Non si guarisce, ma si cura

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PARKINSON
Benché la causa precisa
di questo disturbo
non sia stata identificata,
si può fare molto
per migliorare i sintomi
e la qualità della vita.
Non
si guarisce,
ma si cura
test salute 84 Febbraio 2010
Tutto inizia con un insieme di
sensazioni non sempre facili da
definire: un senso di rigidità degli
arti, un rallentamento dei movimenti, tremori (soprattutto alle
mani). La diagnosi non è facile,
perché si tratta di sintomi variabili
e sfuggenti, comuni anche ad altri
disturbi. Ci vuole un neurologo
esperto per arrivare a una diagnosi
di malattia di Parkinson.
Con questo nome si indica un
disturbo neurologico degenerativo, cronico e progressivo. Non è
una normale conseguenza della
vecchiaia. Di solito si manifesta
intorno ai 60 anni, ma ci si può
ammalare anche prima: in un
34
Le stime sulla
diffusione
variano
tra 60 e 234
casi ogni
100.000
persone
PER SAPERNE DI PIÙ
AIP
Associazione italiana parkinsoniani
Fondazione Grigioni per il morbo di Parkinson
+39 02 66713111 - 66710423 www.parkinson.it
LIMPE
Lega italiana per la lotta contro la malattia di Parkinson, le sindromi
extrapiramidali e le demenze +39 06 99341123 www.limpe.it
Parkinson Italia
Confederazione Associazioni Italiane Parkinson e Parkinsonismi
(onlus) + 39 02 36554377 www.parkinson-italia.it
caso su dieci accade intorno ai
quarant’anni.
La malattia colpisce principalmente il movimento, e nel tempo
provoca altri disturbi, portando a
una forte disabilità e alla perdita
dell’autosufficienza. Una cura risolutiva a oggi non esiste, ma si può
fare molto per controllare i sintomi
e consentire al paziente di condurre una vita comunque di qualità.
Un insieme di cause
Benché il meccanismo biologico
che porta al Parkinson, la degenerazione di alcune cellule nervose
nel cervello, sia stato identificato (vedi disegni alle pagine 35 e
37), non se ne conoscono ancora
le cause. Ma il mondo scientifico
concorda sul fatto che non si possa
parlare di un’unica origine, ma di
un’interazione tra fattori ambientali (cioè stile di vita, esposizione
a inquinanti, traumi e infezioni
passate) e predisposizioni genetiche, che possono avere un ruolo
maggiore nei casi in cui la malattia si presenta in età giovanile. Esistono, infatti, rare forme ereditarie
di malattia di Parkinson dovute
alla trasmissione di specifici geni
mutati. Quale sia il vero ruolo di
queste mutazioni nella malattia di
Parkinson classica è ancora oggetto di ricerca.
La diagnosi
La diagnosi si basa principalmente sullo studio dei sintomi eseguito
da un neurologo esperto, attraverso test neurologici. Lo specialista,
nel primo incontro, deve farsi raccontare tutto sulla storia clinica e
lo stile di vita del paziente: lavori
svolti, abitudini alimentari, sintomi presenti e passati, casi di
Parkinson in famiglia. Questo è
fondamentale per arrivare a una
diagnosi corretta.
Per formulare la diagnosi ci devono essere almeno due dei tre
sintomi caratteristici: tremore, rigidità, lentezza. I tempi e il modo
in cui si presentano sono elementi
importanti per arrivare al giudizio
finale, così come una buona risposta al trattamento farmacologico.
Arrivare a una diagnosi corretta è
importantissimo, perché esistono
SINTOMI PIÙ CARATTERISTICI
I sintomi caratteristici della malattia di Parkinson sono
tre: il tremore a riposo, la rigidità e la lentezza nei movimenti (il termine tecnico è bradicinesia). Ci sono poi
disturbi dell’equilibrio e dell’andatura, che in generale
compaiono più tardi. Possono esserci anche problemi
del sonno, diminuzione dell’olfatto, vertigini, abbassamenti di pressione, problemi di incontinenza urinaria,
depressione e nel 40% dei pazienti può comparire la
demenza.
