cenni di metodologie di acquisizione e di elaborazione dei segnali

CENNI DI METODOLOGIE DI ACQUISIZIONE E DI
ELABORAZIONE DEI SEGNALI BIOMEDICI
INTRODUZIONE................................................................................................................................1
MISURE DI GRANDEZZE BIOMEDICHE ..................................................................................3
APPLICAZIONI DI MISURA ED ELABORAZIONE AUTOMATICA DEI SEGNALI
BIOMEDICI ....................................................................................................................................3
CLASSIFICAZIONE DEI SEGNALI BIOMEDICI...........................................................................5
ORIGINE E CARATTERISTICHE DEI SEGNALI BIOMEDICI ....................................................6
SISTEMI DI ACQUISIZIONE E DI ELABORAZIONE DEI SEGNALI BIOMEDICI .................12
TRASDUTTORI BIOMEDICI......................................................................................................14
PROBLEMATICHE DI RUMORE NELLE MISURE BIOMEDICHE.......................................17
AMPLIFICAZIONE E FILTRAGGIO DEI SEGNALI BIOMEDICI..........................................18
CONVERSIONE ANALOGICO/DIGITALE...............................................................................20
AMPLIFICATORE PER BIOPOTENZIALI ................................................................................23
ELABORAZIONE DI SEGNALI BIOMEDICI ...............................................................................24
ANALISI NEL DOMINIO DEL TEMPO.....................................................................................24
ANALISI NEL DOMINIO DELLA FREQUENZA .....................................................................25
RIFERIMENTI ..................................................................................................................................28
Figura 1: Segnali EEG
La tomografia computerizzata (TC) è una metodica diagnostica per immagini utilizzata in ambito
radiologico. Permette la visualizzazione con buona risoluzione delle strutture nervose del cranio e
della colonna vertebrale. Il segnale, ossia l’immagine TC (figura 2), è originato dall’interazione tra
l’organismo e un agente esterno (raggi X). Il livello di grigio di un pixel è legato all’attenuazione
indotta dal pixel sul fascio di raggi X, attenuazione che dipende dalla composizione del pixel (osso,
tessuto molle, vaso, etc). L’immagine TC fotografa la situazione in un determinato istante; questo è
un esempio di segnale che varia in funzione delle coordinate spaziali.
INTRODUZIONE
Si definisce segnale una grandezza di varia natura (per esempio, elettrica, meccanica, acustica) che
può variare nel tempo e/o nello spazio. Un segnale descrive/misura fenomeni che avvengono nel
tempo e/o nello spazio e porta informazioni sullo stato e sul funzionamento della sorgente che lo ha
generato.
I segnali biomedici sono generati dall’organismo vivente. Un organismo vivente si serve di queste
grandezze per trasferire controlli e comunicare con il mondo esterno (es. segnale EEG). Altri
segnali sono prodotti dall’interazione tra l’organismo e un agente esterno (es. bioimmagini).
Il segnale elettroencefalografico (EEG) è prodotto dall’interazione dei potenziali post-sinaptici dei
neuroni della corteccia cerebrale. Questi potenziali sono registrati con elettrodi superficiali posti
sullo scalpo. È un segnale che varia nel dominio del tempo. Nella figura 1 è riportata la
registrazione di 8 segnali EEG acquisiti da coppie di elettrodi vicini. Le annotazioni “occhi aperti” e
“stringe i pugni” sono apportate dal personale tecnico per indicare i “tasks”, la cui esecuzione è
richiesta al soggetto durante la registrazione. L’esecuzione di questi “tasks” può determinare
eventuali variazioni dell’attività cerebrale che sono poi individuate ed analizzate dal medico.
Figura 2: Immagine TC di una sezione orizzontale del cervello
Il segnale biomedico rappresenta, quindi, un mezzo per convogliare informazioni provenienti dai
tessuti o dagli organi biologici durante il loro funzionamento normale e/o patologico. Tale
informazione in genere non è acquisibile facilmente. Si rende necessario adottare, in alcuni casi,
specifiche procedure di acquisizione e di elaborazione per estrarre informazioni dai segnali utili sia
per la diagnosi che per la terapia.
MISURE DI GRANDEZZE BIOMEDICHE
In ambito biomedico, una misura può essere fatta per uno dei seguenti scopi:
ƒ determinazione del valore di una grandezza e delle sue variazioni (ambito diagnostico);
ƒ comprensione migliore di un processo (ambito fisiologico);
ƒ controllo di un processo (ambito terapeutico).
L’utilizzo di tecniche di filtraggio permette di ridurre o eliminare il livello di rumore presente nel
segnale e di ottenere un segnale “ripulito”. L’operazione di filtraggio consente, in definitiva, un
riconoscimento più preciso ed accurato del complesso QRS che caratterizza il segnale ECG (grafico
in basso della figura 4).
In figura 3 è riportato lo schema a blocchi di un sistema generico di misura. Tramite un dispositivo,
denominato trasduttore è possibile misurare la grandezza di interesse; il segnale acquisito viene
opportunamente trattato in modo da estrapolare informazioni utili.
Figura 3: Schema a blocchi di un generico sistema di misura
Una prima classificazione delle misure in campo biomedico è quella tra misure invasive (es.
pressione intracranica, glucosio, temperatura orale, etc…) e non invasive (es. analisi della voce,
movimenti, temperature,etc..). Una misura è di tipo non invasivo quando il segnale è rilevato dal
paziente senza causargli traumi, lesioni o significative alterazioni dei suoi parametri vitali.
