Interazioni elettromagnetiche Correnti, resistenze e condensatori. D’ora in poi si considereranno, nell’approssimazione della teoria cinetica, insiemi di particelle dotate di carica elettrica, capaci di muoversi all’interno di un conduttore. Nel caso di conduttore solido e metallico, che è anche il caso più frequente, tali particelle si chiamano elettroni e sono dotate di carica elettrica negativa. Un insieme di cariche elettriche in moto nella stessa direzione all’interno di un conduttore metallico rettilineo definisce una “corrente” elettrica. La carica elettrica all’interno di un conduttore, come grandezza fisica, gioca lo stesso ruolo dello “spazio” in cinematica. E’ cioè importante definire una legge oraria che consenta, da un punto di vista matematico, di esprimere come cambia la quantità di carica q al variare del tempo. S’indicherà così il valore q della carica al tempo t con il simbolo q(t) (da non confondersi con la quantità di moto). Possiamo allora definire l’analogo “elettrico” della velocità, ovvero : la rapidità con cui cambia la carica nel corso del tempo, detta “intensità di corrente”: i q t La sua unità di misura è l’Ampere (A): 1A 1C che si esprime in Coulomb/secondo 1s Dal momento che la corrente è costituita da cariche in moto, sarà necessario produrre una differenza di potenziale agli estremi del conduttore in cui si muovono: infatti per quanto visto, affinché le cariche si muovano da un punto ad un altro di un conduttore, è necessario che tra questi due punti sussista una determinata differenza di potenziale V. Ciò può essere realizzato connettendo il conduttore ad un generatore di tensione. Idealmente, le cariche dovrebbero risultare accelerate, in quanto se si applica una differenza di potenziale costante, esse devono essere soggette ad una forza proporzionale a tale differenza. Il metallo conduttore è però costituito da un reticolo di atomi i quali, in un qualche modo, ostacolano il cammino degli elettroni: perciò, se è vero che gli elettroni sono, in buona approssimazione, liberi di muoversi, è anche vero che in realtà la presenza degli atomi del reticolo “frena” il loro moto, facendo sì che essi non risultino più “accelerati” ma proseguano il loro moto con una velocità costante. Questo è in accordo con quanto studiato in teoria cinetica dei gas: l’agitazione termica delle varie particelle sia mobili (elettroni), che fisse (atomi) determina una sorta di “forza d’attrito”, che si “oppone” alla forza del campo elettrico, annullandone gli effetti. Una parte dell’energia cinetica media degli elettroni viene così persa negli urti con il reticolo. Ovviamente l’annullarsi della forza totale agente su di essi non implica una loro immobilità, come già previsto dal principio d’inerzia. Tutto ciò si riassume dicendo che il conduttore è dotato di una resistenza interna che si oppone al passaggio della corrente e si esprime con la seguente legge fisica : V= R·i I ª Legge di Ohm 1 tale equazione dice semplicemente che la differenza di potenziale V applicata agli estremi di un conduttore è direttamente proporzionale all’intensità di corrente i che lo attraversa. La costante di proporzionalità R si chiama “resistenza elettrica” e la sua unità di misura è l’Ohm: infatti essendo R V i segue che 1 Ohm = 1Volt / 1 Ampere Dimostriamo ora la I ª Legge di Ohm facendo uso della teoria cinetica: dall’analisi del moto di una carica q all’interno di un campo elettrico uniforme E, si è visto che essendo questa soggetta ad una forza qE ed essendo portata da una particella di massa m, la sua accelerazione, per il secondo principio della dinamica sarà data da: a F qE = costante m m per cui, la sua velocità media v(t), al cambiare del tempo, sarà regolata dalla legge oraria di un moto rettilineo uniformemente accelerato: vt qE t m supponendo che tutte le cariche, nello istante di tempo, abbiano la medesima velocità media, se S q v n m N V indica la densità di cariche mobili (ovvero il rapporto tra il numero totale di l cariche N ed il volume V che le contiene in ogni istante di tempo), sapendo che tutte le cariche sono uguali a q, la carica elettrica che attraversa la sezione di area S del conduttore in un intervallo di tempo t sarà data da: q = N·q = n·V·q . Per un intervallo di tempo t sufficientemente piccolo la velocità della carica può essere considerata approssimativamente costante e dunque il suo moto risulterà, in tale intervallo di tempo (una volta attraversata la superficie S) , di tipo rettilineo uniforme; la lunghezza l dello spazio da essa percorso medesimo tempo sarà allora da l = v·t . Ne consegue nell’intervallo t la quantità di carica q sarà contenuta in un volume pari a V = S·l = S· v·t da cui si ricava che q = n·q· S· v·t ; possiamo così determinare l’intensità della corrente i(t) che attraversa la sezione S del conduttore nell’intervallo t : it q n q S vt t 2 Perciò, in assenza di barriere o collisioni, l’intensità di corrente dovrebbe crescere linearmente nel tempo e non sarebbe più costante. Invece ciò che succede è che dopo un certo tratto detto “cammino libero medio”, ciascun elettrone (in media) subirà un urto con il reticolo, perderà completamente la sua energia cinetica e la sua velocità si ridurrà nuovamente a zero. Se è il tempo medio che intercorre tra due collisioni , la velocità media sarà data dalla media tra il valore v() che avrebbe la velocità alla fine di tale tempo se non vi fosse collisione ed il valore 0 che avrebbe la velocità subito dopo la collisione: v v 0 v 2 2 infatti se si grafica la velocità della carica al cambiare del tempo si ottiene il seguente andamento: v detto anche andamento a v() “dente di sega”, in quanto v()/2 dopo ogni urto che avviene in media dopo un multiplo O 2 3 4 5 t intero dell’intervallo di tempo essa crescerà linearmente con il tempo secondo la legge del moto rettilineo uniformemente accelerato essendo la carica soggetta ad una forza costante e dunque ad un’accelerazione costante (per quanto già visto nel caso di moto di carica in campo uniforme); il che significa che calcolata al tempo essa darà: v qE m come si può evincere dal grafico precedente, poiché la velocità v oscilla periodicamente tra il valore minimo 0 ed il valore massimo v(), ovvero attorno al valor medio v()/2 tra i due valori estremi, si può concludere che il moto uniformemente accelerato della carica (“alternato”) per un tempo t molto maggiore di è del tutto equivalente ad un moto rettilineo uniforme di velocità costante v()/2 rappresentato dalla linea tratteggiata orizzontale intermedia e sottile. Si può così scrivere: qE 2m moltiplicando entrambi i membri per si ha: qE 2 2m la cui soluzione dà: 2 m qE che consente di determinare l’intensità di corrente al tempo : in quanto E V l q2 E n q 2 S i nS V 2m 2m l essendo V la differenza di potenziale agli estremi del tratto l; 3 se definiamo la nuova grandezza: 2m chiamata “resistività” n q 2 si può notare che essa ingloba le proprietà del materiale di cui è costituito il conduttore; in particolare la densità n di cariche mobili per un metallo coincide con quella delle cariche fisse (ovvero degli atomi del suo reticolo): infatti i metalli sono caratterizzati da atomi che aventi un solo elettrone periferico, il che significa che per ciascun atomo c’è un elettrone mobile. Ad es., nel caso del rame (Cu) è n 6·1028 atomi / m3 , per cui in tal caso è 2m 1.5 10 13 s . 2 nq Sostituendo nell’espressione di i si ricava: i 1 S V l ovvero: V l i S possiamo allora definire resistenza R la quantità R l S IIa Legge di Ohm e ricavare la I legge di Ohm, ovvero V= R·i . La definizione di R in funzione della sezione, della lunghezza e della densità del conduttore costituisce invece la seconda legge di Ohm. Un conduttore caratterizzato da una elevata resistenza si chiana “resistenza” e si indica con il seguente simbolo: Definiamo “circuito” una qualsiasi linea chiusa costituita da conduttori di vario genere. In particolare i circuiti a corrente costante si chiamano circuiti a “corrente continua” Esempi di circuito sono una linea conduttrice chiusa connessa ad un generatore di tensione, oppure ad un condensatore e/o un condensatore ecc…. Ricordiamo che un generatore di tensione costante, come nel caso del condensatore, determina un campo elettrico uniforme (cioè costante) agli estremi del conduttore. Perciò se si assume come “ideale” un conduttore a resistenza nulla (ovvero non si manifesta dissipazione di energia in calore), dalla I legge di Ohm si può dedurre che in un conduttore ideale la differenza di potenziale tra i suoi estremi è nulla: da R = 0 segue che V = 0 · i = 0. Conseguenza: il campo elettrico sarà nullo in tutti i punti interni al conduttore ideale; ciò significa che idealmente esso non può essere percorso al suo interno da corrente in quanto, se essa fosse presente, dovrebbe risultare infinita, il che non ha alcun senso dal momento che in un conduttore di dimensioni finite ci dev’essere una corrente finita a causa del numero finito di portatori di carica. La situazione in cui R = 0 è detta di “corto circuito”. E’ questo il caso di circuito costituito unicamente da una linea conduttrice ideale