1
Tremore a riposo. Si verifica quando i muscoli
sono rilassati, mentre si attenua quando si è in
movimento e scompare durante il sonno. Il tremore è evidente soprattutto a livello delle mani
(in generale il problema inizia da una mano sola);
è più lento rispetto a tremori di origine diversa
e cresce se c’è affaticamento oppure tensione
emotiva. Uno dei segni più tipici è il cosiddetto
“pill rolling”: la mano, a riposo, si muove come
se una persona roteasse di continuo una pillola
tra l’indice e il pollice.
2
3
Rigidità. La persona colpita si sente legata, rallentata nel fare i movimenti quotidiani. C’è un
aumento del tono muscolare, cioè i muscoli tendono a rimanere più contratti.
Lentezza dei movimenti. È un sintomo caratteristico, che peggiora con il progredire della
malattia. Si ha soprattutto difficoltà a iniziare
il movimento (per esempio non si riesce ad alzarsi da una sedia), una riduzione dell’ ampiezza
(per esempio i passi si accorciano) e un rallentamento nella velocità di esecuzione di movimenti (scendere dalla macchina, vestirsi...). Con il
progredire della malattia questo sintomo porta
anche a una riduzione dell’espressività facciale
e della capacità di parlare e di scrivere.
alcune malattie, dette parkinsonismi, che hanno sintomi sovrapponibili a quelli del Parkinson, ma
che sono diverse e vanno curate in
modo differente.
Le cause biologiche della malattia
Corpo striato
Via nigro-striatale
Encefalo
Tronco cerebrale
I neuroni della sostanza
nera inviano segnali
ai neuroni del corpo
striato tramite
la dopamina,
un neurotrasmettitore.
Per cause ancora non
pienamente conosciute,
i neuroni della sostanza
nera che producono
dopamina muoiono
un po’ alla volta:
questo comporta
il malfunzionamento
della specifica via
nervosa e di tutto
il circuito a valle, che
controlla il movimento.
Sostanza nera
Contro i sintomi:
farmaci e non solo
Fässler
Alla base della malattia di Parkinson
c’è la mancanza di dialogo tra i neuroni
che compongono la via nigrostriatale, una via nervosa
che regola il movimento
del corpo.
A oggi, non esiste cura in grado di
guarire o bloccare la malattia di
Parkinson. Le terapie a disposizione, sia farmacologiche che chirurgiche, servono a controllare i sintomi, recuperare il più possibile la
capacità motoria e a migliorare la
qualità di vita.
■ Farmaci. Dato che alla base dei
problemi di movimento legati alla
malattia c’è una carenza di dopamina, la terapia farmacologica,
comune a tutti i pazienti, consiste
nel prendere medicinali che ripristinino nell’organismo i livelli di
dopamina corretti. Si ricorre a levodopa, un farmaco che nell’organismo si trasforma in dopamina, o
a farmaci agonisti della dopamina,
cioè che stimolano i recettori della dopamina, aumentando l’effetto
di quella presente nell’organismo
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test salute 84 Febbraio 2010
3
TREMORE, RIGIDITÀ, LENTEZZA
35
PARKINSON
GIANNI PEZZOLI,
direttore Centro Parkinson degli ICP di Milano,
presidente Associazione italiana parkinsoniani.
Lo stress peggiora
l’evoluzione del disturbo
Il paziente
deve collaborare,
cercando
di accettare
la malattia e seguire
le indicazioni.
Cosa fare davanti al sospetto
di malattia di Parkinson?
La prima regola è: non tutto il
tremore è Parkinson. Molti si rivolgono a noi per tremori, scambiati per tremori di Parkinson, e
che poi invece non lo sono. Un
sintomo che non può mancare è
la bradicinesia (lentezza di movimento), che si valuta con test
specifici. La prima cosa da fare
è consultare il proprio medico di
base e, se il sospetto è confermato, cercare un neurologo, meglio
se superspecialista, vale a dire
un neurologo che si occupi prevalentemente di Parkinson.
