Modelli contemporanei dell`opinione pubblica

Public Opinions
Theoretical traditions and empirical forms of contemporary public opinion
Mauro Barisione (Università degli Studi di Milano)
Abstract
Public opinion is a central concept in political sociology, since it represents the main
informal route to democratic legitimacy, both through the social processes of
consensus building, and the exercise of a critical function – of an informal but
politically influential counter-power. Various competing perspectives on the concept
of public opinion have successively emerged since the eighteenth century. However,
none of these were discarded once for all, or, conversely, supplanted the others. In
the categorisation proposed in this paper, these concurrent perspectives define public
opinion, respectively, as: (a) Social court, (b) Public discussion, (c) Collective action,
(d) Majority opinion, (e) Public emotion, (f) Multidimensional process. In order to
disentangle this enduring theoretical ambiguity, the second part of this article
presents a typology of the main contemporary forms of expression of public opinion:
(1) Collective attitude, (2) Aggregate opinion, (3) Current of opinion, (4) Movement
of opinion. Each of these theoretical and research-oriented types of public opinion
combines different elements of the previous perspectives, and identifies various
processes that tend to coexist in the contemporary public sphere. Each type is defined
on the basis of a different combination of the following criteria: stages of public
thematisation; levels of “processuality”; types of publics involved; principles of
effectiveness; political function; related theoretical concepts; main research
instruments and techniques. An inclusive definition for the four types will complete
this attempt at a sociological re-conceptualization of the contemporary forms of
public opinion.
Keywords: Public Opinion Theory and Research; Democratic Legitimacy; Political
Participation and Representation; Media and the Public Sphere.
1
In pubblicazione per Rassegna Italiana di Sociologia (2011) vol. 4.
Opinioni pubbliche. Tradizioni teoriche e forme empiriche dell’opinione
pubblica contemporanea
di Mauro Barisione (Università degli Studi di Milano)
L’opinione pubblica è uno snodo centrale nei processi di democrazia ‘reale’,
in quanto rappresenta la principale via, prevalentemente informale, alla legittimità
democratica (Urbinati 2009), tanto attraverso i processi sociali di formazione del
consenso, quanto attraverso l’esercizio di una funzione critica, di controllo e di
contropotere – o di potere informale ma politicamente influente (Habermas 1996).
A fronte di una tale rilevanza sociale e politica, il fenomeno dell’opinione
pubblica continua a essere oggetto di una grave indeterminatezza teorica e ambiguità
concettuale, che lo lasciano fluttuare in uno spazio semantico definito da due limiti
estremi e contrapposti: da una parte, un’entità astratta e inafferrabile, come una sorta
di ‘Spirito santo’ (Key 1961), o di ‘Araba fenice’; dall’altra, una semplice
articolazione delle percentuali ricavate dai sondaggi d’opinione.
L’obiettivo che si persegue in questo articolo è duplice: in una prima parte, si
cercherà di ricostruire il vasto campo di significati che storicamente sono stati
attribuiti al concetto di opinione pubblica, identificando un certo numero di tradizioni
teoriche concorrenti dalle quali possono essere mutuate chiavi interpretative e
categorie d’analisi che siano applicabili allo studio dei processi d’opinione
contemporanei. Nella seconda parte, si proporrà una tipologia che schematizza le
principali forme d’espressione dell’opinione pubblica contemporanea: (1)
Atteggiamento collettivo; (2) Opinione aggregata; (3) Corrente d’opinione; (4)
Movimento d’opinione. Combinando in varia misura diversi elementi delle tradizioni
teoriche esaminate, queste forme espressive saranno illustrate sulla base di un’ampia
serie di proprietà teoriche ed empiriche.
Questo tentativo di concettualizzazione sociologica delle forme
contemporanee dell’opinione pubblica intende proporre un quadro teorico che sia
utilizzabile per la ricerca empirica e per l’analisi dei processi d’opinione in una sfera
pubblica oggi ‘pluralizzata’ (Privitera 2001) e ‘multi-livello’ (Keane 2000), data cioè
dall’insieme di quegli spazi comunicativi in continua ristrutturazione che connettono
le società civile e i sistemi politici a livello non solo nazionale, ma anche locale,
regionale, transnazionale e globale.
1. Una classificazione delle tradizioni teoriche concorrenti sull’opinione pubblica
Varie accezioni concorrenti dell’opinione pubblica si sono affiancate nelle
società occidentali a partire dal XVIII secolo. Ciascuna di queste può essere
articolata in una vera e propria tradizione teorica caratterizzata da un’interpretazione
peculiare di ciò che si deve intendere per ‘opinione pubblica’. Senza che sia possibile
individuare un percorso storico lineare nel consolidamento successivo di queste
diverse prospettive teoriche, il successo più o meno contingente di ciascuna di esse
riflette tuttavia importanti trasformazioni d’ordine sociale (modernizzazione
2
dell’economia e dello Stato, costituzione di una sfera pubblica relativamente
autonoma, processi di razionalizzazione e di individualizzazione), politico
(inclusione delle masse popolari nella partecipazione politica formale e informale,
ascesa e declino dei partiti come organi di intermediazione e rappresentanza) e
tecnologico (affermazione successiva della stampa, dei sondaggi, della televisione,
dei nuovi media) che ne hanno segnato lo sviluppo. Ciascuno di questi punti sarà
ripreso e sviluppato nelle parti che seguono.
La prima proposta classificatoria di questo articolo consiste
nell’identificazione di sei tradizioni, o prospettive teoriche, concorrenti, ciascuna di
queste fondata su una diversa accezione dell’opinione pubblica, che viene intesa
rispettivamente come: (a) Tribunale sociale; (b) Pubblica discussione; (c) Azione
collettiva; (d) Opinione maggioritaria; (e) Emozione pubblica; (f) Processo
multidimensionale. Qui di seguito si presenterà e si tenterà di giustificare la
pertinenza di questa classificazione, delineando per ciascuna di queste prospettive le
principali proprietà teoriche e i fondamentali riferimenti sociologici e filosofici su cui
si fondano.
Tab. 1.: Tradizioni teoriche concorrenti e relative accezioni dell’opinione pubblica
•
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•
(a) Tribunale sociale
(b) Pubblica discussione
(c) Azione collettiva
(d) Opinione maggioritaria
(e) Emozione pubblica
(f) Processo multidimensionale
(a) Opinione pubblica come Tribunale sociale
In questa accezione sociale, trascendente la sfera politica, l’opinione pubblica
è il giudizio morale collettivo che dalla società emana continuamente, e perlopiù
implicitamente, rispetto alla condotta di ciascun individuo. Si tratta quindi di un
‘tribunale’ anonimo e impersonale, portatore del senso comune e degli standard
etico-culturali prevalenti in una collettività sociale a un’epoca data. L’opinione
pubblica si manifesta quotidianamente nello ‘sguardo’ giudicante dei passanti, degli
spettatori, della cerchia dei conoscenti e degli altri e perlopiù sconosciuti membri di
una collettività: in quanto tale, può essere portatrice ad esempio di approvazione o
disprezzo verso le azioni o le scelte di un dato individuo o raggruppamento sociale;
ma può anche esplicitarsi in manifestazioni collettive, quali di ammirazione,
derisione o stigmatizzazione e condanna.
La potenziale minaccia rappresentata dall’espressione di un giudizio negativo
da parte di questo tribunale informale ha conseguenze importanti sulle scelte
individuali e collettive. Esso traccia anzi i confini di ciò che può/non può essere detto
o fatto senza incorrere in quella sanzione simbolica, ma socialmente vitale, emanata
dal tribunale dell’opinione pubblica. Al contempo, un’opinione pubblica così intesa
svolge una potente funzione di controllo e integrazione sociale, favorendo
atteggiamenti di conformismo e comportamenti finalizzati alla pubblica
approvazione, con effetti conservativi dell’ordine sociale.
Numerosi riferimenti filosofici e sociologici testimoniano questa accezione
dell’opinione pubblica come tribunale della Società. Locke (1690) definiva “Legge
3
dell’opinione” (o “della reputazione”) quel giudizio di approvazione o biasimo
proveniente dagli Altri, e che individuava come uno dei principali moventi della
condotta sociale degli individui. Rousseau (1762, 509) utilizzò nel Contratto sociale
l’immagine di un ‘tribunale’, e più precisamente di un ‘tribunale della censura’,
come traduzione fedele dell’opinione pubblica, l’opinione del popolo fondata sui
costumi della nazione. 1 La pressione sociale, la spinta al conformismo, l’invito
implicito all’auto-censura e la minaccia di isolamento esercitate dall’opinione
pubblica intesa come Tribunale della società sono chiaramente presenti anche nelle
pagine di Tocqueville (1840) riguardo l’onnipotenza della maggioranza – nella
manifestazione tanto del pensiero quanto dei ‘costumi’ – nella giovane democrazia
degli Stati Uniti. 2 La stessa prospettiva riemerge nell’influente teoria della ‘spirale
del silenzio’ sviluppata dalla sociologia tedesca Noelle-Neumann negli ultimi
decenni del XX secolo, che mette in luce gli effetti in termini di coesione, ma anche
di controllo sociale prodotti dall’opinione pubblica, di cui non solo le opinioni
politiche, ma perfino le ‘scelte’ – o piuttosto i compromessi effettuati dagli individui
per volontà di integrarsi e paura dell’isolamento sociale – nei campi
dell’abbigliamento o dell’acconciatura dei capelli sarebbero una manifestazione
profonda. 3
In termini sociologici più ampi, questa accezione dell’opinione pubblica
come tribunale dispensatore di condanne simboliche non fa altro che ribadire tutto il
peso – e, si potrebbe dire, la ‘pesantezza’ – della società avvertito dagli individui che
ne fanno parte, e che tuttavia nel mondo sociale stesso cercano quella
considerazione, legittimazione e riconoscimento che diviene la vera ragion d’essere
della loro esistenza (Bourdieu 1997, Pizzorno 2007), come secondo la celebre
formula durkheimiana «la società, è Dio». 4
(b) Opinione pubblica come Pubblica discussione
Una prospettiva radicalmente diversa è quella – di matrice kantiana e
illuminista, ma anche, come si vedrà, sociologico-discorsiva – che pone l’accento sul
requisito della ‘pubblicità’ per cogliere la natura più autentica dell’opinione pubblica.
