Il "Candelaio" di Giordano Bruno messo in scena da Luca Ronconi

Il "Candelaio" di Giordano Bruno messo in scena da Luca Ronconi
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INDIA Il "Candelaio" di Giordano Bruno messo in scena da Luca Ronconi Al Teatro India debutta
"Candelaio" di Giordano Bruno con la regia di Luca Ronconi. In questo testo, scritto alla fine del
Cinquecento, l' autore intreccia la storia delle burle orchestrate da Messer Gioanbernardo pittore e da
Sanguino per punire tre individui: il libidinoso che, sposato, e' colto da passione per una giovane; il
pedante con il suo vezzo di parlare piu' in latino che in italiano; l' alchimista, in cerca della ricetta per
produrre in casa l' oro. "Candelaio", secondo Ronconi, e' un omaggio alla liberta' del pensiero, alla lotta
di ogni societa' contro la superstizione e l' ignoranza. Lo spettacolo dura cinque ore. TEATRO INDIA da
oggi al 6 dicembre, ore 20, lungotevere dei Papareschi, tel. 06.553.008.94
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(19 novembre 2001) - Corriere della Sera
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Candelaio di Luca Ronconi
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http://www.giordanobruno.it/candelaiodi ronconi.htm
locandina
Candelaio
di Giordano Bruno
regia Luca Ronconi
elementi di scenografia Giovanni Montonati
costumi Gianluca Sbicca, Simone Valsecchi
collaborazione al pianoforte Patrizia Troiani
musiche a cura di Paolo Terni
luci Gerardo Modica
con (in ordine di locandina)
Luciano Roman, Valentino Villa, Marco Andriolo, Massimo De Francovich,
Giovanni Crippa, Massimo Popolizio, Mauro Avogadro, Riccardo Bini, Laura
Marinoni, Galatea Ranzi, Cristina Spina, Manuela Mandracchia, Anna Gualdo,
Francesco Colella e con Vladimiro Russo, Stefano Moretti, Raffaele Esposito,
Pasquale Di Filippo, Nicola Bortolotti, Francesco Vitale, Simone Toni, Maurizio
Ciccolella, Nicola Orofino, Mirko Soldano e Salvo De Franchis, Stefania
Giambona, Giovanni Lo Monaco, Fabio Manno, Giuseppe Pernice, Giuseppe
Provinzano, Gabriele Zummo
coproduzione
Piccolo Teatro di Milano
Teatro Biondo Stabile di Palermo
24 e 25 ottobre, ore 20.30, anteprime della prima e della seconda parte
Dal martedì al venerdì lo spettacolo sarà presentato in due serate con inizio alle 20.30
Versione integrale il sabato a partire dalle 18.30 e la domenica a partire dalle 16
Venerdì 26 ottobre, prima rappresentazione, versione integrale con inizio alle 18.30
Agli spettatori sarà fornita in omaggio un'ampia guida allo spettacolo
calendario
Venerdì 26 ottobre, ore 18.30 (integrale)
Sabato 27 ottobre, ore 18.30 (integrale)
Domenica 28 ottobre, ore 16 (integrale)
Lunedì 29 ottobre riposo
Martedì 30 ottobre, ore 20.30 ( I parte)
Mercoledì 31 ottobre, ore 20.30 (II parte)
Giovedì 1 novembre, ore 20.30 (I parte)
Venerdì 2 novembre, ore 20.30 (II parte)
Sabato 3 novembre , ore 18.30 (integrale)
Domenica 4 Novembre, ore 16 (integrale)
Lunedì 5 novembre riposo
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Candelaio di Luca Ronconi
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Martedì 6 novembre, ore 20.30 (I parte)
Mercoledì 7 novembre, ore 20.30 (II parte)
Giovedì 8 novembre, ore 20.30 (I parte)
Venerdì 9 novembre, ore 20.30 (II parte)
Sabato 10 novembre, ore 18.30 ( integrale)
Domenica 11 novembre, ore 16 (integrale)
in collaborazione con il Teatro di Roma
Candelaio è al Teatro India dal 19 novembre al 6 dicembre 2001
Candelaio di Giordano Bruno è stato presentato a fine maggio 2001 al Teatro Bellini di
Palermo. Lo spettacolo in autunno aprirà la stagione del Piccolo al Teatro Studio di
Milano. In questo testo -scritto da Bruno alla fine del Cinquecento- l’autore intreccia la
storia delle burle orchestrate da Messer Gioanbernardo pittore (Luciano Roman) e da
Sanguino (Riccardo Bini) per punire tre individui: il "libidinoso" Bonifacio (Massimo
De Francovich) che, sposato alla bella Carubina (Laura Marinoni), è colto da un’insana
passione per la giovane Vittoria (interpretata a Milano da Galatea Ranzi, nelle recite
romane da Cristina Spina); il pedante Manfurio (ruolo sostenuto a Milano da Mauro
Avogadro, nelle repliche romane da Massimo Popolizio) con il suo vezzo di parlare più
in latino che in italiano; l’alchimista Bartolomeo (Giovanni Crippa), disperatamente in
cerca della ricetta per produrre in casa l’oro.
