l`affermazione dell `islam nel mediterraneo prof . marcello pacifico

“L’AFFERMAZIONE DELL’ISLAM NEL
MEDITERRANEO”
PROF. MARCELLO PACIFICO
L’affermazione dell’Islam nel Mediterraneo
Università Telematica Pegaso
Indice
1
MAOMETTO E LA NASCITA DELL’ISLAM -------------------------------------------------------------------------- 3
2
IL CALIFFATO ISLAMICO E L’ESPANSIONE----------------------------------------------------------------------- 9
3
GLI ABBASSIDI -------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 14
BIBLIOGRAFIA --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 20
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
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1 Maometto e la nascita dell’Islam
Durante il VII secolo nella distesa desertica dell’Arabia si verificarono i primi eventi che
avrebbero portato alla nascita della nuova religione: l’Islam.
L’Islam fu anche un’ideologia capace di saper creare una forte coesione tra i popoli nomadi
del deserto che in poco tempo poterono lanciarsi alla conquista di innumerevoli territori creando un
vasto impero che si estese dalla Spagna all’Asia.
L’avanzata araba in Europa ha avuto una grande importanza e questo fu notato per la prima
volta dallo storico Henri Pirenne il quale nella sua tesi afferma che durante le invasioni dei Germani
le città romane avevano mantenuto i loro caratteri fondamentali (centri di scambio, attiva vita
politica) e il Mediterraneo aveva continuato ad essere un fattore di unità tra i popoli.
Le cose cambiarono del tutto con l’arrivo degli Arabi infatti il Mediterraneo non fu più unito
e in Occidente si assistette alla scomparsa delle città, al ritorno di un’economia prevalentemente
agraria.
Alcuni studiosi hanno contestato la tesi di Pirenne; Paolo Delogu ha osservato che a
determinare la crisi dell’urbanesimo e dei commerci non fu l’arrivo degli arabi ma in generale
l’acuirsi di una crisi già in atti da tempo; Alphons Dopsch ha inoltre chiarito che i traffici
commerciali nel Mediterraneo non cessarono affatto.
La tesi di Pirenne è ritenuta comunque ancora valida anche perché dei dati restano certi
come il fatto che gli Arabi misero in crisi l’impero bizantino, crearono un vuoto politico nel
Mediterraneo centro occidentale che favorì un maggior dinamismo del papato e dei Franchi che si
allearono per dare all’Occidente una nuova sistemazione politica.
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La penisola arabica costituisce un vasto territorio tra l’Africa e l’Asia dal clima caldo e
secco. verso il 1000 a.C.
La parte centro-settentrionale di questa zona desertica era abitata dai beduini e dai fellahin; i
beduini erano un popolo di nomadi dediti al commercio e alle razzie mentre i fellahin erano delle
tribù sedentarie di contadini.
Nella zona meridionale vivevano gruppi con un livello culturale più alto; in questa zona,
favorita dalle piogge monsoniche e dalla collocazione tra l’oceano Indiano e il Mediterraneo,
fiorirono nel primo millennio a.C. dei regni molto ricchi e prosperi come quello di Saba.
Nella zona settentrionale, più a contatto con la Siria e l’Egitto, sorsero dei regni come quello
dei Nabatei che risentirono maggiormente dell’influenza egiziana, greca e romana.
La maggior parte della popolazione araba era però costituita dai Beduini, un popolo che
aveva i suoi valori nel coraggio, nella fierezza, nella sopportazione dei sacrifici e delle difficoltà.
Questo popolo di nomadi era organizzato in tribù, ognuna con un antenato comune; tutti i
membri di una tribù si aiutavano e accettavano le decisioni del capo elettivo affiancato da un
consiglio e da un giudice.
Le donne erano considerate come beni delle famiglie e venivano cedute al marito tramite il
pagamento di una dote.
