LA GIACITURA E LA DEFORMAZIONE DELLE ROCCE LA LEZIONE La stratigrafia permette di ricostruire la successione di eventi che hanno interessato la storia della Terra. Attraverso il principio di sovrapposizione stratigrafica, il principio di orizzontalità originaria e il principio di intersezione è possibile comprendere la successione e i rapporti esistenti fra i diversi corpi rocciosi. La stratigrafia è una disciplina delle Scienze della Terra attraverso la quale è possibile studiare la natura delle rocce, la loro successione temporale e i rapporti reciproci. Per mezzo di essa si può ricostruire la cronologia geologica ossia la successione di eventi naturali che hanno interessato la storia della Terra. La sedimentologia, ovvero la ricostruzione dei processi e degli ambienti di deposizione dei corpi litoidi sedimentari, e la tettonica, ovvero lo studio delle deformazioni e dei movimenti della litosfera che hanno portato alla giacitura attuale delle rocce, sono di supporto alla stratigrafia. Anche la paleontologia, e in particolare la micropaleontologia, cioè la datazione delle rocce attraverso la comparsa o l’estinzione di specie animali e vegetali, è di fondamentale importanza per studi di tipo stratigrafico. La stratigrafia sembra lontanissima da noi, poco conosciuta e destinata solo ad una nicchia di studiosi; in realtà da circa un secolo è entrata di prepotenza nelle nostre vite e ha contribuito in maniera sostanziale, nel bene e nel male, allo sviluppo della modernità. Infatti l’industria petrolifera ha cominciato ad investire ingenti risorse per la ricerca stratigrafica nel momento in cui ha intuito che era di fondamentale importanza per l’individuazione dei reservoir (rocce serbatoio cariche di olio o gas). Da quell’istante la stratigrafia è uscita dai manuali e dai musei ed è cambiata, e con essa anche l’umanità. La prima parte della lezione verte sulla lettura delle rocce in senso verticale (temporale) e in senso orizzontale (spaziale). Nella seconda parte verranno descritte le strutture più comuni che si possono facilmente individuare: le pieghe e le faglie. Infine si focalizzerà l’attenzione sul ruolo del geologo di campagna e su come questa figura risulti essere talmente specialistica da essere insostituibile. Le successioni litologiche Le rocce sedimentarie sono il risultato dell’alterazione, erosione, trasporto e nuova deposizione di rocce preesistenti. Il materiale, risultato dell’alterazione chimico-fisica di una roccia, viene preso in carico da agenti quali vento, ghiacciai, acqua e trasportato lontano dalla roccia di origine (roccia madre). La rideposizione avviene quando questi tre agenti non hanno più energia sufficiente per il trasporto e si può avere in due ambienti differenti, quello subaereo o subacqueo. Questa differenza genera una distinzione di facies nelle rocce sedimentarie che ne permette la caratterizzazione. La parola facies derivante dal latino significa aspetto e indica l’insieme dei caratteri litologici (vedi in seguito) di una roccia. Il tipo di facies riflette l’ambiente in cui questa roccia si è formata. Nelle rocce sedimentarie si distinguono facies continentali, marine e di transizione. Le facies continentali sono deposte sulle terre emerse (ambiente subaereo). Di queste fanno parte le facies moreniche, caratterizzate da ammassi di detriti trasportati e abbandonati dai ghiacciai e le facies fluviali, costituite da materiali di dimensione variabile depositati dal fiume. Le facies di transizione sono deposte nella fascia fra le zone marine e quelle continentali (ambiente subacqueo poco profondo). Ne sono un tipico esempio le facies palustri o dei laghi costieri. Le facies marine sono probabilmente le più studiate in geologia e appartengono al dominio marino (la deposizione si ha in ambiente subacqueo da poco profondo a molto profondo) e presentano una grande varietà di sedimenti. Lo studio delle facies marine ci permette di ricostruire la storia delle terre sin dalla loro fase di immersione; esse si dividono in litorali, neritiche e pelagiche. Le facies