ARTE ISLAMICA INDICE A) Introduzione 1. Islam. Significato. Mondo Islamico. Estensione, divisione, imperi, sommario storia. Terminologia 2. Arabia prima di Maometto. 3. Maometto: vita 4. Maometto: religione – principi valori 5. Arte: Geometria - Scrittura - Architettura: Moschee- Madrase (scuole) - Ospedali - Hamman (bagni) – Tombe – Minareti – Caravanserragli - Mercati – Monasteri fortezze - Giardini. B) Arte islamica “Araba” 1. Califfi Guidati: Ka’bah - casa di Maometto – Gerusalemme: Cupola e Grande Moschea della Spianata del tempio. 2. Grande moschea di Damasco. I Castelli degli Omayyadi 3. Spagna. Omayyadi – Cordova 4. Abbasidi: Baghdad – Samarra 5. Ifriqiya: Aglabidi – Kairouan – sousse- Saragozza-Marrakesh – Fez – Sicilia 6. Tulunidi / Fatimidi / Cairo (Mamelucchi) 7. Ayyubidi –Aleppo 8. Almohadi – Amoravidi- Merinidi- (Magreb-Spagna)- Nasridi: Granada C) Arte Islamica “Grande Persia” 1. Definizione geografica. Dimensione storica. Gli Abbasidi 2. La rinascita della Persia . Firdusi e lo Shah Namè . L’arco persiano 3. Grandi Selgiuchidi: la moschea del Venerdì di Isfahan. La policromia, le sue fonti (Kashan) 4. Samanidi – Gaznavidi- Goridi : 5. Gengis Khan e i monumenti mongoli dell’Iran – 6. Tamerlano: Samarcanda- Piazza. Gur-è Amir: mausoleo di Tamerlano. Miniature Timuridi 7. Safavidi: Bukhara - Tappeti – Miniature – La nuova Isfahan - Moschea 8. Tardo Iran .1700-1800. Madrasa Isfahan D) Arte Islamica in Pakistan – India 1. Mogul: Da Babur a Akbar. 2. Da Jahnangir a Shah Jahan: Lahore (Tomba dello Shah Jahan- Sikandra: la tomba di Akbar. Delhi-Masuoleo di Humayun- Agra (Taj Mahal) E) Arte Islamica Ottomana 1. Origini del Popolo Turco. Selgiuchidi di Rum: Konya. Moschea di Diyarbakir 2. Moschea di Nidge. Madrasa di Erzerum. Sivas: Madrasa. Turbe: Ponti e Fortezze. Aksaray 3. Paragone con le chiesa gotico Romaniche Europee. 4. Ottomani: Grande Moschea di Manisa. Moschea Verde di Bursa. Mausolei di Bursa 5. Edirne: Moschea di Utch Serefeli. Kulliye di Bayediz II a Edirne 6. Selim I Moschea di Selim (Hayreddin) Solimano il Magnifico (Sinan) – Shezade – Suleymaniye – Tekke a Damasco Mihrimah Moschea a Istanbul- Turbe di Solimano 7. Edirne: Selim II Grande Moschea 8. Istanbul: Moschea di Ali Pascià- moschea di Yeni Valide – Topkapi Moschea Blu 9. Altre opere Impero Ottomano: Palazzo Azem a Damasco e Moschea Nusretiye a Istanbul 1 Il Significato di Islam Il verbo aslama che ha all’inizio come significato: “affidare, consegnare, rimettere qualcuno al giudizio di...”, ha assunto in seguito anche il senso di abbracciare l’Islām. Il significato letterale del sostantivo è: abbandono, rassegnazione, e, di conseguenza, sottomissione alla volontà di Dio; Islam significa dunque: “affidarsi a Dio ciecamente, con la massima fiducia, come il bambino si abbandona nelle braccia della mamma. Se vogliamo trovare nella liturgia cristiana qualcosa che ci faccia comprendere meglio il senso del verbo arabo, possiamo fare riferimento alle parole che si pronunciano al momento della consacrazione: “Egli offrendosi liberamente alla sua passione....” L’islam è una religione fondata sul “Corano”... che però accoglie e adatta moltissime delle idee e dei principi derivati dalla Bibbia... (Maometto ha frequentato a Bosra un monaco Cristiano-Nestoriano, che ha certamente influito sulla sua formazione e sul suo pensiero). Quando Dio consegna a Mosè le tavole della legge inizia il suo discorso con le parole: “Io sono il signore Dio tuo. Non avrai altro Dio fuori che me”. - Maometto pone a fondamento della sua dottrina la frase: “La allah illa Allah”... ; a questa aggiunge “Maometto è il suo profeta”. Completa il suo pensiero riconoscendo la volontà e presenza di Dio in ogni evento. Ma sha Allah, ta baraka Allah! E’ voluto da Dio (qualunque cosa Dio voglia)..Dio sia benedetto. Nella Bibbia Giobbe dice: “Dio ha dato Dio ha tolto; sia benedetto il nome del Signore” (Dominus dedit, Dominus abstulit. Sit nomen Domini benedictum). Secondo quanto Maometto propone, l’Islam non è una religione nuova: è il completamento della verità rivelata da Dio a tutti i suoi profeti dalla creazione del mondo. Per quasi un quinto della popolazione mondiale, Islam è sia religione, sia stile di vita. Un miliardo di persone di ogni razza, nazionalità e cultura - dalle Filippine del Sud fino alla Nigeria - sono legate da un’unica, comune, fede islamica. Circa il 18% risiede fuori dal mondo arabo. La comunità musulmana più numerosa del mondo si trova in Indonesia; vaste zone del continente asiatico e gran parte dell'Africa sono abitate da popolazioni di religione islamica, mentre numerose minoranze risiedono nell’ex Unione Sovietica, in Cina, nell'America Settentrionale e Meridionale ed in Europa. L’Arabia prima di Maometto La penisola Arabica si forma circa 20 milioni di anni fa, quando l’Asia si separa dall’Africa. Il movimento crea una catena di montagne soprattutto nella zona a sud-ovest della penisola, mentre al centro si forma un grande altopiano arido. A nord domina il grande deserto sabbioso. Già nel IV millennio a.C. la zona fertile è quella meridionale. Le piogge monsoniche rendono possibili le coltivazioni. Intelligenti canalizzazioni e dighe conservano l’acqua piovana. A nord delle montagne, ai confini con il deserto, affiorano falde acquifere attorno alle quali nascono le oasi. 2100 a.C.: L’Egitto importa dall’Arabia incenso. X secolo a.C.: Cammellieri arabi si scontrano con gli eserciti assiro-babilonesi. Nel 950 a.C. gli Arabi pagano tributi a Ninive. Nel VI secolo a C. i Persiani costituiscono la Satrapia dell’Arabaya. Nel V secolo a.C., nello Yemen, a Maarib, viene costruita una diga che fornirà acqua a tutta la regione fino alla fine del V° secolo d.C., quando una pioggia alluvionale fa crollare la diga. La violenza delle acque straripate distrugge la città di Maarib. 2 V-IV secolo a.C.: A Maarib si costruiscono templi in marmo sull’esempio dei templi Greci. III secolo a.C.: Conquista di Alessandro Magno. Influenza ellenistica sulla regione. Dal 150 a.C. i Greci sono sostituiti dai Romani. A nord dell’Arabia nasce un fiorente Regno, quello dei Nabatei, con capitale Petra. Quando i Romani conquistano la Persia, creano nuove strade di collegamento con l’Oriente, a Nord della penisola arabica. Palmira diventa il centro delle strade carovaniere verso Oriente. L’Arabia perde grande parte dei commerci che prima transitavano nei sui mari e sulle sue piste carovaniere. Tra il II ed il VI secolo dopo Cristo i cammellieri Arabi, guerrieri abituati alla vita dura nel deserto, vengono utilizzati come cuscinetto tra l’Impero Romano d’oriente e l’Impero Persiano (I Sassanidi). In Arabia rimane solo La Mecca come importante centro commerciale. Maometto 571 – 632 Maometto nasce alla Mecca nel 571. Il padre ‘Abd Allah muore poche settimane prima della sua nascita. All’età di sei anni perde anche la madre. Dopo due anni muore anche il nonno che si era preso cura di lui. Il piccolo Maometto viene quindi seguito dallo zio, Abu Talib, personaggio povero ma molto rispettato per la sua integrità e la sua generosità. La Mecca era all’epoca un importante centro commerciale, carovaniero; Maometto diventa un mercante alla scuola dello zio Abu Talib e lo accompagna nei suoi viaggi in Siria e Palestina. Un giorno a un mercante dello Yemen fu tolta con l’inganno la sua mercanzia da un gruppo di meccani. Il mercante scrisse una poesia satirica e la recitò in pubblico perché tutti la ascoltassero. In questa occasione venne riunita l’assemblea degli anziani e venne istituito un ordine cavalleresco con lo scopo di proteggere gli oppressi della città, abitanti o visitatori che fossero. Il giovane Maometto diventò un membro entusiasta di quest’organizzazione che fu chiamata Hilf al-Fudul (591). In seguito aiutò spesso gli abitanti della Mecca a risolvere le loro dispute. Nel 605 la Kaaba si incendiò e fu completamente distrutta dal fuoco. Tutti i clan della Mecca parteciparono alla sua ricostruzione, ma quando fu il momento di sistemare nel muro la sacra Pietra Nera, sorse una disputa tra i capi: tutti rivendicavano l’onore di posare la pietra. Alla fine decisero di comune accordo di scegliere un arbitro per risolvere la questione. Venne scelto il giovane Maometto. Egli stese un lenzuolo bianco sul pavimento, vi pose al centro la pietra nera e chiese a tutti i capi di prendere il lenzuolo e di portare la pietra al suo posto. Maometto sistemò poi, personalmente, la pietra nel muro. Per la sua saggezza, integrità e onestà Maometto venne soprannominato Al-Amin "l’affidabile", "il fidato". Un giorno, nel 594, quando Maometto aveva 23 anni, lo zio Abu Talib gli diede l’incarico di guidare in Siria una carovana di Khadijah, una ricca vedova di 38 anni. Le buone qualità di Maometto suscitarono l’ammirazione di Khadijah che l’anno dopo, nel 595, gli chiese di sposarla e Maometto accettò. Allah si rivela a Maometto. Maometto aveva l’abitudine di recarsi in ritiro per meditare in una grotta sul monte Hira. Il 27 del mese di Ramadan del 611, mentre era in meditazione, udì una voce. Spaventato chiese "Chi è?" "Recita!" intimò la voce. "Non sono di quelli che recitano" disse Maometto. Si sentì allora afferrare e poi stringere con forza e poi lasciare. 3 "Recita!" disse ancora la voce. Maometto fu di nuovo stretto e per la terza volta la voce disse "Recita!". "Che cosa devo recitare?" Chiese. "Recita! Nel nome del tuo Signore che ha creato: ha creato l’uomo da un grumo di sangue. Recita! Nessuno infatti è generoso come il tuo Signore. È lui che ha insegnato a usare il calamo, ha insegnato ciò che l’uomo non sapeva" (XCVI, 1-5). Maometto recitò e divenne l’inviato di Dio. Tornato da Khadijah, Maometto le raccontò l’accaduto. Ella lo avvolse in un mantello, perché tremava tutto. Khadijah non ebbe alcun dubbio su quanto era accaduto sul monte Hira: quella era una rivelazione divina. E fu lei la prima convertita all’Islâm. Prime lotte a La Mecca Maometto diffuse il suo messaggio prima in segreto, tra gli amici intimi, poi tra i membri del suo clan. A mano a mano che i seguaci aumentavano, cominciò a predicare più liberamente alla Mecca e nelle comunità vicine. I Meccani che non accettavano il fatto che qualcuno attaccasse i loro dei e le loro antiche credenze, diedero inizio ad una campagna persecutoria contro il Profeta e il piccolo gruppo dei suoi seguaci. Obbligavano i Musulmani a stendersi sulla sabbia rovente, ponevano enormi massi sul loro petto e versavano loro addosso ferro fuso. Alcuni dei primi convertiti morirono, ma nessuno rinnegò la nuova fede. Quando l’oppressione divenne insopportabile, Maometto consigliò ai suoi fedeli di abbandonare la Mecca per l’Abissinia. Molti seguirono il suo consiglio. I meccani provarono allora a cambiare tattica: Maometto voleva forse la ricchezza? Voleva diventare un capo? Bastava che smettesse di predicare. Maometto rispose con fermezza: "Nel nome di Dio, se mettessero il sole nella mia mano destra e la luna nella mia mano sinistra, non lo farei". Allora i Meccani cercarono di togliergli la protezione di Abu Talib e quindi del suo clan. Ma Abu Talib si rifiutò di consegnare Maometto ai Meccani affinché lo uccidessero. I capi meccani decisero allora di isolare completamente Maometto e i suoi seguaci. Nessuno doveva parlare o intrattenere rapporti d’affari con loro. Anche le tribù che vivevano nei dintorni della Mecca aderirono al boicottaggio. Durante questo duro periodo due gravi perdite colpirono Maometto: nel 619 morirono Abu Talib, lo zio che lo aveva sempre protetto, e l’amatissima moglie Khadijah. Questi eventi privarono Maometto di fondamentali sostegni pratici e affettivi. Ma nel 620 Dio gli concesse un’eccezionale esperienza: un incontro con Dio, il mistico "viaggio notturno" dalla Mecca a Gerusalemme, seguito dall’Ascensione al cielo. Scortato dalla sua guida celeste, l’arcangelo Gabriele, Maometto ascese uno per uno i sette cieli, incontrando i profeti principali che lo avevano preceduto: Mosè, Gesù, Abramo e Adamo (che per l’Islâm è il primo profeta). Al di là del settimo cielo Maometto oltrepassò i veli che coprono ciò che è nascosto e vide ciò che non è esprimibile, né immaginabile. Tutto ciò avvenne in un attimo. Da questo viaggio Maometto riportò l’istituzione delle cinque preghiere quotidiane. Così il Corano ricorda l’avvenimento: "Gloria a colui che di notte trasportò il suo servo dal Tempio Sacro al Tempio più remoto, di cui abbiamo benedetto il recinto, per mostrargli alcuni dei nostri segni. […] si avvicinò e restò sospeso, si avvicinò a due tiri d'arco o più vicino ancora e rivelò al suo servo quello che gli rivelò. [...] Il suo sguardo non deviò né si rivolse altrove, e certo egli vide il segno più grande del suo Signore" (XVII, 1/LIII, 8-18). La descrizione è molto scarna, ma nel mondo islamico sono da sempre stati elaborati racconti più o meno particolareggiati di questa ascensione. L’Ascensione di Maometto è anche cara ai Sufi, i mistici dell’Islâm, per i quali rappresenta il paradigma della propria esperienza mistica. 4 Trasferimento a Medina Nel 622 alcuni convertiti di Yathrib, (il villaggio che poi si chiamerà Medina al Nabi – città del Profeta), importante centro a circa trecento chilometri dalla Mecca, offrirono a Maometto e ai suoi di trasferirsi nella loro città. Vista l’intollerabilità della situazione alla Mecca, Maometto accettò. I Meccani, che avevano deciso di ucciderlo, il giorno stabilito entrarono in casa sua con l’intenzione di pugnalarlo nel sonno. Ma Maometto era appena partito per Medina e nel suo letto, per ingannare i Meccani, si era disteso Ali. Un gruppo di Meccani si gettò all’inseguimento. Maometto e Abu Bakr si nascosero in una grotta e successivamente raggiunsero sani e salvi Medina. Questa emigrazione, l’Egira, segna l’inizio del calendario musulmano, che è un calendario lunare, basato esclusivamente sulle fasi lunari. L’anno musulmano non tiene in considerazione i mutamenti stagionali. È più corto di 11 giorni rispetto al nostro e di conseguenza attraversa tutte le stagioni solari ogni trentadue anni e mezzo. Così se il mese del digiuno, il Ramadan, cade un anno in piena estate, dopo trentadue anni e mezzo cadrà nella stagione fredda. A Medina Maometto istituì una città-stato cui diede la prima costituzione scritta di cui si ha notizia in quella città. Stabilì inoltre accordi e alleanze con le comunità che vivevano nei dintorni della città. La vittoria di Badr I Meccani non gradivano questa situazione, in quanto Maometto e la sua comunità medinese costituivano un polo di attrazione per i Meccani che desideravano convertirsi all’Islâm e così nel 624, dopo una meticolosa preparazione, un esercito di mille guerrieri perfettamente armati, molti dei quali a cavallo, marciò dalla Mecca su Medina. Maometto decise di affrontare l’esercito nemico fuori dalla città nella pianura di Badr. 313 musulmani, male equipaggiati, con due cavalli e settanta cammelli si scontrarono con i Meccani. Dopo una breve ma cruenta battaglia, i Meccani vennero sconfitti e lasciarono sul campo settanta morti e settanta prigionieri, oltre a gran parte del loro equipaggiamento. Alcuni giorni dopo la battaglia Maometto rilasciò i prigionieri catturati. La sconfitta di Uhud La sconfitta di Badr accrebbe nei Meccani l’odio contro Maometto e la comunità musulmana. L’anno seguente marciarono di nuovo contro Medina in tremila bene armati. Ad affrontarli c’erano questa volta settecento musulmani alle pendici del monte Uhud. Anche questa battaglia fu breve e cruenta. Le linee meccane vennero rotte e i combattenti respinti. Un gruppo di arcieri musulmani che si trovava sulla cima del monte Uhud con l’ordine di non muoversi, vedendo profilarsi una vittoria, abbandonò la posizione. Questo consentì ai Meccani di ricomporre le file e riattaccare. Una vittoria certa si trasformò così in una parziale sconfitta. Settanta musulmani vennero uccisi e lo stesso Maometto venne ferito, ma l’esercito meccano venne comunque fermato ai piedi dell’altura. A quel punto i Meccani decisero di ritirarsi, con il proposito però, di tornare l’anno dopo. Il 626 venne trascorso dai Meccani nei preparativi di una grande campagna che portasse alla definitiva distruzione dei Musulmani. A tal scopo si allearono con varie tribù, anche ebraiche, stanziate nei dintorni di Medina e misero insieme un poderoso esercito di diecimila alleati. Maometto chiamò a consulto i suoi compagni per decidere quale strategia seguire e su consiglio di Salman al-Farsi, un Persiano convertito all’Islâm, fu deciso di difendere la città scavando un fossato tutt’intorno. Per venti giorni e venti notti tutti i musulmani, compreso lo stesso Maometto, lavorarono alacremente per circondare la città con un immenso fossato. L’esercito meccano restò disorientato di fronte al fossato, in quanto una cosa simile non si era mai vista in Arabia, e dopo trenta giorni e trenta notti di infruttuosi assalti si ritirò. 