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Estratto da Il Fisioterapista 4-2012
BIOMEDICAL STATISTICS & CLINICAL EPIDEMIOLOGY
Studio osservazionale
di coorte: risultati
Massimo Bitocchi
Fisioterapista, Orthopaedic Manipulative Therapist – IFOMPT, Loreto (AN)
Questa sezione è stata creata con lo scopo di fornire elementi di base in materia di epidemiologia e biostatistica. Molto si parla di evidence-based medicine e nel nostro caso di evidence-based
physiotherapy ed evidence-based practice, ma questi temi si intersecano strettamente e non sarebbe possibile scinderli. Un professionista dedicato e coscienzioso dovrebbe possedere capacità
critiche sufficienti in modo tale da poter filtrare efficientemente la letteratura biomedica esaminata. Dovrebbe riuscire a reperire in letteratura quale sia il test gold standard utilizzato per testare una
determinata struttura fisica e valutare le potenzialità dello stesso in termini di sensibilità, specificità, valore
predittivo eccetera; dovrebbe poter giudicare le conclusioni alle quali perviene uno studio così poi da poter
arricchire la propria pratica clinica di trattamenti con provato effetto positivo sugli outcome di riferimento
e vantaggiosi dal punto di vista costi-benefici.
Per raggiungere tali obiettivi si cercherà di trattare sinteticamente e in maniera analitica gli studi primari
e i principali studi secondari affrontando di volta in volta le loro caratteristiche di base e gli elementi statistici peculiari degli stessi. Attraverso questi approfondimenti si dovrebbe migliorare le proprietà interpretative degli operatori sanitari durante la lettura e le analisi degli studi biomedici disponibili in letteratura
scientifica.
D
opo aver analizzato, nel precedente numero, gli elementi
essenziali per specificare quella
che è definita validità interna di
uno studio di coorte, che chiarisce se la ricerca effettuata è stata
condotta con un certo rigore metodologico, è necessario valutare
la rilevanza clinica dello studio di
coorte, capire cioè se i risultati ai
quali lo studio perviene siano o
meno importanti ai fini clinici.
VARIABILI
La differenza principale che si
riscontra tra le variabili continue
e quelle dicotomiche è che per le
prime verranno definite le escursioni dei valori all’interno dei
quali si verificherà una modifica
del parametro d’occorrenza a
seguito dell’azione del fattore di
rischio o determinante considerato, confrontando poi medie e
mediane. Per le seconde invece
si dovranno tabulare i dati in una
tabella di contingenza 2 × 2 (figura 1) e a seguire verranno forniti
i valori delle frequenze con cui si
manifestano gli esiti nei gruppi
ESITO NO
ESPOSTI
A
B
NON ESPOSTI
C
D
Figura 1
Tabella di contingenza per le variabili dicotomiche.
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ESITO SÌ
Il Fisioterapista
Il primo elemento da considerare riguarda le variabili e in modo
particolare definire se esse sono
continue oppure discrete (anche
dette dicotomiche). Le prime si
riferiscono a fattori o componenti ai quali è possibile attribuire un valore numerico, come per
esempio la glicemia, la temperatura corporea, la pressione arteriosa o per mantenerci in ambito
riabilitativo la scala numericoverbale VAS, la quale definisce
l’intensità del dolore percepito,
o per esempio la quantità dell’escursione articolare (range of
motion).
Le variabili discrete o dicotomiche invece riguardano quel
tipo di variabili a due modalità,
dette anche variabili a modalità
binaria. L’esempio più famoso
è fornito dal genere o sesso di
un individuo che può essere del
tipo maschio o femmina o da
quelle condizioni tipo frattura/
non frattura, caduta/non caduta, decesso/non decesso e via
dicendo.
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BIOMEDICAL STATISTICS & CLINICAL EPIDEMIOLOGY
Studio osservazionale di coorte: risultati
dice di posizione per valori
quantitativi che si ottiene dalla
somma di tutti i valori osservati
diviso il numero (n) delle osservazioni:
Nel prossimo numero
rimentale
Lo studio spe
randomizzato
(RCT)
e controllato
x1 + x2 + ... + xn
media = ————————
n
La mediana invece è quel valore
che si ottiene dopo aver ordinato
le osservazioni in ordine crescente o decrescente; esso occupa la
posizione centrale o è il risultante
della media aritmetica dei due valori centrali (figura 2).
degli esposti e dei non esposti:
da queste si estrapoleranno poi
indici fondamentali per la stima
dei rischi o protezioni a seguito
di esposizioni a fattori in esame.
