L’ aviazione militare italiana nella grande guerra Le origini dell’aviazione militare italiana risalgono alla fine del XIX secolo, quando i vertici del Regio Esercito decisero di impiegare i palloni aerostatici come mezzi di osservazione. Precisamente nel 1884 venne costituito a Roma un Servizio aeronautico che l’anno successivo divenne Sezione aerostatica del 3° Reggimento del Genio ed il cui parco comprendeva due palloni da 550 metri cubi, un generatore di idrogeno ed un verricello a vapore. Nei primi mesi del 1909, contemporaneamente all’adozione dei primi dirigibili, l’Esercito acquistò un biplano Wright n. 4 (costruito in Francia e capace di una velocità di 58 chilometri orari con un carico utile di 120 chilogrammi) che fu in assoluto la prima macchina “più pesante dell’aria” in dotazione alle Forze Armate italiane. Gli anni immediatamente successivi al conflitto di Libia furono importanti per la crescita e lo sviluppo dell’aviazione militare: l’approvazione di una serie di leggi e decreti gettò le basi di quella che una decina di anni dopo comportarono l’uso delle nuove “armi volanti”. Il 24 maggio 1915, giorno in cui l’Italia dichiarò guerra all’Impero Austro-Ungarico, l’Esercito e la Marina furono in grado di mobilitare in tutto solamente un’ottantina di aeroplani (la Francia ne schierava quasi un migliaio sul fronte occidentale), l’Italia con 5 dirigibili e un centinaio di uomini fra piloti e tecnici. Verso la fine del 1915, grazie anche agli aiuti degli alleati, l’industria italiana iniziò finalmente a produrre su licenza sia aeroplani stranieri che mezzi di concezione interamente nazionale come, ad esempio, i bombardieri Caproni. Con un adeguato supporto industriale e con maggiori stanziamenti di fondi, nei successivi tre anni di guerra l’aviazione crebbe notevolmente tanto dal punto di vista delle forze disponibili quanto da quello della qualità dei servizi che fu in grado di fornire, nei limiti ovviamente imposti dai mezzi dell’epoca. Lo sviluppo di nuove tecnologie, come ad esempio l’adozione delle prime rudimentali radio di bordo, le migliorie agli armamenti da offesa e da difesa, nonché un costante aggiornamento di tattiche e procedure, concorsero al raggiungimento negli ultimi mesi di guerra di una netta superiorità aerea sul campo di battaglia che diede, fra l’altro, un valido apporto al raggiungimento della vittoria finale. Le spese straordinarie sostenute per la campagna di Libia e i limitati stanziamenti destinati alle Forze Armate negli anni successivi contribuirono a rallentare lo sviluppo dell’aviazione che per prima aveva dimostrato l’utilità dell’aeroplano sul campo di battaglia. Sebbene l’Italia si fosse dichiarata neutrale, il Regio Esercito aveva già elaborato, nell’agosto 1914, un piano di potenziamento dell’aviazione che prevedeva la formazione, fra le altre, anche di squadriglie da ricognizione strategica e da osservazione per l’artiglieria. La regolazione del tiro, preferibilmente per pezzi di medio o grosso calibro, poteva avvenire su bersagli già noti e identificati oppure su obiettivi individuati durante il volo. Il successo di una missione di regolazione del tiro dipendeva soprattutto dall’abilità dell’ufficiale osservatore, dall’affiatamento dello stesso con le postazioni di terra, dalla bontà dei sistemi di comunicazione e dalle condizioni atmosferiche. I dati della produzione di aeromobili indicano la limitatezza della guerra aerea nel teatro italiano: 11.986 aerei prodotti dal Regno d’Italia contro i 5.431 prodotti dall’impero austro-ungarico, confrontati con i circa 150.000 velivoli prodotti dall’industria tedesca, inglese e francese. Nei primi sei mesi di ostilità l’attività aerea si limitò a ricognizioni disarmate, anche per i limiti degli aeroplani