Contrariamente all’opinione implicita, irriflessa, indiscussa e quindi, a ben vedere,
non-pubblica dell’accezione precedente, l’opinione pubblica è qui quella che si
1
Come sottolinea Baker (1987, 55-56) nella sua disamina dell’evoluzione del concetto nei decenni
precedenti la Rivoluzione francese, l’opinione pubblica è per Rousseau «l’opinione degli altri nella
Società», «l’espressione collettiva dei valori morali e sociali di un popolo», nonché «la fonte della
reputazione e della stima fra gli uomini», e va pertanto intesa come una «categoria sociale piuttosto
che politica».
2
Il meccanismo stesso della ‘spirale del silenzio’ sviluppato dalla Noelle-Neumann è brillantemente
anticipato da Tocqueville: «In America la maggioranza traccia un cerchio formidabile intorno al
pensiero. Nell’interno di quei limiti lo scrittore è libero, ma guai a lui se osa oltrepassarli […] Coloro
che lo biasimano si esprimono a gran voce, mentre coloro che pensano come lui, senza avere il suo
coraggio, tacciono e si allontanano. Egli allora cede, si piega sotto uno sforzo quotidiano e rientra nel
silenzio […]».
3
Nel paragrafo significativamente intitolato «La moda è opinione pubblica» de La spirale del silenzio
(1984), la Noelle-Neumann cita la stessa «legge dell’opinione» di John Locke, altrimenti nota come
legge «della reputazione» o «della moda» (law of fashion).
4
Su un piano storico-sociale, le condizioni strutturali più propizie per un’accezione dell’opinione
pubblica come Tribunale della Società vanno ascritte alle collettività in cui i processi di
modernizzazione non hanno ancora dispiegato a fondo i propri effetti in termini di razionalizzazione
della vita sociale, e quindi di crescente differenziazione e specializzazione funzionale, conservando
così tutta la pressione conformistica di una comunità – nel senso sociologico di Gemeinschaft – più
omogenea e meno permeabile alla circolazione di nuovi valori e pratiche sociali.
4
forma, e può formarsi solo, attraverso ‘l’uso pubblico della ragione’, ed emerge dalla
pubblica discussione dei privati cittadini riuniti in pubblico.
Habermas è indubbiamente l’autore che meglio ha saputo sviluppare, e
perfino impersonare, questa prospettiva teorica, a partire dal celebre saggio (1962) in
cui ricostruiva in termini storici e sociologici la genesi di una ‘sfera pubblica
borghese’, quello spazio discorsivo fra stato e società dove, a fronte di un potere
assoluto sempre più incalzato dalle trasformazioni dello stato moderno e
dell’economia, la borghesia nascente poteva dare vita, attraverso procedure di
pubblica argomentazione razionale, a un’opinione pubblica con mansioni di critica,
controllo e contro-parte dell’autorità politica.
In questa accezione, l’opinione pubblica, oltre ad essere tale solo se
emergente dalla pubblica discussione – l’opinione diviene pubblica solo in quanto
esposta alle procedure discorsive dell’argomentazione e della contro-argomentazione
– è anche investita più direttamente nella sfera politica, prendendo forma intorno ai
temi relativi all’esercizio della pubblica autorità e delle decisioni collettivamente
vincolanti. Da forza sociale, l’opinione pubblica si trasforma in una forza
eminentemente politica. 5
Anche la concezione sociologica classica dell’opinione pubblica individua
nella pubblica discussione un requisito fondante. L’opinione pubblica è vista infatti
come un fenomeno collettivo, e più in particolare come il prodotto ‘superindividuale’
– trascendente la somma delle opinioni dei singoli individui – emergente dalla
discussione di un pubblico intorno a un tema di interesse collettivo. 6 L’interazione
comunicativa e il confronto di posizioni diverse tra i membri del pubblico sono gli
elementi centrali del processo di formazione dell’opinione pubblica. 7
Su un piano normativo, anche la teoria della democrazia deliberativa
concepisce la pubblica discussione come un elemento indispensabile per un processo
decisionale proceduralmente corretto, e quindi in grado di garantire la legittimità di
una decisione collettiva. 8 Più specificamente, la qualità stessa dell’opinione pubblica,
che è la fonte ultima di legittimità delle decisioni, dipende in quest’ottica dalla
possibilità per i membri del pubblico di essere coinvolti in una discussione informata
sul tema. La tecnica del sondaggio deliberativo (Fishkin 2009), nel quale gli
intervistati forniscono le proprie opinioni su un tema dopo aver assistito e partecipato
a una discussione di gruppo articolata in varie sessioni, viene anzi presentata dai suoi
promotori come l’indicatore più efficace di un’opinione pubblica autentica e
5
L’età illuminista e poi la Rivoluzione francese segnano la politicizzazione della sfera pubblica,
inizialmente circoscritta all’ambito della critica letteraria (Habermas 1962, cit.). Nello svolgere una
funzione critica e di contropotere rispetto all’autorità assoluta, l’opinione pubblica diviene il nuovo
principio di legittimità, invocata tanto dal potere quanto dall’opposizione quale istanza ultima di
legittimazione politica (Baker 1993).
6
«In senso realistico, l’interazione diversificata che dà luogo all’opinione pubblica avviene in larga
misura tra gruppi funzionali, e non tra individui disparati» (Blumer 1948, cit., 545).
7
Secondo Robert E. Park (1904, 1996: 74), l’opinione pubblica «nasce dalla discussione tra individui
che hanno posizioni opposte». Precisa meglio il senso di questa concezione Charles H. Cooley (1918:
379) quando afferma che «un gruppo che ha riflettuto, maturato e discusso una questione arriva a una
pubblica opinione al riguardo, che i membri siano d’accordo o no» […] «Comunque le opinioni
possano differire, esse fanno parte di un tutto, dato che ciascuna ha aiutato le altre a formarsi».
8
Per Habermas (1996: 362), il più influente teorico contemporaneo della democrazia deliberativa,
condizione necessaria per la legittimità di una decisione in democrazia è la presenza di una procedura
formale in base a cui «proposte, informazioni e ragioni possono essere trattate più o meno
razionalmente».
5
informata, non soggetta ai limiti classici delle ‘non-opinioni’ (Converse 1964) e delle
opinioni superficiali e improvvisate (Zaller 1992). 9
Se in questa accezione il requisito normativo della razionalità è solitamente
attribuito al processo di formazione dell’opinione pubblica, il principio unificante più
realistico e fondamentale di questa tradizione teorica resta la procedura della
pubblica discussione, vale a dire la presenza di un esercizio, per quanto limitato, di
argomentazione e contro-argomentazione sui principali aspetti del tema dibattuto.
(c) Opinione pubblica come Azione collettiva
Una terza prospettiva interpreta l’opinione pubblica come l’espressione delle
voci collettivamente mobilitate a difesa di una qualche domanda o rivendicazione
politica o sociale. In questa accezione, l’opinione pubblica è inscindibile dalla società
civile organizzata, emergendo come l’espressione di volta in volta dominante del
campo di lotte che coinvolge attori collettivi quali i movimenti sociali, i sindacati, le
organizzazioni di categoria, le associazioni o le chiese, a loro volta interagenti con i
partiti e gli altri attori del sistema politico.
Questa visione riflette i cambiamenti indotti dall’inclusione delle masse
popolari nelle modalità formali e, soprattutto, informali della partecipazione politica:
manifestazioni, scioperi, petizioni e varie altre azioni collettive di protesta.
L’opinione pubblica si traduce essenzialmente nella voce che si staglia in modo più
netto e distinto, in conseguenza degli sforzi di mobilitazione messi in campo dalle
forze politiche e sociali organizzate. Le opinioni ‘intense’ delle minoranze attive e
organizzate finiscono dunque per pesare di più nella lotta simbolica intorno a un
tema divisivo, e hanno buon gioco nel dare rappresentanza a quel costrutto sociale,
spendibile come risorsa politica, che è l’opinione pubblica.
Anche al di là delle fasi più conflittuali della lotta politica, i gruppi
organizzati della società civile sono stati a lungo considerati, specie attraverso
l’intermediazione dei propri leader e dirigenti, come i portatori più autentici
dell’opinione pubblica, almeno relativamente agli orientamenti delle rispettive
categorie sociali. Ciò era particolarmente ben visibile, secondo Benjamin Ginsberg
(2001), negli Stati Uniti dei primi decenni del ventesimo secolo, fino all’avvento dei
sondaggi d’opinione, i quali «trasformarono l’opinione pubblica, che era una
proprietà di gruppi, in un attributo di individui» (ibid, 193). 10 Tuttavia anche in
seguito, in piena ‘era dei sondaggi’, rimaneva d’attualità un’accezione di opinione
pubblica che enfatizza il ruolo dei gruppi organizzati nel costruire, canalizzare e dare
risonanza a determinati punti di vista nella società, e farli pervenire ai decisori
politici forti di un’influenza e di una efficacia ben superiori a quelle raggiungibili da
un pubblico fatto da individui disparati e disorganizzati (Blumer 1948). Respingendo
come una finzione ideologica l’idea che le opinioni di tutti gli individui pesino in
modo eguale, indipendentemente dalla loro competenza politica, dalla loro posizione
sociale e dalla loro appartenenza a gruppi d’interesse organizzati, questa prospettiva
mette al centro del processo d’opinione pubblica l’opinione ‘mobilitata’ – peraltro
9
John Zaller (cit.) le definisce opinioni top-of-the head, o ‘in cima alla mente’, in riferimento alle
considerazioni che sono rese mentalmente più accessibili all’individuo in uno specifico contesto
comunicativo, ma suscettibili di essere modificate al variare della cornice comunicativa stessa.
10
Fino ad allora, «l’opinione pubblica era un bene prezioso che apparteneva ai partiti, ai gruppi di
interesse, o alle comunità e ai loro capi» (ibid.)
