leggi articolo - Ospedali riuniti di Trieste

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OSPEDALI/MEDICINA NUCLEARE
La tecnica del “linfonodo sentinella”
La metodica individua l’estensione di tumori al seno o melanomi e consente
di calibrare l’intervento
I tumori maligni, oltre all'aggressività locale, dovuta alla capacità di infiltrare e distruggere i
tessuti e le strutture circostanti, è quella di diffondersi a distanza, generando “metastasi”
per via ematica e/o linfatica, cioè attraverso la rete dei minuscoli vasi capillari di questi due
sistemi circolatori. Nella diffusione per via linfatica le cellule malate, dopo essersi staccate
dal tumore, invadono i vasi capillari e, seguendo il flusso della linfa, raggiungono i linfonodi
(le cosiddette “ghiandole”, che costituiscono delle stazioni dove la linfa e tutto quello che
essa trasporta viene filtrata e fermata), dove, almeno temporaneamente, rimangono
bloccate. Successivamente possono diffondersi ancora, portandosi in altri linfonodi, e così
via, fino a raggiungere la circolazione sanguigna e da qui insediarsi in ogni organo.
Una diffusione lenta
Fortunatamente la diffusione per via linfatica è relativamente lenta e prevedibile, quanto a
percorso: è così possibile, durante gli interventi chirurgici, prelevare un linfonodo per
studiarlo e venire quindi a sapere se è stato invaso o meno da cellule tumorali. Nel caso si
verifichi il “contagio” bisogna provvedere a rimuovere questo linfonodo e, analogamente,
tutti gli altri linfonodi che si trovano sulla stessa via, al fine di bloccare la diffusione del
tumore.
L‘intervento chirurgico, così facendo, si complica e la mutilazione che ne deriva risulta
tanto più importante quanto più è esteso con sensibili conseguenze sulla qualità di vita.
La metodica
Nel 1996 è stata messa a punto dagli studiosi del National Cancer Institute di Bethesda
una metodica utile a ridurre se non evitare completamente tale tipo di inconvenienti. Si
tratta dell’individuazione non chirurgica dello stato di infiltrazione metastatica dei linfonodi
nei casi di cancro al seno o di asportazione di melanomi. Ormai la metodica va
considerata un cardine della terapia chirurgica conservativa senologica.
L’utilizzo della tecnica del linfonodo sentinella richiede necessariamente una stretta
collaborazione tra chirurgo e medico nucleare, per cui può essere praticata solo in centri
sufficientemente specializzati ed attrezzati.
Come si procede
Al fine di identificare il linfonodo sentinella, alcune ore prima dell’intervento operatorio si
inietta in prossimità del linfonodo sospetto una soluzione salina contenente particelle
proteiche trattate con una sostanza radioattiva in dosi non pericolose.
Alcune ore dopo l’iniezione è possibile individuare, per mezzo di una sonda specifica per
chirurgia radioguidata che viene fatta scorrere sulla pelle dell’area interessata, la presenza
e l’intensità delle radiazioni provenienti dalla sostanza utilizzata, consentendo così di
individuare il linfonodo probabilmente colpito da cellule tumorali. E’ appunto “il linfonodo
sentinella” che può essere asportato e studiato selettivamente, permettendo di evidenziare
lo stato di diffusione del tumore e decidere la successiva strategia di trattamento.
La sonda per chirurgia radioguidata è costituita da un piccolo cilindro metallico all’interno
del quale una particolare sostanza cristallina è in grado di rilevare valori molto bassi di
radioattività e trasmetterli ad una apparecchiatura che ne consente la lettura e
l’interpretazione.
In caso di sospetto di grosse diffusioni è anche possibile eseguire un esame diffuso a tutto
il corpo, così da guidare in maniera opportuna le fasi chirurgiche successive alla prima.
La qualità di vita
E’ importante evidenziare che si tratta di un approccio di particolare attenzione alla qualità
della vita di pazienti con patologie severe, che viene svolto da un’équipe costituita da più
specialisti (chirurgo e medico nucleare) e che prevede la compresenza in sala operatoria
del medico nucleare che è in grado di fornire immediatamente al chirurgo indicazioni
indispensabili alla corretta gestione dell’intervento.
A Trieste e Gorizia
La struttura di Medicina Nucleare dell’Azienda Ospedaliero Universitaria, diretta dalla
dottoressa Franca Dore, ha sviluppato ormai da anni una notevole esperienza nel settore
e svolge regolarmente tale tipo di attività a favore sia di pazienti trattate presso il Maggiore
sia presso gli ospedali dell’Isontino, al fine di garantire la massima disponibilità della
metodica.
E’ indispensabile sottolineare che tale metodica viene applicata in casistica selezionata
secondo rigidi criteri clinici, che viene opportunamente informata ed alla quale viene
richiesto il consenso all’esecuzione secondo gli standard di normativa di JCI-Joint
Commission International, l’ente che di recente ha rinnovato l’accreditamento
all’eccellenza dell’ospedale di Cattinara.
Linfonodo 1 – Box
OSPEDALI/MEDICINA NUCLEARE
Radionuclidi
artificiali
per
la diagnosi
La Medicina nucleare è una branca specialistica della medicina che si avvale a scopo
diagnostico, terapeutico e di ricerca biomedica, dell'uso di radionuclidi artificiali. In una
opportuna forma chimica o coniugati a molecole o cellule che fungono da vettori, i
radionuclidi vengono introdotti nell'organismo sotto forma di soluzioni, sospensioni, aerosol
o altro e possono comportarsi come traccianti funzionali, permettendo studi diagnostici "in
vivo", o concentrarsi in tessuti patologici, permettendone sia il riconoscimento sia, a volte,
l'irradiazione terapeutica.
La Medicina nucleare è prima di tutto un servizio diagnostico spesso insostituibile, a
disposizione della medicina generale e specialistica, in grado di fornire valide risposte a
numerosi quesiti diagnostici. Al contrario delle immagini radiologiche le immagini mediconucleari vengono ottenute per mezzo della rilevazione di radiazioni emesse da
radiofarmaci distribuiti nell'organismo.
Le varie metodiche nucleari prevedono la somministrazione ai pazienti di un farmaco,
scelto opportunamente in modo che si concentri nell'organo oggetto di studio o che si
comporti come tracciante di una particolare funzione biologica. Le immagini scintigrafiche
esprimono la distribuzione spaziale o spazio-temporale del radiofarmaco. Spesso le
informazioni ricavate sono esprimibili anche in forma di parametri numerici, permettendo di
ottenere dati di ordine semiquantitativo o quantitativo. Le immagini che ne derivano sono
l'espressione
morfologica
di
una
funzione
vitale.
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