5 Il trattato di Hudaybiyyah Nel 628 Maometto convinse i Meccani a stipulare un patto: il trattato di Hudaybiyyah. Da questo momento Maometto si dedicò sempre più a diffondere l’Islâm, inviando emissari presso i governanti dei paesi vicini. (Molti di questi vennero uccisi). Nel frattempo, nonostante la tregua, i Meccani più volte aggredirono i musulmani e razziarono le loro carovane. Nel 630 Maometto inviò un ultimatum alla gente della Mecca: “o rispettate il trattato stipulato tra noi o lo considerate definitivamente nullo”. I Meccani scelsero la seconda ipotesi e Maometto si presentò alle porte della Mecca con un esercito di diecimila musulmani e costrinse i Meccani ad arrendersi. Contrariamente alle aspettative di tutti, Maometto chiese ai capi della Mecca "Che cosa vi aspettate da me?". Quelli non risposero e Maometto disse: "Possa Dio perdonarvi. Andate in pace. A voi dico quello che Giuseppe disse ai suoi fratelli: oggi non cadrà su di voi alcuna responsabilità. Siete liberi". L'addio di Maometto Nel 631, dopo aver compiuto il suo pellegrinaggio alla Mecca, Maometto tenne il suo "discorso d’addio" ai 124.000 Musulmani che si erano raccolti nella valle di ‘Arafat: "Non so se dopo quest’anno io sarò ancora tra voi. O popolo, proprio come ora consideri sacri questo mese, questo giorno, questa città, allo stesso modo dovrai considerare sacro affidamento la vita e la proprietà di ogni musulmano. Restituisci i beni che ti sono stati affidati ai loro legittimi proprietari. Non fare del male a nessuno cosicché nessuno faccia del male a te. […] Aiuta i poveri e vestili come vestiresti te stesso. Ricorda! Un giorno comparirai al cospetto di Dio e dovrai rispondere delle tue azioni. Dunque: attento! Non allontanarti dalla via della rettitudine, quando io sarò scomparso. O popolo, nessun profeta né apostolo verrà dopo di me e non nasceranno nuove fedi […] È vero che hai determinati diritti per quanto riguarda le tue donne, ma anche loro hanno dei diritti su di te. Trattale bene perché loro sono il tuo sostegno. […] Lascio due cose dietro di me: il Corano e il mio esempio, e se seguirai queste due guide non cadrai in errore. […] Adora Dio, recita le tue preghiere, digiuna nel mese di Ramadan ed elargisci le tue ricchezze caritatevolmente. Tutti i credenti sono fratelli, tutti hanno gli stessi diritti e le stesse responsabilità. A nessuno è permesso di prendere ad un altro ciò che questi non gli offre spontaneamente. Nessuno è superiore ad un altro se non in virtù". A questo punto Maometto si rivolse al cielo e disse: "Sii mio testimone, o Dio, che ho portato il tuo messaggio al mio popolo". E tutta la valle rispose "In verità tu lo hai fatto, mio signore". Pochi mesi dopo il suo ultimo discorso, Maometto si ammalò e nel 632, a 61 anni, morì. La comunità musulmana e gli stessi compagni più vicini a Maometto, si rifiutavano di riconoscere la morte del Profeta. Allora Abu Bakr, uno dei primi e più fedeli compagni di Maometto, nonché suo suocero, uscì dalla dimora di Maometto, salì sui gradini della moschea e disse alla folla "O popolo, in verità, chiunque adori Maometto sappia che Maometto è morto. Ma chiunque adori Dio sappia che Dio è sempre vivo". 6 I LUOGHI La Mecca, la principale città santa dell'Islam è la sede della Ka 'ba ed il luogo di nascita di Maometto. La Ka'ba è un edificio di nove metri per dodici, che si eleva nel cortile della Grande Moschea. Si ritiene che sia stata costruita da Abramo e da suo figlio Ismaele e rappresenti una copia esatta della casa di Dio in cielo. Nell'angolo sud-est, all'esterno, vi è incastrata la famosa Pietra Nera, un meteorite che prima di Maometto veniva identificato con il dio locale Hubal e che fu ridotto in frammenti nel 683 d.C., durante l'assedio del califfo Yezid. I frammenti sono tenuti insieme da una cornice rotonda, d'argento. La Ka'ba contiene un'unica stanza senza finestre, cui si accede da una porta. All’interno sono conservate l'impronta del piede di Abramo su una sacra pietra e le tombe di Agar e del figlio Ismaele. L'edificio è coperto da pesanti drappeggi di broccato nero sui quali sono ricamati in oro versetti del Corano. Secondo la tradizione, il patriarca Abramo condusse Agar e il loro figlio Ismaele verso l’interno dell’immenso deserto a nord della penisola Araba, in una valle desolata a sud della terra di Canaan. Un giorno, mentre Abramo era a Gerusalemme in visita a Sara sua sposa, Agar e Ismaele si persero nel deserto dove non trovavano acqua da bere. Agar, temendo per la vita del bambino, salì su una roccia per vedere se vi fosse qualcuno che poteva aiutarli a trovare l’acqua. Non vedendo nessuno corse verso un altura. Anche questa volta non vide nessuno. In preda al panico, la donna corse sette volte da un punto all'altro, finché alla fine della settima corsa, stremata, sedette a riposare su una roccia. Le apparve allora un angelo, che le ordinò di alzarsi e di sollevare sulle sue braccia il fanciullo. Le annunciò allora che Dio avrebbe creato, per mezzo di Ismaele, una grande nazione. Quando riaprì gli occhi, Agar vide una sorgente d’acqua scaturire dalla sabbia proprio nel punto in cui in tallone del bambino aveva premuto il terreno. Da allora la valle divenne luogo di sosta per le carovane che percorrevano il deserto, poiché l’acqua era buona e abbondante: il pozzo prese il nome di Zam -Zam. Un giorno Abramo fece visita al figlio e Dio gli mostrò il punto esatto, vicino al pozzo, sul quale lui e Ismaele dovevano edificare un santuario. Spiegò loro come doveva essere costruito: il nome dell’edificio, derivato dalla sua forma, sarebbe stato Ka’ba, ovvero cubo. La Pietra Nera (arabo: دوسألا رجحلا, al-ḥajar al-aswad) è un blocco minerale nero, grande quasi quanto un pallone, incastonato a circa un metro e mezzo d'altezza nell'angolo sudest della Ka‘ba di Mecca. La Storia Islamica ricorda che, nel corso di uno dei numerosi restauri della Ka’ba (richiesti dalla fragilità del materiale usato per la sua costruzione), il giovane Maometto, non ancora prescelto come Suo profeta da Allah, partecipasse con grande avvedutezza alla collocazione della Pietra nell'angolo dell'edificio, coinvolgendo tutti i principali clan della sua tribù nel trasporto e limitando a se stesso il solo onore della sistemazione fisica della Pietra Nera nel suo angolo. L'episodio del restauro cui partecipò Maometto è ricordato nel manoscritto intitolato "L'insieme delle storie", storia universale scritta da Rashīd al-Dīn, conservato nella Biblioteca dell'Università di Edimburgo, illustrato a Tabriz, Persia, nel 1315 circa. Nell’illustrazione di questo codice, si può notare come, contrariamente a quanto si crede, non manchino rappresentazioni islamiche del Profeta a volto del tutto scoperto. Relitto forse di un antico culto, che alcuni studiosi hanno pensato fosse dimostrazione di un passato litolatrico in età preislamica, la Pietra Nera è considerata dai musulmani l'ultimo frammento della "Casa Antica" (al-Bayt al-‘atīq), fatta calare da Dio direttamente dal Paradiso sulla Terra e andata pressoché interamente distrutta dal Diluvio Universale. La Pietra Nera fu messa in salvo da Noè - profeta dell'Islam sotto il nome di Nūh all'interno di una caverna nei pressi di Mecca e da lì l'oggetto sarebbe stato recuperato da 7 Abramo (profeta col nome di Ibrāhīm) nel momento in cui questi, con l'aiuto di Ismail, il figlio avuto da Agar, avrebbe dato inizio ai lavori della nuova Ka‘ba. Altre tradizioni Secondo una diffusa tradizione popolare la Pietra Nera è invece l'occhio di un angelo incaricato di prender nota dei pellegrini che adempiono all'obbligo canonico di effettuare una volta almeno nella loro vita l’hajj a Mecca e nei suoi immediati dintorni. Secondo un’altra tradizione, la Pietra Nera era un meteorite bianco che, caduto sulla terra, ha assorbito tutti i peccati dell'uomo, assumendo l'attuale colore nero. Secondo i non-musulmani la Pietra Nera è molto probabilmente un meteorite (questo giustificherebbe la convinzione degli Arabi musulmani che parlavano appunto di un oggetto "calato dal cielo"), ma nessuna analisi scientifica può essere condotta su di essa, a causa della categorica ostilità islamica a sottoporre a esami scientifici una materia d'origine sacra. La sacralità della pietra non ha impedito che essa fosse oggetto di violazioni compiute anche dagli uomini. La prima violazione si registrò nel 683 d.C., durante l'incendio provocato dai soldati di Abd Allāh ibn al-Zubayr durante l'assedio della Città Santa di Mecca da parte delle truppe omayyadi di al-Ḥusayn ibn Numayr al-Sakūnī, generale del califfo ‘Abd al-Malik ibn Marwān. L'incendio spaccò col suo fortissimo calore la Pietra Nera in tre pezzi, che furono quindi tenuti assemblati da un apposito castone d'argento, tuttora visibile, che fa assumere alla Pietra Nera le sembianze della pupilla di un occhio. Altra violenza, assai più grave, subita dalla Pietra Nera fu il furto operato con la forza dagli ismailiti Carmati, che giudicavano la devozione riservatale una forma di inaccettabile e superstizioso culto per un oggetto, a detrimento del puro culto riservato al solo Dio. In una sanguinosa incursione avvenuta nel 929 d.C., la Pietra Nera fu divelta dalla sua custodia e per 22 anni (caratterizzati da un fortissimo indebolimento dell'autorità califfale abbaside) essa rimase in mano ai Carmati del Bahrein e del tutto inutili furono i tentativi di recuperarla. La Pietra Nera fu poi restituita alla Mecca, centro della religione sunnita, in cambio di un fortissimo riscatto pagato agli sciiti Buidi. La diffusione dell’Islam Prima che il Profeta morisse, all'età di 61 anni, nel 632, gran parte dell'Arabia era musulmana e, già a un secolo dalla sua morte, l'Islam si era diffuso in Spagna, in Occidente e in Estremo Oriente. Una delle ragioni della rapida diffusione dell'Islam sta nella semplicità della sua dottrina: l'Islam insegna ad avere fede e adorare un Unico Dio. Insegna inoltre all'uomo il buon uso del potere dell'intelletto e della capacità di riflessione. Nel volgere di pochi anni, nacquero grandi civiltà e università, perché, secondo il Profeta, l'approfondimento della conoscenza è un dovere per ogni Musulmano, uomo o donna che sia. La sintesi del pensiero orientale e di quello occidentale e una nuova concezione della tradizione permisero grandi progressi in campi quali la medicina, la matematica, la fisica, l'astronomia, la geografia, l'architettura, l'arte, la letteratura e la storia. Molti sistemi, di importanza cruciale, quali l'algebra, i numeri arabi, nonché il concetto di zero (vitale per lo sviluppo del pensiero matematico) furono trasmessi all’Europa del Medio Evo da studiosi nati nel mondo islamico. Furono messi a punto sofisticati strumenti che resero possibili i lunghi viaggi europei di scoperta (l'astrolabio, il quadrante e accurate carte per la navigazione). 8 I Musulmani credono in un Unico Dio; negli Angeli da Lui creati; nei Profeti, grazie ai quali il suo verbo è stato rivelato all’umanità; nel Giorno del Giudizio, quando ciascun uomo verrà giudicato individualmente a seconda del suo operato; nell’autorità suprema di Dio sul destino degli uomini, nella vita dopo la morte. I Musulmani credono nella concatenazione dei profeti che inizia con Adamo e comprende Noè, Abramo, Ismaele, Isacco, Giacobbe, Giuseppe, Giobbe, Mosè, Aronne, Davide, Salomone, Elia, Giona, Giovanni Battista e Gesù. Ma il messaggio finale di Dio all’uomo, conferma del messaggio eterno e compendio di tutto ciò che è stato, fu rivelato al Profeta Muhammad (Maometto), attraverso l’Arcangelo Gabriele. Il Corano (recitazione, in quanto Maometto ripeteva ciò che gli era stato rivelato da Dio) è la testimonianza delle parole rivelate da Dio attraverso l'Arcangelo Gabriele al Profeta Muhammad. Memorizzato da Muhammad e dettato ai suoi Compagni, la sua scrittura venne affidata agli scribi che ne riscontrarono l'esattezza mentre il Profeta era in vita. Non una parola di quelle che compongono i 114 capitoli, le Sure, è stata cambiata nel corso dei secoli, e di conseguenza il Corano è l'unico testo rivelato a Muhammad quattordici secoli fa. Il Corano, l'ultimo Verbo di Dio rivelato, è la fonte primaria della fede e della pratica religiosa musulmana. Tratta di ogni argomento che riguardi la vita dell’uomo: saggezza, dottrina, culto e legge, ma il tema centrale è il rapporto tra Dio e le sue creature. Nello stesso tempo fornisce le linee guida per una società giusta, per un corretto comportamento degli uomini e per un equo sistema economico. Oltre al Corano i Musulmani hanno altre due fonti da cui attingono i precetti da seguire: - la Sunna, la pratica e l'esempio del Profeta, che è la seconda autorità per i Musulmani - gli Hadith. Un hadith è una testimonianza di ciò che il Profeta ha detto, ha fatto o approvato. Credere nella sunna fa parte della legge islamica. I "Cinque Pilastri" dell'Islam. Sono la base della vita musulmana: fede, preghiera, elemosina obbligatoria, digiuno durante il mese di Ramadan e pellegrinaggio alla Mecca per coloro che sono in grado di farlo. La Fede Non vi è alcun Dio al di fuori di Dio e Muhammad è il suo Profeta. Questa dichiarazione di fede si chiama shahada, una semplice formula che tutti i fedeli pronunciano. In arabo la prima parte della professione suona così la ilaha illa ‘Llah - non c’è altro Dio al di fuori di Dio; ilaha (dio) fa riferimento agli “idoli” sotto qualsiasi forma; illa’Llah: al di fuori di Dio, la sorgente di tutto il creato. La seconda parte della Shahada recita: Muhammad un rasulu ’Llah: Muhammad è il messaggero di Dio: Il messaggio illuminato ci è giunto attraverso un uomo simile a noi. La Preghiera Salat è il nome delle preghiere obbligatorie che si recitano cinque volte al giorno e che costituiscono il legame diretto tra il credente e Dio. Non esistono autorità gerarchiche, né preti nell’Islam, di conseguenza la guida delle preghiere è affidata a una persona che conosca il Corano, scelta dalla congregazione. 9 Le cinque preghiere contengono versetti del Corano e sono recitate in lingua araba, la lingua della Rivelazione, tuttavia suppliche personali possono essere recitate nella lingua di ogni fedele. Le preghiere si recitano all’alba, a mezzogiorno, a metà pomeriggio, al tramonto e quando cade la notte, scandendo così il ritmo dell’intera giornata. E’ preferibile pregare insieme in una moschea, ma un Musulmano può pregare quasi ovunque, nei campi, in ufficio, in fabbrica, all’università. Chi visita il mondo arabo rimane colpito dall’ importanza della preghiera nella vita quotidiana delle persone. L’Elemosina Uno dei principi fondamentali dell’Islam è che tutte le cose appartengono a Dio: la ricchezza è data in affidamento al genere umano. La parola Zakat significa sia purificazione, sia crescita. I nostri averi sono purificati se ne mettiamo da parte una porzione per i bisognosi. Come avviene quando si pota una pianta, questo taglio consente una nuova crescita. Ogni Musulmano calcola il proprio zakat individualmente. In generale questo implica il pagamento annuale del 2,5% del proprio capitale. Una persona pia può dare quello che desidera come sadaqa, e preferibilmente in modo riservato. Sebbene il termine possa essere tradotto come “carità volontaria” esso ha un significato molto più ampio. Il Profeta ha detto: “Anche accogliere un tuo fratello con un sorriso è un gesto caritatevole”. “La Carità è un dovere per ogni Musulmano,” Gli fu chiesto: “E se una persona non possiede nulla?” Il Profeta rispose: “Dovrebbe lavorare con le proprie mani a proprio beneficio e poi dare qualcosa del suo guadagno in carità”. I Compagni gli chiesero: “E se costui non può lavorare?” Il Profeta disse: “Dovrebbe aiutare i poveri e i bisognosi.” I Compagni chiesero ancora: “E se non può fare nemmeno questo?” Il Profeta disse: “Dovrebbe spingere altri a fare il bene.” I Compagni dissero:”E se omette anche di fare questo?” Il Profeta disse:”Dovrebbe evitare di comportarsi scorrettamente. Anche questo è carità.” Il Digiuno Ogni anno, durante il mese di Ramadan, tutti i Musulmani digiunano dall’alba al tramonto, astenendosi da cibo, bevande e rapporti sessuali. Gli ammalati, i vecchi, chi si trovi in viaggio e le donne in stato interessante o che allattino, sono autorizzati a interrompere il digiuno, a patto che nel corso dell’anno digiunino per un numero di giorni equivalente a quelli dai quali, per motivi vari, erano stati dispensati. Coloro che sono fisicamente impossibilitati a osservare il digiuno debbono offrire cibo a una persona bisognosa per un numero di giorni uguale a quello in cui non si è osservato il digiuno. I bambini iniziano a digiunare e a recitare le preghiere dalla pubertà; molti, però, iniziano ancora prima. Duplice è l’effetto del digiuno: è, prima di tutto, autopurificazione spirituale, ma è anche un’ottima dieta per il corpo. Chi digiuna, anche se per breve tempo, si pone in sintonia con tutti coloro che digiunano e, nel contempo, cresce spiritualmente. Il Pellegrinaggio Il pellegrinaggio annuale alla