La religione prevalente tra queste tribù era il politeismo, si adoravano infatti divinità
personificazioni di pianeti, divinità varie e spiriti; le tribù del Nord però veneravano anche una
divinità suprema, Allah (il Dio); non mancavano comunque comunità ebraiche e cristiane.
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Il punto di forza della penisola arabica fu la sua collocazione geografica infatti proprio dai
territori della penisola dovevano passare le merci provenienti dall’India e dirette verso il
Mediterraneo.
Tutto il territorio era segnato dalle piste carovaniere che avevano come tappe le città più
ricche dell’Arabia; tra queste assunse sempre più importanza la Mecca, un centro che già nel V
secolo aveva una rilevanza per le sue sorgenti, i suoi traffici commerciali e la sua vitalità politica
grazie alle attività della tribù dei Quraish.
Questa tribù aveva preso il controllo della città, costruito un santuario detto Kaaba per la sua
forma a cubo dove aveva riunito tutte le divinità arabe; la città divenne così un centro religioso ma
anche politico in quanto tutti i membri delle famiglie più ricche e importanti si riunivano in un
senato.
La Mecca divenne una piccola repubblica oligarchica di tipo mercantile e qui nacque
Maometto tra il 569 e il 571.
Maometto era il nipote del custode della sorgente Zemzem, rimasto orfano fu allevato da
uno zio, sposò una ricca vedova e raggiunse una buona posizione economica che gli permise di
dedicarsi alla riflessione religiosa.
Secondo la storia islamica nel 610 Maometto ebbe l’apparizione dell’arcangelo Gabriele il
quale gli annunciò che lui era l’apostolo di Allah; nel 613 cominciò la sua missione
evangelizzatrice; il suo messaggio puntava a far riconoscere Allah come unico e vero dio al quale
tutti dovevano essere sottomessi (islam-sottomissione) e a fare riconoscere il dovere di aiutare i
poveri.
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Inizialmente i dirigenti quraishiti non diedero eccessiva importanza a questa nuova dottrina
ma quando Maometto cominciò apertamente ad attaccare e prendere le distanze dal politeismo
dicendo ai credenti di pregare rivolti verso Gerusalemme cominciarono le ostilità in quanto si
temeva di perdere tutte le entrate legate ai pellegrinaggi alla Kaaba.
Maometto intanto continuava la sua opera ma nel 622 capì di non poter più rimanere a La
Mecca e il 24 settembre giunse nella città della famiglia materna Yathrib che prese il nome Medina
(città del profeta).
Questa data è molto importante perché per i musulmani segna l’inizio di una nuova era;
negli anni successivi l’originalità della religione islamica si evidenziò nettamente insieme al suo
scopo di radicarsi nella tradizione araba; Maometto apportò molte novità:
-nel 624 prese la decisione di sostituire La Mecca a Gerusalemme come punto di
orientamento della preghiera,
- sottolineò il carattere esclusivistico della fede islamica: l’unica vera fede,
-istituì il digiuno nel mese di ramadan in ricordo della rivelazione che aveva ricevuto nella
notte tra il 26 e il 27 ramadan (notte del destino).
Il Corano è il libro sacro per i musulmani realizzato circa venti anni dopo la morte del
profeta in cui venne fissato il pensiero di Maometto da coloro che gli erano stati più vicini e
avevano vissuto mettendo in pratica i suoi insegnamenti.
Nel Corano sono presenti numerosissime norme sia sulla pratica religiosa sia sulla vita
sociale dei musulmani; facendo uno studio serio del testo si possono tuttavia estrapolare quelle
fondamentali che costituiscono i pilastri della religione musulmana.
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Il primo pilastro è quello della doppia professione di fede (shahada): «Non c’è altro dio che
Allah e Maometto è il suo inviato».
Nella prima parte si afferma il carattere monoteistico della religione dicendo appunto che
Allah è l’unico Dio mentre nella seconda parte si identifica in Maometto il profeta perfetto distinto
dai tanti profeti presenti nell’Ebraismo e nel Cristianesimo.
