Nanostring e geni di fusione

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 Nanostring e geni di fusione Un fusion gene è definito come un gene ibrido originato da due diversi geni inizialmente separati, a seguito di fenomeni di traslocazione, delezione od inversione a livello cromosomale. Aberrazioni citogenetiche, potenzialmente coinvolte nei processi oncogenetici, sono state ad oggi riportate in letteratura in circa 45.000 casi di neoplasie umane, di cui il 76% identificate in tumori ematici ed il 26% in tumori solidi. Circa 271 geni di fusione e 59 potenziali geni di fusione sono stati ad oggi identificati, con un’influenza crescente sia in termini prognostici che diagnostici, rendendo sempre più importante lo sviluppo di tecniche semplici, affidabili e 1
poco costose da applicare sia in ricerca che in diagnostica per identificare questi sottogruppi di pazienti . Emblematico è il caso del carcinoma del polmone, ad oggi una delle neoplasie con più alto tasso di mortalità nel mondo. Nonostante le conoscenze e le terapie disponibili stiano costantemente migliorando, il tasso di sopravvivenza 2
a 5 anni rimane intorno al 15% . Nei NSCLC, che rappresentano circa il 75% dei carcinomi polmonari, i primi successi in termini di target therapy sono stati ottenuti nel 2004 con la scoperta delle mutazioni attivanti del gene EGFR, che 3
conferiscono sensibilità agli inibitori tirosin-­‐chinasici . Nel 2007, Soda et al. trovarono e descrissero per primi il gene di fusione EML4-­‐ALK, risultato di un’inversione a livello del braccio corto del cromosoma 2, presente nel 5% circa dei 4
NSCLC . Tale riarrangiamento genera una chinasi chimerica costitutivamente attiva, bersaglio molecolare dell’inibitore di ALK XALKORI® (crizotinib). Successivamente, sono state identificate anche altre aberrazioni citogenetiche nei NSCLC, che coinvolgono i geni ROS1 e RET, entrambe con una frequenza tra l’1 e il 2%, potenzialmente in grado di conferire 5
sensibilità a specifici inibitori . I successi ottenuti in seguito a tali scoperte dalla clinica traslazionale forniscono un forte razionale per incentivare lo sviluppo di robuste tecniche di screening per identificare tali sottogruppi di pazienti. Attualmente, la tecnica d’elezione per rilevare la presenza di questi geni chimerici è la FISH (Fluorescence In Situ Hybridization). Tale tecnica sfrutta due sonde marcate mediante fluorofori diversi, una complementare all’estremità 3’ e una al 5’ del gene di interesse. Attraverso l’osservazione al microscopio a fluorescenza delle sezioni di tessuto tumorale sottoposte a ibridazione con le sonde FISH, è possibile rilevare la presenza di un riarrangiamento genomico sulla base della disposizione spaziale delle due sonde. Nel caso di un gene WT i due segnali saranno prossimali, mentre 6
in caso di riarrangiamento i due segnali saranno distinti ed isolati . Tale approccio risulta però molto complesso a livello procedurale e necessita di un elevato grado di expertise nell’interpretazione del dato. Inoltre, il throughput troppo basso ed i costi elevati, uniti ad un numero sempre crescente di target molecolari di interesse, rendono la FISH 5,6,7
difficilmente utilizzabile come metodica di screening . Un altro approccio largamente utilizzato è di tipo immunoistochimico (IHC), e sfrutta specifici anticorpi diretti verso le proteine chimeriche che si originano a seguito degli eventi di riarrangiamento cromosomico. Tale approccio, molto semplice e rapido a livello procedurale, economico e facilmente eseguibile in qualsiasi laboratorio di anatomia patologica, presenta però diversi svantaggi. Infatti, viene rilevata la presenza della proteina chimerica, non del gene di fusione a livello cromosomale o del suo trascritto, la cui identificazione avviene quindi in maniera indiretta. Inoltre, l’interpretazione necessita di esperienza e competenze specifiche a causa della variabilità dei risultati dovuti alla tipologia e diluizione dell’anticorpo utilizzato e al sistema di lettura adottato. Infine, attualmente la specificità e la sensibilità degli anticorpi utilizzati non sono ottimali, specialmente in quelle neoplasie, come l’NSCLC, in cui i livelli di 6
