I FARMACI GENERICI IN ITALIA
DEFINIZIONE
Il farmaco generico è definito come imitazione di un prodotto originale privo di protezione
brevettuale; quest'ultima caratteristica permette la produzione del generico a qualsiasi impresa.
In linea teorica, il generico viene messo in commercio senza un marchio commerciale definito,
ma sotto la cosiddetta Denominazione Comune Internazionale (DCI). Di fatto, nelle realtà di
mercato internazionali esistono tre categorie di farmaci generici: generici branded, ovvero copie
di specialità farmaceutiche recanti un proprio marchio distintivo; generici semibranded
commercializzati sotto la DCI seguita dal nome del produttore; generici "puri", o unbranded. Nel
passaggio dalla specialità coperta da brevetto, prodotta quindi dalla sola azienda innovatrice, al
farmaco generico, prodotto potenzialmente da un numero illimitato di imprese, muta
radicalmente la struttura del mercato di riferimento. Il "monopolio" che permetteva all'azienda
farmaceutica innovatrice di recuperare, tramite prezzi elevati, gli investimenti effettuati in
ricerca e sviluppo, viene sostituito da un mercato concorrenziale in cui le aziende si concentrano
sui processi produttivi più efficienti per offrire il farmaco generico ai prezzi più competitivi sul
mercato. La previsione di un importante sviluppo del mercato dei farmaci generici comporta
altresì un radicale mutamento nell'attività delle singole aziende innovatrici. I prodotti maturi, per
i quali la copertura brevettuale è venuta meno, perdono d'importanza all'interno del portafoglio
prodotti dell'azienda, essendo commercializzati da una pluralità di soggetti a prezzi
presumibilmente più bassi. L'azienda innovatrice è quindi portata a lanciare sul mercato prodotti
che rendano obsoleti quelli per cui è scaduta la protezione brevettuale.
ASPETTI REGOLATORI
Fino alla entrata in vigore del DL 178/91 i farmaci generici erano considerati i galenici officinali
(Elenco A del Formulario Nazionale della Farmacopea Ufficiale).
Con il DL 178 questi farmaci sono stati ridefiniti, farmaci preconfezionati prodotti
industrialmente.
Prima del DL 178 i galenici officinali (in F.U.) potevano essere prodotti disponendo di una
officina autorizzata e seguendo nella preparazione la monografia riportata in F. U.; i prodotti
potevano essere commercializzati, solo con il nome indicato nella monografia, senza necessità
di ottenere una AIC. Dal 1/01/92 (a seguito del DL 178) è stata introdotta la procedura di
registrazione anche per i farmaci preconfezionati prodotti industrialmente (molto semplificata
rispetto a quella delle specialità).
Il farmaco generico, invece, è stato introdotto con la Finanziaria '96 (L. 28/12/95) che lo
definisce come "Farmaco, la cui formulazione non sia più protetta da brevetto, a
denominazione generica del principio attivo seguita dal nome del titolare della AIC".
Successivamente, il DL 323 del 20/06/96 convertito in L. 425 del 8/08/96 ha rielaborato ed
ampliato il concetto di generico, pervenendo alla attuale definizione.
Generico: medicinale a base di uno o più principi attivi, prodotto industrialmente,
non protetto da brevetto o da certificato protettivo complementare, identificato
dalla denominazione comune internazionale del principio attivo o, in mancanza di
questa, dalla denominazione scientifica del medicinale, seguita dal nome del titolare
dell'AIC, che sia bioequivalente rispetto ad una specialità medicinale già autorizzata
con la stessa composizione quali-quantitativa in principi attivi, la stessa forma
farmaceutica e le stesse indicazioni terapeutiche.
Lo stesso DL 323/96 stabilisce che l'immissione in commercio dei generici viene autorizzata dal
Min. San., sulla base di una documentazione che attesti la bioequivalenza rispetto ad una
specialità medicinale già autorizzata con la stessa composizione quali-quantitativa dei principi
attivi, stessa forma farmaceutica e stesse indicazioni terapeutiche.
La documentazione di bioequivalenza non è richiesta qualora:
• La domanda di AIC venga presentata dal titolare della specialità a brevetto scaduto (o
da un suo licenziatario).
• I metodi di fabbricazione e di officina di produzione siano identici.
• Via di somministrazione (e caratteristiche della specialità) rendano le variazioni di
composizione quali-quantitative irrilevanti rispetto alla biodisponibilità (es. fiale e.v.).
