IL PENSIERO DI G. F. W. HEGEL
A)
Prospetto generale
Nella filosofia di Hegel, l'Assoluto si configura come Idea1, cioè come essenza
formale che struttura sia la Natura che lo Spirito: l'Idea è unità di forme molteplici, tutto ciò
che accade nella realtà diveniente è manifestazione di queste forme eterne (cfr. Platone:
concetto di “metessi”).
C'è dunque una struttura, una legge assoluta, che dirige il divenire del mondo (al di
sopra dei suoi aspetti contingenti), attuandosi con rigore razionale (cfr. il Logos di Eraclito).
In questo senso Hegel afferma che “ciò che è reale è razionale, ciò che è razionale è reale”.
Davanti al pensiero idealistico si apre così il compito gigantesco (già intravisto ed
impostato da Fichte) di mostrare che tutto ciò che accade nel mondo, tutte le diverse ed
innumerevoli manifestazioni della natura e della storia umana, sono l'attuazione necessaria di
quella struttura eterna [cfr. più avanti: “sistema dialettico”].
Evidente l'analogia con le tesi di Platone o di Aristotele: in Aristotele, p.es., l'eterno
pensiero divino contiene da sempre tutte le forme e gli atti realizzabili nel mondo fisico
(Hegel del resto, nella sua Scienza della Logica, definisce l'Idea come “Dio prima della
creazione del mondo”).
Tuttavia, a differenza di Platone ed Aristotele (e in ciò consiste secondo lo stesso
Hegel la novità dell'idealismo rispetto alla filosofia classica) il principio eterno non è
compiuto indipendentemente dal suo manifestarsi nel mondo, ma si attua in concreto proprio
attraverso il processo storico, nel quale l'Idea, prima esce da sé ponendosi come Natura (=
oggetto) e poi si ritrova come Spirito autocosciente (cfr. Schelling).2
La stessa storia della filosofia consiste, secondo Hegel, nella presa di coscienza di sé
da parte dell'Idea, che inizialmente si vede come l'essere conosciuto dal pensiero (filosofia
antica), poi si contrappone al pensiero medesimo come oggetto assoluto (filosofia moderna
fino a Kant compreso - v. il concetto kantiano di Objekt), ed infine si ritrova nell'identità
consapevole di Soggetto e Oggetto (idealismo).
Il succedersi, nel mondo, degli enti finiti è proprio il concreto attuarsi dell'infinito: in
quanto posto come separato dalla storia, anche l'Assoluto è un'astrazione, non è la vera
Totalità dell'essere [cfr. il Sistema dialettico].
La storia è vista così come il continuo superarsi del finito verso l'infinito: la verità del
finito sta infatti nel suo appartenere alla Totalità dell'esistente, isolato da questa il finito è
astrazione, cioè contraddizione, errore.
D'altra parte anche ogni contraddizione avviene all'interno dell'Assoluto, che dunque (a
differenza di quanto riteneva Fichte) non ha niente da recuperare “fuori di sé”, ma deve solo
realizzare la sua piena autocoscienza. Il pensiero non ancora pervenuto a questa fase suprema
tende a porre come “totalità” ciò che non è veramente tale, pone l'astratto come “concreto”, il
finito come “infinito”: questa “comprensione astratta dell'astratto” è opera dell'Intelletto
1
Cfr.Kant, che tuttavia concepisce questo assoluto come funzione soggettiva, priva di valore
teoretico.
2
Dato che la concreta posizione dell'Assoluto si attua, appunto, attraverso un processo temporale,
il tempo stesso diviene un aspetto essenziale dell'eterno, il tempo è la concretezza dell'eterno.
(Verstand), che si contrappone alla Ragione (Vernunft), la quale è invece comprensione
concreta dell'astratto, cioè superamento dell'astratto nel suo essere posto consapevolmente
come momento del concreto. [Cfr. l'uso di quei due termini nella filosofia di Kant].