6
non riducibile all’idea di opinione ‘gridata’ 11 – e sostenuta da minoranze attive,
gruppi e forze sociali conflittuali (Bourdieu 1973). 12
Proprio per il fatto di fondare il concetto sociologico di opinione pubblica
sull’opinione mobilitata, questa prospettiva è quella che di certo sovrappone
maggiormente l’opinione pubblica all’azione dei movimenti sociali da una parte, a
quella dei gruppi di pressione dall’altra. Concezione anch’essa radicalmente antiindividualistica, e forse apparentemente anacronistica, quella di opinione pubblica in
quanto ‘azione collettiva’ resta nondimeno una chiave interpretativa che, come si
vedrà, può essere utilmente applicata all’intreccio sempre più intenso tra sfere
pubbliche reali e ‘virtuali’ (o telematiche) contemporanee.
(d) Opinione pubblica come Opinione maggioritaria
Oggi quasi auto-evidente, questa accezione dell’opinione pubblica come
opinione maggiormente diffusa in una popolazione affonda le sue premesse nei
processi di razionalizzazione sociale dell’età moderna – di cui il pensiero utilitarista
fu una significativa espressione ideologica 13 – e nella graduale diffusione dei modelli
della cittadinanza civile e politica, nonché del correlato principio della
rappresentanza democratica.
In particolare, l’introduzione del suffragio popolare e la progressiva
estensione del diritto di voto nei paesi europei fecero delle elezioni politiche il
momento di massima espressione dell’opinione pubblica, benché in modalità solo
periodiche e, soprattutto, in termini tematicamente confinati alla scelta dei
rappresentanti politici.14
La concezione dell’opinione pubblica come opinione maggioritaria diveniva
predominante con l’affermazione del sondaggio d’opinione commerciale negli Stati
Uniti, a partire dagli anni ’30 del ‘900. L’introduzione della tecnica campionaria per
la rilevazione delle opinioni individuali e la loro estensione alla popolazione
statistica di riferimento rifletteva in larga misura il modello elettorale, finalizzato a
misurare, secondo una logica puramente aggregativa, le quote di consenso destinate
alle diverse opzioni dell’offerta elettorale.
Questa traslazione del principio «una testa, un voto» in «una testa,
un’opinione» fa dell’egualitarismo il punto di forza dei sondaggi come espressione
dell’opinione pubblica, attribuendo il medesimo peso alle opinioni di ogni membro
11
L‘opinione gridata’ è la metafora con cui J. Lazar (1995.) rappresenta schematicamente la forma
d’espressione prevalente dell’opinione pubblica nel XIX secolo, contrapponendola all’opinione
‘illuminata’ del XVIII secolo e all’opinione ‘sondata’ del XX secolo.
12
Alcuni passaggi del noto scritto di Pierre Bourdieu “L’opinione pubblica non esiste” (cit.) sono
particolarmente rappresentativi di questa prospettiva. Fra questi, i seguenti (71-88): «Lo stato
dell’opinione, in un determinato momento, è un sistema di forze, di tensioni»; «Nelle situazioni reali,
le opinioni sono delle forze e i rapporti d’opinione sono conflitti di forza»; «L’opinione mobilitata è
quella della gente la cui opinione, come si dice, ha un peso»; «La gente si trova davanti a opinioni
precostituite, opinioni sostenute da gruppi, opinioni tra le quali si deve scegliere perché si deve
scegliere tra i gruppi»; «Soltanto le minoranze attive sono capaci di mobilitare l’opinione».
13
La formula del «più gran numero di persone» attribuita a Jeremy Bentham (1748-1832) traduce la
visione individualista radicata nel pensiero utilitarista, non a caso anticipatore dello sviluppo
dell’economia politica e della dottrina liberista, nonché dell’individualismo metodologico nelle
scienze sociali.
14
Il suffragio universale maschile fu introdotto negli Stati Uniti fin dal 1776, in Francia (fatta salva la
parentesi rivoluzionaria) nel 1848, mentre nella grande maggioranza dei paesi europei solo nei primi
decenni del ‘900.
7
del pubblico generale. 15 Da ciò deriva quell’effetto-sommatoria che fa dell’opinione
pubblica non più il senso comune implicito di una società, né il prodotto collettivo di
una discussione pubblica, né la voce mobilitata dalle organizzazioni della società
civile, bensì l’opinione più diffusa, quella rilevata quantitativamente tra il maggior
numero di individui.
Le somiglianze con la logica del voto hanno fin dal principio indotto i
sondaggisti americani a proclamare la profonda democraticità dello strumento del
sondaggio, ritenuto capace di rivelare ad ogni momento e su ogni tema desiderato
l’orientamento maggioritario tra i cittadini, favorendo così la realizzazione storica di
un governo «del popolo, attraverso il popolo, per il popolo». 16 Al di là di un
ottimismo che appare oggi ingenuo, il sondaggio campionario apriva prospettive
importanti ai fini della rilevabilità empirica del costrutto ‘opinione pubblica’,
opportunamente modificato rispetto alle altre accezioni vigenti. Nonostante tutti i
limiti e le semplificazioni proprie di questa accezione, un’opinione pubblica intesa
come l’orientamento maggioritario emergente dalle inchieste campionarie si
presenta, contrariamente alle altre definizioni, come empiricamente accessibile e
facilmente operativizzabile.
Se l’accessibilità empirica spiega una parte del successo contemporaneo di
questa accezione dell’opinione pubblica, altri elementi che devono essere messi in
rilievo sono la maggiore ‘funzionalità’ dal punto di vista dei governanti – le
maggioranze ‘silenziose’ monitorate dai sondaggi possono spesso essere invocate per
contrastare le minoranze ‘rumorose’ delle forze sociali organizzate 17 – e la maggiore
congruenza con le logiche d’informazione dei mass media. Una volta divulgati dai
media, i risultati dei sondaggi commerciali divengono parte del processo d’opinione
intorno a un tema, e contribuiscono alla definizione di ciò che viene comunemente
indicato come ‘opinione pubblica’. Pertanto, quali che siano le critiche
metodologiche o epistemologiche rivolte ai sondaggi come strumenti di rilevazione e
conoscenza dell’opinione pubblica, essi hanno contribuito a trasformare la comune
comprensione del fenomeno, affermando la formula, concettualmente più calzante
allo strumento, dell’Opinione maggioritaria.
(e) Opinione pubblica come Emozione pubblica
Questa concezione, particolarmente ampia e eterogenea, si caratterizza per
l’attribuzione di una certa irrazionalità di fondo, o suscettibilità a una reazione
emozionale, dell’opinione pubblica nella società ‘di massa’.
La psicologia delle folle della fine del diciannovesimo secolo (in particolare,
Le Bon 1895) è un precursore di questa visione, a partire dall’osservazione dei
comportamenti degli individui negli allora sempre più frequenti assembramenti
15
Proprio questo preteso isomorfismo delle opinioni individuali è il punto maggiormente criticato
nelle citate analisi tanto di Blumer (1948) quanto di Bourdieu (1973). Tuttavia, anche il concetto
moderno di ‘cittadinanza’, a ben vedere, è portatore di un’astrazione analoga, fondata sull’idea della
«uguaglianza di tutti i cittadini in quanto cittadini, quali che siano peraltro le loro differenze e le
ineguaglianze che li separano» (Schnapper 2000: 12).
16
Primi fra questi, George Gallup, Elmo Roper e Archibald Crossley, che non esitarono a enfatizzare
la nascita del sondaggio d’opinione come una grande conquista per la democrazia (cfr. fra gli altri
Autore 1999).
17
Il ribaltamento di prospettiva rispetto a una concezione dell’opinione pubblica come Azione
collettiva è particolarmente evidente nelle parole di Roper (1940), che si rallegrava di come i
legislatori non avrebbero più dovuto «temere le conseguenze di un rifiuto di cedere alla pressione di
un gruppo minoritario rumoroso».
8
collettivi anche di carattere politico. Elementi come l’anonimato e l’unità ‘mentale’
favoriti da questi contesti collettivi erano ritenuti responsabili di fenomeni
comportamentali improntati all’istintività, alla contagiosità, alla suggestionabilità
estrema. Ma, soprattutto, queste stesse reazioni emotive venivano potenzialmente
attribuite, a fronte di avvenimenti traumatici per una comunità, anche all’insieme
degli individui che la compongono, benché fisicamente separati. 18 La folla diveniva
dunque una potenziale metafora per l’opinione pubblica.
La Prima guerra mondiale fornì l’occasione per le prime esperienze di
organizzazione delle attività di propaganda da parte dei governi democratici, specie
di Gran Bretagna e Stati Uniti (Lasswell 1927). L’intento esplicito era quello di
mobilitare il sostegno dell’opinione pubblica alla guerra utilizzando i canali della
comunicazione di massa (film, notiziari, cartelloni pubblicitari) per diffondere
messaggi ad elevato contenuto simbolico ed emotivo, allo scopo di suscitare
sentimenti comuni – specie di ostilità per i nemici – tra la popolazione. Gli sforzi di
manipolazione degli atteggiamenti collettivi attraverso la propaganda di massa
trassero nuovo impulso dalle esperienze dei regimi totalitari tra le due guerre.
Concetti mutuati dalla psicologia sociale venivano correntemente utilizzati dagli
studiosi dell’opinione pubblica e delle tecniche di propaganda: stereotipo (Lippmann
1922), mente pubblica (Bernays 1923), riflesso condizionato (Tchakotine 1939).
È in questo contesto storico che si afferma il cosiddetto ‘paradigma degli
effetti onnipotenti’ nell’ambito degli studi sull’influenza delle comunicazioni di
massa sull’opinione pubblica. La presunta ‘atomizzazione’ del pubblico rispetto alle
vecchie comunità di appartenenza, favorita dall’incedere della società di massa,
veniva ritenuto un fattore facilitante rispetto a un impatto persuasivo potente,
immediato, diretto e pressoché omogeneo dei messaggi propagandistici sull’insieme
degli individui che vi erano esposti. L’opinione pubblica veniva quindi a
rappresentare una sorta di camera d’eco pronta a reagire emotivamente agli stimoli
veicolati dalla radio, dai giornali e dagli altri mezzi di comunicazione di massa.
