352 n n n Capitolo 15 ■ Apparato respiratorio Ci MG HC GC PC L Figura 15–4 M i c r o f o t o g r a f i a ottica della trachea di scimmia (×270). Nell’epitelio sono presenti sia numerose ciglia (Ci) che cellule caliciformi (GC). Si osservino anche le ghiandole mucose (MG) nel connettivo subepiteliale e l’anello di cartilagine ialina (HC) nell’avventizia. L, lume; PC, pericondrio. pria) e un fascio relativamente grosso di fibre elastiche che separa la mucosa dalla sottomucosa. Epitelio respiratorio L’epitelio respiratorio è un epitelio cilindrico pseudostratificato ciliato composto da sei tipi di cellule; cellule caliciformi, cellule cilindriche ciliate e cellule basali costituiscono il 90% della popolazione cellulare. L’epitelio respiratorio è un epitelio cilindrico pseudostratificato ciliato, separato dalla lamina propria da una spessa membrana basale. È composto da sei tipi cellulari: cellule caliciformi, cellule cilindriche ciliate, cellule basali, cellule a spazzola, cellule sierose e cellule del sistema neuroendocrino diffuso (DNES). Tutte queste cellule sono a contatto con la membrana basale, ma non tutte raggiungono il lume tracheale (Fig. 15–5). Le cellule caliciformi costituiscono circa il 30% della popolazione cellulare dell’epitelio respiratorio. Producono mucinogeno che, una volta rilasciato in un ambiente acquoso, si idrata e diviene mucina. Come le cellule caliciformi presenti in altre parti del corpo, quelle dell’epitelio respiratorio hanno inferiormente uno stelo stretto e superiormente una teca espansa, che contiene granuli di secreto. Al microscopio elettronico si osserva come il nucleo e la gran parte degli organuli siano localizzati nello stelo. Questa regione mostra anche un esteso reticolo endoplasmatico rugoso (RER), un complesso di Golgi ben sviluppato, numerosi mitocondri e abbondanti ribosomi. La teca è piena di granuli secre- Figura 15–5 Microfotografia elettronica a trasmissione dell’epitelio respiratorio del setto nasale anteriore di scimmia. Si noti la presenza di cellule caliciformi (gc), cellule ciliate (c), cellule basali (bc) e cellule mucose a piccoli granuli (smg). (Da Harkema JR, Plopper CG, Hyde DM et al: Nonolfactory surface epithelium of the nasal cavity of the bonnet monkey: A morphologic and morphometric study of the transitional and respiratory epithelium. Am J Anat 180:266–279, 1987). tori, di diametro variabile, contenenti mucinogeno. Il plasmalemma apicale presenta pochi e corti microvilli smussati (Fig. 15–5). Capitolo 15 ■ Apparato respiratorio n n n 353 Figura 15–6 Microfotografia elettronica a scansione di trachea fetale umana in cui sono visibili cellule ciliate e non ciliate (×5500). (Da Montgomery PQ, Stafford ND, Stolinski C: Ultrastructure of the human fetal trachea. A morphologic study of the luminal and glandular epithelia at the mid–trimester. J Anat 173:43–59, 1990). Le cellule cilindriche ciliate rappresentano il 30% circa delle cellule; sono alte e sottili, con un nucleo basale, e presentano ciglia e microvilli sulla porzione apicale della membrana plasmatica (Fig. 15–6). Il citoplasma apicale è ricco di mitocondri e contiene il complesso del Golgi. Il resto del citoplasma presenta poco RER e pochi ribosomi. Queste cellule spostano il muco e il materiale corpuscolato inglobato in esso, mediante il movimento delle ciglia, verso il nasofaringe per la loro eliminazione. Le cellule basali costituiscono il 30% della popolazione cellulare; poggiano sulla membrana basale e la loro superficie apicale non raggiunge il lume dell’organo (vedi Fig. 15–5). Sono poco differenziate e considerate perciò cellule staminali, capaci di proliferare per sostituire le cellule cilindriche ciliate, a spazzola e caliciformi morte. Le cellule a spazzola (piccole cellule mucose) rappresentano il 3% della popolazione cellulare totale; sono cellule strette, di tipo cilindrico, con alti microvilli. La loro funzione è sconosciuta ma, dato che sono in relazione con le terminazioni nervose, alcuni autori hanno suggerito un loro ruolo nell’attività sensoriale; altri ricercatori ipotizzano che siano semplicemente cellule caliciformi che hanno già rilasciato il loro mucinogeno. Le cellule sierose sono cellule cilindriche che rappresentano il 3% circa delle cellule totali dell’epitelio respiratorio. All’apice presentano microvilli e granuli contenenti un prodotto di secrezione sieroso elettrondenso. Le cellule DNES, conosciute anche come cellule a piccoli granuli o cellule di Kulchitsky, rappresentano