Sistemi per l’accensione della miscela in motori ad accensione comandata INDICE Introduzione ......................................................................................................................... 2 Meccanismo della combustione. .......................................................................................... 2 Meccanismo dell’accensione ................................................................................................ 3 Tensione necessaria all’innesco dell’arco ........................................................................... 3 Tipi di accensione .............................................................................................................. 5 Accensione a scarica induttiva............................................................................................. 5 Principio di funzionamento ................................................................................................ 5 Schema realizzativo di Spinterogeno convenzionale (CI) ................................................... 8 Modello di simulazione di spinterogeno convenzionale .................................................... 12 Sistemi transistorizzati ..................................................................................................... 14 Sistemi con ruttore di bassa potenza (TI-B) .............................................................................................15 Sistemi senza ruttore (TI-H, TI-I) ............................................................................................................17 Sistemi senza ruttore e senza distributore ......................................................................... 19 Sistemi a scintilla persa ..........................................................................................................................19 Accensione a magnete ...................................................................................................... 21 Sistemi con bobine individuali ................................................................................................................22 Controllo dell’anticipo; sistemi a ECU.............................................................................. 22 Dipendenza dell’anticipo da velocità di rotazione e carico del motore .............................. 22 Controllo della detonazione in catena aperta e chiusa ....................................................... 25 Controllo dell’angolo di carica .......................................................................................... 27 Architettura generale di un moderno sistema di accensione ............................................ 27 Accensione a scarica capacitiva (cenni) ............................................................................. 28 Bibliografia ......................................................................................................................... 28 Accensione della miscela in motori ad accensione comandata pag. 1/28 1 Introduzione Nella terminologia dei motori a combustione interna con “accensione” si indica l’operazione che provoca la combustione della miscela di aria e combustibile (benzina; gasolio; ecc.); l'accensione avviene mediante innesco da parte di una scintilla elettrica oppure attraverso una forte compressione. Nel primo caso i motori sono detti ad accensione comandata (spark ignition in inglese); nel secondo caso i motori sono ad accensione per compressione (compression ignition in inglese). l'accensione comandata viene ottenuta facendo scoccare in ciascun cilindro del motore ed al momento opportuno e una scintilla elettrica fra i due elettrodi di un dispositivo detto candela. Tutti i sistemi di accensione comandata condividono il seguente funzionamento di fondo. E’ presente una bobina con due avvolgimenti intorno ad un nucleo di ferro 1 con elevato rapporto spire, nel quale è detto primario l’avvolgimento a minor numero di spire. Nel circuito che alimenta il primario viene indotta, di norma tramite commutazione di circuito per intervento