BIO Educational Papers - MEDICINA COSTRUZIONE SOCIALE NELLA POST - MODERNITÀ
RETROSCENA - Aut. Tribunale di Napoli n. 3724 1-4-1988 - Tariffa R.o.c. Poste Italiane
S.p.A. - Sped. in abb. postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27.02.2004 n.46) art. 1, comma 1,
Aut: 354/ATSUD/NA. In caso di mancato recapito restituire a Editrice CEMON s.r.l. presso la
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Bi
Medicina
Educational Papers • Anno II • Numero 7 • Settembre 2013
cos truz i one sociale
nella p ost - modernità
R etroscena
Editoriale
p. 3
la questione della genetica evolutiva
“Tempo Zero”
dalla genetica evolutiva darwiniana alla prospettiva di una genetica evolutiva intenzionale
Sequenze di geni capaci di dirigere un processo di auto-assemblaggio:
quello che accade, concretamente, in embriologia!
Gli apparati ideologici privati
Negli allestimenti delle nostre realtà
p. 6
p. 24
p. 33
Editore:
Centro di Medicina Omeopatica Napoletano
Viale Gramsci, 18 - 80122 Napoli
Bio
Nel numero precedente
Medicina
Educational Papers • Anno II • Numero 6 • Giugno 2013
cos truz i one sociale
nella
p ost - modernità
r etroscena
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Editoriale
la questione della specie umana nella costruzione della realtà sociale
Platone al banco degli imputati
il ritardo nella comparsa dell’idea dell’evoluzione
p. 3
p. 7
Se la variazione è un fatto universale in tutte le specie
perché continuare a considerarle immutabili?
p. 11
Il pool genetico
p. 14
i geni non si fondono
Il sesso e
la costruzione culturale del genere
Il cielo sopra o sotto di noi?
cambiare il linguaggio per comprendere la realtà
p. 16
p. 23
Stampa:
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lambs” [Cuccioli di tigre contro agnelli preziosi] & TEAMWORK.
Medicina Costruzione Sociale nella Post-Modernità Retroscena
Editoriale
la questione della genetica evolutiva
■■ Nuove derive nella discussione sociale
circa l’idea della vita
Siamo soliti aggrovigliarci in discorsi relativi alla
medicina, alla democrazia … alla politica istituzionale, ma dimentichiamo l’inevitabile rimosso1 in
cui l’ordine socio-simbolico (cioè il mondo precodificato del linguaggio) organizza i nostri rituali
di sopravvivenza ed esistenza in un orizzonte
di senso. Prima di partecipare all’ordine simbolico
di ‘essere’ italiani, per di più di destra o di sinistra,
noi siamo una “specie” con una caratteristica particolare: vivere in un ordine simbolico piuttosto che
in un “cosiddetto” ordine naturale. Forse, è, proprio, questa condizione di vivere nel rimosso
ad essere causa strutturale o sistemica dei nostri
disagi. Ed è plausibile che questa rimozione giochi
una parte importante tra le condizioni che ci impediscono di pattuire un nuovo contratto sociale
sulla base della conoscenza odierna della realtà.
L’ambiguità e/o ignoranza circa ‘chi siamo’,
sia nel reale rimosso che nel linguaggio simbolico,
costituisce un inizio ed un determinante di ciò
che diventeremo o meno. Siamo una creazione,
un disegno o, semplicemente, una declinazione
molecolare tra infinite possibilità? Sdrammatiz-
Oggi la specie umana è alle “prime armi” circa
la comprensione della propria evoluzione e si
rende conto che l’informazione genetica comporta
anche imperfezioni e aberrazioni e che i geni della selezione naturale non sempre coincidono con i
geni socialmente desiderati. Ciò pone la questione
se sia etico accontentarsi con lo status quo a
nome dell’osservanza morale della remota norma del disegno intelligente e dell’organismo naturalmente perfetto. Da un punto di vista etico, interessati a ciò che è culturalmente di valore per
una comunità, la strada verso la modificazione
genetica intenzionale dovrebbe essere aperta.
Se, fino ad oggi, sembra che abbiamo vissuto con
la convinzione che la selezione naturale rappresentasse una sorta di condizione ottimale, come
si potrebbe parlare di ottimale in una dinamica in
cui organismo e ambiente sono in continuo cambiamento? Ciò che era ottimale ieri, potrebbe non
esserlo oggi. Ovvero, ciò che nella interpretazione della teoria classica dell’evoluzione potrebbe
essere stato ritenuto ottimale in un periodo potrebbe entrare in conflitto con ciò che è ritenuto il
benessere umano, oggi. Anche un convinto creazionista non può ignorare né la deriva genetica
né le vestigia biologiche, così come deve fare i
conti con la lentezza nella diffusione evolutiva
di modificazioni ritenute “benefiche”.
1 Contenuto considerato, dall’ideale dell’io, controverso o intollerabile, la cui presenza provocherebbe turbamento, per cui viene “allontanato” dalla coscienza mediante il
meccanismo psichico della rimozione.
Editoriale
Mike Lemanski, Supercomputer Genetics
zando, diciamo, tutto deriva da lì, dalla condizione simbolica del nostro essere culturale,
dal virus bio-culturale che si avvale del nostro
cervello per replicarsi, tanto importante quanto incide la fantasia sessuale (linguisticamente
strutturata) nella riproduzione dei geni e della
stessa specie (abitualmente alla nostra insaputa). Un virus, relativo all’idea di sé, che ciascun
gruppo culturale utilizza come riferimento programmatico per gestire, in un orizzonte di senso prestabilito, cifre, a noi impensabili, di reazioni molecolari ‘voluttuose’. Senza questa idea di
sé, il singolo e la collettività si ritrovano smarriti. Questa idea di sé, della propria biologia e
cultura, costituisce il presupposto di qualsiasi
progetto sociale ed esistenziale.
3
Medicina Costruzione Sociale nella Post-Modernità Retroscena
Sulla questione della genetica evolutiva, è inevitabile che la riflessione umana prenda atto della
differenza tra il mondo ideale del simbolico,
in cui siamo costretti a vivere come appartenenti
ad una comunità umana, e l’andamento “anacronistico” della selezione “naturale” che
gestisce il nostro precario adattamento ad un
ambiente sempre in cambiamento.
Gli appelli al normativismo essenzialistico,
circa la natura umana,2 sono frequenti nella
voluminosa letteratura sull’etica riguardo il miglioramento ontogenetico degli esseri umani attraverso le biotecnologie. Due principali
preoccupazioni circa l’impatto del miglioramento della cosiddetta ‘natura umana’ vengono
espressi. La prima è che il miglioramento potrebbe alterare o distruggere la ‘natura umana’. La
seconda è che se il miglioramento altera o distrugge la natura umana, questo limiterebbe la
nostra capacità di conoscere il bene, perché, per
noi, il bene sarebbe determinato dalla cosiddetta
‘nostra natura stessa’. La prima preoccupazione
presuppone che alterare o modificare la ‘nostra’
natura umana sia di per sé una cosa negativa. La
seconda apprensione presuppone che la ‘natura
umana’ provveda uno standard senza il quale noi
non possiamo giungere a giudizi coerenti e difendibili su ciò che è buono o cattivo.
Vi è, comunque, la possibilità di sostenere che non
vi sia nulla di male, di per sé, nel sovvertire o ‘distruggere’ la cosiddetta ‘natura umana’ perché, su
una comprensione plausibile di ciò che la natura
è, ad essa appartengono peculiarità buone e cattive, e non c’è motivo di credere che eliminandone
alcune si alteri il bene. Alterare o distruggere la
cosiddetta “natura umana” non comporta la perdita
della nostra capacità di dare giudizi sul bene, perché siamo, in ogni circostanza, in possesso di un a
priori riguardo il bene per il quale siamo in grado di
valutare qualunque nozione circa la natura umana.
Gli appelli alla natura umana tendono a oscurare
anziché gettare luce nel dibattito circa l’etica del
miglioramento genetico e dovrebbero essere
eliminati in favore di opinioni più convincenti.
In questo dibattito, però, si è giunti ad un punto
morto, in gran parte perché i bio-conservatori
sostengono che dovremmo onorare le intuizioni
circa il particolare valore dell’essere umano, anche se non siamo in grado di identificare le ragioni
per fondare tali intuizioni. Le intuizioni sono spesso una guida affidabile all’azione. Le intuizioni
sono, però, legate a tanta soggettività cognitiva
che le rendono poco affidabili in alcune circostanze, e molte delle intuizioni dei bio-conservatori
appartengono a questa categoria. Da tutto ciò
non risulta realistico che i bio-conservatori facciano affidamento alle loro intuizioni. Quando un’intuizione è sostenuta da un principio, tale principio
può essere testato. Chi giustifica delle intuizioni
utilizzando principi a priori è spesso obbligato a
modificare questi principi quando confrontati con
i loro effetti.
La ricerca sul giudizio morale è stata dominata
dai modelli razionalistici, in cui il giudizio morale
è considerato essere causato da un ragionamento
morale. Il ragionamento morale però non è causa di un giudizio morale. Anzi, il ragionamento
morale è solitamente una costruzione post hoc,
generato dopo che è stato raggiunto un giudizio. Il
modello costruttivista risulta invece un’alternativa
ai modelli razionalistici. Il modello costruttivista
sociale toglie l’enfasi del ragionamento privato,
fatto da individui, ed enfatizza, invece, l’importanza collettiva delle influenze sociali e culturali.
Nei termini delle recenti scoperte nel campo della
psicologia sociale, culturale ed evoluzionista, così
come in biologia, antropologia e primatologia, parte la proposta di un modello costruttivista sociale per approcciare il giudizio morale (se il cane è
emotivo, la sua coda non può essere razionale).
Il dibattito sull’etica della modificazione
genetica intenzionale in funzione dei desideri sociali ha proceduto secondo due ipotesi di
inquadratura. La prima è che, sebbene la valorizzazione comporti rischi sociali, i principali
benefici di potenziamento sono per coloro
che ‘sono stati migliorati’. La seconda è che,
perché ora capiamo i torti dell’eugenetica, i miglioramenti, almeno nelle società liberali,
dovranno essere beni personali scelti e non
offerti in un mercato dei servizi di valorizzazione umana a pagamento. Ma entrambe le
ipotesi di inquadramento sono da respingere, una
volta che si è capito che alcuni miglioramenti (in
particolare quelli che hanno più probabilità di raccogliere risorse e di diffondersi) aumenteranno
la produttività umana. Una volta che si apprezza il potenziale di innalzare la produttività umana
2 In merito alla questione della natura umana, vi sono tre approcci principali. Essenzialismo: ritiene che esista una natura umana stabile, condivisa da ogni essere umano.
Esistenzialismo: ritiene che non esiste una tale cosa come la natura umana, ma le modalità imprescindibili di stare al mondo. Un approccio moderato considererebbe
che la natura umana può essere modificata nei limiti delle invarianti antropologiche. I trans-umanisti, da un lato, sono conservatori in quanto pensano che ci sia una
natura umana, ma sono anche radicali nel senso che pensano che, questa natura, può (e deve) essere trascesa mediante l’utilizzo delle bio-tecnologie e delle tecnologie
informatiche. Cioè, questo approccio comprende il potenziamento umano.
4
Medicina Costruzione Sociale nella Post-Modernità Retroscena
Ricordiamoci che la nostra specie si è espansa anche grazie alle sue capacità di modificare
geneticamente piante ed animali per garantire
sostentamento e, forse, anche per il soddisfacimento di altre necessità, come quella dell’impulso estetico.
Rendere sostenibile un processo etico di sviluppo
è il presupposto più ambito, perché se nel secolo
scorzo il delirio di una razza perfetta ha portato
l’umanità sull’orlo di una deriva senza ritorno, i
cui effetti devastanti, anche se stanno sfumando nella memoria pubblica, hanno in parte ridimensionato le rivendicazioni di onnipotenza, oggi
la situazione socioeconomica mondiale, non può
permettersi errori, e sta portando ad una revisione delle politiche che non possono essere più assistenziali ma foriere di un impegno radicale nella
cultura del sostentamento. Non è più tempo di
negarci la strada di lavorare per un bene comune: ridurre la sofferenza e migliorare gli standard
di vita. Ma non facciamoci troppe illusioni, se non
siamo all’altezza di rinegoziare il bio-potere, interessi societari vari ridurranno sempre più le
categorie di persone che potranno accedere ad
eventuali benefici. Tenendo presente la fusione
tra scienze e business, risulta chiaro che le problematiche da affrontare riguardo il miglioramento umano, in termini genetici, non sono solo questioni di “implementazione scientifica”.
Inoltre, c’è bisogno di lavorare sui concetti di
bene comune e di miglioramento genetico. Essi
sono generici, controversi e dipendono dal modo
in cui concepiamo le nostre condizioni di vita e
dalle nostre speranze, quindi sarebbe un errore
non tematizzarli: il desiderio di migliorare la condizione umana, per quanto universale nella sua
astrattezza, è, di fatto, concretizzato in molteplici
forme e non è possibile ignorare le differenze di
opinioni e/o interessi a riguardo.
Di fatto, è ugualmente necessario tutelarsi da
un’Ideologia della Biologia che distoglie l’attenzione dalle istituzioni e pratiche sociali determinanti
i problemi della salute. Questi determinanti, quali
la povertà, lo status socioeconomico precario, la
mancanza di relazioni etiche, per elencarne solo
alcuni, sono realtà che, contrariamente a quanto
riguarda l’aspirazione ristretta della biologia umana, noi non possiamo cambiare “scientificamente”.
Mike Lemanski, Sports
Editoriale
con la valorizzazione genetica, si può cominciare
a vedere che il miglioramento diventa un’occasione, che rinunciare alla valorizzazione non
è conveniente in termini di costi sociali e
che lo Stato potrebbe prendere un interesse nel
facilitare il miglioramento biomedico, così come
avviene per l’istruzione e altri incrementi tradizionali nell’aumento della produttività. Considerare il
potenziale dell’incremento della produttività mediante la valorizzazione genetica permette anche
di visualizzare il dibattito circa la valorizzazione
umana in termini di etica di sviluppo.
5
Medicina Costruzione Sociale nella Post-Modernità Retroscena
“Tempo Zero”
Rinaldo Octavio Vargas, sociologo
& Eugenia D’Alterio, biologa
dalla genetica evolutiva darwiniana alla prospettiva
Salvador Dalí, La persistenza della memoria
di una genetica evolutiva intenzionale
1
“Tempo zero”
In un contesto di svolte socio-culturali circa l’idea della vita e della ricerca al riguardo,
intervenire sul patrimonio genetico umano
è materia sempre più discussa per le derive
etiche ed evolutive che ne conseguono. Infatti, sebbene le caratteristiche della nostra specie
sono dovute a millenni di evoluzione in cui la
selezione naturale ha gestito la trasmissione
preferenziale e casuale, di generazione in generazione, di variazioni genetiche considerate “vantaggiose per la competizione e sopravvivenza”,
secondo l’interpretazione di stampo darwiniano,
siamo anche consapevoli che ci troviamo ad un
“tempo zero” per le nostre esigenze biologiche,
perché le variazioni genetiche naturali sono trop-
6
po “lente” per soddisfare la nostra “culturale” esigenza di sopravvivenza, soprattutto in presenza
di condizioni sfavorevoli alla vita. Modificare il
nostro patrimonio genetico per garantire migliore funzionalità e, qualora, la trasmissibilità di geni “sani” o socialmente più desiderabili, incontra ostacoli, non solo tecnici ma
soprattutto culturali, non facilmente superabili. Le polemiche circa la clonazione, a partire dalla
pecora Dolly, e l’uso delle cellule staminali sono
esempi eclatanti di quanto la questione sia culturalmente e socialmente controversa.
La prospettiva dell’intervento sul patrimonio genetico comporta una premessa regolarmente oscurata: comprendere che la condizione umana è
una condizione storica invece che l’espressione di
un disegno teologico e/o intelligente. Nella misura
Medicina Costruzione Sociale nella Post-Modernità Retroscena
Solo abbastanza recentemente, nella storia
di ciò che chiamiamo vita,1 lo svelamento delle
strutture molecolari ha reso possibile la comprensione della nostra evoluzione e rende
possibile la modificazione intenzionale del
nostro genoma. Vi è crescente documentazione,
tra cui i risultati di modificazioni genetiche eseguite su animali in laboratorio,2 che permette di
prevedere che noi esseri umani saremo in grado
di farci carico del nostro sviluppo biologico e della
nostra evoluzione. Nel frattempo, la teoria evoluzionista sta diventando auto-riflessiva: la
migliore comprensione di come l’evoluzione funzioni ci consentirà di modificare il corso della nostra stessa evoluzione sempre che, nel conflitto
sociale e nella gestione del bio-potere, potremo
scegliere ed essere liberi di farlo.
Ora, argomentando circa le derive possibili della specie umana, alcuni gruppi sociali invocano
la “saggezza della natura” e usano una certa
cautela circa la possibilità di sviluppo e utilizzo di
tecnologie di intervento per la modificazione genetica umana intenzionale. Interpretando il modus operandi della selezione naturale come
opera di un ingegnere maestro che creerebbe
disegni funzionalmente e moralmente ottimali e
non discutibili, questi gruppi tendono a considerare l’intervento genetico intenzionale con sospetto. Alcuni di questi opinion leader trovano la pro-
spettiva della modificazione genetica intenzionale
addirittura ripugnante3 o, a dir poco, pericolosamente arrogante4. I critici più accesi considerano
che sia sciocco ignorare ciò che loro percepiscono
come la “saggezza della natura”. Alcuni di questi,
esplicitamente, si appellano all’idea della scienza,
piuttosto che alla religione, spiegando la “saggezza della natura” proprio mediante il ricorso all’analogia con un ingegnere maestro. Questi confidano che l’organismo umano sia il prodotto di una
geniale ingegneria, un capolavoro delicatamente
bilanciato, completo e ben funzionante. In questa visione, la modificazione genetica intenzionale è probabile che si dimostri controproducente. I
sostenitori di tale ragionamento asseriscono che
poiché nel corso dell’evoluzione la natura mostra i
pattern della selezione di certi geni, essa agirebbe
seguendo un’idea predefinita di ciò che è attuabile
e, anche, moralmente desiderabile.
Compito di questa dissertazione è “decostruire”
le ipotesi evoluzioniste che si rifanno a tale
analogia. La posizione a cui si vuole dare spazio
è quella che sostiene che l’ingegneria genetica
intenzionale possa offrire soluzioni che sono
più efficienti, affidabili, versatili e socialmente
desiderabili e, soprattutto, più immediate, rispetto ai cambiamenti genetici dovuti all’evoluzione intesa in termini darwiniani. Infatti, mettendo
in evidenza i vincoli sull’ordinaria evoluzione, si
rende comprensibile postulare che la modificazione genetica intenzionale sia in grado di superare
molti degli “ostacoli naturali” al “bene umano”.