il 3–4% della popolazione cellulare. Molte di queste cellule possiedono dei lunghi e sottili prolungamenti che si estendono fino al lume, e si crede che possiedano la capacità di monitorare i livelli di ossigeno e anidride carbonica nel lume delle vie aeree. Queste cellule sono strettamente associate con terminazioni nervose nude, con le quali stabiliscono contatti sinaptici, e insieme a queste fibre nervose costituiscono i corpi neuroepiteliali polmonari. Le cellule DNES contengono numerosi granuli nel loro citoplasma basale, in cui è possibile trovare sostanze farmacologicamente attive, come ammine, peptidi, acetilcolina e adenosina trifosfato. In condizioni di ipossia queste sostanze sono rilasciate non solo nella fessura sinaptica, ma anche negli spazi del tessuto connettivo della lamina propria, ove agiscono come ormoni paracrini oppure passano in circolo agendo come veri e propri ormoni. Perciò, è stato suggerito che questi corpi neuroepiteliali possano avere effetti locali per limitare condizioni di ipossia localizzata regolando la perfusione e la ventilazione nelle zone limitrofe, oppure che possano avere effetti sistemici attraverso l’innervazione efferente che ritrasmette l’informazione di condizioni ipossiche ai centri regolatori della respirazione situati a livello del midollo allungato. Lamina propria e fibre elastiche La lamina propria della trachea è composta da tessuto connettivo lasso di tipo fibroelastico. Contiene elementi linfoidi (noduli linfatici, linfociti, neutrofili) e ghiandole sieromucose e mucose, i cui dotti si aprono sulla superficie epiteliale. Un denso strato di fibre elastiche, la lamina elastica, separa la lamina propria dalla sottostante sottomucosa. Sottomucosa La sottomucosa tracheale è costituita da tessuto connettivo denso, irregolare, di tipo fibroelastico, contenente numerose ghiandole mucose e sieromucose. I corti dotti di queste ghiandole perforano la lamina elastica e la lamina propria per aprirsi sulla superficie epiteliale. Nella sottomucosa sono presenti elementi linfoidi; questa regione è inoltre ricca di vasi sanguigni e linfatici, i cui rami più piccoli raggiungono la lamina propria. 354 n n n Capitolo 15 ■ Apparato respiratorio Avventizia L’avventizia della trachea è composta da tessuto connettivo fibroelastico (vedi Fig. 15–4). Le caratteristiche principali di quest’area sono gli anelli a C di cartilagine ialina e il tessuto connettivo fibroso. L’avventizia è anche responsabile dell’ancoraggio della trachea alle strutture adiacenti (esofago e tessuto connettivo del collo). CORRELAZIONI CLINICHE L’epitelio respiratorio delle persone esposte cronicamente ad agenti irritanti, come il fumo di sigaretta e la polvere di carbone, subisce alterazioni reversibili conosciute come metaplasia, associate ad un aumento del numero delle cellule caliciformi rispetto a quello delle cellule ciliate. Tale aumento provoca uno strato di muco più spesso per la rimozione degli agenti irritanti, ma il ridotto numero di ciglia ritarda l’eliminazione del muco provocando congestione. Inoltre, le ghiandole sieromucose della lamina propria e della sottomucosa aumentano di dimensioni e, di conseguenza, è maggiore la secrezione. Dopo pochi mesi dalla cessata esposizione agli agenti inquinanti, la percentuale cellulare ritorna alla normalità (1 : 1) e le ghiandole sieromucose ritornano alle loro normali dimensioni. Albero bronchiale L’albero bronchiale inizia alla biforcazione della trachea, con i bronchi primari destro e sinistro, che si arborizzano (formano rami che diminuiscono progressivamente di dimensioni). L’albero bronchiale è costituito dalle vie aeree esterne ai polmoni (bronchi primari, bronchi extrapolmonari) e dalle vie aeree interne ai polmoni: bronchi intrapolmonari (bronchi secondari e terziari), bronchioli, bronchioli terminali e bronchioli respiratori (Fig. 15–7). L’albero bronchiale si divide 15-20 volte prima di raggiungere il livello dei bronchioli terminali. Mano a mano che le vie aeree diminuiscono di calibro, si possono osservare una diminuzione della quantità di cartilagine, del numero di ghiandole e cellule caliciformi e dell’altezza delle cellule epiteliali, ed un aumento del tessuto muscolare liscio e del tessuto elastico (rispetto allo spessore della parete). Bronchi primari (extrapolmonari) La struttura dei bronchi primari è identica a quella della trachea, ma questi hanno un diametro più piccolo e pareti più sottili. Ogni bronco primario si accompagna alle arterie