di un interruttore meccanico o elettronico, una variazione rapida della tensione applicata, che causa una variazione di flusso che a sua volta induce sul secondario una tensione molto più elevata di quella presente al primario. In tal modo viene generata una tensione che raggiunge valori di 10-20 kV, necessari per innescare una scintilla nell’atmosfera presente all’interno del cilindro. Se si escludono i sistemi senza distributore, di cui si parlerà e che sono ancora relativamente rari, alla scintilla della candela va aggiunta la scintilla nel distributore, che però scocca molto più agevolmente, essendo l’aria fra i suoi contatti alla pressione atmosferica. 2 Meccanismo della combustione. Si riporta una descrizione semplificata del processo di combustione un motore ad accensione comandata (ciclo Otto). La “scintilla” che si attiva fra gli elettrodi di una candela è un arco elettrico di forma approssimativamente filiforme all’interno del quale si sviluppa una temperatura molto elevata. A partire dall’arco la combustione di propaga alla miscela immediatamente circostante l’arco stesso, ad una velocità che dipende principalmente dalla temperatura del fronte di fiamma, ma anche, in minor misura, dalla temperatura e densità della miscela incombusta. In tal modo si forma una “bolla” di fiamma che si diffonde radialmente fino a che l’intera massa della miscela è in combustione. La bolla contiene prodotti di combustione ad alta temperatura, mentre dove ancora essa non è arrivata è presente la miscela incombusta, la cui temperatura viene aumentata dalla compressione ricevuta dalla bolla in espansione e dall’irraggiamento da parte del fronte di fiamma. Detonazione In particolari condizioni questo riscaldamento della miscela incombusta può causare autocombustione, con il che si generano ulteriori fronti d’onda che viaggiano all’interno del cilindro, attraversando la miscela in combustione e urtando contro le sue pareti. Quando questo accade si dice si è attivato il meccanismo della detonazione. La detonazione è influenzata da molteplici fattori, quali temperatura e pressione della miscela incombusta, geometria del cilindro, valore dell’angolo di anticipo. Una notevole influenza deriva dalla caratteristiche del combustibile utilizzato. Alcuni additivi, ad esempio il piombo, possono migliorare il comportamento detonante del combustibile. Il piombo in particolare è stato molto utilizzato in passato, ma è oggi in via di eliminazione per via dei problemi ambientali che comportava, una volta immesso nell’atmosfera con i gas incombusti. 1 Si tende ad evitare di attribuirvi il nome di “trasformatore” sebbene da un punto di vista elettrico a quest’ultimo possa essere assimilato in quanto presenta notevoli differenze costruttive dai trasformatori convenzionali. Accensione della miscela in motori ad accensione comandata pag. 2/28 Una misura delle caratteristiche detonanti di un dato combustibile è data dal cosiddetto “numero di Ottano”, che si ottiene per comparazione, in condizioni di prova rigidamente fissate, del co mbustibile in prova con una miscela nota. La miscela nota è composta da isoottano, un combustibile dalle eccellenti proprietà antidetonanti, e eptano, un combustibile particolarmente suscettibile alla detonazione. Se ad esempio il comportamento detonante del combustibile in prova risulta equivalente ad una miscela contenente il 90% di isoottano e il 10 % di eptano, il numero di ottano attribuito sarà 90. 3 Meccanismo dell’accensione 3.1 Tensione necessaria all’innesco dell’arco La tensione necessaria all’innesco di un arco elettrico fra due elettrodi separati da uno spazio d’aria in quiete è funzione di diversi fattori, fra cui i più importanti sono: distanza fra gli elettrodi temperatura, pressione, umidità dell’aria Per una certa distanza fra gli elettrodi ed un certo valore di umidità dell’aria l’andamento della tensione di innesco Vs può essere considerata funzione di temperatura e pressione dell’aria: Vs f v ( , p ) E’ anche possibile considerare funzioni in cui la variabile dipendente sia temperatura o pressione: p f