Gad Lerner Crociate Il millennio dell’odio Proprietà letteraria riservata © 2000 RCS Libri S.p.A., Milano © 2016 Rizzoli Libri S.p.A./BUR Rizzoli ISBN 978-88-17-09074-2 Prima edizione Rizzoli 2000 Prima edizione BUR 2001 Prima edizione Best BUR ottobre 2016 Le cartine sono di Angelo Valenti. Seguici su: Twitter: @BUR_Rizzoli www.bur.eu Facebook: /RizzoliLibri Crociate Perché gli islamisti ci chiamano ancora “crociati” Lo spirito di crociata volteggia ancora sul mondo contemporaneo. La ragione suggerirebbe di archiviarlo fra le eredità più nefaste del nostro passato: ci inorridisce il pensiero che si possa uccidere e uccidersi gridando «Dio lo vuole», oppure «Allah è il più grande». Ma succede ancora. Allahu Akbar è un’affermazione che risuona familiare non solo nella preghiera islamica ma anche nei resoconti di tanti efferati delitti giustificati in obbedienza alla volontà divina. Scatta così un riflesso condizionato, una specie di déjà-vu: richiamo istintivo a una contrapposizione atavica, sempiterna. Lo spirito di crociata era nascosto lì, racchiuso in una zona oscura della memoria collettiva. Gli agguati che ledono la nostra serenità fisica ed esistenziale sollecitano il dubbio che si annidi nell’islam una misteriosa forza satanica, tale da riproporcelo come nemico assoluto, irredimibile. Succede per legittima difesa, e del resto sembra che l’intenzione degli aggressori sia proprio quella: costringerci a indossare metaforicamente di nuovo l’armatura dei guerrieri medievali crucesignati. Anche se non ne abbiamo nessuna voglia, e non riusciamo a immaginarci nei panni di guerrieri di un Dio che conduce il suo esercito allo sterminio degli infedeli. Per lunghi secoli, ben oltre il Medioevo, la Chiesa ha esaltato la santità delle imprese militari crociate, rivolte dapprima 8 Crociate contro i musulmani e poi anche contro gli eretici. Solo di recente, in occasione del Giubileo del Duemila, papa Giovanni Paolo II le ha definitivamente ripudiate affermando che le Crociate sono inconciliabili con lo spirito evangelico. Oggi il vescovo di Roma nega addirittura che possa esistere una guerra di religione. Per quanto eviti di nominarli, papa Francesco è certo consapevole che tale dichiarazione di principio lo pone in contrasto con la teoria e la prassi di numerosi suoi predecessori. La dottrina della guerra santa è stata destituita di legittimità canonica; e anche la dottrina della guerra giusta viene rimessa in discussione all’interno della Chiesa. Se però sbarazzarsi dello spirito di crociata resta difficile, non è solo a causa del terrorismo di matrice islamica. Per quanto fallimentare sia stato il loro esito militare, quelle imprese ci hanno consegnato un’eredità storica imprescindibile che va ben al di là della mitologia positiva o negativa che le circonda. Quando parliamo di Crociate chiamiamo in causa nientemeno che la nascita dell’Occidente cristiano: un progetto di civiltà che nei secoli a venire, intorno a quel nucleo originario, sprigionerà la sua potenza economica e culturale fino a realizzare una vera e propria supremazia planetaria. In epoche successive verranno la scoperta dell’America, la nascita dei grandi imperi, la rivoluzione scientifica e l’illuminismo. Ma il nucleo identitario di quel «nostro» progetto di civiltà fu concepito allora, come tutti gli storici riconoscono, sotto la bandiera bianca con le cinque croci rosse, simboleggianti le cinque piaghe di Gesù, che ancora sventola sul Patriarcato latino di Gerusalemme. Fu, quella, davvero una prima volta. La prima volta che sovrani, cavalieri e umili contadini di varie contrade d’Europa confluirono in un’adunata magmatica ed eterogenea, Perché gli islamisti ci chiamano ancora “crociati” 9 accomunati da una fede trasformata in esercizio di potenza. Per la prima volta accettarono di subordinare, sia pure temporaneamente, i loro interessi contrastanti al supremo magistero della Chiesa. Impossibile spiegare la riuscita provvisoria di quella fusione solo con l’avidità materiale e le velleità egemoniche dei condottieri in partenza verso l’ignoto, fossero principi o vescovi o monaci guerrieri. Con la (ri)conquista dei Luoghi Santi, da ormai quasi quattro secoli governati dai musulmani, i crociati intendevano fondare un mondo nuovo di cui la lontana Gerusalemme sarebbe divenuta il centro, ma attingendo alla fonte della civiltà europea. L’esperienza delle Crociate, dunque, non può essere ridotta a cronaca militare. La sequenza di battaglie, assedi, stragi di innocenti, saccheggi che diedero breve vita ai Regni latini d’Oltremare, fu circonfusa da una straordinaria pulsione mistica senza la quale non si sarebbe mai generato quel moto. Moltitudini di pellegrini, non tutti armati, non tutti avventurieri, s’inoltrarono verso luoghi remoti di cui avevano sentito parlare solo durante le funzioni religiose. Molti di loro, è vero, non avevano nulla da perdere. Ma quasi tutti erano animati da un desiderio senza precedenti: morire per la croce e conquistare così la vita eterna. La civiltà cristiana europea, per la prima volta, si affacciava al di là delle sue sponde. Insediando i suoi fragili regni e principati a Edessa, Antiochia, Tripoli di Libano, Gerusalemme e in seguito a San Giovanni d’Acri, realizzava il primo esperimento coloniale della storia. Per quanto fra quei guerrieri e fra quei pellegrini ve ne fossero animati dalle più nobili intenzioni, oggi ci è lecito dubitare che gli autori di tanti misfatti ne abbiano ottenuto in