14 FOCUS ON Indagare per immagini L a diagnostica per immagini ha avuto una crescita quasi inimmaginabile negli ultimi 30 anni, consentendo un miglioramento esponenziale dell’approccio terapeutico alle patologie più disparate. Le indagini tradizionali si sono altamente affinate ed evolute sul piano tecnico e metodologico, soprattutto per quel che riguarda le apparecchiature tomografiche: con l’avvento della Tomografia Computerizzata Multislice (TC-MS) (rispetto alla semplice monostrato) è possibile studiare con sempre maggiore definizione anche le più piccole alterazioni di qualsiasi distretto corporeo; stesso discorso vale per l’introduzione di Risonanze Magnetiche (RM) con intensità di campo crescente, e sequenze altamente innovative, quali perfusione, diffusione e spettroscopia. Sono sorti software per creare immagini 3D in TCMS, con possibilità di visualizzare le zone di interesse su vari piani e secondo criteri di soglia, e ancora metodi di fusione di immagini tra TC-MS e RM, e tra TC-MS e PET, per quel che riguarda il campo applicativo della medicina nucleare: l’incremento delle prestazioni dei computer e la migliorata affidabilità dei sistemi informatici offre infatti la possibilità di elaborazioni di immagini con elevati standard di accuratezza e parallelamente consente di integrare informazioni da plurime sorgenti. È inoltre possibile, attualmente con la metodica TCMS, la creazione di navigazioni virtuali all’interno di vasi sanguigni, vie aeree principali e colon-stomaco, così da fornire al medico una visione endoscopica di studio in sede pre-intrapost stenosi: limite ovvio è l’impossibilità di eseguire prelievi di materiale citoistologico. Il progresso della tecnologia diagnostica è stato inoltre accompagnato da un’informatizzazione sempre più accurata della gestione delle immagini, come per i sistemi PACS, ovvero pro- grammi di archiviazione e rielaborazione dei dati che trasferiscono su monitor di computer l’atto di interpretazione delle immagini radiologiche; esistono poi metodi all’avanguardia di dettatura dei referti tramite programmi di registrazione vocale, e archiviazione dei dati diagnostici su appositi CD-rom al posto delle pellicole radiografiche, con un netto miglioramento dell’impatto ambientale. Diagnostica in ortopedia La radiologia è dunque un punto di riferimento insostituibile per l’approccio diagnostico-clinico nei confronti del malato, ovviamente anche nell’ambito della patologia ortopedica. Le radiografie sono il punto di partenza nello studio dell’osso, tramite l’utilizzo di radiazioni ionizzanti: esse permettono di evidenziare lesioni di tipo traumatico, come fratture e infrazioni; oppure lesioni che determinano soluzioni di continuità della corticale, come i tumori; o ancora di tipo flogistico, acuto-cronico. La TC-MS rappresenta un esame di secondo livello ottimale per lo studio dell’osso, e sfrutta anch’essa le radiazioni ionizzanti: è dunque possibile creare sezioni SSD o ricostruzione di superficie dell'osso: una rielaborazione soglia per far rimanere visibile solo l'osso sottili della regione di interesse, di tipo assiale e con algoritmi dedicati, e in seguito ricostruzioni coronali e sagittali; programmi di rielaborazione delle immagini consentono anche di creare visualizzazioni 3D delle ossa. La risonanza magnetica è anch’essa un esame di secondo livello, che si basa tuttavia sui campi magneti- Riparazione meniscale A che punto siamo? L a funzione meniscale è lo specchio dell’anatomia stessa del menisco. Le cellule e la matrice extracellulare sono disposte in modo che le forze compressive, gli attriti, gli stress tensili possano essere sopportati e ridistribuiti. Nello sviluppo embrionale le cellule mesenchimali si differenziano in un tessuto altamente specializzato. La matrice è composta prevalentemente da collagene tipo I, che si dispone a costituire un’armatura altamente resistente agli stress e con una disposizione circonferenziale che è fondamentale nell’impedire l’estrusione del menisco e per mantenere l’integrità del menisco stesso sotto il carico. La presenza inoltre di Glicosaminglicani (GAG) favorisce il mantenimento delle proprietà visco-elastiche, la resistenza alla compressione e l’idratazione. Ben il 78% del menisco sano è infatti costituito da acqua. Proprio i GAG insieme alle proteine di superficie garantiscono anche il movimento fluido e senza attriti dell’articolazione sul menisco. Il danno meniscale Un danno grave del menisco può rendere inevitabile una meniscectomia subtotale. Tra gli anni Sessanta-Settanta la meniscectomia totale era una prassi comune, dato che tutti i sintomi meccanici correlati ad una lesione meniscale scompaiono all’istante con tale procedura. Ma oggi è altrettanto chiaro che una meniscectomia favorisce nettamente lo sviluppo di fenomeni artrosici. In ogni caso vi è una netta relazione tra l’entità della meniscectomia e il danno cartilagineo. Inoltre il danno è più marcato nel comparto laterale più che in quello mediale. Anche quando fosse necessaria una meniscectomia, il risparmio della porzione periferica del menisco è essenziale per migliorare i risultati a lungo termine, probabilmente perchè il tessuto residuo è ancora capace di trasferire parte del carico assiale. Lesioni dei corni posteriori del menisco mediale e le procedure di meniscectomia in tale sede determinano una diminuita stabilità in