Mecca - l’Hajj - è un dovere per tutti coloro che siano in grado di adempierlo sia fisicamente, sia economicamente. Circa due milioni di fedeli, provenienti da ogni parte del mondo, si recano ogni anno alla Mecca. Il viaggio è, tra l’altro, un’opportunità unica d’incontro tra individui di diverse nazionalità. Sebbene la Mecca sia sempre piena di visitatori, il pellegrinaggio annuale inizia il dodicesimo mese dell’anno islamico (che è lunare, non solare, quindi sia l’Hajj, sia il Ramadan cadono talvolta in estate, talvolta in inverno). I pellegrini indossano vesti speciali: indumenti semplici che cancellano ogni distinzione sociale e culturale, affinché tutti siano uguali davanti a Dio. 10 Il rito dell’Hajj, che risale a Abramo, vuole che si compiano sette giri attorno alla Ka’ba e che si percorra sette volte il tragitto tra le alture di Safa e Marwa, come fece Hagar, moglie di Abramo, mentre era alla ricerca dell’acqua per suo figlio Ismaele. Poi i pellegrini si raccolgono nell’ampia spianata di Arafat e si uniscono in preghiera per impetrare il perdono divino, cosa che viene spesso vista come anticipazione del Giudizio Universale. Nei secoli passati, compiere l’Hajj era un’impresa veramente ardua. Oggi, l’Arabia Saudita mette a disposizione una moderna rete di mezzi di trasporto e di attrezzature dotate di ogni comfort. La fine del pellegrinaggio è segnata da una festività - Eid al-Adha - che si celebra con preghiere e scambio di doni in seno alle varie comunità musulmane. Questa ricorrenza e quella di Eid al-Fitr, giorno in cui si festeggia la fine del Ramadan, sono le due più importanti feste religiose del calendario Musulmano. Come si diventa Musulmani? Semplicemente dicendo: “Non c’è altro Dio al di fuori di Dio, e Muhammad (Maometto) è il Messaggero di Dio”. Con tale dichiarazione il credente manifesta la propria fede in tutti i messaggeri di Dio, e nelle Scritture da loro trasmesse. Nel mondo di oggi, l'Islam può sembrare qualcosa di esotico o di estremamente remoto. In occidente oggi (ma non fu così fino a qualche secolo fa) nella vita di ogni giorno, la religione non è un elemento dominante, mentre nel cuore di ogni Musulmano la religione è al primo posto, e non vi sono barriere tra il mondo secolare e quello sacro. I Musulmani credono che la Legge Divina, la Shari'a, debba essere osservata scrupolosamente, il che spiega perché le istanze connesse con la religione siano così importanti. L'Islam e il Cristianesimo hanno origini comuni. Insieme con il Giudaismo, risalgono al profeta e patriarca Abramo, e i tre profeti discendono direttamente dai figli di quest'ultimo: Muhammad dal maggiore, Ismaele, e Mosè e Gesù da Isacco. Abramo fondò l'insediamento che oggi è la città di Mecca, e costruì la Ka'ba, verso la quale i Musulmani si rivolgono quando pregano. Che cosa pensano i Musulmani di Gesù? I Musulmani rispettano e onorano Gesù e aspettano la sua seconda venuta. Lo considerano uno dei più grandi messaggeri divini. Un Musulmano non si riferisce mai a lui chiamandolo semplicemente Gesù: aggiunge sempre le parole “la pace sia con lui”. Il Corano conferma la sua nascita da una donna vergine (un capitolo del Corano si intitola Maria), e Maria è considerata la donna più pura dell'universo. Così il Corano descrive l'Annunciazione: "In verità!" disse l'Angelo, "O Maria! Dio ti ha prescelta, ti ha purificata e ti ha eletta fra le donne di tutte le nazioni. "In verità!" disse l'Angelo, "O Maria! Dio ti annunzia la buona novella di una Parola che viene da Lui, il suo nome sarà il Messia, Gesù figlio di Maria, eminente in questo mondo e nell'altro, ed uno di coloro che sono più vicini a Dio. “Egli parlerà al popolo dalla culla alla maturità, ed egli sarà tra i giusti." Ella disse: "O mio Signore! Come potrò avere un figlio se nessun uomo mi ha toccata? Egli disse: " E' così, Dio crea ciò che Egli vuole. Allorché ha deciso una cosa non ha che da dire:"Sii, ed essa è". (Corano 3:42-45-46-47) Gesù nacque miracolosamente attraverso lo stesso potere che portò Adamo in vita senza che vi fosse un padre: “La somiglianza di Gesù e Dio è come quella di Adamo: Dio lo creò dalla polvere e poi gli disse: Sii. Ed egli fu.” (Corano 3:59) Durante la sua missione profetica Gesù operò molti miracoli. “....(Allah) ne farà un messaggero per i figli di Israele (che dirà loro). Io sono venuto da voi con un Segno dal Vostro Signore. Ecco io plasmerò per voi con l’argilla una figura di uccello e poi vi soffierò sopra e con il permesso di Dio diventerà un uccello: ed io con il 11 permesso di Dio guarirò coloro che sono nati ciechi , ed i lebbrosi, e risusciterò i morti. E vi dichiaro, ciò che mangiate, e ciò che accumulate nelle vostre case, certamente in ciò vi è un Segno per voi, se siete veramente credenti”. (Corano Sura 3:49) Né Muhammad, né Gesù sono venuti a cambiare la dottrina fondamentale del credere in un Unico Dio, annunciata dai profeti precedenti, bensì a confermare e dare nuova linfa a tale dottrina. Nel Corano è scritto che Gesù ha detto di essere venuto: “(Io sono venuto) per confermare la Legge che esisteva prima di me. E per rendere lecito in parte ciò che vi era stato proibito; Io sono venuto da voi con un Segno dal vostro Signore. Dunque siate timorati di Allah e seguite le mie istruzioni”. (Corano 3:50) Il Profeta Muhammad disse: "Chiunque crede che non vi sia altro dio all'infuori di Allah, e che Muhammad é il suo Profeta, che Gesù è il servitore e il messaggero di Allah, sua parola soffiata in Maria e spirito da Lui emanato e che Paradiso ed Infermo sono verità, sarà accolto da Allah in Paradiso". (Da un Hadith di Bukhari) Altra regola fondamentale per i Musulmani è il rispetto e la cura degli anziani. Nel mondo islamico non esistono case di riposo per anziani. Lo sforzo di prendersi cura dei propri genitori in questa difficile stagione della loro vita è considerato un onore ed anche un'opportunità di crescita spirituale. Dio ci chiede non solo di pregare per i genitori, ma di comportarci nei loro confronti con infinita misericordia, ricordando che i genitori hanno dato tutto ai loro figli quando erano piccoli. Le madri sono particolarmente venerate: il Profeta riteneva che il Paradiso è ai piedi delle madri. Quando sono avanti negli anni i genitori musulmani sono trattati con benevolenza, gentilezza e abnegazione. Nell'Islam servire i propri genitori è un dovere che viene dopo soltanto quello della preghiera, e tale aspettativa è un loro diritto. E' considerato deprecabile manifestare irritazione quando, non per loro colpa, i vecchi diventano difficili. Il Corano dice: “Il tuo Signore ti ha ordinato di non adorare nessuno all’infuori di Lui, e di essere benevolo con i tuoi genitori. Se uno di loro o ambedue raggiungeranno un’età avanzata, nel corso della tua vita, non dir loro parole di disprezzo, non respingerli, ma rivolgiti a loro con rispetto”. “E con bontà inclina verso di loro l’ala dell’umiltà e protezione, e di’: O mio Signore, concedi loro la tua misericordia perchè loro si sono presi cura di me nella mia infanzia" (Corano 17:23, 24) I Musulmani e la morte. Come gli Ebrei e i Cristiani, i Musulmani credono che la vita presente sia solo una prova in attesa della vita dopo la morte. I punti fondamentali della fede comprendono: il Giorno del Giudizio, la Resurrezione, il Paradiso e l'Inferno. Quando un Musulmano muore, viene lavato, generalmente da un familiare, avvolto in un lenzuolo candido e sepolto con una semplice preghiera, di preferenza lo stesso giorno del decesso. I Musulmani considerano questo uno dei servizi finali da offrire ai propri cari e un'opportunità per ricordare la brevità della vita su questa terra. Il Profeta riteneva che tre cose possono continuare ad aiutare una persona, anche dopo la morte: la carità che aveva profuso, la conoscenza che aveva trasmesso e le preghiere dette per loro da parte di un figlio giusto. ll cibo Le leggi sull’alimentazione imposte dal Corano sono più semplici di quelle seguite dagli Ebrei e dai primi Cristiani. Il Corano vieta che si mangi carne di maiale e che si assuma qualsiasi tipo di bevanda intossicante. Il Profeta diceva: “Il tuo corpo ha dei diritti su di te; il consumo di cibi sani e un corretto stile di vita sono da considerarsi obblighi religiosi”. Disse anche: "Chiedi ad Allah la certezza (nella fede) e la rettitudine; perchè, al di fuori della certezza (nella fede) nessuno concede un dono che sia migliore della salute." 12 L’ARTE ISLAMICA Per l'artista tradizionale, l’arte non è un dono, ma conoscenza da acquisire e, perciò, l’arte tradizionale non è “auto-espressiva”. Così come avveniva nell’arte medievale europea e nell’arte orientale, l'artista islamico non firmava le opere che produceva. L’identità dell'artista non era di alcuna rilevanza per il mecenate islamico, che esigeva solamente un uomo a sua disposizione, un artistaartigiano, a cui commissionare il lavoro. L'artista islamico e tradizionale fu dunque anonimo e raramente firmò con il suo nome: era il prodotto del suo lavoro che importava, non la sua persona. I fondamenti dottrinali dell'estetica islamica si trovano nei seguenti detti del Profeta: "Dio è bello e ama la bellezza"; "Dio ha iscritto la bellezza in tutte le cose"; "Dio desidera che, se fate qualcosa, sia fatta alla perfezione"; "Il Lavoro è una forma di preghiera". La cura del proprio lavoro, che porta a creare oggetti belli e ben fatti, finalizzati (cioè che servono ad un scopo), diventa quindi una forma di preghiera e un obbligo religioso che l'artista adempie facilmente attraverso l'aderenza alla fede e al suo credo. Il Corano stesso attribuisce primaria importanza al conseguimento della bellezza in Architettura e nell’Arte in generale quando, affermando l’importanza della bontà, verità e conoscenza, enfatizza i “Begli Atti”. Irrappresentabilità La conoscenza dell’Arte islamica non può dirsi completa se non si affronta il tema dell’irrappresentabilità di Dio e quello della rappresentazione della figura umana. Studiosi e non, in Oriente e in Occidente, credono che l’arte figurativa nell’Islam sia proibita, o quantomeno tollerata, solo dai Musulmani sciiti. In Occidente, quando si parla di Arte figurativa islamica, si pensa solo alle miniature iraniane che, a causa della loro diffusione, sono diventate la forma di arte figurativa islamica più conosciuta (e per molti la sola Arte islamica). In realtà, nel mondo arabo, la rappresentazione figurativa fu coltivata fin dall'inizio dell’Islam, in forma spettacolare e monumentale, come possiamo vedere nei mosaici della Moschea della Roccia a Gerusalemme e della Grande Moschea degli Omayyadi a Damasco. - Le arti della calligrafia e dell'astrazione non si svilupparono nel mondo musulmano per compensare o sostituire l'immagine vivente e proibita, ma fiorirono in parallelo alla pittura figurativa. Scrittura e pittura erano rami della stessa arte: il calligrafo e il pittore usavano il calamo nella stessa maniera. - La proibizione della rappresentazione della figura umana nell’Islam non si applica alle immagini eseguite a scopo decorativo, si applica solo all'immagine della Divinità che è irrappresentabile (pratica già radicata nel monoteismo abramico che si oppone al politeismo idolatra). - Le due frasi attribuite al Profeta: “nel giorno del Giudizio agli artisti potrebbe essere chiesto di ricreare le loro opere; e, se non riusciranno, saranno puniti severamente "quelli che saranno puniti più severamente da Dio nel giorno del Giudizio saranno i pittori e gli scultori" le frasi che hanno ispirato regole relative alla rappresentazione della figura umana, furono spesso interpretate erroneamente come una proibizione assoluta. L’Islam è una religione basata sulla logica; la motivazione che sta dietro ai detti profetici era di evitare l'idolatria, non di scoraggiare la creatività artistica. La proibizione 13 riguardava solamente statue e ritratti eseguiti a scopo di venerazione ed in luoghi di preghiera. Le frasi del Profeta furono pronunciate in un periodo di idolatria e servirono a dissuadere i nuovi convertiti all’Islam dall’essere blasfemi e dal venerare le immagini invece della divinità. Quando questa condizione viene meno, allora il dipinto figurativo e la scultura, divenuti uguali all’arabesco non-figurativo, sono totalmente accettabili. Come potremmo accettare, se così non fosse, il fatto che il Profeta, entrando nella Kaaba dopo la caduta della Mecca, avrebbe coperto il ritratto di Maria e Gesù con le sue mani per proteggerlo dalla distruzione mentre, seguendo le sue indicazioni, i Musulmani stavano facendo a pezzi e cancellando statue e immagini di idoli pagani? E come avrebbe Maometto permesso a sua moglie Aisha di tenere un cuscino con figure di animali nella sua stanza? E l’ortodosso e rigoroso Califfo Umar avrebbe usato un incensiere decorato con figure, che aveva portato dalla Siria, per profumare la moschea a Medina? In conclusione: un'immagine qualunque è riconosciuta come un elemento dell’Arte profana, purché non rappresenti né Dio né il volto del Profeta, mentre le figure umane sono accettabili ovunque eccetto nei luoghi di preghiera. Vale al proposito ricordare anche che l’immagine del Profeta Muhammad era conosciuta nei manoscritti non-arabi, il primo dei quali faceva parte della famosa serie di immagini dei Profeti contenuti nel “Cofano di Eraclio”, oggi andato distrutto. La ritrattistica di messaggeri divini, profeti e santi, è evitata per due ragioni, primo, per impedire alle loro immagini di diventare oggetti di idolatria, secondo, perché nessuna riproduzione potrebbe veramente rappresentare alla perfezione le qualità dei santi, uomini e donne. L'arte figurativa può inserirsi perfettamente nell'universo dell’Islam e può partecipare direttamente all'economia spirituale della religione, a patto che non ecceda i giusti limiti. Delle tre grandi religioni “missionarie” -Buddhismo, Cristianesimo e Islam- impegnate ad indirizzare il mondo e gli uomini verso Dio, ognuna secondo i propri mezzi, il solo Islam ha rifiutato di servirsi a questo scopo del sussidio dell'arte pittorica. Si potrebbe aggiungere a conclusione che il rifiuto della rappresentazione figurativa naturale nell'Islam non è basato su una proibizione legale iscritta nel Corano, essa esprime il rifiuto a vedere l’uomo sostituire se stesso al Creatore nel tentativo di imitare le forme naturali. In sé, l'atto creativo dell'artista non è considerato perfido o detestabile, come alcuni storici dell’arte ritengono; è anzi piuttosto il contrario, poiché Dio stesso usa l'esempio del vasaio che modella l'argilla per indicare il Suo proprio atto creativo: "ha generato l'uomo di argilla, come il vasaio". Può diventare colpa e peccato solo se l’opera che ha creato dà all’uomo (all’artista umano) l'illusione di avere aggiunto egli stesso qualcosa alla creazione, e genera in lui la tentazione di vantarsi, cosa che nell'Islam è considerata come il peggiore di tutti i peccati, poiché ha l'effetto di porre la creatura a livello del Creatore. E’ dovuto inoltre alla sensibilità religiosa dei musulmani, timorosi che alla riproduzione delle forme umane possa corrispondere il peccato di idolatria, proibito dal Corano, e che nell'arte come imitazione della natura si possa intravedere il tentativo di copiare l'opera di Allah. Ed ha avuto importanti effetti anche sull'arte cristiana: a ridosso della predicazione di Maometto, è nata l’eresia pauliciana, che più in là avrebbe rappresentato l'antesignana dell'iconoclastia. L'artista musulmano tradizionale, rinunciando a copiare il mondo fisico, si è creato una sua propria lingua artistica universale, capace di soddisfare simultaneamente requisiti spirituali ed estetici. Come gli antichi Egizi, che hanno tentato di vincere la morte ritraendo l’eternità 14 nella loro arte, e i Greci, che hanno scelto il corpo umano come espressione di perfezione divina, i Musulmani, con la stilizzazione e l'astrazione, si sono impegnati a descrivere i valori spirituali dell'uomo. Evitando il naturalismo, che include l'uso dello spazio tridimensionale, della prospettiva e della modellistica della figura umana in luci e ombre, e liberandosi quindi dalla soggezione ad ogni arte occidentale, l’Arte Islamica figurativa ha guadagnato una sua propria identità e la legittimità fra gli Arabi, i Mongoli, i Persiani, gli Indiani e i Turchi. Con la stilizzazione delle forme che appartengono agli esseri viventi, l'artista musulmano poteva appagare la sua ispirazione creativa e contemporaneamente aderire alla sua fede religiosa. I primi esempi dell'arte figurativa in costruzioni religiose islamiche sono i mosaici della Cupola della Roccia (685-691 d.C.) a Gerusalemme (il primo monumento religioso costruito dai Musulmani) e quelli della Grande Moschea Omayyade (706-716 d.C.) a Damasco, che rappresenta case, alberi, cascate... Nell’Architettura civile le prime pitture nell'Islam sono gli affreschi Omayyadi di Qusayr ‘Amra (712-715 d.C.), nel deserto giordano, e i mosaici e