polmonari, vene e vasi linfatici che penetra- no nel polmone a livello dell’ilo. Il bronco di destra è più dritto di quello di sinistra e si divide in tre bronchi, che penetrano nei tre lobi del polmone destro; il bronco di sinistra si biforca in due rami, che entrano nei due lobi del polmone sinistro. Queste ramificazioni lobari rappresentano i bronchi intrapolmonari. Bronchi secondari e terziari (intrapolmonari) Ogni bronco intrapolmonare serve un lobo dei polmoni; i bronchi terziari servono i segmenti broncopolmonari. Ogni bronco intrapolmonare rappresenta la via aerea di un lobo del polmone. Tali vie sono simili ai bronchi primari, con alcune eccezioni: gli anelli a C cartilaginei sono sostituiti da placche irregolari di cartilagine ialina che circondano completamente il lume del bronco intrapolmonare; in questo modo queste vie aeree non presentano una parte schiacciata, ma sono del tutto rotondeggianti. Lo strato muscolare liscio è localizzato all’interfaccia tra la lamina propria fibroelastica e la sottomucosa, ed è costituito da due strati ad andamento spiraliforme orientati in direzioni opposte. Le fibre elastiche, che si irradiano dall’avventizia, si connettono con le fibre elastiche provenienti dalla avventizia di una regione diversa dell’albero bronchiale. Come nei bronchi primari e nella trachea, le ghiandole sieromucose e gli elementi linfoidi sono presenti nella lamina propria e nella sottomucosa dei bronchi intrapolmonari. I dotti di queste ghiandole trasportano i prodotti di secrezione alla superficie dell’epitelio ciliato pseudostratificato che delimita il lume. I noduli linfatici sono particolarmente evidenti nei punti in cui le vie aeree si ramificano per formare bronchi di diametro sempre più piccolo. I bronchi intrapolmonari più piccoli hanno pareti sempre più sottili, con una quantità inferiore di placche di tessuto cartilagineo, e presentano cellule epiteliali più basse. I bronchi secondari, derivanti da quelli primari, entrano nei lobi del polmone e sono conosciuti anche come bronchi lobari. Il polmone di sinistra è suddiviso in due lobi e quindi possiede due bronchi secondari, mentre quello di destra ha tre lobi e contiene perciò tre bronchi secondari. Appena penetrati nei lobi polmonari, i bronchi secondari si suddividono in rami più piccoli, i bronchi terziari (o segmentali). Ciascun bronco terziario si ramifica, ma si dirige verso una sezione distinta del tessuto polmonare conosciuta come segmento broncopolmonare. Ogni polmone ha 10 segmenti broncopolmonari, che sono completamente separati gli uni dagli altri da tessuto connettivo e sono importanti da un punto di vista clinico negli interventi chirurgici che interessano i polmoni. Poiché le ramificazioni dei bronchi intrapolmonari diminuiscono di calibro, alla fine portano ai bronchioli. Capitolo 15 ■ Apparato respiratorio n n n 355 Fibra muscolare liscia Setto interalveolare Arteria polmonare (porta sangue deossigenato) Bronchiolo respiratorio Bronchiolo respiratorio Vena polmonare (porta sangue ossigenato) Poro alveolare Figura 15–7 Schema dell’apparato respiratorio, con bronchioli, bronchioli terminali, bronchioli respiratori, dotti alveolari, pori alveolari e alveoli. Bronchioli I bronchioli non contengono cartilagine nelle loro pareti, hanno un diametro inferiore ad 1 mm e contengono cellule di Clara nel loro rivestimento epiteliale. Ogni bronchiolo (o bronchiolo primario) rifornisce d’aria un lobulo polmonare. I bronchioli rappresentano la 10ª-15ª ramificazione dicotomica dell’albero bronchiale. Comunemente si ritiene che il diametro sia inferiore ad 1 mm, anche se alcuni autori indicano dimensioni varianti tra 5 e 0,3 mm. Questo disaccordo sul diametro dei bronchioli può portare ad una certa confusione nella descrizione della loro struttura (ma non dovrebbe Alveoli Dotto alveolare Rete alveolare di elastina Rete capillare alveolare essere considerato un motivo per complicare la vita degli studenti). L’epitelio che riveste i bronchioli varia da cilindrico semplice ciliato, con qualche cellula caliciforme nei bronchioli più larghi, a cubico semplice (spesso ciliato), con qualche cellula di Clara ma senza cellule caliciformi nei bronchioli più stretti. Le cellule di Clara sono cilindriche, con una superficie apicale arrotondata a cupola, e presentano corti e tozzi microvilli (Fig. 15–8). Il citoplasma apicale presenta numerosi granuli secretori contenenti glicoproteine, prodotte dal loro abbondante RER. Si pensa che la funzione di queste