Dalla Versilia allo Stretto di Messina Marco Maiola Sarà perché sono del cancro con ascendente cancro o, forse, sarà una sorta di ritorno al senso di ancestralità di cui è portatore l’acqua ma, quando mi immergo nel mare, mi sembra di ritornare a casa. Non ho una grande memoria della mia infanzia ma ho un ricordo, chiaro e distinto, delle nuotate che da bambini facevamo con mio padre. Le nostre vacanze, estive e non, le passavamo in Versilia dove, ancora oggi, vivono una parte dei parenti toscani di mia madre. Erano gli anni 60 e quelle erano ancora spiagge di una bellezza particolare. Mare di colore verde bottiglia e sabbia tendente al grigio a ricordare le montagne ricche di marmo sullo sfondo e le alpi Apuane che, mentre nuotavi al largo, ti sembrava di poter toccare allungando la mano. Le barche a motore erano poche e anche i motoscafi sfrecciavano lontani dalla riva. Le boe, infatti, erano collocate a 500 metri dalla battigia. Il rituale prevedeva: andata e ritorno dalle boe per due volte al giorno, una al mattino ed una al pomeriggio. Non una grande distanza ma, da bambino, mi sembrava ragguardevole ed impegnativa. In quegli anni ho imparato la calma. Ho imparato a non avere fretta e a non farmi prendere dallo sconforto e dal timore per la distanza dalla riva oppure per la profondità o per l’oscurità dell’acqua sotto ai miei piedi. Ho imparato che il mare va sentito, accompagnato e seguito. Ho imparato che il mare è un essere vivente che aderisce al tuo corpo e che ti trasmette infinite sensazioni, talvolta anche molto diverse e in contrasto tra di loro. Ho sentito il mare nuotando nelle sue acque calme e conosciuto la sua forza rotolando a gambe all’aria nella schiuma delle onde. Ho imparato a sfruttare la sua energia e le sue correnti usando il mio corpo come tavola da surf e facendomi trascinare per decine di metri. Da queste parti le chiamano “zighellate” e, da ragazzi, eravamo soliti gareggiare per vedere chi, tra di noi, riusciva ad arrivare più vicino alla riva sfruttando l’onda che arrivava. Sono felice di aver avuto la possibilità di condividere, tutte queste sensazioni, anche con i miei due figli, Federico ed Alessandro. Non ho un fisico da nuotatore, ma nuotare è il gesto per me più naturale e non mi costa particolare fatica. Amo il respiro regolare che accompagna le bracciate e lo scorrere dei pensieri che diventa una sorta di meditazione dinamica ed itinerante. Non sono particolarmente veloce, nuoto circa 3 km in un’ora, ma posso andare avanti per due o tre ore senza grossi problemi di resistenza o di fiato. Stare nell’acqua è per me una gioia, un ritorno e, ancora oggi, in qualunque località di mare io mi possa trovare, non posso resistere al desiderio di svolgere un mio piccolo rituale: toccare l’acqua, bagnarmi il viso e sentire il sapore del sale sulle labbra. Negli anni mi era già capitato di nuotare per alcuni chilometri di seguito, ma questa volta volevo fare qualche cosa di un po’ più eclatante… qualche cosa da ricordare. In Italia è facile trovare diverse gare classiche di nuoto libero. Ci sono infatti, per esempio, varie traversate che si svolgono nei laghi della Lombardia ma, nel mio immaginario, la faceva da padrone la traversata dello Stretto di Messina. Per ogni tipo di iniziativa sportiva, tra i miei amici alquanto eclettici, riesco a trovare sempre la persona adatta per avere contatti ed informazioni. Ed è così che Valerio mi ha messo in contatto con Mary Lokken, una ex agonista della California che, dal 2004, organizza gare amatoriali di nuoto libero e, in particolar modo, la traversata dello stretto di Messina. E così, come per magia, con Valerio ed Andrea e un’altra trentina di partecipanti, ci siamo ritrovati nel luglio del 2007 in un albergo di Scilla. Faccio volentieri riferimento al sito www.colapisci.it “L'uomo che diventa pesce per necessità o per scelta”: Lo stretto di Messina è caratterizzato da un notevole movimento di correnti, sia dovuto alla scambio di acqua tra Jonio e Tirreno che allo scambio tra acque superficiali ed acque profonde, determinato dalla particolare conformazione dei suoi fondali. Le masse d'acqua in movimento superano i 700.000 mc al secondo e possono raggiungere una velocità massima anche di 20 km/h, specie in prossimità della confluenza tra Tirreno e Jonio. Le correnti sono dovute alle fasi lunari, ma il loro movimento è alquanto complesso. Mentre a nord, per esempio, può esserci un flusso verso sud (corrente scendente), nella parte meridionale possiamo incontrare contemporaneamente un flusso contrario verso nord (corrente montante). A complicare le cose si può aggiungere una corrente superficiale in una direzione e, nelle acque più profonde, un flusso nella direzione contraria o, ancora, che ad una corrente scendente al largo si contrapponga una corrente montante lungo la costa (tagli, scale di mare). Infine, specie in prossimità dei promontori, che vi sia una corrente che porta verso riva e, a fianco di questa, una