• Seguendo la procedura di registrazione nazionale, la AIC è concessa dal Min. San. entro
30 giorni dal pronunciamento della CUF.
Questa commissione deve esprimersi sulla richiesta entro 90 giorni dalla sua presentazione,
garantendo la medesima classificazione e rimborsabilità (da parte del SSN) della specialità
originatrice, a fronte di un abbassamento del prezzo di almeno il 20% vs la stessa.
La Finanziaria del '98 (27/12/97) ha riconfermato all'articolo 36 comma 9 questa riduzione di
almeno il 20% verso la corrispondente specialità medicinale che ha goduto della tutela
brevettuale o delle specialità medicinali che hanno usufruito della relativa licenza, come
condizione per ottenere la rimborsabilità.
Può così coincidere il prezzo massimo di un generico (che ne permette la rimborsabilità SSN)
con quello delle specialità medicinali (a base di principi attivi con scadenza brevettuale scaduta)
registrate - senza licenza - dopo il 1/07/98. Lo stesso tipo di specialità, registrato anteriormente
a questa data, avrà il proprio prezzo ribassato progressivamente fino a raggiungere, in 4 anni,
l'80% del prezzo della specialità originatrice.
Si possono così avere sul mercato, ugualmente rimborsate, specialità vendute al prezzo medio
europeo, specialità vendute all'80% del p. m. e. e generici venduti ad un prezzo pari all'80%
del p. m. e.
I tempi effettivi di registrazione - fino ad oggi - sono stati molto più lunghi di quanto previsto
dalla legge (per la mancanza di una corsia preferenziale alla registrazione - e conseguente
accodamento alle richieste di AIC di prodotti innovativi che richiedono valutazioni più estese - e
per rallentamenti burocratici di varia origine) mentre la disponibilità sul mercato di un ampio
numero di molecole è una condizione indispensabile per far nascere un significativo mercato dei
farmaci generici sia presso i medici prescrittori che presso i consumatori potenziali.
LA COPERTURA BREVETTUALE
L' estensione della brevettabilità ai prodotti farmaceutici si è avuta in Italia dopo una sentenza
della Corte Costituzionale (1978), seguita dalla ratifica della Convenzione di Monaco istitutiva
del Brevetto Europeo e dalla emanazione del DPR 338/1979 che adeguava la normativa
nazionale.
Successivamente, la legge 349/91 ha istituito il CPC (Certificato Complementare di Protezione),
successivamente abrogato dal Regolamento CEE1768/92 istitutivo del SPC (Supplementary
Protection Certificate).
La differenza tra le due normative risiede nella durata massima della estensione concessa alla
fine della durata legale del brevetto che, per il CCP è non superiore a 18 anni mentre per il SPC
la durata della estensione non può superare i 5 anni.
Tra il 19/10/91 (introduzione del CCP) ed il 2/01/93 (data in cui è entrato in vigore anche in
Italia il SPC) una larga parte dei circa 400 principi attivi presenti sul mercato italiano ha
ottenuto il CPC, trovando così in Italia una copertura notevolmente più lunga rispetto agli altri
Paesi UE.
Inoltre, nonostante la legge prevedesse la pubblicazione di un bollettino su cui pubblicizzare i
medicamenti per cui era stato richiesto il rilascio del CPC, questo è uscito solo per un breve
periodo: mancano così informazioni precise sulle molecole per le quali il CPC è stato concesso
e, soprattutto, sulla sua durata. Sicuramente questa è una delle cause che hanno più sfavorito
lo sviluppo di un mercato del generico in Italia.
SOSTITUIBILITA’ PRESCRITTIVA
Se il Medico omette, nella sua prescrizione, di specificare il titolare della AIC, il farmacista può
consegnare qualsiasi generico corrispondente - per composizione - a quanto prescritto o
richiesto.
È invece rientrata la norma, frutto di un accordo Federfarma - SSN, che dava al farmacista la
possibilità di sostituzione (per prodotti a prezzo pari o inferiore, a parità di composizione, forma
farmaceutica ed indicazione terapeutica) e che avrebbe potuto dare un significativo impulso alla
partenza del mercato dei generici, se utilizzata da Aziende con forte presenza nell'Area della
Distribuzione.
QUALITA’ DEL GENERICO
I procedimenti adottati per la produzione e il controllo di qualità del farmaco generico devono
rispettare tutti i principi e le linee guida delle Norme di Buona Fabbricazione, ragion per cui il
farmaco generico è formalmente un prodotto con le stesse garanzie di qualità della
corrispondente specialità.
