Corso di Etnomusicologia e Musiche Popolari Contemporanee 2014/15 (12 CFU) Martedì h 14-16 aula 16; Mercoledì h 17-19 aula 5; Giovedì h 9-11 aula 5 Programma del corso Il primo modulo del corso vuole proporre una articolata introduzione all’etnomusicologia come studio della musica in quanto evento sonoro, pratica sociale ed elaborazione concettuale. Attraverso il confronto fra comportamenti differenti verranno delineati alcuni scenari principali del far musica contemporaneo, esaminando altresì i meccanismi di produzione, trasmissione e ricezione di un evento sonoro. Il secondo modulo del corso intende presentare una ampia riflessione sulla popular music intesa come strumento di comunicazione simbolica. Superando i luoghi comuni suggeriti dal termine “musica leggera (o commerciale)”, le lezioni mireranno ad evidenziare i meccanismi di significazione più ricorrenti entro la “galassia” di espressioni musicali circolanti per lo più attraverso i mass media e fruiti da un largo pubblico di massa. Lo studente sarà portato a ragionare sulla presenza e importanza della musica nella vita sociale della nostra epoca, nella costruzione di identità culturali, nella definizione delle dinamiche globale/locale, nelle convenzioni comunicative, nelle rappresentazione dei rapporti interpersonali fra gruppi e individui, delle dinamiche di potere e così via. Al termine del corso si presuppone che lo studente abbia gli strumenti minimi per una osservazione ponderata della varietà delle musiche dei nostri giorni come rappresentazione di istanze culturali diverse. Inoltre che sappia orientarsi nella storia della popular music riconoscendo i generi di maggiore diffusione, e le principali popular music scenes. Etnomusicologia è lo studio del perché e come gli esseri umani sono musicali. (T. Rice) Tutti gli uomini sono in qualche modo “musicali” in quanto sono capaci di “fare e dare un senso alla musica”. Studiare la “musicalità umana” non riguarda il “talento”, le “doti naturali” di certi individui; significa invece studiare la capacità generale degli uomini di fare musica, di reagire fisicamente ed emotivamente all’ascolto musicale; di interpretare i significati veicolati dalla musica all’interno di quadri di riferimenti culturali condivisi. L’etnomusicologia si pone come un metodo, «un approccio per comprendere tutte le musiche ed il far musica nei contesti dell’esecuzione e nell’ambito delle idee ed abilità manifestate da compositori, esecutori ed ascoltatori in ciò che essi definiscono come situazione musicale» (J. Blacking) Society for Ethnomusicology «What is Ethnomusicology? The field of ethnomusicology explores human musicmaking activities all over the world, in all styles, from the immediate present to the distant past. We study music, the people who make it, the instruments they use, and the complex of ideas, behaviours, and processes that are involved in the production of music.» http://webdb.iu.edu/sem/scripts/aboutus/a boutethnomusicology/ethnomusicology.cfm Jeff Titon (2003): «...l'etnomusicologia, viene solitamente definita come lo studio della musica nella cultura. Alcuni etnomusicologi ritengono che il proprio compito sia lo studio della musica come cultura, sottolineando il fatto che la musica è un modo per organizzare l'attività umana. (…) L'etnomusicologia è lo studio della musica nel contesto della vita umana. Mi piace pensare all'etnomusicologia come lo studio delle persone che fanno musica. Le persone “fanno” musica in due modi: elaborano o costruiscono un concetto di musica, cioè un’idea di cosa essa sia (e cosa non sia) e di cosa produca; fanno o individuano dei suoni che essi stessi chiamano musica. » l’etnomusicologia dunque si propone come metodo per studiare e interpretare qualsiasi musica del mondo Una sintetica definizione – oggi accettata da molti studiosi – è “Ethnomusicology is the study of people making music." Si tratta di una definizione che sposta l’attenzione sul fare musica: dalla ‘musica-suono immateriale’ alla ‘musica-risultato di azioni umane’ Gli etnomusicologi dunque si occupano di studiare l’intero processo e dei contesti attraverso cui e entro cui la musica è immaginata, eseguita, riconosciuta e discussa. Uno