chiusa da un generatore di tensione. Al contrario , nel caso di conduttore a resistenza infinita, l’intensità di corrente deve risultare nulla perché sarebbe data dal rapporto tra una costante (la differenza di 4 potenziale) ed una quantità infinita (la resistenza). Tale situazione è detta di “circuito aperto” perché equivarrebbe ad avere un conduttore aperto invece che chiuso (nel senso di linea). Ovviamente, tali circuiti non hanno alcuna utilità: perché possa circolare della corrente, in un circuito, oltre ad una linea conduttrice reale (dotata cioè di una minima resistenza) dev’essere presente una resistenza: per convenzione il verso della corrente è quello che và dal + i al -; da un punto di vista pratico, sarà anche necessario evitare di connettere la resistenza con un generatore di tensione troppo elevata perché in tal caso, si rischierebbe di bruciare la + resistenza. Il prodotto R · i si chiama anche G R “caduta di potenziale” Si può “idealmente” inglobare la resistenza della linea conduttrice all’interno del generatore: costituirà così la “resistenza interna” r del generatore. E’ allora chiaro che il generatore, affinché possa circolare corrente, deve tenere ai suoi estremi una differenza di potenziale G tale da consentire la formazione di una corrente capace di “superare” la resistenza interna r e la resistenza esterna R : G = r i + V = r i + R i. In assenza della resistenza esterna R, per far circolare la corrente il generatore dovrebbe avere una tensione G - R i : R i rappresenta di fatto l’energia ceduta dalle cariche (per unità di carica) e trasformata in altra forma di energia al loro passaggio attraverso la resistenza R. Infatti il lavoro fatto per spostare la quantità di carica q nel tratto di resistenza R è dato da: L q V i V t R i 2 t R i i t R i q L e dividendo tutto per q si ottiene R i . q Osserviamo infine che il lavoro appena calcolato non è altro che quella parte di energia elettrica trasformata in calore, ovvero energia dissipata per effetto Joule. Se definiamo la potenza w come il rapporto tra la quantità di energia trasferita da una forma ad un’altra e l’intervallo di tempo in cui avviene tale trasformazione, si ricava in tal caso che: L V2 2 w R i t R Vediamo ora cosa succede se si connette un generatore di tensione ad un condensatore e successivamente, se si spegne il generatore medesimo. All’accensione del generatore, la differenza di tensione induce uno spostamento di cariche verso le armature + del condensatore: una si carica positivamente e l’altra G C negativamente. Dopo un certo tempo le due armature si caricheranno ad un punto tale da avere una differenza di potenziale uguale a quella prodotta dal generatore: se t1 è il tempo impiegato per raggiungere tale situazione, la differenza di potenziale tra le 2 armature sarà: V1 = G ; la carica accumulata sarà data da q = C·V1 e a questo punto il passaggio di corrente cessa visto che la differenza di potenziale tra generatore e condensatore è nulla. i 5 Se spegniamo il generatore, si otterrà un circuito equivalente al seguente: al trascorrere del tempo il condensatore comincia a scaricarsi: i infatti le cariche, non essendo più vincolate dal generatore, + si muovono in direzione opposta a quella della corrente di V1 carica e costituiscono la corrente di scarica del condensatore. Tale corrente proseguirà finchè la differenza di potenziale tra le armature non sarà zero, ovvero quando il conduttore raggiungerà l’equilibrio elettrostatico. Se V2 è la differenza di potenziale posseduta dalle armature al tempo successivo t2 > t1, dev’essere V2 < V1 in quanto le cariche si muovono dai punti del conduttore a potenziale maggiore ai punti a potenziale minore. Per il principio di conservazione della carica, la carica positiva q che nell’intervallo di tempo t =t2 – t1 lascia l’armatura positiva coinciderà con la quantità di carica che raggiunge l’armatura negativa e sarà pari a: q C V2 V1 si noti che l’intensità di corrente di scarica che nell’intervallo t scorre da un’armatura all’altra è: i V V1 q V C 2 C t t 2 t1 t ovviamente, allo scorrere del tempo, sempre più cariche passeranno da un’armatura all’altra finchè il numero delle cariche positive non bilancerà il numero delle cariche negative in entrambe le armature , ovvero quando V=0, in corrispondenza del quale anche la corrente sarà nulla e cesserà il passaggio di cariche. Si può così riassumere che: durante il fenomeno di carica l’intensità di corrente decrescerà dal valore iniziale i = V1/R fino al valore 0, mentre la quantità di carica crescerà dal valore 0 fino a raggiungere il valore massimo q =CV1; si può dimostrare che esse assieme alla tensione, seguono le rispettive leggi esponenziali: t RC q CV1 1 e t V i 1 e RC R , t RC V V1 1 e , viceversa durante il fenomeno di scarica l’intensità di corrente percorrerà il circuito in senso opposto alla direzione di carica decrescendo (per intensità) dal valore iniziale i = -V1/R fino al valore 0, mentre la quantità di carica decrescerà dal valore iniziale q=CV1 fino al valore finale 0; si può dimostrare che esse seguono le rispettive leggi esponenziali: t i V1 RC e R , q CV1 e t RC , V V1e t RC la quantità RC si chiama costante di tempo capacitativa del circuito ed ha ovviamente le dimensioni di un tempo (perché?). 6 Carica di un condensatore Carica t q 0 0,5 1 1,5 2 2,5 3 3,5 4 4,5 5 5,5 6 6,5 7 7,5 8 8,5 9 9,5 10 10,5 11 11,5 12 12,5 13 13,5 14 14,5 15 15,5 16 16,5 17 17,5 18 18,5 19 19,5 0 1,199334 2,302774 3,317988 4,25203 5,111391 5,90204 6,629473 7,298743 7,914502 8,481027 9,002255 9,481808 9,923019 10,32895 10,70243 11,04604 11,36218 11,65305 11,92066 12,16687 12,39339 12,6018 12,79355 12,96997 13,13228 13,28162 13,41901 13,54542 13,66172 13,76873 13,86717 13,95775 14,04108 14,11775 14,18829 14,25319 14,31291 14,36784 14,41839 V0 = 5 C= 3 RC= q0 = 1 R= 2 i0 = V0/R= 6 t 2,5 q(t) in carica 16 14 12 10 8 6 4 2 0 0 5 10 15 20 25 i(t) in carica 3 2,5 2 1,5 1 0,5 0 0 5 10 15 20 i 0 0,5 1 1,5 2 2,5 3 3,5 4 4,5 5 5,5 6 6,5 7 7,5 8 8,5 9 9,5 10 10,5 11 11,5 12 12,5 13 13,5 14 14,5 15 15,5 16 16,5 17 17,5 18 18,5 19 19,5 25 2,5 2,046827 1,6758 1,372029 1,123322 0,919699 0,752986 0,616492 0,504741 0,413247 0,338338 0,277008 0,226795 0,185684 0,152025 0,124468 0,101906 0,083433 0,068309 0,055927 0,045789 0,037489 0,030693 0,02513 0,020574 0,016845 0,013791 0,011291 0,009245 0,007569 0,006197 0,005074 0,004154 0,003401 0,002784 0,00228 0,001866 0,001528 0,001251 0,001024 Scarica di un condensatore Scarica t q 0 0,5 1 1,5 2 2,5 3 3,5 4 4,5 5 5,5 6 6,5 7 7,5 8 8,5 9 9,5 10 10,5 11 11,5 12 12,5 13 13,5 14 14,5 15 15,5 16 16,5 17 17,5 18 18,5 19 19,5 20 20,5 15 13,80067 12,69723 11,68201 10,74797 9,888609 9,09796 8,370527 7,701257 7,085498 6,518973 5,997745 5,518192 5,076981 4,671048 4,297572 3,953957 3,637816 3,346952 3,079345 2,833134 2,606609 2,398196 2,206447 2,030029 1,867717 1,718383 1,580988 1,45458 1,338278 1,231275 1,132828 1,042252 0,958918 0,882247 0,811706 0,746806 0,687095 0,632158 0,581613 0,53511 0,492325 V0 = 5 C= 3 q0 = 1 R= 2 RC= i0 = V0/R= 6 2,5 t q(t) in scarica 16 14 12 10 8 6 4 2 0 0 5 10 15 20 25 i(t) in scarica 0 0 5 10 15 -0,5 -1 -1,5 -2 -2,5 -3 7 20 25 0 0,5 1 1,5 2 2,5 3 3,5 4 4,5 5 5,5 6 6,5 7 7,5 8 8,5 9 9,5 10 10,5 11 11,5 12 12,5 13 13,5 14 14,5 15 15,5 16 16,5 17 17,5 18 18,5 19 19,5 20 20,5 i -2,5 -2,300111 -2,116204 -1,947002 -1,791328 -1,648102 -1,516327 -1,395088 -1,283543 -1,180916 -1,086496 -0,999624 -0,919699 -0,846164 -0,778508 -0,716262 -0,658993 -0,606303 -0,557825 -0,513224 -0,472189 -0,434435 -0,399699 -0,367741 -0,338338 -0,311286 -0,286397 -0,263498 -0,24243 -0,223046 -0,205212 -0,188805 -0,173709 -0,15982 -0,147041 -0,135284 -0,124468 -0,114516 -0,10536 -0,096936 -0,089185 -0,082054 Correnti elettriche e campo magnetico. Consideriamo due tratti di conduttore rettilineo di ugual lunghezza L appartenenti a due circuiti distinti percorsi rispettivamente dalle correnti continue (costanti) i1 e i2; tali tratti sono tra loro paralleli e a una distanza d; i due circuiti, per semplicità, sono immersi nel vuoto.Verso i primi dell’800, un fisico francese di nome Ampère scoprì che i due tratti di circuito interagivano tra loro attraverso una forza a distanza la cui intensità varia secondo la seguente legge sperimentale: d L F K i1 i2 L d con K costante fisica di proporzionalità dipendente dal mezzo. Tale forza non può essere di natura puramente elettrostatica i quanto la forma matematica di tale legge è di tipo differente: quest’ultima infatti varia come l’inverso del quadrato della distanza tra le cariche (quelle che in tal caso compongono le correnti...) mentre la nuova forza varia con l’inverso della loro distanza. F F F i1 i1 F i2 i2 Si osservò inoltre che tale forza era repulsiva se i fili erano percorsi da correnti dirette secondo lo stesso verso ed attrattiva se erano percorsi da correnti in senso opposto. La direzione della forza risulta così perpendicolare alla direzione delle correnti. Tali interazioni sono chiamate “magnetiche” in quanto i loro effetti si manifestano anche sui magneti, come verrà chiarito in seguito. Sperimentalmente il valore per K nel