A APPROFONDIMENTO Breve storia geologica del territorio italiano 1 Antefatto Alla fine del Paleozoico, 250 milioni di anni fa, i continenti erano raggruppati nella Pangea. Se esaminiamo una ricostruzione del supercontinente che tenga conto dei continenti attuali (figura 1), possiamo distinguervi molti aspetti familiari. Per esempio, possiamo individuare l’Africa, l’Europa centrale e settentrionale, l’Australia e le Americhe. Fra il grande blocco meridionale delle terre di Gondwana e il blocco settentrionale della Laurasia, in posizione approssimativamente equatoriale, si trovava un ampio golfo, dalla cui successiva apertura si sarebbe originato l’Oceano Tetide. Il golfo, denominato Paleotetide, era situato in una posizione analoga a quella del Mare Mediterraneo, a separare i continenti meridionali da quelli settentrionali. Se cercassimo, però, parti del territorio italiano, rimarremmo delusi, poiché non ne troveremmo traccia. Potremmo chiederci dove si trovavano allora le rocce che oggi formano il territorio italiano. Se, per pura ipotesi, potessimo risalire nel tempo e seguire a ritroso la storia di ogni parte dell’attuale regione italiana, otterremmo una risposta CRIMEA FRANCIA Sardegna T E T I D E TUNISIA • una fase di distensione crostale, che determinò l’apertura e l’estensione dell’Oceano Tetide, con la propaggine occidentale dell’Oceano Ligure-Piemontese; • una fase compressiva, che condusse alla scomparsa dell’Oceano Tetide e dell’Oceano LigurePiemontese, alla compressione dei materiali sedimentari depositati sui margini continentali e alla formazione della catena alpina; •una nuova fase di distensione crostale, che portò alla separazione del Blocco Sardo-Corso dall’Europa e avviò la formazione della catena appenninica; GERMANIA S PA G N A sorprendente. Troveremmo, infatti, queste parti sparse sui margini meridionali e settentrionali del Golfo della Paleotetide, in corrispondenza di aree che oggi fanno parte del continente africano e di quello europeo. Una porzione non trascurabile formerebbe un blocco compatto sulle sponde meridionali del continente europeo. Una piccola parte si troverebbe dispersa in soluzione nei mari e una parte ancora più piccola farebbe ancora parte delle rocce del mantello. Gli eventi avvenuti nell’area inizialmente occupata dal Golfo della Paleotetide che hanno condotto, nell’arco di 250 milioni di anni fa, dalla situazione appena descritta alla formazione della regione italiana così come la conosciamo, possono essere raggruppati in quattro momenti principali: • una ulteriore e più recente fase di distensione crostale, caratterizzata dall’apertura del Mare Tirreno e dal completamento dell’orogenesi appenninica. Puglia Sicilia LIBIA EGITTO Terre emerse Bassi fondali, lagune, piane di marea Bacini evaporitici ARABIA Bracci di mare profondo Oceano (crosta oceanica) SOMALIA Fantini, Monesi, Piazzini - La Terra FIGURA 1 Durante il Triassico la regione che comprendeva il margine settentrionale della placca Africana e il margine meridionale della placca Euroasiatica era caratterizzata dalla presenza del Golfo della Tetide. Della futura Italia erano presenti solo alcuni frammenti, in gran parte situati sulle piattaforme continentali ricoperte da un mare caldo e poco profondo. Verso oriente si apriva il golfo oceanico della Tetide, il cui fondale andava in subduzione sotto la placca Euroasiatica. e il paesaggio - Dinamiche della geosfera • Italo Bovolenta editore - 2012 1 A APPROFONDIMENTO 2 Prima fase: dal Golfo della Paleotetide all’Oceano Tetide La Pangea cominciò a frammentarsi circa 200 milioni di anni fa, tra la fine del Triassico e l’inizio del Giurassico. Iniziarono a formarsi ampi sistemi di faglie normali, che rivelavano il procedere di vasti fenomeni di distensione crostale. Si trattò con ogni probabilità di fenomeni simili a quelli che oggi interessano la grande rift valley che corre da nord a sud lungo l’Africa orientale. Di lì a poco avrebbero cominciato a separarsi i blocchi crostali che si sarebbero allontanati sempre più l’uno dall’altro. In conseguenza dei fenomeni distensivi, le zone costiere della Paleotetide furono invase dal mare e finirono sommerse