Si deve però notare come, per Hegel, la contraddizione non è una pura negatività:
infatti essa rappresenta anche la forza che spinge il finito a superarsi di continuo: ogni
superamento è toglimento di una contraddizione, anche se nuove forme di contraddizione
attendono la realtà non ancora pervenuta all'infinito: ma, a differenza di quanto riteneva
Fichte, questo processo ha termine, il circolo si chiude nel toglimento definitivo di qualsiasi
contraddizione, cioè nel supremo attuarsi dell'unità assoluta di tutte le cose.
Si può richiamare qui ancora il pensiero di Eraclito, per il quale il “Polemos”,
l'opposizione, è la forza che guida il divenire e spinge tutte le cose verso l'unità: Hegel
considera in effetti Eraclito come il primo pensatore che ha scoperto la legge profonda del
divenire, la dialettica.
“Dialettica” è un termine filosofico introdotto da Zenone di Elea, ma utilizzato
soprattutto nella dottrina platonica: per Platone la dialettica è il percorso del corretto pensiero
filosofico che giunge a cogliere i rapporti eterni tra le idee.
Hegel conserva questo termine nella dottrina idealistica, ma qui il movimento del
pensiero è movimento della stessa realtà assoluta, dell'Idea, di cui il pensiero è manifestazione
fondamentale.
Esposizione della Filosofia Hegeliana
B)
Il pensiero del giovane Hegel (cenni)
Nella primissima fase del suo pensiero (Berna - Francoforte) Hegel formula già il tema
della cattiva infinità, cioè la sua critica ad ogni concezione che ponga l'infinito, l'Assoluto
come trascendente rispetto al finito: Hegel individua nel cristianesimo un'espressione tipica
di questo atteggiamento, che sfocia nell'individualismo ed in una visione mistica in cui i valori
sono posti fuori del mondo e della collettività sociale.
Il cristianesimo è così presentato come religiosità tipica di un periodo di decadenza
sociale e politica; ad esso si contrappone la religiosità greca, espressione invece dello spirito
collettivo di un popolo in ascesa.
In seguito Hegel muterà tale atteggiamento nei confronti del cristianesimo, rivedendo
gran parte delle sue critiche: il cristianesimo verrà presentato come superamento dello spirito
ebraico (tipica espressione della “Coscienza Infelice” - cfr. più avanti) e Cristo apparirà come
un grande mediatore fra umano e divino (v. amore come superamento della finitezza
materiale).
Ma Hegel resterà comunque fedele alla sua visione immanentistica, puntualmente
riproposta nel tema del legame necessario tra finito ed infinito, che già in questa fase si
esprime nel concetto di “Destino”: ogni cosa finita è instabile, inquieta, perché un destino
ineludibile la spinge a superarsi per realizzare la propria essenza infinita.
Questa tendenza ad “uscire da sé” è la stessa vita delle cose, che non può essere colta
né da un pensiero statico e separante (= Intelletto), qual è ad es. il sapere scientifico
2
costituitosi dal Seicento in poi, né da una religione della trascendenza che ponga l'essenza
ultima delle cose al di fuori del loro mondo.
Intelletto scientifico e religione dogmatica hanno in comune il medesimo vizio
filosofico: isolano il finito dall'infinito, creano modelli di “cattiva infinità”; già per il giovane
Hegel, invece, il mondo delle cose finite, la realtà storica e materiale è momento essenziale
della concreta esistenza e della comprensione del Tutto:
La natura è ciò che permette allo spirito di rinnovarsi ... mangiare e bere riconducono
le cose inorganiche a ciò che sono in verità.
Nel periodo di Jena (1801 -1807) le critiche di cui sopra sono estese anche
all'idealismo di Fichte (v. “Differenza fra il sistema filosofico di Fichte e quello di
Schelling”), accusato di riportare la filosofia in un'ottica che smarrisce il senso concreto della
totalità, cioè ad una “metafisica del finito” di tipo kantiano.