I credenti che si allontanano dall’islamismo compiono un grave peccato punibile con la
morte, inoltre un musulmano poteva sposare una donna non musulmana a patto però da impartire la
propria religione ai figli mentre invece una donna islamica non poteva sposare un uomo di diversa
religione se questo non si convertiva.
I pagani e politeisti caduti in mano agli islamici per non essere uccisi dovevano convertirsi
mentre gli appartenerti alle altre religioni monoteiste potevano continuare a praticarla a patto di non
fare proseliti e pagando un’apposita imposta.
Il secondo pilastro è la preghiera; questa deve essere sempre compiuta con il volto rivolto
alla Mecca e la si può recitare in forma individuale cinque volte al giorno o in forma comunitaria
nelle moschee, il venerdì a mezzogiorno.
Durante il raduno del venerdì si ascolta il sermone dell’iman, che non è un sacerdote ma un
direttore spirituale il quale ha il compito di mantenere vivo tra i credenti lo spirito comunitario e di
uguaglianza.
Il terzo pilastro è il ramadan: il mese consacrato alle pratiche di devozione, lettura del
Corano e riflessione; durante questo mese è proibito mangiare ed avere rapporti sessuali prima del
tramonto.
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Il quarto pilastro è il pellegrinaggio alla Mecca, almeno una volta nella vita; esso ha una
funzione purificatrice e serve a rinsaldare ancora di più la fede.
Il quinto pilastro è l’elemosina legale che consiste nel versare un decimo del proprio reddito;
con i soldi ricavati si aiutano i fratelli indigenti.
A questi 5 pilastri alcuni gruppi di musulmani ne aggiungono un sesto: la guerra santa
(jihad) che ha una doppia valenza infatti, oltre a indicare la guerra vera e propria per diffondere
l’Islam indica anche la lotta personale di ogni credente contro se stesso e le sue cattive inclinazioni.
I successori di Maometto usarono il tema della jihad per inviare i musulmani alla conquista
del mondo mascherando il tutto come tentativi di far convertire gli infedeli.
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2 Il Califfato islamico e l’espansione
Il merito di Maometto fu quello di sapere dare una continuazione agli aspetti tipici della
società araba (come, ad esempio, la pratica della razzia, la poligamia, il pellegrinaggio, il culto)
riuscendo allo stesso tempo a superare i molti particolarismi delle tribù che furono organizzate e
riunite intorno a un’unica fede e a un unico potere politico centrale.
Quando Maometto arrivò a Medina si fece costruire una casa che ben presto divenne centro
di preghiera e riferimento per tutti i convertiti della città, tranne per gli Ebrei che successivamente
furono cacciati.
Da Medina Maometto organizzò diversi attacchi e razzie alle carovane che partivano dalla
Mecca così i Quraishiti tentarono, senza aver fortuna, di fermare Maometto con le armi. Avendo
fallito nel 629 permisero a Maometto di fare un pellegrinaggio alla Kaaba e poi, a tappe molto
vicine tra loro, si avvicinarono al profeta, si convertirono e l’11 gennaio 630 gli aprirono le porte
della città.
Da questo momento il numero dei convertiti tra le tribù beduine crebbe in maniera
esponenziale e anche i Cristiani accettavano di pagare una tassa per continuare a professare la loro
religione usufruendo però della protezione dei musulmani.
Nel 632 Maometto morì e alla sua morte sorsero subito dei contrasti tra i suoi seguaci per
decidere chi avrebbe preso il suo posto e sarebbe diventato il suo “sostituto” (khalifa, califfo).
Questi avrebbe avuto il compito delicatissimo di reggere la comunità islamica facendo
riferimento allo spirito e agli insegnamenti del Profeta; la scelta cadde si Abu Bakr, suocero di
Maometto e membro influente dei Quraishiti.