le sculture di Khirbat Al-Mafjar (724-743 d.C.) vicino a Gerico. Anche se in tutte queste opere le influenze greco-romane, sassanidi e bizantine sono evidenti in termini sia di stile sia di soggetto, si ravvisano anche gli inizi di una nuova forma di stilizzazione. Durante il successivo periodo Abbaside e particolarmente durante quello Fatimide, la pittura figurativa è stata continuata su ceramica e negli affreschi. Ne sopravvivono documenti sulle pareti del palazzo Abbaside di Jawsaq Al-Khaqani, a Samarra, che presentano influenze sassanidi e centroasiatiche, e su ceramiche d’uso quotidiano, su oggetti d'avorio e di metallo dei due periodi. Dice un maestro tradizionale sani (artista-artigiano) della città di Fez: "Uccelli, cavalli, donnole si possono trovare dappertutto. C'è solo da guardarsi in giro e copiare. Questo non richiede conoscenza. Ma se vi chiedo di disporre quattro rosette alternandole in stelle a otto e dieci punte, che siano una di fianco all'altra, senza lasciare spazi, e poi riempirne un'intera parete, sarebbe un’altra cosa. E questa è arte”. L'arte islamica comprende opere prodotte a partire dal VII secolo in poi da artisti che sono vissuti in territori culturalmente legati alla religione dell'Islam. Inizialmente si è ispirata a quella bizantina, romana, paleocristiana, persiana, cinese. Si può suddividere in vari periodi storici: da quello iniziale, degli Omayyadi (660-750), a quello medio degli Abbasidi, a quello della dinastia dei Turchi Selgiuchidi, (1100), al periodo dei Safavidi (1600) e alla rinascita dell'arte sotto gli Ottomani. L'arte islamica è essenzialmente l'arte del bello, oltre ad essere un mezzo di culto. E’ strumentale, è, cioè, lo strumento che avvicina la natura, il creato, l’uomo alla perfezione inconoscibile e irrapresentabile di Dio: E’ il cammino verso la perfezione. La scienza che esprime al meglio il legame tra il visibile e l’invisibile, tra il concreto e l’astratto, tra l’imperfetto e il perfetto è la Geometria. Attraverso la geometria l’uomo si può avvicinare all’assoluto, può intuire l’inconoscibile. In Geometria tutto ha origine da un “ente immateriale, invisibile, imponderabile” il punto. Il punto c’è, tutto ha origine dal punto, ma il punto non si vede, non si può rappresentare, non si può misurare... eppure, muovendosi, il punto traccia un segmento. Fissato il segmento e facendolo ruotare intono ad un “cardine” si ottiene il cerchio, facendo ruotare il cerchio si ottiene la sfera... All’interno del cerchio si costruiscono le forme geometriche perfette: il triangolo equilatero.. l’esagono... 15 Ogni espressione dell’arte è simbolica e serve ad elevare il pensiero, l’animo dell’uomo verso l’astratto, verso Dio. Il filosofo trova espressi nell’arte geometrica i principi profondi della fede. Il fedele semplice trova “l’atmosfera”, sente aleggiare nelle forme perfette lo spirito. Il mecenate mette la sua ricchezza al servizio della fede e dei fedeli. L’arte non deve riprodurre il visibile, ma deve rendere visibile ciò che pur esistendo non si può vedere. L’arte deve far trasparire la perfezione dell’essere invisibile. Dove c’è Dio c’è ordine e bellezza, dove c’è ordine e bellezza c’è Dio. Indagando la struttura della sfera (o semisfera) siamo costretti a intuire l’esistenza del punto generatore che non può essere né misurato né conosciuto. Accostando tre cerchi uguali (tangenti) e unendo i centri dei cerchi si ottiene il triangolo equilatero.. con sette cerchi si costruisce l’esagono perfetto.. applicando il teorema della parte aurea del segmento si ottiene il pentagono. La manifestazione della forma geometrica è il riflesso della perfezione divina. La Simmetria, cioè l’esatta ripetitibilità di un disegno geometrico all’interno di una forma perfetta (il cerchio) è il principio fondamentale dell’arte islamica. Il rigore geometrico, la qualità dei materiali, la palpitante musicalità e espressività della luce devono condurre il fedele all’esperienza del mistero divino. Utilità (finalità pratica) e bellezza devono procedere indissolubilmente. Arte islamica: Arte funzionale A differenza di quanto avviene in occidente dove le diverse funzioni determinano lo stile e gli elementi architettonici, nell’arte Islamica le componenti sono quasi sempre identiche, per cui è difficile dall’esterno identificare una moschea da una madrasa, da un mercato. Le tipologie architettoniche non sono strutturate in modo tale che la loro funzione sia immediatamente riconoscibile. L’architettura “nascosta” è una della caratteristiche fondamentali dell’architettura islamica. Edifici stilisticamente simili sono adibiti a funzioni diverse: La moschea è il luogo della prostrazione, della preghiera. Non è di per sé un luogo sacro (nell’Islam vi è solo un luogo sacro ed è la Ka’ba alla Mecca). Può essere rappresentata da un semplice segno sul terreno, da un semplice tappeto, o dalla architettonicamente complessa Moschea di Cordova, dalla moschea di Al Walid a Damasco o dalla moderna Moschea di Medina... La madrasa è scuola coranica. In genere è costruita nello stesso complesso della moschea e presenta un portale (Iwan) che si apre sul cortile della moschea (per lo più speculare alla moschea). Il Caravanserraglio, luogo di rifugio per le carovane in viaggio, è costruito secondo gli stessi criteri della moschea e della Madrasa, ma è contenuto entro mura o fortificazioni di difesa. All’interno del caravanserraglio ci sono depositi per le merci e spesso anche luoghi di scambio (mercati). Gli Hammam sono i bagni pubblici, che spesso si affacciano sullo stesso cortile della moschea e che esternamente hanno struttura simile a quella della moschea e della madrasa. Le tombe: All’inizio era proibito creare monumenti funebri per i comuni mortali. Presto però si è trovato il modo di aggirare questo precetto. Si è cominciato a coprire la tomba con una tenda che la riparasse dal sole, senza chiudersi sui lati. Si è poi passati a una cupola che poggiava su colonne ed infine si è giunti ad un vero e proprio mausoleo chiuso. Parte determinante del masuoleo è la cupola che con la sua perfezione di semisfera e con la sua struttura deve indurre ad elevare il pensiero e ad avvicinare al mistero della perfezione divina. Quindi: tomba come porta per il paradiso (ma anche come celebrazione del prestigio del personaggio che vi è custodito). 16 La città mercato I giardini: giardino come metafora e rappresentazione simbolica del paradiso (giardino in persiano si dice pairidaeza). Elementi fondamentali del “paradiso” sono i quattro fiumi, i fiori, i grandi alberi frondosi che fanno ombra e producono frutti. Il giardino imita il luogo ideale dove tutti i “buoni” Musulmani andranno come premio dopo la vita Tredici secoli di storia, un territorio più vasto dell’Impero Romano (dai confini della Francia, ai confini della Cina), anche se tenuti insieme da un collante forte come la Religione, danno origine a stili diversi. Ne deriva che, nel ripercorrere la storia dell’arte Islamica, si devono distinguere stili ed aree diverse: Arte Islamica delle Origini: a Gerusalemme. Medina e Mecca. Arte Islamica all’epoca degli Omayiadi: Damasco, Arte Islamica in Spagna: Cordova – Granada – Toledo - Saragozza Gli Abbasidi: Ctesifonte- Baghdad – Samarra Arte Islamica nella Grande Persia: Isfahan – Bukhara - Samarcanda Arte Islamica al Cairo e nel Nord Africa: Cairo – Soussa – Fez - Marrakesh Arte Islamica: Ottomana. Istanbul – Edirne Arte Islamica in India: Dehli – Accra LA CALLIGRAFIA Il Corano proibisce la rappresentazione realistica di esseri animati, l'Islam ha di conseguenza sviluppato l'architettura e l'arte calligrafica piuttosto che quella pittorica e scultorea. Arte sacra per eccellenza, la calligrafia richiede all'amanuense di comporre sotto la diretta ispirazione divina. E' quindi un'arte sviluppata soprattutto nell'ambito del Sufismo, dove il calligrafo, oltre agli insegnamenti tecnici, formali e artistici, segue anche una disciplina interiore sotto la guida di un maestro Sufi. L'arte della calligrafia trae il suo prestigio dallo scopo di comunicare la Parola di Allah e gode di riferimenti al Sacro Corano (68, 1; 96, 4). Si sviluppa nel secondo secolo dell'era islamica e diventa presto l'arte più preziosa. E' l'arte islamica per eccellenza: in effetti è uno delle due "arti Coraniche" insieme con la recitazione del Libro Sacro. Il calligrafo godeva di una posizione d'onore e di dignità al di sopra dal pittore. Persino i re cercavano di “benemeritare” dedicandosi alla scrittura del Corano. I libri arabi di storia e di letteratura ci hanno tramandato i nomi di diversi calligrafi; non riportano nomi di architetti, pittori o artigiani. La scrittura araba pre-islamica era leggibile soltanto da chi sapeva parlare l'arabo. In effetti più lettere distinte erano scritte nello stesso modo. Era quindi il senso della frase che aiutava a comprendere come leggere tali lettere. Quarant'anni circa dopo la morte del Profeta la necessità di far leggere il Corano in Arabo (durante tutti i riti religiosi) ai non Arabi e di impedire errori di recitazione anche da parte di Arabi poco colti incitarono Al-Hajjaj, governatore di Mu'awiya e ex maestro di scuola, ad avviare una riforma ortografica con l'introduzione dei punti diacritici e dei segni di vocalizzazione presi dal siriano. Per rendere visibile la differenza confrontiamo due versioni di una lettera che il Profeta fece scrivere al governatore di Bahrain: 17 Come le altre lingue semitiche l'Arabo si scrive da destra verso sinistra, perché il Musulmano inizia ogni azione con la mano destra. Il punto, una volta definito, viene usato come unità di misura per determinare la proporzione fra altezza e larghezza di ogni singola lettera. L'arte calligrafica islamica è l'arte di scrivere e, per estensione, di produrre libri praticata nelle regioni di religione islamica. In essa viene impiegato prevalentemente l’alfabeto arabo. L'arte della calligrafia è particolarmente considerata nell'Islam perché è stata il primo mezzo utilizzato per la preservazione e la diffusione del Corano. La calligrafia araba, persiana e turco-ottomana è strettamente collegata con l'arte geometrica islamica (l'arabesco): i disegni sulle mura e sulle pareti delle moschee trovano corrispondenza con quelli sulle pagine. Gli artisti contemporanei del mondo islamico sfruttano tuttora l'eredità dell'arte calligrafica per inserire iscrizioni o figure astratte nelle loro opere. Dio non si può conosce, Dio non si può rappresentare, ma si può scrivere il nome di Dio. La conoscenza di Dio si diffonde con la scrittura. La scrittura del nome di Dio deve quindi essere un’opera d’arte, con tutti i carismi dell’arte di cui si è detto: forma geometrica, armonia, luminosità, proporzione, simmetria... Base dell’alfabeto Islamico e il ceppo semitico, che viene però perfezionato da “artisti” musulmani che creano vere e proprie scuole d’arte calligrafica. Tra queste alla fine prevale (ma non è l’unica) il Cufico. L’alfabeto arabo è composto da 28 consonanti, tre vocali lunghe e tre brevi. Le vocali sono indicate con segni”diacritici” (punti), quelle brevi non vengono rappresentate (per questo la trascrizione grafica di termini arabi è spesso “equivoca”). Le parole non si spezzano; per completare con armonia la riga si allungano i segni. 18 Nel corso degli anni l’alfabeto arabo è stato adottato per scrivere in lingue diverse (per esempio fino al 1922 quando Ataturk introdusse l’alfabeto latino) veniva usato anche per scrivere in turco. Il Farsi (persiano) usa ancora l’alfabeto arabo. La calligrafia è forma artistica articolata e completa. Attraverso la bella scrittura si “rappresenta” astrattamente la bellezza del mistero divino. Bello=geometrico=decorativo=fitomorfico=simmetrico=strutturato. La pagina di calligrafia assume valore estetico a prescindere da ciò che significa. Una pagina scritta ha un valore equivalente a quello di un’opera dipinta. Pagina di un Corano del XII secolo scritto in stile andaluso. La Scrittura, per i musulmani, è espressione visibile dell'arte più alta di tutte, l'arte del mondo spirituale. La Calligrafia è diventata la forma più venerata dell’Arte Islamica perché è diventata il mezzo di collegamento fra le lingue dei paesi che hanno scelto l’Islam come loro religione. Il testo sacro dell'Islam, al-Qur'ān, ha svolto un ruolo molto importante nello sviluppo e nell'evoluzione della lingua araba e dell'alfabeto arabo. Proverbi e interi passi del Corano sono ancora fonte di ispirazione per i calligrafi islamici. Scritture calligrafiche I vari stili calligrafici arabi possono dividersi in due gruppi: le scritture cufiche, dai caratteri spigolosi Scrittura cosiddetta cufica (oggi si preferisce higiazena), pagina da un Corano del VII secolo. le scritture corsive, dai caratteri più arrotondati. La più semplice e la più antica scrittura è quella corsiva, senza segni diacritici: le vocali brevi sono raramente indicate, con brevi trattini. Risale alla fine del VII e all'VIII secolo, e si ritrova nelle prime copie del Corano e nelle iscrizioni lapidee. 19 Il primo stile a raggiungere una certa diffusione fu la scrittura cufica (IX secolo), angolosa, spigolosa, fatta di tratti orizzontali diritti e corti, tratti verticali lunghi e circoli spessi e compatti. Essa fu per tre secoli la scrittura più usata per trascrivere il Corano. Il suo aspetto rigido e statico la rendeva anche ideale per le iscrizioni monumentali ed epigrafiche. Col tempo si svilupparono anche molti riccioli; piccole decorazioni e abbellimenti furono aggiunti a ciascun carattere per ingentilirlo. Per la scrittura corrente e quotidiana la più usata fu la corsiva naskh, con tratti più rotondi e sottili. Il sempre maggiore perfezionamento di questo stile portò infine a preferirlo al cufico anche per la scrittura del Corano. Attualmente la scrittura più comune e usata è la riq'a. Semplice da tracciare, i suoi movimenti sono piccoli e non molto ampi: viene considerata uno sviluppo della scrittura naskh, ed è la seconda ad essere insegnata ai bambini nelle scuole. Quasi tutto il materiale stampato in arabo è scritto in naskh, più chiaro e semplice da decifrare. Quando l'Impero persiano si convertì all'Islam (643-650), i Persiani adottarono la calligrafia araba per la loro lingua, il farsi. In Cina, si è sviluppata la scrittura sini, con evidenti influenze della calligrafia cinese, come è evidenziato anche dall'utilizzo di un pennello di crine di cavallo al posto della consueta penna di canna. Il calligramma La calligrafia ha anche i suoi aspetti figurativi: intrecciando le parole scritte, come Allah, Muhammad, Bismillah, ecc., o utilizzando la micrografia, i calligrafi realizzavano figure antropomorfe (Ali, l'Uomo Ideale dei mistici Sufi, un uomo orante, un volto), zoomorfe (creature simboliche, soprattutto tratte dall'iconografia sciita: il leone, Duldul, il mulo di Muhammad, i pesci, la cicogna o altri uccelli), oggetti inanimati (una spada - Dhu al-Fiqar-, una moschea, una nave, realizzata con la lettera e congiunzione grammaticale araba waw, simbolo di unione mistica). I calligrammi, strettamente connessi alla mistica musulmana, furono molto popolari in Turchia, Persia e India dal XVII secolo in poi. Calligramma arabo dalla forma di uccello. Nella letteratura e in poesia, l'espediente di vedere nelle lettere un riflesso del mondo naturale risale all'epoca degli Abbasidi. Uno degli maestri contemporanei della scrittura di calligrammi è Hassan Massoudy; un buon esempio di calligramma moderno è il logo del canale televisivo Al Jazeera. 20 Strumenti e supporti Gli strumenti e l'opera di uno studente calligrafo. Lo strumento tradizionale del calligrafo arabo è il qalam, una penna di canna secca; l'inchiostro è spesso colorato e presenta grandi variazioni di intensità, in modo che le parti più grandi della composizione risultino essere molto dinamiche. Nel tempo venne utilizzata una grande varietà di supporti. Prima dell'avvento della carta, ci si serviva di papiro e pergamena. L'uso diffuso del supporto cartaceo, che nei territori musulmani avvenne ben prima che in Occidente, rivoluzionò l'arte della calligrafia: mentre le biblioteche dei contemporanei monasteri europei potevano conservare al massimo poche dozzine di codici, le biblioteche del mondo arabo contenevano normalmente centinaia e persino migliaia di libri. Un altro supporto comune furono le monete. A partire dal 692, il califfato islamico trasformò lo stile di coniazione di monete del Vicino Oriente, passando da immagini figurative a parole: è il caso dei dinar, o delle monete in oro di grande valore: in genere, sulle monete erano iscritti versetti coranici. Verso il X secolo nella Persia ormai convertita all'Islam nacque l'uso di riportare iscrizioni su tessuti di seta decorati. Le stoffe impreziosite dalle iscrizioni erano così apprezzate che i crociati occidentali le riportavano in Europa come bottino di guerra. 