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FONDAZIONE INSIEME onlus.
Da SETTE 1/11/01, pag. 98 <<E SIA IL BRANCO, CON LE ISLAMICHE.>> di Maria Ida
Germontani, avvocato e giornalista, fa parte della Commissione nazionale per la
Parità.
Per la lettura completa si rimanda al periodico citato.
E se vincesse bin Laden? Non è una domanda oziosa né iperbolica né provocatoria. E’
invece l’invito a un ragionamento sereno e pacato che, indubbiamente, può essere qualificato
come un’ipotesi dell’irrealtà o paradossale, in termini di strategia militare e di rapporti di
potenza.
E’ però un modo, forse è l’approccio più corretto, per capire i termini della contesa e, in
definitiva, stabilire che cosa ci stiamo giocando. Perché, infatti, dando tutti per scontato la
vittoria della superpotenza americana, anziché cercare di capire il rischio mortale che stiamo
correndo anche in termini di convivenza civile globale, finiamo tutti inconsapevolmente per
tranquillizzarci e quindi sviluppiamo ragionamenti grotteschi che, solo in apparenza, appaiono
pomposamente giuridici, diplomatici e strategici.
E’ mancato fino ad oggi l’autentico angolo di visuale che ci consente di capire. Perché la
visuale più giusta, più realistica, più aderente alle esigenze interiori della nostra coscienza è
sicuramente un <<bin Laden visto dalle donne>>.
Diciamolo subito, senza perifrasi: il suo non solo è il mondo del terrorismo, ma è anche
quella tragica infamia che proibisce ai bambini di giocare con gli aquiloni. Quindi guardiamo
gli avvenimenti di questi giorni con una sorta di <<Egira>> che può essere per sempre
indicata nella data dell’11 settembre 2001 alle <<Twin Towers>> di New York.
Vale a dire
che dobbiamo collocarci in un angolo di visuale che è delle donne e delle donne musulmane.
Questa nuova Egira può essere considerata data storica anche per quel che riguarda il
mondo dell’informazione.
Infatti non lo sapevamo, o ce lo eravamo dimenticato, che milioni
di bambine subiscono l’infibulazione; la religione e lo Stato non ti danno alternative tra Cesare
e Dio; la figura femminile, che curiamo con piacere e con gioia tra palestra e jogging, deve
essere mortificata; la donna, così orgogliosa di sé e delle sue libertà, a volte anche delle sue
trasgressioni, la donna che oggi è così matura da vantarsi delle conquiste ottenute con il
femminismo e contemporaneamente così consapevole e così protesa a recuperare la propria
femminilità.
E’ questa la donna che oggi deve fronteggiare l’integralismo e il fanatismo religioso che
trasforma terroristi suicidi in potentissime armi di distruzione.
Le donne, specie quelle
musulmane, come generatrici di vita non possono e non debbono procreare kamikaze. Si
devono rendere conto che non è iniziata una guerra <<tra religioni>> ma sicuramente è in
pieno svolgimento un conflitto religioso e culturale di dimensioni globali, soprattutto all’interno
del mondo islamico.
Sono dunque le donne islamiche a essere più direttamente minacciate da bin Laden. Sono
loro che dobbiamo sostenere e con le quali realizzare il branco femminile, trasversale a tutte le
principali religioni: cristianesimo, ebraismo, islamismo, induismo, buddismo.
Siamo giunti ormai ad una svolta fondamentale che coincide con l’inizio del 3° millennio e
che gli avvenimenti delle ultime settimane hanno accelerato.
Siamo giunti forse all’enunciazione di un nuovo solidarismo femminile che si proietta a
livello mondiale codificato, forse per la prima volta nella storia dell’umanità, una nuova forma
di globalizzazione.
In conclusione le donne, minacciate da Osama bin Laden, oggi danno vita a una capillare
coalizione che bypassa i singoli governi e si proietta in una nuova Onu <<rosa>>.