Articoli 1804 e 1809 del codice civile e sentenza della Suprema Corte
Cessazione del comodato a termine
Legittima la richiesta di restituzione in caso di violazione degli obblighi
del comodatario o per bisogni urgenti ed imprevisti del proprietario
di SILVIA PAGLIAZZO *
Interessante la sentenza di Cassazione del 18 marzo del 2014 n. 6203 che chiarisce i diversi
rimedi per la cessazione di un contratto di comodato laddove è stato previsto un termine,
magari di lunga durata.
È noto che il comodato regolato dagli artt. 1803 c.c. e ss è un contratto essenzialmente
gratuito, con il quale una parte consegna all’altra una cosa mobile o immobile, affinché se ne
serva per un uso ed un tempo determinato, con l’obbligo di restituire la stessa cosa ricevuta.
L’art. 1810 c.c. specifica che se non è stato convenuto un termine né questo risulta dall’uso a
cui la stessa doveva essere destinata, il comodatario è tenuto a restituirla al momento della
richiesta.
Tuttavia le parti possono nella libera disponibilità stabilire un termine. In detta ipotesi il
codice civile prevede per la cessazione del suddetto rapporto, non essendo ovviamente
possibile attuare il dettato normativo di cui all’art. 1810 c.c. che stabilisce la cessazione del
rapporto a mera richiesta del comodante, alcuni rimedi per la cessazione del contratto di
comodato antecedentemente alla scadenza.
Secondo l’art. 1809 c.c. (“Restituzione”) il comodatario è obbligato a restituire la cosa alla
scadenza del termine convenuto o, in mancanza di termine, quando se ne è servito in
conformità del contratto, salvo che sopravvenga un urgente e imprevisto bisogno al
comodante ed in questo caso questi può esigerne la restituzione immediata.
Sull’esatta interpretazione della dizione “urgente e impreveduto bisogno” non ho a dire il vero
reperito giurisprudenza: la verifica andrà lasciata alla discrezionale valutazione del giudice di
caso a caso.
Vi è poi l’articolo 1804 c.c. dal titolo “Obbligazione del comodatario” che prevede che lo
stesso debba custodire la cosa con la diligenza del buon padre di famiglia e può servirsene
solo per l’uso determinato dal contratto o dalla natura della cosa e non può sub concedere il
bene; in caso di inadempimento degli obblighi suindicati da parte del comodatario il
comodante può richiedere l’immediata restituzione della cosa oltre il risarcimento dei danni.
La Suprema Corte nel precisare, con la citata sentenza che la concessione in comodato di un
immobile per tutta la vita del comodatario -come è previsto nel contratto che ha dato origine
alla controversia- costituisce un contratto a termine, di cui è certo l’an ed è incerto il quando
(in questo senso Cass. n. 8548 del 2008), affronta e sviluppa il tema dei rimedi per lo
scioglimento di un contratto a termine.
È detto che il comodante può sciogliersi dal suindicato contratto ma soltanto nelle ipotesi
descritte dagli artt. 1804 c.c., 1809 c.c. e 1811 c.c. (ovvero morte del comodatario), e non
liberamente come avviene nel comodato precario, ovvero senza determinazione di durata
Pertanto le richieste di restituzione dell’immobile possono ritenersi legittime solo se legate
alle particolari ipotesi di inadempimento del comodatario previste dall’art. 1804 c.c. o al
sopravvenire di un urgente e imprevisto bisogno del comodante, ex art. 1809 c.c.
Ed infatti con l’individuazione di una precisa durata (in questo caso la massima durata
possibile, coincidente con la vita della beneficiaria), le parti stabiliscono di inserire nel
contratto l’elemento accidentale del termine. Ciò significa che la possibilità del comodante di
rientrare nella disponibilità del bene quando lo ritiene opportuno viene ridotta e al contempo
viene rafforzata la posizione del comodatario, cui è garantito il godimento di quell’immobile
per tutto il tempo individuato con la fissazione del termine, sottraendolo al rischio di subire il
recesso ad nutum, e ciò ad eccezione delle ipotesi sopra individuate.
La stessa sentenza stabilisce, poi, un principio importante: la restituzione anticipata del bene
dato in comodato, di cui all’art. 1804 c.c., prevista in casi di violazioni degli obblighi
espressamente richiamati dalla norma (obbligo di custodire e conservare la cosa, di fare l’uso
della cosa previsto dal contratto o derivante dalla natura del bene, e la concessione del
godimento di essa a terzi senza il consenso del comodante) per costituire le stesse “abuso
della cosa oggetto del comodato e di violazione della fiducia riposta dal comodante nel
comodatario” non può essere fatto rientrare nella risoluzione per inadempimento, ma questa
facoltà di scioglimento anticipato del rapporto deve farsi rientrare piuttosto nella figura del
recesso. Ritengo che per analogia lo stesso principio possa essere applicato anche all’art. 1809
c.c.
* Avvocato
Maggio/Giugno 2016