del periodo, accentuati dall’elevata altitudine dell’area del fronte. Eccezione furono i L’aerostato è un particolare aeromobile che vola per sostentazione statica; esso, cioè, tende a salire nell’atmosfera in quanto risulta più leggero dell’aria che lo circonda I l Wright Model EX era un biplano monoposto monomotore da corsa e da esibizione, progettato dai fratelli Wright all’inizio degli anni 1910 a partire dal Wright Model R. Il Caproni Ca.40 era un bombardiere pesante trimotore triplano sviluppato dall’azienda aeronautica italiana Caproni nei tardi anni dieci del XX secolo. bombardamenti austriaci del 24 ottobre 1915 su Venezia, che causarono solo gravi danni al patrimonio culturale. Mentre i primi tentativi italiani, dell’agosto 1915, di bombardamento con i trimotori Caproni Ca.3, si rilevarono fallimentari. Nel febbraio 1916, Anche l’aviazione italiana subì l’improvvisa supremazia dei monoplani Fokker, che contrastarono efficacemente una missione di dieci bombardieri Caproni, in cui trovò la morte il colonnello Alfredo Barbieri, comandante della divisione aerea italiana. La morte di Barbieri ridusse le ambizioni di bombardamento strategico italiane, i bombardieri Caproni furono limitati a missioni poco oltre la linea del fronte. Per una ripresa della supremazia aerea italiana ci volle l’aprile del 1916, con la messa in linea dei nuovi caccia francesi Nieuport e le prime vittorie di Francesco Baracca. Nonostante che l’aviazione austro-ungarica non disponesse di bombardieri plurimotori, le missioni pianificate ebbero notevoli successi pioneristici, quale il bombardamento di Milano del 14 febbraio 1916. Il 9 agosto gli austriaci bombardarono Venezia, affondando un sommergibile inglese alla fonda nel porto, probabilmente il primo mezzo del genere affondato dall’aviazione. L’uccisione di 93 civili, che si erano radunati in un rifugio antiaereo, durante il bombardamento di Padova fu uno dei più gravi, per numero di civili uccisi, della prima guerra mondiale. Le vittime complessive dei bombardamenti austriaci superarono le 400 unità, confrontabili con le 746 morte nei bombardamenti alleati sul suolo tedesco. Allo scoppio delle ostilità, avvenuto il 23 maggio 1915, l’Italia era in possesso di circa 150 aerei, 91 piloti, 20 osservatori e 20 allievi piloti. Dato lo stato primitivo dell’industria aeronautica in Italia, furono presto acquistati numerosi aerei esteri, per lo più francesi. Tuttavia, allo stesso tempo fu dato forte impulso alla creazione di un apparato industriale che potesse garantire una consistente produzione di aeromobili su scala locale. Da un punto di vista tattico, l’aviazione italiana aveva il problema di dover superare le Alpi per portare un attacco in territorio nemico. Allo stesso tempo, molte delle aree che ricadevano nel raggio di azione dei propri aerei erano territori che l’Italia sperava di acquistare in seguito al conflitto, e quindi aveva poco senso bombardarle. In risposta alla necessità di effettuare missioni di bombardamento a lungo raggio, fu dato impulso alla costruzione di un totale di 75 dirigibili. Essi, tuttavia, non raggiunsero risultati comparabili a quelli ottenuti dalle aeronavi tedesche nei confronti del Regno Unito. Il maggiore Pur progresso ottenuto dall’aviazione non avendo italiana nel corso del primo l’autorità per farlo, Douhet conflitto mondiale, fu dovuto autorizzò quest’ultimo a costruire per l’aeronautica italiana all’iniziativa di Giulio Douhet ed dei bombardieri trimotori. Quando alla sua relazione con Gianni la cosa arrivò all’attenzione dei Caproni. Tale periodo di cattività suoi superiori, Douhet si vide gli diede tuttavia la possibilità di rimosso dalla propria funzione, consolidare le proprie idee. Se e spedito a prestare servizio