Collocato all’interno di una struttura scenica senza tempo di scale e porte, Candelaio
secondo Luca Ronconi è un omaggio alla libertà del pensiero, alla violenza iconoclasta,
alla lotta di ogni società e di ogni secolo contro la superstizione e l’ignoranza. Ma è
anche l’esplorazione di una nuova possibilità drammaturgica: "La commedia di Bruno
-dice Ronconi- è a mio avviso un magistrale modello, toccante e sconvolgente, di
antidrammaturgia, di un testo la cui straordinaria forza teatrale è tutta nel suo rifiuto
della teatralità convenzionale e nel suo parallelo affondare nel reale più primitivo e
brutale".
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Luca Ronconi
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IL CANDELAIO
di Giordano Bruno
Venezia
TEATRO LA FENICE
XXVII Festival
Internazionale del
Teatro di Prosa
2 ottobre 1968
Complesso associato registi-attori
Valentina Fortunato, Luca Ronconi e Mario Scaccia
Caerubina Valentina Fortunato
Scaramuré Antonio Casagrande
Proprologo Pierangelo Civera
Il candelaio Bonifacio Sergio Fantoni
Ascanio Marzio Margine
Il mago Bartolomeo Mariano Rigillo
Sanguigno Alessandro Sperlì
Pollula Giancarlo Prati
Manfurio Mario Scaccia
Lucia Laura Betti
Gioan Bernardo Roberto Herlitzka
Cencio Graziano Giusti
Marta Pina Cei
Vittoria Daria Nicolodi
Barra Vincenzo Alfonsi
Marca Pino Fuscà
Corcovizzo Ninetto Davoli
Mochione Nino Bignamini
Consalvo Cesare Gelli
Primo mariuolo Tommaso Gueli
e con
Nicola Montenero
Scene Mario Ceroli
Costumi Enrico Job
Regia Luca Ronconi
Lucia
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Il candelaio, commedia in cinque atti di Giordano Bruno, scritta e pubblicata a
Parigi nel 1582, fu anche definita “commedia della pazzia”, e così era stata
interpretata da Luca Ronconi che ne curò l’adattamento e la regia. Questa
rappresentazione fu oggetto di molte critiche sia al testo, per la rimproverata
soppressione di alcuni nodi del raccordo e dello sviluppo dell’azione, sia per la
messa in scena. I costumi di Job erano un assemblage che si accordava all’interpretazione che Ronconi aveva dato del testo, fatta di sovrapposizioni e di
accostamenti di vari linguaggi. Così come i costumi, che vennero confezionati con avanzi di abiti usati, ritagli di stoffe, tappezzerie e altri materiali recuperati dai rivenditori di stracci. In questo spettacolo, come anche nel Riccardo III,
fu molto evidenziato che scene, costumi e regia, concorrevano in egual modo
alla realizzazione dello spettacolo senza che uno specifico prevalesse sull’altro,
anzi, mantenendo ciascuno le proprie forti caratteristiche espressive (n. d. r.).
“Ronconi ha tagliato ma con giudizio, salvando quanto era possibile non solo
della trama, ma anche, soprattutto, del contesto intellettuale, da cui trae origine la scelta dei costumi di Enrico Job, variamente pervasi di follia” (Giorgio
Prosperi, Protagonista il linguaggio nel “Candelaio” di Giordano Bruno, Il Tempo,
9 ottobre 1968).