Le misure possono essere, inoltre, classificate in misure dirette ed indirette. Le misure dirette
permettono la determinazione di quantità fisiche e chimiche semplicemente confrontando i valori
acquisiti con dei valori di riferimento (es. misura della resistenza della pelle). Le misure (es. misura
della gittata cardiaca) si basano sull’utilizzo di relazioni matematico-statistiche che intercorrono tra
la variabile che si vuole misurare (senza però essere in grado di farlo direttamente) e altre per le
quali si riesce ad effettuare la misura.
Le misure in campo biomedico possono essere raggruppate anche in relazione a:
ƒ la grandezza misurata (es. potenziali elettrici, pressioni, portate, spostamenti, velocità, forze,
impedenze, temperature, concentrazioni chimiche);
ƒ il principio di trasduzione (resistivo, induttivo, capacitivo, piezoelettrico, elettrochimico,
ecc.);
ƒ il sistema fisiologico analizzato (sistema cardiovascolare, polmonare, nervoso, endocrino,
ecc.);
ƒ la specialità medica (pediatrica, ostetrica, cardiologica, neurologica, radiologica ecc.);
questo approccio è valido soprattutto per il personale tecnico-sanitario.
Figura 4: Segnale ECG contaminato da rumore (in alto), segnale ECG filtrato (in basso)
La sindrome delle apnee ostruttive notturne è uno dei disturbi respiratori più frequenti e più gravi
nel sonno. La diagnosi è effettuata mediante esame polissonografico (PSG). Durante l’esame PSG
sono misurate differenti grandezze biologiche, come per esempio l’attività russatoria, i potenziali
oculari, i segnali EEG, i movimenti toracico-addominali, etc. Le registrazioni PSG in genere hanno
durata di diverse ore. Di conseguenza il personale medico è costretto ad esaminare una quantità di
dati enorme per poter individuare gli eventi di interesse (le apnee) e pervenire ad una diagnosi.
L’utilizzo di tecniche di analisi automatica e classificazione delle grandezze biologiche misurate
permetterebbe una riduzione dei tempi e dei costi di diagnosi.
Nella figura 5 è riportata l’attività russatoria di un paziente affetto da problemi di apnea notturna. In
particolare la discriminazione tra attività respiratoria, russamento e pause respiratorie è effettuata
tramite tecniche di analisi e di classificazione che estraggono determinati parametri dal segnale e
permettono di individuare in modo automatico i diversi eventi registrati.
APPLICAZIONI DI MISURA ED ELABORAZIONE AUTOMATICA DEI
SEGNALI BIOMEDICI
L’acquisizione e l’elaborazione automatica dei segnali biomedici permette, in generale, di estrarre
con maggiore precisione ed accuratezza informazioni fisiologiche e cliniche relative ai sistemi in
esame. In particolare lo sviluppo di nuovi strumenti e l’utilizzo di tecniche di elaborazione
automatica ha determinato notevoli progressi sia in ambito diagnostico che terapeutico. Di seguito
si descriveranno alcune applicazioni di acquisizione ed elaborazione dei segnali biomedici.
Uno dei problemi più importanti nella misura dei segnali biomedici è rappresentato dalla presenza
di disturbi e rumore che contaminano il segnale di interesse, impedendo una determinazione corretta
del suo andamento. Il grafico in alto della figura 4 illustra un segnale ECG contaminato da rumore.
Figura 5: Attività russatoria
L’acquisizione e l’elaborazione automatica dei segnali permette di realizzare il controllo di
dispositivi in diverse applicazioni biomedicali. Il pace-maker (figura 6) è un generatore di impulsi
elettrici che serve a stimolare le contrazioni del muscolo cardiaco. I pace-makers possono essere
monocamerali, in grado, cioè, di stimolare in una sola camera cardiaca, sia essa l'atrio o il
ventricolo, oppure bicamerali, per stimolare in entrambe le camere cardiache. Nel primo caso il
pace-maker è dotato di un solo elettrocatetere, nel secondo ne ha due.
I moderni pace-makers, oltre alla originaria funzione di stimolazione cardiaca, sono in grado di
effettuare anche il cosiddetto sensing; questa funzionalità permette l'intervento del pace-maker
solamente quando l'attività spontanea del cuore è insufficiente.
I biopotenziali sono dei segnali elettrici generati da alcune cellule del sistema nervoso e muscolare.
Nella tabella 1 sono riportati alcuni biopotenziali, con i relativi range di ampiezza e di frequenze.
Figura 6: Pacemaker monocamerale
Alcune cellule hanno la caratteristica di essere eccitabili, cioè possono modificare il loro stato
elettrochimico se stimolate elettricamente. La cellula è immersa in un fluido ricco di ioni Na+, K+ e
Cl-. A riposo, l’interno della cellula presenta un potenziale di -90 mV rispetto l’esterno. Questa
differenza di potenziale è legata al gradiente di concentrazione delle specie ioniche citate prima.
Infatti in condizioni di riposo la membrana è poco permeabile agli ioni Na+ e fortemente
permeabile agli ioni K+ e Cl-. Di conseguenza la concentrazione di ioni Na+ è maggiore all’esterno
rispetto all’interno della cellula.
Quando la cellula è eccitata da una corrente ionica o da una corrente applicata attraverso degli
elettrodi dall’esterno, la membrana cambia le sue caratteristiche di permeabilità. Aumenta la
permeabilità degli ioni Na+. Gli ioni K+ cercano di lasciare la cellula per mantenere l’equilibrio, ma
non sono così veloci come gli ioni Na+. Il risultato è che l’interno della membrana diventa più
positivo rispetto all’esterno. Tale processo è chiamato depolarizzazione della membrana e la
variazione di potenziale rispetto al potenziale di riposo rappresenta il potenziale di azione (figura 7).
