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L E
N
G UIDE
eoplasie del
colon - retto:
una terapia per
ogni paziente
Fondazione Federico Calabresi
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N
eoplasie
del colon retto:
una terapia per
ogni paziente
Cristina Tasca
Laura Ghilardi
Roberto Labianca
Cancer Center
Ospedale
Papa Giovanni XXIII
Bergamo
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NEOPLASIE DEL
COLON RETTO:
GENERALITA E
TRATTAMENTO
I
l colon-retto, o intestino crasso, rappresenta la parte terminale dell’apparato digerente ed è deputato alla fase
finale della formazione delle feci tramite l’assorbimento dell’acqua ed alla loro
evacuazione. Può essere soggetto a
malattie infiammatorie o degenerative e
allo sviluppo di neoplasie.
2
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EPIDEMIOLOGI
I
l carcinoma del colon-retto rappresenta la terza neoplasia più diffusa nel mondo. E’ la terza patologia
neoplastica più frequente nel sesso
maschile e la seconda nel sesso
femminile, ed è responsabile del 1011% della mortalità per cancro.
Negli USA rappresenta la seconda causa
di morte per cancro (circa il 15% delle
morti per neoplasie).
L’incidenza (numero di nuovi casi
all’anno) nel mondo del carcinoma del
colon-retto varia notevolmente fra i
paesi e le razze: la più alta incidenza di
questa patologia si registra nei paesi
industrializzati dell’Occidente, come
l’Europa settentrionale ed occidentale,
la Gran Bretagna e il Canada; incidenze
minori vengono invece registrate nei
Paesi a basso e medio sviluppo come
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Asia e Africa. All’interno dei singoli
paesi, l’incidenza è maggiore nelle aree
urbane rispetto a quelle agricole.
In Europa vengono diagnosticati circa
250.000 nuovi caso all’anno, pari al 9%
di tutti i tumori.
Negli Stati Uniti vengono diagnosticati
circa 150.000 nuovi casi ogni anno di
tumore del colon-retto e approssimativamente 57.000 pazienti muoiono a
causa di questa neoplasia, anche se
negli ultimi anni si è registrato una
diminuzione di tali valori, con circa
130.000 nuovi casi e circa 56.300 morti
stimati nell’anno 2000. In Italia si registrano circa 8.000 nuovi casi all’anno
con circa 20.000 morti; il rischio di
ammalarsi di tumore del colon nel
corso dell’intera vita, per un cittadino
italiano, è di circa il 5-6%, approssimativamente 1 caso su 20 uomini e 1
caso ogni 32 femmine.
L’incidenza di questa malattia è pressochè analoga nei due sessi, con una leggera prevalenza delle forme del colon
nelle donne e del retto negli uomini.
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E’una neoplasia dell’età media, abbastanza rara sotto i 45 anni, e che raggiunge un picco d’incidenza tra i 60 ed i
70 anni (circa il 70% dei pazienti ha
più di 65 anni). La prevalenza (numero di soggetti affetti tra la popolazione
in un dato momento) della malattia nei
soggetti di età superiore a 65 anni e di
956/100.000 per le neoplasie del colon
e 573/100.000 per le neoplasie del
retto.
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EZIOLOGIA
N
umerose ricerche sono state
effettuate allo scopo di identificare eventuali condizioni predisponenti
l’insorgenza del carcinoma del grosso
intestino. L’età è sicuramente il parametro che influenza maggiormente il
rischio di malattia: infatti, l’incidenza è
circa 10 volte superiore nella classe
d’età compresa tra 60-64 anni rispetto a
quella 40-44 anni ed aumenta ulteriormente nei soggetti di età superiore a 75
anni dove si osservano 20 nuovi casi
ogni 1.000.000 abitanti. Alcune
malattie infiammatorie croniche
quali la colite ulcerosa e la malattia
di Crohn costituiscono un fattore di
rischio, così come il precedente riscontro di un polipo adenomatoso (adenoma del colon-retto), individuabile in
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circa il 30% della popolazione sana
dopo i 50 anni, con una incidenza di
circa 30.000 nuovi casi/anno.
Fattori di rischio dietetici sono stati
riportati in numerosi studi: una dieta
ricca di grassi e di carboidrati raffinati e
povera in fibre sembra essere associata
con un’aumentata incidenza del cancro
del colon. La dieta ricca di carne a derivazione bovina o di grassi animali predisporrebbe al carcinoma del colon poiché comporta un aumentato apporto di
sostanze, potenziali agenti cancerogeni,
nel lume intestinale.
La dieta con grassi animali non comporta solo un’alterazione delle sostanze
presenti nel lume intestinale ma,
soprattutto, modifica quantitativamente
e qualitativamente la flora batterica
(popolazione di microrganismi normalmente presente nell’intestino), provocando un relativo incremento nel
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numero d’anaerobi, batteri che sono in
grado di convertire gli acidi biliari o il
colesterolo in prodotti in grado di iniziare o favorire la trasformazione neoplastica. Questa stretta correlazione tra
aumento d’incidenza del tumore ed
introduzione di grassi con l’alimentazione è stata dimostrata in Giappone, dove
negli ultimi 50 anni la dieta ha subito
una drastico cambiamento: il consumodi grassi è aumentato dal 10% al 25%
dell’apporto energetico complessivo, e
ciò è stato accompagnato da un rapido
aumento della mortalità per cancro del
colon. Studi epidemiologici suggeriscono inoltre che la mortalità per cancro
del colon diminuisca con l’apporto
attraverso la dieta di una maggiore percentuale di fibre alimentari, frutta e
verdura. Si ritiene, infatti, che alcuni
vegetali, come verze, broccoli, cavolini
di Bruxelles, cavolfiori, inibiscano la
produzione di tumori attraverso un
meccanismo enzimatico. Inoltre, l’aumento della massa fecale, ascrivibile
all’alto contenuto di fibre, avrebbe un
ruolo di protezione riducendo la con8
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centrazione delle sostanze cancerogene
od ostacolandone il legame alla parete
intestinale. Tale argomentazione risulta
da studi epidemiologici condotti presso
i Bantu, che si nutrono di una dieta
ricca di fibre e che presentano una più
bassa incidenza di carcinoma del colon
rispetto agli africani urbanizzati, che
hanno una dieta diversa. Meno certa è
la correlazione con l’assunzione di frutta. Riso e pasta, pur se d’origine vegetale, non sembrano correlati con una
riduzione del rischio. Il pesce sembrerebbe avere un effetto protettivo, mentre le uova comporterebbero un effetto
favorente l’insorgenza del tumore del
colon.
