LA NUTRIZIONE GENETICA: A volte l'uomo inciampa nella verità, Ma nella maggior parte dei casi… Si rialzerà e continuerà per la sua strada. Winston Churchill Secondo l’American Heart Association, attualmente un americano su quattro è affetto da patologie cardiovascolari. Tale percentuale è direttamente proporzionale al grado di industrializzazione della nazione considerata e sicuramente influenzabile dallo stile di vita, dall’alimentazione che possono modificare in senso migliorativo i fattori di rischio. Esiste pertanto un nesso chiaro ed evidente tra la nutrizione e l’espressione genetica. Vi sarà capitato probabilmente di aver conosciuto o di aver sentito parlare di una persona che conduceva uno stile di vita ineccepibile e che nonostante tutto ha contratto un tumore del polmone senza aver mai neanche acceso una sigaretta nel corso della propria vita? Personalmente rammento un mio compagno di scuola del liceo di Villa Flaminia in Roma, ottimo atleta nel salto in lungo, che pur non presentando fattori predisponenti quali: ipertensione, ipercolesterolemia, tabagismo, sovrappeso, diabete, familiarità per patologie cardiovascolari familiari, subì un infarto miocardico. Come mai si spendono milioni di euro e di dollari per allestire programmi di educazione e prevenzione sanitaria sui fattori di rischio e nonostante tutto ancora tante persone finiscono ancora vittime di queste malattie letali che vedono al vertice della Hit Parade dei decessi negli USA, sicuramente la nazione più industrializzata del mondo, malattie croniche, tra le quali: • • • • Patologie cardiovascolari(infarto, ictus, ecc.) Ipertensione Diabete Cancro Probabilmente tali programmi preventivi possono rivestire un significato informativo utile per la massa della popolazione, ma non sufficiente a colmare le esigenze del singolo individuo, dotato di caratteristiche genetiche e biochimiche uniche ed irripetibili . Numerosi sono gli eventi che nel corso dell’esistenza possono influenzare e modificare le modalità di espressione genetica di ogni singola cellula, tessuto, organo od apparato. Si tratta di modificazioni per lo più fisiologiche a situazioni ed eventi ambientali, quali le escursioni termiche, la qualità del cibo e dell’acqua che consumiamo, l’attività fisica svolta in eccesso od in difetto, la qualità dell’aria respiriamo, le sostanze inquinanti, ecc. L’ecologia dell’ambiente che ci circonda e le scelte di vita che operiamo continuamente influenzano enormemente il patrimonio genetico individuale determinando la qualità e la durata della vita. Prima di entrare nel vivo di questa interessantissima tematica sarà opportuno procedere, come Madre Natura, ci ha insegnato, “per gradi” riepilogando in un breve lessico alcuni termini nei quali ci si imbatterà nel corso di questa lettura. Un gene è un segmento di DNA che codifica per un polipeptide specifico. Ogni gene determina un carattere ereditario e occupa sul cromosoma una posizione detta locus. Gli organismi diploidi come gli esseri umani possiedono 2 copie di ciascun cromosoma (cromosomi omologhi), fatta eccezione per i 2 cromosomi sessuali che, nel caso degli individui di sesso maschile, sono diversi (XY) da quelli della donna(XX). Diverse forme alternative di uno stesso gene si chiamano alleli; in un individuo i 2 alleli occupano sui cromosomi omologhi lo stesso locus. Un carattere monofattoriale è controllato da un solo gene; quindi la sua espressione dipende da quali dei diversi alleli possibili sono presenti nei 2 cromosmi omologhi. Un carattere la cui espressione è influenzata da più loci e/o da altri elementi (anche ambientali) si chiama multifattoriale. INTERAZIONI TRA GENI : GENOTIPO, FENOTIPO Il genotipo di un individuo è dato dal suo corredo genetico, è ciò che è "scritto" nel DNA contenuto nel nucleo di tutte le sue cellule ed è quindi immutabile. Il fenotipo, invece, è l'insieme dei caratteri che l'individuo manifesta: dipende dal suo genotipo, dalle interazioni fra geni e anche da fattori esterni; dunque può variare. Gli individui della specie umana, essendo diploidi, possiedono per ogni gene 2 alleli. Ad esempio, nel caso di un gene che risiede su un particolare locus sul cromosoma 21, avendo 2 cromosomi 21 abbiamo 2 loci in cui troveremo 2 copie (2 alleli) del gene. Questi 2 alleli possono essere identici o non esserlo. Nel primo caso l'individuo è detto omozigote, nel secondo caso è eterozigote. L'omozigosi o l'eterozigosi è una caratteristica che riguarda il genotipo. Ad esempio, se per un dato gene esistono 2 alleli che chiamiamo "A" e "a", i genotipi possibili sono 3: AA , aa , Aa ovvero omozigote per il 1° allele, omozigote per il 2° allele ed eterozigote. Se esistessero 3 diversi alleli "B", "b" e "b'" i genotipi possibili sarebbero 6 : BB, bb, b'b' , Bb , Bb' , bb' ovvero tutte le "coppie" che è possibile formare. Ovviamente si tratta sempre di coppie perchè stiamo parlando di organismi diploidi, tuttavia è importante ricordare che esistono geni, detti X-linked, che si trovano sul cromosoma X e non sul cromosoma Y; dunque i maschi saranno dotati di una sola copia di questi geni. In questo caso si dice che i maschi sono emizigoti: possedendo 1 solo allele non si può classificarli come omozigoti o eterozigoti. I vari genotipi possibili producono un effetto visibile attraverso il fenotipo Fenotipi dominanti e recessivi Per determinare il fenotipo che farà seguito a un dato genotipo occorre tenere conto della dominanza degli alleli. Un allele dominante si manifesta sia negli individui omozigoti che in quelli eterozigoti: è sufficiente possederne 1 sola copia per esprimerlo. Un allele recessivo si manifesta solo negli individui omozigoti per l'allele in questione. In alcuni casi, gli eterozigoti manifestano fenotipicamente entrambi gli alleli che possiedono: non accade, come di solito, che uno (quello dominante) "copre" l'espressione dell'altro (quello recessivo) ma le 2 espressioni coesistono dando origine a un fenotipo "misto". In questi casi di parla di codominanza. Un esempio classico è offerto dai gruppi sanguigni AB0 ed in particolare per ciò che riguarda i fenotipi dominanti e quelli recessivi, inoltre mostra il fenomeno della codominanza. I geni più diffusi nella popolazione europea sono A e 0. Considerando solo questi due alleli i genotipi possibili sono 3: AA , A0 e 00. A è dominante rispetto a 0: quindi il fenotipo sarà A per gli individui con genotipo AA e A0, e 0 per gli individui con genotipo 00. Meno frequente è l'allele che codifica per il carattere B. Questo è codominante con A e dominante rispetto a 0. Considerando ora tutti e 3 gli alleli esistenti i genotipi possibili sono 6: AA, BB , 00 , A0 , B0 , AB. Dal momento che A e B sono codominanti e 0 è recessivo i fenotipi sono: AA ->A , BB->B , 00->0 , A0->A , B0 ->B , AB ->AB. Un individuo portatore di 2 alleli identici (omozigote) potrà produrre un solo tipo di gameti, mentre un eterozigote fornirà con uguale probabilità l'uno o l'altro dei 2 alleli che possiede. GENOTIPO AA BB 00 A0 B0 AB FENOTIPO A B 0 A B AB GAMETI 100% A 100% B 100% 0 50% A 50% 0 50% B 50% 0 50% A 50% B IL GENE DELL’IMMORTALITA’ “La selezione naturale non produrrà mai in un qualsiasi essere vivente alcuna struttura, organo o funzione che sia più di danno che di beneficio per tale creatura, poichè la selezione naturale agisce per