litorali caratterizzano i fondali bassi nelle fasce costiere o nella fascia compresa fra l’alta e la bassa marea. Le facies neritiche si trovano sui fondali sabbiosi o fondali rocciosi, dove vivono gli organismi bentonici. Infine le facies pelagiche si trovano lontano dalle coste e caratterizzano le piane abissali. Leggere le rocce in senso verticale (temporale) Le rocce sedimentarie possono essere distinte fra di loro in base alla litologia, termine che indica le caratteristiche complessive di una roccia, quali granulometria, tessitura, colore, durezza e composizione. Le differenze litologiche possono essere condizionate dagli effetti dell’erosione e della degradazione meteorica che risultano selettivi. In campagna alcuni elementi ci permettono di riconoscere litologie differenti; se si guarda un affioramento di rocce da una certa distanza è possibile individuare frequentemente rotture di pendio o scarpate; avvicinandosi ci si accorge che queste spesso caratterizzano un passaggio tra due litologie. In base alle caratteristiche litologiche e alla loro posizione nella successione stratigrafica le rocce sedimentarie possono essere classificate in unità litostratigrafiche. Le unità litostratigrafiche sono divise in: ∎ gruppo: è un’insieme di formazioni. ∎ formazione: è l’unità fondamentale e viene evidenziata sulle carte geologiche con un colore e una sigla. Una formazione geologica è un corpo roccioso con determinate caratteristiche litologiche, ben distinto dalle formazioni soprastanti e sottostanti, originatosi in un ambiente rimasto a lungo costante. ∎ membro: è l’unità inferiore della formazione. ∎ lente e lingua: la lente è un corpo roccioso, racchiuso all’interno della formazione, che mostra distinte caratteristiche; la lingua, termine utilizzato raramente, indica i prolungamenti laterali della formazione. ∎ strato e orizzonte guida: sono livelli ben definiti caratterizzati da una grande continuità laterale. In una sequenza stratigrafica i singoli strati appaiono separati da piani di strato, e la deposizione dei differenti strati da origine alla stratificazione (figura 1). L’orizzonte guida è un livello con caratteristiche peculiari che ne permettono la facile individuazione. fig.1 Le scogliere stratificate in Irlanda nell’area di County Clare Lo studio della formazione geologica è alla base della stratigrafia, disciplina delle Scienze della Terra che ne studia la natura, la successione e i rapporti reciproci. Attraverso la stratigrafia è possibile ricostruire la sequenza di eventi geologici che hanno portato, ad esempio, alla scomparsa di una specie. Nicola Stenone, uno studioso danese, è considerato il fondatore di questa disciplina. Attraverso lo studio della successione e dei rapporti esistenti fra i diversi corpi rocciosi sono stati formulati i seguenti principi: principio di sovrapposizione stratigrafica, principio di orizzontalità originaria e principio di intersezione. Perché è fondamentale leggere le rocce verticalmente? In una sequenza stratigrafica si riconosce agevolmente che ogni strato mantiene la sua continuità ed è confinato da altri due strati, uno soprastante e uno sottostante. Il principio di sovrapposizione stratigrafica afferma che ogni strato è più vecchio delle rocce sovrastanti e più giovane di quelle sottostanti (figura 2). fig.2 Vista paronamica del Grand Canyon in cui è ben visibile la stratificazione orizzontale Tale principio permette di distribuire gli eventi nel tempo. Ad ogni strato infatti corrisponde un determinato evento avvenuto in uno specifico momento della storia geologica. Leggendo dall’alto verso il basso una sequenza di strati possiamo fare un viaggio a ritroso nel tempo ricostruendo l’evoluzione di quel luogo. L’osservazione degli strati a piccola scala può far emergere irregolarità come la variazione di spessore. Un altro carattere da considerare è la giacitura delle rocce che può presentarsi orizzontale o inclinata. Il principio di orizzontalità originaria afferma che le rocce sedimentarie si depongono in condizione di orizzontalità. Solo