opere in mostra 1 Sarcofago con Muse Da Civita Castellana Marmo Alt. cm 52, lungh. cm 156, largh. cm 56 Metà del II secolo d.C. Civita Castellana, Museo Archeologico Nazionale, Forte Sangallo, inv. 59646 Sul campo principale sono le nove Muse. È singolare che la sesta figura da destra, femminile nel corpo e nelle vesti, rechi volto e pettinatura da giovinetto, da cui discende la congettura che il defunto si sia lasciato effigiare sotto le spoglie di una Musa. L’opera è stata realizzata da un artigiano locale, che ha prestato poca cura alla riproduzione dell’anatomia: difatti, se si eccettua la settima Musa, tutte le altre sono caratterizzate da corpi pesanti, mentre i rapporti tra le loro varie parti sono approssimativi. Lo stretto legame che unisce Apollo alle nove dee fa sì che in numerosi sarcofagi sulla fronte esse appaiano insieme ad Apollo musagete; nella fattispecie, egli, identificabile nel giovane nudo con plettro, occupa invece il pannello di sinistra, cui risponde sulla destra il grifo. Per la datazione del sarcofago vengono in soccorso un esemplare del Louvre di analogo soggetto, riferito al 160 d.C., e un sesterzio di Antonino Pio del 140143 d.C., rinvenuto proprio al suo interno. 2 Statua di Polymnia Da Roma, area di Villa Fiorelli sul lato prospiciente via Terni Marmo pario Alt. cm 156 Copia romana da un originale della tarda età ellenistica Ultimo quarto del II secolo d.C. Roma, Musei Capitolini, Centrale Montemartini, inv. 2135 Raffigurata in atteggiamento sognante e pensoso, completamente avvolta nel mantello e appoggiata a uno sperone roccioso, la giovane Musa reggeva un rotolo di versi, simbolo dell’arte da lei rappresentata. Si tratta di una splendida interpretazione romana ispirata al gruppo di Muse disegnate da Philiskos di Rodi nel II secolo a.C. quali parti integranti di un unico complesso scultoreo, come rivela nella replica la presenza di un punto di vista privilegiato. La politura originaria dell’opera è perfettamente conservata perché la statua venne nascosta in antico in un cunicolo sotterraneo. Considerata l’assoluta qualità artistica e la cura dei particolari che sembrano conservare la freschezza dell’originale, la scultura doveva far parte di un ciclo decorativo di una importante residenza imperiale, da situare in una zona non molto lontana dall’area del rinvenimento, che per fasto doveva gareggiare con i palazzi del Palatino. 228 3 Statua di Calliope Dalla collezione Cesi (?), poi collezione Boncompagni Ludovisi Marmo greco, probabilmente pentelico Alt. cm 119 Età adrianea Roma, Museo Nazionale Romano, Palazzo Altemps, inv. 8580 La Musa siede su una roccia; veste un chitone a mezze maniche cinto sotto i seni e un ampio mantello panneggiato sulle gambe. La testa e gli avambracci sono di restauro; gli attributi dello stilo e della tavoletta, pur moderni, sono comunque compatibili con il personaggio, riconoscibile come Calliope, patrona della poesia 229 epica. Di provenienza ignota, corrisponde però a un tipo ben attestato nei cicli di Muse provenienti da grandi ville del II secolo d.C., e potrebbe pertanto la statua in esame essere stata parte di un ciclo simile. 4 Busto di Omero Da Roma, Esquilino Marmo bianco Alt. totale cm 71 Sono di restauro naso, busto e piede Copia romana da un originale ellenistico del II secolo a.C. Roma, Musei Capitolini - Palazzo Nuovo, Sala dei Filosofi, inv. 557; già collezione Albani Questo tipo di ritratto è conosciuto in due repliche: questa capitolina e una al British Museum. La caratteristica del tipo in esame è la particolare astrattezza degli occhi, asimmetrici, intorno ai quali la superficie sembra ribassata. La barba incornicia il volto, ma è rasata immediata- mente al di sotto del labbro inferiore, mentre i baffi, folti, coprono i solchi ai lati delle labbra fino a congiungersi con i peli della barba. Questo contribuisce a rendere ancora più astratta l’espressione. Il capo è incorniciato da capelli resi a fitte incisioni, molto radi all’altezza delle tempie e scompartiti da una benda che scende fino al collo. 5 Affresco con Achille e Briseide Da Pompei, Casa del Poeta Tragico (R. VI, 8, 5) Intonaco dipinto Alt. cm 127, largh. cm 122 Integro, eccetto la parte superiore sinistra, con lacuna integrata IV stile; epoca flavia (50-79 d.C.) Napoli, Museo Archeologico Nazionale, inv. 9105 L’affresco rappresenta uno dei più celebri episodi dell’Iliade: Briseide dal capo velato è allontanata da Achille, seduto davanti alla sua tenda, per essere condotta, contro la volontà sua e dell’amato eroe, da Agamennone. A separare, o idealmente ancora a congiungere, i due è Patroclo, visto di spalle, mentre da dietro il seggio osserva la scena Fenice, l’anziano consigliere del Pelide, che col suo gesto fa trasparire la preoccupazione per l’“ira funesta” che ne seguirà. Intorno stanno i Mirmidoni, armati ma impotenti, e il messaggero identificato dal caduceo. Nello sguardo fisso, che si staglia dal lucido scudo, e nel gesto plateale di Achille sta il dramma dei due amanti, rappresentato come in un atto di tragedia in un originale della pittura greca del tardo classicismo, forse un quadro del ciclo dipinto da Theon di Samo, esposto a Roma nel portico di Filippo e ripreso nella domus pompeiana. 6 Testa di Esiodo (?) (cosiddetto Pseudo-Seneca) Da Stabiae (Castellammare) Marmo Alt. cm 22 La parte inferiore del collo è incurvata per l’inserimento in un’erma Età antonina Napoli, Museo Archeologico Nazionale, inv. 150196 La testa trasmette un archetipo del medio ellenismo (230-160 a.C.), che, per il suo realismo quasi da figura di genere, rompe con le norme dell’estetica classica e che viene riprodotto in numerose repliche, tra cui brilla quella, in bronzo, dalla Villa dei Papiri. Il tipo fu identificato con Seneca, ma la scoperta nel 1813 di un ritratto del filosofo, accompagnato da iscrizione e dotato di caratteri fisionomici del tutto diversi, sfatò tale arbitraria identificazione. Per la presenza di una corona d’edera, premio degli agoni teatrali, in una copia ora al Museo delle Terme, e per l’abbinamento del tipo con Menandro, in una doppia erma di Villa Albani, si distingue il riconoscimento con il commediografo Aristofane (V secolo a.C.), vissuto molto tempo prima della realizzazione dell’originale, allora eventualmente da intendersi come ritratto di ricostruzione. Altra suggestiva interpretazione ha invece puntato sul nome di Esiodo, di fatto immaginato nella tradizione ellenistico-romana quale ascreus senex (Virgilio, Ecl., 6, 70). 230 7 Erma di Virgilio (?) Da Roma, area presso il Mausoleo di Augusto (1937) Marmo lunense Alt. cm 48 I secolo d.C. Roma, Musei Capitolini, Centrale Montemartini, inv. 2410 La resa infossata degli occhi nelle sporgenti arcate sopraccigliari, il volto scavato e segnato da profonde rughe, come il collo, e le labbra sottili quasi serrate permettono di collocare l’erma nella tradizione ritrattistica tardorepubblicana, come anche la geometrizzazione della testa appena segnata da rade ciocche. La trattazione delle superfici è però più fredda e manieristica tanto 231 da suggerire una datazione in età augustea che, confortata dal contesto di provenienza, ha permesso di formulare la suggestiva identificazione con il poeta Virgilio. 