Cosa chiede al paziente, qual è
il suo ruolo?
Il paziente deve collaborare fin
test salute 84 Febbraio 2010
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(vedi anche lo schema a pagina
37). La cura farmacologica ottiene
buoni risultati nel controllare i sintomi, ma col tempo provoca alcuni
effetti indesiderati che costringono
a correggere la terapia. Inoltre tende a perdere efficacia.
■ Intervento chirurgico. In alcuni
casi, quando gli effetti indesiderati
dalla diagnosi. Il racconto preciso della propria storia, nel
primo incontro con il medico, è
fondamentale. Dal punto di vista
psicologico il paziente deve poi
accettare la malattia. È la cosa
più difficile, soprattutto se si è
giovani. Spesso i pazienti cercano di trasmettere al medico il
messaggio: “Mi dia tutti i farmaci
che servono, ma non mi dica che
ho il Parkinson”. Invece è fondamentale accettare la malattia
e collaborare. Bisogna seguire
le indicazioni dello specialista:
lavorare meno, mai superare la
soglia della stanchezza. Si deve
vivere bene e serenamente, ma
non inseguire chimere fallaci.
Questa malattia evolve: se ci
stressiamo eccessivamente, evolve più velocemente. Infine, seguire con precisione la terapia.
E il ruolo dei parenti?
Si tratta sicuramente di una
malattia che coinvolge anche i
parenti o chi aiuta il malato. Ci
sono consigli precisi: l’impegno
con la persona malata non deve
essere di 24 ore al giorno, ci si
sono gravi e la risposta al farmaco è
insufficiente, è possibile effettuare
un intervento chirurgico in cui vengono impiantati elettrodi in nuclei
specifici del cervello, per stimolare
le aree coinvolte dalla malattia. Si
tratta della cosiddetta stimolazione
cerebrale profonda: come avviene
per chi ha un pace maker cardiaco,
Sono coinvolti
anche
i parenti,
che però
non devono
farsi assorbire
totalmente
dalle cure
deve mantenere propri spazi liberi per lo svago e una vita autonoma. Questo va a favore anche
del paziente.
Cosa pensa della stimolazione
cerebrale profonda?
È un procedimento ben collaudato, che si esegue nell’1-2% dei
pazienti. È indicato in particolare per chi ha la malattia da 10-15
anni, con movimenti involontari
causati dai farmaci, e non riesce
più a controllare i sintomi con la
terapia farmacologia. Il trattamento è valido, il successo è tanto maggiore quanto più giovane
è il paziente e quanto più bravo è
il neurochirurgo nel posizionare
gli elettrodi. In buone mani, questo intervento riporta indietro di
molti anni il paziente: si riducono
i movimenti involontari e i sintomi in generale, solo raramente ci
sono effetti indesiderati.
anche in questo caso il paziente
dopo l’intervento vive con un apparecchio innestato nell’organismo.
L’intervento permette al paziente di
recuperare gran parte del controllo
del movimento, ridurre la terapia
farmacologica e con essa gli effetti
indesiderati. Si tratta comunque di
una procedura pesante, che com-
SINTOMI SIMILI
IL TREMORE PUÒ AVERE UN’ALTRA ORIGINE
Non tutti i tremori sono riconducibili alla malattia di Parkinson. Esistono tremori fisiologici e
patologici, legati a situazioni diverse.
Il tremore fisiologico è quello delle persone sane, quello che vediamo stendendo per un periodo lungo di tempo braccia e mani. È leggero e aumenta con con lo stress fisico ed emotivo.
Un tremore patologico è invece il cosiddetto “tremore essenziale”, un disordine neurologico più frequente della malattia di Parkinson. È un tremore più forte e si presenta quando si
compie un movimento volontario e scompare a riposo. Non si accompagna ad altri sintomi,
compare presto in entrambi i lati del corpo e peggiora con l’invecchiamento, tanto da essere
erroneamente considerato un tremore senile. Il ruolo della predisposizione di famiglia in
questo caso è più forte che nel Parkinson.