Nonostante le ricerche nei campi della sociologia delle comunicazioni di
massa e della comunicazione politica abbiano smentito, fin dagli anni ’50, la validità
complessiva delle teorie dei media onnipotenti, una visione tendenzialmente
pessimistica dell’opinione pubblica come Emozione pubblica non ha mai cessato di
convivere, accanto alle altre accezioni concorrenti, specie nei decenni di massima
diffusione della televisione nella società e nella sfera politica. In particolare, vari
autori (da Meyrowitz 1985, a Sartori 1997, a Castells 2009) hanno ipotizzato, benché
in forme e da prospettive fra loro molto diverse, che la televisione sia all’origine di
una trasformazione delle stesse facoltà percettive degli individui nelle società
mediatizzate, portati a concentrare la propria attenzione sugli elementi visivi,
simbolici, personalizzati ed emotivi della comunicazione e dell’informazione.
Tendenze recenti, quali la creazione di una sfera mediale su scala globale o
l’affermarsi di un ciclo di informazione televisiva continua, hanno rafforzato la tesi
di un’opinione pubblica sempre più sostituita da una sorta di Emozione pubblica, un
alternarsi di stati d’animo collettivi effimeri – commozione, rabbia, orrore, angoscia,
paura, speranza, ecc. – suscitati di volta in volta da suggestioni e choc provenienti
per lo più dalle immagini in diretta, in quella che Paul Virilio (2004) definisce una
‘sincronizzazione delle emozioni’, una ‘globalizzazione degli affetti’ o, ancora, una
‘logica dello choc perpetuo’.
18
«Migliaia di individui separati possono, a un momento dato e sotto l’influenza di certe emozioni
violente, come ad esempio un grande avvenimento nazionale, acquistare le caratteristiche di una folla
psicologica» […] «Basta allora che una circostanza li riunisca perché il loro comportamento acquisti
subito quella forma che è particolare alle folle» (Le Bon, cit.: 17).
9
Perfino i più recenti filoni neurocognitivi nello studio della comunicazione
politica tendono a mettere in risalto il ruolo centrale delle emozioni in quelle aree del
cervello umano che presiedono alla ricezione e all’elaborazione dei messaggi
comunicativi (Westen 2007, Lakoff 2008). Ciò si traduce nella visione di
un’opinione pubblica che, in sorprendente sintonia con i precetti del marketing
elettorale, appare particolarmente reattiva agli elementi più periferici, formali ed
emotivi – dal ‘framing’ allo ‘spin’ dei messaggi – della comunicazione politica.
(f) Opinione pubblica come Processo multidimensionale
Un’ultima prospettiva teorica si caratterizza per lo spostamento di interesse
dall’opinione pubblica come ‘soggetto’ all’opinione pubblica come ‘processo’. In
questa accezione, «l’opinione pubblica non è il risultato finale di un processo, ma
esiste nel processo stesso» (Crespi 1997: 161). 19 Tale processo ha una natura
multidimensionale, in quanto coinvolge al contempo attori individuali e collettivi,
tanto della società civile quanto del sistema politico, e si dispiega sia al livello micro
della comunicazione interpersonale tra cittadini inseriti nelle loro cerchie sociali, sia
al livello macro dell’interazione (mass-)mediata, prevalentemente tra le élite
politiche e istituzionali.
L’opinione pubblica va quindi analizzata attraverso il ‘ciclo di vita’ – nascita,
ascesa, declino, scomparsa – di ogni tema che contribuisce a definire l’agenda del
dibattito pubblico, o la struttura tematica della comunicazione politica (Luhmann
1971). Per ogni fase, inoltre, deve essere osservato il processo di costituzione dei
pubblici, o dei vari tipi di pubblico (generale, votante, attento, attivo, monotematico)
a diverso livello di coinvolgimento (Price 1992). Se la posta in gioco ultima può
essere ‘l’allineamento’ finale – pro o contro una data proposta tematica – di uno dei
livelli di pubblico (‘generale’ per i sondaggi d’opinione, ‘votante’ per le elezioni o i
referendum, ‘attento’ per le tendenze o i climi d’opinione, ‘attivo’ o ‘monotematico’
per le mobilitazioni collettive), ciò che più conta è il processo discorsivo e di
comunicazione che vede interagire attori e spettatori individuali e collettivi. Come
nell’accezione incentrata sulla pubblica discussione, infatti, anche in questa
prospettiva l’idea di dibattito pubblico rimane al cuore del processo sociale attraverso
cui si forma l’opinione pubblica. Con esso si definiscono non solo i contenuti delle
opinioni, ma anche il campo stesso delle opinioni e delle forme d’espressione
legittime, nonché degli attori legittimati a esprimerle (Crespi, cit.).
Tuttavia, il dibattito pubblico intorno a un problema condiviso può svolgersi
non solo a livello interpersonale, ma anche su scala sociale più ampia,
essenzialmente attraverso i mass media, sotto forma di ‘dibattito pubblico mediato’
(Grossi 2004). A questo livello macro, il concetto di dibattito pubblico diventa quindi
una sorta di metafora di un processo interattivo i cui partecipanti più attivi sono una
grande varietà di individui e forze politiche, gruppi organizzati, commissioni,
membri del pubblico attivo o attento, e i cui fondamentali canali di comunicazione
sono i media. In ultima analisi, la ricerca sull’opinione pubblica è strettamente
connessa all’analisi dei processi di discussione, di comunicazione e di continua
19
Ancora Irving Crespi (ibid.): «Il processo d’opinione pubblica è un configurarsi in modo
caleidoscopico – variegato, in continuo cambiamento – di opinioni individuali e collettive, il cui
significato esiste in quelle stesse configurazioni, e non solo nel contenuto di tali opinioni». In una
forma simile, Diana Mutz (1989: 21): «L’opinione pubblica non è semplicemente l’aggregato
statistico delle opinioni di qualche pubblico, ma piuttosto un processo sociale che implica
l’interazione di opinioni espresse pubblicamente».
10
transazione fra attori individuali e collettivi, in merito a temi che riguardano
decisioni di interesse pubblico.
Tuttavia, questa accezione, se appare particolarmente attenta a cogliere il
processo d’opinione pubblica in tutta la sua complessità, mostra nondimeno nella
capacità di rilevazione empirica del fenomeno il suo aspetto maggiormente critico. A
una certa indeterminatezza teorica, infatti, si accompagna la difficoltà di stabilire un
nucleo di indicatori chiari, e chiaramente rilevabili, del processo stesso.
2. Verso una prospettiva ‘multiforme’: una tipologia delle forme d’espressione
dell’opinione pubblica contemporanea
Le sei prospettive considerate identificano altrettante modalità di attribuire un
significato a quel costrutto sociale che è l’opinione pubblica. Tutte e sei, si è detto,
sono teoricamente fondate e analiticamente applicabili, in alcuni dei loro elementi,
alle realtà contemporanee. Tuttavia il limite di ciascuna di essa, se considerate
singolarmente, appare al contempo epistemologico e sociologico. Ognuna di queste
prospettive, infatti, coglie solo alcune sfaccettature parziali di un fenomeno che
appare invece conoscibile attraverso categorie concettuali e chiavi interpretative
anche relativamente distanti tra loro. Non solo: questi diversi concetti e categorie
sono realmente e quotidianamente invocati dagli attori sociali e politici coinvolti
tanto nella formazione quanto nell’analisi dei processi d’opinione pubblica. Il
‘politeismo’ di credenze intorno alla vera natura dell’opinione pubblica è reale, e
dipende tanto dagli interessi dei diversi attori a legittimarne di volta in volta
un’accezione piuttosto che un’altra, quanto dal contesto discorsivo e dall’ambito
tematico di riferimento.
Gli usi sociali multipli e contestati che vengono fatti del concetto, insomma,
attingono da tutte queste prospettive concorrenti. Alcuni enunciati, a titolo di
esempio, potrebbero essere i seguenti: (a) «Un tale disegno di legge sarebbe
improponibile per la nostra opinione pubblica»; (b) «L’opinione pubblica si è ormai
convinta delle necessità di questa riforma della legge elettorale»; (c) «Il governo,
sotto la pressione dell’opinione pubblica, ha dovuto ritirare il decreto di legge »; (d)
«Il primo ministro può contare ancora sul consenso dell’opinione pubblica»; (e) «Il
tragico episodio ha sconvolto l’opinione pubblica, che ora chiede a gran voce un giro
di vite sulla sicurezza»; (f) «Il sindaco intende coinvolgere l’opinione pubblica
nell’individuazione delle priorità strategiche per la città nei prossimi cinque anni».
Tutti questi usi appaiono legittimi, eppure ciascuno di essi chiama in causa
concezioni profondamente diverse di ciò che è l’opinione pubblica, dei soggetti che
la compongono, dei meccanismi che la governano, delle sue funzioni nella società e
dei suoi effetti nel processo politico.
Prendendo atto dell’impossibilità di una definizione esclusiva – ed escludente
tutte le altre –, nonché dell’inutilità della ricerca di una presunta accezione ‘pura’ del
concetto di opinione pubblica nella molteplicità dei suoi usi attuali, ciò che qui si
intende proporre è una sorta di ri-articolazione concettuale, attenta al contempo al
problema della rilevabilità empirica, delle forme ‘reali’ dell’opinione pubblica
contemporanea. Questa proposta teorica e orientata alla ricerca consiste nel delineare
una prospettiva ‘multiforme’, o ‘polimorfica’, che includa, importandoli e
incrociandoli in una limitata varietà di combinazioni, gli elementi principali delle
prospettive fin qui analizzate. Questa ri-articolazione concettuale del fenomeno si
concentrerà su una tipologia contenente le principali forme di espressione
11
dell’opinione pubblica. Tale tipologia intende apportare almeno tre vantaggi specifici
allo studio dell’opinione pubblica. Il primo è il riconoscimento della pluralità delle
forme d’espressione del fenomeno, al di là della rilevanza soggettivamente attribuita
dal ricercatore a tale o talaltra accezione dell’opinione pubblica (secondo il problema
classico della “relazione ai valori” dello scienziato sociale rispetto al proprio oggetto
di ricerca, cfr. Weber 1904); il secondo è la definizione di un quadro analitico che
permetta di studiare ogni dato processo d’opinione pubblica come una sequenza di
combinazioni variabili delle diverse forme d’espressione empirica; il terzo è il
tendenziale superamento di alcune delle antinomie concettuali presenti nella
letteratura classica sull’opinione pubblica, come si indicherà a conclusione
dell’articolo.