da un’ampia trasgressione. Margine continentale � � ADRIA � Margine continentale � Oceano Ligure-Piemontese Crosta oceanica � FIGURA 2 Il collegamento tra i bacini dell’Oceano Atlantico e dell’Oceano Ligure-Piemontese fu prodotto da una serie di grandi fratture localizzate lungo l’attuale costa settentrionale dell’Africa. A oriente dell’Oceano Ligure-Piemontese si trovava il promontorio di Adria, il cui margine occidentale avrebbe dato poi origine a gran parte dell’attuale territorio italiano. Ancora più a oriente si estendeva l’Oceano Tetide. Prisma sedimentario europeo Crosta continentale europea Oceano Tetide Dorsale Crosta oceanica Prisma sedimentario africano Crosta continentale africana Mantello FIGURA 3 Ricostruzione dell’Oceano Tetide al momento della sua massima espansione, nel periodo Giurassico. La zona centrale dell’oceano è percorsa da una dorsale, mentre lungo le coste africane ed europee si accumulano i primi sedimenti. Fantini, Monesi, Piazzini - La Terra Man mano che la distensione crostale provocava l’allontanamento fra le coste settentrionali dell’antico golfo, la crosta nella zona centrale del bacino si assottigliava sempre di più. Intorno a 170 milioni di anni fa il fondale cominciò a fessurarsi e iniziarono a fuoruscire lave basaltiche. Si formò una dorsale oceanica che si estendeva in direzione est-ovest; il Golfo della Tetide si era ormai trasformato nell’Oceano Tetide, interposto tra Africa ed Eurasia. A occidente della Tetide iniziava in quello stesso periodo ad aprirsi l’Oceano Atlantico settentrionale. Fra i due grandi bacini oceanici si trovavano interposti bacini minori, anche essi caratterizzati dalla presenza di dorsali oceaniche, che li mettevano in comunicazione. La presenza di crosta oceanica anche in questi piccoli oceani testimonia un generale andamento distensivo e trascorrente dei fenomeni crostali in tutta l’area interposta fra placca Africana e placca Europea. L’Oceano Ligure-Piemontese era un piccolo bacino oceanico con orientazione sudovest-nordest, che separava l’Europa e l’Iberia dall’Adria, una propaggine settentrionale della placca Africana (figura 2). Una porzione consistente del territorio italiano sarebbe emersa dal fondale di questo piccolo oceano. Sui continenti l’erosione procedeva e i sedimenti, trasportati in mare dai corsi d’acqua, si depositavano sugli antichi margini di scarpata. Questi sedimenti si accumularono per spessori anche di migliaia di metri. Le massicce successioni sedimentarie che si formarono sul margine settentrionale del continente africano e sul margine meridionale del continente europeo prendono il nome, rispettivamente, di prisma sedimentario africano e di prisma sedimentario europeo (figura 3). L’Oceano Ligure-Piemontese e l’Oceano Tetide erano bacini posti a latitudini tropicali. Nelle loro acque calde prosperavano organismi costruttori, come coralli, madrepore e rudiste. Lungo le coste si svilupparono barriere coralline, al riparo delle quali si estendevano ampie lagune costiere, dalle acque calde e poco profonde. In questi ambienti si andavano accumulando sedimenti calcarei, derivati prevalentemente dall’attività degli organismi. Nelle zone più profonde interposte tra le barriere coralline prevaleva invece l’apporto di sedimenti di origine continentale, spesso di natura silicatica. A distanza maggiore dalla costa l’accumulo dei sedimenti era più modesto. Sui fondali più profondi giungevano solo sedimenti molto fini, argilla e silt, che si depositavano insieme ai microscopici gusci degli organismi planctonici di mare aperto. e il paesaggio - Dinamiche della geosfera • Italo Bovolenta editore - 2012 2 A APPROFONDIMENTO 3 Seconda fase: la scomparsa della Tetide e l’orogenesi alpina Circa 100 milioni di anni fa la frammentazione della Pangea era quasi completata. In quel periodo il Sudamerica iniziò ad allontanarsi dall’Africa. L’apertura dell’Atlantico meridionale, causata da una cella convettiva che si era attivata nel mantello sottostante il grande continente meridionale, determinò un radicale cambiamento nella direzione di movimento dell’Africa. Se fino ad allora il continente africano aveva subito l’espansione