nel caso in cui il materiale non sia stato trasportato e sia rimasto nel luogo d’origine la superficie di deposizione potrebbe non essere orizzontale. In questo caso si parla di inclinazione iniziale caratterizzata da un angolo iniziale rispetto all’orizzontale. La deposizione orizzontale può essere osservata ad esempio in ambienti come le piane alluvionali o le piane abissali dei fondi oceanici. Nel caso in cui le rocce sedimentarie risultino inclinate sta a significare che sono intervenuti movimenti tettonici, successivi alla loro deposizione, che ne hanno alterato l’orizzontalità originaria. In zone molto complesse dal punto di vista strutturale, la stratificazione può inclinarsi fino a diventare verticale. Passato tale limite la stratificazione si rovescia e diviene fondamentale comprendere la polarità delle rocce sedimentarie ovvero quale è il tetto e il letto di uno strato per ricostruire la storia evolutiva di quel luogo. In una successione litologica può accadere che un livello intersechi gli altri. Il principio di intersezione afferma che lo strato che interseca gli altri è sicuramente più giovane della serie di strati attraversati. Risulta infatti impossibile pensare che questo strato possa intersecane altri che ancora non si sono formati. Un esempio frequente è la presenza di un dicco (vena di origine magmatica) all’interno di strati di rocce sedimentarie (figura 3). fig.3 Affioramento in cui è visibile una stratificazione di rocce sedimentarie attraversate da un filone di origine magmatica Dato il principio di sovrapposizione che come abbiamo visto permette di ordinare le rocce in successione stratigrafica, con gli strati più antichi alla base e più giovani alla sommità, possiamo enunciare il principio dell’identificazione degli strati attraverso i fossili. Le rocce sedimentarie possono contenere al loro interno resti fossili di piante e/o animali, incorporati al momento della deposizione. Le rocce sedimentarie vengono datate attraverso questi fossili sfruttando l’evoluzione biologica dell’ex organismo. Infatti una specie vivente è stata presente sulla terra in un certo intervallo di tempo, passato il quale può essersi evoluta in una nuova o può essersi estinta. Le specie particolarmente significative in stratigrafia prendono il nome di fossili guida e vengono utilizzate per marcare le diverse età della scala dei tempi geologici (colonna stratigrafica). L’età delle rocce può ulteriormente essere determinata attraverso le datazioni radiometriche. Leggere le rocce in senso orizzontale (spaziale) Questo tipo di osservazione rende possibile la ricostruzione laterale (in terra o in mare) dell’evoluzione terrestre. Il concetto di eteropia di facies indica il passaggio laterale fra due facies che vengono appunto chiamate eteropiche. Il sollevamento e l’innalzamento del livello marino è messo in luce attraverso lo studio delle successione di facies. La trasgressione (o ingressione) corrisponde al ritorno del mare su aree precedentemente emerse, mentre la regressione è il ritiro del mare da un area e corrisponde ad una emersione. Il ritiro o l’avanzata può cambiare sia nel livello e che nel tempo (durata) e può essere collegato a movimenti attivi della crosta terrestre e ad oscillazioni del livello del mare (movimenti eustatici). Cosa comporta tutto ciò nella genesi delle rocce? Le trasgressioni e regressioni lasciano in una sequenza stratigrafica delle tracce molto evidenti. Un’area che ha subito una regressione (ritiro del mare) seguita da una trasgressione (ritorno del mare) implica che, l’area precedentemente sommersa, è emersa per un determinato periodo prima di essere sommersa nuovamente. Avrò quindi una fase deposizionale legata alla prima immersione, seguita da una non deposizione dei sedimenti nel momento di emersione della terra, e infine avrò una riattivazione deposizionale dovuta alla nuova immersione (facies marine). Nelle rocce vedrò quindi un limite, ovvero un’interruzione strutturale, fra due sequenze sedimentarie di età diversa. Il limite corrisponderà al periodo di