“Bellissimi alcuni costumi di Enrico Job, e mi pare che qui il costumista abbia
realizzato più invenzioni che nel Riccardo III” (Elio Pagliarani,“Candelaio” contro i potenti, Paese Sera, 9 ottobre 1968).
“È certamente riconoscibile il segno dello stile ronconiano: il registro della
deformazione allucinata che ricorda da vicino quello adottato da Ronconi per
un testo, di assai diverso stampo, come I lunatici. Il modulo della deformazione, nel Candelaio, ha una funzione squisitamente drammatica che dona alla
commedia la sua dimensione multipla e il suo tono inquietante.‘Per me il fatto
drammatico del Candelaio – afferma Ronconi – non è nel far capire quel linguaggio al pubblico ma proprio nel farlo incomprensibile, naturalmente non
Il candelaio, a five-act play by Giordano Bruno, written and staged in Paris in
1582, has been described among other things as a “play about madness”, and thus
was it interpreted by Luca Ronconi, who adapted and directed it. This production
was the object of much criticism, not only for its suppression of certain key elements
of the plot, but also for the way it was staged. Job’s costumes were an assemblage
harmonizing with Ronconi’s interpretation of the text, which consisted of
superimpositions and juxtapositions of various languages.As did the costumes, which
were patched together from old clothes, bits of material, upholstery and other material
obtained from rag sellers. In this production, as in Riccardo III, great stress was laid
on the fact that set design, costumes and direction played equal parts in the
realization of the play, without any one element’s prevailing over the other, each, on
the contrary, maintaining its own characteristics of expression (ed.).
“Ronconi has made cuts, but judiciously so, saving as much as possible not only of
the plot, but above all of the intellectual context, upon which Enrico Job has based
his choice of costumes, which are pervaded by madness in various ways” (Giorgio
Prosperi, Protagonista il linguaggio nel “Candelaio” di Giordano Bruno, Il
Tempo, 9 October 1968).
“Some of Enrico Job’s costumes are beautiful, and I would say that in this
production the costume designer has been even more inventive than in Richard III”
(Elio Pagliarani, “Candelaio” contro i potenti, Paese Sera, 9 October 1968).
“The mark of Ronconi’s style is certainly there: his illustration of hallucinated
deformation which closely reminds us of that adopted for a very different text, I
lunatici. In Il candelaio, this deformation has a purely dramatic function, lending
the play its multiple dimension and its worrying tone. ‘For me, the dramatic point
of Il candelaio is not to make the audience understand this language,’ Ronconi
argues, ‘but precisely to render it incomprehensible, not, of course, by mumbling it,
but by rendering it crazy, absurd, indecipherable’. It is this reading which conditions
the actors’ interpretation, the set and the costumes.
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Bonifacio
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Proprologo
Scaramorè
Barra
Marca
balbettandolo, ma rendendolo pazzesco, assurdo, indecifrabile’. Da questa lettura, trae origine la scelta della recitazione, della scena e dei costumi.
“L’impianto squinternato della commedia, in piena luce, diviene così l’immagine di un totale dissesto, che coinvolge un mondo anche nelle sue forme.
E la farsa si trasforma in un colossale grottesco, con qualche manierismo,
viluppo di monologhi di pazzi in un ambiente felicemente non storicizzato
nella scena a più piani di Mario Ceroli, costituita da un accatastarsi di porte in
lunghe file, avvicinate, allineate, sovrapposte, sviluppando un facile simbolismo,
ma dando anche la possibilità funzionale di rinnovare continuamente le
dimensioni sceniche col semplice aprirsi e chiudersi degli usci: e così i personaggi vengono meccanicamente nascosti gli uni e agli altri e si trovano da un
momento all’altro sbalzati in primo piano” (Franco Quadri, La politica del regista, Il Formichiere, Milano, 1970).
Consalvo
“The eccentric structure of the play is exposed and becomes the image of a total
breakdown, which also involves a world in its forms. And the farce turns into an
enormous grotesque, with a certain degree of mannerism, a tangle of madmen’s
monologues in a happily ahistorical environment created by Mario Ceroli’s multilevel set, consisting of stacks of long rows of doors, one on top of the other,
superimposed, creating an easy symbolism but also creating the functional possibility
of continually renewing the set’s dimensions through the simple opening and closing
of the exits: thus the characters are mechanically hidden from each other and from
one moment to the next find themselves catapulted onto the front of the stage”
(Franco Quadri, La politica del regista, Il Formichiere, Milan, 1970).