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Poiché Abu Bakr non fu accettato da tutte le tribù si verificarono delle defezioni e delle
rotture interne ma questi seppe far fronte a tutte le difficoltà e ristabilire l’ordine in meno di un anno
tanto che già nel 633 aveva già organizzato delle spedizioni militari verso la Siria e l’Iraq.
Nel 634 anche Abu Bakr morì e per circa un decennio il problema della successione fu
risolto eleggendo persone facenti parte dello stretto gruppo di parenti e compagni di Maometto
(periodo del califfato elettivo); le tensioni erano però molto forti e ben tre califfi furono assassinati.
Il genero di Maometto, Alì sentendosi poco sicuro in Arabia spostò la sua sede a Kufa ma
anche lui fu deposto perché accusato di omicidio. Alì tentò di resistere con un gruppo armato, detti
sciiti, che lottò contro la maggior parte dei musulmani, detti sunniti.
Nel 661 morì violentemente e con lui finì il periodo del califfato elettivo e del regime
esclusivamente teocratico e iniziò una nuova fase caratterizzata da forme organizzative più
complesse.
Le lotte per la successione a Maometto non avevano fermato l’espansionismo dei
musulmani ma anzi lo avevano esaltato perché i successi militari oltre che portare alla casse dei
musulmani ingenti bottini sopivano o attenuavano le tensioni interne.
In circa vent’anni gli Arabi sconfissero definitivamente i Persiani e privarono i Bizantini di
gran parte dei loro territori africani e siriani.
L’espansionismo arabo ebbe questi risultati anche perché sia i Persiani che i Bizantini erano
particolarmente deboli dopo le continue lotte tra di loro e anche perché l’impero bizantino
attraversava in quel periodo una grave crisi interna sia per motivi religiosi e amministrativi.
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Man mano che i territori conquistati aumentavano si capiva bene come la società di uguali
sognata da Maometto non poteva realizzarsi: i vecchi clan familiari ripresero vitalità, i capi tribù e
di clan acquisivano sempre più potere e vantaggi materiali.
I non arabi convertiti all’Islamismo inoltre avevano un trattamento diverso rispetto agli arabi
musulmani: dal punto di vista religioso e fiscale non c’erano differenze ma non potevano entrare a
far parte dell’esercito, non potevano perciò aver parte ai bottini né all’assegnazione delle terre.
Agli inizi dell’VIII secolo per motivi militari la situazione cambiò; i progetti espansionistici
erano molti e c’era bisogno di soldati così fu permesso il reclutamento di questi credenti che
venivano regolarmente stipendiati.
La dominazione araba era accettata da tutti i popoli sottomessi anche perché non era molto
gravosa; Ebrei e Cristiani per esempio pagavano due tasse agli arabi ma poiché non erano gravose e
inoltre potevano conservare la loro organizzazione sociale e religiosa non ci furono mai problemi.
Anche al governo dei territori conquistati restarono i vecchi funzionari che venivano
affiancati da esponenti dell’amministrazione araba; a capo di ogni provincia fu posto un
governatore (l’emiro), un corpo di guardie, un giudice e un funzionario per il settore finanziario che
aveva il compito di amministrare i bottini e controllare l’entrata di tutte le tasse pagate dagli infedeli
e delle elemosine pagate dai musulmani.
Il ruolo del califfo andò rafforzandosi sempre di più e molti di essi cercarono di istaurare
una successione ereditaria; un primo tentativo fu fatto dal terzo califfo eletto durante il periodo del
califfato elettivo: Othman (644-656) del clan degli Omayyadi.
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Othman favorì l’ascesa verso ruoli importanti ai vertici dello Stato dei membri del suo clan
per averne l’appoggio; per assicurarsi anche l’appoggio dei guerrieri procedette con l’assegnazione
a questi delle nuove terre conquistate stringendo perciò con essi legami clientelari.