In realtà, questo ‘bene’, definibile (ovviamente) in
termini metafisici, non può che essere una concertazione sociale, dipendendo dal consenso
sociale raggiunto e, storicamente, gestito dal biopotere attraverso i diversi apparati ideologici compreso il più importante: il parco concettuale predisposto dalla cultura imperante come orizzonte di
linguaggio, pensiero e senso per le popolazioni.
Certamente, in questa concertazione, le controverse posizioni circa una necessaria euristica
precauzionale5 riguardo la modificazione genetica intenzionale cambiano in funzione della posizione favorevole o contraria all’intervento intenzionale. In ogni modo, le inedite questioni etiche
1 Vargas, R.O. e D’Alterio, E. Alla ricerca di una definizione operazionale di vita - La molecola a tempo in-determinato. BIO Educational Papers. Anno 1, Numero 1,
Marzo 2012
2 Tang, Y. P., E. Shimizi, G. R. Dube, C. Rampon, G. A. Kerchner, M. Zhuo, G. Liu, and J. Z. Tsien, Genetic enhancement of learning and memory in mice. Nature 401: 63-6. 1999
Yang, J., T. Ratovitski, J.P. Brady, M.B. Solomon, K.D. Wells and R.J. Wall. Expression of myostatin pro domain results in muscular transgenic mice. Molecular Reproduction and Development 60: 351-61. 2001
3 Kass, L. The wisdom of repugnance. New Republic 216: 17-26. 1997
4 Sandel, M. The case against perfection: Ethics in the age of genetic engineering. Cambridge, MA, Harvard University Press. 2007
5 Nel contesto di questa riflessione si intenderà per euristica un insieme di regole pratiche.
“Tempo Zero”
in cui la specie umana si è diversificata, essa si
è ritrovata organizzata in sistemi di bio-potere,
relativamente diversi, in conformità a modi differenti di intendere se stessa. Una premessa fondamentale rimane camuffata al centro di
ogni sistema sociale: l’idea culturale e sociale di
cosa siamo. Infatti, ogni forma di bio-potere costituisce una declinazione o interpretazione, consensuale o ambigua, nonché conflittuale, di tale
premessa. In ogni caso, malgrado il dibattito circa la specie venga spesso racchiuso nella polemica creazionismo - evoluzionismo, l’idea stessa
di evoluzione della specie si è “evoluta”. Questa ulteriore evoluzione ha, infatti, aperto nuove
derive nella discussione sociale circa l’idea
della vita e, di conseguenza, apre ad inedite
questioni nell’esercizio del bio-potere.
7
Medicina Costruzione Sociale nella Post-Modernità Retroscena
Che l’argomento dell’analogia con l’ingegnere maestro sia ragionevole dipende da quanto esso sia
considerato appropriato dai gruppi sociali che lo
rivendicano. In quest’esposizione si dà spazio ad
un’analisi critica7 dei presupposti dell’evoluzionismo classico che stanno alla base della nozione che
la natura sia paragonabile ad un ingegnere maestro. Lo scopo metodologico è quello di raffrontare
la modificazione genetica intenzionale con quella
evolutiva “ordinaria”. Più precisamente, si con-
fronta la modificazione genetica intenzionale con
quella non-intenzionale (ovvero naturale) rispetto
al loro potenziale per ‘migliorare’ la vita umana.
L’uso dell’espressione “modificazione genetica nonintenzionale”, piuttosto che “modificazione genetica naturale” ha due ragioni. In primo luogo, poiché
gli esseri umani sono parte della, cosiddetta, natura, la modifica dei geni che essi intenzionalmente
intraprendono non è meno ‘naturale’ di quella prodotta dal, cosiddetto, “orologiaio cieco” della teoria evoluzionista classica darwiniana. In secondo
luogo, in buona parte della letteratura che rifiuta
la modificazione genetica intenzionale, il termine
“naturale” è utilizzato ostentando un senso valutativo positivo, assumendo che il “naturale” sia più
buono, o almeno, preferibile.8 Una dovuta distanza
dal termine “naturale” aiuta ad evitare pregiudizi nella valutazione comparativa tra modificazione
genetica intenzionale e non-intenzionale.9
Reading life’s code. “Genome: Unlocking Life’s Code”,
Smithsonian’s National Museum of Natural History, 08.2013
che l’argomentazione suscita obbligano a dare
voce a ragionamenti meno ortodossi. Per questo motivo, questa dissertazione concede spazio
alla decostruzione del tentativo di fondare
un’euristica precauzionale (di divieto assoluto riguardo il miglioramento genetico) basata
sull’interpretazione di un’eziologia adattativa. Per la letteratura al riguardo, la difficoltà con
questo approccio precauzionale è doppia: primo,
esso si basa sulle stesse interpretazioni di adattamento dell’evoluzione naturale che motivano
lo stesso approccio dell’analogia con l’ingegnere
maestro e, secondo, il concetto eziologico di
funzione sul quale poggia fornisce informazione indiretta e potenzialmente ingannevole circa
le possibili conseguenze dell’intervento genetico
intenzionale. La posizione dei sostenitori della
modificazione genetica intenzionale offre, invece,
criteri di miglioramento basati sulle connessioni causali osservabili nell’ontogenesi.6 La
conclusione, da questa prospettiva, è che piuttosto che fondare un’ipotesi contro una modificazione genetica deliberata, la struttura causale del
mondo vivente dia ragione morale a chi invece
è favorevole alla modificazione. Ciò porta a concludere che la teoria classica dell’evoluzione non
solo non riesce a sostenere una forte presunzione
contro la modificazione genetica intenzionale ma
che, paradossalmente, costituisca una ragione a
favore dello sviluppo delle tecnologie di modificazione genetica intenzionale, purché adeguate garanzie cautelari siano rispettate. L’idea storica,
e quindi relativa, di “natura” non può costituire
un totem o un tabù primordiale che impedisca il
beneficio del dubbio sulla possibilità di accedere
ad un’evoluzione ‘intenzionale’.
2
DECOSTRUZIONE DELL’IDEA DELL’INGEGNERE MAESTRO COME GUIDA DELLA
MODIFICAZIONE GeNETICA NON INTENZIONALE
Il concetto di funzione biologica non comprendeva una spiegazione naturalista fino a quando
Darwin introdusse la teoria della selezione naturale, che ci consegnò il primo racconto meccanicista dell’origine e dell’evoluzione della funzione
biologica o, come molti l’interpretano, il disegno
6 L’ontogenesi - Insieme dei processi mediante i quali si compie lo sviluppo biologico di un organismo vivente (dall’embrione allo stadio adulto): dipende sia dal
genoma (che caratterizza l’organismo) sia dall’ambiente nel quale il processo si svolge.
7 Buchanan, A., Dan W. Brock, Norman Daniels, & Daniel Wikler. “From Change to Choice: Genetics & Justice”. Cambridge University Press, 2000.
A. Buchanan, A. “Conflict of Interest in Clinical Practice and Research”. Oxford University Press, 1995.
Powell, R., “The Metaphysics and Ethics of Extinction,” in the Handbook on Ethics and Animals, T.L. Beauchamp and R.J. Frey (eds.), Oxford
Powell, R., “Is Convergence More than an Analogy? Homoplasy and its Implications for Macroevolutionary Predictability,” Biology and Philosophy, vol. 22, pp. 565-578. 2007
8 Per un’analisi critica del richiamo alla natura e il naturale si veda Vargas & D’Alterio, “Il naturale e l’artificiale nei nostri concetti in tema di salute e malattia”, in BIO
Educational Papers Medicina Costruzione Sociale nella Post-Modernità Retroscena. Anno I, Numero 2, Giugno 2012
9 Per approfondimento circa il concetto del naturale nel contesto del dibattito circa la modificazione genetica si veda: Buchanan, A. Human nature and enhancement.
Bioethics 23: 141-50. 2009
8
Medicina Costruzione Sociale nella Post-Modernità Retroscena
Anche se questa intuizione non è a cognizione di
causa, vi è un senso comune molto diffuso in cui i
due enunciati centrali della scienza biologica, cioè
la partita tra gli organismi e il loro ambiente e la capacità di complessi organismi di riprodursi in ogni
generazione, vengono considerati come riflessi di
una sorta di saggezza, che può essere meglio descritta in termini puramente intuitivi. Sia nella
complessità adattativa che nel dispiegarsi dello
sviluppo degli organismi, l’evoluzione sembrerebbe funzionare “ingegnosamente”, secondo il parco
di metafore largamente radicate, per risolvere un
profondo problema “informatico”. Poiché ciascuna
posizione di base nel codice del DNA può essere
riempita da uno dei quattro nucleotidi distinti, vi è
un numero astronomico di possibilità per quanto
riguarda la riuscita formale dell’embriogenesi e un,
altrettanto, vasto insieme di non-corrispondenze
tra l’organismo e le peculiarità dell’eco-ambiente in
cui l’organismo lotta per sopravvivere e riprodursi.
Tuttavia, gli organismi riescono a fare affidamento su forme che sono configurate con funzionalità
‘soddisfacenti’ per le attività fisiologiche ed ecologiche complesse che necessitano di risolvere. Questa
impresa, “epistemica”, però, si realizza non con
il beneficio della previsione ma in virtù di un canale genetico di ereditarietà che replica con alta
fedeltà e trasporta informazione cumulativa circa le
condizioni dell’ambiente in cui l’organismo, è probabile, si sviluppi.10
Di conseguenza, alcuni studiosi, attribuendo
un carattere prescrittivo a descrizioni di ciò
che sembra essere accaduto nel passato, sostengono che gli organismi (includendo gli es-
seri umani) debbono essere trattati come i prodotti “finiti” di un ingegnere maestro. Anche
sofisticati accademici, con una visione positivista
della modificazione genetica intenzionale, hanno
la tendenza a fare affidamento all’analogia con
l’ingegnere maestro. Ad esempio, Bostrom e
Sandberg avvertono che “quando un riparatore
troppo ambizioso, ma con poca esperienza, fa le
modifiche al progetto di un ingegnere maestro, il
potenziale di danno è notevole e le possibilità di
produrre un miglioramento sensibile sono scarse”11. Allo stesso modo, Dan Dannett osserva
che, ancora una volta, i biologi, sconcertati da alcune, apparentemente, futili o maldestre progettazioni in natura, sono venuti alla conclusione di
aver sottovalutato l’ingenuità, l’abilità, la profondità di intuizione nell’agire di Madre Natura.”12
Gli organismi, tuttavia, risultano notevolmente
diversi dall’esito del lavoro di un maestro ingegnere per due aspetti fondamentali. In primo
luogo, gli organismi non sono al punto di arrivo di un processo evolutivo di trasformazione
che è gradualmente salito lungo la scala della perfezione adattativa. In secondo luogo, evoluzione
non significa progettazione, cioè l’evoluzione
non procederebbe (anche se solo a grandi linee) secondo un piano preesistente. Ciascuno
di questi argomenti - e il loro significato per la
questione dell’analogia con il maestro ingegnere
- si palesano quando si considerano i vincoli in
cui opera la modificazione genetica non-intenzionale (cioè la selezione naturale).
Il concetto di vincolo è vuoto se non si specifica ciò che viene vincolato. In biologia evoluzionista, il concetto di “vincolo”13 fa riferimento alle
circostanze che limitano la specificità dei
problemi di adattamento14 e l’insieme di possibilità di soluzioni. Qui il termine “vincolo”
viene, però, usato in modo piuttosto diverso.
Le caratteristiche evolutive, seguendo il lavoro di Russell Powell & Allen Buchanan15, sono
vincoli che agiscono sulle possibilità della
modificazione genetica non-intenzionale di
attuare come un processo attraverso il quale
promuovere (o anche conservare) il benesse-
10 Per un approfondimento della questione dell’informazione nel genoma si veda: Shea, N. Representation in the genome and in other inheritance systems. Biology
and Philosophy 22:313-31. 2007
11 Bostrom, N., and A. Sandberg. The wisdom of nature: An evolutionary heuristic for human enhancement. In Human enhancement (pp. 375-416), ed. J. Savulescu and
N. Bostrom. Oxford University Press, Oxford, 2009
12 Dennett, D. C.. Darwin’s dangerous idea: Evolution and the meanings of life. Simon and Schuster, New York, 1996
13 Per un approfondimento del concetto di vincolo nella teoria evoluzionista si veda: Amundson, R. & G. Lauder. Function without purpose: The uses of causal role
function in evolutionary biology. Biology and Philosophy 9: 443-69. 1994
14 Cioè di progettazione per i sostenitori della saggezza della natura e dell’analogia di essa con un ingegnere maestro.
15 Powell, R. & A. Buchanan. Breaking Evolution’s Chains: The Prospect of Deliberate Genetic Modification in Humans. Journal of Medicine and Philosophy Volume 36,
Issue 1, pp. 6-27. 2011
“Tempo Zero”
biologico. Se la teoria darwiniana ha, effettivamente, bandito il disegno intelligente dalla spiegazione evoluzionista, cosa vorranno dire tanti
gruppi culturali e sociali quando ancora attribuiscono saggezza alla natura e si appellano a questa per opporsi alla modificazione genetica intenzionale? La loro idea sembra essere che nel corso
di milioni di generazioni e di tentativi ed errori,
il crogiolo evoluzionista ha prodotto complesse
soluzioni di sviluppo ed ecologia tali che l’essere umano non potrebbe far di meglio.
9
Medicina Costruzione Sociale nella Post-Modernità Retroscena
Geisha Playing Go by Kikukawa Eizan
re umano. Una volta che la specificità (o natura) e la rigidità di questi vincoli sono analizzati e decostruiti alla luce dei concetti della
modificazione genetica intenzionale, la forza
dell’analogia che paragona il lavoro dell’evoluzione “ordinaria” con quello di un maestro
ingegnere evapora e l’analogia diventa così
attenuata da essere incapace di sostenere un
divieto o, anche, una forte presunzione contro la modificazione genetica intenzionale.
A tale scopo, SI QUESTIONANO QUESTI VINCOLI ALLA LUCE DELLE POSSIBILITÀ DELLA
MODIFICAZIONE GENETICA INTENZIONALE.
■■ L’INFORMAZIONE
GENETICA COMPORTA ANCHE IMPERFEZIONI E ABERRAZIONI: I GENI DELLA SELEZIONE NATURALE NON SEMPRE COINCIDONO
CON I GENI SOCIALMENTE DESIDERATI
È ironico che i sostenitori dell’analogia con l’ingegnere maestro considerino la teoria della selezione naturale come la base della loro analogia,
in quanto ‘l’imperfezione’ del disegno biologico è tra le più forti evidenze dell’evoluzione
per selezione naturale. Darwin stesso spesso
indicò la difettosa e irrazionale costruzione di or-
ganismi allo scopo di confutare argomentazioni
a favore del disegno intenzionale. In una lettera
al suo amico e mentore, Joseph Hooker, Darwin
esclamava: “Che libro un cappellano del diavolo
potrebbe scrivere sulle goffe, inutili e orribilmente crudeli opere della natura”.16 Esempi di “insufficienza” nel disegno evolutivo biologico
umano abbondano, tra cui: il tratto urinario maschile, che passa per la prostata che può infiammarsi e ridurre o bloccare la funzione urinaria;
l’incapacità di produrre acido ascorbico e la necessità di introdurlo con la dieta, pena gravi danni ossidativi e elevati rischi di contrarre infezioni; il punto cieco nell’occhio umano che obbliga
l’organismo a sviluppare elaborati meccanismi di
correzione della percezione; la duplice funzione
della faringe umana, il cui ruolo sia nell’ingestione che nella respirazione aumenta significativamente la morte per soffocamento; il canale del
parto, che passa attraverso la pelvi femminile
grazie alla selezione del frettoloso riassetto della postura ominide, aumentando notevolmente i
rischi nel parto. L’elenco può continuare all’infinito con mostruosità dovute ad aberrazioni cromosomiche e difetti genetici vari. L’ubiquità di
un disegno alquanto difettoso dimostra che
LA SELEZIONE NATURALE È UN BRICOLAGE,
e non l’opera di un ingegnere, tanto meno
maestro, che armeggia con organismi in risposta alle loro esigenze in modo del tutto casuale e
esprimendosi, poi, nel tempo, nelle generazioni
più adatte, oppure, come direbbero Powell & Buchanan, che attua “cooptando strutture esistenti
in modo ad hoc per soddisfare nuove esigenze
funzionali.”17 Presi collettivamente, i meccanismi
che originano e mantengono l’ingegneria difettosa della natura suggeriscono che il disegno ‘a
bricolage’, piuttosto che l’eccezione, costituisce la regola della modificazione genetica
non-intenzionale.
■■ LA SELEZIONE NATURALE SEMBRA AGIRE
fino al PERIODO RIPRODUTTIVO
La selezione naturale non tende ad agire per
il periodo post-riproduttivo della vita: questa
semplice constatazione ha enormi implicazioni per
l’analogia con l’ingegnere maestro poiché, se la
selezione naturale è l’unica guida verso l’ottimizzazione, la stragrande maggioranza dei caratteri
post-riproduttivi non beneficerebbero del presun-
16 Dawkins, R., A devil’s chaplain: Reflections on hope, lies, science, and love. Houghton Mifflin Hartcourt, New York, 2003
17 Powell, R. & A. Buchanan, op.cit. p. 10. 2011
10
Medicina Costruzione Sociale nella Post-Modernità Retroscena
■■ LA DERIVA GENETICA È LO STATO DI
DEFAULT DEI SISTEMI BIOLOGICI
L’argomentazione dell’analogia con il maestro ingegnere dipende da tre presupposti
principali: (1) la selezione è il meccanismo predominante che agisce sui caratteri biologici, (2) la
selezione tende ad affermare caratteri che sono
ottimali, e (3) i caratteri ottimali non possono
essere eventualmente migliorati dalla modifica-
zione genetica intenzionale. Tutti questi presupposti possono essere questionati. In effetti, il
primo di questi presupposti è stato recentemente
messo di nuovo in dubbio dal lavoro di Brandon19
che mostra che la deriva genetica20 è, in realtà, lo stato di default dei sistemi biologici.
Ma, anche se l’interpretazione della selezione ha
sopraffatto tutte le altre tendenze evolutive e i
vincoli, questo non implica che qualsiasi carattere affermato dalla selezione naturale sia ottimale.
“L’adattamento” (nel senso più incontrovertibile) si riferisce all’eziologia di un carattere21,
in particolare, al fatto che esso emerse e si fissò,
nel passato, come risultato della selezione naturale. Al contrario, “l’ottimizzazione” si riferisce alla funzione attuale di un carattere e il suo
attuale contributo alla fitness riproduttiva22 a
prescindere dalla sua storia evolutiva-selettiva.23
Questa distinzione è importante in quanto sarebbe controverso argomentare che le stesse forze che originariamente scelsero un
carattere siano quelle che attualmente lo
mantengono. Un carattere che si è evoluto per
qualche scopo in un lontano passato può persistere a lungo sia per un cambiamento adattativo
nella funzione di quell’apparato, cioè il fenomeno conosciuto come EXAPTATION24, sia per
situazioni evolutive che hanno impedito ad esso
di estinguersi.