8 Vaso calatoide con Saffo e Alceo Da Agrigento Ceramica attica a figure rosse Alt. cm 53, diam. max. cm 38 Pittore di Brygos 470-460 a.C. Monaco di Baviera, Staatliche Antikensammlungen, inv. 2416 Il vaso, dalla particolarissima forma, presenta una scena chiaramente identificata dalle iscrizioni che qualificano le due figure rappresentate come Saffo e Alceo, pur non offrendocene il ritratto. Il poeta di Mitilene è raffigurato di profilo, avvolto nell’himation, con i capelli cinti da una sottile fascia e il volto barbato concentrato nell’esecuzione musicale: con le dita della sinistra a pizzicare le corde e il plettro nella destra, Alceo accompagna con le note del barbiton il canto, reso attraverso l’indicazione di piccoli cerchietti vicino alla bocca del poeta, che rivolge a Saffo in piedi davanti a lui. La poetessa di Lesbo, rappresentata di tre quarti, con i lunghi capelli sciolti sulle spalle cinti da un diadema, indossa un himation bordato di nero sopra un sottile chitone fittamente pieghettato e decorato a puntini; stringe nella destra il plettro mentre tiene con la sinistra il barbiton che sembra aver appena smesso di suonare. Saffo è colta nell’attimo di volgersi indietro verso Alceo quasi sorpresa nel suo incedere dalle parole che nel canto sembra rivolgerle il poeta che le rese omaggio in un celebre verso definendola “cinta di viole, pura, riso di miele”. 9 Statua di Euterpe Dalla collezione Farnese Marmo grechetto Alt. cm 168 Età imperiale Napoli, Museo Archeologico Nazionale, inv. 6398 L’identificazione con la Musa Euterpe è fatta sulla base del doppio flauto che la figura stante stringe con la mano destra. Tuttavia, poiché gli avambracci sono di restauro (integrazioni Albacini), l’identificazione non è certa; anche la testa probabilmente antica è rilavorata. Ruesch sostiene che poteva trattarsi di una statua di imperatrice in costume sacerdotale, ispirata a un originale greco di IV secolo di scuola prassitelica. 10 Lekythos ariballica con supplizio di Marsia Da Armento Ceramica attica a figure rosse a rilievo Alt. cm 36 400-375 a.C. Napoli, Museo Archeologico Nazionale, inv. 81396 La scena illustra la punizione del Sileno Marsia, colpevole di aver sfidato Apollo. Al centro è una palma a cui è legato Marsia in procinto di essere scuoiato dallo Scita alla sua sinistra, mentre a destra, in costume di citaredo, assiste all’imminente supplizio Apollo verso il quale vola una Nike a sottolineare la vittoria del dio nella competizione musicale. A destra una Musa seduta è intenta a suonare una grande kithara; davanti a lei sono un’altra Musa, rappresentata di spalle, e un giovane nudo che si appoggia a un pilastro con aria afflitta. Nel registro superiore due Muse, una seduta e l’altra in piedi, assistono alla scena. A sinistra del gruppo centrale, una Musa, appoggiata a un pilastro e con nella destra il doppio aulos suonato da Marsia, sembra dialogare con un giovane afflitto in piedi davanti a lei, mentre un’altra Musa, seduta su una roccia e rappresentata di spalle, si volge verso il Sileno e altre tre Muse, una seduta e le altre in piedi, assistono al supplizio. Questa lekythos è significativa perché offre una delle poche rappresentazioni in cui le dee compaiono, secondo l’indicazione di Esiodo, in numero di nove. 232 11 Cista con gara tra Apollo e Marsia Da Preneste Bronzo Alt. cm 54, diam. cm 26,5 Terzo quarto del IV secolo a.C. Roma, Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia, inv. 13135; già collezione Barberini Sul corpo della cista, entro un fregio fitomorfo, si svolge, in una scena perfettamente centrata, uno dei rari esempi di tale modalità narrativa in simile classe di materiale, la rappresentazione della contesa tra Marsia e Apollo, ambientata nel santuario del dio. Al centro troneggia proprio Apollo, il quale assiste all’esibizione di Marsia che suona 233 i flauti. Dietro a lui osservano la scena Artemide armata e una figura femminile seduta su una roccia e con specchio (Afrodite). Seguono una giovane donna senza attributi, verosimilmente identificabile con una Musa, e un giovinetto. Dietro al Sileno sono rappresentati una figura femminile seduta su un seggio (Latona), seguita da un fanciullo con lungo bastone (Olimpo?); infine, vengono una giovane donna ammantata appoggiata a un pilastrino, anch’essa interpretabile come Musa, e una figura maschile barbata, seduta su una roccia (Zeus). Il manico presenta due slanciate figure alate e nude di Geni; i piedi sono nella forma di tre zampe feline. 12 Ritratto di Pindaro Provenienza sconosciuta Marmo Alt. totale cm 53 Copia romana da un originale della metà del V secolo a.C. circa Napoli, Museo Archeologico Nazionale, inv. 6144 Il ritratto rappresenta il poeta lirico Pindaro (518-438 a.C.) quale anziano col volto scavato dalle rughe; nella stilizzazione arcaizzante della barba è stato individuato un tratto denotante l’associazione con cerchie aristocratiche conservative e improntate a vita lussuosa. Esso costituisce la copia da un originale, del quale sfuggono i termini cronologici precisi: vengono messe in cam- po sia l’epoca dello stile severo sia quella alto-classica intorno alla metà del V secolo a.C., laddove nella critica più recente si è data preferenza alla seconda opzione con l’ausilio della forma e del movimento delle ciocche della chioma, contenente gli ingredienti stilistici più progrediti rispetto al viso che ritroviamo nelle teste sul fregio del Partenone e su coeve stele funerarie. Già da tempo sono state poi notate le analogie fisionomiche del ritratto con la testa del Centauro D del frontone occidentale del tempio di Zeus a Olimpia, specialmente nella contrazione del sopracciglio, nella fattispecie segno di intensa attività spirituale. 13 Erma cosiddetta di Solone Dalla collezione Farnese Marmo Alt. cm 53 Sono di restauro orecchio destro, naso, collo ed erma Copia romana da un originale della fine del II secolo a.C. Napoli, Museo Archeologico Nazionale, inv. 6143 Del ritratto, arbitrariamente battezzato nel passato col nome di Solone, esiste un’ulteriore copia a Roma (Musei Capitolini - Palazzo Nuovo, Sala dei Filosofi, inv. 573). Contrariamente alla proposta invalsa nella critica più remota di collocazione nel IV secolo a.C., la datazione dell’originale intorno al 100 a.C. si giustifica in base alle analogie nella riproduzione dell’incarnato con una testa bronzea di Delo, mentre per l’impianto dell’acconciatura si raccomanda un parallelo con il ritratto di Carneade, ed è stata ravvisata una consonanza, più vaga, anche con il cosiddetto Gladiatore Borghese. 14 Busto di Pitagora Dalla collezione Albani, già Giustiniani Marmo greco Alt. totale cm 49,3 Sono di restauro naso e parte superiore dell’erma Copia romana da un originale del II-I secolo a.C. Roma, Musei Capitolini Palazzo Nuovo, Sala dei Filosofi, inv. 594 L’erma è il ritratto di un uomo in età matura, con il volto incorniciato da una barba resa a fitte incisioni, fluente all’altezza del mento, lunga fino al petto e appuntita. I baffi ricoprono quasi completamente il labbro superiore, mentre quello inferiore è carnoso e pronunciato. Gli occhi, lievemente infossati, e il solco sulla fronte rendono evidente che si tratta della rappresentazione di un “pensatore”. Un turbante avvolge e circonda la sommità della testa. L’immagine è comunemente attribuita a Pitagora, filosofo e matematico, nato a Samo nella prima metà del VI secolo a.C., fondatore di un movimento con fini etici e religiosi. Intorno alla sua figura si formò un mito ed egli fu venerato anche per la capacità di predire il futuro. Il turbante è considerato un riferimento ai viaggi del filosofo in Oriente. 