La famiglia degli Omayyadi perse il potere dal 656 al 660 ma una volta deposto Alì iniziò la
lunga serie dei califfi omayyadi (660-750).
La stabilizzazione del potere regnante coincise con una forte ripresa delle spinte espansive e
il rafforzamento dell’apparato statale, ordinamento che si tentò di applicare a tutti i territori
conquistati.
Durante il governo di questa dinastia la capitale fu spostata a Damasco, in Siria, per pressare
sempre di più l’impero bizantino e dei problemi interni legati al vitalismo dei clan furono risolti.
Gli Arabi cercarono inoltre di espugnare Costantinopoli assediandola sia via terra che via
mare ma non ci riuscirono: nel 677 i Bizantini distrussero la flotta araba; la capitale bizantina ne fu
molto indebolita.
Nel frattempo altri Arabi si spinsero nel Mediterraneo orientale occupando le isole di Cipro,
Creta e Rodi e infine giunsero anche nel Mediterraneo occidentale.
Anche l’Africa non fu risparmiata dall’espansionismo arabo: tutta la parte settentrionale fu
conquistata in meno di 50 anni; Cartagine cadde nel 698 e nel 711 gli Arabi giunsero a Gibilterra,
penetrarono in Spagna e dopo soli 5 anni erano già in Gallia. Qui però furono fermati nel 732 da
Carlo Martello, nella battaglia di Poitier, solo dopo rinunciarono a penetrare ancora in Europa e si
ritirarono in Spagna.
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Altro fronte di conquiste durante il califfato degli Omayyadi fu quello dell’Asia centrale e
dell’India; anche qui la popolazione si convertì velocemente all’islamismo e l’arrivo degli Arabi
favorì lo sviluppo dell’urbanesimo e dei commerci.
Proprio in Asia però scoppiarono delle rivolte che furono fatali per la dinastia omayyade,
queste nacquero in seguito alla difficile convivenza tra i nuovi convertiti e gli Arabi che
concentravano nelle loro mani tutte le ricchezze.
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3 Gli Abbassidi
Nel 747 si verificò un’insurrezione armata che determinò la fine della dinastia degli
Omayyadi; questa fu ideata dalla famiglia degli Abbasidi i cui membri si ritenevano i legittimi
successori di Maometto in quanto discendenti dallo zio paterno del Profeta.
Grazie all’appoggio degli sciiti conquistarono il potere e per prima cosa spostarono il centro
dell’impero dalla Siria all’Iraq e qui al-Mansur, primo grande esponente della famiglia abbaside,
fondò nel 762 la capitale Bagdad.
Le novità apportate da questa nuova dinastia furono molte; prima di tutto si procedette con
la riorganizzazione dello Stato su un nuovo modello di assolutismo orientale.
Il califfo non fu più considerato semplicemente un sostituto di Maometto ma il
rappresentante terreno di Dio stesso; il potere effettivo fu ceduto ai funzionari che riuscirono ad
arricchirsi notevolmente.
Uno di questi funzionari era il visir che era il responsabile dell’amministrazione centrale
dello Stato.
Dai cambiamenti non fu risparmiato nemmeno l’esercito; i reclutamenti non furono più fatti
in base alle tribù visto che ormai era alta la percentuale di mercenari iraniani, berberi e turchi. Il
fatto di limitare il predominio militare dei soli Arabi aveva come scopo quello di far affermare
l’uguaglianza di tutti i musulmani di fronte allo Stato.
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I capi militari (amir) dell’esercito divennero molto importanti e influenti tanto che alcuni di
loro si misero alla guida di movimenti secessionistici; per frenare tale tendenza fu istituita un’altra
figura quella dell’emiro degli emiri: un capo supremo dell’esercito.
Gli Abbasidi posero molta attenzione all’affermazione di un’unica lingua araba poiché
questa avrebbe riflettuto l’unità religiosa e culturale oltre ad essere un mezzo di comunicazione tra
tutti i popoli entrati nell’orbita islamica.