vuoto è dato da K =2·10 -7N/A2 Analogamente a quanto visto per le masse e le cariche, poiché due correnti poste in vicinanza esercitano ciascuna una forza sull’altra, possiamo asserire che una singola corrente di intensità I genera attorno a sé un campo detto “campo magnetico” a cui è possibile associare un vettore detto “induzione magnetica”B la cui intensità è definita come il rapporto tra la forza esercitata da questa sulla corrente di prova i ed il prodotto tra la corrente di prova i medesima e la lunghezza L dei tratti percorsi dalle correnti: B F I K iL d Legge di Biot-Savart l’unità di misura di B per unità di forza,corrente e lunghezza è il Tesla: 1T=1N/(Am) Per determinare la direzione di tale campo faremo appunto uso di un magnete. Ricordiamo che un magnete è una sostanza composta da due parti intrinsecamente 8 connesse tra loro (ovvero non separabili) ma di diversa natura dette “poli” rispettivamente N (Nord) ed S (Sud) capace di esercitare una forza puramente repulsiva su un altro magnete se si avvicinano i poli dello stesso tipo ad es. N-N o SS, puramente attrattiva se si avvicinano poli di tipo opposto ad es. N-S: N S N S S N N S ciò significa che le sostanze magnetiche hanno una natura “dipolare”. Proviamo ora a disporre un magnete a forma di ago in prossimità di un filo percorso da corrente: S i i N N S Quando la corrente và verso l’alto l’ago magnetico di prova risente della forza prodotta dalla corrente passante per il filo e si orienta con il polo sud uscente dal piano del foglio secondo una direzione perpendicolare sia alla direzione della corrente sia alla direzione della forza generata dalla corrente mentre viceversa, quando la corrente và verso il basso, l’ago si orienta con il polo nord uscente dal piano del foglio e sempre perpendicolare sia alla direzione della corrente sia alla direzione della forza a cui sarebbe soggetto un filo conduttore percorso da corrente al posto dell’ago magnetico. Conseguenza: le linee del campo magnetico prodotto da una corrente continua, dovendo essere sempre tangenti al vettore campo magnetico e perpendicolari a corrente e forza devono essere necessariamente circolari: i i B B 9 Il nostro ago magnetico ha di conseguenza giocato il ruolo di corpo di prova, allo stesso modo di una carica elettrica in prossimità di un campo elettrico o di una massa in prossimità di un campo gravitazionale. Qual è la differenza tra un ago magnetico ed un filo rettilineo percorso da corrente? Essa consiste nel fatto che l’ago magnetico ha una natura essenzialmente “dipolare”, è cioè impossibile isolare i due poli magnetici e di conseguenza, linee del suo campo usciranno da un polo ed entreranno nell’altro, dando luogo ad una configurazione geometrica diversa da quella circolare; un generico filo rettilineo percorso da corrente, rappresenta “idealmente” un monopolo magnetico: tanto è vero che per avere due poli magnetici opposti senza far uso di sostanze intrinsecamente magnetiche occorrono due fili percorsi da correnti in senso opposto. Ricordiamo ancora che finora, in natura non si è rivelata alcuna traccia di monopoli magnetici non artificiali. Se noi poniamo una carica q dentro un campo magnetico, possiamo osservare che se essa è inizialmente ferma non subirà l’azione di alcuna forza. Se però lanciamo tale carica di prova nello stesso campo con una velocità iniziale v, scopriremo che su essa agisce una forza trasversale F, ovvero una forza perpendicolare a v. Se cambiamo la direzione della velocità osserviamo che la forza sarà sempre ortogonale ma la sua intensità cambierà. In particolare, esiste una direzione della velocità in corrispondenza della quale la forza si annulla. Tale direzione costituisce la direzione dell’induzione magnetica B. Si è così trovato che la forza ed il campo magnetico risultano essere massimi quando la velocità è perpendicolare alla direzione del campo stesso e minimi (cioè nulli) quando la velocità è parallela alla direzione del campo. In sostanza forza e campo dipendono dall’angolo α formato dalla velocità della carica con la direzione del campo: F F FM q B 0 /2 v Come si può osservare, il grafico dei valori delle misure della forza F al variare dell’angolo corrisponde a quello del seno e risulta sperimentalmente che il valore massimo di tale forza è FM = qvB per cui l’intensità della forza varia secondo la legge: F = qvB sen Ricapitoliamo: abbiamo due grandezze vettoriali qv e B capaci di generare una terza grandezza vettoriale F la cui intensità varia con la legge descritta e la cui direzione si mantiene sempre perpendicolare al piano generato dai vettori delle due grandezze; dal punto di vista matematico diremo che il vettore F è dato dal “prodotto vettoriale” tra i vettori qv e B: F = qv x B “Forza di Lorentz” le cui intensità e direzioni sono quelle appena descritte. 10 La forza magnetica che agisce su una carica in movimento si chiama “Forza di Lorentz”. Ovviamente, note invece v ed F tramite la medesima formula si può determinare B la cui intensità sarà data da: B F qvsen Osserviamo fin da ora che da un punto di vista sperimentale è quantomeno “arduo” misurare la forza esercitata da un campo magnetico su una singola carica:si presentano le stesse difficoltà che si erano presentate per la determinazione della velocità delle singole particelle nella teoria cinetica dei gas. E’ allora conveniente ricorrere a misure legate a fenomeni quantitativamente macroscopici, fenomeni cioè che coinvolgano i moti collettivi di un gran numero di carica e quindi le correnti elettriche. In particolare si può immergere un circuito chiuso percorso da corrente continua all’interno di un campo magnetico uniforme e far ruotare tale circuito in modo tale da osservare gli effetti della forza su di esso al variare della sua direzione rispetto al campo. Per ottenere in modo facile un campo magnetico uniforme si possono considerare le zone di spazio comprese tra i poli opposti di due magneti naturali e fissati (immobili): R l + Perciò, se noi consideriamo un tratto - del circuito di lunghezza l , percorso i da una corrente d’intensità i la cui F direzione formi con B un angolo si può verificare sperimentalmente B S che la misura della forza a cui è N soggetto tale tratto è i F = i lB sen ovvero: B F ilsen In entrambi i casi, sia che si ponga una carica , sia che si ponga un tratto di circuito percorso da corrente nella medesima direzione della carica, si ottiene lo stesso valore di B indipendentemente dalla carica o dall’intensità di corrente. 11 La spira Finora si è visto come la presenza di cariche in movimento (e quindi di correnti) sia in grado di generare un nuovo tipo di campo detto campo magnetico. Si è anche visto che tale campo è sostanzialmente identico a quello prodotto da alcune sostanze naturali, detti “magneti”, capaci di generare spontaneamente un campo magnetico permanente, anche senza esser necessariamente attraversate da una corrente. Ne è conferma il fatto che magneti e correnti possono interagire tra loro. L’unica sostanziale differenza sin qui trovata consiste nel fatto che idealmente, un filo conduttore percorso da corrente equivale ad un monopolo magnetico con delle linee di campo circolari prive di un inizio ed una fine, mentre il magnete ha una struttura essenzialmente “dipolare” con le linee di campo che escono da un polo del magnete ed entrano nell’altro polo: Se i campi magnetici prodotti rispettivamente dalle correnti e dai magneti sono della stessa natura, dev’essere possibile realizzare attraverso una corrente un campo magnetico le cui linee di campo abbiano la stessa forma di quelle di un magnete,ovvero un campo magnetico dotato di una natura “dipolare”. N S Due fili accoppiati percorsi da correnti in senso opposto fanno al nostro caso ma ciò è poco realizzabile da un punto di vista pratico; si può però far uso di un unico filo conduttore deformato in modo tale che da una sua parte circoli una corrente in un verso e dalla parte opposta circoli una corrente di medesima intensità ma di verso opposto: La faccia superiore della superficie circondata dal filo gioca il ruolo del polo Nord di un magnete, quella inferiore gioca invece il ruolo del polo Sud. Un sistema del genere forma una “spira rettangolare” i i i i 12 Gli stessi effetti sono ricavabili con una spira circolare: i i i i i Il polo nord ed il polo sud di una spira circolare possono essere determinati con la seguente convenzione: N S Il nord non è altro che la superficie della spira circondata da una corrente che circola in senso antiorario. Viceversa, il sud è la superficie della spira circondata da una corrente che circola in senso orario. Si è così dimostrato che la spira è il magnete artificiale più semplice da riprodurre con le correnti: ciò significa che in luogo di un magnete di prova, si può sempre far uso di una spira. In sostanza si sta dicendo che possiamo riprodurre e testare i campi magnetici facendo uso di sole correnti. Se si vuol generare un campo magnetico forte, sempre equivalente a quello dipolare di un magnete si può costruire un solenoide: i esso è costituito da un filo percorso da arrotolato secondo una forma elicoidale; i i di fatto è equivalente all’unione di tante spire che generano tanti campi magnetici S N di medesima direzione ed intensità che sovrapponendosi danno luogo ad un forte magnetico dipolare identico a quello di un i magnete. Il suo simbolo circuitale è: i i all’interno del solenoide le linee di campo sono in buona approssimazione rette parallele ed equidistanti, per cui B è uniforme. 