In questa tipologia, quattro fondamentali forme d’espressione saranno
delineate a partire da due criteri di differenziazione bipolari, i quali potranno essere
rappresentati graficamente attraverso due assi cartesiani che danno forma a quattro
quadranti. Definiremo i due criteri, rispettivamente, come ‘pubblicità’ e
‘processualità’.
Il criterio della pubblicità definisce quelle forme d’espressione dell’opinione
pubblica che riguardano un oggetto discorsivo tematizzato nell’agenda pubblica.
L’opinione pubblica si esprime in forme diverse se relativa a un tema che è in quel
momento al centro del dibattito pubblico mediato, piuttosto che a un tema del tutto
assente dall’agenda della comunicazione mediale e interpersonale. Così, ad esempio,
l’opinione pubblica in merito al riconoscimento delle coppie di fatto omosessuali
rifletterà tendenzialmente un mero orientamento etico-culturale di fondo nei
confronti della categoria sociale degli omosessuali se espressa, per esempio
attraverso una domanda di sondaggio, al di fuori di un contesto di pubblicità del
tema, mentre darà vita a un’opinione su una più specifica proposta di policy da parte
di un qualche attore politico o sociale qualora essa sia stata tematizzata nel dibattito
pubblico attraverso i media. Pubblicità implica dunque, in questo senso,
tematizzazione nell’agenda pubblica.
Il criterio della processualità definisce invece la dimensione ‘statica’ o
‘dinamica’ di una data forma espressiva dell’opinione pubblica. Una forma
d’espressione statica può caratterizzare non solo un orientamento pubblico
tendenzialmente costante rispetto a un qualche oggetto politico o sociale, ma anche
un’opinione risultante da un dibattito pubblico su un tema e ‘fotografata’ a un
momento dato. Per contro, una forma d’espressione dinamica identifica un fenomeno
il cui senso va ricercato nella sua dimensione diacronica, vale a dire nella capacità di
emergere o svilupparsi in una qualche durata temporale, come nel caso di una
tendenza in via di formazione, di un ciclo, o di un movimento d’opinione. Il criterio
della processualità distingue dunque uno stato d’opinione da una dinamica
d’opinione.
12
Fig. 1: una tipologia delle forme d’espressione dell’opinione pubblica
La fig. 1 raffigura i quattro quadranti definiti dai due assi bipolari: pubblicità
(senza/con tematizzazione) in orizzontale, processualità (stato vs. dinamica
d’opinione) in verticale. Ciascuno dei quadranti viene a circoscrivere una delle
quattro forme di espressione dell’opinione pubblica qui concettualizzate.
I. Atteggiamento collettivo: uno stato d’opinione su un oggetto non
tematizzato nell’agenda pubblica.
II. Opinione aggregata: uno stato d’opinione su un oggetto tematizzato
nell’agenda pubblica.
III. Corrente d’opinione: una dinamica d’opinione su un oggetto non
tematizzato nell’agenda pubblica
IV. Movimento d’opinione: una dinamica d’opinione su un oggetto
tematizzato nell’agenda pubblica.
Qui di seguito, ciascuna di queste forme viene illustrata nelle proprie
componenti essenziali. Nel complesso, questa tipologia segue una strategia di
‘parsimonia’ classificatoria, privilegiando un’alta denotazione dei concetti, e quindi
un’estensione del campo di applicazione di ciascuno dei tipi risultanti a una pluralità
di fenomeni teoricamente collegabili tra loro. Inoltre, la numerazione dei quadranti
ha una funzione pratica, e non deve suggerire una dinamica sequenziale o ‘rotatoria’,
per la quale ogni forma d’espressione tenderebbe a trasformarsi, a uno stadio
successivo del processo, in quella successiva, benché in alcuni casi specifici questo
esito sia possibile, come sarà illustrato più avanti. L’illustrazione dei tipi, infine,
seguirà lo schema presentato nella tab. 2, precisando di volta in volta quali ne siano
le tradizioni teoriche di riferimento, i tipi di pubblico che lo compongono, il principio
di efficacia (o di influenza politica) e la funzione politica specifiche, il campo dei
concetti e dei fenomeni teorici ad essi collegati e, infine, i principali strumenti di
rilevazione.
13
Tab. 2: principali proprietà delle diverse forme d’espressione dell’opinione pubblica
1. Atteggiamento collettivo
In quanto ‘stato’ d’opinione su un oggetto non tematizzato nell’agenda
pubblica, l’atteggiamento collettivo fa riferimento all’insieme degli orientamenti
valoriali e delle disposizioni implicite di una collettività verso un’ampia gamma di
oggetti e categorie sociali. 20 L’opinione pubblica nella forma dell’atteggiamento
collettivo può indicare, ad esempio, l’orientamento dominante in una popolazione
nazionale verso fenomeni, tanto vari quanto simbolicamente centrali per l’identità
culturale e politica di una società, quali le istituzioni religiose, le pratiche sessuali, le
regole civili, le minoranze etniche, i principi democratici, i partiti politici, la scuola
pubblica – fenomeni che possono tanto prendere parte direttamente alla sfera
politica, quanto essere relativi alla sfera della vita quotidiana, ma suscettibili, qualora
tematizzati nell’agenda del dibattito pubblico, di regolazione politica e normativa.
Seguendo i criteri elencati nella fig. 2, nella quale le principali caratteristiche
distintive di ciascuna delle quattro forme d’espressione dell’opinione pubblica sono
illustrate schematicamente, si noterà che sono indicati due possibili ‘principi di
efficacia’ nella sezione relativa all’atteggiamento collettivo: egemonia e
maggioranza. Ciò suggerisce che il meccanismo di traduzione dell’atteggiamento
dalla dimensione individuale a quella collettiva può essere l’egemonia, riferita non
tanto a ciò che è esplicitamente condiviso da una collettività, quanto a ciò che non
viene generalmente messo in discussione, in quanto percepito come normale, ovvio o
dato per scontato; o la maggioranza, quando un orientamento emerge come
condiviso da una larga parte della popolazione. Atteggiamento collettivo in quanto
atteggiamento dominante può quindi significare, a seconda dei casi, egemonico o
maggioritario in una collettività. In tal senso, a questa forma espressiva sono
applicabili elementi che derivano tanto dalla prospettiva teorica (a) (l’opinione
pubblica definisce il ventaglio di ciò che è ‘pensabile’ e ‘dicibile’ in una società),
quanto dalla concezione (d) (le opinioni, ma anche i valori e gli atteggiamenti,
possono essere rilevati per via aggregativa, quantificandone le occorrenze più
diffuse). In ogni caso, un atteggiamento collettivo investe, almeno potenzialmente,
20
Il termine atteggiamento, mutuato dalla tradizione psicosociale di studi sull’opinione pubblica,
indica un orientamento affettivo di fondo verso un oggetto sociale generico (il mercato, il comunismo,
gli immigrati, gli Stati Uniti, ecc.), e si distingue quindi dall’opinione per il suo carattere
maggiormente durevole, latente, e generalizzante. Utilizzato dagli psicologi sociali a livello micro e
individuale (l’atteggiamento degli individui), il concetto di atteggiamento è qui riferito agli
orientamenti di una collettività.
14
l’insieme del pubblico generale, vale a dire una popolazione nazionale nella sua
interezza.
Se il concetto di atteggiamento ci appare, proprio per la sua natura affettiva,
irriflessa e generalizzante, quello più soddisfacente per definire l’insieme di questa
categoria, altri concetti e fenomeni vanno inclusi – in ragione della relativamente alta
denotatività di questa classificazione – nella stessa forma d’espressione dell’opinione
pubblica. Un atteggiamento collettivo, infatti, affonda le proprie radici nel senso
comune, che riguarda appunto l’insieme delle rappresentazioni sociali e simboliche
date per scontate dai membri di una collettività; è inoltre strettamente connesso al
concetto sociologico di valori, in quanto «concezioni del bene collettivo» (Sciolla
2004, 2008), o orientamenti normativi e principi-guida, benché talvolta di natura più
pratica che riflessiva, in merito a ciò che si ritiene desiderabile nella vita sociale o
politica; infine, si intreccia in profondità con la nozione di cultura politica, non solo
nel senso politologico dell’insieme degli orientamenti affettivi, cognitivi e valutativi
verso un sistema politico e i suoi attori, ma soprattutto nell’accezione, più
propriamente sociologica (Santambrogio 2001), dell’insieme di quegli elementi
culturali che danno vita a un’identità politica e favoriscono lo sviluppo di un senso di
appartenenza a una parte o forza politica.
La principale funzione politica che può essere imputata a questa forma
espressiva dell’opinione pubblica è la legittimazione di condotte, prese di posizione o
decisioni che rientrano nella sfera di approvazione implicita della collettività e,
specularmente, la delegittimazione di quelle che non ne fanno parte. L’atteggiamento
collettivo delinea dunque lo spazio di ciò che è possibile politicamente, o delle
proposte enunciabili senza che una delegittimazione preventiva ne precluda la
realizzazione, o la semplice possibilità di ottenere in tempi relativamente rapidi un
consenso pubblico significativo intorno ad esse. 21
Allo scopo di fare emergere questo insieme di rappresentazioni collettive
affettivamente orientate, un approccio in termini di individualismo metodologico
(Boudon 1984, Roccato 2008) appare difficilmente eludibile. 22 Diversi sono i
possibili strumenti di rilevazione di un atteggiamento collettivo. Se, fra i metodi
quantitativi, molti potenziali indicatori sono presenti nei questionari delle grandi
inchieste campionarie del tipo World Values Surveys, fra le tecniche qualitative le
interviste in profondità o i focus group appaiono come strumenti più soddisfacenti
allo scopo di fare emergere in modo meno direttivo gli elementi più significativi di
un dato atteggiamento collettivo. Anche varie tecniche sperimentali vengono
correntemente utilizzate, specialmente dagli psicologi sociali e politici, ad esempio
per far emergere pregiudizi razziali latenti che possono essere parte di una cultura
politica collettiva.
