestre costante; al contempo elimina la necessità di smaltire tramite
subduzione la crosta oceanica in eccesso in concomitanza con la formazione di ciascun oceano moderno.
RISCONTRI GEOLOGICI, GEOGRAFICI E GEOFISICI
Tutte le rocce contengono un'immensa quantità di riscontri geologici, geografici e geofisici che, all'occhio
esperto, hanno da raccontare una storia complessa ma mutevole di formazione, cambiamento
metamorfico, azione chimica ed erosiva degli agenti atmosferici, influssi climatici, attività biotica e
'patrimonio' metallico. Impiegando i modelli in figura 3 ora disponiamo di una piattaforma sulla quale
mettere assieme tutti i riscontri fisici tali da individuare la posizione di antichi poli ed equatori, distribuzioni
delle terre emerse, montagne, calotte di ghiaccio, mari e linee costiere, ricostruzione storica di
distribuzione, schemi di dispersione ed estinzione di flora e fauna, antiche zone climatiche comprese fra
calotte polari e zone equatoriali, nonché formazione e distribuzione delle risorse di metalli e idrocarburi.
Antichi poli magnetici
In particolare, i dati pubblicati relativi all'antico polo magnetico (l'ubicazione degli antichi poli magnetici
desunta dalla misurazione del magnetismo residuo nelle rocce ricche di ferro) forniscono prove conclusive
a sostegno della tettonica di espansione. Quando si tracciano tali dati del polo magnetico su modelli di
tettonica di espansione, si dimostra che tutti i dati del polo si configurano come poli nord e sud
diametralmente opposti per ciascun modello.
Tali modelli indicano che durante il Supereone Precambriano e nel Paleozoico l'antico polo nord era
situato nella Mongolia-Cina orientale. Quando i continenti migrarono lentamente verso sud in
concomitanza con il susseguente aumento del raggio terrestre, si verificò un'evidente migrazione polare in
direzione settentrionale attraverso la Siberia sino all'attuale ubicazione del Polo Nord, nell'Oceano Artico.
Analogamente, l'antico polo sud del Precambriano e del Paleolitico era situato nell'Africa centrooccidentale e quando i continenti migrarono lentamente verso nord si verificò un'evidente migrazione in
direzione meridionale lungo le linee costiere sudamericane e dell'Africa occidentale sino all'attuale
ubicazione del Polo Sud, in Antartide.
Le ubicazioni di questi poli magnetici, nonché gli antichi equatori derivati, confermano in modo
indipendente le ricostruzioni del modello illustrato in figura 3 e indicano ancora una volta che la tettonica di
espansione è senz'altro un processo plausibile.
Antica geografia
L'antica geografia della Terra costituisce la base per la definizione delle interrelazioni fra continenti emersi,
bracci di mare interposti, montagne e movimenti crostali, quindi consente, su una Terra soggetta a
espansione tettonica, la quantificazione di convenzionali supercontinenti quali Pangea, Gondwana,
Laurentia, Baltica, Laurussia e Rodinia.
Quando tracciate su modelli di tettonica di espansione, le antiche linee costiere indicano che durante la
ricostruzione i vasti oceani Panthalassa, Tethys e Iapetus non sono necessari. Questo è dovuto al fatto
che su una Terra soggetta a tettonica di espansione tutti gli oceani moderni vengono rimossi e i continenti
assemblati su una singola crosta continentale; tali oceani presunti vengono invece sostituiti da mari
Panthalassa, Tethys e Iapetus meno vasti, situati sopra o fra gli antichi continenti.
Gli iniziali mari Panthalassa e Iapetus si svilupparono fra il Primo Permiano e il Primo Giurassico (da 260 a
165 milioni di anni fa) come poco profondi bacini sedimentari rispettivamente all'interno delle regioni
dell'attuale Oceano Pacifico nord-occidentale e dell'Oceano Atlantico settentrionale; tali bacini in seguito si
aprirono e si estesero progressivamente durante il Mesozoico e il Cenozoico, sino a diventare i moderni
oceani Atlantico e Pacifico. Per converso, il Mare di Tethys ebbe origine durante l'iniziale Supereone
Precambriano come mare continentale situato all'interno dell'area che attualmente corrisponde ad Asia ed
Europa; in seguito si ampliò progressivamente aumentando la propria area durante il Precambriano, il
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Paleozoico e il Mesozoico, nel corso della espansione crostale e la susseguente formazione dei moderi
oceani.
Quindi, su una Terra soggetta a espansione tettonica i cambiamenti dei livelli dei mari risultano avvenire
come mutamento della distribuzione dei mari continentali e come reazione al cambiamento climatico
nonché a movimenti crostali, orogenesi, erosione e apertura dei moderni oceani post-Permiano e
produzione di nuova acqua presso le dorsali medio-oceaniche.
Tutti questi cambiamenti modificarono gli antichi profili costieri e sfociarono in un cambiamento delle aree
delle terre continentali emerse. Tale dato è confermato dalla distribuzione delle rocce sedimentarie quali
scogliere calcaree nonché dei fossili di specie terrestri e marine, tutti elementi dipendenti dal clima.
Ricostruzioni di supercontinenti convenzionali quali Pangea, Gondwana e Rodinia nonché di subcontinenti minori, effettuate su una Terra soggetta a tettonica di espansione, dimostrano che invece di
essere il risultato di dispersione-amalgamazione casuale o di eventi di collisione, ciascun assemblaggio
continentale è progressivo e rappresenta un processo evolutivo di formazione della crosta.
Il tratto distintivo dei continenti ricostruiti su ciascun modello di tettonica di espansione è l'interrelazione fra
bacini sedimentari continentali, la rete di mari continentali e la rete di movimenti crostali. La variazione di
ciascuno di questi fenomeni nel tempo ha determinato cambiamenti nella distribuzione delle terre
continentali emerse. La configurazione di supercontinente viene quindi definita da una progressiva
estensione dei bacini sedimentari continentali, dai movimenti crostali in atto e dai cambiamenti dei livelli
marini quando i moderni oceani si aprirono ed estesero rapidamente la propria area sino ai giorni nostri.
(Fine parte 1; originariamente pubblicato su NEXUS nr. 86)
L'autore:
Il Dr. James Maxlow, nato in Inghilterra nel 1949, si è trasferito in
Australia nel 1953. Ha una laurea in geologia (1971) conseguita presso il Royal Melbourne Institute of
Technology nonché una laurea di secondo grado (1995), seguite da un dottorato in geologia con
specializzazione in tettonica globale (2002), conseguito presso la Curtin University of Technology, Perth,
Western Australia. Ha lavorato per un quarto di secolo in gran parte del territorio australiano in veste di
geologo minerario e di esplorazione. Da quando ha conseguito i suoi titoli accademici, il Dr. Maxlow è
attivamente coinvolto nella diffusione dei pregi della teoria dell’espansione della Terra e ha al suo attivo
conferenze in Giappone, Grecia e Australia. Inoltre è implicato nella produzione di software e DVD
finalizzati alla promozione della tettonica di espansione terrestre come plausibile alternativa alla tettonica a
placche comunemente accettata oggigiorno.
Il Dr. Maxlow ha scritto vari articoli per NEXUS (vedere nr.i 33, 36 e 61); autore di Terra Non Firma Earth,
è stato uno degli oratori in occasione del Convegno di NEXUS tenutosi a Brisbane nel 2005.
Per contatti, [email protected]; per ulteriori informazioni, visitate il suo sito web
http://www.jamesmaxlow.com.
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