p (Vs , ) f (Vs , p) Una rappresentazione grafica di queste funzioni può essere ottenuta raffigurando delle curve di livello nel piano delle variabili assunte come indipendenti. Ad esempio in fig. 1, sono riportate, per una distanza interelettrodica di 1 mm, curve di livello nel piano Vs, p e Vs, 2. I grafici riportati in queste curve possono anche essere interpretati come andamento della rigidità dielettrica dell’aria (espressa in V/mm) in funzione della temperatura e della pressione, essendo la distanza considerata fra gli elettrodi proprio di 1 mm. Si rileva che oggi si realizzano alla fine della compressione sono superiori a quelle riportate in figura, dell’ordine di oltre 3 MPa3; corrispondentemente le tensioni di accensione risultano più elevate (superano i 20 kV). Le temperature che si osservano alla fine della fase della compressione sono di norma nel campo 350-550°C. 2 E’ quasi superfluo osservare che le pressioni riportate sui grafici sono da intendersi espresse in kg/cm 2 e non kg/cm. 3 Sono ancora in uso unità non appartenenti al S.I. Ad esempio in luogo di 1 MPa si parla spesso di 10 kg/cm2. Accensione della miscela in motori ad accensione comandata pag. 3/28 Fig. 1: Tensioni di accensione della miscela in funzione di pressione e temperatura. Nella pratica motoristica la tensione necessaria può essere superiore per una molteplicità di fattori, fra i quali il principale può essere una aumentata distanza fra gli elettrodi dovuta al loro logorio. La tensione di innesco è determinata in maniera consistente da particolari caratteristiche degli elettrodi, quali: distanza interelettrodica. Al decrescere della distanza diminuisce la tensione di innesco, ma diminuisce anche la dimensione della scintilla generata dopo l’innesco (sebbene aumenti la durata della scintilla in quanto la scarica, a parità di altre condizioni, è ad energia costante): la effettiva distanza sarà quindi un compromesso fra queste due opposte esigenze configurazione degli elettrodi. Piccole dimensioni degli elettrodi , aumentando a parità di tensione il campo elettrico nello spazio interelettrodico, diminuiscono, a parità di altri fattori, la tensione di innesco; evidentemente però questo contrasta con le esigenze di lunga durata degli elettrodi stessi. Sono state studiate forme speciali degli elettrodi, ad es. con un intaglio a V sull’elettrodo centrale, che hanno caratteristiche di innesco superiori a quelle di elettrodi convenzionali; materiale degli elettrodi. E’ stato visto che anche una opportuna scelta dei materiali con cui costruire gli elettrodi può avere una notevole influenza sul meccanismo di generazione della scintilla, e, in definitiva, sulla tensione d’innesco dell’arco Accensione della miscela in motori ad accensione comandata pag. 4/28 Fig. 2: Andamento della tensione di innesco in funzione della distanza fra gli elettrodi. La dipendenza della tensione di innesco della scarica alle temperature e pressioni di normale esercizio di un motore a quattro tempi è riportata in fig. 2. Se la tensione U0 è quella generata dallo spinterogeno U rappresenta un margine di sicurezza disponibile per tutta la vita della candela. Una volta che la scintilla si è innescata la tensione ai morsetti degli elettrodi scende rapidamente raggiungendo la cosiddetta tensione d’arco pari a circa 400 V, e tale si mantiene per un tempo sufficiente alla piena accensione della miscela aria-benzina (tempo d’arco o Spark Duration tF, cfr. fig. 5 dove si osserva anche come la durata della rampa della tensione sia di circa 30 s, e il tempo d’arco circa 1,5 ms). Questo meccanismo si attua soltanto in condizioni di gas quiescente. Velocità elevate della miscela inducono, infatti, considerevoli modificazioni nel meccanismo di accensione; in caso di velocità particolarmente elevate può addirittura capitare l’estinzione e il riadescamento dell’arco durante tF. 3.2 Tipi di accensione Per realizzare l’accensione di un arco elettrico agli elettrodi della candela occorre prima accumulare l’energia necessaria in un dispositivo di accumulo; poi questa energia verrà utilizzata