ÿþM icrosoft W ord - D i P orto _ U ltime P ubblicazioni

annuncio pubblicitario
Pubblicazioni Prof. Di Porto
L’attività scientifica di Andrea Di Porto si è dapprima soffermata sulla
storia del diritto pubblico romano.
Frutto principale di tale fase di attività è il saggio Il colpo di mano di
Sutri e il plebiscitum de populo non sevocando. A proposito della lex
Manlia de vicensima manumissionum (in “Legge e società nella repubblica
romana”, Napoli, 1981, pp. 307-384), nel quale si evidenzia come sia la
vicenda politico-costituzionale connessa alla votazione della Lex Manlia
de vicensima manumissionum sia il contenuto della legge stessa si
inseriscano in un unico contesto storico, quello degli anni 50 del IV secolo
a.C., cui, appunto, Livio (7,16,7-8) li attribuisce.
Successivamente, la ricerca si è orientata verso temi di diritto privato.
Un campo di indagine, che ha caratterizzato l’attività scientifica di
Andrea Di Porto, è l’organizzazione giuridica dell’attività d’impresa
(negotiari).
L’opera che ha aperto tale filone scientifico è la monografia Impresa
collettiva e schiavo ‘manager’ in Roma antica (II sec. a.C.-II sec. d.C.),
Milano, 1985, pp. 407.
Da tale opera emerge un modello organizzativo dell’attività d’impresa,
elaborato dalla scienza giuridica romana, nel quale si combina in via
generale attività di impresa (negotiari) e limitazione della responsabilità
(dumtaxat de peculio) di colui, o coloro, che la esercitano (negotiatores), e
che si caratterizza per i seguenti elementi:
a) il peculio, inteso come ‘patrimonio separato’ dal restante patrimonio
del dominus e concesso al servus;
b) la persona del servus, che in quanto res domini, è qualificabile come
instrumentum;
c) la ‘separazione’ dei ceti creditori, fra creditori ex causa peculiari e
creditori ex causa dominica; e conseguente limitazione della responsabilità
del dominus o dei domini nei confronti dei creditores ex causa peculiari
all’ammontare del peculio.
Allo stesso campo di indagine, appartengono altri lavori minori:
– il saggio su Impresa agricola ed attività collegate nell’economia della
“villa”. Alcune tendenze organizzative (“Studi in onore di Antonio
Guarino”, Napoli, 1984, pp. 3235-3277), che ricostruisce alcuni modelli
organizzativi dell’attività imprenditoriale agricola nel periodo di massimo
sviluppo dell’economia commerciale e di massima diffusione della
schiavitù (II sec. a.C. – II sec. d.C.);
– la voce Peculio dell’“Enciclopedia Virgiliana”, IV, Roma, 1988, dove,
con riguardo alla prima bucolica di Virgilio, si pone in evidenza come la
“vicenda di Titiro dalla schiavitù alla libertà” corrisponda ad una delle
infinite vicende “dalla schiavitù alla libertà” vissute realmente dai vari
schiavi con peculio;
– il lavoro su Servus e Libertus, strumenti dell’imprenditore romano (in
atti del Convegno su “Imprenditorialità e diritto nell’esperienza storica”,
Palermo, 1992, pp. 231-260), nel quale si affronta lo studio del rapporto di
patronato dal particolare angolo visuale dei rapporti imprenditoriali fra
patronus e libertus;
– il saggio su Il Diritto commerciale romano. Una “zona d’ombra”
nella storiografia romanistica e nelle riflessioni storico-comparative dei
commercialisti (in “Nozione, formazione e interpretazione del diritto.
Dall’età romana alle esperienze moderne”, Napoli, 1997, 413-452), nel
quale si critica la communis opinio degli studiosi del diritto romano e dei
cultori del diritto commerciale secondo cui, in una età come quella romana
classica, pur caratterizzata da fiorenti traffici commerciali e dalla
sviluppata economia di scambio, la scienza giuridica non avrebbe
elaborato adeguate soluzioni organizzative dell’attività d’impresa, né
principi e categorie propri della medesima attività.
Nel medesimo campo di indagine, si colloca il volume collettaneo
(P.Cerami, A.Di Porto, A.Petrucci) di Lezioni di Diritto commerciale
romano, Torino, 2004.
Nello stesso ambito scientifico rientra il volume Il diritto commerciale
romano. Per la storia del diritto commerciale, in corso di stampa, nel
quale, oltre ad una serie di lavori già editi riguardanti il tema, si trovano
due saggi inediti:
– Dal peculio alla società anonima del Code de commerce: fra
‘discontinuità tecnica’ e ‘continuità funzionale’;
– Tecniche di separazione dei patrimoni e dei ceti creditori: prima,
durante e ‘dopo’ la persona giuridica.
Ad un altro, e più recente, settore di interessi, è da ricondurre tutta una
serie di lavori dedicati allo studio della tutela della salubritas e
dell’ambiente naturale in età romana e alla disciplina delle res in usu
publico:
– la monografia su La tutela della ‘salubritas’ fra editto e
giurisprudenza. I. Il ruolo di Labeone, Milano, 1990, pp. 159, nella quale
si perviene alla conclusione che, nel periodo fra tarda-repubblica e primoimpero, in connessione con il nuovo profilo urbanistico di Roma, con lo
sviluppo dei traffici commerciali e delle attività produttive, va emergendo
un fenomeno di inquinamento e, in relazione ad esso, si configura un
quadro di forme di tutela, che si presenta ricco di strumenti efficaci e, in
una qualche misura, organico;
– il contributo su Inquinamento e tutela delle res publicae. Sulle origini
di un problema, in Atti del Convegno di Erice (24-26 maggio 1992) su “Il
diritto umano all’ambiente. Ipotesi di modifiche costituzionali”, pp. 276290, dove si svolge una prima riflessione sul tema delle res publicae, sotto
il profilo dell’appartenenza e della tutela;
– il lavoro Interdetti popolari e tutela delle res in usu publico. Linee di
una indagine (in “Diritto e processo nella esperienza romana”, Napoli,
1994, 481-520), nel quale si sviluppa la precedente ricerca, approfondendo
due aspetti: a) il primo riguarda la vicenda storiografica di cui risultano
protagonisti gli interdetti popolari e, più in generale, le azioni popolari, due
temi che, nonostante la loro presenza nelle fonti e la loro importanza, sono
diventati una “zona d’ombra” nella storiografia romanistica; b) il secondo
aspetto, riguarda, più in particolare, la tutela delle res in usu publico, che si
caratterizza rispetto alla più generale tutela delle res publicae, per il fatto
di prevedere, in età repubblicana, un ruolo di grande rilievo, quasi da
“protagonista”, del civis, ruolo che il cittadino svolge attraverso lo
strumento degli interdetti popolari, mentre in età imperiale tale ruolo viene
affidato principalmente ai funzionari imperiali, in connessione con un
mutamento di concezione del populus nel quale si coglie una tendenza
all’astrazione, alla separazione del populus dai cives;
– l’articolo su La gestione dei rifiuti a Roma tra tarda repubblica e
primo impero. Linee di un ‘modello’ (in “Societas-ius, Napoli, 1999, 4164), nel quale si ricostruisce giuridicamente la gestione dello smaltimento
dei rifiuti nelle città romane.
Scarica