cellule sia quella di proteggere l’epitelio bronchiale ricoprendolo con il loro prodotto di secrezio- 356 n n n Capitolo 15 ■ Apparato respiratorio Figura 15–8 M i c r o f o t o g r a f i a elettronica a scansione delle cellule di Clara e delle cubiche ciliate dei bronchioli terminali di ratto (×1817). (Da Peao MND, Aguas AP, De Sa CM, Grande NR: Anatomy of Clara cell secretion: Surface changes observed by scanning electron microscopy. J Anat 183:377–388, 1993). ne. Queste cellule provvedono inoltre a degradare le tossine contenute nell’aria inalata per mezzo degli enzimi del citocromo P–450 presenti nel reticolo endoplasmatico liscio. Alcuni autori hanno suggerito che le cellule di Clara producano un materiale, simile al surfattante, che riduce la tensione superficiale dei bronchioli e facilita quindi il mantenimento della loro pervietà. Pare inoltre che queste cellule, proliferando, rigenerino l’epitelio dei bronchioli. La lamina propria dei bronchioli è sprovvista di ghiandole ed è circondata da una lassa rete di fasci muscolari lisci ad andamento elicoidale (Fig. 15–9). Le pareti dei bronchioli e delle loro diramazioni sono prive di cartilagine. Fibre elastiche si irradiano dal tessuto connettivo fibroelastico che circonda il rivestimento muscolare dei bronchioli. Durante l’inspirazione, quando i polmoni si espandono, tali fibre esercitano una tensione sulle pareti bronchiolari; tirando in maniera uniforme in tutte le direzioni, le fibre elastiche contribuiscono a mantenere pervii i bronchioli. CORRELAZIONI CLINICHE La muscolatura liscia dei bronchioli è controllata dal sistema nervoso parasimpatico. In condizioni normali la muscolatura liscia si contrae al termine dell’espirazione e si rilascia durante l’inspirazione. Nelle persone sofferenti di asma, comunque, gli strati muscolari vanno incontro a contrazioni prolungate durante l’espirazione, con conseguente difficoltà nell’espulsione dell’aria dai polmoni. Steroidi e β2–agonisti rilasciano la muscolatura liscia bronchiale e sono di solito utilizzati per alleviare gli attacchi asmatici. A E SM L Figura 15–9 Microfotografia ottica di un bronchiolo (×117). Si noti la presenza di muscolatura liscia (SM) e l’assenza di cartilagine nella parete. Si osservi che l’intera struttura è intrapolmonare ed è circondata da tessuto polmonare. A, alveolo; E, epitelio; L, lume. Bronchioli terminali I bronchioli terminali formano le parti più piccole e più lontane della porzione conduttrice dell’apparato respiratorio. Ogni bronchiolo si suddivide a formare parecchi bronchioli terminali più piccoli, di diametro inferiore a 0,5 mm, che costituiscono la parte terminale del sistema di Capitolo 15 ■ Apparato respiratorio n n n 357 conduzione dell’apparato respiratorio. Queste strutture riforniscono d’aria gli acini polmonari, le ultime porzioni del lobulo polmonare. L’epitelio dei bronchioli terminali è costituito da cellule di Clara e cellule cubiche, alcune delle quali provviste di ciglia. La sottile lamina propria è costituita da tessuto connettivo fibroelastico ed è circondata da uno o due strati di muscolatura liscia. Le fibre elastiche partono dall’avventizia e, come nei bronchioli, si legano alle fibre elastiche che si irradiano dagli altri componenti dell’albero bronchiale. I bronchioli terminali si ramificano per formare i bronchioli respiratori. R LA PORZIONE RESPIRATORIA DELL’APPARATO RESPIRATORIO A La porzione respiratoria dell’apparato respiratorio è costituita dai bronchioli respiratori, dai dotti alveolari, dai sacchi alveolari e dagli alveoli. Bronchioli respiratori I bronchioli respiratori sono la prima parte dell’apparato respiratorio in cui avvengono gli scambi gassosi. I bronchioli respiratori hanno una struttura simile ai bronchioli terminali, ma la loro parete è interrotta da strutture a parete sottile a forma di sacco, conosciute come alveoli, all’interno delle quali avvengono gli scambi respiratori (O2 per CO2). Mano a mano che i bronchioli respiratori si ramificano, il loro diametro si restringe e il numero di alveoli aumenta. Dopo alcune biforcazioni, ogni bronchiolo respiratorio termina in un dotto alveolare (Fig. 15–10). Dotti alveolari, atri e sacchi alveolari I dotti alveolari, gli atri e gli alveoli sono riforniti da una ricca rete di capillari. I dotti alveolari sono privi di pareti proprie e sono semplici arrangiamenti lineari di alveoli (Figg. 15–11 e 15–12). Un dotto alveolare, che origina da un bronchiolo respiratorio, si ramifica, e ciascun dotto alveolare