Anche se la selezione sia stato l’unico significativo
meccanismo evolutivo, e anche se essa abbia prodotto caratteri ottimali, ciò non implica che questo
sia ancora il caso.25 Semplicemente perché un ca-
18 Weinstein, I. B. Addiction to oncogenes - The Achilles heel of cancer. Science 297: 63-4. 2002
19 Brandon, R. N., The principle of drift: Biology’s first law. Journal of Phylosophy CIII: 319-35. 2006
20 In genetica delle popolazioni, per deriva genetica si intende la componente dell’evoluzione di una specie dovuta a fattori casuali, e che può essere quindi studiata
con metodi statistici. Per definizione la deriva genetica non ha direzione preferita.
21 In biologia per carattere si intende una qualsiasi caratteristica di un organismo; questo attributo è determinato dall’informazione genetica contenuta in uno o più
geni nello stesso organismo. Non va confuso con il fenotipo che non indica il carattere ma piuttosto lo stato in cui questo si trova. Ad esempio: un particolare gene
è responsabile nel determinare il carattere colore degli occhi in Drosophila Melanogaster; il fenotipo è, invece, il tipo di colore che si manifesta (rosso, bianco...);
quale sarà il fenotipo manifestato dipende dalla forma allelica in cui si trova il gene per il dato carattere. Un carattere è il prodotto finale di una serie di processi
molecolari e biochimici. Il primo passo è la codifica dei corrispettivi geni, presenti sui cromosomi in determinate posizioni dette loci; la codifica avviene tramite il
processo di trascrizione ovvero di copia del DNA in RNA e, nella maggior parte dei casi, nella traduzione in proteine. Le proteine a loro volta subiscono un processo di
maturazione passando all’interno di organuli quali il reticolo endoplasmatico e l’apparato di Golgi; la singola proteina o l’interazione di più proteine portano infine
al carattere e in particolare alla sua manifestazione fenotipica. Questo flusso di informazioni genetiche prende il nome di dogma centrale della biologia molecolare.
(Wikipedia).
22 Il parametro comunemente utilizzato per misurare la selezione naturale è la FITNESS, essa è una misura dell’efficienza riproduttiva di un dato genotipo per un dato
ambiente e in un dato momento.
23 Brandon, R. N., and M. D. Rausher. Testing adaptationism: A comment on Orzack and Sober. The American Naturalist 148: 189-201. 1996
24 Il concetto di exaptation è stato introdotto dai paleontologi Stephen J. Gould ed Elisabeth S. Vrba nel 1982, ma ha una storia che risale alla risposta data da Darwin
nel 1872 alle obiezioni dello zoologo George Mivart circa la presunta incapacità della selezione naturale di render conto degli stadi incipienti di strutture naturali
particolarmente complesse. Con il neologismo pre-adaptation Darwin introdusse la possibilità che in natura il rapporto fra organi e funzioni fosse potenzialmente ridondante, in modo da permettere che un carattere sviluppatosi per una certa ragione adattativa potesse essere «cooptato» o convertito per una funzione anche del
tutto indipendente dalla precedente. Questa cooptazione funzionale, che integra e non sostituisce l’azione di implementazione graduale della selezione naturale,
fu rinominata da Gould e Vrba exaptation, per indicare come gli organismi spesso riadattino in modo opportunista, come bricoleur, strutture già a disposizione per
funzioni inedite. Il concetto di exaptation è quindi un caso di studio evoluzionistico particolarmente interessante, perché evoca il rapporto fra strutture e funzioni,
fra ottimizzazione e imperfezione in natura, mettendo in discussione la visione «adattazionista» a lungo prevalente nel Novecento. Esso è inoltre il miglior antidoto
contro gran parte delle argomentazioni neocreazioniste relative alla presenza in natura di un supposto “progetto intelligente”. Nota presa da: Gould Stephen J. &
Vrba, Elisabeth. EXAPTATION. IL BRICOLAGE DELL’EVOLUZIONE. Bollati Boringhieri Editore, 2008
25 Buchanan, A. Enhancement and human nature. Bioethics 23: 141-50. 2009
“Tempo Zero”
to genio ingegneristico. Pertanto, l’idea che tutti
o quasi tutti i caratteri biologici sono il risultato diretto e/o necessario della selezione
naturale è palesemente falsa. Una volta che
i loro anni riproduttivi sono spesi, gli organismi
sono autorizzati ad “andare alla deriva” (ontogeneticamente parlando), con la selezione che non
investe più nella riparazione fisiologica dei meccanismi necessari per evitare, ad esempio, l’accumulo di mutazioni in linee cellulari che possono
portare al cancro18, o a malattie cardiovascolari
o a degenerazioni neuronali. Questa dinamica è
di particolare rilevanza nel caso di organismi longevi come gli esseri umani che spendono sempre più notevoli frazioni della loro vita nel periodo
post-riproduttivo. Uno dei principali vantaggi della
modificazione genetica intenzionale è che questa
potrebbe evitare o mitigare il danno che gli esseri
umani soffrono come risultato della “noncuranza”
della modificazione genetica non-intenzionale alla
qualità della vita umana post-riproduttiva.
11
Medicina Costruzione Sociale nella Post-Modernità Retroscena
rattere sia stato ‘ottimizzato’ per selezione naturale, ciò non significa che non possa essere ulteriormente migliorato. Confondere “ottimale” con
“non-migliorabile” è fraintendere il concetto di
“ottimizzazione” come esso è usato nella teoria
evoluzionista. Anche se il legame tra adattamento
e ottimizzazione rimane concettualmente e sperimentalmente tenue26, una cosa è chiara: qualsiasi
analisi sull’ottimizzazione sarà relativo a determinati parametri genetici, di sviluppo e funzionali di
un organismo. Sottratto a questi vincoli, il concetto di ottimizzazione diventa incomprensibile.27 In
sostanza, dire che un carattere è ottimale equivale
a dire che nessuna ulteriore modifica incrementale
nel genotipo può migliorare la funzione del carattere. Questo è coerente con la nozione che postula
che cambiamenti genetici non-incrementali28 (ossia intenzionali) possono trasportare un lignaggio
ad un picco di fitness più elevato nel paesaggio
adattativo generale. In ogni caso, data la natura locale dell’ottimizzazione biologica, dovremmo
considerare la modificazione genetica intenzionale come un’espansione della gamma
dell’evoluzione possibile, piuttosto che come
una minaccia al ‘capolavoro’ della selezione.29
Inoltre, il grado di ottimizzazione che può essere
raggiunto in natura è vincolato dalla topografia del
“fitness landscape”30 (paesaggio adattivo). Questo termine fa riferimento ad una rappresentazione
grafica-pittorica della relazione funzionale tra genotipi-fenotipi individuali e fitness. Se il paesaggio è
composto da numerosi picchi di fitness e valli, la selezione porterà la popolazione a scalare la vetta di
fitness (o di efficienza riproduttiva) più vicina, anche se questo picco non è il più alto nel paesaggio.
Ossia, poiché la co-evoluzione si riferisce al modo
in cui ogni organismo influenza ed è influenzato
dagli altri organismi all’interno di un eco-sistema
(picco evolutivo) e l’evoluzione dei sistemi emerge
da queste interrelazioni, ciò che sembra essere una
soluzione ottimale da un punto di vista localistico,
può essere altamente sub-ottimale quando la stessa è vista panoramicamente, da una prospettiva
che è ben oltre la portata della modificazione genetica non intenzionale. Con vista a volo d’uccello
del paesaggio adattativo, tuttavia, la modificazione
genetica intenzionale potrebbe impedire che una
popolazione rimanga chiusa in un ‘ottimo’ di carattere ‘locale’, individuando così picchi adattativi più
elevati, aggirando le barriere spazio-temporali per
il flusso genico ordinario (non intenzionale), e coordinando l’assemblaggio genico e la diffusione di
adattamenti complessi tra popolazioni disparate.
L’ottimizzazione non solo è intrinsecamente
‘locale’ e dipendente dal contesto ma può anche non correlare con la sopravvivenza della
specie a lungo termine. Se la forma biologica
viene gradualmente ottimizzata per tutta la durata
evolutiva di un lignaggio e se il possesso di caratteri ottimali aiuta i lignaggi a scappare o evitare
l’estinzione, allora ci si aspetterebbe che i lignaggi
più anziani abbiano una minore probabilità di andare estinti di quelli giovani (stando così le cose
o se le condizioni non mutano). Questa previsione
però non è suffragata dai dati. Il biologo Van Valen notoriamente ha osservato che la probabilità di
estinzione per un dato lignaggio non varia in funzione della sua età tassonomica.31 In altre parole,
la probabilità di una stirpe di andare estinta
è indipendente dal suo precedente successo
evolutivo. Ciò si spiega, in parte, con le fluttuazioni ambientali che sono troppo rapide perché la selezione possa tenerne il passo, ma la
“legge dell’estinzione” di Van Valen (come viene
chiamato questo principio) vale anche in ambienti
abiotici stabili. La spiegazione principale di questo
modello riguarda la natura destabilizzante di
certe forme di interazione ecologica. Le specie
interagiscono tra loro nel tempo evolutivo: a volte queste interazioni sono “cooperative”, come nel
caso del mutualismo, ma spesso sono strategiche,
con una conseguente corsa evolutiva nella quale la
soluzione biologica di un organismo può costituire il
problema della ‘progettazione’ o adattamento di un
altro e viceversa. Questo è comune, per esempio,
nelle interazioni tra predatori e prede e tra ospite
e parassita. Strategicamente, i lignaggi in interazione debbono continuare a evolvere semplicemente per mantenere i loro attuali livelli di
adattamento o forma — una dinamica che è stata
soprannominata da Van Valen “Red Queen Effect”
[l’effetto regina rossa], seguendo il personag-
26 Per approfondire il dibattito circa l’ottimalità evoluzionista si veda:
Orzack, S. H., and E. Sober. How (not) to test an optimality model. Trends in Ecology and Evolution 9: 265-7. 1994
Brandon, R. N., and M. D. Rausher. Testing adaptationism: A comment on Orzack and Sober. The American Naturalist 148: 189-201. 1996
27 Sansom, R. Constraining the adaptationism debate. Biology and Philosophy 18: 493-512. 2003
28 La selezione naturale richiede cambiamenti incrementali, capaci di modificare un carattere senza modificare gli altri.
29 Sul potenziale del miglioramento genetico per ampliare la gamma di ciò che è umanamente possibile si veda: Buchanan, A. op. cit.
30 Il fitness landscape è uno degli strumenti utilizzati anche dai sostenitori della teoria della complessità quale strumento di analisi per comprendere, attraverso un
algoritmo co-evolutivo, l’evoluzione dei sistemi complessi adattivi.
31 Van Valen, L. A new evolutionary law. Evolutionary Theory 1: 1-30. 1973
12
Medicina Costruzione Sociale nella Post-Modernità Retroscena
■■ GLI ELEMENTI DELLA SELEZIONE NATURA-
LE PERSISTONO ANCHE QUANDO HANNO
PERSO LA FUNZIONALITÀ
Dire che un carattere è un adattamento è
dire, semplicemente, che è il prodotto di un regime ‘selettivo’ storico. Come si è appena sottolineato, dal momento che l’ambiente e i problemi di cambiamento che quest’ultimo pone
sono sempre in movimento, gli organismi non
possono mai essere perfettamente adattati al
loro ambiente. Così, molti caratteri che conferivano adattamento nell’evoluzione dei primi ominidi, oggi, possono essere ritenuti neutri oppure un
residuo che mal si adatta alle nuove condizioni. Questi sono le cosiddette vestigia dell’evoluzione.32 Gli psicologi evoluzionisti pensano che
molti dei nostri disturbi psicologici contemporanei,
come la depressione, l’ansia e il disturbo da deficit di attenzione, derivino da difficoltà psicologiche
con il passaggio remoto da un’esistenza da cacciatori-raccoglitori ad un’esistenza sedentaria basata
sull’agricoltura e l’allevamento. Una diagnosi simile
vale per molti dei disturbi osservati negli animali di
compagnia come il cane che oggi, con altrettanta
difficoltà, sono costretti ad adattarsi da una vita
aperta ai confini del divano del soggiorno.
■■ LA
SELEZIONE NATURALE È CARATTERIZZATA DALLA LENTEZZA E DALLA RISTRETTEZZA DELLA DIFFUSIONE DELLE
MUTAZIONI BENEFICHE
Un altro limite evidente della modificazione genetica non-intenzionale riguarda l’origine e la
diffusione delle mutazioni benefiche, un
processo che può richiedere migliaia o addirittura milioni di anni, secondo il tasso di mutazione, la struttura della popolazione interessata e
il tipo di adattamento in questione. Anche se forti
pressioni selettive possono accelerare l’evoluzione genetica, esse possono anche comportare il
‘deplorevole’ scenario malthusiano in cui ci sono
molte più nascite di quelle che le risorse ambientali possono supportare. Infatti, più nascite per
sopperire a enormi tassi di mortalità, causati da
malattie, situazioni disagevoli o guerre, è stata la
modalità (e lo è ancora per alcune popolazioni)
per ottenere sia una diffusa resistenza patogena33 che una prole sopravvissuta.
Poiché non è soggetta ai “capricci” dell’evoluzione
ordinaria, la tecnologia della modificazione genetica intenzionale può salvaguardare preziosi genotipi tanto quanto i primi esseri umani custodirono il
fuoco, proteggendo la fonte di sopravvivenza per
le loro generazioni e le future.
■■ L’ASSENZA DEL TRASFERIMENTO GENICO
LATERALE NELLA TRASMISSIONE GENETICA NON-INTENZIONALE NEGLI ORGANISMI A RIPRODUZIONE SESSUATA
I microbi hanno il sopravvento evolutivo quando
si tratta della corsa agli armamenti tra parassiti
semplici e i loro complessi animali ospiti. La tra-
32 Sono considerate vestigia quegli elementi di un organismo che persistono ma che hanno perso del tutto la funzionalità che invece avevano in un antenato o nell’embrione. Un esempio classico è l’appendice, residuo intestinale erbivoro.
33 Galvini, A. P., and M. Slatkin. Evaluating plague and smallpox as historical selective pressures for the CCR5-Delta 32 HIV resistance allele. Proceeding of the National
Accademy of Sciences of the Unites States of America 100: 15276-9
“Tempo Zero”
Plica semilunare, residuo della membrana nittitante, Wikipedia
gio di Lewis Carroll, Alice, in “Alice nel paese delle
meraviglie” nell’episodio della regina di cuori. Alice
deve correre più velocemente per rimanere nello
stesso posto e per poter cambiare posizione deve
correre il doppio. La metafora per dire come, allo
stesso modo, per i sistemi che evolvono e che sono
in competizione sono necessari cambiamenti continui per poter mantenere i livelli di fitness. Pertanto,
contrariamente alla tesi dell’Analogia con il Maestro
Ingegnere, i caratteri esistenti (compresi i nostri)
non rappresentano l’apice adattivo di eoni di
una selezione esigente ma piuttosto essi sono
ecologicamente provvisionali, possono non essere idealmente idonei per la loro funzione attuale
e non sono necessariamente superiori nella ‘progettazione’ di quelli che affollano i letti fossili.
13
Medicina Costruzione Sociale nella Post-Modernità Retroscena
smissione di mutazioni desiderabili in complessi
animali pluricellulari è faticosa, dati i tempi lunghi di generazione e il fatto che la riproduzione
e il trasferimento genico sono indissolubilmente
legati (i casi di DNA trasmessi tra lignaggi di animali attraverso virus possono essere considerati
un’eccezione). Questo è in netto contrasto con le
forme di vita batteriche, che hanno sia tempi rapidi di generazione che modalità “laterali” di trasferimento genico. La trasmissione laterale34
consente ad organismi semplici di scambiare geni
al di fuori del ciclo riproduttivo, permettendo la
proliferazione più efficiente di tratti che migliorano l’adattamento (fitness). La modificazione genetica intenzionale può agire in complesse specie
multicellulari così come accade nel trasferimento
genico laterale nei procarioti, aumentando notevolmente la velocità e la versatilità con cui le
mutazioni benefiche possono diffondersi nella popolazione. La modificazione ci permetterebbe di
combinare e integrare i geni di esseri umani che
non sono membri di una stessa stirpe o lignaggio,
così come i geni di altre specie e di quelli creati artificialmente attraverso la biologia sintetica.
Come lo scambio culturale tra i membri indipendenti di una popolazione, il trasferimento genico
laterale è dotato di rischi che ne conseguono, tra
cui la più rapida diffusione di varianti deleterie
che altrimenti sarebbero limitate ai lignaggi verticali. Tuttavia, dal punto di vista dell’ideologia
dell’ingegneria genetica, la modificazione genetica intenzionale promette di pareggiare la ‘corsa
evolutiva agli armamenti’ tra batteri e le lente popolazioni umane da loro inseguite.
■■ LA SELEZIONE NATURALE HA NATURA INCREMENTALE E NON DISTINGUE TRA GENI
BENEFICI O DELETERI AL “BENE UMANO”
La natura cieca e incrementale della selezione naturale non solo pone severi vincoli su
quanto rapidamente la selezione naturale possa compiere una determinata impresa adattativa, ma, anche, su quali imprese adattative possano essere compiute appieno. Mutazioni
e ricombinazioni genetiche, che insieme forniscono il materiale primario per la selezione naturale
negli organismi sessuati, impongono vincoli severi su ciò che la selezione opera con essi e su
come può farlo. Ad esempio, si consideri il fenomeno noto come associazione o “linkage”35,
che spiega perché alcuni caratteri si manifestino
sempre associati. Si definiscono geni associati i
geni che appartengono allo stesso cromosoma e
che non si assortiscono in modo indipendente.36
Ma raramente la concatenazione tra geni è totale
in quanto i geni associati possono ricombinarsi
in combinazioni diverse da quelle dei genitori a
causa dei fenomeni di scambio. Se la “ricombinazione genetica”37 favorisce nuove combinazioni di alleli rispetto a quelle iniziali, nel caso di
associazioni tra geni benefici e deleteri, la selezione adattativa non distinguerà tra quali eventuali geni benefici o deleteri rientreranno nella
prossima generazione, ovvero non sarà in grado
di favorire (vale a dire, di generare in modo differenziale) la variante ‘salutare’. Limitazioni simili
insorgono da pleiotropismo38, dove geni singoli
codificano molteplici funzioni non correlate e “interazioni epistatiche”39 nelle quali lo stato di
34 Il trasferimento di geni orizzontale o trasferimento genico orizzontale, anche conosciuto come trasferimento di geni laterale, è un processo nel quale un organismo
trasferisce materiale genetico ad un’altra cellula non discendente. Il suo contrario è il trasferimento verticale, vale a dire il fenomeno della riproduzione, col quale
un organismo riceve il materiale genetico dei suoi antenati dai suoi genitori. La maggior parte degli studi sopra la genetica si sono incentrati in prevalenza sul
trasferimento verticale, ma attualmente c’è la sensazione che il trasferimento orizzontale sia un fenomeno significativo. Il trasferimento artificiale di geni orizzontali è una forma di ingegneria genetica. L’ambito del trasferimento di geni orizzontali è essenzialmente tutta la biosfera, dove i batteri e i virus agiscono sia come
intermediari del traffico di geni che come magazzini per la moltiplicazione e ricombinazione di geni (il processo di creazione di nuove combinazioni di materiale
genetico). Fonte: WIKIPEDIA
35 In genetica, fenomeno, detto anche associazione o linkage, per cui alcuni geni non si trasmettono dai genitori ai figli indipendentemente tra di loro, come previsto
dalla terza legge di Mendel, ma congiuntamente. I geni associati sono localizzati sullo stesso cromosoma e formano dei gruppi di associazione, in numero corrispondente a quello delle coppie cromosomiche della specie. Raramente la concatenazione tra due o più geni è totale, in quanto i geni associati possono variare e
cioè ricombinarsi in combinazioni diverse da quelle dei genitori a causa dei fenomeni di scambio. La frequenza con cui avvengono queste ricombinazioni fornisce
una misura del grado o dell’intensità di associazione tra due geni. Il grado di associazione di due geni dipende dalla loro distanza sul cromosoma nel senso che geni
situati in loci vicini verranno trasmessi di generazione in generazione congiuntamente, mentre geni situati in loci distanti saranno più facilmente soggetti a scambio
e quindi segregheranno quasi come geni indipendenti. Fonte: sapere.it
36 Infatti, poiché è il cromosoma (e non il gene) l’unità che si trasmette durante la meiosi, i geni associati non sono liberi di distribuirsi in modo indipendente gli uni
dagli altri e si dice che mostrano associazione (linkage) negli incroci genetici. (Wikipedia)
37 Per ricombinazione genetica si intende ogni processo attraverso il quale, a partire da un genotipo, si ottengono nuove combinazioni di alleli rispetto a quelle iniziali.