Proprio durante il dominio degli Abbasidi si verificò un’eccezionale fioritura della cultura in
nuovi campi: medicina, filosofia, fisica, astronomia e matematica mentre la produzione artistica
espressa ad esempio nell’architettura sia civile che religiosa ebbe il massimo sviluppo durante la
dominazione degli Omayyadi.
Lo sviluppo culturale andò di pari passo con quello economico; il settore trainante fu quello
agricolo che si perfezionò sempre di più grazie a molte innovazioni nell’ambito delle tecniche
agrarie, dei sistemi di irrigazione e delle nuove culture.
In questo periodo le città arabe tornarono a risplendere e ad avere il ruolo centrale che
avevano avuto durante il periodo ellenistico-romano: furono fondate inoltre molte nuove città che si
popolarono velocemente poiché offrivano vano possibilità di esercitare attività produttive,
commerciali e intellettuali.
Nelle città si svilupparono molte attività artigianali ma un ruolo di rilievo lo ebbe il
commercio; centri come Bagdad e Alessandria d’Egitto divennero grandi centri di scambio e
proprio in queste città negozianti e grandi commercianti acquisirono potere e diedero vita ad una
borghesia mercantile che attivò società bancarie e finanziarie.
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Queste novità avevano reso il mondo islamico superiore a quello cristiano ma gli elementi di
debolezza interna rimasero sempre il suo punto debole; alcuni elementi in particolare si rivelarono
fatali per l’unità e la stabilità dell’impero arabo.
Primo fra tutti fu l’acuirsi degli squilibri sociali causati dall’eccessivo arricchimento di alti
funzionari statali, capi militari e di membri della borghesia commerciale a discapito dei piccoli
coltivatori che spesso cedeva le loro terre in cambio di protezione.
Il secondo elemento di instabilità fu rappresentato dall’enorme massa di emarginati e poveri
che si addensò nelle città mentre le campagne rimasero spopolate. Il grande sviluppo agricolo era
infatti avvenuto nelle zone suburbane mentre il resto delle zone rurali soffriva per la mancanza di
acqua e la scarsità di manodopera.
Altro e determinante elemento di fragilità furono le spinte autonomistiche che governatori e
funzionari locali alimentavano con la speranza di avere più potere mascherandole però con
motivazioni di carattere etnico e religioso.
All’inizio della dinastia abbaside queste spinte furono in qualche modo controllate, anche la
formazione di dinastie locali non mise infatti mai in discussione l’unità dello Stato centrale in
quanto si riconosceva il ruolo principale del califfo.
Agli inizi del X secolo però le cose cambiarono: il titolo di califfo fu rivendicato sia dalla
famiglia dei Fatimiti i quali, grazie anche all’aiuto degli Sciiti, avevano conquistato l’Africa
settentrionale, la Siria e la Palestina, sia dall’emiro di Cordova, l’ultimo discendente degli
Omayyadi che si era rifugiato in Spagna.
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Nella parte centro-orientale dell’impero forti erano le spinte delle tribù turche; queste
vennero accolte nell’esercito e islamizzate diventando poi il sostegno militare alla famiglia
abbaside.
La dinastia abbaside riuscì a mantenere il suo potere fino al 1258 quando la città di Baghdad
fu occupata dalle orde mongole di Hulagu Khan.
L’impero arabo conquistò moltissimi territori tra cui molti Stati europei che, proprio dallo
stretto contatto con il mondo islamico, sono stati condizionati politicamente, economicamente e
culturalmente.
Le prime conquiste europee degli Arabi furono i territori spagnoli; la parte centro
meridionale dell’attuale Spagna e il Portogallo costituivano il territorio di al-Andalus. Tale territorio
nel 756 era già un emirato indipendente da Baghdad e nel 929 divenne califfato; grazie alla
dominazione tollerante e alla centralizzazione dell’apparato politico e amministrativo il poco tempo
fece raggiungere un buon livello di civiltà e prosperità. L’emirato di Cordova nel X secolo nulla
aveva da invidiare alla stessa Baghdad avendo un’intensa vita politica, economica, commerciale,
artistica e letteraria.