per innescare l’arco e mantenerlo acceso fintantoché essa non si sia trasferita alla miscela aria benzina, attivando così la combustione. L’energia necessaria ad una scintilla capace di generare una combustione efficace con distanze fra gli elettrodi della candela è di alcune decine di mJ: valori di 10-20 mJ venivano considerati ragionevoli in passato; oggi, in conseguenza della maggiore distanza interelettrodica e della maggiore qualità che si richiede all’accensione (anche a freddo) si utilizzano valori di 30-50 mJ. A seconda del dispositivo di utilizzato per effettuare detto accumulo di energia i sistemi di accensione si possono classificare nelle seguenti due famiglie: accensione a scarica induttiva (l’accumulatore è un induttore) accensione a scarica capacitiva (l’accumulatore è un condensatore). L’accensione a scarica induttiva è di gran lunga la più diffusa, e verrà pertanto trattata molto più in dettaglio di quella s scarica capacitiva, limitata a motori ad alte prestazioni per via della sua complessità e costo. 4 Accensione a scarica induttiva 4.1 Principio di funzionamento Per generare tensioni dell’ordine di 20-30 kV, seppur con correnti modeste, è necessario elevare di molto la tensione disponibile da parte della batteria, di valore nominale pari a 14 V. Il meccanismo che si è affermato già da molti decenni per l’ottenimento di questa soprelevazione di tensione si appoggia a due principi fondamentali che vengono simultaneamente sfruttati: 1. l’oscillazione della tensione su un condensatore facente parte di un sistema R-L-C realizzante un risonatore serie, precaricando di energia l’induttore L; 2. l’utilizzazione di un trasformatore ad elevato rapporto spire Accensione della miscela in motori ad accensione comandata pag. 5/28 R L E C T Fig. 3: Schema illustrante il principio della carica di un risonatore serie per la generazione di elevata tensione variabile Il primo dei due meccanismi di soprelevazione è illustrato nello schema di fig. 3. Se si chiude il tasto T si attiva un transitorio di circuito R-L in cui la corrente cresce con legge esponenziale, a costante di tempo L/R, fino al valore di regime I0=E/R. Alla fine del transitorio nell’induttanza L si è accumula1 ta una energia di valore pari a LI 02 2 Se a questo punto si apre il tasto T, la corrente che prima lo percorreva devia attraverso il condensatore C, che quindi si carica. In tal modo inizia un transitorio oscillatorio smorzato in cui l’energia prima accumulata nel solo induttore oscilla fra l’induttore e il condensatore. L’equazione del circuito è: t di 1 (1) E Ri L i (t )dt dt C 0 con la condizione iniziale i(0)=I0 (l’altra condizione iniziale vC(0)=0 è implicita per come è stata scritta l’equazione dell’equilibrio elettrico). Derivando ambo i membri si ottiene l’equazione d 2i di 1 0 L 2 R i (2) dt C dt 4 con le condizioni iniziali i(0)=I0 e di/dt=0 per t=0 ( ) Se si trascurano gli effetti dello smorzamento indotto da R, il problema (2) è risolto da: i(t ) I 0 cos t con 1 / LC e, analogamente per la tensione ai morsetti del condensatore: t 1 1 vC i (t )dt I 0 sin t C0 C Questo risultato può essere analizzato agevolmente in termini energetici: l’energia immagazzinata nell’induttore si ripartisce in ogni istante fra quella immagazzinata nell’induttore, pari a (1/2)LI2 e quella immagazzinata nel condensatore, pari a (1/2)CV2. In particolare la massima tensione sul condensatore si ha quando la corrente nell’induttore è nulla ed è ricavabile imponendo l’uguaglianza energetica: 1 1 2 2 CVmax LI 0 2 2 quindi: L E L (3) Vmax I 0 C R C che dà ovviamente lo stesso risultato ricavabile dall’espressione sopra ricavata per vC(t) quando il seno che compare nell’espressione ha valore unitario. La (3) mostra come sia possibile ottenere ai morsetti del condensatore tensioni di gran lunga superiori a quella della batteria che alimenta il circuito. La tensione Vmax è comunque soggetta ad importanti vincoli sia nel caso che il tasto T sia un interruttore meccanico, sia nel caso che si tratti di interruttore elettronico. 