espressione dei geni di fusione di interesse non sono elevati . L’RT-­‐PCR è l’unica metodica che permette, se associata a sequenziamento, di rilevare la presenza del gene di fusione ed identificarne univocamente la variante presente, con elevate sensibilità e specificità. Essa si basa sull’impiego di primer set specifici per ogni variante di fusione e prevede l’esecuzione di varie reazioni di amplificazione, non sempre facili da ottimizzare. La tecnica, sicuramente cost-­‐effective, possiede una discreta processività, che la renderebbe adeguata anche come metodica di screening, ma si scontra con gli elevati requisiti in termini di qualità e quantità 7
dell’RNA di partenza, molto difficili da ottenere partendo da tessuto paraffinato . 1 7
Nel 2012 una nuova tecnologia è stata applicata per la prima volta alla detection dei geni di fusione . Si tratta della piattaforma Nanostring, che consente di rilevare e quantificare direttamente le molecole di RNA target. Tale metodologia sfrutta coppie di sonde, chiamate rispettivamente capture probe e reporter probe, complementari alle molecole di RNA di interesse. La capture probe consiste in una sequenza di circa 50 nucleotidi ed è biotinilata per consentire la successiva immobilizzazione ed allineamento del complesso sonda-­‐RNA target. La reporter probe, disegnata in maniera contigua rispetto alla capture probe, si estende per ulteriori 50 nucleotidi, e reca un tag di fluorofori unico che permette l’identificazione del target, fungendo da barcode molecolare. Una volta ibridate le sonde all’RNA totale, vengono lavate via quelle in eccesso, ed i complessi capture probe-­‐RNA target-­‐reporter probe vengono immobilizzati sulla superficie di un apposito chip mediante interazione biotina-­‐streptavidina. L’applicazione di un campo elettrico permette di allineare i complessi in maniera che abbiano lo stesso orientamento, ed i barcode molecolari vengono rilevati e contati mediante uno scanner digitale a fluorescenza; il numero di conte di ogni specifico barcode corrisponde al numero di molecole dei trascritti di interesse. Nel caso dell’analisi di geni di fusione, l’approccio utilizzato per il rilevamento dei trascritti chimerici si basa sul fatto che fenomeni di riarrangiamento cromosomico causano uno squilibrio nei livelli di espressione genica della regione in 5’ rispetto alla regione in 3’ del gene interessato dalla fusione. La maggiore attività del promotore del partner di fusione, infatti, determina l’overespressione del gene a valle. Inoltre, in certi casi la porzione non oncogenica dei due partner di fusione può essere persa a causa di un evento di traslocazione sbilanciata, incrementando ulteriormente lo squilibrio nei livelli d’espressione delle due regioni del gene interessato dalla fusione. Questa differenza d’espressione è rilevata mediante sonde specifiche. Infine, una ulteriore sonda, definita fusion probe, può essere disegnata specificamente sul trascritto generato dalla traslocazione, in corrispondenza del break point, per avere una ulteriore evidenza della presenza del gene di fusione. Poiché il Nanostring permette di usare fino a 800 sonde nella stessa reazione, è possibile inoltre disegnare sonde multiple sia nella regione in 5’ del gene di interesse sia in quella in 3’, al fine di rafforzare l’attendibilità del test. La tecnologia Nanostring presenta diversi vantaggi rispetto agli altri approcci correntemente utilizzati per il rilevamento dei geni di fusione. In primis, sono sufficienti 100-­‐200 ng di RNA totale per ogni campione anche estratto da tessuti paraffinati, inoltre l’elevata sensibilità analitica del sistema lo rende adeguato anche per il rilevamento di geni di fusione