21 TERMINOLOGIA ABD = SERVO ALCOVA (Al qubba) = PRIVO DI FINESTRE BARAKA = Benedizione BAZAR = QUARTIERE COMMERCIALE CADI’ = MAGISTRATO CALIFFO = SUCCESSORE CASBA = CITTADELLA (fortificata) CORANO = RECITAZIONE DAR EL ISLAM = CASA DELL’ISLAM DERVISCIO = MENDICANTE EGIRA = EMIGRAZIONE HADITH = EPISODI EDIFICANTI (fioretti) HADJI = PELLEGRINAGGIO HAN = CARAVANSERRAGLIO IMAM = COLUI CHE GUIDA (la preghiera) IWAN = PORTALE ABSIDALE COPERTO CHE DA’ SUL CORTILE JAMI = VENERDI’ JIHAD = IMPEGNO – SFORZO – LOTTA KHAN = CAPO MADRASA = SCUOLA PUBBLICA MAHAL = PALAZZO MAMLUK = SCHIAVO MASJID = MOSCHEA (luogo in cui ci si prostra) MIRHAB = NICCHIA POSTA AL CENTRO DELLA QIBLA (qibla: muro pependicolare alla direzione della Mecca) MINBAR = PULPITO MULLAH = STIDIOSO DI RELIGIONE (sinonimo di Ulema) RIBAT = FORTINO – FORTIFICAZIONE SAHN = CORTILE DELLA MOSCHEA SHAH = RE SHARI’A = LEGGE (insieme delle regole dettate dal Corano e della tradizione –sunnah) SHEIYK = SANTO SUQ = MERCATO SURA = CAPITOLO ULAMA = TEOLOGO VISIR = MINISTRO 22 Cupola della Roccia Gerusalemme 687 – 691 La Moschea della Roccia è il più noto santuario islamico di Gerusalemme e uno dei più importanti di tutto il mondo islamico. Completata nel 691, è l'edificio islamico più antico del mondo ancora oggi esistente. Fu costruita fra il 687 e il 691, nell'era degli Omayyadi, dal 9º Califfo, Abd al-Malik ibn Marwān. È talora chiamata impropriamente Moschea di Omar dal momento che, all'epoca del 2º califfo, fu costruito un oratorio in legno (successivamente andato a fuoco) sul posto in cui egli stesso aveva pregato al momento della sua visita alla Città Santa, dopo la conquista di Gerusalemme nel 637. Questo edificio ligneo sorgeva sull’angolo sud ovest della spianata dove fu poi costruita la Moschea al Aqsa. La sua cupola d'oro si staglia su tutte le altre costruzioni di Gerusalemme. La roccia al centro della moschea è ritenuta dai musulmani come il posto da cui Maometto sarebbe asceso al cielo nel suo miracoloso viaggio notturno, narrato dal Corano, e su cui Abramo (in Arabo Ibrāhīm) sarebbe stato sul punto di sacrificare Isacco (Ismaele per i Musulmani) prima di essere fermato da Dio. La Moschea (o Cupola) della Roccia fu edificata sfruttando l'opera di artigiani bizantini messi a disposizione dall'Imperatore di Costantinopoli. È edificata a guisa di martyrium, una struttura finalizzata alla conservazione e alla venerazione di sante reliquie ed è un eccellente esempio di arte bizantina del periodo classico. Si dice che la moschea sia stata sovvenzionata dal califfo omayyade per cercare di dare ai suoi sudditi un luogo sacro alternativo alla Ka’ba di Mecca che era allora sotto il controllo del suo rivale. La moschea subì numerosi e profondi restauri, da quello del califfo abbaside al-Ma’mūn, al tempo dei Fatimidi, a quelli di epoca mamelucca e ottomana. Durante le Crociate, i Cavalieri Templari, che credevano che la Moschea della Roccia fosse vicina alle rovine del Tempio di Salomone, posero il loro quartiere generale nella Moschea al-Aqsā adiacente alla Cupola della Roccia fino a quasi tutto il XII secolo. Localizzata sulla spianata del Tempio - l'area sacra per "le tre religioni monoteistiche essa rimane ancor oggi il simbolo architettonico della città, grazie al fatto che la sua cupola dorata si staglia su tutte le altre costruzioni di Gerusalemme. Architettura La pianta ottagonale della Moschea della Roccia resta uno dei più bei capolavori del genio umano e uno dei suoi tesori architettonici meglio conservati. La cupola d'oro che la sormonta si estende per 20 metri al di sopra della Roccia, a un'altezza di più di 35 metri. La prima sura coranica (Non vi è altro Dio al di fuori di Allah..) e la seconda sura (Il viaggio notturno) furono trascritte all’interno della cupola su commissione del Sultano ottomano Solimano il Magnifico. Nel 1993 la copertura esterna d'oro è stata sostituita (grazie a re Husayn di Giordania), perché era rovinata dalla ruggine e dall'usura. L'interno è riccamente dipinto, con archi a soggetto senza figure umane, e finestre schermate. Un'edicola esterna che riprende l'impianto ottagonale dell'edificio principale e ospita la fontana per le abluzioni è decorata con capitelli bizantini a traforo. L'esterno della moschea è in maiolica, con versetti coranici nella cornice superiore e senza immagini o sculture antropomorfe. 23 La cupola La cupola originale (diametro m.20,44) consta di una cupola esterna e di una interna; il rivestimento esterno era fatto di lamine di piombo coperto da lastre di rame dorato. La cupola attuale ha un'altezza, dal livello di suolo al vertice, di 35,3 m,; consiste in due calotte indipendenti; il passaggio tra le due calotte è una galleria che prende luce grazie ad alcune aperture. La cupola esterna e quella interna sono strutturate a nervature convergenti. Quelli della cupola esterna si innestano su un piano di posa fissato lungo il bordo esterno del tamburo. Questo bordo è costituito da travetti in legno congiunti ad incastro in modo da costruire una catena circolare continua. La nervatura esterna è rivestita da un'intelaiatura sulla quale è fissato il rivestimento. Il tamburo Ha un diametro di 20,44 m ed è formato da quattro contrafforti che partono dai quattro pilastri della rotonda interna, oltrepassano la muratura e sono visibili dall'esterno, dove si nota la sporgenza discordante con l'insieme del tamburo. Nel tamburo, sopra il livello del tetto, si aprono 16 finestre, alcune delle quali sono le più antiche delle moschea, poiché il telaio simmetrico risale certamente ai lavori del 1318-19. La rotonda interna sotto la cupola Nella rotonda interna gli archi hanno un intradosso di 1,11 m, poggiano direttamente sui capitelli e sono ad arco lievemente acuto. Il rivestimento marmoreo fu realizzato dal sultano mamelucco al-Nāṣir Muḥammad Qalawun nel 1318-19. Le travi sono in legno a sezione quadrata di 8-9 cm. I muri esterni Il rivestimento esterno attuale è in marmo decorato con vari colori. Le decorazioni consistono in scritte coraniche scolpite sul marmo. Le finestre Le aperture delle finestre erano schermate da vetri; nei muri e sopra il tamburo si aprivano 56 finestre originali. Grazie alle accurate ricerche di Richmond è ora possibile determinare la posizione nello spessore dei muri, come pure le dimensione delle strombatura. Le finestre attuali sono schermate da una grata, quella esterna fa parte del rivestimento in ceramica ed è quindi databile al tempo dei lavori fatti al tempo del sultano ottomano Solimano nel 1552. Il muro Ha uno spessore di 1,30 m. I portali Ciascuno dei 4 portali (larghi 2,6 m e alti 4,3 m) è definito da un architrave e da un soprastante arco rialzato. Gli architravi sono rivestiti sulla faccia inferiore con lamine di metallo, ramo e bronzo lavorato a sbalzo. I rilievi del disegno dei portali sono dorati; il fondo, dipinto in nero, nella parte centrale è verde acqua. Le attuali porte laminate risalgono al sultano Solimano (1552). Nel 985 d.C. le porte erano in legno, a pannelli preziosamente intagliati. L'interno Le pareti interne sono rivestite da cima a fondo di lastre di marmo. Anche i pilastri sono di marmo. Sopra i capitelli dorati (alcuni corinzi, altri di stile composito) corrono massicci travi di collegamento, con la faccia inferiore rivestita di lamine metalliche di 6 cm, lavorate e dipinte allo stesso modo delle travi. I fusti sono di diversa altezza, ma tale disparità è mascherata da basamenti in marmo. Fino alla metà del XX secolo ai non-musulmani era vietato accedere all'area sacra. Dal 1967 è stato loro consentito l'ingresso, ad eccezione del periodo della preghiera islamica. 24 Studiosi antichi e moderni concordano nel sottolineare l'armonia, l'equilibrio e la perfezione di spazi e volumi della Cupola della Roccia. Il suo tracciato, vero e proprio modello dell'esoterismo matematico antico, risponde all'idea dei filosofi greci, secondo i quali i numeri e i corpi geometrici semplici consentono la comprensione della realtà. Secondo le teorie dei platonici e dei pitagorici questi concetti matematici rappresentano simbolicamente il mondo ideale immutabile e perfetto dell'aldilà. Il microcosmo dell'architettura è quindi chiamato a tradurre le leggi del macrocosmo e l'edificio permette di esprimere il mistero del mondo. Questo concetto che l'lslam eredita dagli antichi apre le porte a tutta una semiologia che giustifica una «lettura» in profondità dell'architettura. Nella Cupola della Roccia la simbologia risiede nel passaggio dal quadrato al cerchio, dalla terra al cielo, tramite l'ottagono. Attraverso la circumambulazione, il pellegrino esperimenta la quadratura del cerchio, l'unione di corpo e anima. L’edificio non è orientato: è il centro dello spazio sacro e le sue quattro porte corrispondono ai quattro punti cardinali. Sul tamburo cilindrico che emerge dall'ottagono s'innalza la superba cupola con copertura in rame, interamente rivestita di foglie d'oro. E’ stata realizzata mediante due armature in legno, l'una dentro l'altra. La calotta esterna, lievemente a ferro di cavallo e soprelevata, ne contiene un'altra perfettamente emisferica. Il ricorso a un telaio in legno invece che in muratura appartiene alla tradizione in uso presso i costruttori siriani. Ed effettivamente un'armatura in legno doveva essere presente anche a Kalat Siman e nella cattedrale di Basra (515). Queste soluzioni consentono di creare strutture estremamente leggere per coprire spazi piuttosto vasti. Nelle intenzioni del suo creatore, il califfo Abd al Malik, la Cupola della Roccia doveva diventare il centro del mondo islamico, sottraendo alla Kaaba il suo ruolo preminente. Aveva inoltre l'alta missione di sottolineare la convergenza tra le tre religioni nate dal Pentateuco. La Cupola della Roccia evoca il primo Santo Sepolcro di Gerusalemme (335), da cui non è molto distante. Esiste un'analogia voluta tra questi due edifici: entrambi obbediscono a una pianta centrale a doppio deambulatorio, sormontato da una cupola che misura, rispettivamente, 20 e 40 m di diametro interno. L'uno e l'altro custodiscono all'interno una roccia sacra al di sotto della quale si apre una grotta. E in tutti e due viene mostrata l'impronta di un piede: quello di Gesù risorto e quello dell'«inviato di Allah al momento di ascendere verso i cieli». Questa identità di forme e funzioni, lungi dall'essere casuale, è dovuta alla precisa volontà del califfo Abd al-Malik di accettare la successione della religione cristiana sui luoghi santificati da Abramo. La decorazione musiva La ricca decorazione della Cupola della Roccia riprende il linguaggio ornamentale bizantino. Se l'esterno dell'ottagono è stato interamente rivestito in epoca ottomana di maioliche policrome con una predominanza dell'azzurro, l'alto plinto marmoreo a motivi geometrici sussistente alla base dei muri deriva dalle formule in uso per le pavimentazioni antiche. All'interno, tutto esprime il fasto bizantino: le colonne di marmo colorato collocate su basi cubiche, i capitelli corinzi dorati, sormontati da dadi, la modanatura anticheggiante degli architravi e soprattutto i magnifici mosaici a festoni e ramature su fondo oro che coprono pareti e arcate. Dappertutto è un tripudio di composizioni floreali e di intrecci di fogliame. Il rivestimento a tessere evoca la magnificenza delle chiese di Costantinopoli e di Ravenna, ma nella Cupola della Roccia si limita ai motivi vegetali escludendo la figura umana. A proposito di questo monumento, Ibn Battuta si confessa «impotente a descrivere un lavoro così bello». Paradossalmente, il primo capolavoro dell'architettura del califfato non è una moschea, ma una sorta di martyrium. 25 Moschea al-Aqsa La Moschea al-Aqsa (al-Masjid al-Aqsā) 674 – 711 Fa parte del complesso di edifici religiosi di Gerusalemme noto sia come Monte Majid o alḤaram al-Šarīf (il Nobile Santuario) da parte dei musulmani e Har ha-Bayit (Spianata del Tempio) dagli Ebrei. È situato nella parte orientale di Gerusalemme, un territorio conteso, governato da Israele da quando è stato occupato nel 1967, ma rivendicato dai Palestinesi come parte del futuro Stato di Palestina. Al –Aqsa è la più grande moschea di Gerusalemme e può ospitare circa 5.000 fedeli all'interno e nello spazio intorno ad essa. L'espressione "al-Masjid al-Aqsā", traducibile come "La moschea ultima", deriva dalla narrazione coranica che ricorda un miracoloso viaggio compiuto dal profeta Maometto nel 621ca: Secondo il Corano Maometto effettuò un viaggio di una sola notte su una cavalcatura misteriosa, Burāq, che lo condusse dalla "Sacra Moschea" (che si pensò fosse la Ka’ba di Mecca) alla "Moschea estrema" (al-Masjid al-Aqsā). Da qui sarebbe asceso al settimo cielo, accompagnato dall'Arcangelo Gabriele, ed avrebbe assistito a scene relative ai condannati alle pene infernali e ai beati del Paradiso, e si sarebbe alla fine avvicinato ad Allāh, alla distanza di "due archi appena", prima di tornare nella sua casa terrena (quella della cugina Umm Hani di cui era ospite) per comunicare lo straordinario avvenimento ai fedeli. Il luogo della "Moschea estrema" non è esplicitamente definito ma fu presto associato alla città di Gerusalemme in cui, secondo la fede islamica, esisteva la roccia (su cui fu poi eretta la Cupola della Roccia) sopra la quale il profeta Abramo (Ibrāhīm), obbediente all'ordine divino, sarebbe stato in procinto d'immolare, senza porsi domande, il figlio Isacco (o Ismaele - le tradizioni islamiche in proposito contemplano entrambe le opzioni) prima di venire fermato dall'ordine di Dio. Tra il 709 e il 715, il califfo omayyade al-Walīd I, figlio di Abd al-Malik, costruì una nuova moschea vicino alla Cupola della Roccia, sul sito di una precedente struttura lignea provvisoria edificata per volere del califfo Omar (c. 581-644), il califfo "ortodosso" che aveva conquistato Gerusalemme nel 637. Cinque anni dopo la morte di al-Walīd a questa nuova moschea venne dato il nome “al Masjid al-Aqsā”, " la moschea ultima". Poco rimane dell'originale struttura che, costruita sopra l'estensione artificiale della Spianata del Tempio voluta da Erode (re al tempo dei Romani), era in costante pericolo di collasso. Nel 747 fu gravemente danneggiata da un terremoto e poi ricostruita in dimensioni molto maggiori dell’originale. Nel 1099 fu attaccata e distrutta dai Crociati e poi convertita in un'ala del Palazzo Reale dei Re crociati. Danni dovuti a terremoti nel 1927 e nel 1936 hanno comportato la necessità di una pressoché integrale riedificazione della moschea; nel corso di questi lavori antiche sezioni dell'originale moschea sono venute alla luce. L'analisi delle travi lignee e dei pannelli rimossi dalla costruzione durante i restauri degli anni '30 dimostrano che erano stati fatti in legno di cedro del Libano e di Cipro. Alcuni lacerti risalgono al IX secolo; altri dimostrano come una parte del legname di recupero era stato impiegato addirittura in costruzioni più antiche della stessa prima moschea del 644. Verso il 1119, re Baldovino II di Gerusalemme, che aveva convertito la vasta moschea nel proprio palazzo, ne assegnò un'ala al piccolo e ancora poco conosciuto Ordine dei Cavalieri Templari, ossia Cavalieri del Tempio (I Crociati infatti credevano che il Palazzo sorgeva sopra le rovine del Tempio di Salomone). I Templari usarono la moschea come loro quartier generale per molti anni e disegnarono gli altri edifici templari in Europa a forma rotonda, a imitazione dell'architettura della Cupola della Roccia (I sigilli templari furono spesso adornati con il profilo di una cupola). 