ELOHIM?!?!? Chi era costui? di L. Serni Trattazione copiata dal sito: http://www.zelohim.it/calgary/baraelohim.html Uno dei punti più fantasiosi, e anche più sintomatico di come le informazioni vengano adattate senza alcun ritegno al proprio scopo, su cui si basa la "filosofia" raeliana è il significato del termine Elohim. Adducendo argomentazioni artistiche i seguaci del sig. Vorilhon asseriscono che tale termine significa "più dei". Un'analisi seria e ragionata dell'etimologia indica, invece, che gli estensori degli antichi testi con elohim intendevano un solo "Dio". Si ringrazia il sig. Serni per averci concesso di "riprendere" il suo elaborato che potrete trovare sempre aggiornato su http://alnitak.ctt.it/wiki/Varie/BaraElohim. Uno dei temi cari al Movimento Raeliano è che la Bibbia dimostra chiaramente che Dio è più d'uno; e questo perché in ebraico Elohim è una parola plurale, come si vedrebbe chiaramente dalla desinenza in -im. In ebraico, mettono le mani avanti i Raeliani, la desinenza -im è usata solo ed esclusivamente per i nomi maschili e plurali. Quindi, poiché Elohim finisce in -im, Elohim è un nome maschile e plurale. Questo non è vero. Suona ragionevole, ma non è vero né in italiano (dove parole come ipotesi, tesi, antitesi e sintesi hanno la desinenza del plurale maschile, pur essendo singolari femminili), né in inglese (dove news è una parola singolare anche se sembra il plurale di ne: this is good news), e soprattutto nemmeno in ebraico. La desinenza -im è davvero tipica, anzi addirittura esclusiva, dei nomi maschili e plurali? Alcuni esempi, forniti da Dylan nel gruppo di discussione it.discussioni.ufo (mi segnalano però come la fonte originale fosse un ebraista su it.cultura.ebraica), mostrano come in ebraico la forma plurale non indichi esclusivamente la pluralità, ma anche l'estensione, sia nello spazio che nel tempo: • panim: il volto • tzawarim: la nuca • achorim: la schiena Tutte e tre le parole finiscono in -im, e secondo la logica raeliana dovrebbero essere nomi maschili plurali. Questo potrebbe essere spiegato con una diversa interpretazione, diciamo così, "culturale" della parola: anche in italiano si dice "i lineamenti". Questa spiegazione è smentita da due osservazioni concordanti: una è che questo comportamento si ha soltanto quando si parla di oggetti estesi, ampi, che in qualche modo "si estendono"; in italiano si può parlare della distesa del volto, dell'ampia nuca, della schiena spaziosa, ma non si parlerà dell'ampiezza di una caffettiera. E poi, in un contesto che ne nega l'estensione, il comportamento si inverte: una schiena stretta diventa achora (che significa anche "indietro", "verso il retro"). E quando brindano alla Vita, gli Ebrei dicono: "l'Chaim!". Secondo i raeliani, siccome finisce in -im, quello dovrebbe essere un brindisi ai Viti, Vito Volterra, Vito Catozzo, Vito Genovese... Sono cose che chiunque può verificare, senza bisogno di dover conoscere a menadito l'ebraico; il che mi porta anche a dire, polemicamente, che è piuttosto scorretto pretendere l'ebraico per smentire la tesi raeliana, quando in primo luogo esso non è necessaria, e in secondo luogo non è conosciuto neppure dai raeliani – perché nessuno che conosca l'ebraico direbbe mai una enormità come "-im indica sempre e soltanto il plurale maschile". Tanto più che proprio uno dei testi citati tipicamente in supporto di questa teoria (la Grammatica Biblica di Padre Jouon) dice, nell'edizione francese del 1947, pagine 216-217: La finale masculine ordinaire est -im; essa si trova in tutti gli aggettivi maschili, in molti sostantivi maschili, e in alcuni sostantivi femminili. Alcune parole sono usate solo al plurale; per la maggior parte sono nomi astratti