13 Moto di una carica in campo magnetico uniforme. Consideriamo prima il caso in cui la carica positiva q entra nel campo con una velocità iniziale v perpendicolare al vettore di induzione magnetica B. Per quanto visto in precedenza essa sarà soggetta da una forza di Lorentz perpendicolare a velocità ed induzione e avente una intensità F =qvB. Poiché la forza è perpendicolare alla velocità della carica, necessariamente anche l’accelerazione dovrà essere perpendicolare alla velocità, il che significa che essa sarà necessariamente un’accelerazione centripeta, legata alla forza dalla seconda legge della dinamica. Ciò significa che la traiettoria spaziale della particella sarà caratterizzata da una orbita circolare piana nel piano perpendicolare al vettore B: m q v B F indicando con m la massa della particella e con r il raggio dell’orbita, eguagliando la forza di Lorentz alla forza centripeta qv B m v2 r r da cui si ricava che r mv qB essendo B ed F ortogonali entrambi alla velocità, non potranno influire sull’intensità di quest’ultima, che si manterrà perciò costante; di conseguenza, poiché l’intensità della velocità in un campo magnetico uniforme è costante ed essendo m, q e B costanti ne consegue che anche r dovrà essere costante, il che dimostra che il raggio della traiettoria non varia ovvero che la traiettoria è circolare Nel caso in cui la velocità iniziale non sia perpendicolare al campo magnetico allora il moto della carica sarà dato dalla sovrapposizione del moto circolare dovuto alla componente v della velocità perpendicolare al campo ed in un moto traslatorio rettilineo uniforme dovuto alla componente v della velocità parallela alla direzione del campo: v infatti il vettore campo magnetico può influire unicamente sulla q direzione della velocità ad esso perpendicolare; il risultato finale q sarà una traiettoria elicoidale v 14 B v Flusso e circuitazione di un campo magnetico In modo analogo con quanto fatto per il campo elettrico, è possibile definire il flusso di un campo magnetico attraverso una superficie S: n B S consideriamo una superficie piana di area S e indichiamo con n un vettore unitario ad essa perpendicolare. Consideriamo poi un campo vettoriale B uniforme che attraversi tale superficie in modo da formare con n un angolo . Definiamo “flusso del campo B attraverso la superficie S” la seguente quantità: S (B)=B cos S = Bn S dove Bn = B cos la proiezione di B su n .Per costruzione dev’essere: S (B)= B S per = 0 S (B)= 0 per = 90 ovvero che il flusso è massimo quando B ed n sono paralleli Identica sarà la generalizzazione al caso di campo variabile e di superficie curva. In particolare si può enunciare il Teorema di Gauss per il magnetismo: il flusso del campo di induzione magnetica uscente da una superficie chiusa è sempre nullo, qualunque sia il campo magnetico e per qualunque superficie. Si osservi che a differenza del caso elettrico, il flusso è nullo anche in presenza di un magnete (o di un generatore di campo magnetico dipolare) interno alla superficie: infatti le linee del campo magnetico, a differenza di quelle del campo elettrico generato da una singola carica, in tal caso sono sempre chiuse; ciò significa che il numero delle linee di campo magnetico entranti in una qualsiasi superficie chiusa è uguale al numero di linee uscenti e di conseguenza il flusso totale attraverso tale superficie è nullo. L’unità di misura del flusso d’induzione magnetica, per unità d’induzione e di superficie è il Weber: 1Wb = 1Tm2 15 Determiniamo ora la circuitazione di un campo magnetico lungo una sua linea di campo. Consideriamo il caso semplice di campo magnetico generato da filo rettilineo percorso da corrente, le cui linee di campo sono di conseguenza circolari. i si divide la linea in tanti trattini in cui B è costante e parallelo ad essi; B inoltre, per costruzione ha la stessa intensità B in tutti i punti della linea per cui: s C(B) = B s1 + B s2 +..........+ B sn = r B = B (s1 + s2 +.......... + sn ) = = B 2 r essendo l = (s1 + s2 +.......... + sn ) la lunghezza dell’intera circonferenza. Notiamo ora che la legge di Biot-Savart può anche essere scritta nella seguente forma: B 0 i 2 r dove in luogo di d si è posto r ed la posto di K invece 0 /2 con 0 costante fisica intrinseca delle interazioni magnetiche del vuoto detta “permeabilità magnetica del vuoto” Sostituendo l’espressione dell’induzione B nell’espressione della circuitazione si ricava il Teorema della circuitazione di Ampère: la circuitazione dell’induzione magnetica B calcolata lungo un percorso chiuso qualsiasi è uguale al prodotto della permeabilità magnetica 0 per la corrente totale i concatenata con il percorso: C(B) = 0 i Tale risultato è generale ed estendibili a una qualunque superficie chiusa che sia concatenata con una o più correnti: la circuitazione del campo d’induzione magnetica B dipende sempre dalla corrente totale concatenata con il percorso chiuso, data dalla somma algebrica di tutte le correnti concatenate prese con il segno positivo se la corrente genera una linea di campo orientata in senso antiorario (corrente uscente rispetto al piano della linea di campo) e con il segno negativo in caso contrario. Conseguenza: a differenza del campo elettrico generato da cariche ferme (anche interne al percorso chiuso), in cui la circuitazione è sempre nulla, il campo d’induzione magnetica non è un campo conservativo in quanto la sua circuitazione in generale non è nulla. Ciò significa che non è possibile esprimere il campo magnetico attraverso l’opposto della variazione di una grandezza (potenziale) che dipenda unicamente dalla posizione spaziale, come accadeva invece per i campi elettrico, gravitazionale ed armonico 16 Il teorema di Ampère consente anche di calcolare l’intensità dell’induzione magnetica di un solenoide di lunghezza l ,avente n spire per unità di lunghezza e percorso da una corrente d’intensità i. Consideriamo una sezione del solenoide parallela alla direzione del campo magnetico all’interno del solenoide stesso; i punti indicano le correnti uscenti in direzione perpendicolare al piano della pagina mentre le croci indicano quelle entranti: D C indichiamo con ABCD il percorso chiuso rettangolare con verso antiorario e l’induzione magnetica B con le frecce da sx a dx. A B B Il contributo alla circuitazione lungo CD è nullo essendo nulla l’induzione magnetica in tali punti; analogamente è nullo quello lungo i tratti BC e DA essendo essi perpendicolari a B . Ne consegue che l’unico diverso da zero alla circuitazione di B è quello lungo il tratto AB interno al solenoide, parallelo alle linee di forza del campo. Essendo il campo in tale tratto uniforme, se si indica con l la lunghezza del segmento AB, la circuitazione lungo questo sarà C(B) = B l; se n indica il numero di spire del solenoide attraversanti la superficie del rettangolo, la corrente totale concatenata con il percorso chiuso è ic =ni e dunque per il teorema di Ampère: C(B) = 0 n i l poiché le due espressioni devono dare lo stesso valore, eguagliandole si ottiene: B = 0 n i. Nel caso di singola spira le cose si complicano non essendo B più uniforme Corrente di spostamento Analizziamo un circuito formato da un generatore di tensione, un condensatore piano ed un reostato. Un reostato non è altro che una resistenza variabile: essa si ottiene facendo cambiare il punto di contatto del filo percorso dalla corrente con la resistenza; in tal modo allo spostarsi del contatto muta la lunghezza del resistore e dunque anche la sua resistenza. L’introduzione di una resistenza variabile è finalizzata alla produzione di una corrente in generale variabile nel tempo i = i(t), ad es. linearmente crescente nel tempo. R In corrispondenza del filo rettilineo percorso dalla corrente i si formano i le linee di induzione circolari S all’interno di piani perpendicolari s2 al filo con s1 r B = (0 /2 ) i/ r B + C + G il fatto che le linee di induzione s3 E siano concatenate con il circuito significa che qualunque superficie S che abbia la linea di induzione come contorno viene attraversata dal filo: in sostanza il circuito ed una qualunque linea d’induzione sono come due anelli di una catena chiusi uno dentro l’altro. 