CLASSIFICAZIONE DEI SEGNALI BIOMEDICI
I segnali biomedici possono essere classificati in base a:
ƒ
ƒ
ƒ
ORIGINE E CARATTERISTICHE DEI SEGNALI BIOMEDICI
BIOPOTENZIALI
Tabella 1: Esempi di segnali bioelettrici con relative ampiezze e frequenze
BIOPOTENZIALE
AMPIEZZA FREQUENZE
Elettroneurogramma ENG (velocità di conduzione dei nervi)
5 μV-10 mV
1 kHz
Elettroretinogramma ERG (diff. di potenziale alla cornea )
0,5 μV-1 mV
0,2-200 Hz
Elettroculogramma EOG (posizione degli occhi)
10 μV- 1 mV
0-100 Hz
Elettroencefalogramma EEG (attività elettrica cerebrale)
2-100 μV
0,5-60 Hz
Potenziali eveocati EP (risposta EEG a stimoli)
0,1 – 10 μV
1-3000 Hz
Elettromiogramma EMG (attività elettrica generata dal muscolo) 50 μV-5 mV
2-500 Hz
Elettrocardiogramma ECG (attività elettrica del cuore)
0,5-5 mV
0,05-100 Hz
la loro origine fisica (es. segnali bioelettrici, biomagnetici, biomeccanici, bioacustici,
termici, biochimici, etc…);
la loro origine biologica;
le loro caratteristiche matematiche.
In particolare considerando quest’ultimo tipo di classificazione, è possibile distinguere tra:
ƒ segnali monodimensionali o pluridimensionali: i segnali monodimensionali variano in
funzione di una sola grandezza (per esempio, la temperatura o il segnale EEG); i segnali
pluridimensionali possono essere di tipo bidimensionale (immagini radiografiche) o
tridimensionali (ecografia 3D).
ƒ Segnali deterministici o aleatori: un segnale è detto deterministico se in ogni istante il suo
valore può essere calcolato tramite una espressione matematica o estrapolato dalla
conoscenza di un certo numero di campioni precedenti del segnale. Un segnale aleatorio non
può essere descritto con un’equazione matematica.
ƒ Segnali periodici o non periodici: un segnale si dice periodico se trascorso un intervallo di
tempo, definito periodo del segnale, esso si ripete.
ƒ Segnali continui o discreti: i segnali continui sono segnali definiti per ogni istante di tempo,
mentre i segnali discreti sono definiti solo in determinati istanti di tempo.
Figura 7: Insorgenza del potenziale di azione
Dopo un certo periodo la cellula dallo stato di depolarizzazione ritorna allo stato di polarizzazione.
La chiave del meccanismo della ripolarizzazione risiede nella dipendenza della permeabilità della
membrana per gli ioni Na+ e K+ dal livello di tensione e dal tempo. Infatti progressivamente la
permeabilità di Na+ diminuisce, mentre la permeabilità di K+ aumenta. Il potenziale ritorna al
valore del potenziale di riposo.
SEGNALE ELETTROMIOGRAFICO (EMG)
Il segnale EMG è generato dai fenomeni elettrici a livello delle fibre muscolari durante il
movimento. In particolare, i muscoli scheletrici sono costituiti da gruppi di unità motorie, ognuna
delle quali è costituita da un motoneurone, il suo assone e tutte le fibre muscolari innervate
dall’assone. Le fibre dei muscoli scheletrici producono una contrazione meccanica in risposta ad un
solo stimolo e generano e propagano il potenziale di azione. L’unità motoria è la più piccola unità
muscolare che può essere attivata tramite un controllo volontario. Quando è stimolata da un segnale
neurale, ogni unità motoria si contrae e determina un segnale elettrico che è la somma dei potenziali
di azione di tutte le cellule che la costituiscono (motor unit action potential, MUAP, figura 8).
SEGNALE ELETTROENCEFALOGRAFICO (EEG) E POTENZIALI EVOCATI (PE)
Il segnale EEG rappresenta la somma spaziale e temporale dei potenziali elettrici generati dai
neuroni corticali piramidali. È rilevato con elettrodi metallici posti sullo scalpo. Gli elettrodi sono
posizionati secondo le indicazioni contenute nello Standard Internazionale 10/20 (figura 10).
Figura 10: Sistema Internazionale 10/20
Figura 8: Potenziale di azione dell’unità motoria
Questo segnale può essere prelevato tramite elettrodi ad ago, inseriti direttamente nel muscolo
d’interesse. I MUAP hanno una durata dai 3 ai 15 ms e un’ampiezza di 100-300 μV. La forma di un
MUAP dipende dal tipo di elettrodo ad ago utilizzato. La somma spaziale e temporale dei MUAP
delle unità motoria attive determina il segnale mioelettrico.
Un segnale EMG indica il livello di attività del muscolo e può essere utilizzato per diagnosticare
disturbi neuromuscolari (figura 9). L’ampiezza del segnale varia in un range da 0 a 10 mV (valori
picco-picco) e da 0 a 1.5 V (valore RMS). L’energia utile del segnale è limitata ad un intervallo tra
0 e 500 Hz.
Figura 9: Segnale EMG
Questo sistema descrive l’esatta posizione di ogni elettrodo, consentendo una buona copertura di
tutta la superficie encefalica e garantendo che gli elettrodi siano sempre posizionati sopra le stesse
aree. Vengono misurate delle linee, utilizzando come punto di partenza precise localizzazioni
anatomiche:
ƒ • nasion,
ƒ • inion,
ƒ • punto preauricolare.
Queste linee disegnano una rete sulla superficie del cranio, ai cui punti di intersezione sono
posizionati gli elettrodi. La distanza tra un elettrodo e l’altro è sempre il 10% o il 20% della
lunghezza totale della linea variabile rispetto al soggetto.