La ricombinazione agisce quindi sul materiale genetico, che nella maggior parte dei casi è costituito da DNA; l’unica eccezione riguarda la ricombinazione genetica
degli RNA-virus, che opera sull’RNA. La ricombinazione, assieme alle mutazioni genetiche, è alla base della variabilità genetica degli organismi. Fonte: Wikipedia
38 Fenomeno genetico caratterizzato dalla possibilità di un singolo gene mutante di produrre diverse manifestazioni fenotipiche e di provocare, in certi casi, il quadro
di una determinata sindrome clinica. (Wikipedia)
39 L’epistasi è una forma di interazione fra geni, il fenomeno si verifica quando un gene interferisce con l’espressione fenotipica di un altro gene. Le caratteristiche
dell’individuo saranno pertanto date dalla risultante di questa interazione. Il gene che maschera l’espressione di un altro gene viene definito epistatico, il gene la
cui espressione viene mascherata da un gene non allelico viene definito ipostatico. (Wikipedia)
14
Medicina Costruzione Sociale nella Post-Modernità Retroscena
Inoltre, poiché la selezione naturale è un processo cieco e incrementale, proviamo allora a pensare ad un problema di adattamento che richieda
centinaia o addirittura migliaia di micro mutazioni. Si consideri uno scenario in cui le mutazioni
individualmente necessarie e congiuntamente
sufficienti per qualche carattere benefico non riescano a conferire un beneficio di adattamento.
“La probabilità di realizzare una particolare traiettoria mutazionale è uguale al prodotto esponenziale delle probabilità delle sue mutazioni
costitutive. Nella misura in cui il numero di mutazioni necessarie cresce, la possibilità che siano
realizzate simultaneamente o nel giusto ordine
diminuisce esponenzialmente. Al contrario, ciò
che è un’impresa o un atto, di valore astronomicamente improbabile, per la selezione naturale,
può diventare un compito relativamente semplice per un ingegnere umano:”40 macro mutazioni sarebbero realizzabili all’interno dell’ambito lungimirante e “orientato agli obiettivi” della
modificazione genetica intenzionale.
Così, la modificazione genetica intenzionale non
solo può accompagnare nei profondi mutamenti
genetici a un ritmo molto più veloce della modificazione genetica non intenzionale ma, anche, avere accesso a intere regioni di spazio
adattativo che sono off limits per la selezione naturale. In questo modo, la modificazione
genetica intenzionale potrebbe essere considerata una risorsa inestimabile, letteralmente
una questione di vita o di morte per la specie nel
caso in cui gli esseri umani si confrontassero con
un problema imminente di adattamento, la cui
soluzione sia totalmente inaccessibile alla selezione incrementale o, altrimenti, ottenibile solo
su vaste distese di tempo evolutivo. Ad esempio,
la modificazione genetica intenzionale potrebbe
consentire di alterare la capacità del corpo per la
regolazione termica in risposta al riscaldamento
globale, o aumentare la nostra resistenza a patogeni emergenti o la nostra tolleranza alla tossicità ambientale. In teoria, inserendosi nei percorsi
(‘maestri’) normativi dello sviluppo degli organismi, la modificazione genetica intenzionale ha il
potenziale di andare ben oltre il miglioramento di
certi caratteri fino alla trasformazione completa
di un’organizzazione biologica.
40 Powell, R. & A. Buchanan, pp. 14-15. 2011
■■ LA NATURA SISTEMICA NELLO SVILUPPO
DEGLI ORGANISMI NON ESCLUDE LE CONSEGUENZE NEGATIVE DI UN CARATTERE
SCELTO
A causa della natura inerente allo sviluppo integrato degli organismi, anche se un carattere è “ottimizzato” per selezione naturale,
ciò non preclude conseguenze negative per
altri tratti, a condizione che l’adattamento associato con il carattere ottimizzato sia abbastanza forte da compensare eventuali deficit. Per
esempio, nell’evoluzione degli ominidi, vi fu una
forte selezione per il bipedismo, probabilmente
a causa della dispersione delle risorse e l’inefficienza dell’andatura quadrupede come modo
di locomozione. A quanto pare, i benefici della
selezione verso il bipedismo furono tali da superare i notevoli ‘costi’ connessi con la ricostruzione “frettolosa” dell’anatomia craniale ominide
al fine di accogliere questa nuova forma di movimento. I costi di questo, altamente vincolato,
compromesso evolutivo, hanno incluso alcuni
dei più alti tassi di mortalità neonatale e materna nel regno animale, per non parlare di una
serie di problemi postumi di colonna vertebrale e di una grande quantità di ginocchia deboli.
Anche se la tecnologia chirurgica (tagli cesarei)
ha man mano ridotto l’incidenza di mortalità infantile e materna, ovviamente da epoche più
recenti ad oggi, questo non può compensare la
sub-ottimalizzazione biologica.
■■ La SOLA SELEZIONE NATURALE COMPOR-
TEREBBE PERDITA IRREVOCABILE DI GENI
O L’ESTINZIONE
Quando le specie si estinguevano in natura per
via della selezione naturale o di una catastrofe, i loro geni distintivi andavano persi per sempre, ma oggi sono operative banche genetiche
mondiali come quella per le risorse fitogenetiche per l’alimentazione e l’agricoltura, o come le
banche genetiche di specie animali in estinzione
e non, per non parlare poi della tecnologia che
consente che le informazioni genetiche possono essere ‘resuscitate’ addirittura da materiali
fossili. Le sequenze geniche umane, sempre più
diffusamente, sono depositate nelle banche dati
genetiche (simile al Global Seed Vault in Norve-
“Tempo Zero”
sviluppo di un gene interferisce sulla funzione di
un altro.
15
Medicina Costruzione Sociale nella Post-Modernità Retroscena
Dire che un carattere aumenta l’adattamento riproduttivo è solo dire che aumenta la probabilità
che i geni dell’organismo che portano il carattere avranno più probabilità di passare alle future
generazioni, sia attraverso la riproduzione diretta
dell’organismo sia attraverso quella della sua parentela. Anche se ogni carattere umano ha contribuito all’idoneità riproduttiva non ne conseguirebbe, comunque, che ogni sforzo di migliorare
gli umani per via della modificazione genetica intenzionale condurrebbe, necessariamente, ad un
peggioramento, per la semplice ragione che il benessere umano non è da confondersi con la
capacità riproduttiva.
L’analogia dell’orologiaio cieco oscura la più
profonda limitazione della modificazione genetica non intenzionale, vale a dire, la sua
inefficacia come mezzo per raggiungere “il
bene umano”, e, senza volerlo, incoraggia la
visione, fondamentalmente sbagliata, che la
selezione naturale sia l’unico processo per
il miglioramento umano. Quando la selezione
produce ciò che è prezioso per gli esseri umani, lo
fa per pura casualità. E non sarebbe saggio puntare solo sulla casualità per le prospettive di sopravvivenza umana e tanto meno per le prospettive
del suo miglioramento.
Life’s blueprint, “Genome: Unlocking Life’s Code”, Smithsonian’s National Museum of Natural History, 08.2013
gia) delle popolazioni mondiali e possono essere
mantenute per tempi illimitati. La modificazione genetica intenzionale può, oggi, allontanare
e addirittura invertire gli eventi di estinzione
che altrimenti sarebbero inevitabili o irrevocabili (tecnologia per flora e fauna). Ma c’è la critica comune che inferisce che la modificazione
genetica intenzionale dovrebbe essere vietata
perché potrebbe causare la perdita irreparabile
di materiale genetico potenzialmente prezioso.
La preoccupazione che la modificazione genetica
intenzionale potrebbe causare errori irrimediabili
è reale ma essa merita più attenzione di quanto
riceva di solito. La tecnologia è già disponibile
per bloccare l’espressione (cioè, lo spegnimento) di geni modificati, nonché per inserirli negli
organismi in stato inattivo (dormiente), in ciascun caso, la somministrazione di un farmaco è
necessaria per riattivarli (switch them back on).
Quindi, anche se una modificazione genetica intenzionale si rivelasse essere un errore, non né
conseguirebbe che sia irrevocabile. Pensare che
una modificazione genetica intenzionale sia inesorabilmente irrevocabile significa essere presi
dalla fallacia del determinismo genetico, cioè di
quella nozione che postula che vi sia una correlazione meccanica tra la presenza di un gene e la
sua espressione nel fenotipo. Certo la questione
diventa rilevante quando si parla di attuare questi processi sulla specie umana.
■■ LA
SELEZIONE NATURALE SELEZIONA
PER FINI RIPRODUTTIVI e NON PER IL BENE
UMANO
Richard Dawkins ha notoriamente paragonato
il processo della selezione naturale al lavoro di
un orologiaio cieco. L’idea che l’orologiaio è cieco è di effetto nel trasmettere la visione che
l’evoluzione non sa quello che sta facendo, ma la metafora risulta fuorviante se invece
suggerisce intenzione. Eppure c’è un difetto più
fondamentale nell’analogia. Un orologiaio, cieco
o vedente che sia, costruisce qualcosa seguendo un piano per soddisfare bisogni e desideri umani; la selezione naturale, al contrario,
“punta” solo all’adattamento riproduttivo.
Ma l’adattamento biologico, in natura, non
deve essere scambiato con il “bene umano”, ideale metafisico e, perciò, sociale e controverso. Pertanto, il più forte vincolo della modificazione genetica non intenzionale è che
essa seleziona per fini riproduttivi, non per
il bene umano.
16
3
IL FILO DEL RAGIONAMENTO
In replica agli esponenti della modificazione genetica intenzionale, per le loro critiche ai sostenitori
del paradigma dell’intoccabile disegno biologico
come opera di un ingegnere maestro, i loro oppositori replicano argomentando che una modificazione genetica intenzionale non può essere eseguita in quanto la struttura causale molecolare
del disegno biologico risulta ancora inaccessibile
Medicina Costruzione Sociale nella Post-Modernità Retroscena
Ma la metafora del castello di carte, utilizzata
dagli avversari alla modificazione genetica intenzionale, semplicemente, non corrisponde con
molto di ciò che abbiamo imparato dalla biologia evoluzionista dello sviluppo. Le funzioni dell’organismo (ORGANISMIC FUNCTIONS)
sono molto meno fragili, soprattutto in risposta ad un’alterazione genetica, di quanto i biologi
avessero inizialmente previsto. Ciò è dovuto, in
parte, al sorprendente livello di modularità e di
canalizzazione nello sviluppo (nell’evoluzione),
due fenomeni biologici pervasivi che funzionano
per stabilizzare il fenotipo contro perturbazioni nel suo ambiente e nel suo sviluppo genetico. Un “modulo” è una regione di sviluppo
embrionale che presenta un’elevata connettività
causale tra i suoi componenti interni mentre ha
solo interazioni deboli con quelli di altri moduli, in questo modo, la costruzione modulare crea
“firewall” (programmi di protezione) dello sviluppo che aiutano a garantire che il danno fenotipico dovuto a mutazioni deleterie o al “rumore”
evolutivo sia contenuto nel modulo interessato
e non si diffonda a cascata in aree collaterali.41
La “canalizzazione genetica”, invece, si riferisce alla tendenza dello sviluppo o dell’evoluzione
di un sistema a produrre un particolare fenotipo
nonostante le variazioni nel suo ambiente genetico.42 Più forte è la canalizzazione di un fenotipo, meno essa è soggetta a variare (e, quindi,
meno fragile essa è) a fronte della modificazione
genetica. Questo non vuol dire che non ci sono
pericoli di ontogenesi associati con la modificazione genetica intenzionale ma, piuttosto,
intende dimostrare che la metafora del castello di carte è, come l’analogia con il maestro
ingegnere, un inappropriato modo di vedere
le sfide che attendono le modificazioni genetiche
intenzionali.
Gli appelli alla saggezza della natura sono spesso propagandati come se offrissero ragioni conclusive per rinunciare alla modificazione genetica
intenzionale o, almeno, giustificare una forte presunzione verso di essa. In contesti non religiosi,
gli avversari della modificazione genetica intenzionale, tipicamente, incassano l’idea della saggezza della natura, paragonando la modificazione
genetica non intenzionale, che opera attraverso la
selezione naturale, con il lavoro di un ingegnere
maestro. Sulla base di questa analogia, concludono che la modificazione genetica intenzionale
è destinata a peggiorare, e non a migliorare, la
condizione umana, trascurando il fatto che la
condizione umana è, e rimane, un vissuto culturale socialmente e storicamente costruito.
Ma si è sostenuto che l’analogia con il maestro
ingegnere è così imperfetta che non può servire come base legittima di eventuali posizioni
sostanziali delle politiche pubbliche rispetto alla
modificazione genetica intenzionale. L’organismo umano non è un prodotto completato in
modo ottimale che non possa essere migliorato (la tecnologia biomedica lo dimostra), e le
forze che lo hanno modellato non sono rivolte al bene umano. Ciò che la situazione richiede
è una mossa che elimini l’analogia con il maestro ingegnere e, con essa, la visione che proclama che la, cosiddetta, saggezza della natura
metta in guardia contro la modificazione genetica
intenzionale.
Un’analogia migliore sarebbe: la modificazione genetica non intenzionale è come il lavoro
di un ‘riparatore moralmente cieco’ e strettamente vincolato (casualità della selezione).
Per cui la proposta di intervenire nel lavoro di un
riparatore moralmente cieco e strettamente vincolato sembra molto più promettente piuttosto di
lasciarlo lavorare indisturbato, pur se ritenuto un
ingegnere maestro.
41 Per approfondimenti sul ruolo della modularità nell’embriogenesi, si veda Klingenberg, C. P. Morphological integration and development of modularity. Annual
Review of Ecological Evolutionary Systems 39: 115-32. 2008
42 La ridondanza nella funzione del gene dovuta alla duplicazione genica è un meccanismo comune di “memorizzazione” con il quale la canalizzazione genica è
raggiunta. Per approfondimenti sulla canalizzazione e i fenomeni relativi, si veda Gibson, G., and G. Wagner. Canalization in evolutionary genetics: A stabilizing
theory? Bioessays 22: 372-80. 2000
“Tempo Zero”
alla conoscenza umana. Essi sostengono che
poiché i risultati dell’evoluzione sono (dal punto
di vista umano) pieni di difetti di adattamento, la
comprensione della loro struttura causale richiede di gran lunga maggiore conoscenza e intelligenza di quanto sia necessario per comprendere i disegni eleganti ed efficienti di un maestro
artigiano. Ed ancora di più, questi oppositori alla
modificazione genetica intenzionale asseriscono
che il disegno biologico nella sua complessità
è come un castello di carte in bilico, soggetto
al collasso totale se arrivasse una modificazione
genetica sbagliata. Se questa limitazione epistemica prevale nell’opinione pubblica, le possibilità
di ‘migliorare’ funzioni dell’organismo via la modificazione genetica intenzionale sono scarse perché
si paventerebbero rischi elevati.
17
Medicina Costruzione Sociale nella Post-Modernità Retroscena
Per essere chiari, non si sostiene che la modificazione genetica intenzionale non ponga una serie di rischi per l’organismo o la specie.43 Infatti,
tutto ciò che si è detto finora è compatibile con la
conclusione che la modificazione genetica intenzionale negli esseri umani non dovrebbe essere
intrapresa senza un’euristica cautelare. Piuttosto
si è argomentato che il tentativo di fondare un
divieto o forte presunzione contro la modificazione genetica intenzionale fallisce nella
misura in cui è fondato sull’erronea analogia
della selezione naturale con un ingegnere
maestro. Questo è compatibile con il fatto che
vi siano altri seri motivi di cautela circa la modificazione genetica intenzionale. Tuttavia, un prudente atteggiamento è quello di mettere da parte
le metafore, valutare i rischi del miglioramento
bio-medicale sulla base delle migliori informazioni
scientifiche disponibili ad oggi e, quindi, sviluppare misure di lotta al rischio che siano altrettanto
scientificamente fondate.
Invece di fare appello a metafore di forte risonanze emotive, sarebbe meglio concentrarsi più
direttamente sui rischi relativi alle conseguenze
non intenzionali che le modificazioni genetiche
intenzionali (come altre azioni umane) possono
avere e nello sviluppo di strategie per cercare di
ridurre questi rischi. Inquadrare la questione
delle dovute cautele, riguardo la modificazione genetica intenzionale, come una questione di
riduzione dei rischi è opportuno, dato il fatto
che la modificazione genetica intenzionale ha il
potenziale di promuovere “il bene”, socialmente
inteso, per gli essere umani, in modo più efficace
e ad un costo morale inferiore a quello della modificazione genetica non intenzionale. Alla luce
del ‘bene’ che potrebbe essere raggiunto dalla
modificazione genetica intenzionale, un qualche rischio può essere corso. In questa ricerca
di un modo pragmatico di pensare circa la
modificazione genetica intenzionale vi sono
due filoni fondamentali circa un’euristica
cautelare: quello classico basato sull’eziologia adattiva della funzione biologica e quello
contemporaneo basato sulle relazioni ontogenetiche causali.