che si foma normalmente termina con un rigonfiamento a fondo cieco costituito da due o più piccoli gruppi di alveoli, detti sacchi alveolari. Ogni sacco si apre così in uno spazio comune, che alcuni ricercatori indicano con il nome di atrio. Elementi sottili di tessuto connettivo tra gli alveoli, i setti interalveolari, rinforzano i dotti alveolari e in qualche modo li stabilizzano. Inoltre, l’imbocco di ogni alveolo nel dotto alveolare presenta fibre collagene di tipo III ed è controllato da una singola cellula muscolare liscia (“manopola” di muscolo liscio) che forma un delicato sfintere capace di regolare il diametro dell’apertura. Figura 15–10 Microfotografia ottica di un bronchiolo respiratorio umano (R) da cui prende origine un dotto alveolare (A). I bronchioli respiratori hanno pareti definite con gli alveoli inframmezzati. I dotti alveolari non hanno parete propria; i dotti sono creati da alveoli adiacenti. Sottili fibre elastiche si ramificano dalla periferia dei dotti alveolari e dei sacchi e si mescolano alle fibre elastiche provenienti da altri elementi intrapolmonari. Questa rete di fibre elastiche non solo mantiene la pervietà di queste delicate strutture durante l’inspirazione, ma le protegge anche dal danneggiamento che si può avere con la distensione ed è responsabile dell’espirazione spontanea. Alveoli Gli alveoli sono piccoli sacchi aerei composti da pneumociti di tipo I, molto appiattiti, e da numerosi pneumociti di tipo II. Gli alveoli sono piccoli diverticoli di circa 200 µm di diametro derivanti dai bronchioli respiratori, dai dotti e dai sacchi alveolari (Fig. 15–13; vedi anche Figg. 15–11A e B e 15–12). Gli alveoli formano la struttura funzionale primaria dell’apparato respiratorio, in quanto le loro sottili pareti permettono lo scambio di CO2 per O2, tra l’a- 358 n n n Capitolo 15 ■ Apparato respiratorio Poro alveolare Interno dell’alveolo Bronchiolo respiratorio Cellula alveolare O2 Plasma CO2 Eritrocita Dotto alveolare Sangue povero di ossigeno dal cuore Capillare alveolare B Sangue ricco di ossigeno al cuore Alveolo A – Diffusione di CO2 dal sangue agli alveoli Diffusione di CO2 nel sangue e conversione in HCO3 CO2 Prodotta dalle cellule dei tessuti Cl– CO2 HCO3–+H+ Hb CO2+H2O HCO3–+H+ Anidrasi carbonica Hb CO2+H2O H2CO3 – HCO3 Alveolo H2CO3 Anidrasi carbonica Cl– CO2 CO2 Tessuto corporeo Capillare C D Capillare Alveolo del polmone Figura 15–11 A, bronchiolo respiratorio, sacco alveolare, poro alveolare e alveoli. B, setto interalveolare. C, assunzione di anidride carbonica da parte di eritrociti e plasma dai tessuti corporei. D, rilascio di anidride carbonica da parte di eritrociti e plasma nel polmone (Da confrontare A con il dotto alveolare mostrato in Fig.15-10). Capitolo 15 ■ Apparato respiratorio n n n 359 Figura 15–12 Microfotografia elettronica a scansione di un polmone di ratto che mostra un bronchiolo (b), una piccola arteria (v) e alveoli (d), alcuni dei quali presentano pori. (Da Leeson TS, Leeson CR, Paparo AA: Text/Atlas of Histology. Philadelphia, WB Saunders, 1988). Figura 15–13 Microfotografia elettronica a trasmissione di un setto interalveolare di scimmia. Si noti la presenza di alveoli (a), eritrociti (e) dentro i capillari (c), e macrofagi alveolari (m). Si notino filopodi (frecce) e pori alveolari (asterischi). (Da Maina JN: Morphology and morphometry of the normal lung of the adult vervet monkey (Cercopithecus aethiops). Am J Anat 183:258–267, 1988). 360 n n n Capitolo 15 ■ Apparato respiratorio ria nel loro lume e il sangue nei capillari adiacenti. Sebbene ogni alveolo sia una piccola struttura di circa 0,002 mm3, il loro numero totale è di circa 300 milioni e questo conferisce al polmone una struttura spugnosa. Si calcola che l’area totale degli alveoli utile per gli scambi gassosi superi i 140 m2 (circa lo spazio di un appartamento con due stanze da letto oppure le dimensioni di un campo da tennis). A causa del loro elevato numero, gli alveoli sono spesso addossati gli uni agli altri, con la scomparsa dell’interstizio di tessuto connettivo tra loro. In tali aree di contatto gli spazi aerei di due alveoli possono comunicare tra loro per mezzo di un poro alveolare (poro di Kohn), il cui diametro varia dagli 8 ai 60 µm (vedi Fig. 15–12). Questi pori probabilmente hanno lo scopo di equilibrare la pressione dell’aria all’interno dei segmenti polmonari. La regione tra due alveoli adiacenti è conosciuta come setto interalveolare. Essa è occupata da un vasto letto