Ogni posizione di un elettrodo viene denominata usando una lettera e un numero (o talora una
seconda lettera). La lettera prende il nome dal lobo cerebrale sottostante (Fp = frontopolare, F =
frontale, T = temporale, P = parietale, O = occipitale). Il numero è pari (2, 4, 6, 8) per il lato destro e
dispari (1, 3, 5, 7) per il sinistro, con i valori più bassi in posizione mediale. La posizione sulla linea
mediana interemisferica è indicata con la lettera z. Infine, con A1 (sinistra) e A2 (destra) vengono
indicate delle regioni elettricamente neutre di riferimento (lobo auricolare o mastoide).
L’analisi del segnale EEG viene effettuata per individuare e quantificare il deficit dell’attività
dell’encefalo, diagnosticare epilessia o studiare le varie fasi del sonno. In particolare l’attività
ritmica del segnale EEG varia in relazione allo stato di coscienza ed all’età del paziente. La
frequenza delle onde elettroencefalografiche e la loro ampiezza sono i due parametri determinanti in
base ai quali si distinguono i ritmi fondamentali (figura 11):
ƒ Delta: frequenza 1-4 Hz e ampiezza fino a 200 μV;
ƒ Theta: frequenza 5-7 Hz e ampiezza fino a 100 μV;
ƒ Alfa: frequenza 8-14 Hz e ampiezza 20-50 μV;
ƒ Beta: frequenza 15-30 Hz e ampiezza 5-20 μV;
ƒ Gamma: frequenza >30 Hz e ampiezza <10 μV;
ƒ Mu: frequenza 8-12 Hz e ampiezza fino a 80 μV.
Figura 12: Potenziale evocato di tipo uditivo
Figura 11: Ritmi cerebrali
L’attività elettrica osservabile dall’esterno mediante elettrodi di superficie posti sullo scalpo in
modo standard è data dalla sovrapposizione di:
ƒ
ƒ
attività spontanea (EEG),
attività legata alla ricezione di stimoli esterni sensoriali (potenziali evocati).
I potenziali evocati sono delle variazioni positive o negative che interessano l’attività cerebrale
quando il soggetto è sottoposto a stimoli esterni. In base alla natura dello stimolo è possibile
distinguere:
ƒ potenziali evocati uditivi (figura 12);
ƒ potenziali evocati somato-sensoriali;
ƒ potenziali evocati visivi;
ƒ potenziali evocati cognitivi.
SEGNALE ELETTROCARDIOGRAFICO (ECG)
L’elettrocardiografia è quella branca della fisiologia cardiaca che si occupa della registrazione,
dell’analisi e dell’interpretazione dei fenomeni elettrici che si verificano nel cuore durante la sua
attività. La registrazione dei potenziali elettrici è fatta con appositi strumenti, elettrocardiografi; il
tracciato che ne risulta è l’elettrocardiogramma (ECG) e può essere registrato con elettrodi posti
sulla superficie cardiaca o sulla superficie cutanea degli arti o del torace.
Il cuore è l’organo propulsore del sangue ed è costituito da quattro camere: due superiori, detti atri e
due inferiori, detti ventricoli (figura 13). L’atrio e il ventricolo destro si occupano del pompaggio
del sangue venoso. Le due cavità di sinistra si occupano del pompaggio del sangue arterioso. Il
sangue proveniente dal sistema venoso entra nell’atrio destro. Viene spinto dalla contrazione
cardiaca nel ventricolo destro, attraverso la valvola tricuspide. Il ventricolo pompa il sangue
attraverso la valvola polmonare nell’arteria polmonare fino ai polmoni.
Uno dei potenziali evocati maggiormente studiato è la componente P300. Rappresenta una
variazione positiva dell’attività cerebrale, che si registra 300 ms dopo la presentazione di uno
stimolo visivo o uditivo.
Figura 13: Anatomia del cuore
Dopo lo scambio di ossigeno e anidride carbonica da parte dei globuli rossi, il sangue ritorna
all’atrio sinistro attraverso le vene polmonari. La contrazione dell’atrio sinistro spinge il sangue
attraverso la valvola mitrale nel ventricolo sinistro, da dove è pompato attraverso la valvola aortica
in tutto il corpo.
L’ampiezza del segnale ECG è dell’ordine delle decine di mV, mentre la frequenza 0,1-100 Hz.
L’analisi del segnale ECG consente di effettuare la diagnosi di alterazione/patologie quali ad
esempio aritmie, alterazioni della conduzione, ischemia, infarto.
L’ECG, nella sua forma più completa, è costituito da una serie di onde (deflessioni) di durata,
ampiezza e segno diversi (figura 14): tre di esse sono positive (P, R, T ed, eventualmente U) e due
sono negative (Q e S).
ƒ
ƒ durata: 0,18-0,20 s;
ƒ ampiezza: 0,4-0,5 mV.
Onda U: è una piccola deflessione positiva che segue l’onda T;
ƒ durata: 0,08 s.
SEGNALE ELETTROCULOGRAFICO
È la registrazione del potenziale tra cornea e retina. Viene utilizzato per monitorare i movimenti
dell’occhio per scopi soprattutto di ricerca (studio delle fasi del sonno). È misurato con coppie
di elettrodi posizionati ai lati dell’occhio. L’ampiezza è tra 10 μV e 5 mV.
SEGNALI BIOACUSTICI
Molti fenomeni biomedici generano segnali bioacustici, come per esempio il flusso del sangue
nel cuore, il flusso dell’aria attraverso i polmoni. L’energia acustica si propaga attraverso il
mezzo biologico e può essere acquisita in superficie attraverso opportuni trasduttori (microfoni
o accelerometri). Un esempio di segnale bioacustico è l’attività russatoria. Essa è generata in
corrispondenza delle vie aeree superiori, non per vibrazione delle corde vocali (come accade per
la voce), ma delle strutture faringee. Sono segnali periodici a bassa frequenza. Permettono la
diagnosi delle apnee notturne.