21
Poiché, ad esempio, l’atteggiamento collettivo del pubblico degli Stati Uniti è, secondo gli studi in
materia, favorevole al libero mercato, all’applicabilità della pena di morte e alla difesa militare
dell’interesse nazionale, un attore politico che, in questa fase storica, proponesse la nazionalizzazione
dell’industria automobilistica, l’abolizione della pena capitale a livello federale e il ritiro unilaterale
delle truppe dai territori extra-nazionali si porrebbe al di fuori dello spettro delle opinioni
politicamente legittime.
22
La spiegazione del processo e della relazione di reciprocità fra rappresentazioni individuali e
collettive è uno dei problemi classici della sociologia, affrontato in particolare da Durkheim ne Le
forme elementari delle vita religiosa (1912: 159): «Allo stesso modo in cui non esistono società senza
individui, le forze impersonali che si dispiegano dalla collettività non possono costituirsi senza
incarnarsi in delle coscienze individuali nelle quali esse si individualizzano. In realtà non si tratta di
due processi diversi, ma di due aspetti diversi di un unico processo».
15
2. Opinione aggregata
L’opinione aggregata è uno stato d’opinione su un oggetto tematizzato
nell’agenda pubblica. In quanto tale, essa emerge in merito a un tema che gode in
quel momento dato di un’ampia copertura da parte dei media e si trova al centro di
una qualche controversia tra attori politici o sociali concorrenti. La tematizzazione
presuppone quindi un’ampia comunicazione per via mediale e l’esistenza di un
qualche dibattito a livello ‘macro’ (ad esempio fra gli attori politici attraverso i media
nazionali), benché non sempre accompagnato da un analogo dibattito a livello
‘micro’ (fra i cittadini nelle loro cerchie sociali di riferimento). In una tipologia dagli
elevati livelli di denotazione (o estensione) come quella qui proposta, il requisito di
un’approfondita discussione interpersonale che coinvolga i membri del pubblico non
è dunque necessario, poiché questi ultimi sono suscettibili di formarsi un’opinione
sul tema a partire dalla semplice esposizione alle argomentazioni e controargomentazioni sviluppate dagli attori in competizione per la conquista del consenso,
e veicolate appunto dai media.
Nel caso dell’opinione aggregata, il principio d’efficacia è dato dal criterio
della maggioranza, trattandosi di una forma d’espressione dell’opinione pubblica
fondata sulla sommatoria delle singole opinioni dei membri di un pubblico, da cui
emergono determinati ‘allineamenti’ percentuali rispetto al tema in questione. Essa si
manifesta attraverso un’ampia gamma di canali e di strumenti di rilevazione, tanto
diversi tra loro quanto accomunati dal principio dell’aggregazione delle singole
opinioni e dalla logica della ‘volontà della maggioranza’. Fra questi, vi sono
certamente i referendum, ma anche le elezioni, che tematizzano nella sfera pubblica
politica la scelta tra partiti o candidati concorrenti. Tuttavia, il sondaggio d’opinione
appare come lo strumento di rilevazione per eccellenza dell’opinione aggregata, a
condizione che verta su una questione di interesse pubblico tematizzata da un
qualche attore individuale o collettivo e dotata di copertura mediale nel periodo in
cui è effettuata la rilevazione campionaria.23 Questo requisito accomuna l’opinione
aggregata non solo alla prospettiva teorica dell’opinione pubblica come Opinione
maggioritaria (d), ma anche a quella che presuppone la presenza di una Pubblica
discussione (b), che tuttavia in questo caso si svilupperà essenzialmente nei termini
di un dibattito pubblico mediale. Il pubblico di riferimento sarà qui quella parte del
pubblico generale, più o meno ampia a seconda dei contesti tematici e dei casi
nazionali, che prende parte a questo tipo di consultazioni relativamente tematizzate, a
base elettorale piuttosto che campionario/demoscopiche: un pubblico votante nel
caso di elezioni e referendum, un pubblico rispondente nel caso dei sondaggi
d’opinione.
In conseguenza della strategia denotativa prescelta per questa classificazione,
anche altri due rilevanti sottotipi di sondaggi, che pur si differenziano profondamente
dai comuni sondaggi campionari per alcuni importanti aspetti, rientrano fra gli
strumenti di rilevazione (e fra i canali d’espressione) di un’opinione aggregata, sulla
base dei criteri presentati nella tab. 2. Il primo tipo sono i sondaggi deliberativi
(deliberative polls), che vanno al di là del comune sondaggio d’opinione per il fatto
di predisporre uno spazio fisico di discussione ad uso di un campione di partecipanti,
sicché il risultato atteso non sarà la semplice aggregazione delle preferenze
individuali, ma la possibilità di una loro trasformazione, in consonanza con un
23
In caso contrario, nella migliore delle ipotesi ciò che sarà rilevato è un atteggiamento collettivo su
una questione di potenziale interesse pubblico, ma che non è stata oggetto di investimento simbolico
da parte degli attori politici, e non ha quindi (ri)attivato linee di divisione tra il pubblico
(Schattschneider 1960).
16
principio fondante della teoria deliberativa; il secondo tipo sono gli ormai continui
sondaggi online attraverso campioni auto-selezionati, specie fra gli utenti di un
qualche sito di informazione o blog (web polls). Benché il grado di motivazione dei
partecipanti a quest’ultimo tipo di sondaggi possa essere superiore a quello degli
intervistati estratti a sorte e sollecitati a rispondere, il principio unificante va ricercato
di nuovo nella tematizzazione pubblica che gli oggetti di questi sondaggi per
definizione presentano, poiché tipicamente si riferiscono a controversie che nascono
da eventi sociali o politici d’attualità e sono ampiamente discussi nei media –
soprattutto attraverso editoriali, interviste o commenti dei lettori.24
La funzione politica essenziale dell’opinione aggregata come forma
d’espressione dell’opinione pubblica consiste nella manifestazione di un consenso o
di un dissenso specifico e contingente verso un’azione, proposta o presa di posizione
pubblica ad opera di un qualche attore del sistema politico o della società civile.
Secondaria appare, a questi fini, la questione dell’uso che di tale manifestazione di
consenso/dissenso viene fatto – conoscitivo o strumentale. Allo stesso modo, uno
stato d’opinione diviso in due su un dato tema, e quindi l’assenza di una qualsivoglia
maggioranza al riguardo, non pregiudica in nulla il senso dell’opinione aggregata
come forma espressiva dell’opinione pubblica.
3. Corrente d’opinione
Per corrente d’opinione si intende una dinamica d’opinione su un oggetto non
tematizzato nell’agenda pubblica. Nel significato di ‘corrente’ è contenuto non solo
l’elemento dinamico, ma anche l’altra caratteristica essenziale di questa forma
d’espressione dell’opinione pubblica, vale a dire la sua dimensione latente, ovvero
non (ancora) manifesta nella sfera pubblica mediale. La corrente d’opinione, infatti, è
una tendenza in via di formazione in un pubblico intorno a un tema che non ha
ancora fatto irruzione sulla scena politica. È quindi paragonabile a un atteggiamento
collettivo in corso di formazione (o di trasformazione) presso un pubblico
caratterizzato da un qualche livello di partecipazione politica attiva o passiva, su una
questione che non è stata oggetto esplicito di trattamento politico o mediatico.
La formazione di una corrente d’opinione, ad esempio anti-politica, o ‘anticasta’, o in una direzione ideologicamente conservatrice, può dispiegarsi nel medio
periodo – per un certo numero di mesi/semestri 25 – restando tuttavia ‘sotto traccia’,
senza cioè che né il fenomeno stesso né una sua eventuale causa esplicita siano
rilevati pubblicamente – se non, almeno in una forma embrionale, attraverso
dispositivi d’analisi creati ad hoc, di tipo quantitativo (analisi diacroniche panel) o
qualitativo (focus group tematici). Questo crescente atteggiamento collettivo non
potrà dunque coinvolgere un pubblico consapevole di se stesso e, per così dire,
autoriflessivo. Solo quando, e nel caso in cui, il tema dell’anti-politica, o di un
crescente sentimento ‘anti-casta’, o di un’onda ideologicamente conservatrice, sarà
stato attivato, evidenziato, problematizzato e tematizzato dai media e dagli attori
politici, la corrente d’opinione potrà cristallizzarsi in uno stato d’opinione
24
Entrambi questi sottotipi sono quindi indicatori dell’opinione aggregata e possono essere collegati
alla prospettiva teorica (d) (Opinione maggioritaria), perché il loro principio di efficacia resta quello
di maggioranza. Tuttavia il sondaggio deliberativo ha un legame più accentuato con la prospettiva (b)
(Pubblica discussione), mentre il sondaggio online si avvicina agli indicatori della quarta forma
d’espressione dell’opinione pubblica (‘movimento d’opinione’).
25
Una dinamica della durata di vari anni darebbe luogo a un riallineamento d’opinione di tipo
strutturale più che a una corrente d’opinione di medio periodo.