Il National Cancer Institute (NCI) ha
formulato una serie di raccomandazioni
al fine di ridurre il rischio d’insorgenza
di questa patologia (vedi tabella 1). Tali
raccomandazioni sono sostenute da
prove documentate che confermano
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l’effetto protettivo della dieta ricca in
frutta, verdure e cereali, il rischio di una
dieta ricca di grassi e l’opportunità di
bilanciare l’apporto calorico con un’adeguata attività fisica. Infatti, la vita
sedentaria sembrerebbe correlata con
una maggiore incidenza di neoplasie
del colon-retto.
Tabella 1. Linee guida di comportamento suggerite dall’ N.C.I. al fine
di prevenire/ridurre il rischio di
sviluppare un carcinoma del colon.
! Ridurre l’assunzione di grassi al 30%
delle calorie totali
! Includere nella dieta quotidiana una
ampia varietà di frutta e verdure
! Assumere alcolici con moderazione
! Evitare l’obesità/mantenere un
peso corporeo desiderabile
! Aumentare l’apporto di fibre
! Minimizzare il consumo di cibi salati,
conservati o affumicati
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Esiste una correlazione sicura tra fumo
di tabacco, in particolare sigari e pipa,
ed il rischio di sviluppare un tumore
del colon-retto. Anche il consumo di
sigarette, è sicuramente correlato
con lo sviluppo di polipi che possono, a
loro volta, rappresentare un fattore di
rischio. Il rischio è relativo sia alla quantità di tabacco consumato giornalmente
che alla durata d’esposizione al fumo. Il
tabacco è un fattore iniziale della
cancerogenesi. L’assunzione di alcolici è correlata con un aumento del
rischio. Ad esempio un consumo di 15
litri di birra al mese aumenta il rischio
di 3 volte rispetto ai non bevitori.
Sebbene la maggior parte dei carcinomi
del colon sia correlata a fattori acquisiti,
prevalentemente alimentari, si deve
considerare anche una generica tendenza ereditaria, considerando i rapporti di queste neoplasie con alcune
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condizioni predisponenti, geneticamente trasmesse, e la maggior incidenza in
gruppi familiari con anamnesi positiva
per tale malattia. Circa l’ 80-85% dei
nuovi casi di carcinoma del colon-retto
si verifica in persone che non hanno
fattori predisponenti (=carcinoma
sporadici), ma è sicuramente noto che
la presenza di alcuni fattori porta ad
aumentato rischio di carcinoma del
colon-retto.
La familiarità positiva (parenti di I
grado: fratelli, sorelle, genitori,
figli) per la neoplasia del colonretto si ha nel 10-15% dei casi.
Il rischio è raddoppiato nei familiari di
pazienti che abbiano sviluppato un carcinoma del colon-retto dopo i 55 anni,
triplicato se la diagnosi era stata fatta
tra i 45 ed i 55 anni e quadruplicato se
la diagnosi era antecedente ai 45 anni.
Inoltre il rischio è aumentato di 1,72
volte nel caso di un familiare affetto e
di 2,75 volte di due o più familiari affetti. La familiarità (circa il 15-20% dei carcinomi del colon retto) non è associata
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ad alcuna sindrome geneticamente evidenziabile.
Accanto alla familiarità esiste anche una
trasmissione ereditaria (5% dei
casi) del carcinoma del colon-retto. In
realtà non si eredita il tumore ma alcune condizioni fortemente predisponenti.
L’ereditarietà del rischio per coloncarcinoma appare sostanzialmente legata
alla presenza di due sindromi: le poliposi familiari e la sindrome ereditaria
del carcinoma colonrettale senza poliposi (HNPCC).
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POLIPOSI
ADENOMATOSA
FAMILIARE (FAP)
M
cKusick ha descritto sei distinte sindromi: le quattro più
importanti sono la poliposi adenomatosa familiare (FAP), la sindrome di
Gardner, la sindrome di Peutz-Jeghers,
e la sindrome di Turcot.
La FAP è una condizione morbosa ereditabile che colpisce tutti i discendenti
che abbiano ereditato il gene responsabile, e cioè almeno il 50% dei figli, e
che interessa tutto l’intestino, il quale è
tappezzato di polipi adenomatosi (con
numero da 100 fino a qualche migliaia).
E’ una malattia rara (1-2/100.000), ed i
polipi non compaiono prima della
seconda e terza decade di vita, aumentando di numero con l’aumentare dell’età.
Nonostante la loro somiglianza morfologica con gli adenomi sporadici beni14
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gni, i polipi in questa affezione ereditaria presentano un’alta incidenza di trasformazione maligna. La FAP incide per
circa l’1% dei carcinomi colorettali.
La sindrome di Gardner è stata tradizionalmente distinta dalla FAP per la
presenza di lesioni esterne al colon ed
anche per un numero minore di adenomi, che mostrano la tendenza a raggrupparsi in entrambe le estremità del
colon.