poco espressi, com’è il caso di ALK nei NSCLC, o per l’analisi di campioni con una scarsa componente di cellule tumorali (fino al 10%). La possibilità di utilizzare sonde diverse nella stessa reazione permette di analizzare fino a 800 target in 12 campioni in parallelo in meno di 48 ore. La procedura analitica è molto semplice (solamente 4 pipettate per campione) e prevede l’esecuzione di tutte le fasi comprese tra l’ibridazione e la lettura tramite un preparatore automatico. Il protocollo standardizzato per le diverse applicazioni del Nanostring si inserisce facilmente tra le analisi eseguite di routine in un laboratorio di patologia molecolare. Infine, l’assenza di retrotrascrizione ed amplificazione consente di ottenere dati più fedeli ed affidabili 5,6,7
perché non influenzati da alcun tipo di bias inevitabilmente introdotti dalle reazioni enzimatiche . Di seguito, sono riassunte alcune pubblicazioni sull’applicazione del Nanostring nell’analisi dei geni di fusione. Identification of KIF5B-­‐RET and GOPC-­‐ROS1 fusions in lung adenocarcinomas through a comprehensive mRNA-­‐
based screen for tyrosine kinase fusions Suehar et al., Clin Cancer Res. 2012 Lo studio, condotto presso il Memorial Sloan-­‐Kettering Cancer Center (New York, USA), ha previsto uno screening sistematico di tutte le tirosin-­‐chinasi umane nella ricerca di sbilanciamenti a livello di espressione genica tra la porzione al 5’ e quella al 3’ di ogni gene, effetto sintomatico della presenza di una variante di fusione. Sono stati analizzati 69 campioni di adenocarcinomi polmonari già tipizzati come WT per lo stato mutazionale dei geni EGFR, KRAS, BRAF, MEK1, HER2 mediante piattaforma Sequenom e per l’assenza di varianti di fusione di ALK mediante FISH. Dopo un primo step di validazione del saggio, in cui sono state testate linee cellulari e campioni tumorali positivi per le varianti di fusione più diffuse di ALK e ROS1 unitamente a campioni WT, l’analisi dei 69 campioni in esame ha rilevato la presenza di tre campioni interessanti: un caso in cui si aveva un rapporto aberrante tra i livelli di espressione della porzione al 5’ rispetto al 3’ del gene ROS1 e due casi relativi al gene RET, segnale della presenza di una variante di fusione. La successiva analisi RACE, confermata mediante RT-­‐PCR, ha rilevato in questi campioni la presenza di due varianti di fusione: GOPC-­‐ROS1, mai riscontrata in adenocarcinomi polmonari, e KIF5B-­‐RET, recentemente identificata da diversi gruppi indipendenti. 2 Multiplexed gene expression and fusion transcript analysis to detect ALK fusions in lung cancer Lira et al., J Mol Diagn, 2013 Questo lavoro, condotto presso il centro Pfizer Oncology (San Diego, USA), aveva l’obiettivo di dimostrare l’applicabilità della piattaforma Nanostring nella detection delle varianti di fusione di ALK nei NSCLC, valutandone sensibilità, specificità, riproducibilità e concordanza con FISH e IHC. A tale scopo sono stati selezionati 67 campioni di NSCLC, con una componente tumorale tra il 10% e il 100%, precedentemente genotipizzati mediante FISH e IHC, di cui 34 ALK-­‐positivi e 33 ALK-­‐negativi. L’approccio utilizzato sulla piattaforma Nanostring ha previsto il disegno di 4 sonde dirette verso la regione 5’ e 4 sonde dirette verso la regione 3’ del gene ALK, più una fusion probe specifica per i trascritti chimerici EML4-­‐ALK V1, EML4-­‐ALK V2, EML4-­‐ALK V3a, EML4-­‐ALK V5a, EML4-­‐ALK V5’, KIF5B-­‐ALK e TGF-­‐ALKS, che consisteva in un’unica reporter probe complementare alla regione dell’esone 20 di ALK contigua al break point, comune a tutte le varianti, più 7 capture probe specifiche per ognuna delle varianti di fusione indagate. Dopo aver stabilito una threshold relativa alla ratio 3’\5’ per valutare l’overespressione della porzione 3’ di ALK ed una seconda threshold relativa alla detection della fusion probe, ogni campione è stato testato in doppio per verificare la riproducibilità del sistema. I risultati sono stati incoraggianti, con una concordanza del 93% circa tra Nanostring e FISH-­‐