corrente che porta verso il largo. Insomma, una sorta di flipper marino!! Nel pomeriggio decidiamo di fare un breve allenamento. Immergersi in quelle acque ha un fascino tutto particolare. Le correnti e le diverse profondità dei fondali, che vanno dai 200 ai 2.000 metri, rendono possibili variazioni infinite nella tonalità dei colori e nelle sfumature di blu. La distanza da percorrere è relativamente modesta: 3.5 km circa, ma le correnti possono rendere questa stessa distanza una facile e poco impegnativa nuotata, oppure, un mare impossibile da attraversare. Dalla nostra parte però abbiamo un’arma segreta: Giovanni Fiannacca, “il barcaiolo”, in realtà grande conoscitore dello stretto e dei suoi segreti e fantastico nuotatore. Per anni il record della traversata è stato suo. Decidiamo di nuotare un po’ più al largo per saggiare le condizioni del “terreno” in vista della gara di domani e incappiamo in una corrente abbastanza intensa. Incredibile!! A favore vai come un missile e se invece nuoti controcorrente rimani fermo come un sasso e, per di più, facendo una fatica notevole per non arretrare. Per questo motivo e per agevolare la nostra piccola impresa, la direzione della nostra traversata sarà dalla Sicilia verso la Calabria e la partenza fissata per le ore 8.30, finestra temporale migliore per evitare correnti sfavorevoli. Passiamo la serata in grande allegria con tutti gli altri partecipanti. Amo il clima che si respira in queste tribù allargate del mondo dello sport. Dormo in camera con Andrea e ci svegliamo all’alba. Una buona colazione, prepariamo gli indumenti per la traversata e via in pullman destinazione Reggio Calabria. Una volta sbarcati in Sicilia raggiungiamo finalmente la spiaggia del nostro start sulla costa messinese. La temperatura dell’acqua è gradevole ma ci sono molte meduse. Decido comunque di non mettere la muta. Mi piace il contatto dell’acqua con il corpo. Opto quindi per una scelta intermedia: maglia aderente della O’ Neill e pantaloncini sopra al ginocchio da runner. Andrea, ampio costume improbabile a fiori che ne rallenterà non poco la nuotata! Ormai, con lui, non mi stupisco più di nulla. Valerio non ricordo bene, ma le sue scelte tecniche si rivelano spesso le migliori. Al nostro seguito, una decina di barche d’appoggio, una di soccorso, due imbarcazioni della capitaneria di porto e capitan Fiannacca. Si parte!! Con i nostri palloni di segnalazione colorati sembriamo dei paguri variopinti che, in tutta furia, corrono verso l’acqua per ritornare, il più rapidamente possibile, nel loro elemento naturale. Siamo tutti in gruppo. Le prime bracciate sono un po’ caotiche ma, dopo poco, mi ritrovo immerso in un blu stupendo e meraviglioso. Il ritmo è regolare così come il respiro e comincio a diventare un tutt’uno con l’elemento che mi avvolge, mi sostiene e mi accetta al suo interno. La bracciata è lunga e mi sembra di scivolare. Si, sto andando proprio bene ed è così che me lo aspettavo. La trasparenza dell’acqua in superficie mi permette di evitare, con grande facilità, le meduse in traiettoria e si accompagna al colore nero cupo del fondale, ormai invisibile agli occhi. Nuoto per un breve tratto a rana per recuperare con lo sguardo i miei due amici. Valerio è qualche metro davanti a me, ma non vedo Andrea. Levo gli occhialini, mi giro indietro e lo ritrovo già distante dal gruppo. Insieme ad un amico di Taormina, alla sua quinta traversata, decidiamo di tornare a prenderlo per sincerarci che tutto sia sotto controllo. “Mi entra l’acqua negli occhialini e non vedo nulla e il costume mi fa troppa resistenza!!” Questo è Andrea! Una sorta di medusona galleggiante con il suo costume largo a fiori e, cosa strana, non mi stupisco ormai più del suo modo originale e molto personale di vivere lo sport… e la vita. Decidiamo di procedere tutti e tre insieme per il resto della traversata. Non ci sono correnti contrarie al nostro senso di marcia, ma neanche favorevoli. Il mare è praticamente calmo e, solo ogni tanto, incontriamo qualche corrente trasversale che ci sposta dalla linea ideale di nuoto. Ecco la riva! Ormai siamo a circa a 200 metri e decidiamo di fare un ultimo forcing finale. Arriviamo circa una decina di minuti dietro al gruppo più numeroso che ha percorso la traversata in un’ora circa. Poco importa. Non volevo tornare da questa esperienza raccontando un tempo cronometrico ma, bensì, con un sentire e con sensazioni da ricordare… e questo è stato! Mi mancano quelle acque e quei colori e, ogni volta che entro in piscina per allenarmi, sento il distacco e la sterilità energetica di quell’acqua trattata chimicamente e versata in un contenitore inerte e immagino, anche se non l’ho mai provato, che sia un po’ come fare l’amore con una bambola gonfiabile ;-) pensando che possa essere, in qualche modo, un surrogato di tutto quello che una donna rappresenta nel suo corpo e, ancor di più, nel suo sentire e nella sua anima. Amo il mare e amo giocare tra le sue onde… Marco