Michael Morgenstern, How Science Polices Itself
Così, finora è stato sostenuto (1) che i risultati
della modificazione genetica non intenzionale,
come essi vengono compresi nella teoria evoluzionistica contemporanea, non sono l’opera di
un ingegnere maestro e che, di conseguenza, (2)
i tentativi di argomentare contro la modificazione
genetica intenzionale sulla base di questa analogia ‘difettosa’ sono poco convincenti. Si è cercato
di dimostrare che l’analogia non è semplicemente
imperfetta ma è seriamente difettosa e, inoltre,
trasmette una visione distorta della modificazione genetica non intenzionale e favorisce,
in tal modo, un confronto molto sfavorevole tra
i due approcci. Se l’analogia della “natura” con
l’ingegnere maestro è volta a sostenere posizioni
di politiche pubbliche in materia di modificazione
genetica intenzionale, essa dovrebbe essere basata su una profonda somiglianza strutturale
piuttosto che su somiglianze metaforiche tra i risultati dell’evoluzione e quelli attribuiti, idealmente, ad un ingegnere maestro. È stato sostenuto che
una volta che l’inadeguatezza della modificazione
genetica non intenzionale, come un processo per
la tutela e la promozione del benessere umano, è
rilevata e, una volta che i costi morali del processo
sono debitamente considerati, la prospettiva della
modificazione genetica intenzionale (in grado di
superare questi vincoli) sembra molto più favorevole e l’analogia con il maestro ingegnere molto
meno convincente.
4
EURISTICHE CAUTELARI
■■ L’EURISTICA AMMONITORIA DELL’ADATTAZIONISMO
Abbiamo già accennato che Bostrom &
Sandberg, due filosofi che rifiutano qualsiasi divieto o forte presunzione contro la modificazio-
43 Il foco qui è stato sui rischi potenziali della modificazione genetica intenzionale per ontogenesi, per una esplorazione delle implicazioni evolutive di miglioramento
genetico, vedere Powell, R. The evolutionary biological implications of human genetic engineering. Journal of Medicine and Philosophy. Pubblicato online il 25
febbraio, 2010, doi: 10.1093/jmp/jhq004
18
Medicina Costruzione Sociale nella Post-Modernità Retroscena
Bostrom e Sandberg45 sono a favore di un’euristica di intervento che essi chiamano la “sfida
di un ottimo evolutivo” (EOC = Evolutionary Optimality Challenge). La sfida di un ottimo
evolutivo pone l’onore della prova sul fatto che
i sostenitori della modificazione genetica intenzionale soddisfino un test “adattazionista”: “Se
l’intervento proposto si traducesse in un miglioramento, perché non ci siamo già evoluti in questo modo?” Loro propongono questo criterio di
ottimizzazione perché considerano che vi sia una
certa verità riflessa nell’analogia con il maestro
ingegnere.
La “sfida di un’ottimizzazione evolutiva” può essere basata su una o entrambe delle seguenti
rivendicazioni: (1) se X è un adattamento, allora
X tenderà ad essere ottimale dal punto di vista
evolutivo e/o morale, (2) se X è un adattamento, manipolando le sue basi genetiche tenderà
a produrre conseguenze fenotipiche negative.
Bostrom e Sandberg continuano ad assumere
che la selezione naturale sia l’unica causa importante dei caratteri biologici, i quali, poiché sono
adattativi, debbono essere considerati funzionalmente e moralmente ottimali. Come è stato
argomentato nella parte II, questo non è il caso
e, quindi, la rivendicazione (1) è chiaramente
falsa. La rivendicazione (2) non ha pretese circa
un’ottimizzazione. È semplicemente l’affermazione ragionevole che la cautela sia necessaria
nel modificare parti del genoma che codificano
gli elementi adattativi del fenotipo. Le interazioni non lineari tra i geni e le reti genetiche
certamente sconsigliano una manipolazione casuale di sequenze codificanti per funzioni altamente integrate. Non vi è nulla di sbagliato nel
richiedere cautela circa la modificazione genetica
intenzionale nel contesto dei caratteri adattativi,
il problema, però, con l’euristica di Bostrom &
Sandberg, è che essa si concentra sul set sbagliato di fatti. Come risultato, essa può portare
fuori strada la modificazione genetica intenzionale, suggerendo norme per la modificazione di
porzioni non adattative del genoma.
Non c’è dubbio che anche piccole ‘perturbazioni’
genetiche, soprattutto nelle prime fasi dell’ontogenesi, possono generare ‘danni’ nelle funzioni
biologiche, ma questo è vero sia che l’obiettivo
dell’intervento sia un adattamento o meno. Quindi, si deve essere in guardia, ugualmente, riguardo l’alterazione di segmenti del genoma anche se
essi sono segmenti neutri o non-adattativi, che a
causa dell’epistasi (l’interazione tra loci genetici
in relazione al loro effetto sul fenotipo) può avere conseguenze genetiche analoghe o ancora più
gravi. Ciò che conta ai fini della valutazione
delle potenziali conseguenze negative della
modificazione genetica intenzionale non è se
l’obiettivo dell’intervento è la causa di fondo di un adattamento, ma in che modo i geni
bersaglio sono causalmente collegati con altri geni e prodotti genetici nello sviluppo ontogenetico dell’organismo. In altre parole, la
miglior ipotesi per valutare i possibili effetti della modificazione genetica intenzionale
dovrebbe sempre basarsi su una valutazione
delle attuali capacità causali e non su eventi del lontano passato. L’adattazionismo ortodosso, che aderisce ad una concezione puramente eziologica della funzione getta poca luce sulla
questione.
44 Amundson, R. Two concepts of constraint: Adaptationism and the challenge from developmental biology. Philosophy of Sciences 61: 556-78. 1994
45 Bostrom, N., and A. Sandberg. The wisdom of nature: An evolutionary heuristic for human enhancement. In Human enhancement (pp. 375-416), ed. J. Savulescu
and N. Bostrom. Oxford University Press, Oxford, 2009
46 Neander, K. Functions as selected effects: The conceptual analyst’s defense. Philosophy of Science 58: 168-84
“Tempo Zero”
ne genetica intenzionale, prendono, comunque,
seriamente l’analogia con il maestro ingegnere
e presumono che essa fornisca una solida base
per la cautela circa l’uso della modificazione genetica intenzionale. A loro credito, piuttosto che
accontentarsi con il luogo comune che proclama che dobbiamo “andare piano” e “procedere
con cautela” nell’uso delle modificazioni genetiche intenzionali, questi filosofi continuano ad
offrire un’euristica ammonitoria, basata su
una loro valutazione della teoria dell’evoluzione. La difficoltà è che il loro punto di vista
sull’evoluzione e, quindi, la loro euristica cautelare, è colorata con una comprensione sempre
più screditata dell’evoluzione, cioè “il forte
adattazionismo”, una visione che presuppone
la tendenza inesorabile della selezione naturale a superare i vincoli di sviluppo che altrimenti
conducono a una “sub-ottimizzazione adattativa.”44 Ma anche se questa fosse una corretta
visione dell’evoluzione, l’approccio di Bostrom &
Sandberg all’euristica cautelare sarebbe ancora
difettoso perché si concentra sull’adattamento,
piuttosto che sul rischio che la modificazione genetica intenzionale possa interrompere ciò che
potrebbe essere chiamato “interdipendenze causali benigne” e, così facendo, produrre cattive
conseguenze.
19
Medicina Costruzione Sociale nella Post-Modernità Retroscena
Per capire perché questo è così, si consideri che
nella biologia contemporanea vi sono due
approcci concettuali alla funzione. Il più popolare è quello “eziologico” o la versione della
funzione biologica cosiddetta di “effetti selezionati”, che definisce la funzione di un carattere in relazione alla sua storia selettiva particolare.46 L’approccio della spiegazione del
“ruolo causale” della funzione, d’altra parte, è
interessato non alla genealogia del carattere ma piuttosto alle sue “attuali proprietà
causali”.47 Il punto cruciale (in questo approccio) è che nel contesto della modificazione genetica intenzionale, le “attuali proprietà causali”
del target separano (cioè, rendono statisticamente irrilevante) l’eziologia adattativa rispetto alla probabilità delle conseguenze negative
indesiderate dell’intervento. Questo non vuole
dire che l’eziologia adattativa non possa fornire
alcuni indizi di base circa i rischi connessi con
l’intervento, ma una comprensione sufficiente
delle attuali capacità causali (o la struttura di
co-varianza tra geni e caratteri fenotipici) rende
discutibile l’informazione circa la genealogia. Se uno vuole sapere che cosa sta facendo
oggi un ex compagno di classe, lo chiamerebbe
o chiederebbe di lui ad un amico comune, non
andrebbe a scavare delle lettere nella posta del
passato in uno sforzo di ricostruire il tempo trascorso, solo per farsi un’ipotesi di quello che lui
stia a fare oggi. Eppure questo è esattamente ciò
che la “sfida di un ottimo evolutivo” vuole che
venga fatto.
A questo punto, Bostrom & Sandberg potrebbero
sostenere che data la nostra attuale limitazione
epistemica, sia per quanto riguarda la natura in
generale che relativa ai dettagli delle complesse
reti genetiche, dovremmo concentrarci invece
sugli ‘effetti selezionati’ che sono più facili da
determinare rispetto alle attuali capacità causali. Fosse questo, vero, ciò fornirebbe almeno una
qualche base per la loro euristica adattazionista.
Ma non è il caso che le funzioni degli effetti selezionati siano più facili da accertare che le funzioni di ‘ruolo causale’, infatti, l’inverso è probabilmente vero.48 “Storie” della storia naturale di un
carattere possono essere più facili da preparare
velocemente che l’elaborazione di ipotesi relative alle dinamiche causali prossime, ma questo
non rende più probabile che tali storie siano ac-
curate e possano aver successo nel contribuire
ad evitare le conseguenze negative di un intervento. Al contrario, simulazioni matematiche
sono state utilizzate per disporre di un modello
delle reti a sviluppo non lineare, consentendo
previsioni specifiche riguardanti gli effetti delle
mutazioni, delle modificazioni e perturbazioni in
fattori non genetici sulla ontogenesi di caratteri
complessi.49
In sintesi, la “sfida di un ottimo evolutivo” è problematica in quanto si basa su informazioni indirette e potenzialmente fuorvianti circa le probabili conseguenze dell’intervento genetico, mentre
sottovaluta il danno evoluzionistico che potrebbe
emergere dal modificare porzioni del genoma, siano esse porzioni mal-adattative o non adattative.
Un ultimo ma ovvio punto: se è vero che la vasta
maggioranza delle mutazioni ‘naturali’50 sono sia
mal-adattive che neutrali, il punto stesso della
modificazione genetica intenzionale è che questa non imita i processi mutazionali stocastici
delle modifiche genetiche non-intenzionale. Il
suo scopo, piuttosto, è quello di produrre mirate variazioni non casuale al servizio di qualche
obiettivo identificabile. Così, il fatto che una
variazione genetica non assistita sia solo
raramente benefica, piuttosto che sminuire,
sostiene, infatti, il valore della modificazione genetica intenzionale.
A Bostrom & Sandberg viene conferita ragione
nell’esplorare l’idea di un’euristica di avvertimento che segua una via di mezzo tra un divieto
generale sulla modificazione genetica intenzionale e la vaghezza di un monito di ‘andare piano’. Hanno anche ragione nella loro ipotesi che
le necessarie euristiche debbano essere basate
sulla biologia evolutiva. Dove loro sono criticati dagli evoluzionisti contemporanei è nel presupposto che la domanda chiave da porsi sia se
un carattere mirato per una modificazione genetica intenzionale è un adattamento. Non tutti
i caratteri sono adattativi, non tutte le modifiche degli adattamenti avranno conseguenze negative, e non tutte le modificazioni di caratteri
non adattativi saranno benigne nei loro effetti.
In ogni caso, ciò che conta non è l’eziologia
adattativa ma la relazione causale tra il carattere e/o il gene mirato (target) e altri
47 Amundson, R. & G. Lauder. Function without purpose: The uses of causal role function in evolutionary biology. Biology and Philosophy 9: 443-69. 1994
48 Amundson & Lauder, op. cit.
49 Nijhout, H. F. The control of growth. Development 130: 5863-7. 2003
50 Fay, J.C.. G. Wyckoff and C.I. Wu, Positive and negative selection on the human genome. Genetics 158-1227-34. 2001
20
Medicina Costruzione Sociale nella Post-Modernità Retroscena
■■ L’EURISTICA
CAUTELARE BASATA SULLE
RELAZIONI ONTOGENETICHE CAUSALI
Il proposito di quest’esposizione non è sviluppare una spiegazione approfondita delle implicazioni di una solida comprensione della teoria
evoluzionista contemporanea riguardo la modificazione genetica intenzionale negli umani. Ma si
è cercato di esporre alcune delle idee evoluzioniste [ad esempio che tutti i caratteri siano adattativi] che hanno distorto il dibattito sulla modificazione genetica. Tuttavia, prima di concludere,
si vuole offrire un elenco, certamente incompleto, riguardo un’euristica di avvertimenti,
concentrando l’attenzione non sull’adattamento, ma sui rapporti ontogenetici causali, seguendo la proposta di Powell e Buchanan.51
Queste regole pratiche non sono offerte come
condizioni necessarie e sufficienti per la liceità
della modificazione genetica non intenzionale.
Esse sono, invece, un tentativo di tradurre la
corretta, ma vaga, ammonizione di andare piano
in qualcosa di più in grado di fornire una guida
concreta per determinare se perseguire una modificazione genetica proposta con l’intenzione di
aumentare il benessere umano. Esse sono intese
come contributo a ridurre il rischio di quello che
potrebbe essere chiamato “danno biologico”, ma
non affrontano la possibilità che la modificazione genetica intenzionale possa produrre conseguenze sociali e morali negative. Esse non sono
offerte come qualcosa che si avvicini ad una guida completa per il processo decisionale nel contesto della modificazione genetica intenzionale.
Si ritiene, tuttavia, che nel loro insieme, esse
riflettano una corretta preoccupazione per il
rischio di conseguenze biologiche indesiderate
riconducibili alla modificazione genetica di organismi complessi, evitando le idee [ad esempio
che l’organismo umano sia un prodotto finito e
disegnato a priori] che l’analogia con il maestro
ingegnere incoraggia. Più un intervento di modificazione genetica soddisfa pienamente queste condizioni, più fiduciosi si può essere che il
rischio di conseguenze biologiche negative non
intenzionali è preso sul serio. Quanto sia grave
il mancato rispetto di una o più di queste condi-
51 Powell, R. & A. Buchanan, pp. 23-24. 2011
zioni o regole pratiche (euristica) dipenderà da
una serie di fattori tra cui, ovviamente, quanto
“valgono”, socialmente, gli effetti previsti della
modifica genetica intenzionale e quanto, probabilmente, l’intervento li produrrà.
1. L’intervento dovrebbe essere rivolto a geni
di poca profondità ontogenetica, geni che si
trovano “a valle” nella fase di sviluppo. Tali
interventi hanno meno probabilità di provocare conseguenze negative a cascata per il
fenotipo.
2.L’intervento, in caso di successo, non dovrebbe produrre un miglioramento che supera il limite superiore della corrente di distribuzione
normale del carattere in questione. L’idea qui
è che se ci sono individui ben funzionanti, che
già possiedono il carattere la cui frequenza si
sta cercando di aumentare, è a garanzia che la
modifica non disturberebbe le interdipendenze
causali benigne.
3.Gli effetti dell’intervento sono contenibili ad
un particolare organismo. In altre parole, se
si rivelassero conseguenze negative, il danno
sarebbe limitato alla persona /le persone in cui
avviene l’intervento.
4.L’intervento è contenibile all’interno dell’organismo, cioè si tratta di modifiche in un sistema
altamente modulare o in sottosistemi dell’organismo. Una tale modificazione ha meno probabilità di produrre effetti indesiderati di ricaduta
in altri sistemi o sottosistemi.
5.Gli effetti dell’intervento sono reversibili. Se
questa condizione è soddisfatta, allora sarà
possibile evitare danni in corso.
6. L’intervento non comporta grandi cambiamenti
morfologici. L’intuizione è che robuste modificazioni morfologiche hanno più probabilità di
avere cattive conseguenze indesiderate sullo
sviluppo del fenotipo.
7.Se l’obiettivo dell’intervento è quello di eliminare un carattere indesiderabile, quindi, le funzioni del carattere con ruoli causali e il suo subalterno substrato genetico devono essere ben
compresi. Questa euristica significa riconoscere che anche i caratteri “cattivi” possono avere
“Tempo Zero”
fattori ontogenetici tra cui quelle caratteristiche dell’organismo che noi stimiamo e
vogliamo preservare.
21
Medicina Costruzione Sociale nella Post-Modernità Retroscena
alcune conseguenze benigne, e che il prezzo di
eliminare un cattivo carattere può essere proibitivo, a seconda delle sue connessioni causali
con altri geni e come a sua volta influenzano il
fenotipo.
Mike Lemanski, Sports
Ognuna di queste regole pratiche (euristiche) è
pensata per ridurre il rischio di conseguenze indesiderate negative nel modo giusto, cioè, puntando
su relazioni causali nello sviluppo, piuttosto che
sulla eziologia adattiva del carattere a cui l’intervento è rivolto.
■■ CONCLUSIONE
Basandosi sull’idea che gli esseri umani sono
prodotti di ‘eoni di evoluzione esigente’ delicatamente bilanciata, i critici più severi della modificazione genetica intenzionale considerano che
l’organismo umano è in qualche modo completo
e ottimale, nel senso che gli sforzi per migliorarlo
sarebbero destinati quasi sicuramente a renderlo
meno ottimale. Questo punto di vista è guidato dall’idea che la selezione naturale attui come
un ingegnere maestro e che gli organismi siano
simili a castelli di carta in precario equilibrio. L’esposizione mostra che entrambe queste analogie
sono molto più oscuranti di quando riescano a
dare luce sulla questione. Inoltre, del tutto assente da questo quadro è l’ambiente continuamente mutevole in cui i lignaggi non solamente
lottano per sopravvivere e riprodursi ma nel quale, anche, attivamente si plasmano e si conformano attraverso le loro attività. Come i biologi
hanno da tempo riconosciuto, “gli adattamenti
non sono alle nicchie ecologiche ciò che le chiavi sono alle serrature.”52 Piuttosto, “gli organismi
si impegnano in un rapporto di reciprocità e di
co-definizione con il loro ambiente selettivo.”53
Osservando gli organismi, sembra lecito concludere che gli umani siano costruttori di nicchie per
eccellenza. Loro hanno trasformato la faccia del
pianeta per migliaia di anni, anche se le rivoluzioni tecnologiche del XX secolo hanno segnato l’alterazione antropogenica degli ecosistemi globali
a scala, frequenza e intensità che rimpiccioliscono tutta la storia dell’impatto umano considerato
insieme.54 Dato il ritmo furioso della costruzione
recente di nicchie culturali, non è sorprendente
che la nostra biologia non abbia avuto possibilità di ricuperare (considerando anche una certa
obsolescenza umana). La modificazione genetica intenzionale può contribuire a regolare i nuovi
problemi della progettazione delle popolazioni che le società stanno progressivamente e rapidamente creando.