17 La presenza di un condensatore all’interno del filo dovrebbe alterare sensibilmente tale situazione: esso infatti interrompe il passaggio di corrente al suo interno, nel senso che tra le sue armature non vi è flusso di corrente e ci si chiede quale forma assumano le linee d’induzione man mano che ci si avvicina al condensatore. A partire da una linea chiusa di induzione si potrebbe costruire sia una superficie s1 attraversata dalla corrente, sia una superficie s3 attraverso le due armature che non è attraversata da corrente. Ci chiede allora se esista o meno un campo magnetico anche all’interno delle armature del condensatore Analizziamo prima, per semplicità, il caso particolare in cui la corrente è costante nel tempo: i(t) = cost. La corrente costante i fluisce in un filo che termina sull’armatura positiva del condensatore C e la medesima corrente costante fuoriesce dall’armatura negativa di C proseguendo nel filo situato dall’altra parte. In conseguenza di ciò, sull’armatura positiva si accumula nell’intervallo di tempo t una carica positiva q = it mentre la corrispondente carica viene sottratta all’altra armatura . In corrispondenza di tale aumento di carica la differenza di potenziale V aumenta di una quantità V pari a : V 1 d i t i t C 0 S l’intensità del campo elettrico E tra le armature data da E = V/d aumenterà perciò di E 1 i t 0 S In conclusione si può asserire che la corrente i che fluisce nel circuito genera una variazione del flusso E = E S del campo elettrico attraverso la superficie S del condensatore, data da: E 1 0 i t si è trovato così un legame tra la variazione del flusso del campo elettrico all’interno del condensatore e la corrente che circola nel resto del circuito. Maxwell intuì la possibilità di invertire tale relazione, nel senso cioè di poter determinare la corrente a partire dalle variazioni del flusso del campo elettrico (e quindi in questo caso del campo elettrico visto che S è fissa): è possibile quindi definire una corrente equivalente che attraversa le armature del condensatore detta “corrente di spostamento” iS. Questo significa che quando c’è un campo elettrico variabile nel tempo in una regione dello spazio, è come se ci fosse una corrente iS attraverso una superficie S pari a : iS 0 E t In tal modo non si crea più discontinuità nella corrente passando dal filo allo spazio tra le armature del condensatore essendo iS = i . Formalmente è come se ci fosse un circuito chiuso nel quale circola dappertutto una corrente di intensità data. 18 In particolare Maxwell suppone che la corrente di spostamento sia una corrente nel senso di avere gli stessi effetti magnetici della corrente i lungo il filo. Si suppone così l’esistenza di linee di induzione magnetica giacenti in piani perpendicolari a E anche nello spazio tra le armature. Ad es. nel caso di armature piane circolari sarà: + E - i i B B In un condensatore ad armature circolari tali linee saranno per simmetria dei cerchi concentrici alle armature stesse. Perciò se con r indichiamo il raggio di una di esse, secondo Maxwell deve sempre valere il teorema di Ampère: B 0 E 0 2 r t Globalmente il teorema di Ampère, corretto da Maxwell assume così la seguente forma: C B 0 i 0 0 E t Tale equazione, introdotta da Maxwell sotto forma di ipotesi puramente teorica fu confermata sperimentalmente da Hertz parecchi anni dopo, verso il 1890. Ricapitolando, si è visto che ad una variazione di flusso del campo elettrico può corrispondere teoricamente la formazione di un campo magnetico: ciò significa che i campi magnetici non sono generabili artificialmente solo attraverso correnti, ma anche attraverso variazioni di campi elettrici nello spazio. Ovviamente il modo più semplice di ottenere campi magnetici attraverso la variazione di campi elettrici sarà quello di far variare la corrente che fluisce in un circuito elettrico, il che giustifica l’introduzione del reostato nel circuito prima visto. Ne consegue che i campi magnetici possono essere generati sia da correnti costanti che da correnti variabili: in particolare una corrente variabile produrrà un campo magnetico anch’esso variabile 19 Considerazioni matematiche: Le grandezze fisiche suscettibili di variazioni, nella maggior parte dei casi sono rappresentate da funzioni continue; in particolare lo sono le interazioni, i campi ed i flussi fin qui incontrati (gravitazionali, elettrici e magnetici) tranne che nei punti in cui sono posizionate le sorgenti dei suddetti campi; ad es. il campo elettrico radiale è una funzione continua in tutti i punti dello spazio tranne che nel punto in cui è situata la carica puntiforme che lo ha generato, in cui sarebbe infinito. Il teorema di Gauss sussiste nel caso in cui il corpo non sia puntiforme perché stabilisce che all’esterno di esso, gli effetti del campo da esso prodotto sono equivalenti agli effetti del campo che sarebbe generato supponendo che tutta la carica ( o massa nel caso gravitazionale) del corpo sia concentrata tutta nel centro di esso. Questa divergenza nel punto in cui è posta la sorgente del campo acquista significato fisico solo in meccanica quantistica: non sempre ciò che ha significato fisico ha significato matematico e viceversa! In particolare le energie potenziali ed i potenziali fin qui visti sono delle funzioni continue e di conseguenza le forze ed i campi ad essi associati, in quanto derivate di questi (energie potenziali e potenziali rispettivamente) sono anche loro funzioni continue. Nelle regioni di spazio in cui tali grandezze fisiche sono continue ha senso allora fare i limiti di tutti i rapporti incrementali da essi derivati quando gli incrementi diventano infinitesimi ovvero interpretarli sotto forma di derivate: lim r 0 E d E U dU V dV q dq ; lim r 0 ; lim t 0 ; lim t 0 r dr r dr t dt t dt si sottintenderà cioè sempre l’uso di incrementi infinitesimi, inclusi i rapporti incrementali visti in cinematica, dinamica e termodinamica. Ciò significa che tutte le formule sui rapporti incrementali finora viste andranno scritte nella forma: F d dU dV dq dV ; E ; i C ; iS 0 E ; ecc. ecc. dr dr dt dt dt D’ora in poi con riferimento ai rapporti incrementali si farà uso solo delle derivate in tutte le formule sia per quelle precedentemente usate sia per quelle che compariranno successivamente. Ciò consentirà di dimostrare e giustificare sia a più agevolmente le formule in questione.. 20 Legge di Faraday-Neumann Si è finora visto che i campi magnetici possono essere generati o da correnti costanti (prodotte a loro volta grazie agli effetti di un campo elettrico uniforme) o da flussi variabili di campi elettrici nello spazio. Si osservi che un campo elettrico uniforme nello spazio (in assenza di cariche in moto) non può generare un campo magnetico. Viceversa si può osservare che un campo magnetico uniforme non è in grado né di generare correnti né campi elettrici. Si può però provare a verificare se variazioni del flusso di un campo magnetico sono in grado di generare correnti elettriche ed è ciò che faremo in questa sede. Consideriamo una spira rettangolare dotata di un lato mobile scorrevole immersa in un campo magnetico uniforme perpendicolare alla sua superficie: supponiamo che il lato mobile ML B si sposti orizzontalmente di moto L0 L1 rettilineo uniforme con velocità v ; le cariche presenti nel lato ML saranno l i // F allora soggette ad una forza di Lorentz S F v essendo queste in movimento in mezzo ad un campo magnetico perpendicolare M0 M1 alla direzione di moto di ML. a = v dt Dal momento che il vettore B deve sempre guardare uscendo la velocità della carica alla sua sinistra e la forza di Lorentz F = qvB alla sua destra, in virtù di tale forza le cariche cominceranno a muoversi lungo il tratto mobile nella direzione che và da M ad L. Dopo un certo intervallo di tempo dt il tratto ML si sarà spostato di una lunghezza a da M0L0 a M1L1 ed il moto delle cariche lungo ML tende a creare un addensamento di cariche verso L ed una corrispondente loro rarefazione verso M: in sostanza si crea una differenza di potenziale VM – VL > 0 ; a causa di tale differenza di potenziale le cariche in eccesso in L attraverso il tratto fisso di circuito (una volta che tale tratto si è fermato…) si trasferiscono nuovamente in M. Di conseguenza finchè il tratto ML si muove nel circuito continuerà a circolare una corrente “indotta”. Si può così dire che durante tutto il movimento del tratto mobile si manifesta in esso una forza elettromotrice f = VM – VL che determina una corrente indotta nel circuito. Vediamo ora quali sono le implicazioni in termini di flusso di B: se s è l’area della superficie della spira prima dell’inizio di moto del tratto ML, il flusso di B concatenato con il circuito sarà B = Bs ; dopo un intervallo di tempo dt il circuito grazie al tratto mobile avrà una nuova superficie di area s per cui il flusso ad esso concatenato stavolta sarà: B = Bs ; in conseguenza di ciò la variazione di area subita dal circuito sarà: ds = s-s = lv dt (si ricordi che la spira è rettangolare..) e la corrispondente variazione di flusso sarà: dB = Blvdt ; ricordiamo ora che quando un tratto di lunghezza l percorso da una corrente i è immerso in un campo magnetico perpendicolare alla direzione della corrente, esso è soggetto ad una forza F = Bil. Tale forza risulterà perpendicolare sia alla direzione della corrente che alla direzione del campo magnetico : 21 si tenga presente che tale forza deriva stavolta direttamente dal moto delle cariche lungo l e non dal moto di ML (il tratto di lunghezza l ) ed è perciò diversa dalla forza che precedentemente ne ha determinato il moto lungo l La direzione uscente di tale forza deve guardare la corrente a