emersione in cui non ci sarà stata sedimentazione. Questa lacuna prende il nome di lacuna stratigrafica. Attraverso queste osservazioni è stato possibile ricostruire la geografia delle terre emerse durante l’evoluzione della storia geologica del nostro pianeta. Una trasgressione anche dal punto di vista geometrico può dare origine ad una discordanza angolare (angular unconformity) fra le rocce (figura 4). fig.4 Schema della formazione di una discordanza angolare Questa discordanza può essere: semplice, nel caso in cui gli strati precedenti e successivi alla trasgressione sono tutti paralleli, o angolare, in cui gli strati precedenti la trasgressione formano un certo angolo con quelli successivi. Le discordanze angolari si formano in seguito a movimenti della crosta e sono accompagnati da sollevamento ed erosione (fase di emersione) che interessano vecchie sequenze sedimentarie prima della deposizione di quelle più giovani (figura 5). fig.5 Esempio di discordanza angolare nella zona di San Lorenzo Canyon, New Mexico Le discordanze semplici o angolari corrispondono ad una interruzione della deposizione e possono essere utilizzate per effettuare una datazione stratigrafica. Le discordanze possono essere correlate cronologicamente su vaste aree anche lontanissime fra loro, ad esempio in continenti diversi; in questi casi i geologi si trovano di fronte alla possibilità di ricostruire la dinamica di eventi straordinari che hanno interessato l’intero globo terrestre o grandi porzioni di esso. Come si comportano le rocce sottoposte ad una azione esterna? La tettonica è lo studio delle strutture a diversa scala che originano deformazioni nelle rocce dopo la loro formazione. Osservando gli affioramenti è facile vedere rocce in cui gli strati sono inclinati, piegati o fagliati. Questo avviene perché le rocce sono state sottoposte all’azione di una forza. Una forza che agisce su una roccia tende ad alterare le sue caratteristiche originarie sia geometriche che strutturali. La forza F applicata su una superficie unitaria A viene chiamata sforzo (stress). Tale sforzo ha le dimensioni di una pressione e viene misurato in kbar. L’azione dello sforzo provoca nella roccia una deformazione che può essere elastica o plastica. Se prendiamo una sottile barretta metallica e la sottoponiamo ad un modesto sforzo e per un breve periodo applicato da due dita della nostra mano, la barra si piega; nel momento in cui rimuoviamo lo sforzo, la barretta riprende la forma che possedeva in partenza. Se l’intensità è modesta e il tempo è breve, la forza genera una deformazione temporanea e la barretta ha un deformazione elastica. Se pieghiamo la barra con maggior forza o la teniamo piegata per molto tempo, quando la forza cessa questa resta piegata, originando una deformazione permanente; la barra ha subito una deformazione plastica. In linea di massima questo è quello che avviene anche per le rocce anche se il comportamento di una roccia dipende da molti altri fattori: composizione e struttura, temperatura e pressione in cui avviene la deformazione, intensità e tempo di applicazione della forza. Le rocce durante una deformazione possono comportarsi in maniera plastica o rigida. Nel primo caso le rocce appaiono piegate, nel secondo caso fratturate. Cosa sono le pieghe? Gli strati ci appaiono frequentemente con una certa inclinazione. Per definire la giacitura di uno strato si utilizzano i termini immersione, direzione e inclinazione (figura 6). L’immersione è il punto sull’orizzonte, rispetto ai punti cardinali, verso cui immerge la linea di pendenza massima degli strati e si misura con la bussola; è il punto cardinale verso cui scorrerebbe un liquido versato sullo strato. L’inclinazione è l’angolo formato fra la linea di immersione e il piano orizzontale e si misura con il clinometro. La direzione è la linea perpendicolare all’immersione e si misura con la bussola. fig.6 Giacitura di uno strato Il piegamento di uno strato roccioso è un effetto che si può vedere quando la stratificazione cambia giacitura senza che si