La teoria evoluzionista aiuta ad apprezzare le
complessità funzionali di organismi complessi e,
di conseguenza, la gravità del rischio della modificazione genetica intenzionale, se intrapresa
senza una sufficiente conoscenza di questi vincoli strutturali. Un tale intervento in tali condizioni potrebbe comportare l’interruzione involontaria di importanti processi ontogenetici. Il punto
giusto per cominciare a prendere decisioni circa
l’utilizzo o l’astensione riguardo la modificazione genetica intenzionale è una corretta valutazione dei limiti della modificazione genetica non
intenzionale e il riconoscimento dei limiti delle
nostre conoscenze attuali relative alla struttura dello sviluppo o dell’ontogenesi molecolare.
Ridurre l’evoluzionismo alla sola selezione
naturale adattativa per giustificare un’opposizione alla modificazione genetica intenzionale finirebbe per nuocere gli interessi
dell’umanità.
La possibilità di inserire geni “sani” nel patrimonio genetico di un organismo al fine di migliora-
52 Lewontin, R. C. Organism and environment. In Learning, development, culture. Pp. 151-170, ed. H. Plotkin, New York, 1982
53 Odling-Smee, J. J., K. N. Laland and M. W. Feldman. Niche Construction: The Neglected Process in Evolution. Princeton University Press, Princeton, NJ, 2003
54 McNeil, J. Something new under the sun: An environmental history of the twentieth-century world. W. W. Norton & Co. New York, 2001
22
Medicina Costruzione Sociale nella Post-Modernità Retroscena
re una produzione agricola o per la produzione
di farmaci, anche se ci rende di opinioni contrastanti, non ha un impatto come quando tale
processi interessano il genoma umano. Dal progetto genoma in poi, la tecnologia ha raggiunto
risultati tali da far prevedere la possibile cura di
varie malattie e ventila la possibilità di arrivare
a modificare cromosomi e geni nelle stesse cel-
lule germinali o giovani embrioni, in modo che
le generazioni future di quell’individuo possano
ereditarne la funzione. Non possiamo esularci da
questa prospettiva, tenendo presente l’intreccio
tra scienza, business e società. Le problematiche
da affrontare riguardo il miglioramento umano,
in termini genetici, sono questioni sociali che oltrepassano l’implementazione scientifica.
“Tempo Zero”
Social Genomics Project, “Genome: Unlocking Life’s Code”, Smithsonian’s National Museum of Natural History, 08.2013
23
Medicina Costruzione Sociale nella Post-Modernità Retroscena
Sequenze di geni capaci di dirigere
un processo di auto-assemblaggio
quello che accade, concretamente, in embriologia!
Biohelikon images genes
Rinaldo Octavio Vargas, sociologo
& Eugenia D’Alterio, biologa
Sara Palma, studentessa di biologia
■■ È IL DNA UN PROGETTO PER COSTRUIRE UN
CORPO?
Un argomento ormai aneddotico nel mettere in
dubbio l’evoluzionismo è quello di contestare la
proposizione che da una singola cellula si possa
sviluppare un organismo umano complesso con
trilioni di cellule che compongono ossa, muscoli e
nervi, un cuore che pompa senza sosta per decenni, chilometri e chilometri di vasi sanguigni e tubuli renali e un cervello capace di memorizzare, pensare e agire. Haldane1, come racconta Dawkins2,
ha dato a questa contestazione una tagliente risposta: e ci vogliono soltanto 9 mesi perché ciò
accada! Questa notizia curiosa ci rimanda ad una
nozione comune: quella di pensare che l’embriologia “crea”. Ma, quale immagine emergerebbe, se
sottoponiamo questa inveterata nozione comune
ad una “decostruzione” che ci schiuda nostri pregiudizi circa ciò che accade in embriologia
alla luce della conoscenza odierna?
Partiamo dall’inizio dell’embriologia. Esso è segnato dal contrasto tra due dottrine opposte: il
preformismo e l’epigenesi. Rivisitate oggi, ci
strappano qualche sorriso. I preformisti ‘ovisti’
erano convinti che l’ovulo contenesse un bambino in miniatura. Lo stesso succedeva con gli
‘spermisti’ convinti che fosse lo spermatozoo a
contenerlo. Secondo questa concezione, nell’ovulo o nello sperma erano contenute tutte le parti
del bambino al loro posto, disposte correttamente le une rispetto alle altre e aspettavano solo di
crescere. Tale pensiero pone, oggi, ovvi problemi.
Esso assumeva qualcosa che oggi tutti sappiamo
essere falso, ossia che ereditavamo il bambino in
miniatura solo da uno dei genitori, dalla madre
per gli ovisti, dal padre per gli spermisti. Una simile tesi costringeva i preformisti iniziali ad una
regressione lunga fino a riportarci ad Eva (o ad
Adamo per gli spermisti). L’unico modo di sfuggire
alla regressione sarebbe stato ‘costruire’ il bambino miniatura di nuovo ad ogni generazione procedendo alla scansione dell’organismo dell’adulto
della generazione precedente. Questa “ereditarietà” dei caratteri acquisiti”, però, non si verifica,
altrimenti i culturisti concepirebbero bambini con
addominali, pettorali e glutei scolpiti.
I preformisti cercarono di determinare le conseguenze logiche della regressione. Almeno alcuni di
loro immaginavano, davvero, che la prima donna
(o il primo uomo) contenesse embrioni miniaturizzati di tutti i propri discendenti, annidati gli uni
dentro gli altri. E dovevano crederci almeno in un
senso, un senso cui vale la pena accennare, perché anticipa il perno di questa argomentazione.
Infatti, se si crede che Adamo sia stato “creato”
senza nascere da un utero, si presume che Adamo
non avesse geni o almeno non ne avesse bisogno
per svilupparsi. Egli non aveva embriologia ma cominciò ad esistere così, d’emblée. Il fatto, però,
che Adamo non fosse passato per un utero pone
problemi seri all’embriologia d’oggi.
L’alternativa storica al preformismo, cioè l’epigenesi, si incentra, però, sull’idea del progetto. I
manuali di biologia d’oggi, tuttavia, non fanno che
ripetere che il DNA3 non è un progetto per costruire un corpo. E, logicamente, non lo è. Un
progetto, per esempio, di un aereo o di un hotel
comporta una corrispondenza biunivoca tra il disegno del progettista sullo schermo (o, ieri, sulla carta) e il prodotto finito. Ne consegue, come
afferma Dawkins4, che è reversibile, potendo ritornare, seguendo l’esempio, anche dall’aereo al
progetto. Nel caso dell’organismo animale, per
quante misure dettagliate si prendano non se ne
può ricostruire, se non risalire, al DNA. Perciò vie-
1 J.B.S. Haldane, biologo evoluzionista e genetista accreditato con un ruolo centrale nello sviluppo del neo-darwinismo
2 Richard Dawkins, Il più grande spettacolo della Terra, Mondadori, Milano 2011, p. 179
3 Si ricorda che il DNA o l’acido desossiribonucleico è un acido nucleico che contiene le informazioni genetiche necessarie alla biosintesi di RNA e proteine, molecole
indispensabili per lo sviluppo e funzionamento della maggior parte degli organismi viventi. Il DNA, però, non sa nulla né si cura di nulla. Esso non costituisce un
piano prestabilito. Il DNA semplicemente è.
4 Ivi, p. 181
24
Medicina Costruzione Sociale nella Post-Modernità Retroscena
Secondo la teoria dell’epigenesi un organismo
si sviluppa per progressiva differenziazione da un
insieme inizialmente indifferenziato. Ed è proprio
in questa nozione di sviluppo “progressivo” dove si
nasconde il punto debole dell’argomentazione. Se
accettiamo questa nozione, come fa, infatti, l’organismo a svilupparsi progressivamente? Come
“fa”, un insieme inizialmente indifferenziato, a differenziarsi in maniera progressiva se non seguendo un progetto? Il suggerimento di Dawkins5
per cercare di argomentare che il DNA non è un
progetto è quello di utilizzare la distinzione tra
progetto architettonico e auto-assemblaggio.
■■ AUTO-ASSEMBLAGGIO E ASSENZA DI PIANO GENERALE: DISTINZIONE TRA EMBRIOLOGIA E PROGETTO
L’idea del progetto architettonico è relativamente
chiara perché vedendo i palazzi ed altre strutture
intorno a noi, diamo per scontato che siano stati
ideati, voluti, pianificati ed eseguiti, in tal modo,
da qualcuno. L’auto-assemblaggio, invece, è un’idea che richiede spiegazioni. Nel campo dello
sviluppo, l’auto-assemblaggio occupa una posizione analoga a quella che occupa la selezione
naturale nell’evoluzione, anche se non sono la
stessa cosa. Entrambi i processi ottengono, con
mezzi automatici, non volontari e non studiati, risultati che, di primo impatto, parrebbero minuziosamente programmati.
Che una singola cellula dia origine al corpo
umano in tutta la sua complessità è un’asserzione che va ragionata, in parte, facendo riferimento
alle “istruzioni genetiche”. E ancora rimane difficile immaginare istruzioni scritte per comporre
un corpo nel modo in cui il corpo viene di fatto
composto, ossia attraverso un processo di “autoassemblaggio”, analogo al modello informatico
bottom-up e opposto al modello top-down.
Un esempio, però, può aiutare a rendere la distinzione tra embriologia e progetto. Un ar5 Ivi, p. 183
6 Ivi, p. 186
chitetto progetta un grattacielo, cioè l’immagina
nel suo concetto e predispone, anticipatamente,
quanto necessario alla sua realizzazione. Attraverso una catena gerarchica di comando la costruzione viene organizzata in varie sezioni, che
a loro volta comprendono ulteriori sottosistemi
finché gli ordini sono trasmessi ai singoli muratori, carpentieri, idraulici, elettricisti e via dicendo, i
quali lavorano finché il grattacielo viene completato somigliante al disegno originale dell’architetto.
Questa è la procedura top-down, dall’alto al basso. La procedura bottom-up, dal basso verso l’alto senza seguire un progetto generale,
quella dell’embriologia, funziona in maniera
completamente diversa. Ed è questo che accade nella costruzione di un termitaio, un formicaio o nello sviluppo dell’embrione. È questo a
rendere l’embriologia diversa da quanto è stato
realizzato nel campo umano della costruzione di
edifici e manufatti per cui le metafore riguardo
costruzioni e manufatti non sono applicabili
all’embriologia.
Il concetto chiave è che, come nel volo degli stormi, non ci sono né coreografi né capi. Ordine,
organizzazione, struttura emergono come
effetti collaterali di regole a cui si obbedisce molte volte localmente, non globalmente.
È così che funziona l’embriologia6. Si procede in base a regole locali, a vari livelli ma in
particolare al livello della singola cellula. Dunque,
questo elimina l’idea che dietro l’embriologia vi sia un coreografo, un architetto, un designer, un’intelligenza che ha già concepito ogni
stadio del processo. Nel campo dello sviluppo o
della manifattura, l’equivalente di questo tipo di
programmazione è l’auto-assemblaggio.
I corpi di un essere umano, di un’aquila, di un
delfino, una rana leopardo ci sembrano così magnificamente assemblati che viene quasi automatico credere che i geni responsabili del loro
sviluppo funzionino in base ad un progetto, un
disegno, un piano generale. Ma così non è: tutto viene fatto da singole cellule che obbediscono a regole locali. Il mirabile corpo emerge
come conseguenza di regole cui obbediscono,
localmente, singole cellule, senza alcun riferimento a qualcosa che si possa definire un
piano globale complessivo. Le cellule dell’embrione in via di sviluppo volteggiano le une intorno alle altre come stormi di storni. Vi sono differenze importanti, tuttavia. Diversamente dagli
Sequenze di geni capaci di dirigere un processo di auto-assemblaggio
ne affermato che il DNA non è un progetto. Diversamente da Adamo, che fu forgiato (secondo
il creazionismo) direttamente nella forma adulta, tutti gli organismi umani si sviluppano a
partire da un’unica cellula, attraverso stadi intermedi dell’embrione, del feto, del neonato, del
bambino e dell’adolescente.
25
Medicina Costruzione Sociale nella Post-Modernità Retroscena
storni, le cellule sono fisicamente unite in foglietti
e blocchi, e i loro “stormi” sono chiamati “tessuti”.
Esse volteggiano come uccelli in miniatura, con
la conseguenza che, a mano a mano che i tessuti si invaginano (ossia si ripiegano in dentro) in
risposta ai movimenti delle cellule, o si dilatano
o riducono, in base agli schemi locali di crescita
o morte cellulare, si formano figure tridimensionali. I raffronti con i processi di manifattura
umani sono decisamente inadeguati per fare
analogie riguardo l’embriologia7.
■■ “ANALOGIE”
DELL’EMBRIOLOGIA CON
L’IDEA DELLO SVILUPPO A PROGETTO
È difficile trovare analogie adeguate con lo sviluppo del tessuto vivente, ma se ne trovano alcune,
parziali, su particolari aspetti del processo. L’analogia della ricetta, ad esempio, è più indicata per
rendere un’idea di ciò che accade all’embriologia,
in quanto la ricetta, diversamente dal progetto, è
irreversibile. Se si segue passo dopo passo una
ricetta di un dolce, suggerisce Dawkins8, si finisce
per avere un dolce, ma gli ingredienti non possono
essere recuperati per ricostruire la ricetta.
Altre similitudini con l’arte umana di fabbricare
cose potrebbero elencarsi per chiarire la specificità dei processi in embriologia. Nella scultura
vi è una rassomiglianza con un particolare processo embriologico, l’apoptosi, cioè la morte
cellulare programmata che entra in azione, ad
esempio, nello sviluppo delle dita delle mani e
dei piedi. Nell’embrione umano, le dita delle mani
e dei piedi sono tutte unite. Infatti, nell’utero,
tutti noi, avevamo mani e piedi palmati. Le membrane sono scomparse grazie alla morte cellulare
programmata. Questo fenomeno ricorda il modo
virus del mosaico del tabacco
7 Ivi, p. 186
8 Ivi, p. 187
9 Dawkins, op. cit. p. 189
26
di procedere dello scultore quando elimina materia finché quello che resta è la forma desiderata.
Forse il lavoro a maglia costituisce anche esso
un’analogia valida, in quanto l’intera forma della
maglia viene costruita a partire da molti singoli
punti, un po’ come accade con le singole cellule
nello sviluppo.
L’assemblaggio di un’auto o di complicati macchinari nella catena di montaggio di un’industria
può fornire un’analogia più idonea. Come l’eliminazione di materia con lo scalpello e la confezione
a maglia, il montaggio di parti prefabbricate è un
modo efficiente di produrre cose. In un’industria
automobilistica, i componenti sono prefabbricati,
spesso mediante stampi predisposti per la gettata
in fonderia. Poi i componenti prefabbricati sono
sistemati su una catena di montaggio e avvitati,
saldati e incollati insieme secondo un piano prestabilito. L’embriologia, però, non ha niente
a che vedere con il piano prestabilito9, ma vi
sono somiglianze nel processo di ordinato assemblaggio di componenti prefabbricati.
Anche i virus costituiscono analogie per chiarire
cosa accade in embriologia. Se si osservano certi
virus, come ad esempio, il virus del mosaico del
tabacco, l’adenovirus e il batteriofago, ciò che
si nota in gran parte è il contenitore proteico del
materiale genico e, nel caso del batteriofago, l’apparato proteico per infestare l’ospite. Questi modelli rendono l’idea dell’auto-assemblaggio. Ogni
virus viene “montato” a partire da diverse molecole proteiche. Ciascuna di queste molecole si
è precedentemente auto-assemblata in una caratteristica “struttura terziaria” seguendo le leggi
della chimica che valgono per la sua particolare
sequenza di aminoacidi. Poi, nel virus, le molecole proteiche si uniscono a formare la cosiddetta
Adenovirus
Batteriofago
Medicina Costruzione Sociale nella Post-Modernità Retroscena
Le sub-unità proteiche, che si legano come mattoncini di Lego a formare la struttura quaternaria,
si chiamano capsomeri. Queste ‘piccole costruzioni’ esibiscono una perfetta geometria. L’adenovirus ha esattamente 252 capsomeri, disegnati nel
modello dell’adenovirus come palline disposte in
un icosaedro. L’icosaedro è un solido perfetto con
venti facce triangolari. I capsomeri sono disposti
in un icosaedro non perché seguano un piano o
un progetto generale, ma perché semplicemente
obbediscono tutti alle leggi locali dell’attrazione chimica quando si imbattono nei loro simili.
È così che si formano i cristalli e, in effetti, l’adenovirus si potrebbe definire un minuscolo cristallo
cavo. La “cristallizzazione” dei virus è un esempio
di quell’”auto-assemblaggio” a cui ci si riferisce
definendolo uno dei maggiori principi in base ai
quali si formano le creature viventi.
Un’altra analogia utile a rendere chiaro ciò che
accade in embriologia è quella dell’origami.
Nell’”embriologia dell’origami” pieghiamo la carta,
ma non seguiamo affatto un progetto di costruzione né dei suoi stati intermedi. Seguiamo una serie
di regole di piegatura che non paiono avere alcun
nesso con il prodotto finale, affinché emerga la
forma ricercata. L’analogia con l’origami consente,
in parte, di cogliere l’importanza delle “regole
locali” rispetto al piano generale. È efficace anche perché il ripiegamento, l’invaginazione e
l’estroflessione sono alcuni dei “trucchi” preferiti dai tessuti embrionali durante lo sviluppo di
un organismo. L’origami si presta particolarmente
a illustrare i primi stadi embrionali, ma ha i suoi
difetti, di cui due evidenti. In primo luogo, occorrono mani umane per piegare la carta. In secondo
luogo, l’”embrione” di carta in via di sviluppo non
diventa più grande: quando arriva allo stadio finale, ha lo stesso peso iniziale.
I due difetti però si neutralizzano a vicenda. I foglietti di tessuto, che si piegano, invaginano ed
estroflettono nell’embrione, al tempo stesso crescono, ed è proprio la crescita a fornire parte della
forza motrice che nell’origami è data dalla mano
umana. Se si volesse fare un origami con un foglietto di tessuto vivente, anziché con carta inanimata, vi sarebbero buone probabilità che il fogliet-
10Ibid
11 Ivi, p. 191
12 Ivi. P. 192
to, crescendo nel modo giusto, cioè in maniera non
uniforme, ma più velocemente in alcune parti, possa assumere, automaticamente, una certa forma e
perfino possa piegarsi, invaginarsi ed estroflettersi
in un particolare modo, senza bisogno di mani a
tirarlo e piegarlo e senza seguire piani generali,
ma solo regole locali. Anzi le probabilità sarebbero
più che buone, perché questo accada davvero. Ciò
è quel che accade nell’”auto-origami embriologico”. Come fa in pratica a funzionare l’auto-origami
embriologico? Funziona perché quando nell’embrione reale cresce un foglietto di tessuto le
cellule si dividono. La crescita differenziale
delle differenti parti del foglietto di tessuto si
verifica perché, in ciascuna parte, le cellule si
dividono a un ritmo stabilito da regole locali.