nel Regio Esercito. Successivamente, a Douhet aveva pagato duramente la causa di alcuni suoi scritti divenuti propria iniziativa, di fatto la Regia involontariamente pubblici, Aeronautica si trovò provvista nell’ambito dei quali criticava degli ottimi bombardieri trimotori l’approccio italiano all’arma Caproni, i motori, risultavano utili aerea, venne deferito alla corte marziale ed imprigionato. nel bombardamento tattico e nelle incursioni contro la base navale Venezia, L’interno della Chiesa degli Scalzi in seguito al bombardamento austriaco Alfredo Barbieri è stato Tenente colonnello nella Regia Aeronautica ed è morto in combattimento nella prima guerra mondiale durante un attacco aereo su cieli di Lubiana. Il Nieuport 17 fu un caccia monomotore biplano sviluppato dall’azienda francese Société Anonyme des Établissements Nieuport negli anni dieci del XX secolo. Francesco Baracca (1888/1918) è stato il principale asso dell’aviazione italiana e medaglia d’oro al valor militare nella prima guerra mondiale, durante la quale gli vengono attribuite trentaquattro vittorie aeree. È stata avanzata una tesi secondo la quale Baracca, piuttosto che bruciare con il velivolo o essere fatto prigioniero, avrebbe preferito suicidarsi (il corpo, ustionato in più punti, presentava una ferita di pallottola sulla tempia destra); da tempo, inoltre, esiste la rivendicazione dell’abbattimento da parte di un pilota austroungarico. austriaca di Pola. L’impiego degli aerei in grandi formazioni fino a cinquanta velivoli, numero mai eguagliato da altre aviazioni durante la Prima guerra mondiale, diede la dimostrazione pratica della validità delle teorie di Douhet, il quale venne riabilitato anche grazie ai buoni uffici del poeta e pilota Gabriele d’Annunzio. Quest’ultimo gettò le basi, come abbiamo detto, dell’arditismo aviatorio, effettuando una serie di rischiose missioni di ricognizione sull’Adriatico e i famosi raid sull’Austria, finalizzati al lancio di volantini in una vera e propria forma di guerra psicologica. L’impulso dato da Douhet all’aviazione italiana ebbe come risultato la trasformazione del primitivo apparato produttivo in uno di grandi dimensioni, che consentì all’Italia di terminare il conflitto con 6.488 aerei e 18.840 motori prodotti nel solo 1918. Tale accelerazione continuò anche nel periodo post-bellico, quando la Regia Aeronautica fu oggetto di particolari attenzioni da parte del dittatore Benito Mussolini. Allo scoppio del conflitto, la Regia Marina aveva già intrapreso da alcuni anni la formazione di una propria aviazione. Partendo da esperienze legate soprattutto ai palloni aerostatici in funzione di ricognizione ed osservazione, si giunse presto alla costituzione di una scuola per piloti d’aereo a Venezia (1913). I piloti usciti da tale scuola fondarono la squadriglia “San Marco”, che venne assegnata alla Regia Marina ed equipaggiata con otto idrovolanti di diverso tipo. Durante la prima guerra i lucani vennero impegnati quasi in tutte le zone di operazioni ed assegnati alle diverse Armi e Corpi del nostro Esercito, in modo particolare alla Fanteria. Quest’affermazione trova conferma scorrendo gli elenchi dei Caduti dei vari comuni della Lucania. Bisogna ricordare che la Brigata Basilicata, dal 1907 di stanza a Torino con i suoi due reggimenti, il 91° ed il 92°, aveva altri distretti di reclutamento: Catanzaro, Lodi, Lucca, Palermo, Savona, Varese. Il 92º Reggimento Fanteria della Brigata “Basilicata” fu costituito il 7 giugno 1883. Prese parte alla guerra di Libia, 1911-1912, al comando del colonnello Armando Diaz. Alla prima guerra mondiale il 92º Reggimento Fanteria della Brigata “Basilicata” partecipa dal maggio 1915, con proprie truppe. Per le brillanti prove di valore e di disciplina