verifichi una interruzione nella continuità della stratificazione (figura 7). fig.7 Piega nella formazione di Livinallongo in provincia di Belluno La cerniera è il luogo dei punti di massima curvatura; l’asse di una piega è la linea che corre lungo le regioni di maggior curvatura di una piega. Si definisce inoltre vergenza di una piega l’inclinazione fino al ribaltamento del suo piano assiale. Le pieghe possono essere ad asse verticale (maggiori di 90°) inclinato (compreso fra 10° e 80°), e orizzontale (inferiore a 10°). Le pieghe sono definite anticlinali se sono costituite al nucleo da rocce più antiche (figura 8), sinclinali se presentano al nucleo rocce più giovani (figura 9). Inoltre una piega anticlinale è caratterizzata da fianchi che immergono in direzioni opposte, mentre una sinclinale presenta fianchi che immergono l’uno verso l’altro. fig.8 Due pieghe sinclinali raccordate da una anticlinale sovrastante la località di Zogno; fig.9 Piega anticlinale in località Pont-en-Royans, Francia Una piega può essere rovesciata o coricata. Il primo caso si verifica se il piano assiale è inclinato e la serie di rocce appare rovesciata, mentre il secondo se la serie appare rovesciata e il piano assiale è orizzontale. Una monoclinale è costituita da una zona a strati poco inclinati compresa da ambo le parti da strati a giacitura piana. Le pieghe sinclinali e anticlinali si definiscono sinformi e antiformi quando non è conosciuta la sequenza stratigrafica delle unità litologiche. Cosa sono le faglie? La faglia è una frattura in cui due porzioni di roccia risultano reciprocamente spostate. Lo spostamento può essere minimo, pochi centimetri, fino a interessare diversi chilometri di rocce. Attraverso il piano di faglia, ovvero il piano lungo il quale si è verificato lo spostamento, si possono correlare gli strati. Il piano di faglia risulta spesso striato e lucidato e prende il nome di specchio di faglia; lungo questo piano sono presenti numerosi frammenti di rocce (breccia di frizione o cataclasite). La giacitura di un piano di faglia è misurata con la bussola con un procedimento analogo alla giacitura di uno strato. In questo modo è possibile comprendere il movimento che hanno subito le porzioni di roccia e determinare il rigetto, ovvero lo spostamento relativo. Le faglie sono definite verticali, se il piano di faglia è verticale, o inclinate, se è inclinato. In questo secondo caso la porzione di roccia soprastante il piano di faglia prende il nome di tetto, mentre la sottostante di letto. Spesso risulta complesso comprendere come le due porzioni di roccia si siano mosse l’una rispetto all’altra. Le faglie sono divise in due grandi categorie: faglie a rigetto verticale, dirette o inverse, e faglie trascorrenti (figura 10). fig.10 Schema che rappresenta una faglia diretta, inversa e trascorrente Nelle prime il movimento è avvenuto verso l’alto o verso il basso lungo il piano di faglia parallelamente alla sua immersione. Nelle seconde il movimento è orizzontale parallelamente alla direzione del piano di faglia. Le faglie dirette o normali sono le più comuni ed indicano generalmente zone con movimenti di distensione tettonica (figura 11 A). fig.11 Faglia diretta (A) e inversa (B); a, tetto, b letto In una faglia diretta il tetto si è spostato verso il basso rispetto al letto (figura 12). fig.12 The Blue Anchor Fault in Gran Bretagna: un esempio di faglia diretta La faglia diretta può essere identificata dopo aver determinato la direzione di immersione. La presenza di serie coniugate di faglie normali inclinate in direzione opposta da origine alle faglie a blocchi delineando due strutture note come graben e horst (figura 13). Il graben è una depressione tettonica e si forma quando il blocco di faglie rigettato verso il basso giace fra due faglie normali l’una immergente verso l’altra. L’horst è esattamente l’opposto ovvero un blocco rimasto alto che giace fra due faglie normali che immergono allontanandosi in direzioni opposte e che hanno ribassato i blocchi laterali. fig.13 Schema di una struttura ad