INDICI PIÙ UTILIZZATI
Le principali misure di associazione relative a uno studio di coorte
che analizza variabili dicotomiche
sono rappresentate dal rischio relativo (relative risk, RR) e dall’odds
ratio (OR). Prendendo dimestichezza nella lettura di studi scientifici, si noterà che queste risultano essere le stime più utilizzate in
ambito osservazionale di natura
eziologica e prognostica.
Valori statistici
Risulta doveroso definire la
media aritmetica e la mediana,
le due principali misure di tendenza centrale utilizzate per
confrontare i risultati di studi
di coorte che valutino variabili
continue.
La media aritmetica è quell’in-
10
9
8
7
6
5
4
3
2
1
0
9
4
3
2
1
1
2
3
4
5
6
7
Il rischio relativo (RR) è definito
essere il rapporto di rischio nei
gruppi degli esposti e dei non
esposti1. Per poterlo calcolare
bisogna reperire le percentuali
degli eventi nei due gruppi per
poi rapportarle. La formula è la
seguente:
[a/(a+b)]
RR = —————
[c/(c+d)]
In termini semplicistici si potrebbe ricordare come RR = [%
esposti/% non esposti].
Quello da ricordare non è tanto la formula matematica, quanto l’interpretazione del risultato: trattandosi di un rapporto
è ovvio che RR = 1 rappresenta
l’ipotesi nulla, cioè l’esposizione a quel fattore non provoca il
rischio, né protegge dal manifestare l’esito. Se RR > 1 l’associazione è positiva e l’esposizione
produce il rischio di manifestazione dell’esito, mentre al contrario se RR < 1 l’associazione è
9
10
9
8
7
6
5
4
3
2
1
0
8
8
Rischio relativo
8
8
4
3
2
1
1
2
3
4
5
6
7
a
45 + 57
mediana = ————— = 51
2
57
45
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34
5
27
4
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9
3
1
2
b
1
6
78
7
95
8
98
9
10
Figura 2 Rappresentazione della mediana: a, valore in posizione centrale a seguito di precedente ordinazione crescente con osservazioni in numero dispari; b, calcolo della media aritmetica dei due valori centrali con osservazioni in
numero pari.
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Tabella 1
Prendendo in considerazione
l’OR invece non si valuta più il
rischio né vengono confrontate
le frequenze degli eventi, ma la
probabilità di produrre l’esito.
Questo indice rappresenta il
rapporto delle probabilità della
malattia nel gruppo degli esposti al fattore con le probabilità
della malattia nel gruppo dei
non esposti al fattore2. La formula matematica viene espressa
come segue:
OR = (a/b)/(c/d) = ad/bc
Anche in questo caso è importante capire bene l’interpretazione del valore dell’OR piuttosto che memorizzare la formula
matematica. Come per il rischio
relativo, quando OR = 1 l’ipotesi è nulla; infatti OR esprime un
rapporto e il valore 1 rappresenta il caso nel quale l’esposizione
al fattore determinante non incrementa né diminuisce la probabilità di produrre l’esito. Se
OR > 1 l’esposizione genera una
maggiore probabilità di produzione dell’esito, mentre OR < 1
riduce la probabilità e quindi ha
un effetto benefico.
Nella tabella 1 sono riassunti
i possibili valori delle misure di
associazione RR e OR con la loro
interpretazione.
STATISTICA INFERENZIALE
<1
>1
RR
Ipotesi nulla
L’esposizione è un L’esposizione è un
possibile fattore
possibile fattore
di rischio
di protezione
OR
Ipotesi nulla
L’esposizione
ha un effetto
benefico
L’esposizione
incrementa la
probabilità di
produrre l’esito
OR, odds ratio; RR, rischio relativo
di inclusione ed esclusione dello
studio in esame per confrontare
ulteriormente il paziente con la
popolazione dello studio4. Sono
dati molto importanti da analizzare poiché il p-value esprime la
probabilità statistica che i risultati non rappresentino la realtà, ma
siano attribuibili al caso. Se il valore di p-value è basso (p<0,05)
allora l’ipotesi nulla – dovuta al
fatto che l’esposizione a un fattore non produce rischi né protezioni – può essere respinta ed è
possibile affermare che i risultati
sono “statisticamente significativi”5; infatti con p ≤ 0,05 il grado
di associazione fattore-parametro occorrerà nel caso solo 5 volte su 100.
Sebbene il p-value sia utile nel
determinare l’affidabilità con
la quale l’ipotesi nulla può essere rifiutata e quindi esprime
la forza dei risultati osservati,
esso non fornisce informazioni
riguardo la precisione del risultato stesso 6.