offerte in duri combattimenti e per la strenua resistenza contro ripetuti attacchi sferrati con forze superiori e sostenuti a prezzo di gravissime perdite nel novembre 1917 e nella battaglia del giugno 1918, i reggimenti furono decorati con la medaglia d’argento al valor militare. Stemma del Corpo 5 L IIS Nitti – Potenza, prof.ssa Giovanna Francese L’assistenza civile a Potenza durante la Grande Guerra Gabriele D’Annunzio (18631938) è stato uno scrittore, poeta, drammaturgo, militare, p olitico, giornalista e patriota italiano, simbolo del Decadentismo e celebre figura della prima guerra mondiale. Soprannominato il Vate, cioè “poeta sacro, profeta”, cantore dell’Italia umbertina, occupò una posizione preminente nella letteratura italiana dal 1889 al 1910 circa e nella vita Armando Vittorio Diaz è stato un generale italiano, cap o di stato maggiore del Regio Esercito durante la prima guerra mondiale, ministro della guerra e maresciallo d’Italia, e nominato Duca della Vittoria alla fine del conflitto. La Grande Guerra è la prima guerra moderna. Con essa nacque una “cultura di guerra” ovvero l’insieme Moderna delle rappresentazioni, degli atteggiamenti e delle esperienze degli anni 1914-1918 comuni agli europei. Per la popolazione non era possibile il dissenso e la guerra doveva essere appoggiata da tutti e in ogni modo. Ci fu un’estensione del potere militare sulla società civile, le zone di guerra furono Tale è stata considerata la poste sotto il controllo Prima Guerra Mondiale per diretto e supremo dei militari. l’introduzione di nuove armi e per essere stata la prima a svolgersi per Fu annullata la libertà politica e cielo, per mare e per terra. sindacale e fu soppresso il diritto di sciopero. Vennero dichiarate zone di guerra i terreni vicino alle trincee, ma presto si aggiunsero a esse le località dove avvenivano scioperi e manifestazioni. Il prolungarsi della guerra rese necessaria una riorganizzazione del sistema produttivo. Si instaurò un’economia di guerra e una parte degli apparati industriali venne convertita alla produzione delle armi. Inoltre, per la prima volta, le donne ebbero la possibilità di uscire dall’ambito familiare. Il prezzo della riorganizzazione fu pesante, lo Stato pagò oneri altissimi, diminuirono le aree seminate e i raccolti, ci fu un abbassamento del tenore di vita e una diffusione di malattie. Per sostenere gli eserciti al fronte fu necessario un grande sforzo produttivo. Uomini e donne furono coinvolti in una straordinaria mobilitazione per garantire ai militari tutto ciò di cui avevano bisogno. “Fronte interno” esprime la capacità che i popoli europei ebbero nel mobilitare le risorse umane ed economiche dei loro Paesi, infatti tale espressione si ritrova in tutte le lingue europee. Nello specifico in Italia il “fronte interno” assunse un significato molto forte, nonostante il governo italiano fosse entrato in guerra privo di Il capo del governo un diffuso appoggio popolare. La italiano dal 1914 al 1916 fu Antonio Salandra Inizialmente popolazione italiana, tuttavia, si neutralista, appoggiò in seguito impegnò a garantire l’assistenza l’ i nt e r v e nt o civile attraverso l’istituzione di dell’Italia in guerra a comitati, dato che il governo fianco della non se ne occupava. Nella città Triplice Intesa, nonostante di Potenza, nel maggio del 1915, l’opposizione venne costituito dai cittadini il d e l l a maggioranza comitato dell’assistenza civile. Esso in Parlamento si differenziava in sottocomitati e la mancanza con molteplici competenze. di fondi. L’enorme costo della guerra fu pagato con Fin dai primi giorni della guerra l’accensione di debiti si formò il comitato femminile pubblici e prestiti di aderenti alla CROCE ROSSA, Comitato d e l l ’a s s i s