extrarotazione, cosa che potrebbe essere correlata con una maggiore incidenza di danni condrali da instabilità (Ahmed AM. In: Mow VC, Arnoczky SP, Jackson DW, editors. Knee meniscus: basic and clinical foundations. New York (NY): Raven Press, Ltd.; 1992. p. 59–73. Hede A, et al. Int Orthop 1992;16:122–5). La sutura meniscale Nella sempre maggior consapevolezza che l’assenza di menisco si correla con precoci manifestazioni artrosiche, un enorme sforzo è stato rivolto allo sviluppo di sistemi di riparazione meniscale, specialmente nel paziente giovane. La sutura meniscale è una procedura sicura, ma richiede una riabilitazione più lunga della semplice meniscectomia, cosa che può non essere accettata, specie dall’atleta professionista. Se si associa alla lesione meniscale la rottura del crociato i risultati della sutura meniscale sono ancora maggiori, forse perchè il rispetto dei tempi di guarigione del crociato permettono una migliore guarigione della sutura meniscale. Il problema principale nelle suture meniscali è che specialmente le lesioni in zona bianca nell’individuo meno giovane possono non guarire portando ad un fallimento meccanico della sutura. Dati recenti parlano di un fallimento fino al 28-30% dei casi, anche se esistono casistiche che si assestano su fallimenti dell’ordine del 6% (Kurzweil PR et al. Arthroscopy 2002;18:33–9. Lee GP et al. Am J Sports Med 2005;33:1138–41. Boyd KT et al. Knee 2003;10:1–11). In sostanza consigliamo di informare sempre il paziente, specialmente il giovane, sulla possibilità di riparare il menisco lesionato e, se il paziente è disposto al percorso riabilitativo necessario, di suturare il menisco tutte le volte che può essere salvato. I sostituti meniscali Nei casi in cui il menisco non è salvabile esistono diverse opzioni di trattamento “sostitutivo”. Una delle possibilità è l’uso del CMI (Collagen Meniscus Implant). Tale sostituto meniscale in collagene agisce come guida per la rigenerazione tissutale, guidando il tessuto riparativo a colmare il difetto meniscale. Questo scaffold spugnoso è costituito da collagene derivato da tendine d’achille bovino associato a GAG, disidratato, liofilizzato e chi- ci: consente di creare sezioni assiali, sagittali e coronali delle regioni di studio, così da analizzare al meglio i tessuti molli perischeletrici e l’osso midollare. Le diverse sequenze permettono di identificare il tipo di tessuto in studio, differenziando la componente cellulare da quella adiposa o idrica; inoltre, la somministrazione di contrasto per via endovenosa consente di risaltare i tessuti tumorali o infiammatori rispetto a quelli sani. Le prospettive future sono sicuramente promettenti nell’ambito radiologico in generale, come anche in quello specifico ortopedico. micamente cross-linkato. Gli studi clinici finora eseguiti sono incoraggianti e mostrano buoni risultati a distanza di 5-8 anni di follow-up. Il collagene di tali sostituti si è dimostrato essere biocompatibile, riassorbibile e facilmente infiltrabile da parte del neo-tessuto. Un’alternativa in competizione con il CMI sono i Poliuretani. Questi sostituti sono stati studiati su animali e sono oggi disponibili come alternativa al CMI. Tali impianti sembrano essere più resistenti nella sutura. Uno studio clinico prospettico è tuttora in corso anche se i risultati preliminari sembrano promettenti. Una terza possibilità sono i trapianti da cadavere. Anche se non c’è un limite di età, è consigliabile un trapianto meniscale sotto i 50 anni di età. Risultati scadenti sono segnalati in casi di artrosi avanzata, malallineamento, allograft irradiati. Se si seleziona adeguatamente il paziente i risultati in letteratura sono positivi nel 60-94% dei casi a seconda delle casistiche. In ogni caso tale procedura rimane poco praticata per la difficoltà nel trovare l’allograft adeguato, per la logistica, per i costi elevati. scorrevolezza e capacità ammortizzante unica. Se tempo fa tali proprietà sembravano impossibili da imitare, oggi la tecnologia permette la creazione di polimeri con proprietà biomeccaniche accettabili, tridimensionali e strutturati in maniera tale da favorire la crescita di tessuti e la deposizione di collagene all’interno della sua microstruttura. Inoltre grazie alla combinazione con tecniche basate su cellule staminali i risultati potrebbero essere resi ancora più stupefacenti. La tendenza inoltre a sacrificare sempre più piccole porzioni meniscali quando la meniscectomia è necessaria, porterà la ricerca verso soluzioni che permettano di sostituire solo porzioni meniscali. Si tratterebbe allora di poter estendere l’utilizzo di questi materiali a un larghissimo numero di pazienti. Certo possiamo sognare di futuri non poi così lontani, ma senza allontanarci troppo dalla nostra realtà quotidiana... Quello che viene chiesto all’ortopedico è di limitare i gesti demolitivi su strutture articolari così importanti come i menischi, sapendo gestire con sicurezza tutte le tecniche di riparazione meniscale e diffondendo una cultura di prevenzione. L’uso dei sostituti attuali e delle loro evoluzioni sarà una logica conseguenza. Prospettive del domani E per il futuro? Il menisco è un “pezzo di ricambio” assai sofisticato che deve sopportare enormi forze all’interno del ginocchio. Ha una resistenza, Giorgio Castellazzi Istituto Ortopedico Galeazzi Lorenzo Castellani Matteo Laccisaglia