capillare costituito da capillari continui che ricevono il sangue dall’arteria polmonare e sono drenati dalla vena polmonare. Il tessuto connettivo del setto interalveolare è ricco di fibre elastiche e di fibre collagene di tipo III (fibre reticolari). Poiché sia gli alveoli che i capillari sono costituiti da tessuto epiteliale, entrambi presentano una discreta membrana basale. Le aperture degli alveoli associati con i sacchi alveolari, a differenza di quelli dei bronchioli respiratori e dei dotti alveolari, sono prive di cellule muscolari lisce. Il loro orifizio è circondato da fibre elastiche e soprattutto da fibre reticolari. Le pareti alveolari sono costituite da due tipi cellulari: pneumociti di tipo I e di tipo II. Pneumociti di tipo I Il 95% circa della superficie alveolare è costituito da epitelio squamoso semplice, le cui cellule sono note come pneumociti di tipo I (detti anche cellule alveolari di tipo I o cellule alveolari squamose). Le cellule di questo epitelio sono fortemente appiattite e così il loro citoplasma può raggiungere lo spessore di soli 80 nm r (Fig. 15–14; vedi anche Fig. 15–12). La regione del nucleo è più ampia e ospita la maggior parte degli organelli cellulari, costituita da pochi mitocondri, un RER ed un apparato del Golgi scarsi. Gli pneumociti di tipo I sono uniti fra loro da giunzioni occludenti che prevengono l’infiltrazione del fluido extracellulare (fluido tissutale) nel lume dell’alveolo. Alla base di queste cellule vi è una membrana basale ben sviluppata, che si estende quasi al bordo dei pori alveolari. Il bordo di ogni poro alveolare è formato dalla fusione delle membrane cellulari di due pneumociti di tipo I a stretto contatto di due alveoli diversi. La faccia prospiciente il lume degli pneumociti di tipo I è rivestita di surfattante, come descritto più avanti. Pneumociti di tipo II Sebbene gli pneumociti di tipo II (conosciuti anche come grandi cellule alveolari, cellule settali e cellule alveolari di tipo II) siano più numerosi degli pneumociti di tipo I, di fatto occupano solo il 5% della superficie alveolare. Sono cellule cubiche sparse tra gli pneumociti di tipo I, con i quali formano giunzioni occludenti. La loro superficie apicale è a forma di cupola e sporge nel lume degli alveoli (Figg. 15–15 e 15–16). Si trovano spesso in regioni dove alveoli adiacenti sono separati gli uni dagli altri da un setto (da cui il nome di cellule settali) e sotto la superficie opposta al lume vi è una membrana basale. Le fotografie al microscopio elettronico degli pneumociti di tipo II mostrano corti microvilli apicali, un nucleo centrale, abbondante RER, un apparato del Golgi ben sviluppato e numerosi mitocondri. La caratteristica principale di queste cellule è la presenza di corpi lamellari, delimitati da membrana, che contengono il surfattante polmonare, un prodotto di secrezione di queste cellule. Questo surfattante è sintetizzato a livello del RER degli pneumociti di tipo II ed è costituito principalmente da due fosfolipidi, la dipalmitoil fosfatidilcolina e il fosfatidilglicerolo, da lipidi neutri e da quattro tipiche proteine, le apoproteine surfattanti SP-A, SP-B, SP-C p en b ep a Figura 15–14 Microfotografia elettronica a trasmissione della barriera sangue–gas (×71.250). Si noti la presenza dell’alveolo (a), di pneumociti di tipo I assottigliati (ep), membrane basali fuse (b), cellule endoteliali appiattite dei capillari (en) con vescicole pinocitotiche (frecce), plasma (p) ed un eritrocita (r) nel lume capillare. (Da Maina JN: Morphology and morphometry of the normal lung of the adult vervet monkey (Cercopithecus aethiops). Am. J Anat 183:258–267, 1988). Capitolo 15 ■ Apparato respiratorio n n n 361 Surfattante liberato dalla vescicola lipoproteica Strato acquoso sottostante Piccolo corpo lamellare (fosfolipidi) Surfattante Monostrato lipidico Piccolo corpo lamellare che si fonde con la vescicola lipoproteica Corpo multivescicolare Sintesi proteica Golgi Il surfattante viene rilasciato mediante esocitosi nel lume alveolare. Qui forma una rete larga simile al lattice, nota come mielina tubulare, che successivamente si separa nelle sue componenti lipidica e proteica. I lipidi sono inseriti in un film monomolecolare di fosfolipidi, costituendo l’interfaccia con l’aria, mentre le proteine entrano nello strato acquoso tra gli pneumociti e il film di fosfolipidi. Il surfattante riduce la tensione superficiale, prevenendo così il collasso degli alveoli, l’atelettasia. Esso viene continuamente