17
suscettibile di rilevazione quantitativa, e eventualmente attribuibile a una
maggioranza del pubblico generale (ad esempio, favorevole alla revocabilità dei
parlamentari sottoposti a indagini giudiziarie), e/o sfociare in un movimento
d’opinione, vale a dire in una mobilitazione tematizzata di un pubblico attivo (come
una manifestazione di piazza organizzata da esponenti della società civile allo scopo
esplicito di contestare la classe politica). 26
Un’importante variante elettoralistica della corrente d’opinione, inoltre,
consiste in una propensione latente, ma relativamente anticipabile, del pubblico
votante su un tema, o una scelta elettorale, non ancora posta al centro del dibattito
politico-mediale. Questo fenomeno è legato alla relativa prevedibilità di alcune
dinamiche d’opinione che riguardano il sostegno ai governi/presidenti in carica o
uscenti. Una dinamica ricorrente in vari sistemi politici, ad esempio, consiste nella
flessione di voti, nell’arco del ciclo elettorale che investe un’intera legislatura, per i
partiti di governo nelle elezioni di secondo ordine (midterm elections). Un’altra
tendenza prevedibile riguarda la sanzione elettorale per i presidenti o governi uscenti
in congiunture di crisi economica. Un’altra ancora, più specificamente in merito
all’andamento delle curve di popolarità dei presidenti/primi ministri, prevede un
declino dei consensi per la leadership politica nazionale dopo un certo numero di
mesi dall’investitura elettorale; ma anche un provvisorio picco di popolarità,
osservato specialmente nel contesto statunitense, in caso di scoppio di un conflitto
internazionale (rally round the flag). Tutti questi fenomeni possono essere
considerati come fattispecie di correnti d’opinione (o di ‘opinione latente’: Zaller
2003), in quanto non rilevabili sotto forma di opinione aggregata prima che l’evento
elettorale o politico si sia verificato, e tuttavia considerabili in qualche modo in via di
formazione, come allo stadio di propensioni ‘carsiche’ e destinate a venire alla luce
quando la questione sarà pubblicamente tematizzata.
Infine, anche il fenomeno del ‘clima d’opinione’, che riguarda la percezione
che i membri di una collettività si formano in merito agli orientamenti della
maggioranza, può essere messo in relazione a questa forma espressiva dell’opinione
pubblica. La percezione di «dove tira il vento» dell’opinione maggioritaria è infatti
un processo latente e in continua evoluzione, una sorta di pratica sociale che
coinvolge continuamente gli individui, benché a un debole grado di consapevolezza,
sia all’interno delle loro cerchie personali sia, attraverso la rappresentazione che ne
danno i media, a un livello sociale più ampio, tipicamente quello nazionale. 27 Anche
in questo caso il fenomeno può tradursi in termini elettorali, nella misura in cui la
percezione di «chi vincerà le elezioni» è in grado di condizionare i comportamenti di
alcuni segmenti del pubblico votante (Noelle-Neumann 1984).
L’efficacia e la funzione politica di una corrente d’opinione risiede
nell’anticipazione dell’impatto che potrà produrre emergendo con la pubblica
tematizzazione del fenomeno. Questa sorta di impatto potenziale e differito nel
tempo potrà misurarsi nei termini quantitativi dell’opinione aggregata (ad esempio,
una maggioranza di voti alle elezioni) o nei termini dell’intensità di un movimento
d’opinione (la mobilitazione tematizzata di un pubblico attivo). Potenzialità e
26
La formazione di una corrente d’opinione conservatrice è prevedibile, secondo lo studio di Stimson
(2004) riferito alla politica degli Stati Uniti, in presenza di un’amministrazione liberal, mentre una
‘marea di consenso’, come egli la definisce, in direzione liberal è da mettere in relazione alla presenza
di un’amministrazione di orientamento conservatore. La spiegazione è che l’opinione pubblica
americana, fondamentalmente moderata e centrista, darebbe vita a correnti ri-equilibratrici rispetto a
linee di policies percepite come ideologicamente ‘sbilanciate’ a destra o a sinistra.
27
Il concetto di ‘influenza impersonale’ (Mutz 1998), in particolare, si riferisce all’influenza esercitata
dai media sulle percezioni che gli individui si formano degli ‘altri’ anonimi e collettivi, dell’altro
generalizzato al di fuori della propria cerchia sociale.
18
anticipazione dell’impatto di una corrente d’opinione definiscono anche l’essenziale
funzione di controllo che essa esercita sui detentori dell’autorità politica, come una
sorta di possibile sanzione preventiva verso il loro operato decisionale.
4. Movimento d’opinione
Per movimento d’opinione si deve intendere, infine, una dinamica d’opinione
su un oggetto tematizzato nell’agenda pubblica. L’espressione ‘movimento
d’opinione’ appare dotata di una valenza euristica importante, nonostante sia
sorprendentemente assente dalla letteratura sull’opinione pubblica. Essa coglie infatti
quella dimensione dei processi d’opinione maggiormente legata ai fenomeni d’azione
collettiva, evitando però di collassare il concetto di opinione pubblica in quello di
movimento sociale. 28 Più precisamente, un movimento d’opinione si configura come
una reazione di un pubblico attivo che si mobilita in riferimento a un avvenimento di
società (ad esempio un fatto di cronaca con implicazioni più o meno indirettamente
politiche) o a una questione politica (nel duplice significato inglese di political issue
e policy issue) contingente, relativa cioè al dibattito pubblico inserito nell’attualità
mediale. Un movimento d’opinione non nasce dunque da uno specifico gruppo o
categoria sociale, né si appoggia su reti di relazioni e risorse organizzative
relativamente stabili, né si fa portatore di visioni del mondo alternative o di nuove
identità collettive. Piuttosto, nasce come espressione volontaristica di una posizione
intensamente sentita da una parte del pubblico attento, che si attiva in reazione a un
evento politico, o suscettibile di essere mobilitato politicamente, dotato in quel
momento di un’ampia copertura da parte dei media.
La diffusione dei nuovi media, e in particolare di internet, sembra aver
attribuito una nuova centralità a questa forma di espressione dell’opinione pubblica,
una cui manifestazione tipica è quella della petizione. Questa modalità classica di
partecipazione politica, anch’essa caratterizzata da una natura tipicamente reattiva
rispetto a un evento contingente, può infatti applicarsi con uguale efficacia alle nuove
forme di comunicazione online. Così, la petizione, l’appello, o la sottoscrizione cui
aderiscono gli utenti di un sito di informazione o di uno spazio di social networking
rappresenta una delle forme più tipiche di opinione mobilitata nella sfera pubblica
virtuale, e può fornire lo spunto allo stesso tempo per un’azione di protesta collettiva
offline, come una semplice manifestazione in piazza, o una flash mob, o un media
event. 29 Ma è necessario insistere sulle opportunità che il web ha dischiuso per la
28
In alcune delle loro possibili espressioni, i concetti di movimento sociale e di movimento d'opinione
potranno divenire empiricamente indistinguibili, specie nella fase di ‘statu nascenti’ e in relazione a
tematiche legate al conflitto fra forze o attori politici istituzionalizzati. Nulla impedisce eventualmente
di considerare i movimenti d’opinione come un sottotipo di movimento sociale, caratterizzato dalle
proprietà indicate nel seguito del testo.
29
Infiniti sono gli esempi possibili di movimenti d’opinione online e/o di piazza. Fra i più celebri, le
manifestazioni simultanee in vari paesi del mondo contro l’intervento militare in Iraq nel marzo 2003
sono state spesso indicate come esempi di una nuova ‘opinione pubblica globale’, ma lo sono nella
forma specifica del ‘movimento d’opinione’. Lo stesso vale per le estemporanee proteste contro il
governo Aznar in Spagna dopo gli attentati del marzo 2004, strumentalmente attribuiti da fonti
governative all’ETA. Nel caso italiano, ottimi esempi di movimenti di opinione, prima che si
strutturassero in movimenti sociali organizzati o si istituzionalizzassero trovando rappresentanza in
partiti politici, sono offerti dai primi ‘Girotondi’, dalla prima manifestazione del ‘Popolo viola’, dalle
mobilitazioni, prevalentemente online, contro il lodo Alfano o la cosiddetta ‘legge bavaglio’ sulle
intercettazioni. In tutti questi casi, il principio d’efficacia dell’opinione pubblica non è più la
maggioranza, ma l’intensità delle opinioni espresse da una parte, presumibilmente minoritaria, del
pubblico.
19
nascita, la formazione e l’esistenza stessa di movimenti d’opinione. Se le lettere ai
giornali e i fax di protesta alle sedi istituzionali hanno rappresentato, in epoche
diverse, due modalità esemplari di mobilitazione dell’opinione, la comunicazione in
rete ha moltiplicato le opportunità di espressione (re-)attiva di un pubblico
minoritario ma portatore di opinioni intense : dai post, o commenti inseribili in fondo
alle notizie su siti di informazione, blog, o communities, alla formazione di gruppi
tematici nelle reti sociali, tutte queste modalità di espressione e mobilitazione
dell’opinione su un oggetto tematizzato nell’agenda pubblica rappresentano
altrettanti indicatori tanto dell’esistenza, quanto per l’analisi stessa dei movimenti
d’opinione. 30
Se il principio di efficacia del movimento d’opinione è naturalmente non la
maggioranza, bensì l’intensità – e quindi la visibilità e la forza nello spazio pubblico
mediale – di una posizione assunta da una parte minoritaria del pubblico che si attiva
in relazione a un evento politico contingente, la funzione di questa forma espressiva
è essenzialmente di natura critica, o di contro-potere. La dinamica prevalentemente
reattiva dei movimenti d’opinione, infatti, tende a privilegiare la dimensione critica
in relazione a avvenimenti che coinvolgono le élite di governo o proposte di policy
governative, anche se ciò non esclude al contempo la proposta, la rappresentanza e la
manifestazione di «potenzialità alternative» nella sfera pubblica (Pizzorno 2008: 18).
La componente della durata appare come dirimente nell’identificazione di un
movimento d’opinione, il cui ciclo di vita si dispiega nei tempi stessi della
tematizzazione mediale dell’oggetto della mobilitazione. La natura contingente, e
legata alla durata della copertura mediale del tema, di un movimento d’opinione
rende questo fenomeno suscettibile di tre esiti principali. Il primo è la semplice
estinzione con la fuoriuscita del tema dall’agenda pubblica. Qualora invece il tema si
inserisca nell’agenda del dibattito mediale di medio o lungo periodo, scavando così
una nuova linea di divisione sociale o politica, il movimento d’opinione può finire
per strutturarsi in un’organizzazione di movimento sociale (social movement
organization), oppure istituzionalizzarsi in un partito politico.