SEGNALI BIOMECCANICI
Sono quei segnali che hanno origine da una funzione meccanica dei sistemi biologici. Esempi di
segnali biomeccanici includono: segnali di movimento e spostamento, pressione, flussi, etc…La
misura di questi segnali richiede una grande varietà di trasduttori che devono essere posizionati
nel sito di origine del segnale. In generale la misura non è sempre semplice e in alcuni casi è
invasiva.
SEGNALI BIOMAGNETICI
Vari organi quali il cuore, i polmoni e il cervello producono un campo magnetico, che può
essere registrato sulla superficie esterna (per esempio magnetocardiogramma,
magnetoencefalogramma). A causa della bassa intensità dei campi magnetici, è molto difficile
misurarli.
SEGNALI BIOCHIMICI
Figura 14: Segnale ECG
Nel loro insieme le onde del tracciato elettrocardiografico sono espressione della depolarizzazione e
ripolarizzazione delle cellule che costituiscono il tessuto cardiaco:
ƒ Onda P: corrisponde all’attivazione atriale;
ƒ ampiezza 0,2-0,4 mV;
ƒ durata 0,07-0,12 s;
ƒ l’assenza della P può indicare, per esempio, fibrillazione atriale.
ƒ Segmento PR: gli atri sono totalmente depolarizzati.
ƒ Intervallo PR: è il tempo di conduzione atrio-ventricolare.
ƒ Complesso QRS: indica la depolarizzazione ventricolare;
ƒ durata normale: 0,06-0,10 s;
ƒ ampiezza:1-2 mV.
ƒ Segmento ST: corrisponde al periodo nel quale i ventricoli sono completamente
depolarizzati.
ƒ Onda T: indica la ripolarizzazione ventricolare;
Si tratta della registrazione delle fluttuazioni temporali di grandezze chimiche organiche e
nonorganiche, quali concentrazioni di substrati, ormoni, enzimi, ioni, pressioni parziali di gas,
PH, ecc. I segnali biochimici sono segnali a bassa frequenza. Le misure sono generalmente
eseguite su campioni di sangue, oppure nell’aria espirata e vengono eseguite in laboratori clinici
o di ricerca.
SISTEMI DI ACQUISIZIONE E DI ELABORAZIONE DEI
SEGNALI BIOMEDICI
Un sistema di acquisizione dati è un sistema di misura elettronico realizzato per monitorare,
registrare ed eventualmente elaborare le misure di una o più grandezze fisiche.
Nella figura 15 è mostrata l’architettura di un generico sistema di acquisizione ed elaborazione. Il
segnale emesso da una particolare sorgente è misurato tramite un trasduttore o sensore. Il segnale
acquisito è sottoposto ad amplificazione per rafforzare la dinamica e renderlo in tal modo
compatibile con le specifiche dalla strumentazione a valle. Il filtraggio riduce l’entità dei disturbi
che si accoppiano al segnale utile. Dopo la conversione dalla forma analogica a quella digitale, il
segnale è inviato ad un processore per l’elaborazione, l’analisi e l’eventuale display dei risultati.
I sistemi di acquisizione dati portatili presentano dimensioni e consumi ridotti e pertanto
permettono il monitoraggio dei segnali biologici anche al di fuori dei laboratori clinici.
Figura 15: Architettura di un sistema di acquisizione, elaborazione ed analisi di segnale
Figura 17: Sistema di acquisizione ed elaborazione dati portatile
I sistemi di acquisizione dati possono essere suddivisi in sistemi di tipo PC-based (figura 16) o
sistemi portatili (figura 17). Nel caso dei sistemi PC-based, la sezione di acquisizione si interfaccia
con un PC, che svolge funzioni di elaborazione del segnale e di memorizzazione. L’utente può
usufruire di un’interfaccia grafica con la quale controllare e regolare i parametri di acquisizione e di
elaborazione ed esaminare i risultati.
TRASDUTTORI BIOMEDICI
Lo strumento utilizzato per misurare la grandezza fisica in esame è il trasduttore. Esso può essere
generalmente definito come un dispositivo che converte una grandezza fisica in un'altra di diversa
natura, che possa essere elaborata dagli stadi successivi.
Esistono diverse classificazioni per i trasduttori:
ƒ in base alla sorgente di alimentazione: i trasduttori attivi non necessitano di alcuna
alimentazione dall’esterno in quanto l’energia presente nel segnale di uscita è ricavata
direttamente dal segnale presente in ingresso; i trasduttori passivi sono quelli che devono
essere alimentati con una sorgente esterna;
ƒ in base alla grandezza di ingresso (per esempio, spostamento, velocità, accelerazione, forza,
temperatura, radiazione luminosa, etc…);
ƒ in base al principio di conversione utilizzato (per esempio, piezoelettrico, termoelettrico,
fotoconduttivo, effetto Hall, elettromagnetico, etc…).
Esempi di sensori utilizzati in ambito biomedico sono riportati in figura 18 e 19.
Figura 16: Sistema di acquisizione ed elaborazione dati PC-based
Figura 20: Schema di un biosensore
Figura 18: Termistori (a sinistra) ed elettrodi di superficie (a sinistra)
Figura 19: Elettrogoniometro
BIOSENSORI
Un biosensore è un dispositivo comprendente un elemento sensibile di origine biologica (biorecettore), usualmente in forma di film sottile, che è intimamente collegato ad un elemento
trasduttore (figura 20). Lo scopo primario è di riuscire a produrre un segnale elettronico o ottico
proporzionale alla concentrazione di una specie chimica o di un insieme di prodotti.