La sindrome di Peutz-Jeghers consiste, invece, in polipi che si sviluppano
nel tratto gastrointestinale, con frequenza decrescente dal duodeno allo
stomaco e in ultimo al colon, associati
con pigmentazione melanica della
mucosa orale, delle labbra, del palmo
della mano, delle dita e della pianta dei
piedi. Questi polipi non vanno incontro
a trasformazione maligna; tuttavia, gli
individui portatori di questa sindrome
possono sviluppare adenomi neoplasti15
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ci e carcinomi, anche in sedi extraintestinali. La sindrome di Turcot si
riscontra in quei pazienti affetti da poliposi adenomatosa con sviluppo concomitante di neoplasie cerebrali, di cui il
glioblastoma è la forma più frequentemente osservata. Gli adenomi sono
principalmente situati nel colon, ma
possono anche trovarsi nell’intestino
tenue e nello stomaco.
In alcune famiglie è stato riportato un
marcato aumento del rischio ereditario
di cancro del colon senza una
poliposi florida, e questa sindrome è
denominata hereditary nonpolyposis
colorectal cancer (HNPCC).
Può essere sospettata quando vi siano
almeno 3 parenti in almeno 2 generazioni e con almeno un parente di primo
grado che abbiano sviluppato un tumore del colon retto con un caso antecedente ai 50 anni. La prevalenza (nume-
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ro di soggetti malati sul totale degli abitanti) di tale patologia è di 1-2/400 ed il
rischio dei soggetti affetti di sviluppare
il tumore del colon è di circa l’80-85%.
E’ ampiamente accettato che i carcinomi derivino da lesioni adenomatose
preesistenti. I polipi adenomatosi
sono potenzialmente maligni e rappresentano circa i due terzi delle formazioni polipoidi rimosse con l’endoscopia.
Il restante terzo è generalmente rappresentato da formazioni iperplastiche
senza alcuna potenzialità maligna (polipi iperplastici, amartomi, polipi linfoidi
benigni, polipi infiammatori). Gli individui portatori di adenomi hanno una
probabilità di avere altri adenomi sincroni (contemporaneamente) dal 40 al
50%, mentre tra coloro che ne hanno
avuto l’asportazione hanno un 30% di
rischio in più di sviluppare ancora un
adenoma.
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STADIO CLINICO E
PATOLOGICO
C
irca il 70-75% dei carcinomi del
grosso intestino è localizzato a
livello rettale, retto-sigmoideo o sigmoideo; il restante 25-30% si distribuisce in
corrispondenza dei tratti più prossimali,
fino al cieco.
A seconda che le lesioni si manifestino
nel colon sinistro oppure nel colon
destro, esse assumono caratteristiche
morfologiche differenti.
I carcinomi della porzione sinistra tendono a crescere in maniera circolare
attorno al viscere e danno luogo ad una
stenosi dell’intestino detta ad “anello di
tovagliolo” (lesione scirrosa) con precoci sintomi di ostruzione.
I carcinomi del colon destro tendono a
formare masse polipoidi, che si estendono lungo la parete del colon ascen-
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dente e cieco (forma vegetante); l’ostruzione si manifesta raramente a
causa del maggior calibro di questa
sezione intestinale.
Diversamente dalla patologia macroscopica, le caratteristiche microscopiche
dei carcinomi del colon destro e sinistro sono simili.
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QUADRO CLINICO
I
l tumore del grosso intestino si manifesta generalmente con sintomi che
variano a seconda della localizzazione della neoplasia nel colon. I sintomi
precoci, vaghi, saltuari, aspecifici e
spesso sottovalutati, sono l’astenia
(stanchezza ingiustificata), l’anemia, la
perdita di peso. Talvolta, il segno premonitore è rappresentato dai mutamenti dell’alvo (con stipsi alternata a
diarrea).
I carcinomi che si sviluppano nel colon
destro difficilmente danno luogo ad
occlusione perché in questo segmento
il contenuto ha ancora carattere liquido. Tendono a raggiungere grosse
dimensioni e a ulcerarsi, determinando
uno stillicidio ematico cronico e, in
alcuni casi, melena (emissione di feci
nerastre per il contenuto di sangue
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digerito). Si tratta prevalentemente di
forme vegetanti ed in genere si manifestano con sintomi colitici per il frequente sovrapporsi di processi flogistici; le
turbe dell’alvo sono rappresentate dalla
diarrea e frequenti sono i disturbi
dispeptici (difficoltà di digestione, dolori addominali postprandiali), l’anoressia
(mancanza di appetito) e la febbre.
I carcinomi del colon sinistro sono prevalentemente di tipo stenosante e si
accrescono in un segmento dove il
lume è più stretto e poco distensibile e
il materiale fecale è solido; per tale
motivo sono frequentemente causa di
manifestazioni occlusive o subocclusive.
La sintomatologia è di tipo colico, con
stipsi e dolori addominali crampiformi.
Talvolta questi pazienti presentano una
diarrea paradossa (emissione di feci
liquide o poco formate in presenza di
occlusione intestinale), in quanto una
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parte del contenuto intestinale supera
forzatamente l’ostruzione neoplastica.
I carcinomi del colon possono infiltrare
la parete intestinale fino a determinare
una perforazione con conseguente peritonite.
Nei carcinomi del retto sintomo principale è l’alterazione dell’alvo con sensazione
di tenesmo rettale e presenza di episodi
di proctorragia (emissione di sangue
rosso vivo durante la defecazione).
Elementi essenziali per la diagnosi
Colon destro
! Dolore addominale
! Astenia
! Melena
! Nausea
! Massa addominale
Colon sinistro
! Dolore addominale
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! Stipsi
! Modificazioni dell’alvo
! Melena
Sigma
! Stipsi
! Difficoltà dell’evacuazione
! Melena
! Dolore addominale
Retto
! Difficoltà dell’evacuazione
! Tenesmo rettale
! Proctorragie
! Dolore addominale o perineale
23
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ESAMI DIAGNOSTICI
Esame clinico
L
’esplorazione rettale può rivelare
la presenza di una lesione
sospetta, per cui deve costituire parte
fondamentale dell’esame clinico.