horst e graben Le faglie inverse, invece, sono generalmente associate a zone di compressione tettonica che portano all’accavallamento di masse rocciose (Figura 11 B). In una faglia inversa il tetto si sposta verso l’alto rispetto al letto (figura 14). La faglia inversa può essere identificata dopo aver determinato la direzione di immersione. fig.14 Esempio di faglia inversa in Montana, USA Esistono faglie di compressione associate a piegamento. La piega faglia si forma quando il piegamento non può rispondere ad una nuova compressione orizzontale e, come dice il termine stesso, la piega si faglia. Le faglie trascorrenti sono caratterizzate da movimenti orizzontali piuttosto che verticali. I movimenti lungo tali faglie si dividono in destrorsi o sinistrorsi. Tale distinzione si effettua individuando la posizione della porzione di roccia situata dall’altra parte del piano di faglia rispetto all’osservatore (figura 15). Il piano di faglia è verticale. fig.15 Esempio di faglia trascorrente destra nel Nevada, USA Le faglie trasformi sono particolari faglie a scorrimento orizzontale, ovvero parallelo alla direzione del piano di faglia. Le faglie trasformi tagliano perpendicolarmente le dorsali oceaniche, che appaiono come una lunga linea retta divisa in una serie di segmenti spezzati (figura 16). fig.16 Schema di una dorsale oceanica:a, fossa tettonica, b, faglia trasforme; c, coltre di sedimenti recenti I sovrascorrimenti Nelle Alpi e negli Appennini sono molto frequenti strutture denominate sovrascorrimenti. I sovrascorrimenti possono essere considerati faglie inverse, il cui piano di faglia si presenta con un angolo molto basso. Le masse sovrascorse in genere provengono da zone non molto lontane (al massimo una decina di chilometri) rispetto alla loro posizione attuale. Le falde di ricoprimento sono lembi di materiale che si sono sovrapposti a formazioni geologiche originarie, e talvolta possono avere un’età più antica dei sedimenti sottostanti. Le aree in cui è possibile vedere il substrato presente al di sotto di una falda di ricoprimento prendono il nome di finestre tettoniche. Al contrario le porzioni di falda rimaste isolate dal resto del materiale prendono il nome di Klippen o lembi di ricoprimento. Il geologo di campagna: il rilevamento geologico e strutturale Il geologo di campagna effettua sul terreno un lavoro di rilevamento, riconoscimento e descrizione delle litologie il cui risultato finale è la redazione di una carta geologica. Egli studia ad una scala appropriata la natura dei singoli affioramenti e i rapporti reciproci esistenti. I suoi strumenti sono una lente, una bussola, un martello, una carta topografica e l’inseparabile quaderno di campagna. La lente è di aiuto per determinare il tipo di roccia affiorante, la litologia e il tipo di tessitura; la bussola per orientarsi e determinare la giacitura degli strati o di eventuali faglie; il martello, usato con molta parsimonia, serve di supporto per l’identificazione delle rocce e la messa in luce di eventuali fossili. La carta topografica serve per cartografare gli affioramenti e il quaderno di campagna per annotare le giaciture, schematizzare sezioni stratigrafiche ed eventuali annotazioni. Queste nozioni celano, dietro la loro semplicità, uno studio ed una preparazione approfondita che rendono il geologo in assoluto una delle figure più specialistiche in ambito professionale. Saper riconoscere una particolare litologia, la giacitura di un affioramento, una faglia attiva ad esempio, può esser d’importanza vitale, basti pensare a crolli di edifici da cedimenti del terreno o a frane catastrofiche o ancora a terremoti devastanti. Questi sono solo alcuni degli innumerevoli aspetti che il geologo controlla sul territorio, riconoscerli e studiarli in tempo può contribuire a limitare la perdita di beni ma soprattutto di vite umane. Da sempre lo studio della geologia e del territorio e la divulgazione da parte del geologo delle proprie conoscenze è uno degli strumenti per il rispetto e la tutela della natura e delle sue meraviglie.