t e n z a civile Era costituito da un Comitato d’onore, un Comitato direttivo (con una commissione di finanza per la raccolta fondi) e tre Sottocomitati per l’assistenza alle famiglie dei richiamati, l’assistenza scolastica e l’assistenza ai profughi. Ogni sottocomitato aveva una propria commissione esecutiva per il suo funzionamento. Nel comitato collaboravano un ragioniere e un cassiere a titolo gratuito, un impiegato di segreteria e un esattore che ricevevano un compenso. I fondi erano costituti da tasse ai cittadini per il versamento di oboli, vendita di speciali marchette, preparazione di feste, fiere di beneficenza, spettacoli teatrali, pubbliche conferenze. Le funzioni del comitato furono molteplici e diversificate: - acquistare lana e inviare ai soldati indumenti invernali lavorati dalle donne della Croce Rossa - apertura di sale di scrittura per i soldati - sostenere l’opera dell’ufficio notizie militari che funzionava in locali concessi dal Comune gratuitamente distribuire scarpe e indumenti ai figli dei richiamati e altri doni anche ai feriti e ai profughi - provvedere all’invio di pacchi di pane ai prigionieri di guerra - ordinare la raccolta di rottami metallici - organizzare la raccolta di oggetti d’oro o d’argento. Comitato femminile La vice presidentessa era Elena Delia grazie a Rosa Giulio-Montesano e Tullia Bonitatibus. Si aprì, quindi, un laboratorio per la creazione di indumenti di lana per i combattenti e, in seguito, si nominò un gruppo di donne visitatrici dei malati e feriti all’ospedale San Carlo. Nell’ottobre del 1915, furono confezionati moltissimi dei beni “costruiti” dalle donne e spediti in zone di guerra. Per mancanza di lana, la lavorazione fu sospesa Beni“costruiti” e alcune donne continuarono a percepire il sussidio statale. La Commissione provinciale per il confezionamento degli indumenti militari distribuiva la lana governativa, ma i capi potevano anche essere realizzati con lana di privati. I cittadini che la fornivano avevano diritto a un incremento del 20% sul prezzo di ogni capo. Si concorse, inoltre, con il comitato Le operaie venivano retribuite con fondi ministeriali, i capi potevano di assistenza civile a organizzare anche essere confezionati con lana la festa dell’albero di Natale per privata: in questo caso c’era un premio del 20% in più del prezzo i figli dei richiamati. Anche a fissato per capo, oltre al valore Potenza fu istituito un Ufficio della lana impiegato in base al Notizie per tenersi in contatto con peso. Venivano indicati i modelli dei capi militari da produrre, i dispersi in guerra. Grazie alla prezzi, mobilità di distribuzione Presidente, fu aperto uno spaccio e lavorazione. Furono prodotti caschi, maglioni, sciarpe, di generi alimentari per le persone guanti, gambali, corpetti, meno abbienti. Il sottocomitato camicie potentino dell’Unione italiana per la disciplina nazionale fu costituito nel 1917 durante una riunione nella sala del consiglio comunale. Era formato dalla presidenza, dal comitato d’onore e dal comitato esecutivo. Nelle feste organizzate per i figli dei richiamati vennero distribuiti libri e giocattoli. Nel febbraio del 1918 fu offerta la bandiera di combattimento al 9° reparto di assalto. Nel maggio 1918, il comitato organizzò serate di beneficenza con musica, quadri plastici, filodrammatici e letture patriottiche. A luglio furono organizzate due conferenze nel Teatro Stabile in Piazza Prefettura. La Scuola familiare di calzature Fu istituita nei locali della chiesa della Trinità, offerti dall’Arciprete D’Elia, direttore della scuola. Furono sostenute le prime spese e fino a settembre 1918 ci furono 4 corsi per signore e 1 per uomini con oltre venti allievi per corso. Fu insegnato il metodo delle calzature inchiodate. A