con significato singolare. E a pagina 236, parla di plurale maiestatico: la Sagesse, sorte de pluriel de majesté... Sempre in ebraico, "Egitto" si scrive Mitsrayim (o Mizraim). E Giuseppe, quando divenne signore d'Egitto (Genesi 42:30), divenne "Elohim": siccome Giuseppe di sicuro era uno solo, non rimane che concludere che sia stato...clonato!E un esempio particolarmente ricco, nel Cantico dei Cantici di Salomone; una sposa loda il proprio marito, e si riferisce a lui invariabilmente al singolare (e meno male, o qualcuno parlerebbe di orge); tranne che in un punto, al capitolo quinto, versetto sedicesimo, dove in italiano si leggerebbe: ''Dolcissima è la sua bocca; ed egli è bellissimo. Così il mio amato, così il mio amico, o figlie di Gerusalemme''. In ebraico troviamo (http://bibledbdata.org/onlinebibles/hebrew_translit/22_005.htm) xkv mmtqym vklv mxmdym zh dvdy vzh rjy bnvt Yrvslm • "Dolcissima": mamtakim (mmtqym) • "Bellissimo": mahamaddim (mxmdym) • "Gerusalemme": Yerushalayim (Yrvslm) Incidentalmente, proprio questo verso è uno dei più studiati, perché "mahamaddim", o "mahmaddim", suona come Muhammad, ossia Maometto. Ciò ha dato origine ad una lunga querelle fra l'equivalente islamico dei raeliani e coloro che conoscevano l'ebraico; nessuno degli ebraisti ha però mai pensato di cavarsi d'impaccio sostenendo che "mahmaddim" non possa essere Maometto perché è plurale... e questo perché mahmaddim è una parola singolare. "Bello che più bello non si può". Allo stesso modo, "dio" in ebraico è eloha, ma Dio è "Elohim". Perché non si parla più di un dio qualunque, ma del Dio di Israele, "Dio che più Dio non si può". E così come la sposa di Salomone diceva "dolcissimE è la sua bocca, e lui è bellissimI", cioè trattava una parola plurale come se fosse singolare, così la Bibbia recita: Bereshith bara Elohim, in principio Dio creò. Non crearono, ma creò: è una sola entità che compie la Creazione, anche se è una Entità tale che va indicata con un plurale di estensione. In tutta la Bibbia, con tutti i punti in cui si nomina Elohim, ci sono solo TRE punti in cui questa parola riceve un verbo plurale. TRE soltanto. • Genesi, 24: "Dio, IL Dio dei cieli, che MI FECERO vagare" • Genesi, 35: "chiamò il posto El Betel, perché la' Dio FURONO rivelatO" • Samuele, 7: "Il popolo di TE [...] che AVETE REDENTO" La cosa è spiegata dalla Grammatica Ebraica del Gesenius con un fenomeno di "attrazione", per cui un verbo che dovrebbe essere singolare o plurale diventa della forma opposta per "attrazione" con le parole vicine. Così in Samuele dapprima Elohim è trattato come singolare ("di te"), e subito dopo come plurale ("avete"); e in Genesi 35, "furono" è plurale, subito seguito da "rivelato" che ritorna singolare. Anche questo passo è studiato in modo particolare, perché la mescolanza di modi non si adatta né al Dio singolare degli Ebrei, né al Dio plurale dei raeliani; ma torna comoda per un Dio uno e trino, come credono i Cristiani. Né è l'ebraico la sola lingua semitica dove questo accade. La stessa cosa si dà nell'accadico, dove la parola "Dio" viene scritta spesso - non sempre - in forma plurale, anche quando è riferita al Faraone d'Egitto e Dio Sole, di cui di sicuro poteva essercene solo uno per volta, ed in quei casi prende verbo singolare. Identico comportamento si ha in sumero con la parola "Re": "I Re, la generosità del quale..."... Quindi, riassumendo, non esiste alcun motivo di ritenere che Elohim sia una parola con intento plurale; ci sono centinaia di esempi dove invece è usata con intento singolare; e la stessa cosa avviene per molte altre parole, e in altre lingue semitiche. Come direbbe Sherlock Holmes (finisce in -s, quindi è plurale!), il caso è chiuso. L. Serni