Fili e dispositivi molecolari Ma le prospettive più affascinanti della nanoelettronica molecolare si hanno quando si considerano le singole molecole la parte attiva dei dispositivi, in configurazioni ibride (cioè elettrodi e circuiti metallici strutturati con le attuali tecniche litografiche), o, più in prospettiva, in configurazioni interamente molecolari, utilizzando come elettrodi i polimeri conduttori, come circuiti i fili molecolari. In questo contesto più futuribile, la prospettiva sarebbe di cambiare radicalmente l’approccio tecnologico attuale alla creazione di nanostrutture, e cercare di utilizzare a pieno le potenzialità delle molecole all’uopo ingegnerizzate o delle biomolecole di autoorganizzarsi in strutture funzionalmente ordinate. Anche in questo campo sono già stati ottenuti alcuni risultati importanti. Per esempio, nella produzione dei fili molecolari. Facciamo due esempi: il primo riguarda la chimica supramolecolare del Carbonio, che recentemente ha prodotto il fullerene e i suoi derivati. Fig. 9 - Schema di un nanotubo di Carbonio, una delle strutture supermolecolari che si generano nella scarica elettrica fra due elettrodi di carbonio. Se tra due elettrodi di carbonio viene fatta scoccare una scarica elettrica, in condizioni non molto dissimili, se non per l'atmosfera priva di ossigeno, da quelle realizzate in una vecchia lampada per proiettore cinematografico, nell'archetto di plasma in cui avviene la scarica (l'analogo del lampo associato ad un fulmine) si formano diverse strutture a base di carbonio: tra queste il famoso C60 (Smalley 1996) a forma di pallone da calcio, e strutture di dimensioni maggiori a forma di tubo allungato (nanotubi) e a multi-strato (strutture "a cipolla"). Tra i nanotubi, che con opportuni accorgimenti si possono produrre in quantità relativamente elevate e di buona purezza, ve ne sono di intrinsecamente metallici e di semiconduttori, a seconda della struttura costitutiva e dell'eventuale drogaggio. Questi potenzialmente potrebbero essere i fili (dimensioni tipiche 1 micron di lunghezza e 5 nm diametro) che connettono le varie componenti molecolari del chip. Anche le molecole di C60 possono, in determinate condizioni, dar luogo a strutture mono-dimensionali in seguito a polimerizzazione, come illustrato in figura 10. Tali strutture sono resistenti all'ossidazione, fornendo quindi potenzialmente la possibilità di realizzare strati protettivi per strutture elettroniche costituite da fullereni o nanotubi drogati, altrimenti estremamente sensibili all'ossigeno. Fig 10 Struttura del Rb1C60. Le sfere rosse rappresentano gli ioni di Rubidio; i C60 sono in azzurro. L’altra possibilità già preliminarmente esplorata sono i fili molecolari di Tour (TOUR 1994). Questi consistono di strutture aromatiche coniugate di atomi di carbonio legati da un’alternanza di singoli e doppi legami covalenti (fig. 11). Fig. 11 Schema molecolare di un "filo di Tour". La parte fra parentesi si può ripetere n volte. La risonanza fra questi due legami produce una delocalizzazione degli orbitali elettronici su tutta la molecola; uno di questi e’ parzialmente occupato, e si comporta dunque un po’ come la banda di conduzione in un metallo. Il gruppo di Tour ha misurato la conducibilità di un singolo filo molecolare, ottenendo il valore di circa 102 Siemens/metro (per un valore della resistenza misurata di 22.2 Megaohm). Ma è con la progettazione e sintesi di nuove molecole opportunamente funzionalizzate che si arriva al cuore dell’elettronica di singola molecola. Vediamo quali sono le caratteristiche funzionali di un tipico dispositivo: deve poter far passare corrente o meno, a seconda di un segnale di comando; deve poter avere due stati stabili, distinguibili e leggibili da un segnale esterno; deve poter amplificare un segnale in ingresso. Tutte queste funzioni (di interruttore, di elemento di memoria, di amplificatore) nella microelettronica tradizionale vengono svolte dal transistor ad effetto di campo, nella sua versione (metal-oxyde-semiconductor field effect transistor). Nella FIG 1 abbiamo mostrato la struttura più miniaturizzata attualmente prodotta a livello di prototipo. In essa si possono distinguere la “source”, il “drain”, il substrato dove si apre il canale, l’elettrodo di controllo (“gate”). A seconda dei voltaggi e relative correnti e del drogaggio, un dispositivo di questo tipo può funzionare da amplificatore (parte lineare della caratteristica V-I), da interruttore e elemento di memoria. I nuovi dispositivi, anche se sfruttando meccanismi ed effetti completamente diversi, hanno comunque lo stesso tipo di configurazione; abbiamo già visto l’esempio dei dispositivi a singolo elettrone. Vediamo ora qualche esempio di possibile dispositivo molecolare. Consideriamo allora la molecola descritta nella figura 12. Notiamo subito la parte a legami coniugati (pannello in alto) che assicura il trasporto dei singoli elettroni attraverso la struttura molecolare. I gruppi CH 2 costituiscono le barriere isolanti: la molecola risultante può essere descritta come due parti conduttrici separate da due barriere di potenziale. La struttura è funzionalmente simile al “Resonant Tunnelling Diode (Capasso 1985) basate sul GaAs e AlAs. Quando si applica una differenza di potenziale, si porta uno dei livelli quantizzati all’interno del pozzo quantico in risonanza col livello esterno, e l’elettrone può passare per effetto tunnel . Fig. 12 Filo di Tour con cue barriere isolanti formate con l'intercalazione di due gruppi CH2. Notare gli atomi di Zolfo alle estremità, che assicurano il contatto con gli elettrodi di oro. In basso, lo schema dell'energia in funzione della distanza attraverso lo spazio fra gli elettrodi, per una tensione applicata. che è sufficiente a portare i livelli occupati nella parte conduttrice alla stessa energia di uno dei livelli quantizzati della buca quantica. Gli elettroni così possono passare. Questo è l'analogo molecolare del RTD basato su GaAs, AlAs. Si possono immaginare altre strutture o superstrutture molecolari vieppiù complesse, per assolvere alle varie funzioni di un chip: interruttore molecolare, amplificatore, elementi logici come porte AND, OR etc. Queste prospettive sono per ora al livello di calcoli di struttura elettronica molecolare e simulazioni delle corrispondenti strutture circuitali. Per esempio, nella figura 13 mostriamo un possibile interruttore molecolare (MITRE 1999). Fig. 13 Schema di un possibile interruttore di corrente interamente molecolare In questo caso il segnale nella molecola di "gate" fa ruotare la molecola C in modo da mettere nella catena il gruppo conduttore X (Y è isolante, come ad esempio il CH2), e viceversa. Un altro esempio interessante si ha con molecole chiamate rotassani (Amabilino 1995). Sono molecole in cui una parte anulare (un macrociclo) è proprio infilata in una parte lineare (fig. 14). Fig. 14 Esempio di un interruttore molecolare che si basa sulla navetta costituita dall'anello che con un opportuno voltaggio applicato può essere fatto spostare dal gruppo benzidinico a quello bifenolico. Nell’esempio che mostriamo in figura (Bissell 1994) la molecola funziona da interruttore navetta (“shuttle switch”): è cioè un interruttore reversibile, con il macrociclo che va avanti e indietro fra in gruppo benzidinico a sinistra e quello bifenolico e destra. I silossani ai due estremi impediscono all’anello di sfilarsi. L’anello macrociclico contiene 4 gruppi carichi, che sono attratti dai gruppi sull’asse con eccesso di carica negativa. Dato che il gruppo benzidinico è un migliore donore che il bifenolico, l’anello passa la maggior parte del tempo su gruppo di sinistra. Se però si toglie un elettrone da questo gruppo, l’altro diventerà più attraente e lo “shuttle” molecolare passerà dall’altra parte. Il processo si chiama ossidazione elettrochimica. Recentemente un’applicazione di questo tipo di molecola (peraltro non a livello della singola molecola) è stata fatta per costruire una porta logica il cui elemento attivo era il monostrato di un rotassano (Collier 1999). Nella figura 15 mostriamo le caratteristiche del dispositivo: all’inizio, l’interruttore è chiuso, e lo stato viene sondato applicando un voltaggio negativo all’elettrodo. L’interrutore si apre ossidando la molecola applicando un voltaggio all’altro elettrodo di +0.7 V. Ancora, si riinterroga il dispositivo applicando tensione negativa.