INCENTIVI ALLO SVILUPPO DEL MERCATO DEI GENERICI
Le esperienze maturate negli altri paesi europei hanno messo in luce come la diffusione dei
generici sia direttamente correlata al coinvolgimento concreto degli attori principali del sistema.
Incentivi al commercio del generico etico possono essere rivolti:
• alle aziende, attraverso idonei meccanismi di rimborso;
• ai medici prescrittori, attraverso strumenti di responsabilizzazione sulle scelte
prescrittive;
• ai farmacisti, prevedendo, contestualmente alla possibilità di esercitare il diritto di
sostituzione, margini adeguati in caso di dispensazione generica.
Il medico dovrebbe valutare, accanto all'efficacia clinico-terapeutica della cura, le conseguenze
economiche delle scelte che effettua. Questo atteggiamento difficilmente si verifica se non
vengono introdotti meccanismi di responsabilizzazione e di controllo della spesa (come accade
in Germania e nel Regno Unito).
A livello normativo, un miglioramento in senso generale puo essere considerata la Legge
425/96, in base alla quale viene sancito che le Aziende Sanitarie Locali e le Aziende Ospedaliere
del SSN devono esercitare un controllo sull'attività prescrittiva dei medici per verificarne la
conformità con le note esplicative formulate dalla CUF. L'espletamento di tali controlli (che
richiede una fattiva collaborazione dei medici e un loro costante aggiornamento) risulterà. tanto
più incisivo quanto più appropriate saranno le azioni di informazione poste in essere, in merito
alle quali le Aziende Sanitarie Locali e Ospedaliere dovranno relazionare trimestralmente alle
regioni e al Ministero della Sanità. Sotto il profilo operativo, peraltro, il controllo può essere
svolto efficacemente solo attraverso l'elaborazione elettronica delle prescrizioni. Tale
accertamento, infatti, consente di individuare i medici che presentano un elevato livello di
prescrizione, anche se questo indicatore da solo non è sufficiente per valutare la qualità
dell'attività svolta.
Anche i farmacisti potrebbero esercitare un ruolo cruciale nella diffusione dei generici, se fosse
loro concessa la possibilità di sostituire il farmaco prescritto con uno a minor costo considerato
equivalente e esistessero gli incentivi per farlo.
Un altro intervento legislativo giudicabile come un parziale incentivo alla dispensazione generica
è rappresentato dalla revisione della modalità di remunerazione del farmacista (legge 662/96).
Il margine, infatti, è divenuto regressivo, dal momento che le farmacie sono tenute a
concedere uno sconto differenziato per i medicinali prescritti a carico del SSN in funzione del
livello di prezzo del farmaco.
Il margine proporzionale al prezzo di vendita in vigore fino al 1997 costituiva un ostacolo
naturale alla dispensazione del generico, favorendo i farmaci più costosi per i quali i margini
risultavano superiori. Tuttavia, la regressività del sistema italiano risulta ancora poco
accentuata se confrontata con quella di altri paesi europei.
PENETRAZIONE
La rilevanza del mercato dei farmaci generici in Italia è ancora irrisoria..
Fra i pochi principi attivi al momento presenti sul mercato in forma generica, si possono citare
la ticlopidina (con un fatturato pari a 13 miliardi di lire), il ketoprofene (1,9 miliardi) e
l'eritromicina (circa un miliardo)e la nimesulide (circa 4 miliardi).
Le previsioni sullo sviluppo del mercato dei generici nel nostro paese nei prossimi anni sono
spesso contraddittorie. Alcuni studi indicano nello 0,81% la quota massima di mercato
raggiungibile entro il 2001, altri stimano una crescita pi- elevata (3% del mercato, per un totale
di circa 500 miliardi di lire) basata su strapolazioni dei trend registrati da ticlopidina e
nimesulide.
Sebbene queste cifre appaiano decisamente al di sotto di quelle riscontrabili in altri mercati
europei, è prevedibile uno sviluppo sostanziale del generico in Italia dopo il 2001, anno in cui
scadranno brevetti importanti (Anonimo, 19972).
Secondo un'indagine compiuta dalla Società Italiana di Farmacia Ospedaliera (SIFO), nel 2001 il
fatturato dei farmaci privi di brevetto14, ipotizzando un tasso di prescrizione generica del 40%,
potrebbe essered di 565 miliardi e consentirebbe un risparmio di 141 miliardi al SSN.