234 15 Ritratto di Socrate Dalla collezione Albani, già Cesi Marmo greco Alt. totale cm 54,8 Sono di restauro naso, guancia sinistra, parte del labbro superiore e parte della barba e dei capelli Copia romana da un originale greco della seconda metà del IV secolo a.C. Roma, Musei Capitolini Palazzo Nuovo, Sala dei Filosofi, inv. 508 Il ritratto è quello di un uomo anziano, dal volto pieno, con la fronte solcata da due rughe parallele. Il naso è piccolo e schiacciato, quasi camuso. Gli zigomi sono sporgenti e il volto è rico- 235 perto da una folta barba che si divide in due grandi ciocche che, incontrandosi sul mento, formano un motivo a spina di pesce. I capelli, resi con morbidezza, lasciano scoperta gran parte della fronte per l’incipiente calvizie. È questa, senza dubbio, l’immagine attribuita a Socrate, nota in una serie di copie presenti nelle maggiori collezioni pubbliche e private. L’archetipo si riferisce usualmente allo scultore greco Lisippo che scolpì l’originale fra il 340 e 330 a.C. 16 Rilievo con Socrate e Diotima Da Pompei Bronzo Alt. cm 15 I secolo a.C. Napoli, Museo Archeologico Nazionale, s.n.i. Il rilievo bronzeo, proveniente da Pompei, decorava un cofanetto. L’iconografia era diffusa ed è attestata anche in alcune placchette fittili. Essa è da attribuire a un artista ellenistico che voleva raffigurare l’incontro tra Socrate e Diotima. La donna è seduta su uno sgabello e ricorda nella posa instabile delle gambe il modello della celebre Tyche di Antiochia; di fronte a lei Socrate, avvolto nel mantello e caratterizzato dal consueto volto “si- lenico”, resta in piedi in una posizione di riposo, appoggiandosi al bastone impugnato nella destra e tenendo la sinistra sull’anca (probabilmente l’artista riprende nel corpo il tipo statuario creato per Socrate poco dopo la sua morte, intorno al 380 a.C.). Tra i due si trova una figura nuda di un Eros alato, con in mano una cassetta, da cui Diotima prende qualcosa. Se ne è dedotto che l’iconografia intendeva illustrare, attingendo ecletticamente a modelli di epoche diverse, l’introduzione di Socrate ai segreti dell’amore da parte di Diotima. 17 Riunione di filosofi Da Pompei, Villa di T. Siminius Stephanus Mosaico Alt. cm 86, largh. cm 85 I secolo a.C. Napoli, Museo Archeologico Nazionale, inv. 124545 All’interno di una bella cornice formata da foglie, frutti e maschere comiche si riconosce un emblema eseguito con tessere molto fini. La scena è ambientata in uno spazio sacro, indicato dalla colonna votiva, situato all’aperto (l’albero), al quale si accedeva dal portale sormontato dai vasi. All’interno sono rappresentati sette intellettuali (significativamente come i Sette Sapienti), riconoscibili dal costu- me: i loro atteggiamenti spaziano da quello del filosofo seduto, concentrato nell’attività del pensare (il terzo da destra), a quello dello scienziato impegnato in una dimostrazione (il terzo da sinistra che indica con un radius la sphaera celeste), a quello dell’oratore stante in procinto di parlare (il primo da destra). I primi due da sinistra conversano invece tra loro. Per l’identificazione del soggetto sarebbe decisivo il riconoscimento dell’altura in alto a destra, in cui si è voluta riconoscere l’Acropoli di Atene. Se così fosse la scena potrebbe raffigurare una riunione dell’Accademia platonica. 18 Statua di letterato (Isocrate?) Da Ercolano, grande peristilio della Villa dei Papiri Marmo bianco Alt. col plinto antico cm 181 Sono di restauro braccio destro e avambraccio sinistro con la parte superiore del bastone Copia romana da un originale greco della fine del IV inizio del III secolo a.C. Età augustea Napoli, Museo Archeologico Nazionale, inv. 6126 niente dal medesimo contesto, è stata proposta un’identificazione con l’oratore Isocrate. Lo confermerebbe la veneranda età lodata dalle fonti e la sua qualità di retore lontano dall’esercizio forense, confermata dall’atteggiamento fiero ma pacato che traspare dalla statua. La testa tuttavia è una replica moderna del tipo noto come Omero-Sofocle. I papiri legati in un fascio presso i piedi connotano come letterato il personaggio anziano, ma ancor vigoroso e saldo, che indossa chitone, himation e calza sandali. Vista la sua vicinanza con la statua di Eschine prove- 236 19 Erma-ritratto di Epicuro Da Roma, piazza Santa Maria Maggiore, 1742 (dono di Benedetto XIV) Marmo Alt. totale cm 55 Sono di restauro naso, orecchie, frammenti della barba ed erma Copia romana da un originale greco della metà del III secolo a.C. Roma, Musei Capitolini Palazzo Nuovo, Sala dei Filosofi, inv. 522 Questo ritratto identifica il filosofo Epicuro, riconosciuto in una serie di raffigurazioni che presentano tutte la caratteristica di un volto particolarmente scarno e allungato con la fronte solcata 237 da numerose rughe e con un’espressione particolarmente accigliata. Nel ritratto capitolino le gote sono molto scarne e il volto è per la gran parte incorniciato da barba e baffi molto folti con ciocche ondulate e arricciate fino al mento a dare l’immagine di una certa trascuratezza. Le ciocche dei capelli sono rese con incisioni profonde e presentano un piccolo cercine sulla sommità del capo. 20 Erma-ritratto di Antistene Da Tivoli, Villa Adriana Marmo Alt. cm 64 I-II secolo d.C. Città del Vaticano, Musei Vaticani, Galleria delle Carte Geografiche, inv. 2888 Antistene era stato discepolo di Socrate e alla sua figura guardavano come a un modello sia i cinici sia gli stoici. In età ellenistica fu quindi elaborato un suo ritratto retrospettivo, testimoniato dall’erma di età imperiale e identificato con certezza grazie all’iscrizione in un altro esemplare conservato nella Sala delle Muse, sempre ai Musei Vaticani. La datazione ellenistica del tipo, opera del grande scultore Fi- romaco, attivo a Pergamo nel II secolo a.C., deriva dall’eclettismo della composizione, che riunisce l’impostazione tardoclassica del volto e in particolare della barba curata al patetismo visibile nella massa dei capelli spettinati e nell’inarcarsi delle sopracciglia. Attraverso questi espedienti Firomaco voleva dunque comunicare la rispettabilità e la serietà del maestro di filosofia (la barba), l’energia del pensatore (la fronte mossa) e anche la sua natura di polemista pugnace, ben esemplificata invece dal sollevarsi della capigliatura, quasi selvaggia come quella di un essere semiferino. L’enfasi data alla fatica del pensiero ha consentito di attribuire il ritratto a una committenza stoica e non cinica. 21 Statua seduta di Ermarco Marmo Alt. col plinto cm 107, lungh. cm 50, prof. cm 80 I-II secolo d.C. Firenze, Villa Corsini, inv. 70989-92250 La statua è una copia in piccolo formato derivante da un originale raffigurante il filosofo epicureo Ermarco, probabilmente eretto poco dopo la sua morte, intorno al 250 a.C. Ermarco, che veste un ampio mantello e calza le krepides, è rappresentato come un uomo anziano e severo, con barba e capelli ben curati, mentre, seduto, è impegnato in una lezione, segnalata dal braccio destro alzato e dal volto sollevato e girato verso un immaginario interlocutore. La forma sofisticata del seggio attesta il ruolo ormai assunto dalla “cattedra” nell’immagine del saggio e in particolare del “maestro”. L’immagine di Ermarco corrisponde a quella degli altri maggiori filosofi epicurei, che amavano visualizzare il conseguimento della pace interiore, cardine dell’epicureismo, mediante la cura del corpo e degli abiti, la tranquillità e la rilassatezza delle pose compassate. L’ideale proposto è classico, come mostrano le pettinature e il tipo statuario. 