ricompensa la vita eterna. Ma certo, insieme a tante chiese e tanti castelli, 10 Crociate edificarono una nuova visione della politica mediterranea. Non a caso fu coniata allora la nozione di Outremer, cioè d’Oltremare. Un progetto all’apparenza velleitario, e sembrerebbe confermarlo la relativa facilità con cui le enclaves in cui rimasero asserragliati i nuovi venuti finirono travolte dalla riscossa araba. I crociati erano indeboliti dalle rivalità interne, dalla scarsità delle risorse economiche, dall’inferiorità militare e dall’assenza di un modello amministrativo che gli consentisse di riscuotere il consenso delle popolazioni assoggettate. Una somma di fattori che il mito arabo dell’anticrociata sintetizza nella ferrea convinzione che gli infedeli, sempre e comunque, resteranno un corpo estraneo destinato a venir rigettato dal sacro suolo della Umma islamica. Neanche lo Stato di Israele, secondo questa profezia, dovrebbe durare più a lungo degli ottantotto anni del Regno latino di Gerusalemme. Ma nonostante la sua fragilità, anche l’esperimento di Oltremare si è rivelato gravido di conseguenze storiche fondamentali. Quella necessità di presidiare terre lontane diventerà un metodo abituale e una cultura vera e propria. La dominazione europea, benedetta nel segno della croce come fattore di pretesa civilizzazione dell’umanità, si sarebbe estesa nei secoli a venire attraversando gli oceani e colonizzando interi continenti. Per tornare a imporsi negli ultimi duecento anni anche sugli arabi del Medio Oriente e del Nord Africa, spesso presentandosi come gli eredi vendicatori dei crociati. Solo oggi, nel nuovo millennio, la Chiesa cattolica si sente chiamata a disgiungere i concetti di cristianità e di Occidente. Prendendo atto che se anche l’Europa continua a essere il continente più ricco del pianeta, di certo non ne è più il centro. E l’evangelizzazione non può mai realizzarsi attraverso azioni militari. Perché gli islamisti ci chiamano ancora “crociati” 11 Le cronache delle Crociate sono intessute di presagi, miracoli, ordalie e visioni mirabolanti che per certi versi sembrano richiamare la narrazione biblica. La suggestiva inverosimiglianza di tanti episodi tramandati nella letteratura è certo figlia della superstizione diffusa nell’Europa del Medioevo. Limitarci a sorriderne, però, ci impedirebbe di comprendere una particolarità essenziale dello spirito dell’epoca che forse si sta riproponendo anche nel tempo contemporaneo. Sul crinale dell’Anno Mille cristiano, com’è noto, era convinzione diffusa che il mondo fosse ormai prossimo a una resa dei conti finale. Terremoti, inondazioni, pestilenze, scorrerie di popolazioni straniere, migrazioni collettive, venivano percepiti come messaggi divini o satanici inequivocabili. L’unica consolazione possibile, nel mezzo di tante inquietudini e sofferenze, era riconoscervi l’imminenza dell’Apocalisse e quindi l’agognata Redenzione delle anime meritevoli di salvezza. L’afflato mistico che rese possibile la mobilitazione crociata è figlio di questo clima e della magistrale interpretazione che la Chiesa seppe escogitare per volgerlo a proprio vantaggio, dopo secoli di sostanziale irrilevanza del magistero papale. All’angoscia dei giovani fedeli maschi diseredati, perfino dei bambini, veniva offerto un rimedio straordinario. Arruolarsi e partire avrebbe garantito loro una completa remissione dei peccati commessi e dunque la garanzia del paradiso. Le autorità civili, a loro volta, concedevano l’estinzione dei debiti e, quando necessario, il condono delle pene detentive. Anche per i nobili cadetti, destinati a non ereditare alcun bene materiale, e ai cavalieri rimasti senza guarnigione, suonava allettante quella promessa. Tanto più 12 Crociate se incoraggiati dalla disponibilità di mettersi alla loro testa manifestata da alcuni sovrani, particolarmente pii o speranzosi di conquistare territori e fare incetta di beni preziosi in Oriente. L’impresa crociata si presentava a ciascuno come l’occasione di un nuovo inizio proprio quando diventavano evidenti i presagi della Fine dei Tempi. Il passaggio apocalittico comportava una trasformazione personale, la vantaggiosa disponibilità a spogliarsi della propria identità precedente. Dall’altare perveniva anche un’inedita legittimazione dell’azione violenta: uccidere gli infedeli non solo era necessario, ma addirittura benefico. Era la via maestra per rimuovere gli ostacoli che ancora si frapponevano al cammino della Redenzione. Mi sia consentita qui una forzatura che ci riporta all’oggi e al riaffacciarsi dello spirito di crociata fra noi. Quell’atmosfera da fine del mondo imminente, o almeno i segnali di un cambio d’epoca tale da rendere verosimile la prossima fine del «nostro» mondo, si sta riproponendo in forme nuove tra le due sponde del Mediterraneo con il susseguirsi di eventi di tale dirompente portata da evocare i presagi apocalittici dell’Anno Mille. Migrazioni transcontinentali, crescita senza freni della popolazione nei paesi più poveri, nuove malattie sconosciute, dissoluzione di Stati sovrani e di sistemi economici, insufficienza delle risorse idriche, fanno da sfondo alla destabilizzazione degli equilibri internazionali. Le guerre contemporanee fanno ricorso a tecniche di psicologia delle masse per incutere terrore, ritualizzando le uccisioni con macabra fantasia criminale. Fenomeni diversi ma convergenti ripropongono inquietudini già vissute nel nostro continente al tempo delle Crociate.