I recettori biologici possono essere:
ƒ enzimi;
ƒ componenti di membrane;
ƒ cellule;
ƒ anticorpi;
ƒ DNA o RNA;
ƒ frammenti di tessuto biologico.
Essi sono i responsabili del riconoscimento delle specie di interesse. Le molecole biologiche
interagiscono con alcune molecole in modo specifico e reversibile, cambiando alcuni parametri
fisico-chimici associati con le interazioni. Tali interazioni possono produrre variazioni di calore,
massa, luce, ioni o elettroni. Queste possono essere convertite, a loro volta, in un segnale elettrico
dal trasduttore, e successivamente amplificate, elaborate e visualizzate.
Fra le applicazioni più rilevanti vi sono quelle legate all’utilizzo dei biosensori per la diagnostica
clinica. Infatti il primo impulso per lo sviluppo di biosensori è venuto dalla necessità di eliminare o
almeno minimizzare i tempi e le procedure delle analisi cliniche.
Un esempio di biosensore è il sensore per il glucosio (figura 21). Negli ultimi decenni considerevoli
sono stati gli sforzi rivolti allo sviluppo di sistemi per la rilevazione di glucosio in maniera
semplice, specifica e continua. Infatti tramite dispositivi con queste caratteristiche sarebbe
possibile:
ƒ rilevare condizioni di ipoglicemia e iperglicemia;
ƒ effettuare un monitoraggio continuo per una migliore somministrazione delle dosi di
insulina;
ƒ realizzare un “pancreas artificiale” ad anello chiuso per pazienti insulino-dipendenti.
Figura 21: Sensore per il glucosio (Pendra®)
La maggior parte dei sensori per il glucosio basano il loro funzionamento sulla reazione di
ossidazione del glucosio catalizzato dall’enzima glucosio-ossidasi (GOD).
La sequenza di reazioni enzimatiche può essere riassunta in questo modo:
ELETTRODI
Gli elettrodi sono dei sensori impiegati per la misura di biopotenziali. La conduzione di corrente
elettrica nel corpo umano è di tipo ionico, mentre è di tipo elettronico negli strumenti di misura; di
conseguenza gli elettrodi trasformano le correnti ioniche circolanti all’interno del corpo umano in
correnti elettroniche. Tale trasformazione avviene per mezzo di reazioni di ossido-riduzione
all’interfaccia tra il sistema fisiologico e l’elettrodo stesso.
Gli elettrodi possono essere di superficie, ad ago o a filo (figura 22). Gli elettrodi di superficie
possono essere collocati sulla superficie del corpo per registrare i segnali bioelettrici. Appartengono
alla famiglia degli elettrodi di superficie, gli elettrodi a base metallica. Essi consistono di un
conduttore metallico (per esempio, argento) in contatto con la pelle tramite un sottile strato di gel.
Questo tipo di elettrodi è usato principalmente per la registrazione diagnostica di ECG ed EEG.
L’utilizzo di un gel conduttivo o di una pasta salina favorisce il contatto tra elettrodo e pelle,
minimizzando gli spostamenti dello stesso elettrodo. Inoltre il gel e la pasta salina permettono una
riduzione dell’impedenza della superficie biologica migliorando il prelievo del biopotenziale.
Gli elettrodi di profondità sono inseriti nelle parti sub-cutanee per ottenere dati di ECG da animali o
persone durante pratiche chirurgiche. Tali elettrodi vengono impiegati anche in esami
elettromiografici.
Figura 23: Artefatti non fisiologici: a sinistra interferenza proveniente dalla linea di alimentazione, a destra
disturbo legato al movimento del sensore
Gli artefatti fisiologici (figura 24) sono dei segnali elettrici che hanno origine dal paziente. Essi
sono più difficili da eliminare. Nel caso della misura del segnale EEG, gli artefatti fisiologici
includono potenziali muscolari, potenziali elettrocardiografici, potenziali provenienti dagli occhi
(possono essere di tipo corneoretinale e elettroretinale). Anche la respirazione può causare degli
artefatti introducendo un’attività ritmica sincronizzata con i movimenti di respirazione del corpo.
Inoltre la sudorazione può alterare l’impedenza degli elettrodi e causare artefatti nei segnali EEG.
Figura 24: Artefatti fisiologici nell’EEG: potenziale cardiaco (a sinistra) e potenziale oculare (a destra)
AMPLIFICAZIONE E FILTRAGGIO DEI SEGNALI BIOMEDICI
Un amplificatore produce in uscita un segnale di ampiezza maggiore rispetto al segnale in ingresso
(figura 25). La tensione in uscita è proporzionale alla tensione di ingresso. Il rapporto tra la tensione
in uscita e quella in ingresso è definito guadagno (G) dello stadio di amplificazione.
Figura 22: Elettrodi ad ago (a sinistra) e di superficie (a destra)
PROBLEMATICHE DI RUMORE NELLE MISURE BIOMEDICHE
La misura dei segnali biomedici può essere affetta da problematiche di rumore. Infatti è possibile
acquisire non solo il segnale di interesse, ma anche componenti indesiderate denominate rumore o
artefatti. L’origine di questi artefatti può essere fisiologica e non. Per esempio, considerando
l’acquisizione di segnali EEG, gli artefatti non fisiologici (figura 23) possono essere originati dai
movimenti degli elettrodi, dalla strumentazione EEG o possono essere dei disturbi esterni (es.
interferenze elettromagnetiche) che si accoppiano al segnale utile. In genere possono essere evitati
tramite un opportuno stadio di filtraggio ed appropriate tecniche di schermatura per le
apparecchiature.