22 Statua di filosofo cinico Da Lanuvio, cosiddetta Villa di Antonino Pio Marmo greco Alt. cm 171 La mano destra è stata integrata con il volumen al posto dell’originario bastone Seconda metà del II secolo d.C. Roma, Musei Capitolini Palazzo Nuovo, Sala del Gladiatore, inv. 737 La statua è una copia in ottimo stato di conservazione del potente ritratto di un filosofo cinico della metà del III secolo a.C. L’adesione alla scuola cinica è resa evidente dalla trascuratezza generale dell’uomo, che porta, arrotolato disordinatamente, un mantello troppo corto e fatto con un tessuto grossolano. Inoltre barba e capelli sono trasandati e arruffati, il volto è rugoso, il ventre è prominente e il filosofo è rappresentato a piedi nudi. L’immagine di un cinico doveva essere provocatoria e coerente con l’atteggiamento di sfida verso la società fatto proprio da questi filosofi, evidentemente condiviso dal committente della statua. Da ciò deriva l’impressione quasi di insolenza che il vecchio filosofo dà guardando negli occhi l’interlocutore, facendo credere di star bene nonostante la sua vita fuori dagli schemi. L’immagine del filosofo si allontana così da quella del buon cittadino, come da quella del pensatore di tradizione epicurea e stoica. 238 23 Busto di Posidonio Dalla collezione Farnese Marmo Alt. cm 44 Sono di restauro orecchie e punta del naso Età augustea Napoli, Museo Archeologico Nazionale, inv. 6142 Il ritratto dello storico Posidonio di Apamea è noto solamente grazie a questo busto, con il nome iscritto sul petto, databile in età augustea, di qualità eccezionale, derivante da una statua stante eseguita intorno al 70 a.C. Dalla presenza di chitone e mantello nel busto si può dedurre che anche l’originale li portasse. Nel ritratto di Posidonio, presentato come un uomo 239 avanti con gli anni (nel 70 a.C. aveva circa sessantacinque anni), i capelli aderiscono alla calotta cranica, seguendo nella stilizzazione delle ciocche modelli classici, probabilmente policletei, alcune rughe attraversano la fronte mentre la barba, molto curata, è appena accennata. L’immagine di Posidonio, caratterizzata dall’atteggiamento calmo e sicuro, è ormai lontana da quella dei fondatori della scuola stoica; le manca infatti la fatica del pensare, sostituita dal classicismo dell’impostazione, coerente con il programma culturale dello storico, che si proponeva di trasmettere la cultura greca a Roma. Ormai solo la barba ricorda la sua condizione di filosofo. 24 Busto di Cicerone Dalla collezione Albani, già Barberini Marmo bianco Alt. totale cm 95 Sono di restauro busto e piede I secolo a.C. - I secolo d.C. Roma, Musei Capitolini Palazzo Nuovo, Sala dei Filosofi, inv. 589 Il ritratto raffigura un uomo di mezza età, dal volto tondo caratterizzato dalla fronte alta solcata da rughe profonde. Il naso è aquilino, lungo e pronunciato; gli occhi piccoli e distanti, il labbro inferiore pronunciato. Evidente è il rigonfiamento del collo a segnare il “doppio mento”. I capelli sono resi a ciocche poco rilevate e rade, soprattutto all’al- tezza delle tempie, a enfatizzare la fronte larga e spaziosa. Il volto è ruotato verso sinistra ed è inserito su un busto di restauro non pertinente. Il ritratto fa parte di una serie, probabilmente postuma, che fissa l’immagine dell’oratore in un cliché iconografico teso a evidenziarne l’aspetto volitivo e autoritario. La datazione del ritratto non è riferibile necessariamente all’età repubblicana, ma potrebbe anche essere relativa al periodo augusteo. 25 Affresco con cosiddetta Saffo Da Pompei (R. VI, insula occ.) Intonaco dipinto Alt. cm 31, largh. cm 31 55-79 d.C. Napoli, Museo Archeologico Nazionale, inv. 9084 Una delle testimonianze più significative dell’espressione della cultura romana in ambito domestico è rappresentata da dipinti e pavimenti musivi delle domus pompeiane, che offrono quasi un catalogo delle possibilità di esibire la propria ambizione intellettuale offerte ai proprietari, che mettono in scena se stessi facendosi ritrarre come intellettuali, rivolti allo spettatore, sulle pareti delle loro residenze. È il caso del pregevole affresco – la- voro di un pittore particolarmente abile che ha saputo dare un’impronta personale a un soggetto di repertorio – raffigurante una donna mentre compone, con lo stilo leziosamente appoggiato sulle labbra in atteggiamento meditativo e il dittico aperto nella sinistra. Il ritratto ne mostra la condizione di giovane donna distinta, con indosso gli orecchini e una preziosa reticella aurea per contenere i capelli. La poesia, come lo scrivere – attività quest’ultima che nel mondo romano era quasi del tutto preclusa alle donne –, è per lei un diletto del tempo libero. 26 Frammento di affresco con attore e la sua maschera Da Pompei Intonaco dipinto Alt. cm 45, largh. cm 33 IV stile Napoli, Museo Archeologico Nazionale, inv. 9036 Il frammento proviene da Pompei, ma non si conosce la pertinenza specifica. Vi compare in primo piano un uomo con tracce di barba sul volto, vestito di manto bianco, in atteggiamento pensoso con braccio destro piegato al gomito e mano che tocca il mento; sta seduto e guarda di fronte a lui un secondo uomo stante che regge con entrambe le mani una maschera tragica. Lo stato lacunoso della parte si- nistra non permette di avere certezza sulla rappresentazione; tuttavia, la presenza della maschera ha permesso di riconoscere nella pittura una raffigurazione di carattere teatrale, presumibilmente la preparazione di un attore a uno spettacolo. Il soggetto trova confronto con l’affresco dell’Attore Re da Ercolano (Napoli, Museo Archeologico Nazionale, inv. 9019) e con il mosaico con gli attori dalla Casa del Poeta tragico (VI 8, 3-5) di Pompei (Napoli, Museo Archeologico Nazionale, inv. 9986). La pittura, di buona fattura, può ascriversi al cosiddetto IV stile. 240 27 Rilievo ellenistico con poeta e Musa Da Roma, area intorno al Colosseo (1896) Marmo pentelico Alt. cm 40, largh. cm. 38 III secolo a.C. Roma, Musei Capitolini, Centrale Montemartini, inv. 1409 Il rilievo raffigura una Musa che solleva lo sguardo verso un vecchio poeta: la posa è quella di una giovane allieva ammirata che si volge verso il suo maestro. La scena riassume la concezione del lavoro intellettuale dell’età ellenistica che pone in primo piano la figura del pensatore e la sua energia creativa, che rivolge il suo canto alle Mu- 241 se. Il rapporto tra Muse e poeta è ribaltato rispetto all’età classica quando ogni sapere era un dono divino e non il frutto del lavoro di un grande intellettuale. La finezza dell’opera e la delicata sensibilità nella trattazione dei panneggi riconducono a un originale greco del III secolo a.C. 28 Testa di Musa di Philiskos Da Roma, tempio di Apollo Sosiano (1937) Marmo pario Alt. cm 26 Prima metà del II secolo a.C. Roma, Musei Capitolini, Centrale Montemartini, inv. 3279 La testa rivela una qualità artistica di rilevante importanza ancora leggibile nonostante una evidente corrosione della superficie marmorea. Si tratta probabilmente di un originale greco nel quale si apprezza una vivacità e un’armoniosa composizione dell’insieme ben lontane dalla fredda rifinitura dei particolari che caratterizza le copie romane. La struttura geometricamente com- patta, i lineamenti delicati e quasi indefiniti, armoniosamente fusi tra loro, e la trattazione pittorica tendente allo sfumato delle superfici sono notazioni stilistiche che riportano a un ambiente di cultura rodia collocabile nella prima metà del II secolo a.C. È molto probabile che si tratti del frammento superstite di una delle Muse del ciclo di Philiskos di Rodi che decoravano la cella del tempio di Apollo Sosiano. Potrebbe trattarsi della Musa con piccola cetra nota da una statuetta romana proveniente dalla Casa di Ottavio Quartione a Pompei. 