Ma successivamente Hegel prende le distanze anche da Schelling (che, per quanto più
giovane, era stato all'inizio una sorta di maestro) dato che anche nel pensiero di quest'ultimo
l'Assoluto finisce per essere considerato estraneo al processo del divenire, e il punto di arrivo
di tale processo (la chiusura del circolo) non riesce, nonostante gli sforzi di Schelling, a
conservare tutte le tappe precedenti: il risultato è allora l'annullamento di tutte le differenze
nell'Assoluto, che secondo Hegel finisce per configurarsi come “la notte in cui tutte le vacche
sono nere” - cfr. introduz. alla “Fenomenologia dello Spirito”.
La “buona infinità” è invece per Hegel la conservazione del finito nell'infinito, ovvero
la presenza dell'infinito in ogni ente finito: è infatti nella storia che si attua la concretezza
dell'Assoluto. Inoltre questo concreto attuarsi non è qualcosa che il pensiero filosofico si
limita a cogliere, come realtà estranea a sé, ma proprio in quel pensiero consiste l'attuazione
dell'Assoluto.
Secondo Hegel, Fichte e Schelling hanno intuito questa verità, ma non vi sono restati
fedeli: la filosofia non va considerata come semplice pensiero soggettivo, prodotto dal singolo
individuo, ma è, nella sua profondità, discorso dello Spirito, sullo Spirito. [E anche qui si
potrebbe richiamare Eraclito: “non dando ascolto a me, ma al Logos...”].
La filosofia, intesa come prodotto del singolo, o anche di una collettività storicamente
limitata e condizionata, non può mai essere vera comprensione del reale (= autocoscienza
dello Spirito) : vista in questo modo la filosofia è l'espressione di un dover essere che si lascia
inevitabilmente sfuggire l'essere concreto o, come dirà Hegel nella “Filosofia del Diritto”,
essa arriva sempre troppo tardi, come la nottola, l'uccello di Minerva, che spicca il volo
quando è ormai buio.
Tutti questi motivi, maturati durante il periodo di Jena, costituiscono il punto di
partenza ed il filo conduttore della prima grande opera, da Hegel considerata come una specie
di propedeutica allo sviluppo di un sistema filosofico generale: la “Fenomenologia dello
Spirito”.3
3
Naturalmente in questo contesto “fenomeno” non è la sfera soggettiva contrapposta all'essere in
sé (v. Kant), ma l'immediato manifestarsi della realtà assoluta, l'apparire dell'essere (cfr. greco:
phainesthai, phainomenon) che è la stessa presenza vivente della verità.
3
C)
La Fenomenologia dello Spirito
In quest'opera Hegel cerca di ricostruire le peripezie dello Spirito, cioè dell'Assoluto,
nel processo storico del suo ritrovarsi, cioè nel suo vivere fino in fondo, per superarla, ogni
forma di finitezza (= di contraddizione). Lo strutturarsi storico della contraddizione determina
varie “figure fenomenologiche” destinate ad essere soppiantate - nel movimento dialettico - da
sempre nuove figure, fino alla sintesi suprema che tutte le supera conservandole come suoi
momenti (Erinnerung, “memoria”, è uno dei termini usati da Hegel per indicare tale
situazione, e può essere considerato un sinonimo di Aufhebung: il “toglimento” che innalza).
Nel suo progressivo riconoscersi, lo Spirito è all'inizio coscienza individuale: tale
coscienza, intuendo la sua essenza infinita, aspira a porsi come libertà assoluta, ma si scopre
subito limitata e condizionata da altre coscienze. Per superare questo ostacolo, la coscienza
individuale vuole, anzitutto, essere riconosciuta come libertà anche dagli altri: nasce così un
conflitto fra individui, che pone in pericolo la stessa sopravvivenza di alcuni di essi.