Inoltre, vi possono essere masse addominali palpabili, ed in presenza di metastasi epatiche si può apprezzare un
ingrandimento del fegato, di consistenza aumentata e dolente.
Esami radiologici ed endoscopici
La radiologia e l’endoscopia sono i principali mezzi diagnostici per il cancro del
colon. Con il clisma opaco a doppio
contrasto i radiologi possono evidenziare piccole lesioni della mucosa e piccoli polipi, anche se la pancolonscopia è più sensibile. Quest’ultima tecnica permette, infatti, di confermare la
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presenza di lesioni sospette, evidenziate al clisma opaco, e di documentarne
la natura istologica mediante biopsia.
Con la pancolonscopia possono essere
rivelati carcinomi sincroni del colon,
che spesso sfuggono all’esame radiologico e che si riscontrano nell’1-5% dei
pazienti con cancro del colon. La pancolonscopia è fondamentale nel followup dei pazienti dopo resezione intestinale parziale, allo scopo di identificare
precocemente sia recidive sia polipi del
colon.
La Colonscopia virtuale consente di
effettuare una valutazione dell’intestino
che si avvicina molto a quanto ottenibile con la colonscopia. Al momento
attuale però non è in grado di sostituirla come precisione diagnostica e soprattutto non consente l’esame istologico o
la rimozione delle lesioni sospette.
L’indagine endoscopica viene effettuata
generalmente ogni anno dopo l’inter25
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vento chirurgico e, se l’esame risulta
negativo, ogni 2-3 anni. Inoltre la pancolonscopia è consigliata nei soggetti di
età superiore ai 40 anni che hanno un
parente di primo grado con cancro del
colon, per l’aumentato rischio a cui
esso sono esposti.
Ricerca del sangue occulto nelle
feci Questa metodica, di facile applicazione e ben accettata dal paziente, permette di scoprire neoplasie asintomatiche del grosso intestino. La presenza di
sangue nelle feci non è di per sé diagnostica, e la presenza di un tumore va
esclusa o confermata mediante altre
indagini strumentali.
26
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SCREENING
L
o screening, cioè l’esecuzione di
esami in soggetti che non presentano i sintomi della malattia, è particolarmente rilevante nel carcinoma del
colon-retto, poiché è in grado di ridurre la mortalità correlata alla malattia
attraverso il riconoscimento di una neoplasia in fase molto iniziale, e quindi
con una migliore prognosi e con più
possibilità di terapia. Inoltre lo screening può, nel caso del carcinoma del
colon-retto, evitare l’insorgenza della
malattia attraverso l’asportazione di
lesioni pre-cancerose, non ancora neoplastiche ma che potrebbero diventarlo
se lasciate in sede, quali i polipi. Gli
esami indicati per lo screening sono la
ricerca del sangue occulto fecale effettuata ogni anno a partire dai 50 anni o
la colonscopia ogni 5-10 anni dalla stessa
età. Poiché quest’ultimo esame è più
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preciso ma gravato anche di maggiori
effetti collaterali e di maggiori costi, i
programmi di screenig attualmente in
atto o in fase di attivazione prevedono
l’impiego della ricerca del sangue occulto lasciando la colonscopia ai casi risultati positivi al sangue occulto. I benefici
delle campagne di screening si manifestano come aumento di sopravvivenza che come risparmio di spesa grazie
alla riduzione dei malati e soprattutto
delle fasi più avanzate della malattia.
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STADIAZIONE
I
criteri di stadiazione dei carcinomi
dell’intestino sono sempre stati
oggetto di studio e la varietà di classificazioni adottate dai vari autori (a partire dalla prima classificazione di Dukes
del 1932) è stata dettata dal tentativo di
uniformare i criteri di identificazione di
fattori di rischio responsabili della prognosi e della sopravvivenza.
Una fra le classificazioni più utilizzate è
quella di Astler-Coller (1954), mentre
quella recentemente proposta
dall’UICC (2002) prevede la classificazione clinico-patologica post-chirurgica
in stadi secondo il Sistema TNM dei carcinomi del colon.
Nella tabella seguente viene riportato il
confronto tra i sistemi di stadiazione
del carcinoma del colon-retto più
comunemente impiegati: classificazione
29
30
T1 N0 M0
T2 N0 M0
T3 N0 M0
T4 N0 M0
T1 2N1 3M0
T3 N1 3M0
T4 N1 2M0
Ogni T, Ogni N, M1
Stadio II
Stadio III
Stadio IV
TNM
Stadio I
Classificazione
AJCC
D
C1
C2
C3
metastasi a distanza
metastasi linfonodali
B2 esteso parte esterna muscolare
B3 infiltrante organi vicini
A limitato alla mucosa
B1 esteso parte interna muscolare
Classificazione di
Astler-Coller modificata
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di Astler-Coller modificata, ilTNM e la
classificazione AJCC (American Joint
Commission on Cancer.
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La sopravvivenza dei carcinomi del
colon-retto è condizionata dallo stadio
clinico. Infatti, se la sopravvivenza
globale (considerando tutti gli stadi) è
dell’77-79% a 1 anno, del 57-58% a 5
anni e del 54% a 10 anni, negli stadi
iniziali (A, B1) la sopravvivenza a 5 anni
è del 75-100%, nello stadio B2 scende
al 50 %, nello stadio C è inferiore al
40% ed in presenza di metastasi è inferiore al 5%.
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TERAPIA
DEL CARCINOMA
DEL COLON
N
el trattamento del carcinoma
del colon retto disponiamo di
tre fondamentali armi terapeutiche: la
chirurgia, la radioterapia e la terapia
medica (di cui la componente quasi
esclusiva è la chemioterapia in associazione o meno ai farmaci biologici di
nuova generazione).
Nel corso degli anni si è progressivamente capito come queste diverse terapie non debbano essere impiegate separatamente e come il risultato migliore si
ottenga da un’integrazione dei tre trattamenti. Assume, dunque, importanza
una valutazione d’equipe tra tutti i clinici
interessati( dette valutazione collegiale o multidisciplinare), al fine di poter
programmare il trattamento ottimale.