causa delle malattie infettive, dopo settembre i corsi furono annullati, ma la scuola rimase aperta ai volenterosi. Le scarpe prodotte furono vendute ad un prezzo inferiore al costo della materia prima, con preferenze alle famiglie dei richiamati. Le spese ammontarono ad oltre 4000 lire. La Basilicata era una grande produttrice sia di olio che di formaggio, ma a Potenza se ne produceva poco. Tramite l’ordinazione del Commissario generale dei Consumi furono richiesti per la città di Potenza 500 q.li di olio e 450 q.li di formaggio. Per il ritiro delle merci fu stipulato un contratto nel quale venivano registrati il trasporto, i fusti, l’anticipo di Laboratorio Era diretto dalle signore Emma Lamonica ed Elvira Solimena Festa dell’albero Piccole e simpatiche feste per i figli dei richiamati e feriti. Teatro Stabile Le conferenze furono tenute dalla presidente del comitato romano, prof.ssa Anna Messe-Rebaudi. La Scuola familiare di calzature fu finanziata dal locale Comitato di propaganda (£ 300), dal Comune (£ 200), dal locale Comitato d’assistenza civile (£ 200), dalla Camera di Commercio (£ 250) e dall’arciprete D’Elia (£ 500) che ne fu anche il cassiere. Il metodo delle calzature Fu appreso dalla signora Introna a Roma per incarico del comune di Potenza. Potenza Fu necessario l’intervento economico del Comune capitale e le perdite per “sfrido” ed altro, lasciando al Comune l’incarico di distribuire la merce. Il Comune decise di abbassare i prezzi sui prodotti, a volte più bassi in quei luoghi dove venivano prodotti. Per evitare l’esportazione clandestina dell’olio, fu necessario il tesseramento. Ad ogni persona veniva assegnato 1/3 di litro di olio e 250 gr. di formaggio. Il censimento del frumento a Potenza La produzione del frumento dal 1916 al 1918 fu in aumento. Poiché le famiglie erano autosufficienti, non avevano bisogno della tessera del pane, il quale veniva acquistato liberamente. Nonostante ciò era razionata la distribuzione di grano e farina. La misura media al giorno era di 300 gr. a persona. La media mensile aumentò da 911 a 916 q.li nel 1918; tale quantità non creò affollamento per l’acquisto del pane neanche nei mesi di magra di giugno e luglio. Erano limitate le assegnazioni di grano duro, nonostante Potenza ne fosse ricca, poiché erano difficoltosi il trasporto e la distribuzione. Si fece in modo che ognuno avesse la sua quota ma a dicembre fu scarsa, e l’unico dono che l’Amministrazione Comunale potè fare fu quello di 1kg di pasta. Solo nel mese di febbraio il Consorzio Provinciale poté fornire al Comune 98 Q.li di semola. Le Assegnazioni mensili furono sufficienti soprattutto perché Dalle molti contadini ritiravano famiglie e dalle parzialmente le loro quote o non aziende ci furono le ritiravano affatto. Ciò permise un approvvigionamento maggiore di zucchero, riso, pasta e grano per la restante popolazione. Altri due approvvigionamenti riguardarono l’olio e il formaggio, ma la loro gestione non avvenne per mezzo relative raccolte, grazie anche dei magazzini annonari. al contributo dell’Assistenza Ci fu un riordinamento dell’ufficio Civile. Questo evitò annonario, che si occupò degli l’acquisto di materiale acquisti e della distribuzione, estero. del precalcolo dei fabbisogni, del razionamento mediante le tessere, del rilascio di buoni e licenze e della contabilità di tutta la gestione. Funzionamento dell’ufficio e dei magazzini annonari comunali L’ esigenza principale dell’amministrazione era quella di organizzare l’ufficio istituendo una sezione formata da due segretari e uno scritturale. Inoltre, si costituì una commissione annonaria consultiva e di vigilanza che fu di aiuto per i pareri relativi agli acquisti e al controllo dei tagliandi delle tessere. Infine