Coloro che più si sentono minacciati, possono rinunciare, provvisoriamente, alla
libertà per garantirsi la vita: nasce allora il rapporto servo-padrone caratteristico del mondo
antico. In questo rapporto l'uomo vive ancora nella contraddizione: il servo perché proietta la
sua essenza (libertà, valore) al di fuori di sé, nell'altro da sé, il padrone perché, pur non
rendendosene conto, ha in realtà bisogno del servo (per essere riconosciuto come libertà,
essenzialità, e perché il servo, attraverso il proprio lavoro, garantisce il suo dominio sul
mondo materiale).
Il processo storico porta al toglimento di questa contraddizione quando il servo prende
coscienza di essere egli stesso necessario al padrone e, cogliendo la complementarità dei due
momenti, finisce per riconoscersi nella libertà dell'altro e per emanciparsi, con la forza, dalla
servitù. Hegel individua cioè nella figura del servo il momento dinamico dello sviluppo
sociale, e sostiene di conseguenza che “la storia è fatta dai servi”.4
Ma nuove forme di contraddizione attendono ancora lo Spirito: tra i momenti
fondamentali del suo sviluppo troviamo l'atteggiamento stoico, in cui il soggetto individuale
cerca di affrancarsi dall'oggetto (= natura) ignorandolo e ponendosi come autosufficiente, e
successivamente lo scetticismo, in cui si nega addirittura la realtà del mondo oggettivo. Ma
questa “eliminazione” dell'oggetto non è reale, perché il soggetto resta chiuso nella sua
finitezza di individuo; anzi, non entrando più in rapporto con la natura, egli si preclude ogni
possibilità di recuperarla in sé, e di progredire così verso la sua essenza infinita.
Nasce così la figura della Coscienza Infelice, che è un po' l'emblema del dramma dello
Spirito in quanto avvolto dalla finitezza: la Coscienza Infelice concepisce l'Assoluto (= Dio)
come trascendente rispetto a sé e alla propria realtà materiale, dunque smarrisce la sua verità
in un atteggiamento religioso (v. ebraismo, cristianesimo medioevale) in cui Dio è posto a
distanza infinita dall'uomo.
Solo la ragione filosofica può promuovere il superamento di tale visione, guidando la
coscienza alla sua essenza reale: in questa nuova fase lo Spirito inizia a cercarsi nella natura
(scienze naturali), poi recupera la sua libertà dalla materia scoprendo una legge morale, infine
attua la dimensione etica (sopra-individuale) come unità di essere e dover-essere.
4
Questa parte della “Fenomenologia dello Spirito” sarà fondamentale per l'articolarsi, nel pensiero
di Marx, dei concetti di “lotta di classe” e di “rivoluzione proletaria”. Come Marx, Hegel dà molta
importanza alla sfera economica, che però egli considera il prodotto e non la base stessa dello
sviluppo storico delle classi sociali.
4
La “Fenomenologia dello Spirito” è una prima esposizione del processo dialettico;
vediamo adesso come Hegel formula, nella sua maturità filosofica, le strutture base di tale
processo: egli definisce un metodo (che sta a fondamento di ogni indagine speculativa) e su di
esso costruisce un sistema compiuto di comprensione del reale, che corrisponde poi
all'articolarsi della realtà medesima (cfr. Sezione B).
Ma in effetti metodo e sistema, nella filosofia hegeliana, non sono due momenti
separabili o susseguentisi nel tempo: il metodo precede il sistema solo astrattamente, infatti è
proprio nell'esposizione del sistema che il metodo si chiarisce e mostra la sua assoluta
validità.
D)
Il Metodo dialettico
Il metodo dialettico è la stessa esposizione della legge eterna del divenire, dove si
mostra il necessario, progressivo toglimento della contraddizione, il superamento di ogni
punto di vista astratto e di ogni istanza separante (Verstand): questo è anche il filo conduttore
dell'autentico pensiero filosofico.