Così, con un giro a sorpresa tortuoso, questa esposizione, seguendo la traccia di Dawkins11, torna
alla questione fondamentale delle regole locali
bottom-up rispetto alle regole globali top-down.
In sostanza, ai primi stadi dello sviluppo embrionale opera un’intera serie di versioni molto
più complesse di questo semplice principio.
■■ I PRIMI STADI DELLO SVILUPPO DEI VERTEBRATI
Ecco come funziona l’origami embrionale ai primi
stadi dello sviluppo dei vertebrati: la singola cellula uovo fecondata (o embrione) attua un
processo di segmentazione (che può avvenire in
maniera radiale o spirale), si divide in due cellule,
queste si dividono in quattro e così via, sicché in
poco tempo il numero di cellule raddoppia, si quadruplica ecc. Dopo un certo numero di divisioni
cellulari, l’embrione si presenta come un aggregato di cellule tondeggianti che presentano l’aspetto
di una morula. All’interno di questa morula si crea
una cavità (o invaginazione) detta blastocele da
cui ha origine il nome dell’embrione, ovvero blastula. Lo stadio successivo è la gastrulazione.
La gastrulazione è una sorta di “terremoto microcosmico”12, che sconvolge la superficie della
blastula e ne rivoluziona l’intera forma. I tessuti embrionali si riorganizzano completamente. In
genere, il processo consiste in una invaginazione della blastula, la quale diventa una struttura a
due estratti con una cavità e un’apertura verso il
mondo esterno mediante il blastoporo. L’embrione così acquista la forma di un sacco che pren-
Sequenze di geni capaci di dirigere un processo di auto-assemblaggio
“struttura quaternaria”, sempre attenendosi alle
regole locali. Come Dawkins insiste, non c’è piano
globale, non c’è progetto10.
27
Medicina Costruzione Sociale nella Post-Modernità Retroscena
de il nome di gastrula.13 Lo strato esterno della
gastrula è chiamato ectoderma, lo strato interno
endoderma, mentre le cellule migrate nello spazio
tra i due vanno a formare il mesoderma. Ciascuno
di questi tre strati è destinato a fabbricare parti
importanti dell’organismo. Per esempio, la cute
e il sistema nervoso provengono dall’ectoderma,
l’intestino e altri organi interni dall’endoderma, i
muscoli e le ossa dal mesoderma.
Lo stadio successivo dell’origami embrionale si
chiama neurulazione. Nella neurulazione, come
nella gastrulazione, l’invaginazione è molto evidente. Infatti, il sistema nervoso trae origine da una
sezione dell’ectoderma che si invagina (arretrando
a poco a poco lungo il corpo, come una cerniera
lampo), poi si arrotola a tubo e viene chiusa ai lati
dalla “lampo”, sicché finisce per correre lungo tutto l’embrione tra lo strato esterno e la notocorda.
Quel tubo è destinato a diventare il midollo spinale, il principale tronco nervoso del corpo. La sua
estremità anteriore ‘si gonfia’ fino a trasformarsi in
cervello, tutti gli altri nervi derivano, per successive divisioni cellulari, da questo tubo primordiale.
La gastrulazione e la neurulazione che avvengono all’inizio dello sviluppo embrionale, influenzano l’intera forma dell’embrione. L’invaginazione e
altre manovre da “origami inflativo” agiscono in
questi stadi iniziali dell’embriologia e, assieme ad
altri meccanismi analoghi, partecipano a fasi successive dello sviluppo, quando si formano organi
specializzati come gli occhi e il cuore. Ma visto che
nessuna mano ripiega i fogli, per quale processo
meccanico si ottengono questi movimenti dinamici? In parte, come già detto, ciò avviene per
semplice espansione14. Le cellule si moltiplicano
in tutto il foglietto di tessuto, la cui area, quindi,
aumenta e, non avendo altro luogo dove andare,
può solo scegliere di deformarsi o invaginarsi. Il
processo però è più controllato ed è stato decifrato da un gruppo di scienziati associati al biologo e
matematico George Oster. Il processo è quello del
modellamento delle cellule come storni.
I modelli di Oster15 relativi a singole cellule hanno
documentato, a livello sperimentale in laboratorio,
la gastrulazione della blastula e l’invaginazione della cellula sollecitata mediante la manipolazione dei
filamenti contrattili fino alla formazione di ciò che
potrebbe essere un “tubo neurale”. Pur se questi
modelli non siano precisi al 100% in ogni dettaglio, consentono di documentare quanto sia facile
simulare vari aspetti del comportamento cellulare
allo stadio iniziale dello sviluppo dell’embrione. Gli
esperimenti di Oster documentano il tipo generale di principio alla base dell’interazione
tra cellule, ovvero le cellule fabbricano un organismo in assenza di piani generali di rappresentazione dell’organismo. Le introflessioni e
le estroflessioni in “stile origami” dei modelli di
Oster sono solo alcuni degli artifici più semplici
per sviluppare embrioni.
Altri accorgimenti più elaborati entrano in gioco a uno stadio più avanzato dello sviluppo embrionale. Esperimenti condotti da Roger Sperry16
hanno documentato per esempio che, quando si
formano dal midollo spinale o dal cervello, i neuroni raggiungono l’organo bersaglio non seguendo
un piano generale, bensì per attrazione chimica. Secondo i modelli di Sperry, nel normale sviluppo embrionale accade che, appena si originano
dal midollo spinale, alcuni assoni (lunghi “fili” che
rappresentano la sottile estensione tubolare di ogni
neurone) “fiutano l’aria” come l’animale maschio
alla ricerca della femmina in calore. Questi esperimenti indussero Sperry a formulare la sua ipotesi
della “CHEMIO AFFINITÀ”17 secondo la quale il
sistema nervoso si fissa non in base a un piano generale, ma in base al fatto che ogni singolo assone
cerca gli organi bersaglio con cui ha una particolare
affinità. Seguendo il ragionamento di Dawkins18 in
materia, ancora una volta, abbiamo piccole unità locali che seguono regole locali. Le cellule,
in genere, pullulano di “etichette”, targhe chimiche
che permettono loro di trovare i “partner” giusti.
Tornando con Dawkins alla sua analogia dell’origami, troviamo un altro processo in cui il principio dell’etichettatura torna utile. L’origami di carta fatto dall’uomo non usa la colla, ma potrebbe.
E l’origami dell’embrione, con il quale l’organismo
animale si auto-assembla in effetti usa qualcosa di
equivalente alla colla o meglio alle colle, perché ve
ne sono molte, ed è proprio qui che l’etichettatura dà trionfale prova della sua efficacia. Le cellule
hanno sulla propria superficie un complesso
13 Il termine gastrula sta ad indicare che in esso è comparsa una cavità(intestino primitivo)che si apre all’esterno mediante un blastoporo(ano).
14 Ivi, p. 193
15http://mcb.berkeley.edu/index.php?option=com_mcbfaculty&name=osterg
16 Premio Nobel per la medicina nel 1981
17 R. W. Sperry, Chemoaffinity in the orderly growth of nerve fiber patterns and connections, Proceedings of the National Academy of Sciences of the United States of
America, October 1963, 50(4): 703-710
18 Dawkins, op. cit. p. 198
28
Medicina Costruzione Sociale nella Post-Modernità Retroscena
■■ L’AUTO-ASSEMBLAGGIO E REGOLE LOCALI
Dopo aver considerato che interi foglietti di cellule fanno il gioco dell’origami nel plasmare l’embrione, consideriamo, adesso, la cellula
dove vediamo all’opera lo stesso principio di
auto-avvolgimento e auto-ripiegamento, solo
su scala molto più piccola, la scala della singola MOLECOLA PROTEICA. Le proteine sono di
vitale importanza. La vita, infatti, ovunque sia,
risulterà essersi evoluta attraverso un processo
connesso con la selezione naturale dei geni. E,
ovunque sia, la vita farà cospicuo affidamento sulle proteine e su molecole che, come le proteine,
siano capaci di piegarsi assumendo un’enorme varietà di forme20. Le molecole proteiche
sono delle virtuose dell’arte auto-origamica, su
una scala assai più piccola di quella dei foglietti di
cellule a cui ci siamo riferiti finora. Esse sono ottimi esempi di quello che si può ottenere quando si
obbedisce a regole su scala locale.
Le PROTEINE sono catene di molecole più piccole,
gli AMMINOACIDI, che, come i foglietti di cellule,
19Ibid
20 Ivi, p. 199
21 Ivi, p. 200
22 Ivi, p. 201
23Ibid
si avvolgono in modi altamente determinati, benché
su scala assai più piccola. In generale il codice genetico specifica 20 amminoacidi standard; le proteine
sono così composte da questo repertorio amminoacidico. Le molecole proteiche, limitandosi a seguire le leggi della chimica e la termodinamica,
assumono spontaneamente e automaticamente precise configurazioni tridimensionali. Qualunque sequenza data di amminoacidi detta un
particolare schema di avvolgimenti che determinerà la funzione della proteina. La sequenza
amminoacidica, che è a sua volta determinata
dalla sequenza di lettere del codice genetico,
determina la forma di una “struttura terziaria”21
che ha importantissime conseguenze chimiche nel
processo di auto-assemblaggio.
L’auto-origami o auto-assemblaggio con cui le
catene proteiche si ripiegano e avvolgono è
governato dalle leggi dell’attrazione chimica e
dalle leggi che determinano l’angolo secondo
il quale gli atomi si legano l’uno con l’altro. In
quale esatto modo le leggi della chimica determinano la struttura terziaria di una proteina non si sa
ancora bene22. Tuttavia vi sono prove che la struttura terziaria (che rappresenta l’ulteriore ripiegamento spaziale della catena polipeptidica secondaria)
sia deducibile dalla sequenza di amminoacidi. È un
fatto documentato che una particolare sequenza di
amminoacidi si avvolga sempre in una forma particolare o in una delle forme di una serie discreta
di forme alternative. Inoltre, e questo è un concetto particolarmente importante per l’evoluzione, la
sequenza amminoacidica è a sua volta totalmente determinata, attraverso l’applicazione
delle regole del codice genetico, dalla sequenza di “lettere” di un gene (le triplette). Anche se
non è facile per i chimici prevedere come una particolare mutazione genetica cambierà la forma di
una proteina, resta il fatto che, una volta avvenuta
la mutazione, il conseguente mutamento di forma
sarà in linea di principio prevedibile. Molto probabilmente lo stesso gene mutante produrrà la stessa
forma proteica alterata (o una serie discreta di forme alternative). Solo questo importa alla selezione
naturale.23 La selezione naturale non ha bisogno
di capire perché un cambiamento genetico ha una
determinata conseguenza. Basta che ce l’abbia. Se
questa conseguenza influisce sulla sopravvivenza, il
gene mutato vincerà o perderà nella competizione
per dominare il pool genico, sia che noi capiamo sia
Sequenze di geni capaci di dirigere un processo di auto-assemblaggio
Onion cells in different phases of the cell cycle, some in
mitosis. WIKIPEDIA
repertorio di “molecole di adesione” per mezzo delle quali si attaccano ad altre cellule. L’ADESIONE CELLULARE19 svolge un ruolo importante nello sviluppo embrionale di tutte le parti del
corpo. Le molecole di adesione cellulare sono
assai più ingegnose di una colla, anzi, si potrebbe
dire più precise. Diversamente dalle nostre colle artificiali, che si attaccano alla maggior parte delle superfici, si legano solo ad altre molecole dello stesso
identico tipo. Si noti ancora una volta che questi
processi implicano non un piano generale, ma
solo un insieme frammentario di regole locali.
29
Medicina Costruzione Sociale nella Post-Modernità Retroscena
che noi non capiamo l’esatto percorso attraverso il
quale influisce sulla proteina.
Una volta accertato che la forma della proteina è
immensamente versatile (dalla struttura primaria
alla quaternaria, la più complessa, data dall’unione
di più catene polipeptidiche) e che è determinata
dai geni, ci si potrà chiedere come mai abbia tanta importanza. L’importanza è dovuta al fatto che
le proteine hanno ruoli diversi nell’organismo. Ad
esempio, le proteine fibrose (tra gli amminoacidi
della struttura primaria si instaurano legami idrogeno che ne provocano la torsione, struttura secondaria), come ad esempio il collagene, si uniscono in
corde molto resistenti che chiamiamo legamenti e
tendini. Ma le proteine non sono solo fibrose e assumono, avvolgendosi in ulteriori ripiegamenti spaziali della catena polipeptidica (struttura terziaria),
la caratteristica forma globulare, come ad esempio l’emoglobina. Infine, il livello di organizzazione
superiore è nella struttura quaternaria, data dall’unione di più catene polipeptidiche dette sub-unità,
che consente a queste proteine di svolgere attività biologiche complesse, quali quelle enzimatiche.
L’ENZIMA proteico ha un ruolo di CATALIZZATORE.
Il catalizzatore è quindi una proteina che accelera
di un miliardo o addirittura un trilione di volte la
reazione chimica tra altre molecole specifiche. Il catalizzatore emerge dal processo immutato e pronto
a catalizzare di nuovo una specifica nuova reazione.
Infatti, gli enzimi sono campioni di catalisi per via
della loro specificità.
La cellula vivente è come un laboratorio chimico con il suo magazzino di sostanze chimiche. Queste, però, invece di essere tenute in vasi e flaconi
come in un laboratorio, sono tenute assemblate
insieme. Le molecole però non reagiscono insieme
in tutte le combinazioni possibili. Esse reagiscono
soltanto se vi è presente l’enzima giusto.24 Le
cellule contengono un’infrastruttura di membrane
tra le quali e all’interno delle quali continuano ad
avvenire reazioni chimiche, ma solo un enzima è
adatto a catalizzare la reazione specifica. Quando
si avvolge come una collana magnetica, l’enzima
assume una forma precisa, con numerose cavità
e rientranze ciascuna delle quali ha forma precisa. Ogni enzima ha un cosiddetto “sito attivo”,
che di solito è una particolare fessura o tasca, le
cui proprietà chimiche gli conferiscono la sua
specificità. In ogni modo, come accade quando ci
si trova davanti all’enigma di come abbiano avuto
origine, nell’ambito dell’evoluzione, fenomeni
24Ibid
25 Dawkins, op. cit.
26 Ivi, pp. 203-205
30
assai complessi, come quello dell’enzima giusto,
è errato assumere che la “perfezione” finale
che vediamo oggi ci sia sempre stata.
■■ GENI ED AUTO-ASSEMBLAGGIO LOCALE
EMBRIONALE
Ecco dunque, nei termini di Dawkins25, cosa accade in embriologia. Una cellula è come una
fabbrica chimica capace di sfornare massicce
quantità delle sostanze più disparate, la scelta
delle quali dipende dall’enzima presente e tale
scelta si compie attraverso il gene che viene attivato. Come la cellula è una vasca piena di varie
sostanze chimiche, di cui solo poche reagiscono
tra loro, così ogni nucleo cellulare contiene
l’intero genoma, ma con un numero ristretto
di geni attivati. Quando, per esempio, si attiva
un gene di una cellula, la sua sequenza di lettere in codice determina, direttamente, la sequenza
di amminoacidi di una proteina, e la sequenza di
amminoacidi determina la forma in cui la proteina
si avvolge e, a sua volta, la forma in cui la proteina si avvolge determina il cosiddetto “sito attivo” o fessura con le proprietà chimiche specifiche
dell’enzima proteico che catalizzerà la reazione
chimica tra molecole specifiche e solo quelle.26
Ogni cellula, con poche eccezioni come i globuli
rossi che non hanno nucleo, contiene i geni per sviluppare tutti gli enzimi. Ma in qualsiasi cellula solo
alcuni geni vengono attivati in qualsiasi momento
dato (dopo il differenziamento). Nelle cellule della
tiroide, per esempio, si attivano i geni per gli enzimi che catalizzano la produzione dell’ormone tiroideo. Alla fine, le reazioni chimiche intracellulari
determinano la forma e il comportamento della cellula e il modo in cui essa partecipa alle interazioni “origamiche” con le altre cellule. Così l’intero
corso dello sviluppo embrionale è controllato,
attraverso una complessa sequenza di eventi,
dai geni. Sono i geni che determinano le sequenze amminoacidiche, le quali determinano
le strutture delle proteine, le quali determinano la
chimica cellulare, la quale determina il comportamento “da storno” della cellula nello sviluppo embrionale. Le differenze nei geni possono, quindi,
all’origine della complessa catena di eventi, causare differenze nel modo in cui si sviluppano gli embrioni, e di conseguenza differenze nella forma e
nel comportamento degli adulti. La sopravvivenza
e il successo riproduttivo di questi adulti influiscono
Medicina Costruzione Sociale nella Post-Modernità Retroscena
embrionale i tipi di cellula cambiano di forma e
carattere mano a mano che si allontanano gli uni
dagli altri nell’albero filogenetico embrionale.
L’embriologia è complicata ma l’aspetto su cui si
vuole insistere è che in EMBRIOLOGIA ci si trova costantemente davanti a PROCESSI DI AUTO-ASSEMBLAGGIO LOCALI. Comunque, per
rendere un’idea comprensiva di ciò che accade in
embriologia, dobbiamo esplorare il processo di attivazione dei geni. Infatti, visto che (quasi) tutte
le cellule contengono tutti i geni, in che modo
si decide quali geni vengono attivati in ogni
particolare tipo di cellula?
Gli studi di S. Brenner sul nematode Caenorhabditis elegans, hanno portato a conoscere il suo intero
genoma e sappiamo esattamente dove si trova nel
suo corpo ognuna delle 558 cellule (nella larva)
e così l’esatta storia familiare di ognuna di esse
nel corso dello sviluppo embrionale. Così è stato
possibile dare un singolo nome specifico ad ogni
cellula del nematode, cellule che risultano essere
cugine tra loro (di primo, secondo o terzo grado) a
causa della comune ascendenza. Certo, ciò è stato reso possibile nel nematode poiché il numero
di generazioni cellulari (10) che separa i tessuti
dalla cellula uovo non è così grande. Il numero di
generazioni cellulari per le cellule umane è di gran
lunga molto più grande. L’esperienza sul nematode ha mostrato come i tipi di cellula cambiano di
forma e carattere man mano che si allontanano gli
uni dagli altri nell’albero filogenetico embrionale.
Although human cells have an estimated 20 000 genes only a
fraction of those are turned on at any given.
Sebbene il numero di generazioni cellulari delle cellule umane che separano la cellula uovo originaria
sia immensamente grande, in linea di principio si potrebbe elaborare un albero filogenetico per ciascuna
cellula del trilione (circa) di cellule che permettesse
di risalire ogni volta alla cellula uovo fecondata.
■■ IN CHE MODO SI DECIDE QUALI GENI VENGONO ATTIVATI IN OGNI PARTICOLARE
TIPO DI CELLULA?