Primo mariuolo
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Il filosofo all'opera
di Laura Bevione
Data di pubblicazione su web 01/06/2001
Un meccanismo scenografico imponente e composito sostituisce il
tradizionale palcoscenico con un labirinto di porte poste su più
livelli e completato a tratti da ulteriori elementi significativi, un
banco di scuola o gli alambicchi dell'alchimista, la testiera di un
letto o, sempre presenti, gli orologi. Una struttura suggestiva,
movimentata da un nutrito gruppo di macchinisti che ne spostano
parti, fanno spalancare le porte, corrono via con letti e scale
praticabili, distendono e sollevano teli candidi. Gli attori appaiono
da botole e usci, entrano ed escono dalla scena attraverso le scale
e le passerelle che incorniciano la costruzione, ne abitano nicchie o
zone sopraelevate, la percorrono correndo e saltando per vincerne
i dislivelli.
Il candelaio
cast & credits
L'ampiezza e la varietà della scena consentono di trascorrere senza
soluzione di continuità da un luogo all'altro e da una vicenda
all'altra, così da "disciplinare" l'irregolarità della commedia di
Bruno, un unicum stratificato ed eccessivo nel repertorio di un
Rinascimento che già trapassa in Barocco. Tre trame, tre beffe
volte a punire un'errata valutazione delle proprie qualità e delle
proprie conoscenze, si intersecano e si risolvono con una sconfitta
(anche tragica nel caso di Bartolomeo, che sceglie il suicidio) che
smentisce il modello tradizionale della commedia cinquecentesca
con il suo canonico lieto fine e la restaurazione dell'ordine violato.
L'universo dipinto da Bruno (che sceglie, appunto, come proprio
alter ego nella commedia un pittore, Gioan Bernardo, tessitore di
una delle trame e commentatore delle vicende) è retto da leggi
contrarie alla razionalità e alla lucentezza rinascimentali, un mondo
dominato dalla pazzia e da quell'ignoranza di sé che produce il riso
e giustifica in qualche modo gli autori della beffa.
L'imponente costruzione scenografica rivela allora la sua reale
valenza, aldilà dell'indubbio fascino spettacolare, e non si propone
unicamente come rimando ai labirintici quartieri napoletani in cui
la commedia è ambientata, bensì diviene correlativo visivo di
quella sovversione dell'ordine costituito messa in scena da Bruno.
E non solo: essa oggettivizza anche la struttura drammaturgica a
incastro escogitata dall'autore che alla linearità rinascimentale
sostituisce un fitto intrecciarsi di eventi e personaggi, anch'essi
incaricati di funzioni diverse a seconda della trama in cui si trovano
ad agire in quel particolare punto della commedia. Così Bonifacio,
patetico autore di ridicoli sonetti amorosi d'ispirazione
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Drammaturgia.it - Il candelaio, di Giordano Bruno, regia di Luca Ronconi
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petrarchesca indirizzati alla prostituta Vittoria, schernisce con
lucido cinismo le rivendicazioni di Marta, trascurata e maltrattata
dal marito Bartolomeo. E quest'ultimo, beffato per la sua assurda
pretesa di ottenere l'oro per mezzo dell'alchimia, brutalmente
irride la passione di Bonifacio.
Questa pluralità di funzioni drammaturgiche costringe gli attori a
ricorrere a registri recitativi anche opposti: ciò vale per Massimo
De Francovich/Bonifacio e Giovanni Crippa/Bartolomeo ma
anche per Laura Marinoni/Carubina e Anna Gualdo/Marta. In
una commedia essenzialmente "maschile" le donne - Carubina, la
giovane e bella moglie del fedifrago "in potenza" Bonifacio, l'astuta
e previdente Vittoria, Marta e Lucia, mezzana accorta ed esperta non abitano un microcosmo retto da logiche alternative alla follia
degli uomini, bensì ne condividono comportamenti e ragionamenti.
Alla tormentata Carubina, una Laura Marinoni dalla sicura
presenza scenica, sono sufficienti poche e semplici argomentazioni
per accettare le profferte amorose di Gioan Bernardo e tradire
senza troppi rimpianti o scrupoli il marito; mentre la Vittoria di una
Galatea Ranzi allo stesso tempo fanciullesca e scaltramente
seduttiva, inanella un proverbio dopo l'altro per convincersi della
necessità di mettere al sicuro il proprio futuro.
