UNA VISIONE D’INSIEME SULLE BIOTECNOLOGIE Per biotecnologie si intende l’insieme delle tecniche che utilizzano organismi viventi per lo sviluppo di processi o prodotti utili. Gli organismi viventi sono da sempre alla base del nostro sostentamento: ci forniscono cibo, protezione, vestiario e combustibili. L’uso che ne facciamo prevede spesso una loro modificazione. Se diamo al termine biotecnologia il significato più generale, sono gli allevatori e gli agricoltori dell’età della pietra che oltre 10 000 anni fa hanno dato inizio alla rivoluzione biotecnologica, cominciando ad addomesticare animali e piante. I nostri antenati hanno poi esteso l’uso degli organismi viventi ai microrganismi circa 8000 anni fa, iniziando a sfruttare batteri, lieviti e funghi per convertire le uve in vino, il latte in yogurt e formaggio e il frumento in pane lievitato grazie al processo della fermentazione microbica. Ad attestare queste invenzioni sono i ritrovamenti effettuati in Medio Oriente ed Egitto. L’uso dei microrganismi si è poi esteso ben oltre le fermentazioni. Fin dal diciannovesimo secolo i contadini fanno uso di microrganismi per controllare gli insetti che devastano le coltivazioni e a partire dagli anni Cinquanta del secolo scorso, invece, tutti gli antibiotici e le vitamine aggiunte agli alimenti derivano da microrganismi. Alcuni vaccini si avvalgono addirittura dell’uso di virus o batteri vivi privati della capacità di infettare l’organismo che li ospita. A questo punto verrebbe da chiedersi: se l’approccio di tipo biotecnologico risale a oltre 10 000 anni, perché si parla in tempi moderni di «rivoluzione biotecnologica»? La conoscenza scientifica attuale ci porta a distinguere la moderna biotecnologia da quella antica per una ragione: i nostri antenati agivano sugli organismi, selezionandoli in base ai cambiamenti che comparivano per caso e procedendo quindi per tentativi ed errori. Nell’antichità non c’era alcuna conoscenza dei meccanismi della genetica e delle ragioni per cui certi interventi avessero successo e altri no. I progressi realizzati durante lo scorso secolo hanno condotto a una conoscenza progressivamente più chiara e approfondita di tali meccanismi, rendendo possibili interventi mirati, a livello molecolare, che modificano esclusivamente le parti interessate del genoma (vale a dire del complesso delle informazioni genetiche di una cellula o di un organismo). Si tratta di tecniche più potenti, che richiedono quindi una maggiore responsabilità nel loro utilizzo, ma indubbiamente si tratta anche di tecniche più precise e controllate. Biotecnologie classiche e nuove biotecnologie Le biotecnologie sono di fatto una collezione di tecniche diverse, le cui applicazioni spaziano dall’industria farmaceutica a quella alimentare e agricola; ecco perché sentiamo parlare di «biotecnologie» al plurale. Alcune di queste tecniche sono consolidate da decenni e considerate ormai tradizionali, come quelle che consentono la ricombinazione naturale. Essa non opera attraverso mirate manipolazioni, ma sfrutta processi come il crossing over, la fecondazione e la ricombinazione batterica per ottenere un naturale aumento della variabilità genetica, materia prima per la selezione artificiale. L’agricoltura e l’allevamento si basano su tecniche di questo tipo fin dal 8500 a.C. circa, ma il processo di ricombinazione naturale e di incrocio selettivo degli individui scelti per le loro caratteristiche è lento e spesso inefficiente. Per migliaia di anni i nostri antenati hanno agito sapendo solo che la prole tendenzialmente assomiglia ai genitori e, pur non capendone i meccanismi biologici, l’esperienza era sufficiente per esempio a determinare le alterazioni genetiche nelle piante coltivate rispetto a quelle selvatiche da cui provenivano. Molti ricercatori vedono l’ingegneria genetica (ovvero la manipolazione mirata a livello molecolare dell’informazione genetica) come una semplice estensione dell’incrocio selettivo: entrambe le tecniche servono infatti a unire materiale genetico proveniente da sorgenti diverse per creare organismi con nuove caratteristiche. In realtà, le due tecniche presentano differenze rilevanti. Mentre nell’ingegneria genetica gli scienziati spostano da un organismo a un altro singoli geni di cui conoscono la funzione, le tecniche di incrocio selettivo prevedono il trasferimento di interi gruppi di geni dalle funzioni ignote. Il rischio di produrre organismi dalle caratteristiche