4 Questa seconda condizione è interamente valida solo se il transitorio di carica dell’induttore si è completamente esaurito e quindi la corrente è diventata perfettamente costante. Accensione della miscela in motori ad accensione comandata pag. 6/28 Quando il tasto T, supposto per ora di tipo meccanico, si apre, si realizza fra i contatti uno spazio d’aria di dimensioni crescenti nel tempo, fintantoché la distanza fra i contatti aumenta. Corrispondentemente aumenta la tensione massima che può essere applicata fra i contatti senza che fra di essi si inneschi un arco elettrico, il quale è da evitare in quanto dissiperebbe l’energia in precedenza accumulata nell’induttore L, che invece vogliamo si scarichi poi nel cilindro fra gli elettrodi della candela. Data la velocità limitata di apertura di una coppia di contatti elettrici di tipo meccanico, la necessità di evitare una scarica fra i contatti si traduce quindi nella necessità di evitare una crescita troppo rapida della tensione ai morsetti dell’induttore. Questo induce un limite nella massima frequenza di risonanza del risonatore R-L-C che appare in fig. 3, e quindi un limite al minimo valore del prodotto LC. Tenendo conto che il valore di L non può essere troppo grande (in quanto, come si vedrà meglio nel seguito, si avrebbero eccessivi tempi di carica) e che C non può essere troppo piccolo per il limite esposto sul prodotto LC, si ha che in pratica Vmax non può superare alcune centinaia di V. Se si realizza invece il tasto T con un interruttore elettronico, il quale ha una velocità di commutazione molto superiore a quella di un interruttore meccanico, il problema della necessità di limitare la derivata della tensione ai morsetti del condensatore è meno sentito. E’ però richiesto che Vmax sia inferiore alla tensione di tenuta dell’interruttore che al massimo, utilizzando componenti ad alta tensione di tenuta, può raggiungere pochi kV. Da quanto detto risulta che il solo meccanismo della risonanza presente nel circuito di fig. (3) non è in grado di generare le tensioni necessarie all’innesco della candela, oggi dell’ordine di 2030 kV. Si riprende allora il circuito illustrato in fig. 3, e lo si modifica in modo che l’induttanza L è l’induttanza primaria di un trasformatore monofase alimentante gli elettrodi attraverso cui fare scoccare l’arco (fig. 4). In questo caso si utilizza un trasformatore a numero di R spire secondario N2 molto superiore a quello primario N1 (valori del rapporto spire fra 70 e 100 sono usuali). + Il funzionamento del circuito riportato in fig. 4 è il se+ N1 N2 + guente. v1 v2 v sp Prima che si inneschi la scintilla il trasformatore funziona a vuoto. Dopo l’apertura del tasto T La tensione E + ai capi del primario è circa uguale e opposta a quella ai T vC capi del condensatore, in quanto entrambe molto supeC riori in modulo alla tensione di batteria E. Tale tensione varia con legge sinusoidale e pulsazione pari a 1/ L1C (Con L1 si è ovviamente indicata l’indutFig. 4: Generazione di alta tensione con risonatore serie e trasformatore. tanza primaria del trasformatore, come misurabile a secondario aperto). La tensione indotta sul secondario vale pertanto N N v 2 v1 2 vC 2 N1 N1 Essa è quindi molto amplificata rispetto a quella sul condensatore e ad essa opposta in segno. La tensione applicata alla candela vale invece: N v sp v 2 vC v 2 vC 2 N1 Essa è quindi in ampiezza sostanzialmente pari a quella presente ai capi del condensatore, moltiAccensione della miscela in motori ad accensione comandata pag. 7/28 plicata per il rapporto spire. Con un rapporto spire di circa 100 e una tensione massima sul condensatore di circa 300 V si ha una tensione secondaria massima di circa 30 kV, come voluto. Il fatto che la polarità della tensione sulla candela sia opposta a quella sul condensatore fa sì che la scintilla si generi con l’elettrodo centrale della candela negativo rispetto a quello laterale, il che favorisce l’innesco della scintilla, come dimostrano studi di dettaglio sulla fisica della scarica elettrica in gas. Una volta che la scintilla si è innescata essa determina un attraversamento della candela