La Marta di una Anna Gualdo convincentemente mortificata trova
con facilità chi le dia quei piaceri che il marito ora si rifiuta di
offrirle; e Manuela Mandracchia disegna una Lucia sottilmente
intrigante e resa scafata dalla miseria e dalla fame. La mezzana
Lucia e il capo del gruppo di mariuoli Sanguino/Riccardo Bini
sono gli unici personaggi cui il regista attribuisce uno spiccato
accento dialettale, al fine di sottolinearne l'appartenenza non
soltanto a una precisa classe sociale ma, più significativo, a un
particolare universo mentale, pragmatico e terragno, con priorità
bassamente fisiologiche quali la fame e il sesso e tuttavia più
genuino e paradossalmente più onesto.
In evidente opposizione è il personaggio del maestro di scuola
Manfurio, interpretato da un Mauro Avogadro che ci ha ricordato
di avere doti e preparazione di attore tali da auspicare un suo
ritorno a questa attività negli ultimi anni trascurata, e senza troppo
successo, per la regia. Manfurio parla un latino stravolto e buffo
che lo condanna a non essere compreso e ne fa la vittima di
scherzi per eccellenza. La burla che lo vede coinvolto, tuttavia, è
l'unica della commedia priva di conseguenze: a differenza degli
altri due "beffati" Bartolomeo e di Bonifacio, il maestro non
modifica la propria vita bensì continua a risiedere nel proprio
autistico mondo di non comunicazione, quasi che Bruno ritenesse
la pedanteria un male talmente radicato da non essere più
estirpabile. A Manfurio, poi, l'autore affida il compito di concludere
la commedia, rivelando la finzione scenica e tornando a mischiarsi
con quel pubblico cui egli, come gli altri personaggi, ha fornito uno
specchio.
La vicinanza fra attori della commedia e spettatori ipotizzata da
Bruno è ripresa anche da Ronconi, che ha voluto un ingegno
scenografico che, oltre alle caratteristiche già indicate, invade
letteralmente la platea. La rottura delle convenzioni del tempo
operata da Bruno (e, non a caso, la sua commedia non fu allora
mai rappresentata e il primo allestimento risale addirittura al
1968) è riflessa dalla scelta di infrangere l'illusione teatrale
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Drammaturgia.it - Il candelaio, di Giordano Bruno, regia di Luca Ronconi
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assicurata
dall'arco
di
proscenio
e
di
avvicinare
"drammaticamente" interpreti e pubblico. Il regista è fedele
dunque alle intenzioni e alla poetica così come al testo del filosofo
nolano, di cui svela apertamente il travestimento sotto le spoglie
del pittore GioanBernardo.
A Luciano Roman, solido interprete di questo personaggio,
Ronconi affida l'apertura dello spettacolo, con la recita della lettera
dedicatoria alla signora Morgana, in cui Bruno presenta sé stesso e
la propria commedia. Il regista attribuisce a ciascun personaggio
un'individualità precisa e riconoscibile ed è consistentemente
aiutato a concretare il proprio progetto da un gruppo di attori dalla
sicura professionalità. Le creature di Bruno diventano tessere di un
mosaico di colori e di idioletti in cui convivono poveri e ricchi,
furfanti e pedanti, donne d'onore e meretrici, accomunati tutti da
un'etica che non è più tale, bensì una "recita" di essa, per cui
Sanguino può assumersi legittimamente il ruolo di giudice.
Ronconi affianca ai personaggi principali una folta schiera di
giovani, un "coro" per nulla oggettivo e mosso secondo dinamiche
proprie dello spettacolo lirico. L'intera messa in scena, d'altronde,
risente di questa impostazione che definirei "operistica" e che
rallenta consistentemente il ritmo dell'azione. La violenza della
prosa di Bruno e il realismo, spesso brutale, delle immagini e delle
situazioni,
perdono
le
loro
immediatezza
ed
efficacia,
compromesse da una certa meccanicità che, pur elegante, tradisce
l'intento fortemente polemico del filosofo, condannato al rogo
cinque secoli fa per la "spudorata" nudità senza compromessi delle
proprie convinzioni.
Firenze University Press
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