Se un dato gene sia attivato o no in una data
cellula in un momento dato è determinato
dall’ambiente chimico cellulare, spesso attraverso una cascata di altri geni chiamati geni
interruttori o geni regolatori. Le cellule della tiroide sono assai diverse dalle cellule muscolari
e così via, anche se i loro geni sono gli stessi. Questo non stupisce nessuno se lo sviluppo
dell’embrione è in corso e i vari tipi di tessuto,
come quelli tiroidei e muscolari, esistono già, ma
ogni embrione inizia come una singola cellula. Le
cellule tiroidee e muscolari, le cellule epatiche e
ossee, le cellule pancreatiche e cutanee derivano
tutte da un’unica cellula uovo fecondata, attraverso un albero filogenetico ramificato. È un albero filogenetico cellulare che risale al momento
del concepimento e non ha nulla a che vedere con
l’albero evolutivo, le cui radici risalgono a milioni
di anni fa. In questa storia cellulare dello sviluppo
27 Ivi, p. 209
Nel nematode, al punto di biforcazione tra un clone che è destinato, diciamo, a diventare cellula
della faringe e un “cugino” clone che è destinato
a diventare cellula del ganglio dell’anello nervoso,
deve esserci qualcosa che permette di distinguerli,
altrimenti come si attiverebbero via via geni diversi? La risposta è che27, quando l’antenato comune
più recente dei due cloni si divise, le due metà
della cellula prima della divisione erano differenti. Così quando la cellula si divise, le due figlie,
benché identiche nei geni (ciascuna cellula figlia
riceve una serie completa di geni) non avevano
intorno le stesse “sostanze” chimiche. Ciò significa
che non vennero attivati gli stessi geni, e questo
cambiò il destino delle cellule discendenti. Lo stesso principio vale per tutta l’embriologia, compreso
il suo inizio. In tutti gli animali, la chiave della
differenziazione è la divisione cellulare asimmetrica.
Nel nematode, ciascuna delle dieci divisioni cellulari
che hanno dato vita ad una cellula nervosa come
ad ogni altra cellula è stata una divisione asimmetrica, in conseguenza della quale potevano attivarsi
Sequenze di geni capaci di dirigere un processo di auto-assemblaggio
Controlling genes with light: New technique can rapidly turn
genes on and off, helping scientists better understand their function.
poi sulla sopravvivenza nel pool genico dei geni che
fanno la differenza tra successo e fallimento. Questa è la selezione naturale.
31
Medicina Costruzione Sociale nella Post-Modernità Retroscena
geni diversi in ciascuna delle cellule figlie. In tutti gli
animali, questo è il principio in base al quale si differenziano i tessuti, anche se le cellule contengono
gli stessi geni.
■■ CONCLUSIONE
In conclusione, non esiste un piano generale di
sviluppo, non c’è nessun progetto, nessun piano architettonico. Lo sviluppo dell’embrione, e
in ultima analisi dell’adulto, si realizza grazie a regole locali attuate dalle cellule, le quali interagiscono con altre cellule su base locale. Analogamente,
quanto avviene dentro le cellule è governato da regole locali che si applicano alle molecole, soprattutto
alle molecole proteiche all’interno delle cellule e delle
membrane cellulari, interagenti con altre molecole
affini. Anche in questo caso le regole sono locali.
Questo modo di generare strutture ampie e
complesse tramite l’esclusiva applicazione
di regole locali si differenzia nettamente dal
modo di produrre cose in base a un progetto
generale. Se il DNA fosse un programma linearizzato, sarebbe un’operazione relativamente banale
programmare un computer a leggere le lettere e
disegnare l’animale. Ma non sarebbe affatto facile,
anzi sarebbe praticamente impossibile, che l’animale si fosse evoluto.
Considerando che i geni controllano il processo di
sviluppo embrionale e che la selezione naturale
non costruisce piccole mani, ma l’embriologia sì,
in che modo la selezione naturale plasma il corpo
e il comportamento degli animali? In altre parole,
come agisce sugli embrioni manipolandoli in maniera di farli diventare sempre più abili nel fabbricare organismi di successo dotati di mani, pinne,
foglie, carapaci, pungiglioni, tentacoli o qualunque
cosa occorra loro per sopravvivere?
La selezione naturale è la sopravvivenza differenziale dei geni di successo anziché di geni
alternativi di minor successo nei pool genici.
Essa non sceglie i geni direttamente. Sceglie invece
i loro delegati, i singoli organismi, e questi corpi
sono scelti, naturalmente, in maniera automatica
e senza atto deliberativo, in base al fatto che
sopravvivano per riprodurre copie di quegli stessi
geni. La sopravvivenza di un gene è intimamente connessa alla sopravvivenza degli organismi che esso contribuisce a fabbricare,
perché il gene viaggia al loro interno e muore
con loro. È lecito prevedere che copie di qualsiasi
gene dato viaggino all’interno di un gran numero
di corpi, sia simultaneamente in una popolazione
di contemporanei, sia consecutivamente a mano
a mano che le generazioni si susseguono. Sotto il
profilo statistico, quindi, un gene che tende, in media, ad avere un buon effetto sulle prospettive di
sopravvivenza degli organismi in cui viene a trovarsi, tenderà ad aumentare di frequenza nel pool
genico. Così, in media, i geni che incontriamo in un
pool genico sono quelli più abili nel costruire corpi.
Le pressioni selettive che favoriscono o meno un
gene sono molto complesse. Possono riguardare la
selezione sessuale, magari dovuta alla preferenza
estetica di partner sessuali. Un’elaborata combinazione di pressioni selettive, che vengono a conflitto o a compromesso le une con le altre in un
quadro sconcertante di complessità, ha un’influenza sul successo statistico di quel particolare gene
man mano che esso si propaga nel pool genico, ma
il gene non sa nulla di tutto questo! All’interno di corpi diversi e nel corso di generazioni
successive, esso si limita a manipolare una
rientranza scolpita con cura in una molecola
proteica. Il resto della storia segue, automaticamente, in cascate ramificate di conseguenze
locali dalle quali, alla fine, emerge un intero
organismo.
Molecole Complesse. Il DNA è presente in tutti gli organismi viventi
“Genome: Unlocking Life’s Code”,
Smithsonian’s National Museum of Natural History, 08.2013
e guida loro sviluppo e funzioni.
32
Medicina Costruzione Sociale nella Post-Modernità Retroscena
Gli apparati ideologici privati
Per chi si occupa di decostruire la costruzione sociale della realtà e non solo, nelle notizie
del trimestre scorso circa lo stato di sorveglianza
elettronica, vi è qualcosa oltre alla questione
della privacy sulla quale soffermarsi: l’irruzione di nuovi soggetti nella costruzione
delle realtà sociali. Le rivelazioni sul programma di raccolta di dati PRISM della NSA (National
Society Agency) hanno accresciuto la consapevolezza circa la potenza delle agenzie private
di intelligence che operano come “contractor”
con i governi. La sorveglianza e l’inganno non
sono solo foraggio per film e talk show. Sorveglianza ed inganno sono piuttosto manifestazioni
di una belligeranza epistemica sulle nostre
realtà “costruite” da parte dei gruppi che si contendono il controllo del bio-potere e della cultura,
ossia sono espressione di una contesa di “rappresentazioni” o “allestimenti” volti ad essere
‘installati’ negli schemi cognitivi della popolazione.
Queste rivelazioni, accattivanti come sono per
l’avviamento e/o compimento di tanti processi
psico-sociali di differimento di auto-coscienza
e di declinazione del vecchio manicheismo che
organizza le popolazioni in buoni e cattivi, sono
state, comunque, parziali. Esse si sono concentrate sulle attività di un’agenzia governativa e
sulla finalità del lavoro di intelligence attraverso la sorveglianza effettuata nell’interesse della
sicurezza nazionale della nazione di riferimento.
Ciò che non ha ricevuto attenzione è il fatto che la maggior parte del lavoro di intelli-
gence, oggi, non viene effettuato da agenzie
governative, ma da aziende di intelligence
private e che, inoltre, gran parte di tale lavoro comporta un altro aspetto comune del
lavoro di intelligence: il raggiro. Cioè, superando l’idea classica del controllo ideologico
delle popolazioni attraverso gli apparati gestiti e/o disciplinati dallo Stato, quali la scuola,
la famiglia, la cultura e attraverso le visioni religiose del mondo fornite dalle “Chiese”, oggi, vi
sono gli apparati ideologici privati coinvolti
non solo nell’occultamento del reale ma nella fabbricazione di esso.
Il regno della segretezza e dell’inganno tra le forze che si contendono il potere di controllo delle popolazioni può avere risonanza da parte di
giornalisti investigativi, romanzieri thriller e registi cinematografici ma è anche una questione
che coinvolge i filosofi, quella categoria ormai
stigmatizzata nei nuovi orizzonti di senso allestiti per la cultura popolare. La ragione di ciò è
molto semplice: negli ultimi 2500 anni la filosofia si è occupata di comprendere l’inganno
e di come esso viene “esposto” e “allestito”
come “verità”.
In una delle allegorie più diffuse nella tradizione intellettuale occidentale, Platone descrive
un gruppo di uomini incatenati, dall’infanzia,
all’interno di una grotta con un fuoco dietro di
loro. Essi sono in grado di vedere solo le ombre proiettate sul muro di fronte dalle persone che transitano alle loro spalle, e scambiano
le ombre per realtà. Per vedere le cose come
realmente sono, avrebbero dovuto affrancarsi
dal proprio stato e farsi strada fuori della caverna. Così, darci notizie di come sia il mondo
fuori dalla caverna è uno dei doveri fondamentali dei filosofi.
In termini odierni, gli studiosi dei processi relativi alla conoscenza cercano di avvertirci che noi
non abbiamo un accesso diretto ad una realtà.
Da una prospettiva postmoderna, noi accediamo alle realtà, qualunque cosa esse siano, solo
attraverso pattern cognitivi e modelli di realtà,
certamente, linguistici, vale a dire attraverso
le mediazioni culturali e sociali che ci rendono
‘operativi’ in un contesto storico, attribuendo-
Gli apparati ideologici privati
Michael Morgenstern, Tecnology and the future of government
negli allestimenti delle nostre realtà
Rinaldo Octavio Vargas, sociologo
& Eugenia D’Alterio, biologa
33
Medicina Costruzione Sociale nella Post-Modernità Retroscena
ci un senso, un significato. Tramontata l’idea
dell’io oggettivo capace di conoscere una realtà
obiettiva fuori, l’uomo postmoderno sa che deve
pensare in termini relativi, di convenzioni, di costruzione sociale della realtà, di “allestimenti”,
per utilizzare un termine del mondo del “visual
merchandising”1.
In un senso contemporaneo, inoltre, dobbiamo
anche pensare ai tentativi di chi opera in totale
segretezza nella creazioni di false realtà come
un settore problematico dell’epistemologia
– la branca della filosofia riguardante la natura
della conoscenza. Infatti, i filosofi interessati
ad ottimizzare la conoscenza della realtà da una
prospettiva che mette in luce la sua costruzione sociale, non si limitano a considerare che tale
sorveglianza e inganno siano solo foraggio per un
prossimo film Matrix, ma come espressioni di una
belligeranza epistemica svolta in ogni ambito
della società per controllare i comportamenti delle popolazioni.
Per avere un po’ di prospettiva sul ruolo manipolativo che le società o agenzie private di intelligence svolgono nella nostra società globale,
esaminiamo qualche informazione tra quelle
rilevate da recenti attacchi informatici ad
agenzie di intelligence.
Uno scorcio entro il mondo di queste aziende è
quello fornito da un attacco informatico eseguito
dal gruppo LulzSec, conosciuto anche come Internet Feds, che ha colpito l’agenzia di intelligence
privata HBGary Federal. Con questo attacco l’opinione pubblica mondiale è venuta a conoscenza
di 75.000 e-mail, rivelando, ad esempio, che la
Bank of America si era avvicinata al Dipartimento
di Giustizia degli Stati Uniti di America preoccupata per le informazioni che WikiLeaks aveva su
questa banca. Il Dipartimento di Giustizia, a sua
volta, suggerì alla Bank of America di contattare
una società specializzata in lobbying, la Hunton
and Williams, che a sua volta mise in contatto
Bank of America con un gruppo di sicurezza informatica conosciuto come Team Themis.
Tra le informazioni che gli hacker ci hanno dischiuso circa il Team Themis abbiamo quelle relative alla sua consulenza per la Camera di Commercio degli USA volta a minare la credibilità di
uno dei suoi critici, un gruppo denominato Chamber Watch. La proposta indicava la creazione di
un “documento falso, forse evidenziando informazione finanziarie periodiche,” la consegna di
tale documento al gruppo progressista di opposizione riguardo l’operato della Camera e, poi, successivamente, l’esposizione del documento quale
un falso per dimostrare che il gruppo Chamber
Watch non poteva essere ritenuto attendibile nel
raccontare la verità. Inoltre, il gruppo Themis
propose la creazione di due “falsi insider” che infiltrassero il gruppo Chamber Watch, utilizzando
uno come leva per screditare l’altro e confermando la legittimità del secondo. L’attacco ha anche
rivelato prove del fatto che Team Themis sviluppò un sistema di gestione di personaggi,
programma sviluppato a specifica richiesta delle
Forze Aeree degli USA, che permette la gestione
di identità multiple online, i “pupazzi calzini”,
quali commentatori nei social media, dando
l’apparenza di consenso sociale alle azioni
eseguite dalle Forze Aeree.
Tutto ciò può suonare come una fiction cinematografica, ma tutto ciò è reale e assomiglia all’utilizzo delle PSYOPS (psycological operations /
operazioni psicologiche), le quali, come chiunque
abbia memoria della storia recente sa, sono parte
della strategia militare delle nazioni da decenni.
Il manuale militare di guerra non convenzionale
definisce PSYOPS come “operazioni programmate per trasmettere informazioni e indicatori confezionati ad un pubblico straniero volte
a influenzare le loro emozioni, motivazioni,
ragionamenti oggettivi e, in ultima analisi, il
comportamento dei governi stranieri, organizzazioni, gruppi e singoli individui.”
In altre parole, a volte è più efficace per ingannare una popolazione fornirle una realtà falsa
che imporre la propria volontà con la forza o con
delle armi convenzionali. Naturalmente questo
potrebbe valere anche per la propria popolazione, se si è scelto di vederla come un “nemico”
le cui “motivazioni, il ragionamento e comportamento” vanno controllate. Le guerre psicologiche
però non sono condotte necessariamente dagli
Stati Nazionali, esse possono essere ‘eseguite’ da
chiunque abbia le capacità e l’incentivo a condurle, e nel caso delle aziende di intelligence private,
ci sono sia gli incentivi che le capacità.
Diversi mesi dopo l’attacco informatico alla
HBGary, un attivista e hacker di Chicago, Jeremy
Hammond, attaccò con successo un’altra socie-
1 È l’insieme di operazioni che collocano il prodotto all’interno del punto di vendita in grado di indurre il cliente all’acquisto. Questo prodotto può essere un’idea e il
punto vendita può essere un talk show, un video, una passerella, una piazza.
34
Medicina Costruzione Sociale nella Post-Modernità Retroscena
Data la portata e il contenuto di ciò a cui l’attacco di Hammond ci ha esposti, si palesa che
l’industria privata di intelligence è effettivamente
impegnata in un’operazione psicologica di manipolazione dell’opinione pubblica, per trasmettere
informazione selezionata atta a influenzare le nostre emozioni, motivazioni, ragionamenti obiettivi e, in ultima analisi, il nostro comportamento. O a dirla da filosofo, l’industria privata di
intelligence è impegnata in una belligeranza epistemica. Lo stesso vale per le agenzie di
marketing, di pubbliche relazioni e per i media,
in generale, nel loro coinvolgimento nella costruzione di realtà propizie ai loro clienti, ai portatori
di interesse e agli azionisti.
Anche gli hacker ci aiutano a sollevare il velo
che periodicamente viene allestito sopra i
nostri occhi per renderci ignoranti degli allestimenti di realtà socialmente costruita in
Questo excursus serve anche come spunto di
riflessione circa la costruzione della medicina come realtà sociale. Il disvelamento della
più semplice proposizione relativa alla medicina
ci rimanderebbe agli schemi cognitivi e ai modelli
di realtà e ragionamento sostenuti da gruppi con
specifici riferimenti culturali. Questo ci rimanderebbe a quelle ombre proiettate in tante caverne,
che a loro volta ci farebbero realizzare l’esistenza
di una belligeranza epistemica tra i diversi gruppi
di interesse per difendere e controllare la propria
fetta nel mercato della salute.
Cosa fare? Innanzitutto, conoscere - per essere
capaci di rinegoziare con i gruppi che detengono il bio-potere e pretendono di imporre i loro
paradigmi culturali come assoluti. Infatti, questa
dissertazione si iscrive nell’intenzionalità di “BIO
Educational Papers Medicina Costruzione Sociale
nella Post-Modernità Retroscena” di contribuire
alla creazione di un nuovo capitale culturale (valori, aspirazioni) che esemplifichi e orienti nuovi
comportamenti sociali, comportamenti da intendersi non come verità ma come convenzioni. Se
la specie umana vive attraverso un ordine simbolico, è etico riconoscere i nostri limiti ed orizzonti.
Michael Morgenstern, Legal issues of cloud computing
La parola greca “ALETHEIA”, messa in uso da Platone nella sua allegoria della Caverna, viene generalmente tradotta come “verità”, ma sarebbe
appropriato parlare di ‘svelare’ ossia ‘togliere i
veli’. Martin Heidegger, in un saggio sull’allegoria della caverna, ha suggerito che il processo di
scoperta era in realtà una condizione per accedere alla ‘verità’. Ne consegue che il decostruzionismo del ricercatore indipendente porti a
svelare le rappresentazioni illusorie che impediscono di realizzare la realtà del mondo.
funzione del bio-potere che specifici gruppi
di interesse controllano, cioè realtà costruite
al fine del controllo delle condizioni della vita e
della morte della specie umana.
Gli apparati ideologici privati
tà di intelligence privata, la Strategic Forecasting
Inc. meglio conosciuta come Stratfor, schiudendo
circa 5 milioni di e-mail. Le e-mail della Stratfor ci
forniscono un altro scorcio nel mondo delle società di sicurezza private, ma la vista questa volta
è più inquietante. Dalle e-mail trapelate si evincono le attività di sorveglianza per monitorare
i manifestanti del movimento OCCUPY AUSTIN,
così come le relazioni tra questo movimento e il
gruppo ambientalista Deep Green Resistance. In
queste e-mail i membri dello staff discutevano
come uno dei loro uomini era andato sotto copertura ad un’assemblea generale del movimento
Occupy Austin al fine di conoscere come il gruppo
operava.
35
Boxing GYM. Frederick Wiseman. Film, 2010, copyright 2010 KO Films.
http://medicinacostruzionesociale.wordpress.com/
Gentile Lettrice / Gentile Lettore,
La informiamo che può utilizzare il modulo di adesione e relativa busta preaffrancata acclusa anche per segnalarci nuovi nominativi di
utenza interessata alla rivista.
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Centro di Medicina Omeopatica Napoletano
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99BIO