32
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CHIRURGIA
I
l trattamento chirurgico rappresenta
indiscutibilmente la terapia di prima
istanza nelle forme localizzate, essendo
l’unica arma terapeutica potenzialmente guaritiva. Occorre però considerare
che il 20% dei pazienti si presenta all’esordio con malattia avanzata non operabile ed il 35% dei pazienti operati recidiva entro 5 anni; inoltre i risultati non
sono altrettanto efficaci nei pazienti
affetti da malattia localmente avanzata,
o con localizzazioni a distanza, nonostante il miglioramento delle tecniche
chirurgiche. Il trattamento chirurgico
della malattia localizzata deve prevedere la resezione di metà del colon (emicolectomia), includente il colon
destro o sinistro, e la asportazione dei
linfonodi regionali (linfoadenectomia). Nel caso del carcinoma del retto,
soprattuto quando la malattia è molto
vicina al canale anale, può rendersi
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necessaria la colostomia definitiva, cioè
la deviazione del colon sulla parete
addominale con creazione di un ano
artificiale: le feci vengono quindi
raccolte in un “sacchetto” applicato sulla parete addominale.
Recentemente si è sviluppata, in alternativa al tradizionale accesso attraverso
il taglio della parete addominale, una
chirurgia miniinvasiva che non comporta grandi cicatrici. Tale tecnica, nota
come chirurgia laparoscopica, sembra
in grado di ottenere gli stessi risultati
della chirurgia tradizionale quando
effettuata da chirurghi con una specifica
competenza. La chirurgia laparoscopica
deve comunque essere effettuata
secondo criteri di radicalità oncologica
che comprendono l’esplorazione degli
organi intraaddominali e l’asportazione
di un numero adeguato di resezioni. In
caso di non sicurezza è necessario convertire l’intervento in chirurgia tradizionale. Il ruolo della chirurgia appare
importante anche in caso di metastasi
34
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epatiche, il 30% delle quali risulta operabile radicalmente con una sopravvivenza a 5 anni prossima al 30%.
E’ attualmente indicato l’intervento di
resezione in caso di presenza di meno
di 3 metastasi epatiche con coinvolgimento di tessuto epatico inferiore al
50%, ottime condizioni generali, età
inferiore ai 75 anni ed assenza di malattia extraepatica. In alcuni casi la chirurgia può essere impiegata anche per
resezione di metastasi polmonari limitate, particolarmente in presenza di un
lungo intervallo tra la diagnosi del
tumore primitivo e la comparsa delle
metastasi. La chirurgia può avere anche
un effetto palliativo (cioè di controllo
dei sintomi) anche in presenza di
malattia avanzata per prevenire complicanze tardive come l’occlusione o la
perforazione.
35
colon retto OK 2014:colon retto 13/04/15 16.41 Pagina 36
RADIOTERAPIA
L
e radiazioni ionizzanti sono in
grado di determinare la morte
delle cellule tumorali. Purtroppo, però, i
loro effetti tossici colpiscono anche i tessuti sani compresi nel campo di irradiazione, con conseguenti effetti collaterali
sia cutanei che a carico degli organi interessati. Ciò può a volte determinare
importanti tossicità intestinali, vescicali
ed al midollo osseo. Nel carcinoma del
retto può essere impiegata pre-operatoriamente, allo scopo di ridurre la dimensione del tumore e consentire un intervento chirurgico radicale, nei casi inizialmente non operabili, o un intervento
conservativo invece che uno più demolitivo, o dopo l’intervento chirurgico per
ridurre il rischio di recidiva locale. Il suo
impiego è spesso associato alla chemioterapia sia prima che dopo l’intervento.
36
colon retto OK 2014:colon retto 13/04/15 16.41 Pagina 37
Inoltre può avere un ruolo palliativo in
caso di malattia non operabile o disseminata, sia nel tumore del retto che nel
tumore del colon, al fine di controllare
la sintomatologia da infiltrazione locale
e la sintomatologia dolorosa, ad esempio da interessamento osseo.
37
colon retto OK 2014:colon retto 13/04/15 16.41 Pagina 38
CHEMIOTERAPIA
L
a chemioterapia è l’impiego di farmaci capaci di uccidere le cellule
tumorali. Questi farmaci sono purtroppo
gravati di importanti effetti collaterali
ma, se usati correttamente, i benefici
sono ampiamente superiori agli svantaggi e gli effetti collaterali ben controllabili
e raramente severi.
La chemioterapia viene principalmente somministrata per via endovenosa e, in alcuni casi, è possibile
assumerla per bocca tramite compresse o capsule. I farmaci chemioterapici, sia endovenosi che assunti
per bocca, vengono portati tramite
il sangue a tutto l’organismo raggiungendo le cellule tumorali ovunque esse si trovino. Di norma il trattamento chemioterapico prevede la
somministrazione dei farmaci scelti
in più giorni seguiti da una pausa di
1-2 settimane per dare modo all’organismo di riprendersi. Questo
38
colon retto OK 2014:colon retto 13/04/15 16.41 Pagina 39
schema (assunzione del farmaco+
pausa) viene chiamato “ciclo” di
trattamento. La chemioterapia si
protrae per diversi mesi nell’ambito
dei quali vengono effettuati dai 6 ai
12 cicli di trattamento.
Indipendentemente dai farmaci e dai
regimi utilizzati, si possono distinguere
tre condizioni diverse per l’impiego della
chemioterapia: 1. chemioterapia dopo
intervento chirurgico radicale (= adiuvante); 2. chemioterapia per malattia
metastatica; 3. chemioterapia per rendere operabile una malattia inizialmente
non operabile (=neo-adiuvante).
Chemioterapia dopo intervento
chirurgico radicale
Quando il tumore è stato per intero
asportato dal chirurgo, il paziente in
genere può considerarsi guarito.
