achille ardigo`, io l`ho conosciuto

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Intervento del Segretario generale Alessandro Alberani CISL Area Metropolitana Bolognese
“ACHILLE ARDIGO’, IO L’HO CONOSCIUTO”
Sede Acli – via Lame 116 – Bologna
30 ottobre 2015
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Ho conosciuto Achille Ardigò, come studente universitario e sono ancora
impresse in me le sue rigorose lezioni, le sue analisi sui grandi temi della
sociologia contemporanea. La sua capacità di entrare sempre nel profondo.
Ardigò era un professore che incarnava nell’insegnamento i valori di un
cristianesimo sociale e di una scuola Dossettiana che faceva dell’analisi la
sua rigorosa particolarità.
Sono stato fortunato, da studente di Scienze Politiche, ad aver avuto
insegnanti come Achille Ardigò, Pasquino, Panebianco, Pombeni, Ruffilli con
cui ho fatto la tesi di laurea.
Achille Ardigò dirigeva a Scienze Politiche il Dipartimento di Sociologia ed
era un grande conoscitore della sociologia funzionalista.
I suoi riferimenti come Durkheim, Weber, Luhmann portavano direttamente
alla complessità dei sistemi sociali ma Ardigò aveva sempre nella sua visione
la società democratica, i cittadini, l’innovazione e soprattutto quel senso
cristiano profondo della giustizia insito in lui.
Non è casuale che alcuni anni dopo Achille Ardigò sarà uno dei protagonisti
della sociologia sanitaria con un approccio non solo teorico ma anche
pratico.
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E proprio mentre Amartya Sen pubblicava i suoi scritti in modo sintonico
Ardigò pensava ad welfare innovativo, sussidiario, sempre con un'attenzione
alla famiglia e ai più deboli.
Conoscevo già di fama Achille Ardigò soprattutto per il suo impegno in
“Cronache sociali”, la rivista fondata da Giuseppe Dossetti, di cui fu stretto
collaboratore a metà degli anni ’50 e protagonista della stesura del Libro
Bianco su Bologna straordinario documento amministrativo.
Ancor di più conoscevo Ardigò per il suo impegno di formatore nel secondo
dopo guerra per la nascita delle grandi associazioni di ispirazione cristiana,
l’Azione cattolica, le Acli e la Cisl.
Proprio tra il 1948 e il 1950 come ho riportato nel mio libro, sulla storia della
Cisl, il giovane prof. Ardigò teneva corsi di formazione, in via Castiglione, ai
sindacalisti bianchi della Libera Cgil che dì lì a breve sarebbe diventata la
Cisl.
E’ proprio con la stesura della mia tesi di laurea che nasce la vera e propria
amicizia con Achille. Ruffilli mi aveva dato il titolo della tesi con l’incarico di
ricostruire la storia della fondazione della Cisl, nel secondo dopoguerra nel
contesto nazionale e nella realtà bolognese. Immediatamente pensai di
coinvolgere due grandi personalità di cui in quell’occasione divenni amico il
sen. Giovanni Bersani e il prof. Achille Ardigò.
La presentazione del mio libro successivamente fu fatta proprio da questi
due autori che mi hanno dedicato generosamente molto del loro tempo
presso le abitazioni in via Bellinzona e in via di Frino.
Rimasi molto sorpreso dalla memoria storica di Achille ma soprattutto da
una capacità dicotomica di sintesi e profondità.
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La storia di quegli anni descritta nel mio libro è stata ricostruita da tante
testimonianze ma quella di Ardigò è una delle più importanti.
Ritrovai Ardigò poco tempo dopo per organizzare insieme un importante
convegno sulla sanità integrativa un suo “pallino” diventato un pilastro nella
contrattazione sindacale.
Come sempre in modo "profetico" aveva visto il futuro prima di qualunque
altro. Proprio perché forte della sua analisi e della sua visione aveva capito
che il futuro era nel welfare sussidiario e che, per fare questo, occorreva
rafforzare il welfare e la sanità pubblica ed attuare una sussidiarietà che non
snaturasse quella impostazione.
Il convegno andò benissimo al punto che il Ministro Bindi, con cui Ardigò
collaborava, promosse una serie di riforme in cui veniva contemplata anche
la sanità integrativa oggi conquista importante nei contratti di lavoro,
soprattutto a Bologna.
Gli altri momenti in cui si è consolidato il nostro incontro è stato quando
Ardigò fu nominato Commissario straordinario all’Istituto Ortopedico Rizzoli.
Mi chiamò immediatamente per chiedere di ragionare insieme su alcune
prospettive da mettere in campo nella fase di commissariamento e per
aprire un confronto costruttivo con le organizzazioni sindacali.
Il periodo del Rizzoli fu un momento importante nella relazione con il
professore anche per il ruolo che giocò un altro grande amico il prof.
Manzoli.
Finita quell’esperienza iniziammo ad organizzare alcuni convegni di studio in
particolare sulla Legge dell’assistenza, sulla non autosufficienza, sulla
sussidiarietà, che si tennero in diversi luoghi della città, spesso alla Cisl in via
Milazzo.
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Un altro momento importante riguarda l’impegno comune su Cup 2000 e il
laboratorio progettuale che si sviluppò attorno a quel progetto. Ardigò, oltre
ad avere una grande competenza, sul tema della sanità da sempre aveva
uno straordinario interesse nell'informatica e nella tecnologia.
E’ per questa regione che credeva profondamente nel progetto Cup 2000,
diventandone uno degli assoluti protagonisti.
L’ultima ma non meno importante occasione di relazione riguardò il nostro
gruppo di preghiera, forse l’esperienza che mi rimane più emotivamente
impressa.
Achille Ardigò è sempre stato un cattolico rigoroso ma aveva nella libertà
derivante dagli stessi studi della dottrina sociale un profondo rispetto.
La sua storia di cattolico democratico si sviluppò in un impegno politico
costante, prima con Dossetti, poi in collaborazione con Alberigo e
Andreatta, sempre attento a quello che succedeva alla nostra città e al
nostro paese.
Ma il tutto nasceva da una profonda fede dal suo costante richiamo a
ricercare nei mistici, come Santa Teresina, una risposta anche ai problemi
sociali. Gli incontri presso la Casa delle suore, vicino Porta Saragozza, si
aprivano sempre con una sua straordinaria riflessione, talmente profonda
che le sue parole rimanevamo impresse in me per lungo tempo e non
nascondo che mi ispiravano anche nella mia attività sindacale. Incontri che
oggi mi mancano molto, così come mi manca Achille Ardigò che con il suo
sguardo intelligente, quella sua determinazione mi chiamava lanciandomi
idee forse a volte utopistiche. In quell’utopia c’era però la possibilità di
tradurre il pensiero in azioni ed è proprio questo che lo rendeva un grande
uomo, un grande studioso e un grande cristiano.
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