26 Quando Saladino riconquistò Gerusalemme nel 1187, riconvertì la struttura di al-Aqsa in moschea. Situazione attuale Una parte del muro occidentale della moschea, venerato dagli Ebrei come Muro del Pianto, è diventata fonte di attrito tra Ebrei e Palestinesi. Un gruppo di Ebrei, noto come i "Fedeli del Monte del Tempio" ha espresso il desiderio di riedificare sulla spianata l'antico Tempio ebraico di Gerusalemme. La "Seconda Intifada" è scoppiata quando Ariel Sharon ha effettuato la sua controversa visita (o passeggiata) nell'area sacra, nel settembre del 2000. Dalla moschea al- Aqsa ha preso il nome l'organizzazione guerrigliera (per alcuni terroristica) delle Brigate dei Martiri di al-Aqsā. Alcuni musulmani hanno accusato Israele di aver indebolito i muri della moschea nel corso degli scavi archeologici cominciati nel 1967 (e che continuano ancor oggi). In risposta alle accuse di procurata instabilità, restauri sono stati avviati dalla Fondazione Islamica dei Waqf (fondazioni pie), che si occupa della salvaguardia dei più importanti edifici islamici in Israele. I califfi guidati Abu Bakr: padre di Aisha, suocero di Maometto Omar: suocero di Maometto e suo consigliere; persona buona e onesta. Sarà ucciso da un cristiano. Othman: genero di Maometto; favorisce la sua potente famiglia, quella degli Omayyadi, che diventeranno la prima grande dinastia a capo del grande impero che si va formando subito dopo la morte del profeta. Ali: unico erede diretto di Maometto, perchè ne sposa la figlia, Fatima. E’ sostenuto dal partito shia (termine dal quale deriva “shiiti”). Accusato di avere fatto uccidere Aisha (la moglie bambina di Maometto) viene assassinato. Gli Omayyadi: Il loro dominio durerà solo novanta anni (661/750),saranno però i creatori di un vasto impero, più vasto di quello romano, dalla Francia meridionale all’India, ai confini della Cina. I califfi più grandi saranno anche i costruttori delle più grandi opere di Architettura: Abd al Malik (La Cupola della Roccia) Al Walid ibn abd al Malik ( La Moschea di Al Aksa a Gerusalemme; la Moschea di Damasco in Siria. Harun al Rashid Gli Omayyadi stabiliscono la loro capitale a Damasco ed il Quartier generale nella cittadella di Amman, dove riorganizzano il terrazzamento superiore e lo dividono in tre aree cinte di mura. L’ingresso è un ambiente a pianta cruciforme, coperto da cupola centrale e da semicupole sui bracci della croce. Realizzato in pietra massiccia, presenta motivi decorativi ad archetto. La costruzione viene forse adibita a residenza del governatore. Nel Palazzo del califfo Hisham , nel mosaico sul pavimento (772/774), due gazzelle si nutrono con le foglie di un melograno ricco di frutti rossi, mentre un leone attacca una terza gazzella. Il motivo è ripreso da un tessuto; il significato è chiaro: si tratta di una allegoria del potere omayyade: si godono serenità e beatitudine sotto il regno degli omayyadi. Grande è il furore del califfo contro i suoi nemici. Moschea degli Omayyadi a Damasco (706 -715) E’ il principale edificio di culto di Damasco, in Siria. Nel 706 d.C. il califfo omayyade al-Walid I, riprendendo la politica del padre 'Abd al-Malik che aveva eretto a Gerusalemme la Cupola della Roccia, decise di dare vigore all'opera di 27 monumentalizzazione della capitale Damasco. Ordinò che si costruisse la grande Moschea degli Omayyadi inglobando la parte cristiana residua dell'originale chiesa dedicata a San Giovanni Battista, che era stata, a suo tempo, eretta da Costantino su un tempio pagano del I secolo. Una tradizione, favorevole all'Islam, parla di acquisto, a ottimo prezzo, dell'area sacra che conservava la testa del cugino di Gesù (Giovanni Battista). Un'altra tradizione, meno favorevole, parla invece di pretestuoso sequestro della chiesa onde ampliare la moschea già esistente all'epoca dell'ingresso dei musulmani a Damasco. Questa versione racconta anche che la città si sarebbe arresa ai Musulmani "a condizione", per evitare un inutile spargimento di sangue fra la popolazione, lasciata a se stessa dalla debole politica bizantina. Questa scelta garantiva anche alla popolazione cristiana (preponderante in Damasco) il diritto a mantenere la proprietà di tutti i luoghi di culto e la libera espressione della fede. Un'altra tradizione (verosimilmente diffusa per consentire l'azione di esproprio ordinata da al-Walīd I) parla invece di una mancanza di comunicazione fra gli Arabi che assediavano la città. Una parte di essi infatti avrebbe trattato con i suoi abitanti (di qui l'ipotesi che la resa fosse "a condizione", cioé "pacifica") mentre un'altra parte, inconsapevole di quanto stava avvenendo, avrebbe preso d'assalto la parte opposta delle mura di Damasco. E la conquista armata non comportava alcuna concessione ai vinti. Furono quindi dal califfo al-Walīd risparmiate solo le tre torri-campanili, trasformate in minareti: il minareto "di Gesù", quello "di Qayt Bey" (dal nome di un sultano mamelucco) e quello infine detto "della Sposa". Il Complesso L'edificio fu completamente rivestito di marmi e mosaici a fondo oro, opera eseguita da maestranze bizantine, che poi rimasero a Damasco per istruire artigiani locali. Della superficie di oltre 4.000 m2 di mosaici (la più imponente decorazione a mosaico mai realizzata), a causa della devastante azione di alcuni terremoti, (e malgrado un'opera di restauro che negli anni '20 ha riportato alla luce una parte nascosta sotto uno strato di intonaco) sopravvive oggi solo la facciata del luogo di preghiera I mosaici sono ispirati alla concezione islamica di un paradiso di pace, dove scorrono fiumi ricchi di acqua, gli alberi sono sempre verdi ed i giardini sono ricchi di fiori, una situazione simile a quella che il mondo islamico stava vivendo sotto il governo degli omayyadi. La facciata è ricca di motivi fitoformi, di elementi naturali e di raffigurazioni di edifici. Alberi ed edifici sono in genere usati nell’arte figurativa come elementi che fanno da sfondo all’uomo. In un’arte che evita la rappresentazione della figura umana, la natura diventa protagonista. Gli edifici sono rappresentati assieme a piante e fiori perchè i giusti “troveranno dimore buone nei giardini dell’Eden”. La facciata est richiama il fronte di un palazzo. Anche il portale e l’interno dell’edificio sono decorati con mosaici (alcuni di essi sono stati asportati per il restauro). Nell'ala ovest del complesso si trova una cupoletta rialzata da terra, a base ottagonale ed affrescata all'esterno, costruita per ospitare il tesoro della moschea. I castelli omayyadi nel deserto. Ai confini dell’Impero, in epoca omayyade, furono costruiti, in aree inospitali e spesso deserte, palazzi, interpretati come “romantiche” dimore dove gli Arabi conquistatori trovavano riposo e pace dopo le stressanti avventure di guerra, o come rifugio dal caos delle città. La loro struttura è simile; hanno le caratteristiche di un luogo fortificato, un cortile intorno al quale si articolano i diversi ambienti: moschea, sala di ricevimento (spesso a tre navate), spesso un impianto termale e stanze di servizio. 28 Il piccolo complesso di Qusayr Amra (Giordania), costruito per il califfo Al Walid I, presenta un raffinato impianto termale al quale si accede passando attraverso la sala della udienze. La parte più interessante dell’edificio è rappresentata dalle pitture che ornano le pareti e che presentano scene di caccia, danzatrici, atleti. Nel dipinto più importante, quello dei “Sei Re”, il re è circondato da sei sovrani che gli rendono omaggio. Gli ultimi decenni del califfato omayyade sono agitati da diversi problemi: - l’assoluta uguaglianza tra tutti i credenti affermata dal Corano; - diverse posizioni riguardo la successione; - sconfitte riportate dagli eserciti omayyadi. In questa difficile situazione, una tribù araba che si proclama discendente da Abbas, zio di Maometto (e da qui verranno gli Abbasidi), congiura contro gli Omayyadi, il cui regime, che si è andato sempre più corrompendo, viene alla fine rovesciato. Vengono con un tranello invitati a banchetto tutti i capi omayyadi, che vengono poi eliminati. Si salva solo Abd al Rahman, che si rifugia in al Andalus (Spagna), dove riuscirà a fondare un nuovo regno. Il primo califfo Abbaside è Abu al Abbas. Il primo atto della nuova famiglia è la trasformazione del processo della nomina di califfo (nomina per elezioni) in nomina per trasmissione dinastica. Subito dopo si decide di creare una capitale che sia al centro del grande impero, in modo che possa controllare le grandi vie di comunicazione tra l’Asia centrale e l’Occidente. Nasce Bagdad, che diventa la più grande città del mondo occidentale (più grande di Costantinopoli) e che prende il posto di Damasco; nasce la città destinata a diventare un grande centro culturale- scientifico, nel quale, tra le altre notevoli discussioni, si sostiene che il dogma della religione può essere spiegato per mezzo di argomenti fondati sulla ragione. Gli Abbasidi: - proclamano l’uguaglianza tra tutti i Musulmani (non sarà quindi più privilegiata la nazionalità araba) - creano un formidabile esercito composto di schiavi e mercenari fedeli alla dinastia - minano la forza militare delle tribù accentrando l’amministrazione e il potere politico - affidano le province a governatori di fiducia, che vengono sostituiti con frequenza. Nel 754 viene proclamato califfo al Mansur (il Vittorioso), che, nel creare la nuova capitale, vuole che sia realizzata l’idea di metropoli, una città che deve essere il cuore del potere e delle transazioni economiche dell’impero: l’ombelico del mondo. 762: Il luogo prescelto è sulle rive del Tigri: A tutte le città dell’impero si chiede l’invio di tecnici, architetti, geometri, maestranze... tra questi arrivano anche astronomi e astrologi, ai quali è affidato il compito di disegnare la pianta della nuova città, basandosi su un preciso schema: Bagdad, la città rotonda, è concepita come un “colossale astrolabio” (antico strumento usato per determinare la posizione degli astri), in grado non solo di indicare le posizioni dei pianeti, ma anche di essere punto di riferimento storico dal quale datare i grandi eventi. La nuova città si chiamerà Medinat as Salam, la città della pace. Il cerchio è il riferimento più breve e più economico per racchiudere un’area; dal punto di vista militare non presenta angoli morti. La città di Bagdad si configura come la proiezione in terra dell’ordine dell’universo: al centro si trova il palazzo del califfo. 29 Della favolosa città non restano ormai, purtroppo, resti visibili che possano offrire notizie utili agli archeologi. Di “Madinat as Salam”, la “Città della Pace”, di quella che doveva finalmente mettere fine alle lotte tra i discendenti di Maometto, non resta nulla: costruita con mattoni crudi, si è ridotta in polvere nel corso dei secoli. Anche i grandi princìpi che avevano consigliato la sua forma (il cerchio), cioè : - gli accampamenti dei nomadi asiatici hanno forma circolare - il cerchio è il perimetro più breve e quindi più economico - la pianta circolare è la proiezione in terra dell’ordine dell’universo rivelarono nel tempo i loro punti deboli. Dell’epoca abbaside resta un solo Castello nel deserto, quello di Ukhaidir (Iraq). Fu commissionato da Isa ibn Musa, ricchissimo e potente nipote di al Mansur, che, costretto da Harun al Rashid a rinunciare al califfato, si ritirò nel 778 nelle sue proprietà fuori città e vi costruì il suo castello, un “palazzo fortificato” a pianta rettangolare, circondato da una cinta muraria di m.175X169, alta 17 metri, che aveva funzione difensiva. Surra-man-ra (Samarra. Iraq). “Si allietò chi la vide”. Quelli che seguirono furono anni di cruente lotte per la successione al califfato. Nell’833 al Mutasim diventa califfo e si trasferisce a Bagdad con il suo esercito di schiavi turchi (70.000 uomini). La situazione è difficile; le truppe turche creano disordini; la pianta di Bagdad, perfetta in teoria, presenta in pratica alcune debolezze (prima di tutte l’impossibilità di apportare modifiche ed ampliamenti) che inducono al Mutasim a costruire una nuova capitale, sempre sul Tigri, a un centinaio di chilometri. A queste giustificazioni di carattere pratico se ne aggiunge una di carattere politico: Bagdad, con il suo palazzo califfale al centro di tutto il sistema, era manifestazione di un potere accentratore ed autoritario, difficile da gestire oltre che pericoloso. La nuova città sarebbe stata strutturata in modo che la città regale fosse del tutto indipendente dall’agglomerato civile e commerciale. Anche in questa occasione giunsero persone esperte da ogni dove; si spogliarono chiese ed edifici vari delle loro colonne e dei loro marmi. Invece che svilupparsi intorno ad un centro, la città si sviluppò per agglomerati, circondati da mura difensive, lungo il fiume, per una lunghezza di circa 35 chilometri ed una profondità da due a cinque chilometri. Anche di Samarra, costruita con mattoni crudi, non resta quasi nulla. Doveva essere una città favolosa, ricca di palazzi difesi da mura, circondati da giardini. Vi si accedeva attraverso ingressi monumentali che portavano a sale coperte a cupola. (Risale a questo periodo l’introduzione di una nuova forma architettonica che avrebbe avuto in seguito grande fortuna: il padiglione a chiosco, di forma quadrata o ottagonale, coperto a cupola, costruito in mezzo alla natura, vicino ad un corso d’acqua.) Del “Dar al-Kalifa”, il Palazzo del califfo Mutasim, resta una parte del “Padiglione dell’Imperatore”. La parte meglio conservata è un luogo, forse dedicato alle udienze pubbliche, preceduto da una maestosa scalinata. Alcuni ambienti e un cortile conducono alla sala del trono, forse coperta a cupola, dalla quale si irradiavano quattro ambienti con pianta basilicale a tre navate. Quel che resta non ci permette di gustare le meraviglie di questi palazzi, ci aiuta però a conoscerli il resoconto della visita ufficiale (nel 917) degli ambasciatori bizantini al califfo Muktadir (908/932), redatto nella sua “Storia di Bagdad” da al-Khatib: “Allora fu ordinato che gli ambasciatori venissero condotti in giro per il palazzo. Ora, non c'erano soldati qui, ma solo gli eunuchi e i ciambellani e i paggi negri. Il numero degli 30 eunuchi era di settemila in tutto, quattromila bianchi e tremila negri; anche il numero dei ciambellani era di settemila, e il numero dei paggi negri, a parte gli eunuchi, era di quattromila; occupavano i tetti piani di tutto il palazzo, come anche delle sale dei banchetti. Inoltre erano stati aperti i depositi, e i tesori esposti come si fa con gli abiti d'una sposa; i gioielli del Califfo erano disposti in vassoi, su gradini, e coperti di stoffe di broccato nero. Quando gli ambasciatori entrarono nel palazzo dell' Albero e fissarono gli occhi sull' Albero, il loro sbalordimento fu grande. Vi videro infatti uccelli modellati in argento e che cinguettavano a ogni movimento, appollaiati su un albero d'argento del peso di 500 dirham. Ora, la meraviglia degli ambasciatori fu maggiore al vedere questi che a qualunque altra visione che ebbero. (...) Il numero di tendaggi nei palazzi del califfo era di trentottomila. Erano tende d'oro, di broccato ricamato in oro tutte splendidamente adorne di raffigurazioni di recipienti per bere, e con elefanti e cavalli, cammelli, leoni e uccelli. C'erano anche lunghe tende, sia senza sia con figure, del genere prodotto a Basinna, in Armenia, a Wasit, a Bahasna; anche ricami di Dabik in numero di trentottomila; mentre quanto alle tende di broccato d'oro,descritte prima, esse ammontavano a dodicimila e cinquecento. Il numero dei tappeti e stuoie dei tipi prodotti a Jahram e Darabgird e ad Ad-DawraK era di ventiduemila pezzi; questi erano stesi nei corridoi e nelle corti, spiegati sotto i piedi dei nobili, e gli inviati greci camminarono su tali tappeti per tutto il percorso dal limite della nuova Porta Ufficiale (probabilmente la Bab al-ammah ancora visibile, n.d.a.) fino alla presenza del Califfo – ma questo numero non comprendeva i fini tappetini nelle camere e sale d'assemblea, della manifattura di Tabaristan e Dabik, stesi sopra gli altri tappeti, e questi non erano da calpestare con i piedi. Gli inviati dell'imperatore greco, introdotti dall'atrio della Porta Ufficiale, furono condotti prima al palazzo noto come Khan al-Khayl (la Casa della Cavalleria). Questo era un palazzo che per la massima parte era una corte a peristilio con colonne di marmo. Sul lato destro di questa casa c'erano cinquecento cavalli ognuno bardato d'una sella d'oro e argento, mentre sul lato sinistro c'erano cinquecento cavalli con gualdrappe in broccato e lunghi copriteste; inoltre ogni cavallo era tenuto da un palafreniere magnificamente vestito. Da questo palazzo gli ambasciatori passarono per corridoi e sale, che davano l'una sull'altra, finché entrarono nel Parco delle Belve Feroci. Questo era un palazzo con vari generi di animali selvaggi, che vi entravano dal parco e si avvicinavano ai visitatori, annusandoli e mangiando dalle loro mani. Poi gli inviati uscirono verso il palazzo dove c'erano quattro elefanti bardati in broccato di seta-pavone; e sul dorso di ognuno c'erano otto uomini di Sind, e uomini giavellotto col fuoco, e la loro vista causò molto "'terrore ai greci. Poi arrivarono a un palazzo dove c'erano cento leoni, cinquanta sulla destra e cinquanta sulla sinistra, ogni leone tenuto dal suo guardiano, e con attorno alla testa e al collo catene di ferro. Poi gli inviati passarono a quello che era chiamato il Nuovo Chiosco, che è un palazzo nel mezzo di due giardini. Al centro c'era una pozza artificiale di biacca, attorno a cui scorreva un ruscello di biacca più lucente dell' argento lucido. Questa pozza era di trenta cubitidi lunghezza per venti di larghezza, e attorno a essa erano disposte quattro splendide barche con sedili dorati adorni di ricami di Dabik, e i padiglioni erano zeppi di oreficeria di Dabik.1utto attorno a questa vasca si stendeva un giardino con palmeti, e si dice che il numero delle palme fosse di quattrocento, e l'altezza di ognuna di cinque cubiti. Ora, queste piante erano racchiuse per l'intera altezza, dalla cima alla base, in tek intagliato, e cinte da anelli di rame dorato. E tutte queste palme portavano datteri cresciuti fino in fondo, che non erano del tutto maturi. Attorno ai lati del giardino vi sono anche cedri e anche altri generi di frutti. Gli ambasciatori uscirono da questo palazzo, e poi andarono al palazzo dell' Albero, dove c'è un albero che s'innalza nel mezzo d'una grande pozza circolare piena d'acqua limpida. 