della Tetide e si era allontanato dalla placca Europea verso sud, la nuova e più potente spinta lo rimise in movimento verso nord. Questo evento segnò non solo l’arresto dell’espansione della Tetide, ma anche l’inizio del processo che avrebbe portato alla sua scomparsa. L’imponente spostamento verso nord del continente africano avveniva alla velocità di pochi centimetri l’anno, ma la compressione della Tetide era avviata in modo inesorabile. Le conseguenze del movimento dell’Africa possono essere paragonate all’azione di una gigantesca ruspa. Nell’arco di 40 milioni di anni un fronte esteso per migliaia di kilometri si spostò verso nord di circa 1000 km, raschiando e comprimendo tutto ciò che trovava di fronte a sé. Lo spostamento dell’Africa era ostacolato solo dall’imponente mole del continente eurasiatico. Tra i due colossi continentali si trovava interposta la sottile crosta oceanica della Tetide e dell’Oceano Ligure-Piemontese. La conseguenza fu che la densa ma sottile crosta oceanica andò in subduzione sotto quella continentale. Contorto e frantumato, il fondale oceanico fu subdotto e riciclato nell’astenosfera. Solo pochi frammenti di crosta oceanica, le ofioliti, casualmente rimasti intrappolati nello spessore dei prismi sedimentari, si sono conservati a testimonianza dell’antico oceano, ormai perduto. Le ofioliti sono formazioni caratterizzate dalla sequenza di sedimenti oceanici, basalto e gabbro FIGURA 4 Questo sperone roccioso, che si trova nell’Appennino Emiliano in provincia di Bologna, è una rupe ofiolitica che emerge dal circostante paesaggio argilloso e facilmente erodibile. Fantini, Monesi, Piazzini - La Terra tipica della crosta oceanica, che sono rinvenute nelle catene montuose (figura 4). Si tratta di tutto ciò che rimane degli antichi fondali oceanici dopo che la subduzione ebbe cancellato gran parte dell’antica crosta. Le ofioliti presenti nella maggior parte delle catene montuose dell’area mediterranea rappresentano i relitti dei bacini oceanici che si richiusero durante la fase di convergenza succeduta all’apertura dell’Oceano Atlantico meridionale. In particolare, le ofioliti che si trovano nell’Appennino settentrionale e nelle Alpi occidentali documentano l’antica presenza dell’Oceano Ligure-Piemontese. I materiali dei prismi sedimentari furono sospinti sopra le antiche rocce continentali magmatiche e metamorfiche, che a loro volta si fratturavano e si accumulavano a formare gigantesche pile. Le grandi fratture e le linee di debolezza crostale consentirono a grandi masse magmatiche di aprirsi la via verso la superficie dalle zone profonde della crosta. La sovrapposizione delle falde dovuta alla compressione causò un aumento dello spessore crostale, con conseguente innalzamento per equilibrio isostatico. Fu in questo modo che si originarono le grandi catene montuose che bordano il lato meridionale dell’Europa: Pirenei, Alpi, Carpazi. 4 L’origine delle Alpi e degli Appennini Le catene montuose presenti nel territorio italiano, le Alpi e gli Appennini, sono disposte con orientamento assai diverso, lungo due direttrici quasi perpendicolari tra loro (figura 5). Con una descrizione un po’ grossolana, potremmo affermare che una direttrice è orientata verso nord, l’altra verso est. Questi dati possono essere interpretati ipotizzando che si siano succeduti due distinti eventi orogenetici. Nel corso del primo processo, il corrugamento alpino, il prisma sedimentario europeo fu schiacciato, corrugato e rigettato verso la crosta continentale europea. Nel corso del secondo processo, il corrugamento appenninico, il prisma sedimentario africano fu sospinto verso la crosta continentale africana, in particolare verso l’Adria. L’arco alpino ebbe origine a partire da circa 60 milioni di anni fa. Nelle rocce del prisma sedimentario europeo rimasero incuneati alcuni frammenti della crosta oceanica subdotta. Le falde di ricoprimento furono sospinte verso l’avampaese europeo a nord. Davanti alle falde in avanzamento, fra il fronte del corrugamento e l’avampaese, si formò un lungo solco parallelo al fronte delle falde, una sinclinale dovuta ai fenomeni compressivi. Questo solco prende il