studio quindi che va ben al di là dell’analisi delle strutture sonore di per se. Che cos’è la musica? Ciascuno di noi è convinto di sapere riconoscere la musica quando l’ascolta, ma pochi sanno dire esattamente cosa sia. Siamo abituati a non riflettere su cosa sia “la musica”, su cosa significhi il termine “musica”. Non riteniamo necessario riflettere sull’argomento perché pensiamo che la musica sia un divertimento spensierato, un passatempo, qualcosa che pensiamo di conoscere attraverso il nostro sentimento. E pensiamo che la musica sia un’arte riservata ai professionisti. Non è affatto così. La musica è tutt’altro che un divertimento, non è qualcosa che riguarda solo “i sentimenti”, né un prodotto commerciale. Ugualmente la musica non è affatto qualcosa di riservata agli “addetti ai lavori” Anche quanto non l’ascoltiamo, la musica è intorno a noi, dovunque. La sua inevitabile presenza dà forma a quasi ogni momento del trascorrere della nostra vita. «Musica» (google immages) Il termine Musica (Francesco Giannattasio): Designa un ambito di attività e comportamenti (la musica come particolare forma di espressione) Definisce i prodotti di tale attività (una musica o le musiche) Differenziare l’esecuzione strumentale da quella vocale (“so cantare ma non so fare musica”); Distingue la teoria e la notazione scritta dalle diverse pratiche vocali e strumentali (“nonostante non conosca la musica è un ottimo suonatore”, “non canto a ‘musica’ ma ad orecchio” ecc.) Viene usato in senso metaforico da cui emerge una coscienza diffusa di alcune prerogative attribuite all’espressione musicale (“senti che musica fanno gli uccelli” o in senso antifrastico “che musica d’inferno”) temporali (“cambia musica”, “è sempre la stessa musica”) ed estetiche (“quel che dici è musica per le mie orecchie”) Conoscere la musica significa automaticamente saper leggere la musica: ma è così? La musicalità sta soltanto nel pentagramma? CHE COS’E’ LA MUSICA? Secondo John Blacking la musica è “suono umanamente organizzato” («Humanly Organized Sound»). La musica per Blacking è legata profondamente ai sentimenti e alle esperienze dell'uomo in quanto essere sociale. Il fondamento dei processi essenziali della musica va cercato nel corpo umano e nei sistemi di interazione sociale dei corpi umani. La musica è qualcosa fatta dagli uomini usando dei suoni (da essi costruiti o arrangiati riprendendoli dalla natura) per comunicare con altri uomini sulla base di codici condivisi e per arricchire l’esperienza umana attraverso un attivo impegno (esecuzione, ascolto attento, danza eccetera). La musica esiste se c’è qualcuno che produce dei suoni (per se e per qualcun altro che ascolta) I suoni della musica non sempre sono prodotti dall’uomo, ma la musica è sempre un risultato di mediazioni umane, intenzionalità o organizzazione di suoni attraverso pratiche produttive (composizione, arrangiamento, performance, riproduzione di suoni) Per esservi musica uno o più uomini debbono organizzare dei suoni in successioni/sovrapposizioni ordinate da regole. La musica è una sistema di comunicazione fra gli uomini Come il linguaggio, la musica utilizza i suoni ma diversamente dal parlato, i suoni della musica non includono necessariamente delle parole. La musica per essere prodotta ha bisogno di gesti o movimenti umani La musica è quindi strettamente legata sia al linguaggio e ai movimenti ma è qualcosa di diverso da essi La musica è un fenomeno universale ma non lo sono le sue regole e i suoi significati: lo stesso suono (o combinazione di suoni) viene percepita e compresa diversamente a seconda delle culture. Nella definizione di musica di una società hanno uguale importanza l’intenzionalità del fare e dell’ascoltare: è infatti possibile che si ascoltino (e considerino) come “musica” delle successioni di suoni che non erano state emesse a tal fine (per esempio alcune culture considerano musicali i suoni emessi dagli uccelli). In quanto fatto di comunicazione la musica è linguaggio e pratica sociale: un linguaggio particolare che mette in moto dei processi di significazione complessi (di tipo simbolico) riferibili a dei codici condivisi e una pratica collettiva (esecutore(i)/ascoltatore(i)) che