MICRO
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U.O. di Microbiologia, Policlinico S.Orsola-Malpighi,
S.Orsola Malpighi, Università di Bologna
Direttore: Prof. Maria Paola Landini
Vol. 8 n. 5, Maggio
ggio 2015, a cura di Maria Paola Landini e Silvia Galli
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Virus dell’epatite C (HCV): varianti virali resistenti ai nuovi farmaci
L’infezione da HCV, che coinvolge complessivamente 170 milioni di persone nel mondo, è causa di epatiti
croniche, cirrosi epatica e neoplasie rappresentando quindi un serio problema sociosocio-sanitario su scala mondiale.
In Italia le stime parlano di 1 milione e 500 mila persone coinvolte. L’agente eziologico, il virus HCV,
appartiene alla famiglia Flaviviridae con un genoma composto da un singolo filamento di RNA che codifica
per tre proteine strutturali (core, E1 e E2), la “proteina canale” p7 e 6 proteine non strutturali (NS2, NS3, Ns4A,
NS4B, NS5A e NS5B). Ognuna di queste
queste proteine ha un ruolo nella replicazione del virus e quindi ognuna può
essere un bersaglio potenziale dell’azione di farmaci. Attualmente sono TRE le classi principali di agenti
antivirali diretti (DAA): Gli inibitori delle proteasi NS3/4A; gli
inibitori
ori della polimerasi NS5B e gli inibitori della proteina NS5A.
NS5A
Gli inibitori delle proteasi NS3/4A hanno come bersaglio i processi
post-traduttivi,
traduttivi, infatti la proteasi virale è responsabile della scissione
proteolitica del precursore poliproteico. Questi farmaci, quindi,
impediscono la formazione delle proteine virali mature.
Gli inibitori della polimerasi NS5B bloccano la replicazione del
genoma virale e ve ne sono di due classi: gli analoghi nucleosidici e
gli inibitori non nucleosidici.
Gli inibitori dell’NS5A probabilmente agiscono come rallentatori
del processo di replicazione virale. Questi
Q
farmaci impediscono
infatti alle polimerasi di funzionare completamente, bloccano
l’assemblaggio dei nuovi virus e la loro uscita dalle cellule epatiche.
Il trattamento combinato con simeprevir (inibitore della proteasi
NS3/4A) e sofosbuvir (inibitore
inibitore della polimerasi NS5B)
rappresenta l’associazione di antivirali orali, senza interferone, con
la più alta percentuale di successo sui genotipi virali 1a e 1b .
Purtroppo, però, la presenza del polimorfismo Q80K del gene NS3 di HCV ( genotipo-1)
genotipo
riduce
sensibilmente l’ attività antivirale del simeprevir.
simeprevir La prevalenza di questo polimorfismo è variabile nelle
regioni geografiche finora prese in esame, ma sembra particolarmente elevata negli Stati Uniti (circa il 35%).
Vista la presenza anche in Italia del polimorfismo Q80K del virus è fortemente raccomandato, prima di
intraprendere un ciclo terapeutico che includa simeprevir,
chiedere ai laboratori attrezzati che venga
analizzata la sequenza del gene NS3/4 del ceppo virale del paziente da trattare.
Da circa due mesi e nell’ ambito si specifiche collaborazioni, la U.O. di Microbiologia effettua la ricerca di
tale polimorfismo mediante sequenziamento NGS (Next Generation Sequencing).
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Per ogni chiarimento e accordi in merito si faccia riferimento alla
alla Dr.ssa Silvia Galli (051-2144450)
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