Al contrario però di altre malattie non
tumorali, anche dopo l’asportazione
radicale sussiste il rischio che la malattia
possa ripresentarsi, nel colon (recidiva
locale di malattia) o in altri organi
(diffusione metastatica).
Il rischio è principalmente legato all’estensione della malattia al momento dell’intervento: maggiori sono la dimensione del tumore ed il numero di linfonodi
39
colon retto OK 2014:colon retto 13/04/15 16.41 Pagina 40
coinvolti dal processo tumorale, più alte
sono le probabilità che la malattia si
ripresenti. Il medico, dunque, si trova a
dover definire questo rischio e, se questo risulta rilevante, proporre una serie
di cicli di chemioterapia – in genere per
sei mesi –, allo scopo di ridurre le probabilità di “recidive”. Sperimentazioni
cliniche hanno, infatti, dimostrato che se
i linfonodi asportati durante l’intervento
risultano sede di malattia, la chemioterapia preventiva riduce di circa il 30% le
probabilità di recidiva della malattia stessa: questo beneficio giustifica l’eventuale
tossicità causata dalla chemioterapia. Se,
invece, i linfonodi sono negativi (non
sono, cioè, sede di malattia), il beneficio
della chemioterapia non è altrettanto
evidente e, quindi, la decisione di avviare o meno dei cicli di chemioterapia profilattica dipende da tanti altri fattori che
il medico valuterà nel loro insieme. Nel
corso degli anni e si è dimostrata l’efficacia della terapia precauzionale anche
somministrata per via orale ed il possibile vantaggio con l’impiego di più farmaci
associati tra loro. La chemioterapia preventiva (o adiuvante) ha, quindi, lo
scopo di eliminare eventuali cellule
“sfuggite” dal tumore di origine prima
40
colon retto OK 2014:colon retto 13/04/15 16.41 Pagina 41
dell’intervento chirurgico o al momento
dell’intervento chirurgico stesso e
ridurre il rischio di recidive locali o
metastasi a distanza.
Chemioterapia per malattia metastatica
Quando la malattia si estende ad altri
organi quali il fegato, i polmoni o il peritoneo, la chemioterapia risponde a tre
obiettivi principali: 1. far star meglio i
pazienti che soffrono di sintomi legati
alla malattia; 2. migliorare la qualità di
vita dei pazienti; 3. tentare di rendere
operabili condizioni che inizialmente
non lo sono.
In queste condizioni, la chemioterapia
viene generalemente prescritta per alcune settimane – in genere 6-12 settimane
–, e viene prolungata solo se gli esami di
controllo evidenziano una regressione o
una stazionarietà della malattia ed un
miglioramento delle condizioni del
paziente. Quindi, a differenza di quanto
accade nel corso della chemioterapia
preventiva, in questo caso è molto
importante verificare costantemente l’efficacia del trattamento, in modo da evitare di proseguire una terapia che non è
efficace e passare a farmaci diversi.
41
colon retto OK 2014:colon retto 13/04/15 16.41 Pagina 42
Chemioterapia per rendere operabile una malattia inizialmente non
operabile
Sussistono condizioni in cui la chemioterapia viene eseguita prima dell’intervento chirurgico (neo-adivante). In
generale questo accade in due circostanze: quando il tumore non è diffuso ma,
piuttosto, localizzato al retto (l’ultimo
tratto dell’intestino) oppure quando è
diffuso solamente al fegato, per cui una
sua riduzione è essenziale ai fini della
sua asportazione chirurgica. Nel caso
della malattia localizzata al retto, si preferisce ricorrere alla chemioterapia sempre, cioè anche quando il tumore è da
subito operabile: infatti, la chemioterapia
pre-operatoria, insieme alla radioterapia,
migliora la riuscita dell’intervento chirurgico
42
colon retto OK 2014:colon retto 13/04/15 16.41 Pagina 43
I FARMACI
A
ttualmente sono disponibili
circa una cinquantina di farmaci antitumorali, diversi tra loro sia in
termini di efficacia - ogni farmaco è efficace contro determinati tumori ed assolutamente inefficace contro altri - che di
tollerabilità - alcuni possono far cadere i
capelli, altri possono causare nausea
e/o vomito -.
Durante l’infusione della chemioterapia vengono somministrati non
solo i chemioterapici veri e propri
ma anche farmaci “ di supporto”
(ad esempio fisiologica, terapia
anti vomito, cortisone) che migliorano la tollerabilità al trattamento
riducendo gli effetti collaterali dei
chemioterapici.
Farmaci di supporto verranno prescritti anche per il domicilio in
43
colon retto OK 2014:colon retto 13/04/15 16.41 Pagina 44
modo da poter gestire a casa eventuali effetti collaterali che potrebbero verificarsi nei giorni subito
successivi la terapia.
Fino a qualche anno fa, l’unico farmaco
utilizzato per il trattamento del tumore
del colon-retto era il fluorouracile somministrato per via endovenosa, peraltro
in commercio dal 1957. E’ logico, quindi, che la disponibilità di nuovi farmaci
attivi contro questa malattia, resisi
disponibili negli ultimi anni, è stata
accolta con grande entusiasmo. Va sottolineato che la ricerca si è orientata
secondo due direzioni principali: 1. scoperta di nuovi farmaci, completamente
diversi dal fluorouracile; 2. semplificazione della somministrazione del fluorouracile. Sono state così prodotte
nuove sostanze come l’oxaliplatino e l’irinotecan, oltre agli analoghi del fluorouracile attivi per via orale (esempio
la capecitabina)
Negli ultimissimi anni la ricerca si è
rivolta verso farmaci che agiscono con
un meccanismo diverso, in grado di
agire su caratteristiche particolari delle
44
colon retto OK 2014:colon retto 13/04/15 16.41 Pagina 45
cellule tumorali e di fermarne la crescita con una minore tossicità sulle cellule
normali. Questi farmaci, spesso chiamati impropriamente “farmaci intelligenti”,
sono comunemente detti farmaci
biologici o Target Teraphy ed agiscono solo in presenza di una particolare alterazione (=mutazione genetica)
differente nelle diverse neoplasie.