concerne degli attori sociali situati nell’insieme delle relazioni complesse che animano tutti i gruppi umani. Musica forma di comunicazione fra gli uomini che riguarda la sfera affettiva (emozionale) e/o corporea (gesti, movimenti), in cui dei suoni umanamente organizzati trasmettono modelli cognitivi (modi di pensare se stessi e il mondo) «Ogni musica è diversa dall’altra, eppure ogni musica è musica. Esiste un livello in cui è possibile parlare di musica (…) Parlare della musica in generale è parlare di ciò che significa e, più essenzialmente ancora, di come la musica funziona (o potrebbe funzionare) come portatrice di significati. Perché la musica non è solo qualcosa di piacevole da ascoltare. Al contrario, è qualcosa di profondamente radicato nella cultura umana (così come non esiste una cultura priva di un linguaggio, non ce n’è una che sia priva di musica). La musica, in un modo o nell’altro, sembra essere un fatto naturale, sembra avere un’esistenza indipendente, eppure è intrisa di valori umani, del nostro senso di cosa sia buono o cattivo, giusto o sbagliato. La musica non è una cosa che capita: è una cosa che facciamo ed è ciò che ne facciamo. La gente pensa per mezzo della musica, decide chi essere con la musica, si esprime con la musica …. Il fondamento dei processi essenziali della musica va cercato nel corpo umano e nei processi di interazione sociale fra gli individui: lo studio di chi fa la musica (music making per Blacking, intendendo parimenti produttori e ascoltatori) diviene quindi centrale per comprendere il risultato musicale in quanto frutto di pratiche sociali ed elaborazioni concettuali. In quanto forma di comunicazione, nella pratica musicale chi emette i suoni (il produttore di musica) ha pari rilievo di chi li riceve (l’ascoltatore): quest’ultimo non è un semplice ricettore ma interagisce con il primo, il quale, a sua volta ne riceve indicazioni di feedback. Scrive tra l’altro Blacking (1986, p. 24-25) «Ero stato educato a considerare la musica come un sistema di organizzazione dei suoni, in cui un insieme complesso di regole ed una gamma via via crescente di strutture sonore consentite erano state inventate e sviluppate dagli Europei, che si davano per dotati di un'eccezionale capacità musicale […]. Avevo acquisito un repertorio di tecniche compositive ed esecutive e un insieme di valori musicali [in realtà] indotti dal mio ambiente sociale e culturale allo stesso modo in cui il gusto e le abilità di un Venda derivano dalle convinzioni della sua società. […] I Venda mi hanno insegnato che la musica non può essere cosa a sé stante e che tutta la musica è musica popolare [originale: folk music – nell’accezione dell’aggettivo in inglese] nel senso che non può essere trasmessa o avere significati al di fuori dei rapporti sociali. […] sono certo che un approccio antropologico verso tutti i sistemi musicali sarebbe molto più efficace ai fini di una loro comprensione, di un’analisi delle strutture sonore prese come entità a sé stanti» L’esecuzione si situa nella comunità ed è parte e terreno di una cultura perché è il popolo che produce le tradizioni che costituiscono la cultura. La comunità paga per e sostiene la musica, sia in modo diretto con denaro, sia in modo indiretto permettendo agli esecutori di vivere come musicisti. Il sostegno della comunità influenza la direzione futura della musica. Quando la musica diventa un prodotto dei mass media allora la confezione, il marketing e la pubblicità diventano essenziali per il successo dei musicisti come se si trattasse di un profumo. Il modo in cui la comunità si relaziona con quanti fanno musica ha un profondo effetto su questa. Nelle culture musicali tradizionali gli esecutori provengono dalla comunità: ciascuno li conosce bene e la comunicazione avviene in maniera personale. All’altro capo di questa gamma di situazioni si trova la star della cultura musicale post industriale che difende la propria vita privata, si esibisce da un palcoscenico rialzato, è una voce senza corpo che proviene da una macchina e rimane misteriosa per il pubblico. Il modo in cui la comunità si relaziona con gli esecutori è un altro importante aspetto dell’esecuzione.