destra ed il campo a sinistra: i questo implica che perché il moto del tratto mobile possa continuare a mantenersi uniforme (ovvero: F v affinché il tratto ML continui a muoversi…) esso dovrà essere sottoposto ad una forza tale da annullare F , cioè una forza eguale e contraria -F . B Per continuare a far muovere tale tratto bisogna quindi effettuare un lavoro pari a L = -F v idt = - Bil v dt Per il principio di conservazione dell’energia esso deve coincidere con il lavoro fatto per far scorrere la corrente nel circuito che in virtù della forza elettromotrice f = VM – VL dato da L = f idt . Eguagliando le due espressioni si ricava l’espressione della forza elettromotrice indotta: f i dt B i l v dt elidendo it da entrambi i membri ricaviamo : f = - Blv Dall’espressione prima trovata sulla variazione del flusso, sostituendo a Blv la f si ha: f d B dt Legge di Faraday-Neumann l’opposto della variazione di flusso del campo magnetico in un dato intervallo di tempo induce una forza elettromotrice in un circuito concatenato con il campo. Ciò in matematica si traduce dicendo che la forza elettromotrice indotta è pari all’opposto della derivata del flusso del campo magnetico L’idea di Faraday consistette nel fatto di considerare le correnti indotte generate dalle variazioni di flusso del campo magnetico concatenato con il circuito, indipendentemente dal caso in cui si tratti di circuito in moto concatenato con un campo magnetico uniforme o di campo magnetico variabile concatenato con un circuito fisso. Faraday ebbe il merito di unificare i due fenomeni all’interno dell’induzione prodotta dalle variazioni di flusso. Facendo riferimento ad un circuito dotato di reostato, proviamo a generare un campo magnetico variabile attraverso la variazione della corrente. Le variazioni del campo magnetico genereranno nel circuito, per la legge di Faraday, una corrente indotta “aggiuntiva” che si oppone a quella preesistente: infatti la forza elettromotrice indotta è di segno opposto alla variazione del flusso. La legge di Faraday – Neumann include così come caso particolare la 22 Legge di Lenz: il campo magnetico creato dalla corrente indotta tende sempre ad opporsi alla variazione del campo magnetico induttore esterno B E E L - R M + E E E Infatti se si considera un campo magnetico variabile nel tempo e limitato da una superficie cilindrica ed una spira metallica circolare aperta di raggio R in un piano perpendicolare all’asse del cilindro ed ha il suo centro su tale asse, s L ed M sono i suoi estremi, ad un aumento del flusso concatenato con la spira si trova che la forza elettromotrice indotta ha in M il suo punto a potenziale maggiore: ovvero essa si predispone a creare una corrente che genera un campo in direzione opposta a quella del campo che l’ha generata. Calcoliamo la circuitazione di E lungo la linea l = 2R della spira, se la variazione di flusso di B è costante nel tempo allora lo sarà anche la f.e.m. indotta f nella spira e (per la legge di Faraday-Neumann) dunque l’intensità di E è costante lungo la circonferenza essendo E=f/l, per cui la circuitazione di E sarà c(E) =l E = 2R E = f ovvero la circuitazione del campo elettrico indotto coincide con la f.e.m. indotta. c(E), essendo una f.e.m. indotta, sempre per la legge di FaradayNeumann sarà pari all’opposto della variazione di flusso nell’unità di tempo per cui: cE d B dt tale risultato è del tutto generale ed è valido per qualsiasi percorso chiuso che abbia al suo interno un flusso variabile di campo magnetico. Conseguenza: mentre il campo elettrostatico è conservativo, il campo elettrico indotto da un campo magnetico variabile nel tempo non è conservativo in quanto la sua circuitazione in generale non sarà più nulla. Tale espressione ci permette anche di determinare il campo elettrico indotto in funzione delle variazioni del flusso magnetico; nel caso particolare visto sarà, sostituendo il valore di c(E)= 2R E e dividendo tutto per la lunghezza: E 1 d B 2R dt 23 Consideriamo ad es. due spire indipendenti affacciate C1 e C2 : C1 C2 B2 B1 i1 i2 se nella spira C1 circola una corrente variabile i1 essa produrrà, per la legge Ampère, un campo magnetico B1 anch’esso variabile. Si avrà così un flusso del campo B1 variabile concatenato con il circuito C2 . Per la legge di Faraday si osserverà in C2 una forza elettromotrice indotta; il verso di quest’ultima in accordo con la legge di Lenz, sarà tale da generare, a circuito chiuso, una corrente i2 che crea una campo magnetico B2 diretto in senso opposto alla variazione dB1 del campo B1 . Conseguenza: se i1 aumenta nel tempo dt , la corrente indotta i2 circolerà in senso contrario e viceversa, se i1 diminuisce nel tempo dt , la corrente indotta i2 circolerà nello stesso senso. Lo stesso fenomeno si manifesta nella singola spira: infatti la f.e.m. indotta si origina a causa della variazione del flusso d’ìnduzione magnetica concatenato con la spira e poiché tale flusso è generato dalla corrente già circolante nella spira, anche in tal caso la legge di Faraday sarà operante. In tal caso si parla di autoinduzione. Induttanza ed energia magnetica immagazzinata Vediamo come determinare la f.e.m. di autoinduzione. Si può osservare che il flusso B concatenato con il circuito risulta proporzionale al campo magnetico B il quale a sua volta è proporzionale alla intensità della corrente che lo produce: ad es. per un solenoide formato da n spire, essendo il campo d’induzione magnetica perpendicolare alle spire dev’essere B = BS , con B =0(n/l) i, dove n è il numero delle spire ed l la lunghezza del solenoide, da cui n B 0 i S l esso rappresenta il flusso prodotto dalla corrente circolante nel solenoide a sua volta concatenato con una delle sue spire: ciò significa che il flusso totale concatenato con le n spire è : n n2 n B n 0 S i 0 S i l l in tal caso infatti si può parlare di “flusso autoconcatenato” : è ovvio che se esso è concatenato con n spire, il flusso totale che agisce sul solenoide è dato dalla somma di n flussi identici attraverso le sezioni identiche di area S delle rispettive n spire; possiamo allora definire una nuova costante, dipendente dalla geometria del solenoide oltre che dalla corrente, tramite il fattore: 24 L 0 n2 S l detto coefficiente di autoinduzione o induttanza del solenoide, per cui ridenominando con B il flusso dell’induzione magnetica del solenoide autoconcatenato con tutte le sue n spire si ottiene: B = L i l’unità di misura dell’induttanza per unità di flusso d’induzione e di corrente è l’Henry:1H=1T/A. Possiamo allora dare una definizione operativa della f.e.m. indotta a partire dalle variazione di corrente che l’hanno generata, nota l’induttanza L: f d B di L dt dt essa è valida per qualunque corrente variabile i circolante nell’induttanza. La legge di Ohm andrà generalizzata per un circuito in cui la tensione applicata sia variabile nel tempo: se si applica una tensione variabile nel tempo V(t), agli estremi di una resistenza R e di una induttanza L in serie, nella resistenza circolerà una intensità di corrente variabile nel tempo i(t) tale che agli estremi della resistenza ci sarà una caduta di tensione pari a: V L di R i dt il che significa che la caduta di potenziale ai capi della resistenza R è data dalla differenza tra la tensione V applicata agli estremi di R e la forza elettromotrice autoindotta dalle variazioni di corrente lungo L. Moltiplicando la precedente equazione per idt si ottiene l’equazione equivalente: i V idt = R i2 dt + L i di R + - V(t) i L il primo membro esprime il lavoro fatto per spostare la carica dq = i dt fra gli estremi del circuito aventi differenza di potenziale V; il primo termine del secondo membro indica il calore prodotto per effetto Joule nella resistenza R, mentre Il secondo termine rappresenta energia della corrente elettrica che si è trasformata in un’altra forma d’energia. 25 Resta stabilire in quale forma di energia! Osserviamo innanzitutto che se nell’intervallo di tempo dt la corrente i è variata di di allora possiamo identificare la quantità L i di con la variazione della seguente grandezza fisica: WM 1 L i2 2 infatti nel medesimo intervallo di tempo quest’ultima è variata di: dWM 1 1 2 L i di L i 2 L i di 2 2 in quanto (di)2 diventa trascurabile rispetto alla i di del quadrato del binomio per dt sufficientemente piccoli da avere di<<i. Ne consegue che la quantità di energia della corrente elettrica che non si è trasformata in calore è pari alla variazione della grandezza WM che è quindi anch’essa un’energia: l’energia mancante è dunque andata ad aumentare l’energia WM Se il solenoide d’induttanza L e di lunghezza l contiene n spire, dall’espressione dell’induzione magnetica da esso generata e relativa al flusso concatenato con una (una sola!) delle sue spire in cui circola la corrente i, si può esprimere l’intensità di corrente in funzione di B n B S 0 i S l elidendo S da entrambi i membri ed isolando i : i l 0 n B che sostituita nell’espressione dell’energia dà: WM 1 l2 1 n2 l2 1 L 2 2 B2 0 S 2 2 B2 S l B2 2 2 l 2 0 0 n 0 n in cui si è sostituita l’espressione dell’induttanza L . Osserviamo infine che S l non è altro che il volume racchiuso dal solenoide, coincidente con il volume della regione in cui il campo magnetico è diverso da zero; è allora utile definire la “densità di energia del campo d’induzione magnetica”: u WM 1 B2 S l 2 0 essa è l’energia magnetica immagazzinata dall’induttanza affinché circoli in essa corrente, ovvero l’energia necessaria per “caricare” l’induttanza. 