nome di avanfossa; l’avanfossa del corrugamento alpino è chiamata e il paesaggio - Dinamiche della geosfera • Italo Bovolenta editore - 2012 3 A APPROFONDIMENTO bacino della molassa, dal nome della roccia sedimentaria che lo ha colmato. L’origine dell’Appennino si può far risalire agli accavallamenti del prisma sedimentario africano che si verificarono a partire da 25 milioni di anni fa. Le caratteristiche di questo secondo processo orogenetico indicano che le falde iniziarono a sovrascorrere contro un ostacolo disposto all’incirca in direzione nord-sud, più o meno in corrispondenza dell’attuale Mare Adriatico. Appare probabile che l’avampaese verso cui si riversarono i prismi sedimentari africani fosse costituito da una propaggine settentrionale del continente africano, una sorta di promontorio africano. Questa propaggine è indicata col termine Adria ed è a volte considerata una piccola placca, la placca Adriatica. Il sistema orogenetico alpino e quello appenninico sono saldati lungo una sorta di cicatrice geologica chiamata Linea Insubrica. A nord di questa linea, formata da una serie di faglie che si estendono dal Piemonte fino all’Ungheria, le catene montuose sono formate da rocce appartenenti al prisma sedimentario europeo. A sud della linea insubrica i corrugamenti, che prendono il nome di Alpi meridionali, sono invece costituiti dalle rocce del prisma sedimentario africano. In alcune aree le falde di ricoprimento originate dai depositi del margine africano, deformatisi successivamente a quelli europei, sono sovrascorse verso nord, oltre la Linea Insubrica e al di sopra delle falde alpine. In seguito all’erosione, in due zone sono affiorate le falde di origine europea sottostanti: si tratta delle finestre tettoniche degli Alti Tauri e dell’Engadina. Localmente, piccoli lembi di falda, provenienti dal prisma sedimentario o dalla crosta continentale africani, sovrascorsero sulle falde alpine in forma di blocchi isolati. Per esempio, il Monte Cervino è costituito da un frammento di crosta africana sovrascorsa sulle falde europee. EURASIA Bacino della molassa Finestre tettoniche Linea Insubrica Bacino tirrenico Bacino algero-provenzale Bacino dell’Egeo Placca euroasiatica Corrugamenti e falde di ricoprimento originati dal prisma sedimentario europeo Crosta oceanica Placca africana Corrugamenti e falde di ricoprimento originati dal prisma sedimentario africano Movimento relativo dell’area Fantini, Monesi, Piazzini - La Terra FIGURA 5 Schema delle principali strutture tettoniche che si sono originate nell’area del Mediterraneo dalla collisione tra le placche eurasiatica e africana. I confini tra le strutture sono facilmente individuabili sulle terre emerse, ma sono per lo più ipotetici sui fondali marini. Il mare Adriatico e una parte dei territori circostanti rappresentano probabilmente ciò che rimane di del «promontorio chiamato Adria»; questa struttura è ora in parte ricoperta dall’accumulo dei sedimenti del prisma africano, che vi sovrascorsero da ovest verso est per dare origine alla catena dell’Appennino. Il sovrascorrimento dei sedimenti del prisma africano ha interessato anche aree precedentemente ricoperte dai sedimenti del prisma europeo, a nord della Linea Insubrica. Le finestre tettoniche dell’Engadina e degli Alti Tauri si aprono là dove l’erosione ha asportato il ricoprimento dei sedimenti del prisma africano e ha messo in luce i più antichi sedimenti del prisma europeo. Il bacino algeroprovenzale e il bacino tirrenico sono derivati da due successivi fenomeni di distensione crostale; il bacino dell’Egeo si è originato dal sottoscorrimento di una parte della placca africana al di sotto della regione ellenica. AFRICA e il paesaggio - Dinamiche della geosfera • Italo Bovolenta editore - 2012 4 A FIGURA 6 Situate originariamente nei pressi della Provenza e della Catalogna, la Sardegna e la Corsica hanno subito un movimento roto-traslatorio, a partire da circa 28÷30 milioni di anni fa, nell’Oligocene superiore, per raggiungere la loro posizione attuale 16÷18 milioni di anni fa, durante il Miocene inferiore. APPROFONDIMENTO 5 Terza fase: l’origine della Sardegna e della Corsica 6 Quarta