inattese si è progressivamente ridotto con il perfezionamento delle tecniche di manipolazioni genetica. Oltre a ciò, le nuove tecniche consentono di aggirare l’ostacolo causato dal fatto che organismi di specie diverse non producono prole fertile: a un qualunque organismo appartenga il gene interessato, esso può essere trasferito in qualsiasi altro organismo, indipendentemente da quanto le due specie siano geneticamente distanti. Sebbene l’intero processo sia più controllato dell’incrocio selettivo, le sue potenzialità sono tra le ragioni per cui molti guardano con diffidenza all’ingegneria genetica. LE TAPPE SALIENTI DELLO SVILUPPO DELLE BIOTECNOLOGIE INNOVATIVE 1973 1982 1983 1988 1997 2001 2012 I genetisti americani Cohen e Boyer danno vita all’era dell’ingegneria genetica quando producono per la prima volta DNA ricombinante ovvero una molecola ottenuta artificialmente dalla combinazione di materiale genetico di organismi differenti. In particolare riuscirono a trasferire in un batterio Escherichia coli i geni per la resistenza a due antibiotici diversi, ciascuno proveniente da ceppi batterici differenti. Prima applicazione commerciale delle biotecnologie: la FDA (Food and Drug Administration) americana approva l’immissione sul mercato dell’insulina umana, prodotta con la tecnica del DNA ricombinante grazie ad una modificazione del patrimonio genetico del batterio E. coli. Realizzazione della prima pianta transgenica di tabacco; Il biochimico Mullis scopre la PCR, Polymerase Chain Reaction, uno dei maggiori strumenti della ricerca biotecnologica e dello sviluppo dei prodotti a livello mondiale Watson lancia la proposta del Progetto Genoma Umano il cui obiettivo è l’identificazione della completa sequenza di basi del DNA umano. Nascita di Dolly, il primo mammifero clonato, copia identica di un suo simile. Viene completato il PGU Viene pubblicato il primo articolo scientifico di due ricercatrici Jennifer Doudna ed Emmanuelle Charpentier sull’uso della CRISPR, una vera e propria rivoluzione in ambito biotecnologico. Oggi il portale scientifico Pubmed conta già migliaia di referenze bibliografiche sull'argomento. Le biotecnologie sono un insieme variegato di scienze applicate che si avvalgono di delle conoscenze mutuate da diverse discipline, principalmente: biochimica, chimica, biologia molecolare, genetica, microbiologia. I principali campi di applicazione possono essere ricondotti a 4 diverse categorie: biotecnologie verdi: per applicazioni nel campo delle produzioni vegetali e zootecniche; biotecnologie bianche: per applicazioni nel campo delle produzioni industriali; biotecnologie rosse: per applicazioni nel campo della salute, per la diagnosi, la prevenzione e la cura delle malattie umane e animali; biotecnologie grigie: applicate alla salvaguardia dell'ambiente. A partire dagli ultimi anni del secolo scorso, la commercializzazione dei prodotti biotecnologici è in continua e rapida espansione. Ciò nonostante, diversi Paesi del mondo, Unione Europea compresa, hanno leggi che ne regolano la diffusione o vietano espressamente che siano messi sul mercato. A tutt’oggi, le biotecnologie hanno incontrato il consenso più generalizzato nella produzione di farmaci e di vaccini, mentre la resistenza è massima nel campo dell’agricoltura. BIOTECNOLOGIE BIANCHE I progressi ottenuti in questo settore sono legati soprattutto all’industria alimentare soprattutto a quella casearia, vinicola e birraria ormai consolidate nelle quali vengono utilizzati i cosiddetti biocatalizzatori, ovvero organismi viventi o loro enzimi in grado di svolgere la reazione desiderata senza alcun effetto dannoso per il consumatore. Le applicazioni industriali degli enzimi sono molte, per esempio l’uso di enzimi efficienti all’interno dei detersivi ha permesso di abbassare la temperatura e le tempistiche di utilizzo delle lavatrici, con un notevole risparmio in termini economici e di inquinamento. Nei detergenti sono presenti enzimi degradativi delle proteine (proteasi) e dei grassi (lipasi) i quali hanno anche un’azione meno aggressiva nei confronti dei tessuti, al contrario di alcune sostanze chimiche utilizzate in passato. Cellulasi Proteasi Amilasi Lipasi Ammorbidiscono e rischiarano i tessuti, eliminando la sporcizia intrappolata nelle fibre Rimuovono macchie di natura proteica sangue, uova Rimuovono le macchie di amido patata, riso, crema pasticcera Rimuovono le macchie grasse olio, burro, rossetto Nel settore