26 Circuito L-C Analizzeremo adesso un circuito particolare detto LC, costituito cioè da una induttanza e da un condensatore: il suo comportamento è fondamentale per la descrizione dei fenomeni elettro-magnetici. C + L Presupporremo di aver caricato il condensatore inizialmente con un generatore di tensione e di di analizzare la fase successiva a generatore spento (od escluso). Per tutti gli istanti successivi, in assenza di una resistenza R, sarà R = 0, per cui la legge di Ohm assumerà la seguente forma: V L di 0 dt dove V indica la tensione tra le armature di C. Se dq è la variazione di carica sull’armatura positiva, l’intensità di corrente i che va dall’armatura positiva all’armatura negativa sarà: i dq dt perciò moltiplicando la prima equazione per idt e tenendo conto del cambiamento di segno dovuto all’espressione della i si ottiene: V 1 di d dq d 2q q L L L 2 C dt dt dt dt essendo infatti C qt V t ma dWE = V dq è per costruzione la variazione di energia elettrica nel condensatore, mentre dWM = L i di è la variazione dell’energia magnetica nell’induttanza, da cui: dWE = - dWM conseguenza: ad un aumento di energia elettrica corrisponde una riduzione dell’energia magnetica e viceversa Ciò significa che l’energia data dalla somma di energia elettrica ed energia magnetica si conserva nel tempo. Esprimendo la legge di Ohm in termini di derivata seconda di q : qt L C 27 d 2q dt 2 ovvero: d 2q 1 qt 2 LC dt Ricordiamo ora che la carica q nei circuiti, da un punto di vista matematico e formale, gioca lo stesso ruolo dello spazio s in cinematica, mentre i è l’equivalente della velocità v mentre di/dt corrisponde alla forza in dinamica. Si è ottenuta cioè un’equazione equivalente ad F = -kx o ad x = - (m/k) a caratteristica dell’oscillatore armonico: quest’ultimo in particolare è il responsabile della propagazione delle onde meccaniche in un mezzo materiale, essendo queste ultime caratterizzate dalle oscillazioni armoniche delle particelle del mezzo interagenti tra loro attraverso la legge di Hooke. Usando la seguente corrispondenza : x q k 1 C m L Ne consegue che se la soluzione dell’equazione dell’oscillatore armonico è x = x0 cos(t) con frequenza 1 k 2 2 m la soluzione dell’equazione del circuito LC sarà q = q0 cos(t) con frequenza 1 1 2 2 LC L’oscillazione della carica fra le armature di un condensatore collegate da un’induttanza è perciò strettamente analoga all’oscillazione di una massa sottoposta all’azione di richiamo di una forza elastica. Vediamo come giustificare a posteriori tali affermazioni: se q(t) = q0 cos(t) , si ha i dq d cos t q 0 q 0 sent dt dt iterando il procedimento: di d 2 q dsent 2 q0 2 q 0 cos t dt dt dt sostituendo le espressioni di q(t) e di di/dt nella legge di Ohm si ottiene q0 cos(t)=LC2 cos(t) 28 che impone 2 LC 1 Diamo ora la descrizione del fenomeno fisico. Nell’istante in cui il generatore di tensione viene spento, il condensatore risulta inizialmente carico con carica q0 nelle armature. In esso è immagazzinata un’energia elettrostatica pari WE pari a : 2 1 q WE 0 2 C Poiché all’istante iniziale non circola corrente nell’induttanza, essendo i = 0, l’energia magnetica al suo interno sarà nulla. Man mano che il condensatore si scarica ( q diminuisce), in quanto gli elettroni sull’armatura negativa tendono a portarsi sull’armatura a potenziale più elevato, comincia a circolare corrente nell’induttanza (i cresce) e comincia di conseguenza ad immagazzinarsi energia magnetica nell’induttanza a spese dell’energia del campo elettrico che diminuisce. Una volta che l’intera energia elettrica si è trasformata in energia magnetica, q è nulla in quanto il condensatore è scarico, essendo diventata nulla la tensione tra le armature; i raggiunge il valore massimo i0 e l’induttanza sarà di conseguenza percorsa da una corrente d’intensità i0 . Successivamente, al trascorrere del tempo, la corrente i0 continua a convogliare elettroni sull’armatura che era inizialmente a potenziale positivo e successivamente aveva assunto potenziale nullo. Ne consegue che tale armatura assumerà un potenziale negativo mentre l’altra (che era inizialmente negativa) assumerà potenziale positivo: in sostanza dopo il processo di scarica del condensatore inizia un processo di ricarica con la polarità delle armature invertita. In questo modo l’energia del campo elettrico del condensatore torna ad aumentare mentre l’energia magnetica dell’induttanza diminuisce in quanto la corrente una volta raggiunto il valore massimo i0 diminuisce. Questo fenomeno di scarica e ricarica del condensatore parallelamente alla carica e scarica dell’induttanza si ripete periodicamente in quanto la carica q sul condensatore, la differenza di potenziale tra le armature V e la corrente i variano tutte sinusoidalmente, come previsto dall’equazione del circuito. Si può così asserire di aver costruito un circuito oscillante in cui le grandezze fisiche fondamentali oscillano allo stesso modo delle grandezze caratterizzanti l’oscillatore armonico o le onde sinusoidali, come conseguenza delle continue trasformazioni di energia elettrica in energia magnetica e viceversa. Il circuito LC è di conseguenza capace di generare in modo spontaneo, una volta spento il generatore di tensione, cariche, tensioni e correnti sinusoidali allo stesso modo con cui l’oscillatore armonico in assenza di forze esterne, una volta lasciato andare, genera posizioni, velocità ed accelerazioni sinusoidali nel tempo. In particolare, il condensatore costituisce quello che si chiama “dipolo oscillante” in quanto la polarità delle sue armature si inverte periodicamente secondo il periodo dell’andamento sinusoidale della tensione. 29 Onde elettromagnetiche Riassumiamo i risultati fin qui ottenuti nell’elettromagnetismo: Q E S 0 S B 0 d S E cB 0 i 0 dt d S B cE dt Le precedenti equazioni, (con S superficie chiusa) , costituiscono le Equazioni di Maxwell: la prima è la diretta conseguenza del teorema di Gauss per il flusso del campo elettrico attraverso una superficie chiusa con cariche presenti al suo interno la seconda è la diretta conseguenza del teorema di Gauss per il flusso del campo magnetico attraverso una qualsiasi superficie chiusa la terza è il teorema di Ampere-Maxell diretta conseguenza del teorema di Ampere sulla circuitazione di B lungo una linea chiusa con correnti al suo interno e del teorema di Maxell sulla corrente di spostamento e tiene conto della generazione del campo magnetico a partire sia dalle correnti “materiali” di cariche nello spazio sia dalle variazioni del campo elettrico nello spazio la quarta è diretta conseguenza della legge di Faraday-Neumann e tiene conto della generazione di un campo elettrico a partire dalle variazioni di un campo magnetico nello spazio e che il campo elettrico non statico in generale è non conservativo. Ora che siamo in grado di generare segnali di tensione e corrente di tipo sinusoidale, possiamo approfondire gli effetti delle variazioni di campo elettrico e magnetico nello spazio circostante il condensatore, in relazione a quanto visto sulla corrente di spostamento. Infatti se il nel circuito vi sino presenti una tensione ed una corrente sinusoidali, per quanto visto, esse dovranno essere in grado di generare campi magnetici e campi elettrici variabili nel tempo e nello spazio anch’essi secondo una legge sinusoidale. Ma un campo che si propaga nel tempo e nello spazio secondo una legge sinusoidale manifesta le medesime proprietà di un’onda, un’onda però capace di propagarsi nello spazio anche in assenza di materia, cioè nel vuoto. Lo scopo finale di questo paragrafo è proprio quello di dimostrare che le onde espresse dai campi elettrico e magnetico sinusoidali soddisfano proprio le leggi di Ampère e Maxwell. Poiché stiamo considerando solo la zona spaziale prospiciente ai lati interni delle armature del condensatore, considereremo il caso particolare della legge di AmpèreMaxwell in cui è presente la sola corrente di spostamento. 