fase: la formazione del Tirreno A partire da circa 30 milioni di anni fa un nuovo fenomeno venne a complicare il panorama geologico della già tormentata area mediterranea. La parte sudoccidentale del continente europeo fu interessata da una distensione della crosta che produsse profonde fratture. Si formarono due valli di sprofondamento strette e allungate, nelle quali oggi scorrono i fiumi Reno e Rodano. Più a sud la distensione fu ancora più ampia e portò al distacco del blocco sardo-corso, un frammento litosferico separatosi dalla parte meridionale del continente europeo. Questa microplacca oggi comprende la Corsica e la Sardegna. Il blocco sardo-corso iniziò a ruotare in senso antiorario, con un moto che faceva perno nel Golfo Ligure. Alle spalle del blocco sardo-corso si apriva un nuovo bacino oceanico, il bacino algero-provenzale. La rotazione verso sudest del blocco sardo-corso produsse due importanti conseguenze. La prima fu l’intensa attività vulcanica di tipo esplosivo che interessò la Sardegna, dovuta alla subduzione del margine di Adria sotto il blocco sardo-corso. La seconda conseguenza fu una compressione verso est dei materiali del prisma sedimentario africano accumulati sul margine occidentale di Adria. Si generò un nuovo sistema orogenetico, che avrebbe presto portato alla formazione della catena appenninica (figura 6). A i lp i al meri dion Fro nt e att uale A p p e n n in i Fantini, Monesi, Piazzini - La Terra li zale g Ap ert ura del alg er o -pr ov e n i ancestrali ennin alpina Catena i no de App Ba c Fra 8 e 7 milioni di anni fa l’inquieta area del Mediterraneo occidentale fu teatro di un nuovo processo di espansione crostale, tuttora in corso di svolgimento. Questa volta, lo stiramento e la fratturazione della crosta interessarono l’area a est del blocco sardo-corso. La nuova distensione crostale portò alla formazione del bacino del Mar Tirreno. Questo bacino è a tutti gli effetti un minuscolo oceano, il cui fondale è costituito da effusioni basaltiche ed è tuttora in rapida espansione verso oriente. La formazione del Tirreno comportò un rilevante spostamento verso est del Massiccio CalabroPeloritano. Questo massiccio, geograficamente in continuità con l’Appennino meridionale, ha costituzione simile a quella del Blocco Sardo-Corso. Anche il Massiccio Calabro-Peloritano ebbe origine dalla frammentazione del margine meridionale del continente europeo. Per spiegarne l’attuale posizione occorre supporre che il Massiccio Calabro-Peloritano sia stato interessato da una doppia spinta verso oriente: la prima dovuta all’apertura del bacino algero-provenzale, la seconda all’apertura del Mar Tirreno. 7 Gli ultimi ritocchi L’apertura e la veloce espansione del Tirreno ebbero ripercussioni in tutta l’area mediterranea occidentale. Circa 6 milioni di anni fa il bacino del Mare Mediterraneo perse il contatto con l’Oceano Atlantico per la chiusura dello Stretto di Gibilterra e iniziò a prosciugarsi. Si formarono imponenti depositi evaporitici, ancora presenti nei fondali del Mediterraneo e in molte aree oggi emersi a causa del corrugamento della catena appenninica. La storia degli ultimi 4 milioni di anni è caratterizzata dalla completa emersione della dorsale appenninica e dal modellamento del territorio italiano da parte degli agenti esogeni, in particolare dall’azione dei ghiacci durante le fasi glaciali. L’erosione delle giovani catene montuose delle Alpi e degli Appennini fornì una grande quantità di sedimenti, che si accumularono nella Pianura Padana e nelle pianure minori, lungo le valli e le coste della penisola. Un’intensa attività vulcanica, in parte ancora perdurante, interessò l’area tirrenica. L’andamento parallelo alla costa degli apparati vulcanici, dal Monte Amiata al distretto laziale, alle isole pontine, al Vesuvio, al Monte Vulture, fino alle Isole Eolie, all’Etna e a Linosa è simile a un arco magmatico. Questo dato, unito alle caratteristiche prevalenti delle lave eruttate, fa pensare che l’attività vulcanica possa essere connessa a fenomeni di subduzione legati all’espansione del Tirreno. e il paesaggio - Dinamiche della geosfera • Italo Bovolenta editore - 2012 5