29 Gruppo scultoreo “frontonale” Da Luni, Tempio Grande Terracotta con ingobbio avorio Alt. max. conservata cm 122, largh. max. conservata cm 165 Ricomposto da cinque grandi frammenti Dopo il 177 a.C. Firenze, Museo Archeologico Nazionale, inv. 7122471227, 72747 È una delle opere più significative della coroplastica tardorepubblicana il gruppo ad altorilievo, originariamente policromo, che decorava la testata del columen centrale del tetto del tempio (della tipologia arcaica a frontone “aperto”) di Luna, divinità, identificata con Diana, eponima della colonia di Luni dedotta nel 177 a.C. da Marco Emilio Lepido. La dea, riccamente vestita, è infatti raffigurata assisa su un trono: alla sua destra è Apollo seminudo riconoscibile dalla cetra; alla sua sinistra, con speculare ponderazione, è un personaggio di più discussa interpretazione: il Genius Coloniae o il Genius Populi Romani, Dioniso-Liber cui ben si addice la cornucopia traboccante di grappoli, o Honos, la cui presenza sarebbe giustificabile in chiave ideologica. Ai lati della triade divina stanno due statue di Muse che rivelano sicure affinità con quanto conosciamo della serie creata da Philiskos per il tempio di Apollo Medico a Roma, simbolo della propaganda di Lepido. 30 Rilievo con scena di scuola filosofica Da Ostia, ambiente presso il tempio di Ercole (I, XV) Marmo tasio Alt. cm 50, largh. cm 51, spess. cm 6-12 IV secolo d.C. Ostia, Museo Ostiense, inv. 130 La lastra è inquadrata da una cornice con modanatura liscia. La scena è ambientata all’interno di una stanza, chiusa sul fondo da una tenda con frange. Al centro della rappresentazione campeggia un personaggio maschile stante su un piccolo podio, con la testa leggermente rivolta alla sua destra; la mano destra è alzata nel gesto dell’adlocutio, mentre nella sinistra tiene un rotulus. Accanto a lui, in posizione simmetrica, due personaggi maschili, entrambi seduti dietro un banco, sono raffigurati nell’atto di scrivere su tavolette con uno stilo. Sullo sfondo due gruppi di personaggi che, con atteggiamenti diversi, partecipano alla scena dimostrando il proprio coinvolgimento con il gesticolare delle mani. Il rilievo è stato variamente interpretato: come scena di ammaestramento cristiano e, da ultimo, come scena di scuola filosofica. Con quest’ultima ipotesi concorda anche il più recente riconoscimento del personaggio centrale come oratore o insegnante. Il confronto con numerosi sarcofagi tardoantichi con filosofi consente di datare il rilievo ostiense nel pieno IV secolo. 242 31 Sarcofago cosiddetto “dei Fratelli” Marmo Alt. cm 130, largh. cm 270 260 d.C. circa Napoli, Museo Archeologico Nazionale, inv. 6603 Sul sarcofago il defunto, probabilmente un senatore romano, identificato dalla ripetizione dello stesso ritratto, compare quattro volte consecutivamente, con abiti diversi e impegnato in attività differenti, ciascuna scelta per il suo significato simbolico. Da sinistra: l’apice della carriera pubblica, mediante la toga “ufficiale” contabulata; la vita contemplativa tramite il mantello da filosofo sul torso nudo; la devozione, mediante la toga “repub- 243 blicana” e la presenza di un piccolo assistente al sacrificio al suo fianco; il culmine della vita privata, ossia il matrimonio, mediante la dextrarum iunctio con la moglie e la toga panneggiata come nella prima età imperiale. La diversificazione del costume consente di presentare un catalogo delle virtù tipiche di un uomo di ceto elevato. Gallerie analoghe di immagini che ritraevano più volte la stessa persona, diversificando adeguatamente i tipi statuari, sono attestate anche nelle fonti letterarie. 32 Lastra con conversazione filosofica fra coniugi in viaggio Dal Museo Kircheriano Marmo bianco a grana fine Alt. cm 35, largh. cm 92 280 d.C. circa Roma, Museo Nazionale Romano, Terme di Diocleziano, inv. 8942 Nella lastra, che potrebbe essere pertinente a un sarcofago di grandi dimensioni, è raffigurato il viaggio di due coniugi proprietari terrieri intenti in una conversazione filosofica durante il tragitto dalla città alla loro tenuta di campagna. Si tratta di un viaggio simbolico verso un mondo spirituale. Non sono più dunque solo alcuni neoplatonici a voler fuggire i disordini della so- cietà per concentrarsi maggiormente sulla vita interiore, sulla pace dell’anima e sulla ricerca di Dio: questo habitus mentale si diffonde tra il III e il IV secolo d.C. anche fra i ceti abbienti, come rivela una serie di immagini, soprattutto sarcofagi, dove la lettura e la discussione cominciano già sul carro, strada facendo. La datazione proposta procede da un impaginato che è affollato di personaggi, compresi in uno spazio ristretto che limita la loro resa stilistica affidata non tanto all’attenta costruzione dei personaggi medesimi nei loro rapporti modulari, quanto alla facoltà di renderli in sintesi, accentrando l’attenzione sugli elementi accessori e sull’ambientazione della scena. 33 Statua di Urania Dalla collezione Cesi, poi collezione Boncompagni Ludovisi Marmo greco a grana fine Alt. cm 124 Età adrianea Roma, Museo Nazionale Romano, Palazzo Altemps, inv. 8579 La statua, in origine un tipo di Calliope o di Clio, è stata restaurata radicalmente per rappresentare Urania, Musa dell’astronomia: moderni infatti oltre alla testa e al busto da sotto i seni, sono le braccia con le mani che reggono lo stilo e il globo. È affine a sculture appartenenti ai grandi cicli delle ville di età adrianea e antonina. 34 Statua di Clio Provenienza sconosciuta Marmo Alt. cm 91 II secolo d.C. (?) Roma, Museo Nazionale Romano, Terme di Diocleziano, inv. 2001.750 viene datato al più tardi nella prima metà del II secolo d.C., marca il limite temporale inferiore; e quale ulteriore indizio a tal fine si è impiegato anche il frammento fittile dal frontone di Luni. Il torso mutilo riproduce il tipo della Clio della Glyptothek di Monaco di Baviera, pur senza fornire alcun indizio a riguardo della presenza o meno di attributi; se le superfici abrase non consentono una datazione troppo precisa, ne è stato comunque messo in campo un inquadramento in epoca traianea. Per l’origine dell’archetipo della Clio, un rilievo da Smirne ora a Leida, che ne trasmette una ripresa e 244 35 Kylix con Apollo e Clio Da Spina, Valle Trebba, tomba 128 Ceramica attica a figure rosse Alt. cm 13,6, diam. cm 30,5, diam. con anse cm 38,5, diam. piede cm 11,75 Pittore di Eretria 435-430 a.C. Ferrara, Museo Archeologico Nazionale, inv. 3035 La kylix, ricomposta da ventinove frammenti, presenta nel tondo interno, dalla superficie piuttosto rovinata, Apollo e Clio, entrambi identificati dalle iscrizioni. Apollo, in piedi, è raffigurato di profilo come un giovane imberbe dai lunghi capelli, cinti da una corona di alloro, che gli ricadono in fluenti riccioli sulle 245 spalle; avvolto nell’himation che gli lascia scoperto il petto, il dio tocca con la sinistra le corde di una grande lyra mentre offre con la destra protesa una phiale alla Musa in piedi davanti a lui. Clio, rappresentata con il corpo di prospetto e la testa di profilo, indossa un pesante peplo e ha i capelli raccolti sulla nuca cinti da una sphendone riccamente decorata. Essa si volge verso il dio mentre, tenendo nella sinistra una phiale e nella destra una oinochoe, si accinge a compiere una libagione. L’intenso scambio di sguardi tra le due figure ne rivela l’intimo e profondo legame conferendo un’atmosfera di solenne armonia alla scena dall’esecuzione estremamente accurata. 36 Kylix con Clio che incorona Mousaios Da Spina, Valle Pega, tomba 293A Ceramica attica a figure rosse Alt. cm 11,9, diam. cm 29, diam. piede cm 11,7 Pittore di Calliope 425-420 a.C. Ferrara, Museo Archeologico Nazionale, inv. 6631 Nel tondo interno di questa coppa ricomposta da numerosi frammenti è raffigurato, avvolto nell’himation, un giovane dai corti e riccioluti capelli che l’iscrizione sopra la testa identifica come Mousaios, il mitico poeta, figlio o discepolo di Orfeo, sepolto secondo la tradizione sulla collina del Mouseion di fronte all’A- cropoli di Atene. Il giovane, che ha appena concluso la sua esecuzione musicale, tiene con la destra la lyra mentre si volge a ricevere la corona che la donna in piedi davanti a lui gli porge. È Clio, come indica l’iscrizione, che, vestita di un sottile chitone e con i capelli raccolti sulla nuca cinti da una tenia a più giri, si appresta a dare a Mousaios il riconoscimento della sua investitura poetica. La scena costituisce un modello per le raffigurazioni anonime di coronamento in un contesto musicale. Clio è infatti la Musa che, per il suo nome, esprime in modo esemplare la gloria e l’immortalità donata ai poeti dalle nove dee, mentre Mousaios è il poeta per eccellenza che non a caso trae il suo nome dalle Muse stesse. 