31 L'albero ha diciotto rami, e ogni ramo numerosi ramoscelli, sui quali siedono ogni sorta d'uccelli d'oro e argento, grandi e piccoli. La maggior parte dei rami di quest'albero sono d'argento; ma alcuni sono d'oro, e si distendono nell'aria portando foglie di diversi colori. Le foglie dell'albero si muovono al soffio del vento, mentre gli uccelli cinguettano e cantano. A un lato del palazzo, cioè a destra della vasca, vi sono le figure,di quindici cavalieri, montati sulle loro cavalle, e sia uomini che destrieri sono vestiti e bardati in broccato. Nelle loro mani i cavalieri reggono giavellotti dalla lunga asta, e quelli sulla destra sono tutti puntati in una direzione, come se ognuno stesse attaccando il suo avversario, poiché sulla sinistra c'è una fila simile di cavalieri. Poi gli inviati greci entrarono nel palazzo del Paradiso. Qui c'erano tappeti e mobili in tale quantità che non si può descriverli in dettaglio o enumerarli, e attorno alla sala erano appesi diecimila pettorali dorati. Da qui gli ambasciatori proseguirono attraversando un corridoio lungo trecento cubiti, su entrambi i lati del quale erano appesi circa diecimila altri pezzi tra armi, piccoli scudi, elmi, caschi, corazze, cotte di maglia, con faretre e archi decorati. Anche qui erano schierati quasi duemila eunuchi, neri e bianchi, in doppia fila, a destra e sinistra. Poi, alla fine, dopo che agli ambasciatori era stato fatto fare così il giro dei ventitré vari palazzi, vennero introdotti alla Corte dei Novanta. Qui c'erano i paggi della Camera Privata, armati di tutto punto, sontuosamente vestiti, ognuno di mirabile statura. Nelle loro mani portavano spade, piccole asce da battaglia e màzze. Poi gli ambasciatori passarono le linee formate dagli schiavi negri, i viceciambellani, i soldati, i valletti e i figli dei capitribù, finché giunsero di nuovo alla Sala della Presenza. Ora, c'era un gran numero di eunuchi slavi in tutti questi palazzi, che durante la visita furono occupati a offrire a tutti i presenti acqua, raffreddata con neve, da bere; anche bibite ghiacciate di frutta e birra, e alcuni di questi schiavi andavano in giro con gli ambasciatori, ai quali, mentre camminavano o si sedevano per riposarsi in circa sette diversi posti, acqua fu così offerta, e loro bevvero. Infine, giunsero di nuovo alla presenza del Califfo Muktadir, che trovarono nel palazzo della Corona sulla riva del Tigri. Era paludato in abiti di stoffa di Dabik ricamati in oro, seduto su un trono d'ebano ricoperto di stoffa di Dabik similmente ricamata in oro, e sul suo capo era l'alto berretto chiamato galansuwah. Appese alla destra del trono c'erano nove collane, come rosari di preghiera, e alla sinistra ce n'erano altre sette, tutte di famose pietre preziose, la più grande delle quali era di tali dimensioni che il suo splendore eclissava la luce del giorno. Davanti al Califfo stavano in piedi cinque dei suoi figli, tre a destra e due a sinistra. Allora gli ambasciatori, con il loro interprete, si fermarono di fronte a Muktadir, e stettero in piedi in posa di umiltà, con le braccia incrociate". La Grande Moschea di Samarra (realizzata dall’848 all’859 dal califfo al-Mutawakkil, presenta la classica struttura della moschea a sala con cortile: la sua sublime semplicità è enfatizzata dalle dimensioni colossali. Era circondata da due cinte in mattoni realizzate probabilmente per isolare l’edificio dal caos urbano. La cintura esterna misurava m.440X376. Erano stati usati materiali di buona qualità, ma buona parte è scomparsa, perchè i mattoni sono stati riutilizzati per altri scopi. Il muro esterno della moschea (spesso m.2,65) è ornato da pesanti torrioni aggettanti, alti 10 metri, del diametro di metri 3,6. Si aprono nel muro sedici porte, sormontate all’inizio da architravi di legno. La parte muraria è realizzata con bellissimi mattoni rossi, lunghi circa 25 centimetri. L’interno (m.240X156), il più vasto dell’Islam, è ora del tutto vuoto. Non esistono più i pilastri a fascio, di mattoni, stuccati e dipinti a imitazione del marmo, che circondavano il cortile centrale. Non esiste più la sala di preghiera da 25 navate perpendicolari alla quibla. Il soffitto, piatto, in legno di tek, posava direttamente sui pilastri. A ricordo della ricca decorazione esterna restano solo frammenti di mosaici vitrei. Nel mihrab sono state trovate tracce di mosaici dorati. 32 Il Manaret al Malwyia, il minareto della grande Moschea di Al-Matawakkil (848/852) Samarra. Iraq. (H. m.50 sopra lo zoccolo quadrato, largo m.33, alto m.3) La dimensione pesantemente terrena che la Grande Moschea deve al suo aspetto esteriore, aspetto di potente fortificazione, è sublimata dal minareto, esterno, che, tozzo e pesante alla base, va alleggerendosi a mano a mano che la sua forma a spirale si alza verso il cielo: mentre si snoda con lento movimento verso l’alto, il peso della materia di cui è composto “sembra disperdersi nella pura atmosfera”. Il modello ispiratore è la ziggurat della Mesopotamia. La poesia è però tutta islamica: il muezzin esce dalla moschea, sale sulla torre, ne percorre i sette livelli per chiamare i fedeli alla preghiera: è il cammino che l’uomo deve percorrere, la sua ascesa attraverso la religione. Nascono le identità nazionali. Bagdad, Samarra: le corti di cui si parla ovunque per il loro lusso e sfarzo portano a una trasformazione della “cultura” islamica ed all’affermazione di differenti concezioni politicoreligiose. L’Islam delle comunità urbane, vicine alla stretta osservanza della fede, si trova presto a confrontarsi con l’Islam delle corti, aperto, cosmopolita, impegnato ad accettare e giustificare l’autorità del califfo e della corte che lo sostiene. Ci sono ancora i problemi riguardanti la successione che avevano avuto i primi successori dei Quattro Califfi guidati. Ne nascono guerre civili; si arriva al caso estremo di Harun al-Raschid, che sostiene che la natura del Corano è creata e non divina ed è quindi soggetta alla sua autorità. E’ una situazione difficile che porta prima di tutto a una presa di posizione tra la Corte e gli Ubama (studiosi di religione). Nel conflitto è il califfo che risulta sconfitto con notevole perdita della sua autorità: il califfato rappresenta gli interessi politici e amministrativi della comunità; la definizione della fede passa definitivamente nelle mani degli Ubama e dei Sufi (i mistici), che creano una ben definita e forte struttura sociale, anche se priva di un clero come quello occidentale. Un altro grave problema nasce nel momento in cui, per ottenere il califfato, i pretendenti promettono favori e l’ereditarietà delle cariche a coloro che li avrebbero appoggiati. E’ facile immaginare come, con queste premesse, il potere centrale sarebbe stato fortemente compromesso. Per evitare ciò i califfi si creano forze militari estranee agli interessi locali, ricorrendo anche a soldati schiavi (in prevalenza turchi). La scelta risulta buona solo all’inizio. In seguito queste milizie creano seri problemi (pensiamo a qualche episodio che già abbiamo conosciuto a Bagdad). I califfi finiscono con l’essere coinvolti nelle rivalità tra i vari corpi militari; gli alti ufficiali tendono ad esercitare il loro controllo sulla burocrazia civile, ottengono alte cariche amministrative, intervengono nella nomina dei califfi. La crisi del potere centrale non tarda a portare le sue conseguenze: ognuno cerca di ottenere vantaggi personali, a scapito degli interessi dello Stato. Le cariche vengono comperate e vendute. Tutto ciò porta a uno situazione di anarchia che permette che nelle province i comandanti militari, con l’aiuto delle loro milizie, usurpino il potere dei governatori e si rendano indipendenti (per esempio: in Egitto i Tulunidi; in Persia i Saffavidi...) Si inasprisce la disputa Tra Sciiti e Sunniti. La dinastia abbaside, sunnita, è destinata a cadere quando deve confrontasi con lo Sciismo, corrente che riesce ad accattivarsi il popolo con messaggi elementari ma che riescono a fare presa anche sulle persone semplici e che diventano subito una vera arma politica, oltre che religiosa. 33 Nel X secolo, alle dispute religiose si aggiungono le rivolte contadine e beduine, che culminano nel saccheggio della Mecca, operato dai Carmati, intransigenti sciiti. Nell’864, nella Regione Caspica insorgono i Dalaimiti, guerrieri assoldati come mercenari negli eserciti abbasidi, che si ribellano alle persecuzioni di cui sono vittime da parte del governo abbaside, perchè Sciiti. In pochi anni buona parte della Persia cade nelle loro mani e verso il 920 si proclamano indipendenti dal califfo abbaside e danno origine a numerosi “principati personali” in Iraq e in Persia occidentale. 937: viene conquista buona parte della Persia dai Buyidi, sciiti provenienti dalla stessa area, che riescono a mantenere l’indipendenza. 868/905: la disgregazione dell’Impero è ormai inarrestabile. L’Egitto è governato dalla dinastia Tulunide. 800/909: In Tunisia si afferma la dinastia dei Fatidimi, ramo degli Sciiti che nel 969 passano in Egitto, si proclamano gli unici legittimi eredi del Profeta, adottano addirittura il titolo di califfo, in totale rottura con gli Abbasidi. 945: governatori e signori della guerra si ribellano al potere centrale. I Buyidi occupano Bagdad, il cui califfo perde ogni autorità. 1258: La dinastia viene formalmente travolta dai Mongoli, ma di fatto l’impero era già scomparso. Tramonta il sogno di unità del mondo musulmano: restano diverse entità statali, unite dalla fede, dalla lingua, dalla cultura, che hanno però interessi propri, spesso contrastanti. Perde forza la classe dei proprietari terrieri, mentre guadagnano terreno e potere le nuove élites militari di schiavi. Il regresso economico colpisce duramente l’agricoltura e la vita sedentaria, travolge il commercio internazionale. Si salvano la Persia (dove si assiste ad una splendida fioritura della cultura e dell’arte) e la Spagna omayyade. La civiltà araba in Spagna Quando nel 750 viene sterminata la famiglia di Marwan, della tribù degli Omayyadi di Damasco, si salva un solo rappresentante, Abd al-Rahman, che riesce a raggiungere la Tunisia e da qui riesce a passare in Spagna ed a ricevere aiuti dai “Cavalieri dell’Islam” (dodicimila Berberi provenienti dall’Africa del Nord, che, guidati da Tarik, avevano attraversato lo Stretto di Gibilterra, Jebel al-TariK) e, senza quasi avere incontrato resistenza, riesce ad occupare la parte della Spagna che era sottomessa ai Visigoti. Non era forse intenzione dei Cavalieri dell’Islam raggiungere un tanto grande successo; forse avevano pensato solo a un’incursione, ma la loro impresa si risolse in un’occupazione permanente. E’ difficile pensare che i Cristiani di Spagna si siano lasciati così facilmente sottomettere dagli Arabi, ma la Spagna si trovava all’epoca in una situazione particolarmente grave. Aveva cominciato ad avere problemi già dalla fine del VII secolo, a causa di una serie di colpi di stato: Diventata dominio dei Visigoti, era all’epoca dilaniata dalla guerra civile tra due contendenti, Roderico e Akhila. Questi, rifugiatosi a Ceuta, sulla costa africana dello Stretto di Gibilterra, ottiene aiuti dal governatore della città, che gli consiglia di reclutare forze musulmane nella lotta contro Roderico. E’ dunque un re Visigoto che apre le porte della Spagna alle truppe dell’Islam. Nel medesimo tempo gli Ebrei, comunità perseguitata in Spagna ma in contatto con i loro correligionari nel Nord Africa, incitano le truppe berbere a superare lo stretto di mare. E Tarik, governatore di Tangeri, luogotenente dell’arabo Mussa, attraversa lo stretto ed arriva nella provincia di Cadige. 34 A seguito di varie vicende, l’esercito musulmano riporta una vittoria schiacciante. Tarik continua la sua avanzata verso Nord, assoggetta Cordova, nel 712 entra in trionfo a Toledo, la capitale dei Visigoti, sottomette parte delle Asturie e della Galizia. Nel frattempo anche Mussa, con i suoi uomini aveva conquistato Merida e altre città importanti della Penisola Iberica. Nel 714 tutta la Spagna è sotto il dominio degli Arabi, che la chiamano Al Andalus e la dominano per circa otto secoli. La Moschea di Cordova (sulla riva nord del Guadalquivir). Abd ar Rahman regna 32 anni. A lui spetta la gloria di avere iniziato la costruzione della Moschea di Cordova, destinata a diventare un capolavoro dell’architettura musulmana classica. Nella prima versione la Moschea presenta: - pianta quadrata con lato di m.70 (superficie mq. 5.000ca) - con sala bislunga (secondo la tradizione islamica) preceduta da cortile - sala ipostila comprendente 11 navate con arcate perpendicolari al muro della quibla - spazio diviso in dodici campate che poggiano su 110 colonne di spoglio (visigote) Nella facciata sul cortile, retta da massicci pilastri, grandi aperture permettono alla luce di entrare nella sala di preghiera (che ha soffitto ligneo). Durante il regno di Abd ar-Rachman II (822/852) viene realizzato un primo ampliamento: - il numero delle colonne è portato a 200; la kibla è spostata verso sud-ovest, per darle il giusto orientamento verso la Kaaba. - Il numero delle navate resta immutato. Abd ar-Rachman III (912/961) si proclama califfo nel 929 - ingrandisce la navata verso sud-est - fa costruire un minareto alto m.34 L’aspetto quasi definitivo viene dato alla moschea dal califfo al –Hakam II (961/976): - la sala di preghiera, prima bislunga, viene trasformata in sala longitudinale. E’ sempre larga m. 70, ora però è lunga m.115 e presenta 320 colonne. - Vengono realizzati nuovi portali sul lato della sala della preghiera - Le campate, che sono coronate da merlature, conferiscono aspetto difensivo all’edificio - religioso. - Le porte laterali presentano decorazione caratteristica dell’Arte musulmana di Spagna: - Archi leggermente a ferro di cavallo, a larghi conci - Le finestre sono polilobate con claustra in marmo. - Fanno da corona alle porte fregi riccamente decorati, con arcate intrecciate, che poggiano su colonnine di marmo. - Sulle pareti osserviamo motivi geometrici, in mattoni, e festoni cesellati sulla pietra. Sui capitelli traforati poggiano le imposte che sostengono archi a ferro di cavallo. La sala, decorata con motivi dipinti e decorati, ha copertura a capriate. Colonne di marmo sostengono un sistema di archi sovrapposti (ispirati dall’acquedotto romano di Merida?). La copertura della “maksura” (il recinto che precede il mirhab principale, il luogo più sacro della Moschea, il luogo dove il sovrano assiste alla preghiera) è l’elemento più interessante dal punto di vista architettonico. Ha schema ottagonale, con diametro di m.6. Otto archi si incrociano per sostenere una cupola a costoloni. Questi archi seguono il tracciato di due quadrati che si intersecano con una rotazione di 45 gradi. La copertura è elaborata: è rivestita di mosaici a fondo dorato, opera di artisti bizantini, E’ un’arte sempre più astratta, a causa delle varie crisi iconoclaste a Bisanzio. 