venne posto in atto un regolamento approvato dal consiglio comunale il 14 febbraio del 1918 Le carni, bovine, ovine e suine, furono in continuo crescere fino al 1917 lo sbalzo maggiore ci fu nei primi del 1918 dopo le sconfitte militari. Le carni ovine aumentarono tanto che per un periodo furono date anche ai militari negli enti territoriali. Aumentarono i prezzi anche delle carni suine. Pane, farina, paste Per l’approvvigionamento alimentare furono istituiti i alimentari, hanno avuto un prezzo consorzi granari. uguale in tutte le città, il latte e i formaggi aumentano di prezzo. Per i Consumi il consiglio provinciale di Basilicata il 24 ottobre del 1916 promosse la costituzione di un ente autonomo nella città di Potenza. L’esportazione in Basilicata fu vietata per alcuni beni fra cui il granturco e la farina. Furono scoperti incettatori di alimenti. Assegnazioni mensili per gennaio e febbraio 49 q.li ; per aprile e marzo 18 q.li; da maggio a settembre 37 q.li; ottobre 40 q.li ; novembre e dicembre 57 q.li . A fine anno la quota fu elevata da 250 a 300 gr. Nel 1918 i due approvvigionamenti furono sottoposti al controllo dello Stato, così come il divieto di esportazione fra le province. A Potenza i prezzi restarono contenuti mentre in altre città italiane furono superati di gran lunga. A Milano i costi degli alimenti esaminati in cifra assoluta erano più alti rispetto a quelli di Potenza. A Milano il burro rappresentava un alimento indispensabile, a Potenza era considerato un cibo di lusso. Per la limitazione dei consumi a Potenza nel 1917 le varie commissioni sorte in provincia per fronteggiare l’emergenza bellica si incontrarono e decisero di costituire un comitato di propaganda. 24 ott - 12 nov 1917 La battaglia di Nonostante gli aumenti subiti di fronte ai prezzi, il comune ne ha assunto l’approvvigionamento. Il governo, inoltre, realizzò e distribuì opuscoli informativi e propagandistici per la limitazione dei consumi alimentari, nei quali si riportavano la composizione chimica degli alimenti quotidiani di base, le calorie, le quantità e la modalità di preparazione. I Profughi a Potenza Durante il conflitto, migliaia furono le persone costrette a rifugiarsi in altre regioni del Regno: i profughi; essi erano classificati in diverse categorie. Prima di tutto c’erano gli stranieri, persone che abitavano nelle città coinvolte dai conflitti della Grande Guerra che venivano fatti sgombrare A Potenza i prezzi La cartolina documenta la tenuta restarono contenuti mentre in altre delle relazioni tra gruppi di città italiane furono superati di familiari di profughi riparati in posti diversi sul gran lunga. A Milano i costi degli territorio del Regno. alimenti esaminati in cifra assoluta erano più alti rispetto a quelli di Potenza. A Milano il burro rappresentava un alimento indispensabile, a Potenza era considerato un cibo di lusso. Per l’approvvigiona mento alimentare furono istituiti i consorzi granari. Per la limitazione dei consumi a Potenza nel 1917 le varie commissioni sorte in provincia per fronteggiare l’emergenza bellica si incontrarono e decisero di costituire un comitato di propaganda. 49 per motivi di sicurezza. Si trattava di popolazioni non italiane. A seguire c’erano i cittadini delle zone occupate dall’esercito italiano, che dovevano essere allontanati per sospetti d’ infedeltà e spionaggio. Infine c’erano gli italiani che si dividevano in due categorie: coloro che venivano fatti sgomberare dalle zone interessate dalla guerra per motivi di sicurezza e quelli che erano allontanati dalle proprie città per dubbi sulla loro fedeltà. Già nei primi giorni del novembre 1917, dopo la disfatta di Caporetto, Comitato pro profughi friulani cominciarono ad arrivare a Potenza sorto a Potenza per