IHC, percentuale che aumenta al 100% considerando solamente i casi concordanti tra FISH e IHC. Tutti i casi risultati positivi al Nanostring avevano risposto positivamente al trattamento con crizotinib. Due casi risultati positivi alla FISH ma negativi al Nanostring (non testati mediante IHC) non hanno risposto al farmaco, dimostrandosi pertanto come dei falsi positivi della FISH. In sostanza, la metodica proposta, che permette in un’unica reazione sia il rilevamento diretto del trascritto di fusione che la valutazione dell’overespressione della regione 3’ di ALK, potrebbe essere una valida alternativa alle metodiche attualmente utilizzate per l’analisi delle varianti di fusione di ALK nei NSCLC. A single-­‐tube multiplexed assay for detecting ALK, ROS1, and RET fusions in lung cancer Lir et al., J Mol Diagn. 2014 Questo lavoro si può considerare l’evoluzione del test precedentemente sviluppato dallo stesso gruppo di San Diego (centro Pfizer Oncology) sopra descritto. Alle varianti identificate dal saggio precedentemente sviluppato, è stata aggiunta un’ulteriore variante KIF5B-­‐ALK più 11 varianti di fusione di ROS1 e 8 di RET. In questo lavoro sono stati analizzati 295 campioni di tessuto paraffinato di adenocarcinoma polmonare, precedentemente tipizzati mediante FISH e/o IHC. E’ stato inoltre valutato il LOD (limit of detection) della metodica, testando diluizioni seriali di RNA estratto da linee cellulari ALK-­‐ e ROS1-­‐ positive con RNA estratto da linee cellulari WT, dimostrando che il sistema è in grado di rilevare la presenza dei trascritti di fusione in campioni contenenti fino al 10% di cellule tumorali. Successivamente, è stata valutata anche la sensibilità analitica del saggio, che risulta adeguato anche con 50-­‐100 ng/reazione di RNA estratto da tessuti FFPE. Dei 295 campioni testati, 104 sono risultati ALK-­‐positivi, con una concordanza del 100% con la FISH e del 97,8% con l’IHC; 7 ROS1-­‐positivi, confermati mediante RT-­‐PCR accoppiata a sequenziamento diretto, al 100% concordanti con i dati di FISH; e 14 RET-­‐positivi, di cui uno recante la variante nuova CUX1-­‐RET, confermati mediante FISH e RT-­‐PCR accoppiata a sequenziamento. Riferimenti bibliografici 1) Mitelman F, Johansson B, Mertens F. Fusion genes and rearranged genes as a linear function of chromosome aberrations in cancer. Nat Genet. 2004 Apr;36(4):331-­‐4. 2) Jemal A, Siegel R, Ward E, et al: Cancer statistics, 2008. CA Cancer J Clin 58:71-­‐96, 2008 3) Lynch TJ, Bell DW, Sordella R, et al: Activating mutations in the epidermal growth factor receptor underlying responsiveness of non-­‐small-­‐cell lung cancer to gefitinib. N Engl J Med 350:2129-­‐2139, 2004 4) Soda M, Choi YL, Enomoto M, et al: Identification of the transforming EML4-­‐ALK fusion gene in non-­‐small-­‐cell lung cancer. Nature 448:561-­‐
566, 2007 5) Lira ME, Choi YL, Lim SM, Deng S, Huang D, Ozeck M, Han J, Jeong JY, Shim HS, Cho BC, Kim J, Ahn MJ, Mao M. A single-­‐tube multiplexed assay for detecting ALK, ROS1, and RET fusions in lung cancer. J Mol Diagn. 2014 Mar;16(2):229-­‐43. doi: 10.1016/j.jmoldx.2013.11.007. Epub 2014 Jan 10. 6) Lira ME, Kim TM, Huang D, Deng S, Koh Y, Jang B, Go H, Lee SH, Chung DH, Kim WH, Schoenmakers EF, Choi YL, Park K, Ahn JS, Sun JM, Ahn MJ, Kim DW, Mao M. Multiplexed gene expression and fusion transcript analysis to detect ALK fusions in lung cancer. J Mol Diagn. 2013 Jan;15(1):51-­‐61. 7) Suehara Y, Arcila M, Wang L, Hasanovic A, Ang D, Ito T, Kimura Y, Drilon A, Guha U, Rusch V, Kris MG, Zakowski MF, Rizvi N, Khanin R, Ladanyi M. Identification of KIF5B-­‐RET and GOPC-­‐ROS1 fusions in lung adenocarcinomas through a comprehensive mRNA-­‐based screen for tyrosine kinase fusions. Clin Cancer Res. 2012 Dec 15;18(24):6599-­‐608. 3 
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