La legge dialettica si esplica in tre momenti fondamentali:
I)
TESI: all'inizio ogni determinazione appare separata dalle altre; per questo la sua
identità a sé [A = A] è posta in forma astratta, dato che una determinazione può esser posta5
concretamente solo se appare la sua inseparabilità dalle altre determinazioni (opposizione =
relazione).
La logica classica (v. Aristotele) formula, appunto, in modo astratto il principio di
identità e, pur con tutti i suoi meriti, resta un prodotto dell'Intelletto, destinato alla
contraddizione.
II)
ANTITESI: così posta la determinazione [A] non può tenersi ferma rispetto al suo
opposto [non-A], e finisce per cadere in esso [A = non-A]. Ad es. il bene isolato dal male non
riesce a costituirsi e mantenersi come bene effettivo (= negazione del male), e dunque è
destinato a cadere nel suo opposto, a configurarsi a sua volta come male. Lo stesso accade (v.
“Scienza della Logica”) per l'essere, se questo è posto astrattamente, senza venir correlato al
non-essere: esso finisce per coincidere con il suo opposto (tale è l'essere indifferenziato di
Parmenide, in cui si annullano le differenze del mondo - cfr. l'Assoluto di Schelling).
Questo secondo momento, chiamato da Hegel anche “dialettico” o “negativo
razionale”, è il manifestarsi compiuto della contraddizione che, proprio perché appare
chiaramente, è destinata ad essere tolta nel momento della
III)
SINTESI (o momento “positivo razionale”), dove si recupera l'identità iniziale [A =
A], ma stavolta si è anche in grado di tenerla ferma, perché ora la determinazione [A] è
pensata, realizzata nella sua relazione concreta all'altro-da-sé [non-A], ovvero A e non-A
sono mediati in una nuova determinazione che li comprende come suoi momenti.
5
“Esser posto” significa “apparire”, essere contenuto nel pensiero in atto: nell'Idealismo, quindi,
l'esser posta di una cosa è la sua stessa esistenza.
5
Per restare all'esempio precedente, l'essere è veramente sé stesso solo se viene
correlato al non-essere: la posizione concreta dell'essere si attua nel suo collegarsi al
non-essere, nel mondo delle differenze e del divenire (cfr. il superamento platonico della
filosofia di Parmenide).
Dunque la sintesi non è semplicemente un ritorno alla tesi: essa non è la pura
distruzione dell'antitesi, ma il suo superamento che, mentre la oltrepassa, la conserva come
suo contenuto.
Anche la contraddizione è quindi un momento necessario del costituirsi della verità:
senza l'errore la verità stessa non potrebbe tenersi ferma, la verità è effettivamente tale
soltanto nella sua relazione all'errore, cioè nella sua concreta capacità di superare l'errore: su
questa base Hegel interpreta l'intero corso della storia della filosofia come processo organico
che si sviluppa nei tre momenti: tesi, antitesi, sintesi (cfr. Par. 1).
Ciò che resta distrutto, tolto in assoluto, è invece il contenuto dell'antitesi, della
contraddizione, ossia l'assurda identificazione degli opposti [A = non-A], nella sua pretesa di
valere come punto di arrivo, anziché come momento astratto del percorso dello Spirito.
In tale ottica si deve assumere anche il concetto di “alienazione”: con questo termine
Hegel esprime l'uscire da sé di ogni ente finito che tende a superare il proprio isolamento
negandosi6. Alienato è, ad es., l'uomo nelle varie figure della “Fenomenologia dello Spirito”;
tuttavia queste figure sono altrettante tappe necessarie verso l'autocoscienza assoluta.
Solo astrattamente, dunque, l'alienazione è completa negatività: essa appare in questa
luce solo se viene, a sua volta, isolata dalla vivente concretezza del processo di cui fa parte.