soccorrere la i primi profughi. Ne giunsero oltre gente che, a causa della guerra, 1500, i quali trovarono subito aveva dovuto abbandonare le proprie case. Per loro il comitato accoglienza da parte di comitati di Potenza avviò una raccolta di volontari che allestivano fondi presso autorità e cittadini. alloggi (scuole pubbliche e case di privati) e provvedevano al vitto, all’abbigliamento e al conforto degli esuli. I profughi vennero sistemati nei vari paesi della provincia, a Potenza ne rimasero circa 400 per la maggior parte provenienti dalla provincia di Venezia. Un primo comitato si costituì già nel novembre del 1917, mentre il 3 gennaio 1918 fu nominato il patronato dei profughi, seguendo le norme del decreto luogotenenziale. Ne fu nominato segretario il sig. Michele Garramone, Caporetto venne combattuta tra il regio esercito italiano e le forze austroungariche e tedesche. Rappresentò la più grave disfatta nella storia dell’esercito italiano. Durante la ritirata, oltre un milione di persone delle province di Udine, Treviso, Venezia e Vicenza furono costrette ad abbandonare le loro case riversandosi nelle strade che conducevano alla Pianura Padana. Decreto luogotenenziale Nell’ordinamento giuridico italiano era un atto avente forza di legge adottato dal Consiglio dei ministri e promulgato dal Luogotenente del Regno. Era in tutto equivalente al Regio Decreto Legislativo promulgato dal Re. archivista del Comune di Potenza. Importante fu il sostegno della sezione femminile. Le donne che ne facevano parte, accompagnate dall’ avv. R. Iannelli, fecero il giro di tutte le case dei profughi segnalandone le eventuali problematiche e assistendo i più bisognosi, donando loro denaro, abiti e biancheria. Oltre all’aiuto materiale valse anche quello morale. Grazie al comitato, i profughi, principalmente donne e bambini, non si sentirono più soli e abbandonati. I profughi furono sistemati in alloggi adatti ad ospitarli. L’assistenza medica dei profughi fu affidata ai medici condotti, retribuiti con gratificazione su proposta del patronato. Non fu necessario istituire apposite scuole per i ragazzi profughi, poiché coloro che avevano frequentato le scuole elementari erano una quarantina e vennero distribuiti fra le varie classi. Per l’acquisto di libri e quaderni furono rimesse al direttore didattico £200. Per migliorare le condizioni economiche dei profughi, lo Stato cercò di trovare loro un’adeguata occupazione. Non fu facile impiegarli nei paesi di montagna della provincia, in quanto la maggior parte dei profughi apparteneva a famiglie di pescatori. Assistenza medica La Congregazione di Carità fornì i medicinali e lo Stato pagò la tariffa da essa concordata. Fino a tutto dicembre 1918 furono spese £1363,20. Il patronato assicurava assistenza alle donne profughe puerpere nell’ospedale civile; quando ciò non era possibile, la loro cura era garantita dalla levatrice comunale che forniva tutto il necessario. Classe VD I.I.S. “F. Saverio Nitti” – Potenza, prof.ssa Nicoletta de Scisciolo Non fu facile risolvere la questione degli alloggi per i profughi, poichè nel capoluogo le case non bastavano nemmeno per i residenti. A poco a poco però tutti si sistemarono col minor disagio possibile, la maggioranza in città e poche famiglie nel borgo San Rocco e a Villa Olimpia. Lo stato coprì tutte le spese per gli alloggi incaricandosi anche di quelle per le illuminazioni, erogando £17898,90 fino a tutto aprile 1919. Elenco dei profughi operai che trovarono occupazione presso l’impresa Angelini e Flaviani, appaltatrice dei lavori per la costruzione delle ferrovie a scartamento ridotto di Basilicata e Calabria da parte della Società italiana per le strade ferrate del Mediterraneo (prospetto del mese di giugno 1916).