37 Erma doppia di Erodoto e Tucidide Dalla collezione Farnese Marmo Alt. cm 58 Sono di restauro naso (Erodoto) e punta del naso (Tucidide) Iscrizioni con i nomi (scorretti) sui due lati dell’erma Età antonina Napoli, Museo Archeologico Nazionale, inv. 6239 Il ritratto di Tucidide (460/455 circa - 400 a.C.) risale forse a un originale esposto sull’Acropoli di Atene, approntato, a giudicare dal lessico formale, intorno al 370-360 a.C., dunque a circa quarant’anni di distanza dalla morte dello storico; il ritratto somiglia nella fisionomia alle teste su coeve stele funerarie attiche. Quello di Erodoto (484-424 a.C.) ha invece sollevato maggiori dubbi: infatti, se talora ne è stata asserita l’appartenenza alla prima metà del IV secolo a.C., dunque in età più o meno coeva al Tucidide, lo si è anche considerato, ma, con ogni verosimiglianza, a torto, prodotto classicistico, soprattutto per il motivo a larga tenaglia della chioma sulla fronte, che ha spronato al confronto con il ritratto di Omero nel tipo Modena, per il quale si ripresentano i medesimi dubbi. Statue di Erodoto si trovavano a Costantinopoli, Alicarnasso e nella biblioteca di Pergamo. 38 Statua di Melpomene Da Roma, scavo per le fondamenta della Villa Di Giura in via Aventina (1933) Marmo greco a patina scura Alt. cm 160, alt. col plinto cm 169 I secolo a.C. Roma, Museo Nazionale Romano, Palazzo Massimo alle Terme, inv. 114896 se repliche: viene convenzionalmente definita Melpomene Farnese, da una replica della collezione Farnese oggi a Napoli. Sulla base di tali confronti si può ipotizzare che tenesse nella mano sinistra una maschera tragica, tipico attributo della Musa della tragedia. La bella statua, raffigurante un personaggio femminile stante, vestito di ampia tunica senza maniche e di mantello che le copre parzialmente la chioma, manca purtroppo delle braccia con gli attributi. La stessa immagine è però riconoscibile già su una base tardoellenistica da Alicarnasso, ed è nota da numero- 246 39 Erma-ritratto di Eschilo Da Ercolano, Villa dei Papiri Marmo Alt. cm 57 È di restauro il naso Età augustea Napoli, Museo Archeologico Nazionale, inv. 6139 L’erma-ritratto è identificata con Eschilo perché alcune copie sono state trovate associate a sicuri ritratti di Sofocle. È probabile che il tipo derivi dall’originale facente parte del gruppo raffigurante i tre poeti tragici e dedicato da Licurgo nel teatro di Dioniso nel 330 a.C., come sembrerebbe confermato anche dalla forte affinità stilistica con il Sofocle dei Musei Vaticani. Eschilo vi appariva rappresentato come 247 molti cittadini del suo tempo, senza indulgere particolarmente sulla sua attività di poeta e intellettuale, in analogia con le immagini degli altri due poeti tragici. Poche rughe sulla fronte contribuiscono a definire l’età matura; la barba, abbastanza lunga, è molto curata e solo i capelli un po’ arruffati. L’erma indica inoltre l’adozione del consueto costume del cittadino, con il mantello indossato sul torace nudo, e fa pensare che l’originale fosse una statua stante. 40 Cratere a volute con Oreste e le Erinni Da Ruvo di Puglia Ceramica apula a figure rosse sovraddipinta Alt. con coperchio cm 77 Pittore della Black Fury 380-370 a.C. Napoli, Museo Archeologico Nazionale, inv. 82270 Dalla raffinatissima decorazione accessoria del vaso risalta con la forza di un dipinto su tavola la metopa in cui un ceramografo apulo con grande efficacia rappresenta dinamicamente uno degli atti principali di un mito teatrale molto popolare in ambito italiota: la saga di Oreste. Una candida scenografia ionica spartisce lo spazio abitabile dell’a- zione visibile, allestito con chiari simboli apollinei: i tripodi, l’alloro. L’eroe ha trovato dunque scampo a Delfi, dopo l’uccisione della madre Clitemnestra: lo riconosciamo, nel santuario, avvinghiato all’omphalos e assistito da Artemide come una statua su un piedistallo insieme ai suoi cani, araldici nella loro posa divergente che pure nella bicromia pare impossibile anticipazione dell’affresco malatestiano di Piero della Francesca. A sinistra sta Apollo. Con gesto perentorio scaccia una delle Erinni che inseguono il mortale: orribile e vendicativa brandisce un serpente, buia come il mondo degli Inferi che eccezionalmente ha lasciato per ristabilire l’ordine cosmico. Lo scompiglio è però totale: la vecchia Pizia fugge inorridita. 41 Erma di Euripide Dalla collezione Farnese Marmo Alt. cm 51,4, largh. cm 51,7 Sono di restauro parte del naso, ciocche di capelli e tasselli sull’erma I secolo d.C. Napoli, Museo Archeologico Nazionale, inv. 6135 L’erma raffigura un ritratto di Euripide, come è indicato anche nell’iscrizione, una testimonianza preziosa perché ha risolto il problema dell’identificazione del personaggio. È probabile che la testa copi la statua eretta da Licurgo nel 330 a.C. nel gruppo raffigurante i tre maggiori poeti tragici nel teatro di Dioniso ad Atene. Euripide è rappresentato come un uomo anziano, con i capelli lunghi, la fronte calva e una barba molto curata. Il corpo era coperto dal solo mantello sul torso nudo. È probabile che la statua ateniese fosse seduta e raffigurasse il poeta con un volumen nella sinistra. L’intento dell’artista era di costruire l’immagine di un “bel vecchio”, insistendo così sulla sua età avanzata. Le sopracciglia leggermente aggrottate danno al ritratto un’aria pensosa, tipica però di molte immagini di anziani nelle stele attiche del tempo. Anche questa statua si proponeva di raffigurare Euripide come un buon cittadino, solo più anziano, e quindi meno attivo, di Sofocle. 42 Cratere con Oreste e Ifigenia in Tauride Da Ruvo di Puglia, necropoli in località Sant’Angelo Ceramica apula a figure rosse sovraddipinta Alt. cm 62,6, diam. orlo cm 32 Pittore dell’Ilioupersis 350-325 a.C. Napoli, Museo Archeologico Nazionale, inv. 82113 L’incontro di Oreste con la sorella in Tauride è sceneggiato su due registri: i protagonisti sono riconoscibili dai loro nomi iscritti in bianco. In basso Pilade contempla l’amico Oreste seduto sull’altare, col capo chino, mentre incedono verso di loro Ifigenia e un’offerente che regge una phiale sulla testa. In alto, divisi da un arbusto di lauro in fiore, siedono i numi tutelari, pure loro fratelli, Apollo e Artemide, davanti a un tempio ionico a battenti dischiusi. In due passi dell’Ifigenia in Tauride di Euripide viene annunciato che la vera liberazione di Oreste dalla persecuzione delle Erinni (cfr. cat. 40) sarebbe avvenuta solo quando dalla lontana Tauride avrebbe ricondotto in patria la sorella Ifigenia, salvata dal sacrificio grazie ad Artemide, insieme al simulacro della dea: logica conclusione degli esordi drammatici in Aulide. Quest’ultima tappa è argomento della decorazione del vaso che conferma l’interesse dei ceramografi italioti, e dunque della loro gentilizia clientela, per la dimensione familiare della tragedia di Oreste. 