tessile invece un’applicazione interessante è quella dell’effetto “consumato” (stone wash) tipico del tessuto dei jeans, ovvero il denim. In passato si utilizzava la pietra pomice al fine di introdurre abrasioni sul tessuto o schiarirne il colore; oggi invece enzimi chiamati cellulasi sono in grado di compiere la stessa operazione in maniera più veloce e controllata, tanto da introdurre una scala di tonalità a seconda della concentrazione di enzima utilizzato. Un altro grande settore di applicazione è quello alimentare, nel quale gli enzimi vengono utilizzati per rendere il prodotto finale più appetibile, e a volte più digeribile, al consumatore. Per esempio la lattasi rende il latte adatto al consumo anche per gli individui intolleranti al lattosio. Tutti questi enzimi vengono prodotti con la tecnica del DNA ricombinante di cui parleremo nel dettaglio nell’ambito delle biotecnologie rosse. BIOTECNOLOGIE ROSSE Applicazioni delle biotecnologie in campo biomedico sono svariate: prodotti naturali ad uso farmaceutico (es. penicillina) biopolimeri (es. acido ialuronico) terapie di sostituzione (es. insulina) terapia genica vaccini ricombinanti settore diagnostico (malattie genetiche, scienze forensi, test di paternità) ma in generale possono essere suddivise in due macro aree: terapia e diagnosi. APPLICAZIONI TERAPEUTICHE Le biotecnologie stanno offrendo un significativo contributo nel fornire sia versioni migliorate dei trattamenti terapeutici attuali sia nuove cure. Grazie alla tecnologia del DNA ricombinante è possibile ottenere colture batteriche che producano composti che il corpo umano produce naturalmente come gli interferoni, che stimolano la risposta alle infezioni virali. Inoltre, molte malattie possono derivare da geni difettosi che portano alla mancanza totale o alla produzione inadeguata di alcune delle sostanze, solitamente proteiche, prodotte dalle nostre cellule. In passato, una volta identificata l’espressione difettosa o mancante di alcune proteine, si interveniva fornendo al paziente quella stessa proteina, ricavandola da specie microbiche o animali, come nel caso dell’insulina che veniva estratta dal pancreas di bovini e suini. Queste tecniche salvavita non erano prive di difetti, a partire dal fatto che una proteina animale solitamente non è identica a quella prodotta dal corpo umano, cosicché, in alcuni casi, tali proteine potevano indurre una risposta immunitaria una volta iniettate. Esisteva poi il rischio che le molecole ottenute da sorgenti estranee fossero contaminate da patogeni o sostanze nocive. Oggi, grazie all’utilizzo in laboratorio delle colture cellulari di colonie di batteri geneticamente modificati con l’inserzione del gene interessato, la sintesi delle proteine umane avviene in condizioni ben controllate; parliamo in questo caso di terapie di sostituzione. Oltre alla semplice sostituzione di proteine mancanti o non funzionanti, con la terapia genica si può agire direttamente sui geni inserendo nel paziente geni funzionali al posto di quelli difettosi. Nonostante gli entusiasmi dei primi tempi, le straordinarie promesse della terapia genica sono stati ridimensionati dal procedere delle ricerche. Esistono infatti enormi barriere tecniche da superare per ottenere una sostituzione genica effettiva: innanzitutto è molto difficile fare in modo che un gene sano si integri correttamente all’interno del genoma ripristinando le funzioni del gene difettoso. Un’altra applicazione del DNA ricombinante consiste nella formulazione dei cosiddetti vaccini ricombinanti: in colture di lievito (Saccharomyces cerevisiae) si inserisce il gene che codifica per la proteina immunogena di un determinato microrganismo. In questo caso, i batteri in coltura esprimono il gene producendo la molecola desiderata che viene poi somministrata all’uomo per stimolare la risposta immunitaria (es. vaccino contro HBV). Le colture cellulari batteriche sono indispensabili anche per produrre materiali biologici compatibili con i tessuti umani, i biopolimeri. Per esempio, lo ialuronato è un polisaccaride formato da un monomero derivato da molecole di zucchero, che si trova soprattutto nella matrice del tessuto connettivo. Esso ha elasticità e viscosità simili a quelle delle materie plastiche e inoltre è solubile in acqua; grazie a queste sue proprietà viene usato per trattare le artriti, prevenire cicatrizzazioni postintervento e anche come cosmetico all’interno di creme idratanti per la pelle.