prodotto dagli pneumociti di tipo II ed è poi fagocitato dagli pneumociti di tipo II e più raramente dai macrofagi alveolari. Oltre a produrre e fagocitare surfattante, gli pneumociti di tipo II vanno incontro a mitosi per rigenerarsi, come gli pneumociti di tipo I. Macrofagi alveolari (cellule pazzine) I macrofagi alveolari fagocitano materiale corpuscolato nel lume degli alveoli e negli spazi interalveolari. Sintesi di fosfatidilcolina Colina Aminoacidi Figura 15–15 Schema di pneumocita di tipo II. (Da confrontare con lo pneumocita di tipo II mostrato in Fig. 15-16). e SP-D. Il surfattante è modificato a livello dell’apparato del Golgi ed è rilasciato dalla rete trans del Golgi in vescicole secretorie conosciute come corpi compositi, che rappresentano i precursori dei corpi lamellari. I monociti raggiungono l’interstizio polmonare, divengono macrofagi alveolari (o cellule spazzine), migrano tra gli pneumociti di tipo I e quindi entrano nel lume alveolare. Queste cellule fagocitano il materiale corpuscolato, come la polvere e i batteri, ed in questo modo mantengono un ambiente intrapolmonare sterile (Fig. 15–17; vedi anche Fig. 15–13). Le cellule spazzine, inoltre, cooperano con gli pneumociti di tipo II nel recupero del surfattante. Circa 100 milioni di macrofagi migrano nei bronchi ogni giorno e da qui vengono trasportati, per azione delle ciglia, alla faringe per essere eliminati mediante la deglutizione o l’espettorazione. Alcuni macrofagi alveolari, comunque, rientrano nell’interstizio polmonare e passano nei vasi linfatici per abbandonare i polmoni. CORRELAZIONI CLINICHE CORRELAZIONI CLINICHE Alla nascita, i polmoni del neonato si espandono fin dal primo atto respiratorio e la presenza del surfattante permette agli alveoli di rimanere pervii. I neonati immaturi (nati prima del settimo mese di gestazione), che non hanno ancora prodotto il surfattante (o che ne hanno prodotto una quantità inadeguata), possono subire lo stress respiratorio del neonato, che può essere fatale. Questi neonati sono trattati con una terapia combinata di surfattante sintetico e glucocorticoidi. Il primo agisce immediatamente per ridurre la tensione superficiale, i secondi stimolano la sua produzione da parte degli pneumociti di tipo II. I macrofagi alveolari in soggetti con congestione polmonare e insufficienza cardiaca congestizia fagocitano globuli rossi travasati. Questi macrofagi sono generalmente denominati cellule dell’insufficienza cardiaca. L’enfisema è una patologia associata di solito ad una sequela di esposizioni a lungo termine al fumo di sigaretta o ad altri inibitori della proteina α1–antitripsina. Questa proteina salvaguarda i polmoni dall’azione dell’elastasi sintetizzata dalle cellule spazzine, che distrugge le fibre elastiche. In tali pazienti l’elasticità del tessuto polmonare è ridotta e sono presenti grosse sacche piene di fluido, che fanno diminuire la capacità di scambio gassoso della porzione respiratoria dell’apparato respiratorio. 362 n n n Capitolo 15 ■ Apparato respiratorio Figura 15–16 Microfotografia elettronica a trasmissione di uno pneumocita di tipo II. Si osservi il nucleo centrale (N) fiancheggiato da alcuni corpi lamellari. a, alveolo; c, capillari; e, fibre elastiche; En, nucleo della cellula endoteliale; f, fibre collagene; le frecce indicano la barriera sangue–gas; l’asterisco indica una piastrina. (Da Leeson TS, Leeson CR, Paparo AA: Text/Atlas of Histology. Philadelphia, WB Saunders, 1988). A DC Figura 15–17 Macrofagi alveolari (cellule spazzine) in polmone umano (×270). Le cellule spazzine (DC) appaiono come punti neri sull’immagine, poiché hanno fagocitato particelle di polvere che erano presenti nello spazio aereo del polmone. A, alveolo. Capitolo 15 ■ Apparato respiratorio n n n 363 Setto interalveolare La regione tra due alveoli adiacenti, conosciuta come setto interalveolare, è rivestita su entrambi i lati da epitelio alveolare (vedi Fig. 15–13). Il setto interalveolare può essere estremamente stretto e ospitare solo un capillare continuo e la sua membrana basale, oppure talvolta può essere più ampio e includere elementi di tessuto connettivo, come fibre collagene di tipo III e fibre elastiche, macrofagi, fibroblasti (e miofibroblasti), mastociti ed elementi linfoidi. Barriera sangue–gas La barriera sangue–gas è la regione del setto interalveolare che è attraversata da O2 e da CO2 quando questi gas vanno dal vaso sanguigno al lume degli alveoli, e viceversa. Le regioni più sottili del setto