Molte aziende hanno sottoposto la domanda di registrazione di prodotti generici, in modo da
trovarsi pronte nel momento in cui tale mercato decollasse effettivamente. Peraltro, la
situazione delle registrazioni risulta tuttora molto rallentata, anche perché, come già ricordato,
non sono stati attivati canali di approvazione preferenziali per i generici.
CONCORRENZA
Il mercato dei generici stenta a decollare in Italia, nonostante la presenza di una pluralità di
aziende apparentemente interessate a concorrere in tale segmento. La limitata dimensione
delle aziende italiane, e la conseguente impossibilità di far concorrenza con prodotti innovativi
alle grandi multinazionali, costituisce una buona premessa per lo sviluppo di imprese
genericiste nel nostro paese.
Esistono già aziende create appositamente per produrre e commercializzare farmaci generici;
altre stanno procedendo alla registrazione di generici, allo scopo di limitare la potenziale perdita
di quote di mercato.
Le principali aziende formalmente presenti sul mercato sono: Doc, Dorom, Hexan, GNR,
Baycare, Angelini, Recordati, Biologica Italia (del gruppo Mediolanum), UNIFARM (la cui attività
è prevalentemente orientata al generico da banco), GET e Anodia. Stada e Ratiopharm,
importanti aziende tedesche, hanno iniziato le procedure di registrazione dei generici in Italia,
in modo da non trovarsi impreparate al momento del decollo di tale mercato.
Doc è il risultato di una joint venture fra Chiesi Farmaceutici e Zambon.
Hexan deriva da una joint venture fra Hexal (gruppo tedesco) e Angelini. Angelini è presente in
modo autonomo sul mercato con gli anestetici locali, commercializzati sotto la DCI seguita dal
nome dell'azienda.
Dorom è la consociata della Searle (Monsanto), per la produzione e la commercializzazione di
'farmaci generici'.
GNR fa parte della multinazionale tedesca Basf-Knoll, la quale ha optato per una
diversificazione dell'attività nel campo dei prodotti generici.
GET, società del gruppo CT di San Remo orientata inizialmente alla produzione e
commercializzazione di specialità medicinali, ha convertito la propria attività, inserendosi nel
segmento di mercato dei generici.
Anodia, infine, è un'affiliata del gruppo svedese Pharmacia.
Anche i migliori brevetti scadono... e poi?
Dipende.
Se la 'scoperta' originariamente protetta da brevetto è ancora commercialmente interessante,
chiunque lo desideri può 'copiarla' e metterla sul mercato senza dover ottenere permessi o
pagare diritti allo 'scopritore', o meglio a chi brevettò la scoperta (d'altro canto, se la 'scoperta'
è superata e, quindi, non più utile, il problema del brevetto non si pone).
Il Brevetto, infatti, nasce come strumento per tutelare l'inventore da altri che, privi di idee ma
ricchi di mezzi, potrebbero 'rubare' l'invenzione e porla in commercio come propria,
intascandone tutti i vantaggi.
Tralasciando il complesso (ed a volte esilarante) argomento di cosa sia brevettabile e cosa no,
quello che qui importa è come il Brevetto intervenga nel mondo Farmaceutico, influenzando in
modo notevole il costo dei Farmaci e la quantità di danari che le Aziende sono disposte ad
investire su di una particolare sostanza.
La vita di un Farmaco, infatti, non comincia nel momento in cui compare in Farmacia, ma
almeno 10-12 anni prima. E, proprio come tutti i bambini, durante questo periodo costa molto
non produce nulla. Costa scoprirlo e farlo nascere (1-2 anni) isolandolo da altre sostanze simili
ma meno interessanti. Costa produrlo in piccole quantità per provarne efficacia (riesce a curare
quella particolare malattia meglio dei farmaci già disponibili?) e tollerabilità (gli effetti collaterali
sono più lievi e rari di quelli dei farmaci attuali?).
E se ne vano altri 4-6 anni.
Costa studiare le forme farmaceutiche migliori per individuare la più adatta.
Costa, infine, raccogliere il materiale ed intraprendere la procedura di registrazione presso le
diverse Autorità.
Ed ancora non abbiamo affrontato alcuna spesa commerciale.
Per intenderci, i costi legati al “lancio” vero e proprio del nuovo farmaco.
Tutti noi ci aspettiamo che il nostro Medico sappia che, per la tal malattia, è oggi disponibile un
nuovo farmaco. Ma il settore è così vivace che un medico dovrebbe passare la maggior parte
del proprio tempo andando in giro, di Azienda in Azienda, per chiedere le novità.