di correnti dell’ordine di 30-100 mA, sotto una tensione di circa 400 V (quindi la potenza assorbita è poche decine di W). Si ha quindi una fortissima caduta di tensione rispetto alla tensione di innesco. Durante il periodo in cui è presente la scintilla la corrente decade leggermente, e corrispondentemente l’arco si raffredda; in tal modo la resistenza d’arco aumenta di modo che la tensione ai morsetti della candela è circa costante; si arriva ad un punto in cui il raffreddamento è tale che si innesca un rapido fenomeno a catena di aumento di resistenza e decadimento della corrente che porta l’arco rapidamente a spegnersi. L’andamento della tensione ai morsetti della candela, come riportato in una pubblicazione tecnica specializzata [1, p. 223], è presentato in fig. 5. Si nota il primo tratto di crescita della tensione, che è in realtà il primo tratto di un arco di sinusoide che evolverebbe alla frequenza di risonanza del circuito primario RLC; la rampa generata è dell’ordine di 500 V/µs, e quindi tipicamente l’innesco della scintilla dopo circa 30 s. La tensione sulla candela rimane circa costante per la durata dell’arco, di circa 1,5 ms. Al disinnesco della scintilla si ha un transitorio di assestamento sul primario, sempre del tipo risonante RLC, che è visibile anche agli elettrodi della candela come oscillazione smorzata. L’andamento della corrente primaria, come ricavato da altra pubblicazione tecnica [2] è riportato in fig. 6. In questo transitorio è mostrato il primo tratto di carica della corrente primaria (crescita della corrente di tipo esponenziale negativo), la ripida derivata della corrente all’apertura del tasto T, che determina la tensione secondaria di innesco della scintilla. Fig. 6 Corrente di batteria nella prima parte del ciclo di accensione. Fig. 5: Tensione agli elettrodi della candela durante la prima parte del ciclo di accensione. 4.2 Schema realizzativo di Spinterogeno convenzionale (CI) Il sistema di generazione della scintilla di un autoveicolo è detto Spinterogeno. Lo schema elettrico di massima di uno spinterogeno convenzionale (detto spesso Conventional Ignition, CI), relativo ad un motore ad accensione comandata quadricilindrico, è riportato in fig. 7. Accensione della miscela in motori ad accensione comandata pag. 8/28 1: Batteria 2: interruttore di accensione (miscela) e avviamento (motore) 3: bobina di accensione 4: distributore di accensione 5: condensatore di accensione 6: ruttore 7: candele Rv: resistore ballast i v Fig. 7: Schema elettrico di spinterogeno convenzionale. Il resistore ballast, non sempre presente, è un resistore non lineare con caratteristica del tipo rappresentato nella figura accanto. La bassa resistenza alle basse correnti ne consente una rapida crescita; questo basso valore porterebbe però ad una corrente di regime eccessiva, il che è evitato dall’insorgere del tratto non lineare della caratteristica, a corrente pressoché costante. E’ però importante limitare il tempo di carica in modo che la corrente di regime permanga per un tempo limitato per evitare perdite eccessive nel ballast. Oltre che realizzare l’alta tensione necessaria a far scoccare la scintilla fra gli elettrodi della candela lo spinterogeno ha anche la fondamentale funzione di distribuire l’alta tensione generata alla candela che in quel dato istante deve essere alimentata. Il componente che realizza questa funzione è detto distributore di accensione. Di conseguenza l’alta tensione generata deve far scoccare simultaneamente la scintilla sia sugli elettrodi della candela che fra i morsetti affacciati del distributore di accensione. L’aria la cui rigidità dielettrica è da essere superata dalla tensione applicata ha però differenti caratteristiche nei due casi della candela e dei contatti del distributore: quella relativa alla candela ha temperature intorno ai 350-500°C e pressioni intorno a 1,5 MPa, mentre quella sul distributore ha temperature intorno ai 20°C e pressione di circa 0,1 MPa. Consultando i grafici riportati in fig. 1 (immaginando di estrapolare gli andamenti a pressioni superiori) risulta