Intrecciato alle tradizioni teoriche dell’opinione pubblica non solo come
Azione collettiva (c), ma anche come Processo multidimensionale (f) fondato su una
continua interazione dinamica tra attori individuali e collettivi, questo fenomeno si
presta male, da un punto di vista metodologico, a essere studiato attraverso lo
strumento della survey, se non per un’analisi sociodemografica o motivazionale dei
partecipanti alle iniziative del movimento. Strumenti preferibili per un’analisi del
fenomeno nella sua dimensione collettiva appaiono piuttosto, oltre alle analisi
quantitative degli indicatori suggeriti sopra, un’etnografia delle azioni di protesta,
un’analisi del discorso o dei frame del movimento, un’analisi dei reticoli sociali, e
altre fra le principali tecniche mutuate dallo studio dei movimenti sociali.
3. Per concludere: una definizione inclusiva di opinione pubblica, oltre le antinomie
classiche
A conclusione di questo lavoro di classificazione delle fondamentali
tradizioni interpretative e delle principali forme d’espressione contemporanee
dell’opinione pubblica, si può tentare di formulare una definizione più precisa del
concetto, ma sufficientemente inclusiva da recepire elementi da ciascuna delle
30
Operativamente, utili indicatori possono essere ad esempio la quantità e l’uni-direzionalità dei
commenti postati su un tema, o il numero di adesioni a gruppi di social networking creati ad hoc per
sostenere una data ‘battaglia’ d’opinione.
20
diverse accezioni, considerate nella loro fondatezza teorica, capacità euristica e
attualità empirica.
L’opinione pubblica potrà essere definita come:
l’insieme degli orientamenti collettivi dei cittadini su un oggetto politico o sociale,
che possono tradursi in diverse forme espressive, a seconda che l’oggetto sia tematizzato
(“opinione aggregata”) o non tematizzato (“atteggiamento collettivo”) nell’agenda pubblica
mediale a un momento dato, e che su tale oggetto si attivi un processo d’opinione latente,
vale e dire in assenza di pubblicità mediale (“dinamica d’opinione”), oppure manifesto, in
presenza di una significativa copertura mediale del tema (“movimento d’opinione”). In
ciascuna di queste possibili forme d’espressione, tali orientamenti collettivi potranno
risultare dalle interazioni con tutti gli altri attori (media, élite politiche, organizzazioni della
società civile) della sfera pubblica a diversi livelli (subnazionale, nazionale, sovranazionale).
Empiricamente, potranno consistere sia in allineamenti ‘percentuali’ d’opinione, sia in
mobilitazioni
attive
di
diversi
tipi
di
pubblici
a
vario
livello
di
generalità/attenzione/partecipazione, con funzioni ed effetti di legittimazione, consenso,
critica e controllo nei confronti tanto di un sistema politico nel suo insieme, quanto delle
decisioni politiche contingenti.
Si tratta dunque di una definizione inclusiva, perché racchiude al suo interno
tutte le forme espressive analizzate – (1) atteggiamento collettivo, (2) opinione
aggregata, (3) corrente d’opinione e (4) movimento d’opinione. Tuttavia si tratta
anche di una definizione esplicita in relazione alla questione fondamentale di «chi
sono» gli attori dell’opinione pubblica. Infatti, in parziale controtendenza rispetto ad
alcuni assunti della prospettiva teorica oggi più in voga – (f) processo
multidimensionale – si ritiene importante ricondurre, e in un certo senso
circoscrivere, al pubblico, o ai pubblici, la natura e la composizione di ciò che
intendiamo per opinione pubblica. Certo, quest’ultima rappresenta l’orizzonte
strategico di un ampio campo di forze e attori individuali e collettivi – editorialisti e
opinion maker, leader e partiti, chiese, ONG, sindacati, associazioni e gruppi di
volontariato, movimenti sociali, categorie professionali, ecc. – che concorrono e
interagiscono nella sfera pubblica ‘reale’, principalmente allo scopo di produrre
allineamenti e/o movimenti d’opinione che legittimino e rafforzino le proprie
posizioni, in vista di esiti decisionali vincolanti per la collettività. In questo processo,
le élite politiche, mediali o demoscopiche possono certamente agire come
imprenditori, canali o determinanti dell’opinione pubblica. Tuttavia esse non ne
fanno direttamente parte. L’opinione pubblica, come concetto empirico, ne è se mai
il risultante, e resta pertanto un fenomeno relativo ai pubblici, vale a dire ai cittadini,
ut singuli o collettivamente, in gruppi.
Ciò detto, l’adozione di una prospettiva ‘multiforme’(o polimorfica) implica
che l’opinione pubblica vada studiata esattamente in quanto processo. Non solo,
però, nel senso ‘multidimensionale’ – nell’interazione dei diversi tipi di pubblico con
gli altri attori della sfera politica – bensì, e soprattutto, in senso dinamico, nella
misura in cui ogni processo d’opinione pubblica si presenta anche come una
sequenza diacronica, specie di breve e medio periodo, di combinazioni variabili tra
forme diverse d’espressione dell’opinione pubblica. Così, nell’analisi delle diverse
‘fasi di vita’ di un oggetto, non ancora o già tematizzato nell’agenda pubblica, e dei
successivi stadi di formazione e coinvolgimento di tipi di pubblico diverso, potranno
emergere le specifiche combinazioni di atteggiamento collettivo, opinione aggregata,
corrente d’opinione e movimento d’opinione – o potrà emergere di volta in volta la
21
forma espressiva più influente nel processo – che concorrono a definire
dinamicamente quel costrutto che chiamiamo ‘opinione pubblica’. 31
Oltre a fornire un framework d’analisi per la ricerca sull’opinione pubblica,
un approccio di tipo polimorfico permette di superare alcuni dei principali dilemmi
teorici che tipicamente ostacolano i tentativi di chiarificazione del fenomeno. Fra i
dilemmi, o antinomie, o tensioni bipolari che, classicamente presenti nel concetto di
opinione pubblica (Price 1992), tendono a risolversi nella prospettiva multiforme e
nella strategia di tipologizzazione qui perseguite, si possono ricordare i seguenti:
•
•
•
•
•
Individuale vs. collettivo
Emotivo vs. ragionato
Autonomo vs. eterodiretto
Intenzionale vs. inconsapevole
Volatile vs. profondo
L’illustrazione delle quattro forme d’espressione dell’opinione pubblica qui
individuate ha permesso di ripensare il fenomeno nei termini di un costrutto
composito, in grado di riconciliare in sé, combinandole più che contrapponendole,
alcune delle sue proprietà dicotomiche classiche. Così, l’opinione pubblica può
essere al contempo – o in fasi diverse del processo, a seconda della combinazione
specifica, o della forma espressiva di volta in volta più influente – un fenomeno
individuale e/o collettivo, emotivo e/o ragionato, autonomo e/o eterodiretto,
intenzionale e/o inconsapevole, volatile e/o profondo. 32
Naturalmente, il quadro concettuale qui proposto dovrà essere affinato e
arricchito attraverso il più gran numero di applicazioni alla ricerca empirica,
utilizzandone la griglia per singoli casi di studio o per analisi comparate, e
acquisendo di volta in volta nuovi elementi di comprensione del fenomeno. Tuttavia
questa proposta avrà già raggiunto un risultato importante se sarà riuscita in un
duplice intento: disincagliare il concetto di opinione pubblica dall’interpretazione
31
Ad esempio, il processo d’opinione pubblica che negli Usa ha avuto come oggetto il candidato
presidenziale Obama potrebbe essere scomposto in quattro diverse fasi analitiche, a ciascuna delle
quali corrisponde ipoteticamente una forma espressiva specifica e più influente. Prima che la
candidatura di Obama alle primarie democratiche fosse tematizzata nel dibattito pubblico mediale,
l’opinione pubblica poteva essere analizzata in quanto (1) atteggiamento collettivo: per esempio
rispetto all’idea di un presidente afroamericano, o rispetto a un tipo di leadership simbolica ‘di
prossimità’, relativamente outsider e ‘post-ideologica’; (3) corrente d’opinione: un livello di
insoddisfazione destinato a crescere nell’opinione pubblica rispetto all’operato del presidente uscente,
a causa tanto del perdurare della guerra in Iraq quanto del sopraggiungere della crisi economica. Una
volta la candidatura tematizzata, l’opinione pubblica poteva essere analizzata in quanto (2) opinione
aggregata: la percentuale di consenso per il candidato Obama alle primarie (e poi di voti alle elezioni
presidenziali, e poi ancora di popolarità del presidente neoeletto); (4) movimento d’opinione: la
mobilitazione di settori crescenti di pubblico per sostenere attivamente il candidato Obama (attraverso
sottoscrizioni finanziarie, attivismo grassroots e online, partecipazione alle primarie, ecc.).
32
L'elemento emotivo, ad esempio, è potenzialmente presente in ciascuna delle forme d’espressione,
come indicato dal continuo richiamo, nella tab. 2, alla tradizione teorica (e) (Emozione pubblica).
Nell’atteggiamento collettivo, la dimensione emotiva è presente nella definizione stessa di
‘orientamento affettivo’, un cui esempio-limite può essere quello del pregiudizio di tipo razziale;
nell’opinione aggregata, le preferenze degli individui possono essere tanto il frutto di un processo
deliberativo ragionato, quanto una reazione istantanea a un frame dell’informazione intriso di
emotività (Autore 2009); la corrente d’opinione, a sua volta, può nascere e svilupparsi in quanto
‘sentimento’ latente fra settori sempre più ampi, o sempre più motivati, del pubblico; il movimento
d’opinione, infine, presuppone una mobilitazione di individui che possono essere motivati da stati
emozionali quali, ad esempio, la rabbia, l’orgoglio o l’indignazione.
22
riduttiva e banalizzante di «ciò che misurano i sondaggi», e farlo al contempo
discendere dalle astrazioni ‘celesti’ dello Spirito santo o dell’Araba fenice.
23
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