Un tremore non fisiologico può comparire anche in alcune condizioni (come l’ipertiroidismo) o essere legato a traumi e malattie neurologiche e psichiatriche o a seguito
dell’utilizzo di farmaci.
´
´
´
Livelli di dopamina con e senza Parkinson
SITUAZIONE NORMALE
Neuroni
Neurotrasmettitore
m
mettitore
dopamina
Neuroni
Neu
e ron
r i
recettori
recett
rec
ettori
ori
venti per alleviare tutti i disturbi
che rendono difficile la vita della
persona malata di Parkinson.
■ Fisioterapia. Innanzitutto può
essere utile la fisioterapia. Non
influisce sui tremori né rallenta il
progredire della malattia, ma aiuta
a migliorare la sicurezza e l’autonomia nel movimento, a evitare i
dolori osteo-articolari dovuti alla
postura sbagliata ed è un buon
mezzo per contrastare ansia e depressione.
■ Altri interventi. Ci sono poi tecniche specifiche per affrontare i
problemi di linguaggio (l’indebolimento della voce e le difficoltà
di articolazione) e per imparare
a deglutire la saliva, operazione
che può diventare difficile per le
persone malate di Parkinson. Gli
altri sintomi, cosiddetti secondari,
come la depressione, i disturbi del
sonno o la demenza, devono essere affrontati con terapie specifiche,
valutate caso per caso.
COSA FARE
Fiducia nelle terapie
Neuroni
Neuron
Neu
ron
ni
porta tutti i rischi di un intervento
chirurgico al cervello: bisogna valutare attentamente il rapporto con
i benefìci.
■ Possibilità future. Come per tutte le malattie degenerative, anche
per la malattia di Parkinson si
spera molto nella possibilità che
in futuro si arrivi a una terapia
Neurotrasmettitore
N
Neu
rotras
rot
rasm
m
mettitore
dopamina
d
dop
amina
ami
na
Neuroni
recettori
recett
rec
ettori
ori
basata sulle cellule staminali, per
rimpiazzare le cellule morte: al
momento non siamo però oltre lo
stadio di studi sperimentali.
Le terapie di supporto
Per i sintomi chiave ci sono i farmaci e c’è la stimolazione cerebrale profonda: ci sono poi altri inter-
La malattia di Parkinson è un disturbo neurologico degenerativo, cronico e progressivo. Cosa
fare se si ha il sospetto di soffrirne?
Per prima cosa, parlarne con il proprio medico di base. Se il sospetto è confermato, rivolgersi
a un neurologo specialista.
Cercare di accettare la diagnosi, nella consapevolezza che esistono terapie in grado di controllare i sintomi, tutelando la qualità della vita.
Seguire con precisione tutti i suggerimenti
del neurologo, attenersi con scrupolo alle indicazioni anche nel campo dell’alimentazione, dello
stile di vita e delle possibili terapie di sostegno.
Vivere il più serenamente possibile, non
superando mai la soglia di stanchezza, per non
stressare l’organismo.
Diffidare di terapie miracolose, magari basate sulle staminali: non c’è nulla di affidabile.
Contattare una associazione di pazienti, per
avere indicazioni pratiche sull’assistenza e le
agevolazioni (anche fiscali) previste dalla legge.
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test salute 84 Febbraio 2010
MALATTIA
PARKINSON
MALA
MALA
MA
LA
ATT
T IA
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ARKI
A
AR
KINS
KI
NSON
ON
Fässl
Fässler
ässler
ler
La morte
dei neuroni
provoca
un calo del
della
la
produzione
onee
on
di dopamina.
mina
mi
na..
Quando
la metà
dei neuroni
roni
ro
ni
che
producono
ono
dopamina
na
è morta,,
iniziano
o
a manifestarsi
estar
es
tarsi
si
i sintomi
mi
motori.
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