_________________________________________________________________________________________________Percorso formativo 2009 Gruppo Milano2 9 marzo 2009 Intervento Prof. FRABBONI 1 _________________________________________________________________________________________________Percorso formativo 2009 Ora Attività Contenuti 14.35 Introduzione 14.45 Intervento primo relatore:Franco Frabboni Presentazione di Chiara Bartolozzi dei materiali che i docenti hanno a disposizione come supporto che li conduca alla richiesta di contributo (la guida alla compilazione e la guida alla presentazione, la prima è stata consegnata in cartelletta e la seconda si scarica dal sito www.progettolaiv.it). Presentazione dei referenti a seconda delle necessità (questioni istituzionaliFondazione Cariplo, questioni di merito-Infodesk e tutor, questioni logistichesegreteria organizzativa). Presentazione di come è strutturato il corso propedeutico (3 moduli dove il secondo è disciplinare) Auto-presentazione del formatore. Introduzione al proprio intervento: si presenterà l’intervento sotto forma narrativa, come se si trattasse di una storia di cieli, dove si muove una mongolfiera, la mongolfiera dell’innovazione cui sarà metaforicamente associata la scuola dei laboratori Storia della mongolfiera, come se attraversasse 4 diverse stagioni. La mongolfiera decolla nel ’68 e dall’inizio degli anni ’70 fino a circa il 2000 è riuscita più o meno a continuare il proprio tragitto. La mongolfiera è decollata in primavera, nella stagione in cui sono nati i primi atelier, le prime interclassi e tutto ciò che non era direttamente riconducibile alla didattica di classe in senso stretto (risalgono a queste stagioni anche le prime aperture da parte della scuola al territorio). La mongolfiera nel suo tragitto attraversa due galassie che corrispondono a due pedagogie: una è quella popolare e l’altra è quella accademica. La prima ha i propri “eroi” nelle figure di Don Milani, Gianni Rodari, Loris Malaguzzi e Ciari. La seconda trova i propri rappresentanti in Mario Mencarelli, Lenghe, La Porta e Riccardo Massa (vd. Per quest’ultimo Bibl. “Educare e istruire”). La mongolfiera incontra poi una stella polare, “intitolata” alle persone, al suo centro ha la persona. Questa stella è come se condensasse le due galassie precedenti e avesse una mission: l’inclusione (il diritto di tutti all’istruzione), l’educazione della mente (una testa capace anche di “rompere” le proprie conoscenze per ricostruirle e orientarle verso scelte e azioni) e un cuore orientato alla cooperazione (nella classe gli angoli didattici, nell’interclasse il laboratorio…) La mongolfiera attraversa la propria estate nel 2000 quando, in 2 settimane di intenso lavoro a Lisbona, si redige un documento che attesta che la conoscenza è il motore del progresso (e per conoscenza si intende il portato della stella polare incontrata dalla mongolfiera) e che i modelli didattici italiani sono i migliori cui si possa far riferimento perché mescolano le strutture di classe e interclasse. La mongolfiera va poi incontro al proprio autunno dal 2001 e inizia la propria discesa allontanandosi dalle stelle. La scuola del cooperative learning, dell’interdisciplinarità, della ricerca-azione, della creatività come esplorazione del pensiero divergente, dell’ambiente… viene sostituita dalla scuola della competitività, della disciplinari età, della micro ricerca, della stereotipia, della fotocopia espressiva e dell’ambiente “in cartolina”, come a poterlo guardare solo da lontano. L’importanza del Progetto Laiv risiede nel conferire alla scuola il potere di diventare un contro-medium, il potere di combattere l’invasione mediatica attraverso il protagonismo di spazi che appartengono all’estetico. La ricerca-Azione ha in Riccardo Massa il suo massimo teorizzatore a Milano: si definisce ricerca-azione quel tipo di scambio culturale dove si dà circolarità, dove esiste uno scambio e dove si mette in circolo un’affettività (vd. Doc allegati e bibl: “Le mie tecniche”, specificatamente il capitolo “Non separare la scuola dalla vita”) Vd. sotto 14.55 15.30 15.35 15.40 16.15 16.35 Apertura alle domande dei docenti Pausa caffè 2 _________________________________________________________________________________________________Percorso formativo 2009 Gruppo Milano2 9 marzo 2009 Intervento Prof. CAPPA 3 _________________________________________________________________________________________________Percorso formativo 2009 16.40 Intervento secondo relatore: Francesco Cappa 16.45 17.10 17.20 17.30 17.40 17.50 18.25 Auto-presentazione del relatore. Introduzione all’intervento: forse la visione dell’esperienza teatrale come metafora di quella educativa può far emergere alcuni elementi di fondo, di struttura, che possono aiutare nella progettazione i professori futuri coordinatori dei progetti. Non si tratta di una metafora come semplice parallelismo, ma come analogia a livello strutturale di base, l’esperienza teatrale e educativa hanno infatti qualcosa di coessenziale. L’esperienza teatrale e quella educativa hanno una serie di caratteristiche specifiche e comuni: occupano uno spazio speciale (liminale), vivono un tempo extra-ordinario, esplorano la dimensione della corporeità, del simbolico, quella prescrittiva, iniziatica, valutativa e finzionale. Cosa distingue un’esperienza qualsiasi (es. andare per la prima volta allo stadio, al supermarket o in città) da un’esperienza educativa/formativa? Riccardo Massa sostiene che, a prescindere dall’intenzione o dalla motivazione che si ha, se un’esperienza presenta le caratteristiche di cui sopra che convergono in un punto che coincide con l’incontro tra due persone, allora si può dire che quella è un’esperienza diversa da tutte le altre che capitano occasionalmente, è una esperienza extraordinaria e formativa. L’educazione, così come il teatro, è una pratica (quest’ultima da intendersi non come prassi, opposta alla teoria, bensì come ciò che orienta il sapere, è sapere costituito; la pratica si avvalora di 2 dimensioni che mancano alla prassi: la condivisione e l’immaginario). L’educazione, come il teatro, è un dispositivo, sia nel senso comune del termine –un insieme di regole che generano specifici effetti -, sia nel senso generico – rende la complessità, ne dà il senso-). (Bibl. Citata: “Immaginari sociali moderni”, Taylor) L’esperienza teatrale si dà in uno spazio/tempo speciale che è quello del laboratorio. Nel laboratorio ci sono regole diverse rispetto a quando si sta in classe, è un luogo in principio vuoto, dove non esistono posti predefiniti e la fonte del sapere non è una sola; il gruppo che abita questo spazio è contemporaneamente un gruppo di apprendimento e lavoro, (non è un gruppo di auto aiuto e anzi, bisogna ben guardarsi dagli slittamenti psicologici verso i quali ci si può inoltrare); il setting che si istituisce, non riguarda tanto la disposizione nello spazio (“non ci sono i banchi quindi tutto cambia”, non è così), bensì l’assetto interno delle relazioni. I professori sono parte integrante del laboratorio, vi sono coinvolti e vi sono messi in gioco, essendo così decentrati dal loro ruolo tradizionale. Questo consente al docente una chance formativa che altrimenti non si darebbe: la lateralità dello sguardo, una prospettiva extra-ordinaria, completamente nuova (professore può “scoprire” i propri studenti stando nella relazione con loro, può fare un passo indietro dal proprio “ruolo”, cosa che in classe non potrebbe fare) Il tempo del laboratorio e della formazione: la temporalità nello spazio del laboratorio è vissuta in modo differente dalla quotidianità. Prevale la temporalità dell’evento, di ciò che è lì e sta per accadere, sulla temporalità dei singoli, c’è una sintonizzazione generale sui tempi altrui e questo amplifica le capacità di ascolto, tutti sono maggiormente orientati verso un’apertura esperienziale. Anche la formazione ha una dimensione particolare di temporalità, infatti, rispetto al tempo quotidiano, l’atto formativo crea un alveo che vive di una propria autonomia. Il corpo nel laboratorio e nella formazione: anche la dimensione del corpo consta di un analogo nell’esperienza teatrale e formativa, è il primo palcoscenico in cui ci si offre, nel primo caso consapevole e nel secondo, anche se involontario, comunque reale. Insegnare, in questo senso, diventa una performance. Apertura alle domande dei docenti Chiusura incontro 4