consentire la sopravvivenza del più adatto, ovvero soltanto per il bene di ognuno” C.Darwin – L’Origine delle Speci Nell’anno mille la vita media dell’uomo era di circa 40 anni e la sopravvivenza dei neonati alla nascita era pari al 40-50%, mentre oggi tale percentuale e scesa a 7 neonati su mille. Nel 2075 probabilmente vedremo il primo essere umano immortale e non sarà al cinema in un serial su “Highlander”. . Nel 3000 l’uomo potrebbe raggiungere il controllo della sua evoluzione e la morte potrebbe scomparire. Ciò no stupisce gli addetti ai lavori poiché è stato appurato che la durata della vita dipende da un gene e questa regolazione avviene tramite la sinergica collaborazione di ulteriori geni che operosi ed inarrestabili siglano tempi, ritmi e modalità dell’esistenza. Da qualche parte un sapiente direttore d’orchestra legge questi geni come spartiti musicali e dirige l’orchestra della vita che diffonde nel cosmo le sue armonie inarrestabili. Tra l’ampia popolazione di geni al lavoro soffermeremo l’attenzione su alcuni di loro, tra i quali in particolare due dai nomi praticamente impronunciabili : • • p66shc q934 Presso il laboratorio di biologia molecolare e dello sviluppo nel Dipartimento di Genetica Umana al Memorial Sloan-Kettering Cancer Center di New York, il più importante centro di ricerca sul cancro degli USA, P.P. Pandolfi, con la collaborazione dell’Istituto Europeo di Oncologia di Milano mentre stava svolgendo una ricerca sul cancro ha scoperto accidentalmente che la durata della vita dipende da questo gene specifico denominato per l’appunto p66shc . Questo gene è stato prelevato con tecniche d’ingegneria genetica molto sofisticate a dei topi, ed ulteriori studi in proposito hanno consentito di appurare che i roditori provvisti di questo corredo genico sono in grado di usufruire di una longevità maggiore di circa un terzo rispetto agli altri individui della stessa specie che ne erano stati deprivati. È’ la prima volta che nell’ambito scientifico qualcuno riesce a dimostrare che la durata della vita dipende da un gene, o probabilmente da un gruppo di geni. Questo esperimento è stato scientificamente dichiarato inoppugnabile, infatti si era al corrente da circa 10 anni che in certi vermi e moscerini la durata della vita fosse controllata da un gene, ma non si era ancora riusciti a concludere se ciò fosse altrettanto valido per la specie dei mammiferi e per l’uomo in particolare. Premesso che ulteriori studi a conferma di ciò saranno altresì necessari, è possibile affermare che che questo gene svolgerebbe un ruolo primario e comunque determinante nella proliferazione cellulare dei tumori. Recenti studi avrebbero consentito di appurare un’ulteriore funzione “bis” di questo gene che influenzerebbe il meccanismo dell’ ossidazione cellulare, cioè la formazione dei famosi "radicali liberi" che danneggiano la cellula e provocando quell’insieme di processi di deterioramento strutturale che per convenzione viene definito “vecchiaia”. Questo danno, l’ossidazione cellulare, è in realtà provocato da fattori esterni all’organismo, quali: i raggi ultravioletti, i raggi gamma, le scorie provenienti dai cibi che mangiamo, la qualità dell’acqua che beviamo, ed inoltre da processi interni, come la respirazione stessa. Durante l’invecchiamento questo danno sembra aumentare, ma il gene p66shc controlla una proteina che governa la risposta cellulare allo "stress" ossidativo, perciò asportando il gene che costituisce questa proteina, il processo di ossidazione rallenta e la vita si allungherebbe nelle specie biologicamente più rudimentali ed almeno “su carta “ ciò potrebbe accadere anche per il genere umano.