Figura 25: Amplificazione
Se si considera l’acquisizione di biopotenziali, è possibile collegare gli elettrodi allo stadio di
amplificazione nei seguenti modi (figura 26):
• Monopolare: un elettrodo è posizionato sul tessuto elettricamente attivo ed un elettrodo è
posto su una zona di riferimento. La zona di riferimento non dovrebbe essere interessata da
variazioni del potenziale in esame. Per esempio nell’acquisizione di segnali EEG, l’elettrodo
di riferimento può essere posto sulla zona mediana dello scalpo (Cz, Fz, Pz), sul collo, sui
lobi delle orecchie o in corrispondenza del mastoide.
•
Bipolare: due elettrodi sono posizionati sul tessuto elettricamente attivo e viene registrato la
differenza di potenziale tra essi.
Figura 27: Tipologie dei filtri
La progettazione di un filtro richiede la scelta di diversi parametri, come per esempio:
ƒ frequenza di taglio ( -3dB, cutoff frequency, fc): è la frequenza alla quale l'ampiezza del
segnale in uscita dal filtro è ridotta a 0,7071 volte l'ampiezza del segnale in ingresso;
ƒ attenuazione: è il reciproco del guadagno. Un'attenuazione di 10 corrisponde ad un
guadagno di 0,1;
ƒ banda passante (Pass Band): è la regione di frequenze al di sotto della frequenza di taglio;
ƒ banda soppressa (Stop Band): è la regione di frequenze al di sopra della frequenza di taglio.
Figura 26: Configurazione monopolare (in alto) e configurazione bipolare (in basso)
Tutti i segnali biomedici devono essere, in varia misura, condizionati dai filtri. Il filtro provvede a
trattare il segnale per diversi scopi:
ƒ separare il segnale utile dal rumore;
ƒ eliminare segnali non desiderati mescolati a quello utile;
ƒ eliminare le frequenze in eccesso alla banda utile del segnale biologico;
ƒ eliminare frequenze molto basse (per esempio, la componente continua).
I filtri possono essere classificati in analogici e digitali: essi differiscono per la natura dei segnali
d’ingresso e d’uscita. I filtri analogici processano ingressi analogici e generano uscite analogiche. I
filtri digitali processano e generano dati digitali.
Un filtro può essere progettato seguendo diversi metodi: i filtri passivi utilizzano solo componenti
passivi, come resistori, condensatori e induttori; i filtri attivi, invece, sono realizzati con
amplificatori operazionali e reti di reazione RC. I filtri attivi presentano grossi vantaggi rispetto ai
filtri passivi per semplicità circuitale di progetto, costi, ingombro, prestazioni e predominano nel
campo delle basse frequenze.
Ci sono quattro tipi di filtri: passa-alto, passa-basso, passa-banda e stop-banda (o notch) (figura 27):
ƒ filtro passa-basso: per eliminare componenti ad alta frequenza (per esempio, potenziali
muscolari nell’EEG);
ƒ filtro passa-alta: per eliminare componenti a bassa frequenza;
ƒ filtro passa-banda: combinazione dei due filtri precedenti;
ƒ filtro elimina banda (notch): per eliminare singole componenti a frequenza nota (per
esempio, la frequenza di rete di alimentazione 50 Hz).
CONVERSIONE ANALOGICO/DIGITALE
Il processo di digitalizzazione di un segnale è denominato conversione analogicodigitale (A/D). Il
processo inverso tramite il quale da un segnale digitale si ottiene nuovamente un segnale analogico
è chiamato conversione D/A. La conversione analogico/digitale è necessaria per diversi scopi.
Questo processo è estremamente importante qualora si voglia elaborare un segnale attraverso
sistemi numerici digitali. L’elaborazione digitale rispetto a quella analogica presenta caratteristiche
di maggiore versatilità e flessibilità, nonché un minor costo. Inoltre la conversione A/D presenta dei
vantaggi non solo in termini di elaborazione, ma anche per la memorizzazione e la trasmissione
delle informazioni.
Il processo di conversione A/D consta di tre stadi: campionamento, quantizzazione e codifica
numerica (figura 28).
Figura 28: Schema a blocchi del processo di conversione A/D
Il campionamento è l’operazione che consente di discretizzare l’asse temporale del segnale
analogico, mentre la quantizzazione rende discreti i valori che può assumere il segnale. Infine, il
processo di codifica converte la sequenza numerica in un flusso di bit.
Durante il processo di campionamento si estraggono valori del segnale analogico in determinati
istanti temporali (figura 29); se il campionamento è uniforme questi istanti temporali sono
equispaziati di una quantità indicata con T, periodo di campionamento. L’inverso del periodo di
campionamento rappresenta la frequenza di campionamento ed è misurata in campioni al secondo o
Hertz.
dove B è la banda del segnale. Se si rispetta il teorema di Shannon dal segnale campionato si riesce
virtualmente a ricostruire il segnale continuo e non c’è perdita di informazione.
Se si scelgono frequenze di campionamento che non rispettano tale condizione, si osserva il
cosiddetto fenomeno di aliasing (figura 31). Per minimizzare l’aliasing, è opportuno che il segnale
in ingresso sia limitato in banda (filtro anti-aliasing) e deve essere usata una frequenza di
campionamento adeguata.
Figura 31: Aliasing
Figura 29: Segnale analogico (in alto) e segnale campionato (in basso)
La quantizzazione corrisponde alla discretizzazione dell’asse delle ampiezze. In particolare i valori
delle ampiezze che il segnale assume sono raggruppati in un determinato numero di insieme
chiamati intervalli di quantizzazione (Δ). Ad ogni intervallo di quantizzazione è associato un livello
di quantizzazione (figura 32). L’ampiezza di un singolo livello è chiamata passo di quantizzazione.
In generale il campionamento determina una perdita di informazione. Se non si sceglie
adeguatamente la frequenza di campionamento, diventa difficile ricostruire il segnale originario.