E)
Il Sistema dialettico
Il metodo sopra esposto permette di individuare un percorso necessario nel
movimento del finito verso l'infinito, cioè nello sviluppo dell'Idea dall'astratto al concreto. Le
tappe di questo sviluppo determinano un sistema generale, di cui l'“Enciclopedia delle Scienze
filosofiche” intende essere l'esposizione completa. Le altre opere di Hegel (“Scienza della
Logica”, “Lineamenti della Filosofia del Diritto”, i corsi universitari pubblicati postumi)
appaiono come momenti di questa visione unitaria ed onnicomprensiva della realtà: si è detto
sopra del gigantesco compito affrontato dalla filosofia hegeliana, compito che gli stessi
sistemi di Platone ed Aristotele avevano soltanto delineato).
Anzitutto il sistema si divide in tre grandi sezioni; Logica, Filosofia della natura,
Filosofia dello Spirito.
LA LOGICA è la scienza dell'Idea, vista nelle sue determinazioni formali, non ancora attuate
nel processo temporale (v. “Dio prima della creazione”), così che i momenti in cui si articola
la Logica non vanno intesi come disposti in ordine cronologico.
6
Al termine italiano “alienazione” corrispondono, in Hegel, i due termini tedeschi Entfremdung ed
Entäußerung: il primo significa propriamente “estraneazione” ed è usato da Hegel in senso sempre
negativo. Il secondo significa “uscita da sé”, ed ha anche senso positivo, come “superamento della
propria finitezza”.
6
La Logica inizia con la categoria dell'Essere (il puro essere parmenideo privo di
determinazioni), che perviene infine a costituirsi, nel concreto, come insieme degli enti
determinati e divenienti (cfr. sopra).
Successivamente l'Essere è posto nelle sue determinazioni formali, nelle strutture base
del suo attuarsi (possibilità, realtà, necessità, identità, differenza, relazione degli opposti...) 7,
e si realizza come Essenza.
Nel terzo momento l'Essenza formale giunge a identificarsi con la realtà, e diviene
Concetto: l'unificazione di concetto soggettivo (formale) e concetto oggettivo (materiale) è la
fase compiuta dell'Idea, la sintesi suprema a cui perviene la Logica.
Ma questo punto di arrivo (l'unità articolata di tutte le determinazioni dell'Idea) è a sua
volta il punto di partenza (tesi) di un processo, stavolta storico, attuato nel tempo, in cui l'Idea
stessa, non ancora autocosciente, si pone prima come Altro-da-sé (mondo naturale = antitesi)
per ritrovarsi poi come Spirito (sintesi). La Natura, dunque, precede nel tempo lo sviluppo
dello Spirito, ma non la sua eterna essenza formale, cioè l'Idea, da cui quello sviluppo è
determinato e guidato.
LA FILOSOFIA DELLA NATURA è forse la parte meno curata, e nel complesso la meno
originale, del sistema hegeliano. Sostanzialmente si ripropone qui l'impostazione di Schelling,
volta a cogliere lo svilupparsi della coscienza dalla materia inorganica: Hegel si propone
soprattutto di riportare all'interno della dimensione filosofica qualunque forma di
comprensione scientifica della natura.
Si è già detto delle critiche rivolte al pensiero scientifico moderno che, in quanto cerca
di isolare le leggi del mondo fisico dalla comprensione razionale (metafisica) è astrazione,
errore. Il sistema hegeliano appare così come un supremo sforzo, da parte della filosofia, di
recuperare la scienza moderna: gli sviluppi successivi di quest'ultima segneranno il fallimento
pratico di tale sforzo, e il definitivo separarsi delle tematiche scientifiche dall'ambito
metafisico.
LA FILOSOFIA DELLO SPIRITO individua tre grandi momenti nell'attuazione
dell'autocoscienza dell'Idea:
Spirito soggettivo, Spirito oggettivo, Spirito assoluto.
*)
Il primo rappresenta la fase individuale della realtà umana: di essa si occupano:
L'Antropologia = studio dell'Anima, cioè della manifestazione vivente del corpo.
