Morfologia verbale. Sequenze acquisizionali dell` italiano L2 e breve

Morfologia verbale. Sequenze acquisizionali dell’ italiano L2 e breve confronto con l’acquisizione dell’italiano
L1
presente
presente
presente
presente
presente
presente
presente
presente
presente
1
participio
participio
participio
participio
participio
participio
participio
participio
2
Infinito (non retto)
infinito
infinito
infinito
infinito
infinito
infinito
3
pass.prossimo
pass.prossimo
pass.prossimo
pass.prossimo
pass.prossimo
pass.prossimo
4
imperfetto
imperfetto
imperfetto
imperfetto
imperfetto
5
stare +ger.
stare +ger.
stare +ger.
stare +ger.
6
trap. prossimo
trap. prossimo
trap. prossimo
7
futuro
futuro
8
Condizion.,
cong.
9
Le sequenze sono spesso implicazionali: se si possiede la n.5, si sono già acquisite le nn. 1,2,3,4.
Il verbo italiano presenta una struttura relativamente regolare, caratterizzata da un buon indice di trasparenza; ma documenta una notevole casistica di
fenomeni di allomorfia (variazione formale: cado, caddi, scrivo, scrissi) e, in misura minore, di suppletivismo, o polimorfia lessicale (andare, vado). Pertanto
l’acquisizione del verbo italiano costituisce un percorso non semplice, soprattutto quando risulti effettuato in contesto non guidato.
Per il bambino che apprende l’italiano L1 le differenze di stili di apprendimento nascondono o sovvertono l’ordine con cui categorie e valori appaiono in
superficie.
La morfologia verbale in italiano è assai complessa. E’ necessario scegliere un morfema finale, e i morfemi sono fortemente cumulativi (“fac-ev-ano”). Pesa
sull’input la varietà di lingua rivolta ai bambini (baby-talk) o agli stranieri (foreigner-talk), in cui vengono operate massicciamente semplificazioni.
1. La terza persona, a volte la seconda, infine la prima (medesima tendenza nell’apprendimento dell’italiano L1). Solo in seguito le forme plurali. Si tratta di un
presente abituale piuttosto che di un presente temporale: viene usato non per il suo valore valore deittico, ma perchè poco marcato morfologicamente. Viene
preceduto da forme non analizzate.
2. Ha valore di opposizione aspettuale più che temporale, come del resto nella L1 di bambini italofoni. Per indicare il tempo passato, si usano ampiamente forme
lessicali (ad esempio, avverbi di tempo), cosa che avviene poco nell’apprendimento dell’italiano L1. La coppia presente (3^ o 2^ persona)/ part. perfetto permette
di elaborare un primo “sistema” verbale, lungo l’asse aspettuale.
3. Nei bambini italofoni è precoce e marcato da una modalità richiestivo-iussiva (“andare” per “voglio andare”, etc.); in seguito appaiono presto i verbi modali, e
sempre abbastanza presto l’infinito retto da verbi (“guardo scrivere mamma”). Contrariamente a quanto talora ingenuamente si ritiene (e si tende a praticare
nel foreigner-talk), l’infinito non è affatto la forma-base del verbo per gli apprendenti l’italiano come L2. La preminenza dell’infinito à assai rara, e legata
sempre a una esposizione ridotta alla L2, e può risentire di un input drasticamente semplificato da parte dei nativi, col ricorso al foreigner talk agrammaticale.
Nel sistema verbale indicato nella nota 2, viene ad affiancare il presente perchè se ne percepisce ancor meglio la dimensione aspettuale imperfettiva,
continuativa. Ma si presta anche a usi modali (congiuntivo, condizionale): “io penso così, trovato bene qui, rimanere” (per vorrei rimanere, mi piacerebbe
rimanere , apodosi dopo la protasi introdotta da “io penso”).
5. Ha valore di passato imperfettivo, poi avrà funzione di passato deittico, e solo più tardi acquisterà valori modali (potenziali, “io volevo l’acqua”, ludici
“facciamo che io ero”, imminenziali “cadevo”). Nei minori italofoni permette la prima vera opposizione passato/presente. In mancanza di altre forme di passato,
viene adoperato anche per flettere verbi i cui significati richiederebbero una marca di perfettività (“cadevo” per “caddi”). Come nel parlato (e non solo)
standard italiano, si presta ad usi assai ampi, per esempio per rimpiazzare un più arduo condizionale composto: volevo vedere dove andava a parare per volevo
rendermi conto di dove sarebbe andato a parare. E, spesso con verbo modali: volevo venire, ma non ho potuto (=avrei voluto...), e se ce l’avevo, ce la chiedevo
mica a lei (la biro, in una canzone di Jannacci). Normalmente il primo imperfetto usato è quello del verbo essere, alla I e III persona singolare, a volte anche
per costruire, analiticamente, imperfetti di altri verbi (ero mangia=mangiava, mangiavo).
6. A volte nei bambini il gerundio anche in espressioni imminenziali (“mamma, cadendo!”).
8. Per indicare il tempo futuro, si usano ampiamente forme lessicali (ad esempio, avverbi di tempo), come nell’apprendimento dell’italiano L1 (qui c’è una
differenza con il passato), e come del resto nell’uso standard, soprattutto parlato: domani vado a Pisa. Nei bambini italofoni compare inizialmente con valore
inferenziale (“chi sarà?”), e solo più tardi con valore deittico, probabilmente per lo scarso input in quest’ultimo senso. Forti le corrispondenze con
l’apprendimento dell’italiano L2. Su questo piano spesso le richieste scolastiche contraddicono l’input diffuso. Si mostrano più sensibili invece, gli apprendenti in
L1 ed L2, per gli usi non deittici del futuro: il futuro epistemico, con sfumature di incertezza: come la prenderà adesso? e quello deontico, indicante volizione:
gliene dirò quattro!
E’ possibile che il ritardo registrato nell’acquisizione del passato remoto sia dovuto allo scarso input dei soggetti osservati nella letteratura specializzata (di
provenienza padana), e che il ben più frequente input in Toscana ne favorisca una acquisizione meno tardiva (ma non molto).
Modalità.
9. Attestate forme precoci di condizionale, ma si tratta di famule inanalizzate (vorrei, sarebbe)