Nella figura 30 è evidenziata tale problematica. Un numero di campioni troppo basso (riquadri in
basso) impedisce una corretta ricostruzione del segnale originario.
Figura 32: Esempio di quantizzazione
Figura 30: Campionamento ed interpolazione
Dato un segnale x(t) esiste un valore di frequenza di campionamento, detta frequenza di Nyquist,
che preserva l’informazione del segnale, cioè consente di ricostruire il segnale continuo dal segnale
campionato. In particolare, il teorema di Shannon afferma che:
Fc (frequenza di campionamento)>2B (frequenza di Nyquist)
Tutti i valori compresi in un certo livello vengono codificati con una stessa stringa di bit. In genere
il numero di livelli di un convertitore (M) è una potenza di 2. Pertanto sono necessari un numero di
bit pari a:
b=log2M
per codificare i livelli in uscita dal quantizzatore. Per esempio se si hanno 8 livelli da codificare, il
numero di bit da usare è pari a 3.
AMPLIFICATORE PER BIOPOTENZIALI
In questa sezione è riportata la descrizione di un amplificatore commerciale prodotto dalla GTEC
per l’acquisizione di biopotenziali (figura 33). Con il termine di amplificatore, in tal caso, è indicato
uno strumento che effettua non solo l’amplificazione del segnale in ingresso, ma che è costituito da
tutti quei blocchi circuitali che si trovano tra il trasduttore e il PC.
In particolare nella figura 34 è riportato il diagramma a blocchi del sistema. È possibile distinguere
la sezione di amplificazione, filtraggio passa-basso, conversione A/D. Vi è poi la sezione di
isolamento tra il paziente e le apparecchiature a valle. I dati in uscita dal convertitore sono trasmessi
al PC per le elaborazioni tramite un’interfaccia USB
Figura 33: Amplificatore per biopotenziale (gtec)
Figura 34 : Diagramma a blocchi e specifiche tecniche dell’amplificatore gtec
Nel secondo riquadro della figura 34 sono riportate le caratteristiche tecniche di questo strumento.
Sono indicati:
ƒ il tipo di segnali che il dispositivo può ricevere in ingresso;
ƒ il segnale in uscita
ƒ il numero di canali
ƒ le caratteristiche della sezione di amplificazione (guadagno, impedenza di ingresso, livello
di rumore, etc…)
ƒ le frequenze di taglio dei filtri che l’utente può regolare;
ƒ le dimensioni fisiche e il peso;
ƒ le certificazioni.
ELABORAZIONE DI SEGNALI BIOMEDICI
L’elaborazione di un segnale può essere un’operazione semplice o complessa, come per esempio, la
ricostruzione di un’immagine tridimensionale. L’utilizzo di processori digitali per l’elaborazione
dei segnali ha determinato numerosi vantaggi.
Si possono distinguere i seguenti casi:
ƒ analisi nel dominio del tempo: il segnale è analizzato rispetto alla variabile tempo;
ƒ analisi nel dominio della frequenza: è analizzato lo spettro delle frequenze che costituisce il
segnale;
ƒ modellizzazione: la creazione di modelli di generazione del segnale consente di stimare in
modo indiretto le variabili fisiologiche di interesse.
ANALISI NEL DOMINIO DEL TEMPO
Dall’esame dell’andamento temporale di un segnale è possibile ricavare diversi parametri. Nella
figura 35 sono indicati alcuni di questi parametri, come l’ampiezza massima negativa e positiva del
segnale e l’ampiezza picco-picco, rappresentata dalla differenza tra il valore di ampiezza massima e
il valore di ampiezza minima.
Figura 35: Parametri estratti nel dominio del tempo
Altri parametri che caratterizzano il segnale nel dominio del tempo sono:
ƒ valor medio di un segnale su un intervallo [T1,T2]:
Figura 36: Segnale sinusoidale nel dominio del tempo (a) e spettro di frequenza ottenuto con la Trasformata di
Fourier (b); segnale sinusoidale con rumore (c) e spettro di frequenza (d)
ƒ
valore efficace (root mean square, RMS): rappresenta la radice quadrata della potenza media
del segnale in un dato intervallo di tempo:
ƒ
potenza media normalizzata:
Dalla Trasformata di Fourier è possibile valutare la densità spettrale di potenza, definita come:
L’integrale della densità spettrale di potenza rappresenta la potenza media normalizzata del segnale:
.
ANALISI NEL DOMINIO DELLA FREQUENZA
L’analisi dei segnali nel dominio della frequenza è uno strumento fondamentale per l'analisi delle
componenti frequenziali presenti in esso. La Trasformata di Fourier permette di passare da una
rappresentazione dei segnali nel dominio del tempo ad una rappresentazione nel dominio della
frequenza (figura 36). Per segnali continui, l’espressione della Trasformata è:
mentre per i segnali discreti:
dove N è il numero dei campioni che rappresenta il segnale.
.
Figura 39 : Creazione di modelli anatomici cerebrali in ambiente Matlab
Figura 37: Visualizzazione dei segnali nel dominio del tempo in ambiente Matlab
RIFERIMENTI
1. De Rossi D., Ahluwalia A., Mazzoldi A., Pede D., Scilingo E. P., Sensori per misure
biomediche, Patron Editore.
2. Carr J. J., Brown J. M., Introduction to Biomedical Equipment Technology, Prentice Hall.
3. Webster J. G., Medical Instrumentation, John Wiley & Sons.
4. Bronzino J. D., The Biomedical Engineering Handbook, CRC Press LLC.
5. National Instruments, www.ni.com.
Figura 38 : Interfaccia grafica per l’analisi nel dominio della frequenza in ambiente Matlab