30 Poiché qt q0 sen t , ne segue che it V t L dq q 0 cos t , mentre dt di 2 q 0 sen t dt Il flusso del campo elettrico attraverso le armature circolari di raggio r perpendicolari a questo sarà perciò: S E S E r 2 E0 sen t La circuitazione del campo d’induzione magnetica B lungo una linea circolare (contorno dell’armatura), essendo il campo magnetico costante in modulo su tutta la linea è: cS B l B 2 r B In base alla terza equazione di Maxwell segue che: 2 r B 0 0 r 2 dE dt Infatti la superficie delle armature, in quanto costante, fuoriesce dal segno di derivazione. Isolando B si ottiene: B 0 0 r dE 2 dt 0 0 r 2 E0 cos t B0 cos t Esistono perciò tre grandezze fisiche, carica, corrente e tensione, funzioni armoniche del tempo. Ovvero grandezze che vibrano nel tempo secondo una legge sinusoidale. Da tali grandezze, attraverso le equazioni di Maxwell, si è dedotto che anche i campi elettrico e magnetico sono vibrazioni armoniche nel tempo, che si alternano propagandosi anche nello spazio in quanto le variazioni dell’una producono le variazioni in zone diverse dello spazio, determinando la loro alternata propagazione nello spazio. Il fatto che tali vibrazioni debbano in qualche modo dipendere anche dallo spazio può anche essere dedotto dalla dipendenza dei loro flussi associati dalle superfici attraversate da questi ultimi. Le variazioni di tali campi risultano inoltre perpendicolari alla loro direzione di propagazione:i campi vibrano cioè in un piano perpendicolare alla loro direzione di propagazione. Ricordando che la definizione di un’onda armonica trasversale è proprio quella di una perturbazione che si propaga secondo una vibrazione armonica nello spazio e nel tempo perpendicolare alla propria direzione di propagazione, si può ipotizzare che entrambi i campi elettrico e magnetico siano delle onde trasversali: dove n 2 d’onda” e E E0 senn x t B B0 cosn x t si chiama “numero o vettore d’onda”, mentre si chiama “lunghezza 2 1 indica la pulsazione con T periodo. La frequenza è invece f T T 31 Ricordiamo che il periodo definisce il periodo “temporale” della vibrazione, o meglio il tempo impiegato dalla grandezza fisica (in questo caso il campo) per svolgere una vibrazione (oscillazione) completa; la lunghezza d’onda esprime invece il periodo “spaziale”, ovvero lo spazio che deve percorrere l’onda per passare da un massimo (detto anche cresta) all’altro del valore del campo (o da un minimo detto anche “ventre” ad un altro minimo). Il numero d’onda infine, “conta” il numero di creste d’onda contenute nell’unità di lunghezza. e T sono legate tra loro attraverso la velocità di propagazione v dell’onda attraverso l’equazione = v T , da cui f v Sfruttando le proprietà delle funzioni armoniche (sinusoidali) si ricava che: d 2E 2 2 n E dx 2 d E 2 E dt 2 ed equazioni molto simili si trovano per il campo magnetico. Invertendo e unendo le due equazioni si ottiene : 1 d 2E E 2 1 d 2E 1 d 2E n dx 2 2 2 2 2 2 n dx dx 1 d E E 2 2 dt ovvero: d 2E n2 d 2 E e analogamente per B dx 2 2 dt 2 Conseguenza: Il campo elettrico e magnetico soddisfano effettivamente l’equazione delle onde, in quanto la loro derivata seconda rispetto allo spazio è proporzionale all’opposto della loro derivata seconda rispetto al tempo Sperimentalmente e teoricamente si può provare che n2 2 0 0 per cui: d 2E d 2E 0 0 2 dx 2 dt struttura dell’equazione di un’onda Poiché la velocità di un’onda nota la sua equazione è data da: v 1 0 0 3,0 10 8 m / s c che coincide proprio con la velocità della luce Infine è facile dimostrare che tra le ampiezze dei due campi sussiste la relazione di proporzionalità: E0 = c B0 32 Possiamo allora evincere, da questi risultati che: 1. il campo elettrico e magnetico sono dei campi vettoriali in genere variabili nel tempo e perpendicolari sempre tra loro. 2. che le loro variazioni sono intrinsecamente connesse nel senso che le variazioni dell’uno sono in grado di produrre l’altro e viceversa 3. che le loro variazioni (vibrazioni nel tempo), grazie alla precedente caratteristica fondamentale, si propagano nello spazio, sotto forma di vibrazioni dei campi elettrico e magnetico, in direzione perpendicolare al loro piano di vibrazione e dunque godono delle stesse proprietà delle onde trasversali e dunque trasportano energia 4. essendo i campi elettrico e magnetico intrinsecamente connessi, in quanto si propagano simultaneamente nello spazio, perpendicolarmente alla loro direzione di propagazione, possiamo assumere direttamente che essi nel loro insieme costituiscano una unica onda elettromagnetica di tipo trasversale, la quale si propaga nel vuoto alla velocità della luce 5. dall’ultima considerazione si deduce che le onde elettromagnetiche non sono altro che un particolare tipo di onda luminosa. Se si riferiscono le espressioni delle singole onde del campo elettrico e magnetico rispettivamente a due assi perpendicolari, esse possono essere riscritte facendo uso della medesima funzione goniometrica (in caso contrario, non esplicitando le loro direzioni vettoriali, le funzioni goniometriche che le esprimono scalarmene devono risultare sfasate di 90) nella seguente forma: x E E 0 cos 2 t c B B cos 2 x t 0 c Abbiamo così verificato che i campi elettrico e magnetico in realtà sono due vettori che si propagano simultaneamente nello spazio sotto forma di onde ad una velocità di propagazione pari a quella della luce: essi danno luogo a delle onde in quanto , dalle leggi sulle circuitazioni di B ed E unite al concetto di corrente di spostamento, si era dedotto che: un campo magnetico variabile genera nello spazio circostante un campo elettrico ad esso perpendicolare; a sua volta questo campo elettrico sarà anch’esso variabile e perciò darà origine nello spazio circostante ad un campo magnetico indotto che si sovrapporrà al campo magnetico precedente modificandolo; a sua volta questo campo magnetico modificato variabile con il tempo produrrà una variazione (spaziale) del campo elettrico precedente e così, le variazioni temporali e spaziali dei campi elettrici e magnetici mutuamente indotti danno origine ad un fenomeno di propagazione ondosa di un campo “elettromagnetico”, dotato cioè simultaneamente di una componente elettrica e di una componente magnetica mutuamente perpendicolari secondo il seguente schema grafico riferito al condensatore: 33 E1 E2 E B2 B1 B Perché le onde elettromagnetiche sono trasversali? La risposta è semplice se si ricorda che i vettori E e B devono essere sempre perpendicolari tra loro e di conseguenza non possono vibrare lungo la medesima direzione di propagazione! Ciò significa che la direzione di propagazione dev’essere necessariamente ortogonale al piano dei vettori E e B e dunque si tratta di un’onda trasversale : B E B x E B E Le onde elettromagnetiche dovranno così soddisfare le proprietà delle onde trasversali e dunque essere in grado di trasportare energia. Infatti quando arriva un’onda che si propaga con velocità c in una data regione dello spazio in cui non vi era alcun campo elettromagnetico preesistente, verrà localizzata in tale regione una densità di energia elettromagnetica wem che è la somma delle densità di energia wE e wM del campo elettrico e magnetico costituenti l’onda: wem 1 1 B2 0 E2 2 2 2 E’ utile determinare il flusso di energia trasportata da un’onda elettromagnetica piana, ovvero l’energia che attraversa l’unità di superficie per unità di tempo. Esprimendo la densità di energia in funzione della velocità di propagazione c in modo tale che in entrambi gli addendi compaia il prodotto EB: wem 1 1 EB 1 EB 0c E B 2 2 c c 0 34 Dal momento che l’onda viaggia con una velocità c, nel tempo dt si sposta di una distanza dx = c dt lungo la direzione di propagazione x ortogonale al piano dei vettori E e B . Se s è l’area di una qualsiasi superficie perpendicolare all’asse x , l’energia contenuta nel volume s dx= s c dt sarà: dWem wem s dx EB 0 s dt che rappresenta l’energia che attraversa la superficie s nel tempo dt E’ possibile allora definire un nuovo vettore il cui flusso attraverso la superficie s dia proprio il flusso di energia nell’unità di tempo dWem /dt, per cui definiremo : “vettore di Poynting S” il vettore d’intensità S EB 0 diretto perpendicolarmente a E e B Si osservi il legame preesistente tra i parametri del circuito LC e l’onda elettromagnetica da esso generata tramite la corrente di spostamento: 1 LC 2 f 2 c come può essere verificato facilmente nei calcoli. Si ricordi infine che, la non conservatività dei campi elettrico e magnetico variabili nel tempo implica l’impossibilità di poter avere una forma (scalare) di energia potenziale elettrica e magnetica, nella misura in cui non esiste una forma di energia potenziale dalle cui variazioni si possa dedurre la forza elettromagnetica. Ciononostante, il principio di conservazione dell’energia del campo elettromagnetico deve continuare a sussistere, ovvero l’energia totale data dalla somma di energia cinetica, elettrica e magnetica deve mantenersi costante, il che scritto in termini di densità di energia totale W nell’unità di tempo: W 1 1 EB m v2 cos tan te 2 c 0 il che si traduce nel fatto che l’energia elettromagnetica che viene via via trasportata dall’onda elettromagnetica emessa dalle armature del condensatore del circuito LC assorbe sempre di più l’energia del circuito, in particolare quella elettrica dovuta alla differenza di potenziale elettrico che determina, un ultima analisi, il moto delle cariche quindi l’energia cinetica di queste ultime. Man mano che l’onda elettromagnetica si propaga assorbe sempre più energia finchè le cariche non hanno più energia di movimento e la corrente si spegne. Lo stesso accadrebbe per il campo elettromagnetico prodotto da una corrente materiale di cariche: tali cariche, in quanto accelerate, emetterebbero un’onda elettromagnetica irraggiando energia a spese della loro energia cinetica, il che significa che dopo un certo tempo si fermeranno. 35