La Fenomenologia = studio della Coscienza nel suo sviluppo storico.
La Psicologia = dottrina delle strutture razionali della coscienza stessa.
*)
Il secondo momento riguarda invece la dimensione sociale dell'uomo, articolata a sua
volta nei tre gradi del Diritto, della Moralità, dell'Eticità.
>
Nel Diritto l'uomo considera la sua esistenza e la proprietà personale come semplici
dati di fatto (l'osservanza della legge è, in questa fase, pura obbedienza passiva, la legge è
vissuta come fatto esteriore).
7
Si noti che qui si vengono definendo anche i punti essenziali del metodo: appare così quel
rapporto di interdipendenza fra metodo e sistema di cui si è già detto nel Par. C.
7
>
Nella Moralità l'uomo concepisce il dovere come rispetto dell'altro e della proprietà
altrui.
>
Nell'Eticità giunge a realizzare l'unità di essere e dover-essere, nella dimensione della
collettività, cioè della realtà concreta di cui il singolo si riconosce come parte 8 .
>>
A sua volta l'Eticità si attua nei tre momenti della Famiglia, della Società civile e dello
Stato: quest'ultimo è l'attuazione suprema dello Spirito Oggettivo, e si compie nel
superamento dell'autoritarismo di tipo feudale (v. ideologie reazionarie) e dell'individualismo
illuministico, fondato su concezioni liberali e contrattualistiche (v. anticontrattualismo di
Hegel: come per Fichte o per Aristotele, l'uomo non è “libero” di istituire o meno una società,
perché è un essere sociale fin dall'inizio: la sfera sociale è la realtà concreta dell'essere
umano).
Come modello perfetto di stato, Hegel propone una struttura sociale e politica molto
simile a quella in atto nella Prussia del proprio tempo.
Le rivoluzioni contro il potere statale, come del resto ogni altro processo storico, sono
giustificate da Hegel nella misura in cui siano dirette a dissolvere un ordinamento che ormai
ha assolto il suo compito: il successo di una rivoluzione è, in definitiva, il criterio medesimo
della sua legittimità: ha ragione, cioè, chi ha la forza di imporsi, mentre i disegni “utopistici”
sono proprio quelli che non hanno forza sufficiente, e quindi sono destinati a fallire.
Anche le grandi figure storiche (v. Napoleone) devono il loro successo al fatto che
interpretano correttamente il senso e la tendenza della propria epoca: la Ragione che guida la
storia si serve di tali individui come di strumenti del proprio attuarsi, anche se costoro
possono credere di essere i veri protagonisti: questo è ciò che Hegel chiama “Astuzia della
Ragione”.
Allo stesso modo vanno interpretate le lotte fra stati: la vittoria dei più forti sui più
deboli è momento essenziale del progresso storico; quando certi popoli esauriscono la loro
energia spirituale, altri popoli assumono legittimamente il ruolo di guida: Hegel, come già
Fichte, attribuisce alla nazione tedesca la missione di dirigere il nuovo sviluppo dell'Europa.
Come si vede, la concezione della storia di Hegel è nettamente ottimistica: il reale è
razionale, solo ciò che è razionale arriva a realizzarsi. Tutto quello che accade è allora
giustificato come tappa necessaria verso il compimento dell'Assoluto: il rigoroso
immanentismo di Hegel è una di quelle filosofie (v. Spinoza) in cui il risolvimento di ogni
contraddizione è garantito fin dall'inizio.
Simili sistemi filosofici possono prestarsi ad essere interpretati ed utilizzati in chiave
conservatrice o autoritaria: l'obbiettivo polemico degli esponenti della “sinistra hegeliana” (v.
Marx) sarà proprio l'interpretazione della filosofia del maestro come sistema chiuso e
compiuto.