Con gli intervalli di confidenza
(IC) al contrario si ha la possibilità di stimare con maggior precisione i valori ottenuti dall’analisi
di un campione di popolazione
attraverso uno studio clinico;
nel 95% dei casi infatti si ha la
certezza che i valori riscontrabili nella popolazione generale
ricadano all’interno del range
di valori definiti dall’intervallo di
confidenza (figura 3). La carat-
UN ESEMPIO
U
P
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er verificare come valutare e interpretare questi indici,
vengono presi ad esempio i risultati di uno studio di
Milgrom et al.3 del 2008 dove si cercava d’identificare possibili
fattori di rischio, specifici e non specifici, per capsulite adesiva
idiopatica di spalla (frozen shoulder). Gli Autori identificarono
tra i pazienti che venivano arruolati per frozen shoulder una frequenza del 29,4% di diabete mellito e del 13,5% di malattia della tiroide. L’OR per il diabete nel gruppo della frozen shoulder
era di 5,9 (95% intervallo di confidenza 4,1-8,4, p<0,001) per
gli uomini e 5,0 (95% intervallo di confidenza 3,3-7,5, p<0,001)
per le donne. Questi valori significano che per gli uomini affetti da diabete mellito vi è una probabilità di sviluppare frozen
shoulder 5,9 volte maggiore rispetto ai soggetti del gruppo
di controllo, mentre per le donne questa probabilità è 5 volte
maggiore. Vengono poi anche riportati range di valori corrispondenti a intervalli di confidenza al 95% (95% CI) e
dati riferibili a p-value.
Il Fisioterapista
Questi indici sono da attribuire
alla branca della statistica denominata “statistica inferenziale” la
quale si occupa di generalizzare
dati ottenuti da un singolo studio – estrapolati, quindi, da un
piccolo campione – per riferirli
poi alla popolazione; fornisce un
buon supporto per capire se i
risultati ai quali è pervenuto un
clinical trial possono essere considerati attendibili anche per il
singolo paziente di cui ci si sta occupando: naturalmente dovranno anche essere valutati i criteri
RR e OR: valori e interpretazioni
=1
Odds ratio
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negativa e l’esposizione riduce il
rischio di manifestare l’esito.
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Studio osservazionale di coorte: risultati
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2,5%
2,5%
95%
Media
Il limite
più basso
Figura 3
Il limite
più alto
Rappresentazione schematica degli intervalli di confidenza.
10 RACCOMANDAZIONI UTILI PER UNA MIGLIORE PRATICA CLINICA*
Avere un approccio critico, e non passivo,
nei confronti della letteratura scientifica
Evitare di soffermarsi alla sola lettura dell’abstract
di uno studio scientifico
Conoscere i principali database biomedici
dove poter effettuare la ricerca
Possedere una certa dimestichezza dei termini medici specifici
da utilizzare come keyword per una ricerca adeguata
Conoscere quali sono i livelli di evidenza e i gold standard
per i disegni degli studi scientifici (cfr. n. 1/2012)
Riconoscere i principali bias
di uno studio medico-scientifico
Sapere interpretare
i dati riportati in uno studio
Rapportare correttamente il proprio paziente alla popolazione
analizzata nello studio per ponderare adeguatamente le conclusioni
Informare sempre il proprio paziente sulle evidenze
scientifiche disponibili riferite alla sua condizione patologica
Cercare sempre di adottare un programma di trattamento
basato su “prove di efficacia” per il nostro paziente
*Questi aspetti sono stati e saranno affrontati e approfonditi nel corso
degli articoli di questa sezione nei diversi numeri della rivista
teristica principale da dover poi
accertare è quella che all’interno
dei limiti definiti dagli intervalli
di confidenza non ricada anche
l’ipotesi nulla (il valore 1 per RR e
OR) altrimenti il risultato ottenuto non ha significatività statistica
e quindi privo di considerazione
per la pratica clinica.
Questi elementi riguardano
solo una parte delle misure di
associazione e dei risultati acquisibili da uno studio osservazionale di coorte; rappresentano
comunque i dati più importanti
ai fini della rilevanza dei risultati e soprattutto della loro interpretazione e trasferimento nella
pratica clinica.
BIBLIOGRAFIA
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2004; 230(1): 12-9.
2. BEWICK V, CHEEK L, BALL J. Statistics review 11: assessing risk.
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Can J Surg. 2012; 55(3): 207-11.
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6. FLECHNER L, TSENG TY. Understanding results: p-values, confidence intervals, and number
need to treat. Indian J Urol. 2011;
27(4):532-5.
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Ulteriori approfondimenti sono disponibili in www.ilfisioterapista.it
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