Si cercò anche di espandersi sia nelle aree cristiane del nord (nel 997 fu occupata Santiago di
Compostela) sia nei territori dei Berberi in Marocco e in Algeria.
Nel 1086 in Marocco si affermò la dinastia degli Almoravidi che estese i suoi domini anche
in Spagna; a sua volta questa dinastia fu soppiantata da quella degli Almohadi che volle un ritorno
all’islamismo puro.
In Egitto prevaleva la dinastia dei Fatimiti i quali crearono un califfato autonomo e
dominarono anche sul Maghreb e la Sicilia. L’Egitto godeva dei benefici dovuti alla sua posizione
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geografica che le conferiva un ruolo di rilievo per i commerci tra l’oceano Indiano e il
Mediterraneo.
La Sicilia per quasi tre secoli ha avuto la presenza araba nei suoi territori; già dal 625 gli
Arabi operavano incursioni ne suoi territori ma le operazioni di conquista iniziarono nell’827 per
iniziativa degli Aghlabiti.
Le truppe arabe sbarcarono a Mazara, batterono i Bizantini a Corleone e si diressero a
Siracusa che riuscì a resistere all’assedio per quasi mezzo secolo.
Nell’831 intanto altre truppe conquistarono Palermo e tutta la Sicilia occidentale mentre tra
l’842 e l’843 capitolò anche Messina.
Nell’878, dopo un’eroica resistenza, Siracusa fu sconfitta e con essa la gran parte della parte
orientale; in mano ai Bizantini restarono delle roccaforti come Taormina che fu conquistata nel 962.
Durante la dinastia dei Kalbiti la Sicilia fu dichiarata emirato indipendente e attraversò un
periodo di particolare floridezza e ricchezza sia economica che culturale; a testimoniarlo si può
citare il rigoglio urbano di diverse città e su tutte di Palermo.
Qui vennero costruiti numerosi edifici sacri e profani, si svilupparono numerose attività
commerciali e artigianali e nuove tecniche agricole grazie anche all’abbondanza di acqua.
In tutta l’isola ci fu un’elevata produzione di grano, frutta, ortaggi, cotone e altri prodotti che
venivano esportati; gli Arabi inoltre portarono in Sicilia nuove colture come quella degli agrumi,
della palma, del dattero e del papiro.
Destinati all’esportazione erano anche molti altri prodotti come la carta-papiro di Siracusa,
le stoffe pregiate e i prodotti minerari (oro, argento, ferro, piombo) estratti nei pressi dell’Etna.
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vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
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Università Telematica Pegaso
Dal punto di vista culturale la Sicilia ebbe un ruolo di rilievo sia per l’interpretazione del
Corano ma anche per nuovi studi filologici e storiografici.
In quasi tre secoli di dominazione la cultura araba ha donato molto e ancora oggi troviamo
alcuni elementi arabi in alcuni termini, anche di uso quotidiano (dialetto siciliano azzizzata, gebbia,)
La conquista araba non causò una frattura nel Mediterraneo: i commerci dei prodotti tipici,
gli scambi culturali e i contatti diplomatici continuarono sempre.
La civiltà araba inoltre ebbe la straordinaria capacità di saper unire civiltà molto diverse tra
di loro e in certi casi fu di stimolo all’Occidente nel far sperimentare nuove forme di potere politico
e di valori spirituali.
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 K. Polanyi, La Grande Trasformazione, Torino, Einaudi, 1974(Trad. Dell’originale Del
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 U. Rizzitano, Storia E Cultura Nella Sicilia Saracena, Palermo, Flaccovio, 1975
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