Fluorouracile in infusione
Il fluorouracile è stato uno dei primi
farmaci antitumorali scoperti e continua
ad essere il farmaco più attivo contro la
malattia del colon-retto. In generale il
fluorouracile non è particolarmente tossico, con una discreta percentuale di
pazienti che non lamenta disturbi o, al
massimo, un leggero senso di affaticamento. Nella maggioranza dei casi, il
paziente avverte per circa 2-4 giorni
dopo la somministrazione del farmaco
un lieve senso di nausea, può lamenta45
colon retto OK 2014:colon retto 13/04/15 16.41 Pagina 46
re modesti bruciori alla bocca ed avere
qualche rara scarica di diarrea. Esistono,
poi, situazioni nelle quali questi sintomi
possono presentarsi maggiormente
accentuati o essere tanto gravi da
richiedere il ricovero del paziente. In
queste circostanze, i medici modificano
la dose del farmaco in modo da ridurne
la tossicità; raramente il trattamento
viene sospeso. Il fluorouracile è stato
somministrato secondo almeno 10
schemi diversi ma, oggi, quello più
comunemente utilizzato prevede la
somministrazione endovenosa del
farmaco per 3 giorni consecutivi
ogni 2 settimane, oppure una somministrazione orale di cp 2 volte al
giorno per 14 giorni consecutivi.
Secondo lo schema della terapia
infusiva, il farmaco viene messo in una
pompa, ricaricata, che il paziente
porta a casa. Il dosaggio del chemioterapico sia somministrato per bocca che
in vena, viene calcolato in base al peso
ed all’altezza del singolo paziente.
Occorre ricordare, però, che la tossicità
è cumulativa: al primo manifestarsi di
46
colon retto OK 2014:colon retto 13/04/15 16.41 Pagina 47
bruciori alla bocca o formicolii o bruciori alle mani ed ai piedi è bene informare il medico, che valuterà l’opportunità
o meno di sospendere il trattamento.
In genere, i casi di grave tossicità sono
proprio dovuti alla mancanza di una
segnalazione tempestiva di questi
disturbi al medico curante. Esistono
anche altre forme di infusione prolungata di fluorouracile, ma tutte presentano lo stesso inconveniente: la via di
accesso venosa. Infatti, avere una
pompa collegata ad una vena del
braccio non è assolutamente compatibile con una vita normale.
Per ovviare a ciò vengono posizionati dei dispositivi chiamati CVC
cioè cateteri venosi centrali.
Ne esistono di due tipi:
-il tipo Port-a-cath, dei “bottoni” di
silicone che, attraverso un taglio
della cute di circa 3 cm fatto in
anestesia locale, vengono posti nel
47
colon retto OK 2014:colon retto 13/04/15 16.41 Pagina 48
sottocute della regione toracica
anteriore per permettere la
somministrazione protratta del farmaco
-il tipo Groshong, un tubicino di
materiale biocompatibile inserito
in una vena centrale, anch’esso
posizionato in anestesia locale.
Entrambi i dispositivi permettono
l’infusione intermittente o continua dei farmaci endovenosi, delle
terapie nutrizionali e vengono utilizzati come accessi venosi per i
prelievi ematici.
Il fluorouracile, tra l’altro, è sempre
somministrato insieme ad una vitamina,
l’acido folinico, che ne potenzia l’attività.
Fluorouracile per via orale
Proprio la complessità del sistema infusionale, insieme al fastidio delle ripetute somministrazioni endovenose del
fluorouracile, ha spinto la ricerca farmacologica verso la semplificazione di
questi regimi: in ragione di queste premesse, è chiaro che la disponibilità di
una forma di fluorouracile attiva per via
48
colon retto OK 2014:colon retto 13/04/15 16.41 Pagina 49
orale apparisse come la soluzione più
pratica al problema. Nel lontano passato, il fluorouracile stesso era stato somministrato per via orale, ma il suo assorbimento nell’intestino non era risultato
affidabile e, quindi, la sua utilizzazione
poteva dar luogo ad effetti tossici senza
averne alcuno sul tumore. Negli ultimi
anni sono stati sviluppati analoghi del
fluorouracile, tegafur in combinazione
con uracile e capecitabina, che sono
meglio assorbiti a livello instestinale e
che ne mantengono tutta l’attività. In
più, la somministrazione orale consente
periodi di trattamento prolungati anche
di 2 settimane, a somiglianza dell’infusione continua di fluorouracile. Gli
studi di confronto tra il fluorouracile
endovena ed i suoi analoghi somministrati per via orale hanno mostrato
sostanziale equivalenza di efficacia,
oltre ad evidenziare un miglioramento
della tollerabilità del trattamento.
49
colon retto OK 2014:colon retto 13/04/15 16.41 Pagina 50
Gli effetti collaterali più comuni, legati
all’utilizzazione di questi composti,
sono principalmente a carico dell’apparato gastrointestinale – nausea, vomito
stipsi/diarrea –, mentre si riducono in
maniera significaiva i bruciori alla bocca
(mucosite), alle mani ed ai piedi
(detta Hand-foot sindrome)
L’impiego della chemioterapia orale
deve però ancora dimostrare di poter
sostituire in ogni caso la somministrazione endovenosa. La presenza di patologie dell’apparato digerente superiore
può determinare alterazioni dell’assorbimento che non consentono di considerare non più attuale la terapia endovenosa. Nei casi in cui debbano essere
somministrati più farmaci deve ancora
essere confermata la uguale efficacia dei
farmaci orali.
Irinotecan
L’irinotecan è un farmaco per uso
endovenoso resosi disponibille per
il trattamento del tumore del colonretto. In generale, questo farmaco viene
utilizzato in combinazione con il fluoro
uracile (schema Folfiri) in quanto
50
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l’uso associato risulta essere più efficace, sebbene più tossico, del trattamento
eseguito con i due farmaci usati da soli.