248 43 Affresco con Medea Da Pompei, Casa dei Dioscuri (R. VI, 9, 6) Intonaco dipinto Alt. cm 128, largh. cm 104 40-79 d.C. IV stile Napoli, Museo Archeologico Nazionale, inv. 8977 L’affresco rappresenta una delle scene cruciali della Medea di Euripide. La protagonista, riccamente abbigliata, con la spada tra le mani e l’espressione assorta, è ritratta nel momento in cui, ancora incerta, nella casa di Corinto, medita l’uccisione dei figli avuti dal fedifrago Giasone. I bambini giocano con aria malinconica, quasi presaga del destino di morte che li attende, 249 mentre un pedagogo, anch’egli in trepida attesa, sta per varcare la porta. Le linee compositive concentrano l’attenzione dello spettatore sullo sguardo dell’eroina, allucinato, come denuncia l’addensarsi, diremmo scopadeo, delle ombre sul volto. Questa Medea è meno possente e scultorea, ma più completa nella composizione e ricca di colori dell’altra celebre replica da Ercolano sempre al museo di Napoli (inv. 8976): entrambe derivano tuttavia probabilmente da un celebre quadro di Timomaco di Bisanzio degli inizi del III secolo a.C. 44 Statua di Sofocle Da Terracina Marmo Alt. cm 218 Età augustea Città del Vaticano, Musei Vaticani, Museo Gregoriano Profano, inv. 9973 Statua raffigurante il tragediografo Sofocle, probabilmente copiata da quella che Licurgo fece erigere verso il 330 a.C. ad Atene nel teatro di Dioniso all’interno di un gruppo comprendente anche le immagini di Eschilo e di Euripide. Sofocle, con la barba curata, è rappresentato come un buon cittadino, pronto a parlare nell’assemblea, e non come poeta tragico (a questa attività allude solo la capsa contenente diversi volumina, ma si tratta di un’aggiunta del copista). Egli appoggia il braccio sinistro con tranquillità all’anca, mentre il destro è stretto nel mantello, che avvolge il corpo con molta cura. Questo dettaglio è significativo perché adotta uno schema tipico dell’oratore classico, che non gesticolava, a differenza di quanto avveniva nel IV secolo a.C. Licurgo volle quindi far rappresentare Sofocle come un cittadino modello del passato ateniese, impegnato nelle attività civiche; anche il volto, assolutamente generico, trasmette lo stesso messaggio di omologazione nella massa dei cittadini. 45 Statuetta di Sofocle Provenienza sconosciuta Argento Alt. cm 10,4 I-II secolo d.C. Ancona, Museo Archeologico Nazionale delle Marche, inv. 537 La statuetta rappresenta un personaggio barbato, stante sulla gamba destra e con la sinistra piegata in avanti, avvolto fino al polpaccio nel mantello che lascia trasparire le forme piene del corpo. Il volto, dal naso consunto, mostra la fronte solcata da una leggera depressione orizzontale, ed è dominato dai grandi occhi con spesse pliche palpebrali. I capelli, trattenuti da un cercine, scendono in mosse fiammelle sulla fronte, men- tre i baffi e la barba, che si arriccia in brevi ciocche, circondano la piccola bocca serrata, dal labbro inferiore carnoso, che conferisce al viso un’espressione grave e assorta. L’atteggiamento della figura, con il braccio destro piegato sul petto e la mano che spunta dal mantello, e il braccio sinistro interamente fasciato dall’indumento e appoggiato sul fianco, appare riprendere fedelmente la statua del Sofocle Laterano (cat. 44). Analoghi sono l’andamento delle pieghe del mantello e la resa dei lineamenti del volto, che riproducono il drammaturgo nel pieno della maturità. Difficile ipotizzare quale destinazione avesse questo pregevole esemplare, di cui non sono conservate tracce degli agganci originari a una base o quale applique di un oggetto. 46 Menandro e la sua Musa Marmo Alt. cm 42, largh. cm 56 I secolo a.C. Città del Vaticano, Musei Vaticani, Museo Gregoriano Profano, inv. 9985 Il rilievo intende rappresentare l’ispirazione poetica del poeta comico Menandro, colto mentre è intento a comporre, e lo fa rinnovando profondamente la immagine di lui, rispetto a come era stata tramandata dal primo ellenismo (293-292 a.C.), quando era stata eretta ad Atene la celebre statua seduta opera dei figli di Prassitele. Alla tunica e all’ampio mantello di quella statua si sostituisce nel rilievo un’immagine sempre seduta, ma con il torso nudo e il mantello panneggiato intorno alle gambe, in modo da costruire una rappresentazione più nobile e dunque eroizzata di Menandro (probabilmente era questa la volontà dei committenti romani del I secolo a.C.). Il poeta, seduto, tiene dunque nella sinistra una maschera comica e guarda verso la Musa stante che si trova sul lato opposto del rilievo. Tra i due altre maschere comiche si trovano su un bel tavolino. Maschere e Musa ispirano dunque in egual modo il poeta. 250 47 Statua di attore mascherato da Papposileno Da Torre Astura, spiaggia presso una villa romana (1957) Marmo greco Alt. cm 90,5 II secolo d.C. Roma, Museo Nazionale Romano, Palazzo Massimo alle Terme, inv. 135769 Il personaggio, che nel dramma satiresco si distingue per essere il corifeo dei Satiri, indossa sulle gambe una calzamaglia villosa e sul corpo una tunica con maniche lunghe di lana piuttosto grezza e dal pelo riccio. La volontà di sottolineare il fatto che la maschera, vicina a quella dei personaggi della “commedia nuova”, sia indossata da un attore si 251 palesa nell’apertura della bocca che lascia intravedere labbra e denti veri mentre dai fori degli occhi traspare il movimento delle pupille. Anche la gestualità – che si coglie ugualmente, pur mancando le mani e parte delle braccia –, il capo leggermente sollevato e l’espressione del volto denunciano l’intensa concentrazione del recitare. La pertinenza a una villa romana si può giustificare con il valore ornamentale dell’immagine, dovuto anche al suo legame con i temi dionisiaci, particolarmente cari all’arte decorativa romana, ma anche con il richiamo al mondo teatrale e a un genere in voga a Roma (come attesta Orazio nell’Arte poetica) evidentemente ancora coltivato da qualche dotto amatore. 48 Anfora con Muse sull’Elicona Ceramica attica a figure rosse Alt. cm 33, diam. cm 15 Pittore del Nano 430 a.C. Napoli, Museo Archeologico Nazionale, inv. 81478 Una Musa stante, rappresentata di profilo verso destra, con i capelli sciolti che le ricadono sulle spalle, è completamente avvolta in un himation che lascia intravedere il sottile chitone ionico e con la destra tiene per uno dei bracci una lyra; di questa è visibile la parte posteriore della cassa di risonanza contraddistinta dalle scaglie del carapace a indicare il guscio di tartaruga con il quale originariamente veniva fatta la lyra. La Musa offre lo strumento a una compagna in attesa davanti a lei invitandola a esibirsi nella musica e nel canto. Questa, vestita con un chitone fittamente pieghettato e un himation, ha i capelli raccolti in un sakkos; il pittore ha cercato di rappresentarla di tre quarti con la sinistra sul fianco, il busto leggermente piegato in avanti con il braccio destro sul ginocchio corrispondente mentre poggia il piede su una sporgenza rocciosa che, alludendo all’Elicona, identifica indiscutibilmente le due figure femminili come Muse. 49 Cratere a campana con Apollo, Tersicore e Clio Ceramica attica a figure rosse Alt. cm 31, diam. max. cm 34 Pittore di Clio 440-430 a.C. Berlino, Staatliche Museen, Antikensammlungen, inv. F 2401 Al centro una Musa, vestita con un sottile chitone pieghettato e con i fianchi avvolti in un himation, è seduta su una roccia; porta piccoli orecchini e una collana, e ha i capelli raccolti sulla nuca, legati da una sottile tenia a più giri, ornati da un diadema: l’iscrizione che corre sopra la testa la identifica come Tersicore. La Musa pizzica con le dita della mano sinistra le corde di una lyra e, in un atteggiamento di assorta concentrazione, volge la testa dal delicato profilo verso Apollo, in piedi dietro di lei. Il dio, avvolto nell’himation, con i lunghi capelli sciolti sulle spalle cinti da