interalveolare, in cui i gas possono essere scambiati, sono definite come barriera sangue–gas (vedi Fig. 15–14). La barriera sangue-gas più stretta, dove gli pneumociti di tipi I sono in stretto contatto con l’endotelio dei capillari e dove le membrane basali dei due epiteli si fondono, è la più efficiente per lo scambio di O2 (nel lume alveolare) e CO2 (nel sangue). Queste regioni sono costituite dalle seguenti strutture: surfattante e pneumociti di tipo I membrane basali fuse di pneumociti di tipo I e di cellule endoteliali dei capillari ■ cellule endoteliali dei capillari continui ■ ■ Scambi gassosi tra tessuti e polmoni Nei polmoni, l’O2 viene scambiato con la CO2 trasportata dal sangue; nei tessuti del corpo, la CO2 viene scambiata con l’O2 trasportato dal sangue. Durante l’inspirazione, l’ossigeno dell’aria entra negli spazi alveolari dei polmoni. Poiché l’area totale degli alveoli supera i 140 m2 ed il volume totale del sangue in tutti i capillari polmonari in qualsiasi momento non supera i 140 ml, lo spazio disponibile per la diffusione dei gas è enorme. Inoltre, il diametro dei capillari è sufficientemente stretto da far passare i globuli rossi in singola fila; in questa maniera l’ossigeno può raggiungere ciascun eritrocita da ogni parte, utilizzando l’intera superficie del globulo rosso disponibile allo scambio di gas. L’ossigeno diffonde attraverso la barriera sangue–gas, entra nel lume dei capillari e si lega all’eme dell’emoglobina degli eritrociti formando l’ossiemoglobina. La CO2 lascia il sangue e diffonde, attraverso la barriera sangue–gas, nel lume degli alveoli e lascia gli spazi alveolari quando l’aria ricca di CO2 è espirata. Il passaggio di O2 e CO2 attraverso la barriera sangue-gas è dovuto alla diffusione passiva in risposta alla pressione parziale di questi gas nel sangue e negli alveoli. Le cellule del corpo formano ogni minuto circa 200 ml di CO2; questa entra in circolo ed è trasportata in tre modi: (1) come gas disciolto nel plasma (20 ml), (2) legata all’emoglobina (40 ml) oppure (3) sotto forma di ioni bicarbonato nel plasma (140 ml). La sequenza di eventi che si susseguono negli scambi gassosi è qui brevemente riassunta (vedi Fig. 15–11C): 1 Una gran parte della CO2 sciolta nel plasma diffonde nel citosol degli eritrociti. 2 Una parte della CO2 si lega alla porzione globulare dell’emoglobina. Sebbene la CO2 sia trasportata in punti diversi della molecola di emoglobina, la sua capacità di legame è maggiore in assenza di O2 nell’eme. 3 La gran parte della CO2 che si trova all’interno del citosol degli eritrociti, si combina con l’acqua in una reazione catalizzata dalla anidrasi carbonica e forma l’acido carbonico, che si dissocia in ione idrogeno (H+) e ione bicarbonato (HCO3–). Gli ioni idrogeno si legano all’emoglobina e quelli bicarbonato lasciano gli eritrociti per entrare nel plasma. Per il mantenimento dell’equilibrio ionico, lo ione cloruro (Cl–) passa dal plasma agli eritrociti; questo scambio di bicarbonato contro cloruro è detto “shift” del cloruro. Il sangue ricco di bicarbonato raggiunge i polmoni attraverso le arterie polmonari. Poiché il livello di CO2 è maggiore nel sangue rispetto a quello del lume alveolare, la CO2 è liberata (secondo il gradiente di concentrazione). Il meccanismo di rilascio è l’inverso della precedente reazione. Gli eventi che si verificano sono i seguenti (vedi Fig. 15–11D): 1 Gli ioni bicarbonato entrano negli eritrociti (con conseguente rilascio di Cl– dai globuli rossi nel plasma, shift del cloruro). 2 Gli ioni bicarbonato e idrogeno nel citosol degli eritrociti si combinano, con conseguente formazione di acido carbonico. 3 Nel polmone, il legame dell’O2 con l’emoglobina rende quest’ultima più acida e riduce la sua capacità di legare CO2. Inoltre, l’eccesso di ioni idrogeno liberati a causa dell’alta acidità dell’emoglobina si lega agli ioni bicarbonato, formando acido carbonico. 4 L’anidrasi carbonica catalizza la rottura del legame dell’acido carbonico, con formazione di acqua e CO2. 5 La CO2 sciolta nel plasma, legata all’emoglobina e rilasciata dall’acido carbonico, segue il gradiente di concentrazione, per diffondere attraverso la barriera sangue–gas ed entrare quindi nel lume alveolare. L’emoglobina possiede anche due siti di legame per l’ossido nitrico (NO), un neurotrasmettitore che, quando viene liberato dalle cellule endoteliali dei vasi sanguigni, induce un rilasciamento della muscolatura liscia vascolare, con conseguente dilatazione dei vasi