35 Anche nella cupola principale che precede il mirhab della Grande Moschea il sistema degli archi incrociati si basa sullo schema tradizionale dei due quadrati che si intersecano con un angolo di 45 gradi. Nel mihrab di al-Hakam II un grande arco a ferro di cavallo precede la nicchia situata dietro la kibla. Si tratta di una evoluzione del mihrab. La città palatina di Madinat al Zahra, la città- palazzo, a cinque chilometri da Cordova, creata da Abd ar-Rachman III a partire dal 936, è dedicata a Zahra, la preferita. Possiamo conoscere la città-palazzo, che copre una superficie di 112 ettari, attraverso testi di scrittori arabi. Al Maqqari (morto nel 1632), compilatore di cronache medioevali, scrive che per il cantiere di Madinat al-Zahra venivano quotidianamente usati 6.000 blocchi di pietra da taglio, trasportati da 800 cammelli e 1000 muli. Per la costruzione del palazzo venne stanziata una somma annua di 300.000 dinar (l’equivalente, al corso dell’oro, di mezzo miliardo di dollari attuali). Con la costruzione della sua città-palazzo Abd ar-Rachman III seguì la consuetudine tipica del mondo islamico orientale, quella cioè di fondare un nuovo nucleo urbano, adeguato al suo stato ed alla sua dignità. La città venne disegnata ai piedi della Sierra Morena, in un paesaggio molto attraente: la disposizione a terrazze dei suoi edifici deriva dalla necessità di adattare l’architettura all’orografia della zona. Le piattaforme superiori ospitavano l’alcàzar, cioè il palazzo vero e proprio; quelle inferiori i caseggiati e la moschea principale. Torniamo a Abd al Rahman. Dopo la stage degli Omayyadi, anche la Spagna resta priva del suo emiro. Abd al Rahman (Abd al Rachman I) riesce nel 756 a farsi nominare emiro di tutta la Spagna. Grazie a un esercito di mercenari provenienti dal Nord dei Pirenei riesce a soffocare insurrezioni sorte all’interno del suo regno, fonda Cordova, destinata a diventare una delle città più splendide della sua epoca, favorisce agricoltura e commerci. Abd al Rahman II (822/852) accentra l’amministrazione e istituisce monopoli di stato. Tramite organismi di controllo delle attività mercantili e dell’allevamento rafforza le finanze dello stato. Durante il suo regno notevole è lo sviluppo della cultura. Abd al Rahman III (912/961) consolida il potere centrale e l’esercito, valendosi di prigionieri europei e slavi e mercenari berberi, perfeziona il sistema fiscale e giudiziario e mette sotto il controllo del governo le numerose donazioni religiose e le ricchissime fondazioni pie. Nel 929 assume il titolo di califfo, sia per dare legittimazione assoluta al suo potere, sia per contrastare le pericolose mire espansionistiche dei Fatimidi, che tendevano a controllare tutto il Nord Africa. Seguendo l’esempio dei suoi predecessori amplia la Moschea di Cordova e fa costruire il suo meraviglioso minareto; costruisce la “sua città palazzo”, Medinat az –Zahra, in onore della sua favorita. Sotto il suo lunghissimo regno e sotto quello di al Hakam (961/976), la vita culturale delle classi elevate si sviluppa in modo esaltante, specie nel campo della poesia lirica, nella quale sembra siano addirittura anticipati i temi cortesi e popolari della poesia trobadorica. Riceve grande impulso anche la letteratura scientifica medica e filosofica: nel X secolo grazie a traduttori ebrei compaiono le prime versioni latine dall’arabo di testi di geometria e astronomia. Così al –Maqqari nel XVI secolo, nell’Analectes, descrive Cordova: “Non parlarmi della corte di Bagdad e della sua splendida magnificenza, non vantare i molteplici meriti della Persia e della Cina, poiché non v’è luogo come Cordova su tutta la Terra...” Nel X secolo i geografi arabi definiscono Cordova “Madre delle città, sede della scienza, rifugio della Sunna.” 36 Il comportamento dei principi omayyadi crea però tumulti nel popolo che li accusa di scarsa coerenza con i precetti del Corano. Per legittimare il loro potere i principi omayyadi si avvalgono di dotti giuristi e uomini di fede che finiscono con l’ingerirsi negli affari del governo. La costruzione della Grande Moschea di Cordova si protrae per due secoli: La prima moschea, opera di abd al Rahman I, finita tra il 784 e il 786, venne probabilmente costruita su un’antica chiesa visigota. Ispirata alla Moschea al –Aqsa di Gerusalemme, aveva forma quadrata, presentava undici navate assiali alla quibla, delle quali la centrale era più larga. Tra l’833 e l’852 al –Rahman II prolunga l’edificio costruendo una nuova quibla. Al –Rahman III allarga il cortile (sahn) e costruisce il minareto. Nel 961, dopo avere ottenuto il califfato, al Hakam II, fa prolungare la moschea di dodici campate, fa costruire la cupola nota come “Capilla de Villaviciosa”, realizza il mihrab con le tre cupole e la quibla. Al Hakam fu un califfo molto colto. Creò presso la sua corte un famoso circolo di poeti e letterati. All’interno dell’Alcazar di Cordova, Al Hakam fece costruire una grandiosa biblioteca, che nel momento di massimo splendore giunse a contenere 400.000 manoscritti. Il solo “indice dei testi” riempiva quarantaquattro registri di 50 fogli ciascuno. Il suo successore, Al Mansur eliminò tutti i testi che riteneva “in contrasto” con le rigorose dottrine religiose Islamiche. La biblioteca fu inoltre danneggiata gravemente nel 1033, quando il Califfato Omayyade fu sconfitto ed eliminato. Nonostante queste traversie la biblioteca rimase per molti secoli centro di studi, divenendo un vero e proprio laboratori culturale. Il più famoso frequentatore della biblioteca fu Averroè (Cordova 1126, Marrakesh 1198). Al –Mansur, scaltro ministro che in realtà detiene il potere, completa l’opera di costruzione della Grande Moschea, aggiungendo verso est otto navate parallele alle precedenti. Amplia il sahn, che, a imitazione del Paradiso, è ricco di piante, ombroso e profumato. A lui si deve anche il recinto della maqsura. L’attuale aspetto esterno della Moschea è quello originale e presenta quindi grande unità compositiva. La muraglia, grande e possente, è scandita da contrafforti di dimensioni variabili a seconda delle spinte che devono reggere. Tra i contrafforti si inseriscono gli ingressi. La porta meridionale (probabile modello per tutte le altre) è divisa in due livelli: - quello inferiore, funzionale, è di nuda pietra da taglio, ben lavorata, ma priva di decorazioni. I battenti sono stati sostituiti. - al livello superiore è affidato il compito di “aprire la mente” per “accedere al mondo delle idee”, al Paradiso, che può essere ammirato e compreso solo da chi ha “occhi per vedere, cuore per capire”. Alla “comprensione” può condurci, come già abbiamo visto, lo studio della geometria. L’arco è inquadrato da una cornice, ”l’alfiz”. Ai lati si aprono due finestre, con claustra in marmo (in una con il motivo dell’esagono, l’altra con quello del quadrato). Ai fianchi delle finestre sono colonnette sovrastate da un arco polilobato. Tutta la parete è decorata da raffinati motivi geometrici, scanditi dall’avanzare ed arretrare delle superfici, “arricchite dal calore dalle vibrazioni cromatiche e dal tremolio del gioco chiaroscurale degli stucchi.” Interno: Circa 900 colonne, articolate in uno schema solo apparentemente semplice. La diversa provenienza (Costantinopoli e Cartagine,) e il fatto che si tratta in buona parte di materiale di recupero hanno probabilmente suggerito di adottare l’ingegnoso sistema messo in opera dai Romani nella costruzione di alcuni acquedotti (Merida in Spagna), 37 quello di utilizzare due ordini di archi sovrapposti, uno a ferro di cavallo, più basso, sotto, l’altro a tutto sesto. Il risultato è esteticamente perfetto: la colonna portante l’arco a ferro di cavallo è rotonda, semplice e leggera. Sopra il capitello un pulvino a forma rettangolare diviene la base di un pilastro rettangolare su cui poggia l’arco superiore a tutto sesto, molto più largo di quello sottostante. I conci di ambedue gli archi, alternativamente bianchi e rossi, riflettendo in maniera diversa luce che penetra dalle finestre, alleggeriscono le pesanti sovrastrutture fino quasi a smaterializzarle. L’effetto è quello di una selva di alberi che alzano al cielo aperto i loro rami. Il periodo di benessere e tranquillità interna che godette l’Andalusia durante il califfato omayyade in Spagna non portò solo alla costruzione della Grande Moschea di Cordova, ma anche di molte altre, di dimensioni minori, ma di altrettanto notevole valore artistico. La maggior parte è andata distrutta. Rimane, come esempio: Cristo de la Luz, a Toledo (all’origine piccola moschea privata, trasformata in chiesa cristiana, con l’aggiunta di un’abside, nel 1187). Un’iscrizione indica la data della costruzione (999/1000) ed il nome del patrono e dell’architetto. E’ un piccolo edificio di mattoni, di otto metri circa di lato (l’uso dei mattoni richiama la costruzione delle prime moschee in Mesopotamia). La facciata a due piani, le arcate interne, gli archi plurilobati ce la presentano come una minicopia della Grande Moschea di Cordova. La zona interna (lo spazio dedicato alla preghiera) è divisa da colonne in nove aree (più o meno quadrate), ognuna ornata dalla sua cupola. Tutta la struttura dà l’impressione che l’edificio sacro non sia orientato in una particolare direzione e che quindi riproponga esiti dell’architettura religiosa bizantina, ma il mihrab, le tre insenature della quibla e la sistemazione delle cupole accennano alla struttura sia della Moschea di Cordova, sia di Madinat al -Zahra. Almeria era in origine solo il sobborgo marittimo di Pechina, fiorente repubblica marittima nel IX secolo, finita sotto gli Omayyadi nel 922. Abd ar.- Rahman III, nel 955, fece costruire un muro intorno ad Almeria e ridusse Pechina a semplice sobborgo. In questo stesso periodo venne costruita la Grande Moschea (oggi Chiesa di San Giovanni). L’edificio presentava probabilmente in origine una navata principale e due secondarie, che furono allargate durante l’XI secolo. Resta la quibla, dietro archi costruiti nel XVII secolo. Il mihrab è quello originale. Nel periodo Almohade fu coperto con una decorazione a stucco che è attualmente l’elemento di maggiore attrazione. Siviglia. Nel XII secolo Siviglia diventò la ricchissima capitale degli Almohadi in Andalusia. Furono create importanti opere architettoniche, come la Grande Moschea, purtroppo quasi del tutto scomparsa dopo la trasformazione in chiesa cristiana. Si è salvato, anche se molto alterato, il minareto, noto come Giralda, ed alcune infrastrutture militari (la Torre del oro). Siviglia fu la residenza preferita di Yacub al –Mansur, che ristrutturò lo splendido palazzo califfale. Nel 1300, Pietro il Crudele, nella sua ristrutturazione della città, ha risparmiato poco dell’architettura islamica. Resta il Patio del Ieso, che era il portico laterale di un cortilegiardino, reso prezioso da raffinati movimenti di acque. In questa pregevole opera scompare la severità almohade, per lasciare il posto alla raffinatezza ed alla espressione della gioia di vivere. Granada. Un esule, durante il suo esilio, così ricorda Granada: 38 “Né le splendide città di Cairo o Damasco, né la favolosa Bagdad possono reggere il confronto con la città di Granada. Granada è la Sposa “svelata”, le altre sono soltanto le damigelle d’onore. “Questa città, sulla quale la misericordia di Dio brilla, è il balcone sulla valle del fiume Vega. Da qui si possono ammirare i meandri del fiume che scorrono tra cespugli e prati di color smeraldo”. Sono considerazioni suggerite dalla nostalgia, dobbiamo però riconoscere che anche ora Granada è una deliziosa oasi, in un paesaggio montuoso. Cominciò ad essere città importante nell’XI secolo, quando fu costruita l’Alhambra (al – qal’a al hamra: la cittadella rossa), la città-palazzo (come Madinat al -Zahra), anche se la sua struttura architettonica (che la rende simile a una fortezza) e la sua posizione (che la rende inespugnabile) fanno pensare piuttosto ad una fortezza medievale. Ha una superficie di m.720X220 sulla Sierra Nevada; somiglia a “una grande nave ancorata tra la montagna e la pianura” (L.Torres Barbas) Le mura, dotate di 23 porte e quattro entrate, circondavano sette palazzi, abitazioni per famiglie di tutte le classi sociali, uffici di ogni genere, la Zecca Reale, moschee pubbliche e private, botteghe, prigioni, bagni pubblici e privati, la Necropoli reale, giardini, torri per la difesa, la residenza estiva (il Generalife).... L’Alhambra si divideva in “città alta” e “città bassa”, unite tra loro da un asse longitudinale (attualmente Calle Real e Calle Real Baja). Il Sultanato di Granada è stato l’ultimo rifugio dell’Islam spagnolo nella Penisola Iberica, e l’Alhambra ne è stato l’orgoglio e la gioia. Gli stessi re cattolici, dopo la riconquista, non hanno distrutto nulla. Lo stesso Carlo V, che pure volle per sé un maestoso, pesante palazzo nella città –palazzo preesistente, non osò distruggere niente. Dopo secoli durante i quali non è stato dimostrato alcun interesse per questo gioiello, solo circa cento anni fa ha cominciato a venire alla luce la storia dell’Alhambra e gli scavi continuano a rivelare dettagli e misteri. Mohammed I visitò Zirid Alcabaza dopo avere occupato Granada ed ordinò subito la costruzione di un sistema di rifornimento di acque tutto intorno al muro di cinta. Durante il regno del figlio, Mohammed II, furono costruite la Torre delle Signore e la Torre merlata. Mohammed III (1302/9) fece costruire la Moschea del Venerdì (sul territorio dove si trova attualmente la Chiesa di Santa Maria) ed i bagni pubblici che si trovano lì vicino, oltre a una Porta ed al Palazzo Partal. Si deve a lui anche la Piccola Moschea che prende nome da Yusuf I. Furono costruite, o piuttosto ricostruite, sotto Yusuf I le porte “de Las Armas”, “de la Justicia”, “de Siete Suelos”, le torri “del Candil”, “de la Cautiva”, “de Machuca”, “de Comares” (nella quale si trova la “Sala degli Ambasciatori”. La Sala del trono di Yusuf è una delle meraviglie dell’Alhambra. Di fronte a questa la “Sala della Barca” (da Baraka = benedetta) si apre sul portico della “Corte del Mirto”, conosciuta anche come La “Corte Alberca” (la “Corte della Piscina” da “al –birka”, piscina: (m.34,7X7,5) nella quale si riflettono le pareti che ha intorno. Scopo di questo piscina interna, come di quella in Madinat ar –Zahara, è quello di abbellire con i riflessi pareti ed edifici circostanti). Ad est di questa si trova il bagno privato di Yusuf, collegato con il Palazzo di Mohammed; al centro del Palazzo c’è la Corte dei Leoni, dove si trova una fontana ornata da dodici leoni di pietra (opera che si pensa debba essere datata all’XI secolo). Anche poche immagini sono sufficienti a rendere la ricchezza, lo splendore dell’Alhambra, cittadella fortificata ed insieme prestigioso palazzo. 39 Partal Palace. Il Palazzo, che sembra non aver mai avuto un patio, è quasi una anticamera della Torre de las Damas. Probabilmente costruito da Mohammed III, è il più antico degli edifici dell’Alhambra che ci restano. Soffitto di legno inciso e dipinto nella Galleria del Partal. Facciata interna della Puerta del Vino: Una della Porte principali; costruita da Mohammed III; decorata sotto Mohammed V. Effetto dei colori dovuto ai mattoni rossi ed al blu e bianco della decorazione in ceramica faenza. Cupola della Sala de las Dos Hermanas. Le muqarnas nella cupola sono sistemate secondo un sistema geometrico che parte da una stella centrale. Le volte che sembrano gravare sull’anello di luce che entra dalle finestre hanno una funzione del tutto decorativa: sono state fatte e fissate su un sostegno di legno per mezzo di invisibili corde. Cuarto Dorado, parete sud. Palazzo delle Comares. La porta a destra dava accesso alla suite del Sultano, quella a sinistra, dopo molte giravolte, al Palazzo delle Comares. E’ uno degli esempi più notevoli dell’architettura Nasrid. La decorazione - faience (ceramica), stucco e legno- copre l’intera superficie ed è il momento culminante di un’estetica votata a creare sottili, austere, raffinate armonie. Soffitto di legno della Sala delle Comares. Capolavoro di intarsio del XII secolo, è stato per secoli modello per l’Arte moresca e mudejar per i soffitti dei saloni di rappresentanza. E’ formato da ben 8000 pannelli poligonali di legno. E’ una rappresentazione del cielo stellato, ma vuole anche rappresentare i sette cieli della letteratura escatologica islamica (che si riferisce al destino estremo dell’uomo e della natura). La cupola vuole essere qui un’immagine del trono di Dio, che domina ed osserva tutta la creazione. La Alberca (o Corte del Mirto). Vediamo a Nord della Corte la Torre delle Comares, il portico e la Sala della Barca. La Torre delle Comares è la più massiccia delle torri dell’Alhambra. Si trovano al suo interno la Sala degli Ambasciatori e la sala dei ricevimenti ufficiali di Yusuf La Corte dei Leoni. Il palazzo fu costruito nel momento del massimo splendore del sultanato Nasride, da Mohammed V, nella seconda metà del XIV secolo. La Corte dei Leoni è il cuore del palazzo e ricorda, se pur con varianti, il classico patio delle case dell’Andalusia. La corte oblunga (un giardino in passato) è circondata da una galleria colonnata (colonne singole, a due a due o a tre a tre, la cui composizione non è arbitraria, ma anzi è dettata dal desiderio di dare al patio un’armoniosa prospettiva ). La fontana centrale è ornata da statue di leoni. Le snelle colonne conferiscono alla sala grande verticalità. La sensazione di verticalità è aumentata dagli abachi (gli elementi a forma quadrangolare posti tra il capitello e l’architrave), dai blocchi delle imposte, dalle muqarnas. Cupola dipinta: Tutte tre le alcove della Sala del Re presentano dipinti su cuoio che si pensa siano stati commissionati a artisti cristiani da Mohammed V. In questo è presentato un gruppo di dieci dignitari, che si pensa possano essere i regnanti della dinastia Nasrid (cosa improbabile secondo alcuni studiosi). Sala de Los Reyes, conosciuta anche come Sala de la Justicia. Si trova nella zona est della Corte dei Leoni. Gli archi, decorati con muqarnas, conferiscono grande profondità alla sala. Patio de la Acequia nel Generalife: Giardino lungo, con fontane al centro. Facciata del Corral del Carbon. Al centro della città di Granada, vicino al suq ed alla Grande Moschea, nel quartiere antico della città, si trova questo funduq, una specie di osteria, del XIV secolo. L’interno è stato quasi del tutto distrutto, ma la facciata esterna, costruita con buoni mattoni, è ben conservata. La Alcazaba, quartiere fortificato, è la parte più antica dell’Alhambra. Presenta al suo interno le rovine di una zona abitata, il Barrio castrense (quartiere militare) formato un tempo da diciassette abitazioni, un bagno pubblico, un negozio, baracche e stalle. 40