una corona e con nella destra un ramo di alloro, ha assistito alla performance musicale di Tersicore insieme a Clio, identificata dall’iscrizione, che abbigliata come la compagna fa un gesto di approvazione. Da questo vaso, considerato il suo capolavoro per la dignità e la compostezza delle figure, prende il nome il Pittore di Clio, ceramografo attivo ad Atene nel terzo venticinquennio del V secolo a.C. 50 Lastra con suonatrice di kythara danzante Da Ancona, area Cardeto Calcare Alt. cm 174, largh. cm 100 I secolo a.C. Ancona, Museo Archeologico Nazionale delle Marche, inv. 100 Sulla lastra leggermente convessa, delimitata superiormente da un tralcio vegetale e ai lati da due sottili lesene, incede verso sinistra, in un elegante passo di danza, una figura femminile che stringe sotto il braccio una cetra. Forzature prospettiche si notano nella resa della posizione di tre quarti, nella capigliatura e soprattutto nel busto, dove il braccio sinistro e lo strumento sono posti di profilo, mentre la spalla destra è vista frontalmente. Una certa raffinatezza esecutiva distingue invece le vesti, il cui leggero fluttuare e aderire alle gambe è reso con perizia, apprezzabile specialmente nel frastagliato incresparsi delle pieghe del lungo apoptygma che spunta dalla cetra, negli orli zigzaganti del mantello disposto trasversalmente sul petto e nel cedevole incurvarsi del panneggio del peplo aperto a ventaglio tra le gambe. Si tratta probabilmente di un’opera attribuibile a una bottega provinciale che si ispira, non senza impaccio, a modelli neoattici o pergameni. La provenienza da un’area sepolcrale induce a propendere per la pertinenza della lastra a un monumento funerario circolare. 252 51 Statuetta di Cristo docente Da Civita Latina (?), già collezione Sangiorgi Marmo lunense (statua); marmo greco (sedia) Alt. cm 72 Mancano la punta del naso, l’avambraccio destro, la metà anteriore del piede destro, l’indice sinistro Restaurata nell’Ottocento III secolo d.C. non avanzato Roma, Museo Nazionale Romano, Palazzo Massimo alle Terme, inv. 61565 te capigliatura di tradizione apollinea ed è rappresentato come un intellettuale, mentre accompagna con la destra sollevata la spiegazione del testo contenuto nel rotolo semiaperto, di cui ha appena interrotto la lettura, tenendo però il segno con la mano sinistra. La novità della trasmissione della dottrina cristiana è dunque affidata a un’immagine usata tradizionalmente per un docente. La qualità della resa si estende a dettagli come il seggio con zampe leonine. La statuetta togata seduta, interpretata di norma come Cristo docente, è un notevole esempio di classicismo teodosiano. Cristo vi è caratterizzato come un “ragazzo prodigio” dalla lunga e fluen- A p. 226 Erma-ritratto di Eschilo (cat. 39). A p. 254 Busto di Posidonio (cat. 23). 253 Referenze fotografiche Alte Pinakothek, Monaco di Baviera: fig. 14 alle pp. 224 e 225 Antikenmuseum Basel und Sammlung Ludwig, Basilea (foto di Claire Niggli): fig. 6 a p. 44 Archivi Alinari, Firenze: figg. 4-7 a p. 194 Archivio fotografico dei Musei Capitolini (foto di Stefano Castellani, Alessandra Ciniglio, Araldo De Luca, Antonio Idini, Roberto Lucignani, Barbara Malter, Attilio Maranzano, Studio Vasari): fig. a p. 8, fig. 2 a p. 67, fig. 8 a p. 73, fig. 10 a p. 75, fig. 1 a p. 92, fig. 1 a p. 98, fig. 6 a p. 104, figg. 14 e15 a p. 116, figg. 3 e 4 a p. 137, fig. 1 a p. 150, fig. 1 a p. 162, fig. 14 a p. 187; cat. 2, 4, 7, 14, 15, 19, 22, 24, 27, 28 Archivio fotografico della Soprintendenza Archeologica di Roma (foto di Giorgio Cargnel, Luigi Colasanti, Romano D’Agostini, Luciano Mandato): fig. 7 a p. 46, figg. 12 e 13 a p. 54, fig. 3 a p. 68, fig. 5 a p. 103, fig. 2 a p. 136, fig. 11 a p. 145, fig. 13 a p. 146, fig. 15 a p. 148, fig. 5 a p. 159, figg. 2 e 3 a p. 165, fig. 5 a p. 167, fig. 1 a p. 172, figg. 5 e 6 alle pp. 178 e 179, fig. 7 a p. 180, fig. 8 a p. 181, figg. 9-11 alle pp. 182-184, fig. 13 a p. 185; cat. 3, 3234, 38, 47, 51 Archivio fotografico della Soprintendenza per i Beni Archeologici del Lazio Sezione Etruria Meridionale: fig. 3 a p. 155; cat. 1, 11 Archivio fotografico della Soprintendenza per i Beni Archeologici di Ostia antica: cat. 30 Archivio fotografico della Soprintendenza per i Beni Archeologici di Napoli e Caserta - Napoli, Museo Archeologico Nazionale: cat. 48 Fotografica Foglia s.a.s. di Alfredo e Pio Foglia, Napoli, su concessione della Soprintendenza Archeologica di Pompei: fig. 1 a p. 78, figg. 5-9 alle pp. 138-142 Photo RMN: fig. 2 alle pp. 152 e 153 (foto di Hervé Lewandowski D 00727809), fig. 4 a p. 157 (foto di Chuzeville D 00866372) Archivio fotografico della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana: fig. 8 a p. 47, fig. 16 a p. 118, fig. 17 a p. 119, figg. 18 e 19 a p. 120, fig. 20 a p. 121; cat. 21, 29 Graphische Sammlung Albertina, Vienna: figg. 14 e 15 a p. 198, figg. 19, 22 a p. 199 © Scala Group, Firenze: fig. 3 a p. 17, figg. 22 e 23 a p. 132, figg. 8 e 9 a p. 195, figg. 2325 alle pp. 200 e 201 Hamburger Kunsthalle, Amburgo: figg. 13, 16 e 17 a p. 198, figg. 18, 20 e 21 a p. 199 Luigi Spina, Santa Maria Capua Vetere: cat. 12 Archivio fotografico della Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia e Romagna - Ferrara, Museo Archeologico Nazionale: fig. a p. 10, fig. 10 a p. 49; cat. 35 e 36 Hessisches Landesmuseum, Darmstadt: fig. 11 a p. 221 Archivio fotografico della Soprintendenza per i Beni Archeologici delle Marche Ancona, Museo Archeologico Nazionale delle Marche: cat. 45, 50 Archivio fotografico della Soprintendenza Speciale per il Polo Museale Veneziano Venezia, Museo Archeologico Nazionale: fig. 13 a p. 115 Archivio Mondadori Electa, su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali: fig. 12 a p. 197 Archivio Mondadori Electa: fig. 26 alle pp. 202 e 203 (foto di Antonio Quattrone), fig. 3 a p. 212, fig. 7 a p. 217, fig. 9 a p. 219 (foto di Laurent Lecat), fig. 13 a p. 223 (foto di Sergio Anelli) Artothek, Weilheim: fig. 12 a p. 222 (foto Imagno) Artothek, Weilheim: fig. 11 a p. 196 (foto di Joachim Blauel) Biblioteca Apostolica Vaticana, Città del Vaticano, fig. 2 a p. 192 Istituto Archeologico Germanico, Roma: fig. 7 a p. 71, fig. 9 a p. 74 Kunsthistorisches Museum, Vienna: fig. 2 a p. 211 Erich Lessing / Contrasto, Milano: fig. 14 a p. 147, fig. 6 a p. 160, fig. 10 a p. 221 Massimo Listri / Corbis: fig. 1 a p. 134, fig. 10 a p. 144 Roberto Lucignani, Roma: fig. 6 a p. 167, fig. 7 a p. 169, figg. 8 e 9 alle pp. 169 e 170 Musei e Gallerie Pontificie, Città del Vaticano: fig. 5 a p. 69 (foto di M. Sarri), fig. 2 a p. 88 (foto di L. Giordano), fig. 1 a p. 190, fig. 28 a p. 204, fig. 1 a p. 208; cat. 20 (foto di A. Bracchetti), 44, 46 Museu Nacional Arqueològic, Tarragona: fig. 12 a p. 146. Luciano Pedicini, Archivio dell’Arte, Napoli: fig. a p. 2, fig. 2 a p. 15, fig. 6 alle pp. 26 e 27, fig. 7 a p. 29; fig. 8 a p. 30, fig. 9 a p. 32, fig. 14 a p. 55, fig. 15 a p. 57, fig. 1 a p. 64, fig. 4 a p. 68, fig. 6 a p. 70, fig. 12 a p. 185, fig. a p. 226, fig. a p. 254; cat. 5, 6, 9, 10, 13, 16-18, 23, 25, 26, 37, 39-43 Staatliche Antikensammlungen und Glyptothek, Monaco di Baviera: fig. 4 a p. 19, fig. 21 a p. 122; cat. 8 Staatliche Museen, Antikensammlung - Bildarchiv Preussischer Kulturbesitz, Berlino: fig. 11 a p. 50; cat. 49 Szépmüvészeti Múzeum, Budapest: fig. 10 a p. 196, fig. 29 alle pp. 206 e 207 The Bridgeman Art Library / Lauros / Giraudon: fig. 1 a p. 12, fig. 4 a p. 214, fig. 5 a p. 215, fig. 7 a p. 216 The Bridgeman Art Library: fig. 5 alle pp. 20 e 21, fig. 16 alle pp. 60 e 61 © Copyright the Trustees of The British Museum: fig. 1 a p. 38, fig. 2 a p. 40, fig. 11 a p. 113, fig. 12 a p. 114