8
A questo proposito, nonostante i punti in comune con Fichte, Hegel critica quest'ultimo per aver
posto il fine dell'uomo, il “dover essere” al di fuori del mondo, allo stesso modo che Kant individuava un
abisso tra mondo fenomenico e sfera morale: così che la moralità di Fichte e di Kant non arriva mai a
divenire eticità, restando espressione individuale, cioè astratta, espressione della cattiva infinità. “Il
dover essere separato dall'essere - scrive Hegel - è alloro secco, che mai è stato verde”.
La morale soggettiva che vuole legiferare nel mondo (v.l'imperativo categorico di Kant) è
destinata ad attuarsi in forme violente: il periodo del Terrore, durante la Rivoluzione Francese, è stato
una tipica manifestazione di quella moralità.
8
*)
Infine veniamo al terzo momento, allo sviluppo dello Spirito Assoluto, che è il
superamento anche della dimensione collettiva e politica, verso l'autocoscienza suprema del
pensiero che si pone come unità di tutte le cose: anche lo Spirito Assoluto si attua in tre fasi
fondamentali, che sono: l'Arte, la Religione, la Filosofia.
>
Riguardo all'Arte (v. “Lezioni di estetica”) Hegel riconosce la sua superiorità sul
mondo naturale, di cui essa non è semplice imitazione (come riteneva Platone), ma piuttosto
idealizzazione, ricerca della verità formale al di là della materia. Nell'arte il soggetto raffigura
sé stesso nell'oggetto, esprimendosi dapprima inadeguatamente in forme simboliche (arte
simbolica primitiva), poi armonicamente, nell'equilibrio di materia e forma (arte classica),
infine tendendo a superare ogni condizionamento materiale nel sentimento dell'infinito (arte
romantica).
Con il romanticismo, l'arte coglie però il proprio scacco: l'impossibilità di disfarsi
definitivamente della materialità è la stessa impossibilità di realizzare la sua aspirazione
all'infinito: ciò porta inevitabilmente al superamento della dimensione estetica: dopo il
Romanticismo l'arte non ha più niente da dire, e Hegel parla, a questo proposito, di “morte
dell'arte”.
>
Il momento successivo è costituito dalla Religione: il cristianesimo rappresenta il
punto più maturo nella concezione dell'unità finito/infinito (uomo/Dio); tuttavia (cfr. sopra)
tale unità è ancora posta astrattamente, l'infinito resta trascendente rispetto al finito.
>
Infine la Filosofia arriva a pensare ed attuare in modo adeguato quell'unità, cioè a
realizzare la Totalità concreta dell'essere: la Totalità è la categoria suprema che chiude il
circolo dialettico, il processo aperto (v. Logica) con la posizione del puro essere astratto.
Questo punto di arrivo (che conserva in sé tutte le fasi dello sviluppo del circolo) è
costituito proprio dall'Idealismo (culminante nello stesso pensiero hegeliano), in cui
l'autocoscienza dello Spirito ha davanti a sé tutte le fasi storiche del proprio sviluppo; così che
Hegel può affermare l'identità della Filosofia con la Storia della filosofia.
9
SISTEMA HEGELIANO: SPECCHIO RIASSUNTIVO
Essere (puro essere indeterm. / non essere / divenire)
LOGICA
Essenza
Concetto
Meccanica (Quantità)
FILOSOFIA D. NATURA
Fisica (Qualità)
Organica (Sviluppo della vita)
Antropologia (Anima)
Spirito
Soggettivo
Fenomenologia (Coscienza)
Psicologia (Ragione)
_______________________________________________
Diritto (Proprietà di fatto)
FILOSOFIA
D. SPIRITO
Spirito
Oggettivo
Moralità (Rispetto del’altro come dovere)
Eticità (Unità di essere e dover essere)
↓
(Famiglia / Società civile / Stato)
_______________________________________________
Arte (Simbolica / Classica / Romantica)
Spirito
Assoluto
Religione
Filosofia
10