Invece, una questione ancora aperta è
se convenga somministrare fluorouracile ed irinotecan contemporaneamente
oppure se dare i due farmaci uno dopo
l’altro, in sequenza. L’irinotecan causa
caduta dei capelli nel 35% dei pazienti
trattati, in genere provoca nausea e
diarrea in percentuali maggiori rispetto
a fluorouracile ed abbassa i valori
dell’ emoglobina e dei globuli
bianchi, un evento più raro con il fluorouracile. Il grande merito di questo
farmaco, così come dell’oxaliplatino, è
stato quello di aver dato molte più speranze alla chemioterapia, anche in quei
casi in cui il fluorouracile da solo era
destinato a non essere efficace. Inoltre,
è grazie alle combinazioni di farmaci
diverse che più frequentemente si arriva ad operare tumori inizialmente inoperabili.
51
colon retto OK 2014:colon retto 13/04/15 16.41 Pagina 52
Oxaliplatino
L’Oxaliplatino è disponibile solo nella
forma iniettabile e, come l’irinotecan,
ha rappresentato un deciso passo in
avanti nel trattamento del tumore del
colon-retto. Anch’esso, però, è gravato
da tossicità aggiuntive rispetto a quelle
del fluorouracile: una, abbastanza frequente, è la sensazione di crampo o
fomicolio (detta neuropatia periferica) localizzata alla gola che può
insorgere nelle ore successive alla
somministrazione, soprattutto in concomitanza con l’assunzione di bevande
fredde, che è bene quindi evitare, o
anche solo con il toccare con le
mani o i piedi l’acqua fredda. In sè,
l’effetto non è pericoloso ma fortemente sgradevole. Anche oxaliplatino, così
come già sottolineato per irinotecan,
viene in genere combinato con il fluorouracile, sia nella sua forma endovenosa (Folfox)che nella forma orale
(Capox).
52
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Farmaci Biologici
Sono i già citati “farmaci intelligenti”.
Ognuno di loro ha un diverso meccanismo d’azione. Per semplificare potremmo considerali come un “mazzo di chiavi” da cui dobbiamo scegliere quella
adatta per la “serratura” rappresentata
dall’anomalia della cellula tumorale.
Questo aspetto rende interessante il
ruolo di questi farmaci perché potenzialmente in grado di risolvere il danno
che ha determinato la malattia.
Questi farmaci hanno già dimostrato di
poter, in alcuni casi, potenziare l’effetto
della chemioterapia, mentre purtroppo
sono ancora, per ora, poco efficaci
quando usati da soli.
53
colon retto OK 2014:colon retto 13/04/15 16.41 Pagina 54
UNA CONDIZIONE
PARTICOLARE:
IL CARCINOMA
DEL RETTO PRIMA
DELLA CHIRURGIA
C
ome già accennato, nel caso
del tumore del retto viene in
genere preferita la chemioterapia preoperatoria anche quando il tumore è
operabile. In questo caso, uno dei principali problemi è costituito dal fatto che
la chemioterapia deve essere associata
alla radioterapia, ed i due programmi
devono essere coordinati. In Italia, ma
anche all’estero, questo coordinamento
non è sempre di facile realizzazione. A
rendere le cose ulteriormente complicate c’è la certezza che il modo migliore di somministrare il fluorouracile in
combinazione con la radioterapia è l’infusione continua, con tutte le difficoltà
che abbiamo visto prima. Sono in corso
tentativi di duplicare i risultati ottenuti
dall’infusione continua di fluorouracile
combinato alla radioterapia tramite l’im-
54
colon retto OK 2014:colon retto 13/04/15 16.41 Pagina 55
piego degli analoghi attivi per via orale:
se i risultati saranno positivi, avremo
compiuto un significativo passo in avanti nel miglioramento della combinazione chemio-radioterapia
55
colon retto OK 2014:colon retto 13/04/15 16.42 Pagina 56
CONCLUSIONI
D
i fronte a tutti questi farmaci, ai
tanti schemi terapeutici ed alla
possibile combinazione tra chemioterapia e radioterapia si può rimanere comprensibilmente confusi: domande del
tipo “perchè con me usano questo farmaco” oppure “perchè vengo tutte le
settimane in ospedale” sono assolutamente lecite e giustificate.
La risposta, o le risposte, sono, al contrario, estremamente difficili, e rendono
ragione del perchè, a volte, si ottengono pareri diversi consultando medici
diversi. L’età, la gravità della malattia, la
condizione per cui è usata la chemioterapia, le condizioni generali del paziente sono i maggiori determinanti di una
scelta che può essere più o meno
aggressiva. Si può andare dal solo analogo del fluorouracile attivo per via
orale, cioè dallo schema di trattamento
56
colon retto OK 2014:colon retto 13/04/15 16.42 Pagina 57
efficace e poco tossico, fino all’uso
combinato dei due nuovi farmaci, passando in questo percorso attraverso
tutte le possibili combinazioni – analogo del fluororuracile attivo per via orale
combinato ad uno dei due nuovi farmaci oppure fluorouracile endovenoso
combinato ad uno dei due nuovi farmaci–.
E’ importante, in definitiva, che il
paziente capisca che ci sono varie
opportunità di trattamento, e che l’oncologo è in grado di scegliere quella
che più si adatta alle sue condizioni: in
altre parole, bisogna convincersi che
NON ESISTE LA CHEMIOTERAPIA
MIGLIORE, MA ESISTE UNA CHEMIOTERAPIA ADATTA PER OGNI
PAZIENTE.
Ed è compito del medico stabilire
quale.
57
colon retto OK 2014:colon retto 13/04/15 16.42 Pagina 58
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colon retto OK 2014:colon retto 13/04/15 16.42 Pagina 59
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