Questo, ovviamente, non accade.
Accade il contrario: sono le Aziende che mandano i loro ISF (Informatori Scientifici del Farmaco
- personale altamente specializzato ed opportunamente istruito) da tutti i Medici, per illustrare
le novità e consegnare la documentazione scientifica di sostegno.
Come ogni Organizzazione capillarmente diffusa sul territorio, anche questa Rete di Informatori
comporta dei costi.
Costa poi l'allestimento e la stampa dei materiali che accompagnano le visite degli Informatori.
Abbiamo lasciato per ultimo il costo più importante, rappresentato della produzione vera e
propria del farmaco e della sua distribuzione a grossisti, farmacisti ed Ospedali.
Ritorno dell’investimento.
Da un punto di vista economico, il farmaco dodicenne appena 'lanciato' rappresenta un grosso
investimento che inizia a generare ritorni. Ma quanto è ragionevole aspettarsi indietro?
Credo tutti saranno d'accordo nell'affermare che (se il farmaco è davvero utile ed innovativo) i
meccanismi economici dovrebbero 'premiare' l'Azienda che lo ha scoperto e vi ha investito.
Questo significa, ovviamente, che i ricavi dei primi anni non potranno essere davvero
considerati 'guadagni', dal momento che debbono, innanzitutto, ripagare gli ingenti investimenti
compiuti.
Se non esistessero i Brevetti, sarebbe allora possibile per un'Azienda terza, 'copiare' i
meccanismi di produzione del farmaco, fabbricare una 'copia' identica all'originale e porla in
vendita ad un prezzo inferiore. Il 'copiatore', infatti, non ha dovuto spendere tempo e danari
nella fase di ricerca e sviluppo e, per lui, gli incassi divengono immediatamente 'utili'.
Ma in un mondo siffatto, verrebe a mancare ogni stimolo economico per le Aziende orientate
alla Ricerca: tutti troverebbero molto più conveniente copiare che 'creare' (procedura da sempre
molto onerosa) con l'evidente risultato che, in brevissimo tempo, non vi sarebbe più alcunchè
da copiare e, cosa più grave, alcunchè di originale ed innovativo.
Tutela dell’investimento.
Questo scenario non piace ai Legislatori e, in ogni Stato, esiste una precisa normativa che
regola il Brevetto dei Farmaci; questa, più o meno, recita: "Investite e ricercate senza
paura nuove sostanze per combattere i grandi e piccoli mali che affliggono
l'umanità... in cambio, se troverete qualcosa di utile, la Legge vi garantisce che
potrete commercializzarlo in esclusiva per almeno 20 anni.".
E qui nasce un primo spunto per gli approfondimenti che trovano spazio in queste pagine: ma
bastano 20 anni? Abbiamo detto che ce ne vogliono almeno 10-12 perchè il Farmaco arrivi sul
banco della Farmacia. Questo significa che gliene rimangono 8 per ripagarne
(complessivamente) 20.
E, infatti, esistono Leggi che protraggono il periodo di copertura brevettuale anche oltre i 20
anni.
I Farmaci Generici.
Siano 20 o siano di più, dopo un sufficiente numero di anni il brevetto scade.
Se il farmaco è ancora interessante da un punto di vista terapeutico (e molti lo sono) può venir
prodotto e commercializzato (ovviamente da un'Azienda autorizzata) utilizzando, anzichè il
marchio (il nome di fantasia che caratterizza i farmaci di marca- es.: Valium), il nome chimico
generico (es.: diasepam).
Quando questo accade, nasce il Diasepam Generico, un Farmaco che, costando almeno il 20%
in meno rispetto al suo 'Collega' di marca, può consentire interessanti risparmi sia al Paziente
che al Servizio Sanitario Nazionale nel suo complesso.
Ma chi ci garantisce che il Diazepam Generico (ove esista) sia effettivamente 'buono' quanto
quello di Marca?
La normativa internazionale pone, ovviamente, una serie di condizioni e di controlli il cui scopo
è quello di garantire gli standard di qualità farmacologica e farmaceutica.
In queste pagine troverete tutte le informazioni attualmente disponibili in Italia sui Farmaci
Generici (per ora pochi) e, soprattutto, alcune interessanti analisi su come il diffondersi del
fenomeno potrà interessare lo Stato Italiano, le Aziende ed i singoli Pazienti/Consumatori.