evidente come la scintilla scocchi più agevolmente, a parità di distanza interelettrodica, nel distributore (bastano tensioni dell’ordine di 7-8 kV) che non nella candela (dove occorrono tensioni di oltre 20 kV). Sommando le due tensioni si ottiene che risulta generare, per alimentare la serie dei due dispositivi che dovranno essere attraversati da scintilla, tensioni di circa 30 kV. Analizzando lo schema riportato in fig. 7 si nota un’ulteriore notevole differenza rispetto allo schema di principio riportato in fig. 4: l’alimentazione della serie distributore - candela non è prelevata direttamente ai morsetti secondari del trasformatore, bensì dalla serie fra detto trasformatore ed il condensatore i parallelo al ruttore, il quale quindi è a comune fra il circuito primario e secondario. Questa scelta è dettata essenzialmente da ragioni realizzative dello spinterogeno e non ha in pratica alcuna influenza sulla tensione generata, in quanto la tensione ai morsetti del condensatore, dell’ordine come si è detto di poche centinaia di V, è trascurabile rispetto alla tensione ai morsetti secondari del trasformatore, circa cento volte superiore. Il riferimento rispetto a terra del sistema di tensione presente sul secondario del trasformatore è determinato dalla connessione a terra di uno degli elettrodi della candela 5, in particolare quello laterale, che durante la crescita della tensione assume potenziale positivo rispetto a quello dell’elettrodo centrale. Questa scelta di polarità è dovuta al fatto che le più alte temperature normalmente raggiunte 5 detto con terminologia internazionale earth electrode Accensione della miscela in motori ad accensione comandata pag. 9/28 dall’elettrodo centrale causano un’emissione di elettroni nell’aria ad esso circostante che facilita l’emissione di correnti negative, facilitata anche dal maggiore campo elettrico presente sull’elettrodo centrale per via del suo minore raggio di curvatura. Uno schema che illustra anche in certo qual modo la disposizione fisica degli elementi dello schema di fig. 7 è riportato in fig. 8. Infine, in fig. 9 è riportata una rappresentazione costruttiva di una tipica bobina di accensione. Fig. 8: Disposizione fisica degli elementi di un sistema di accensione convenzionale. Accensione della miscela in motori ad accensione comandata pag. 10/28 Per quanto detto gli andamenti delle grandezze elettriche primarie e secondarie rispecchiano quanto detto le paragrafo precedente. Una descrizione dell’andamento della tensione secondaria nel ciclo fra due accensioni è riportata in fig. 10, simile alla 5 ma più utile in questa sede in quanto in essa sono evidenziate le varie fasi operative del circuito delle figg. 7 e 8. All’istante 1 apre il ruttore. Un’alta tensione è indotta nell’avvolgimento secondario. Tale tensione risulta applicata, a meno della tensione sul condensatore (la quale, come si è visto è di intensità molto inferiore), al circuito contenente in serie lo spazio d’aria compressa fra gli elettrodi della candela e lo spazio d’aria a pressione atmosferica fra i contatti del distributore. Tale tensione cresce rapidamente e dopo un tempo dell’ordine di 30 s raggiunge un valore sufficiente all’innesco di due scintille (istante 2): una fra gli elettrodi della candela e l’altra nel distributore; essendo i due spazi d’aria in serie, evidentemente la scintilla appare simultaneamente su di essi. Con la scintilla fra gli elettrodi della candela e del distributore, la corrente fluisce nel circuito secondario. Il tasso di variazione del campo magnetico, proporzionale alla tensione secondaria, si riduce in funzione della corrispondente riduzione della tensione a livelli, come si è detto dell’ordine di 400 V. La scintilla continua fino all’istante 3 (a circa 1,5 ms Fig. 9: disposizione fisica degli elementi dall’innesco), in cui essa si spegne, essendo stata dissipata all’interno di una bobina di accensione. tutta l’energia accumulata nel campo magnetico. Dopo l’estinzione della scintilla si ha un transitorio RLC di assestamento (si era caricato il condensatore in parallelo al ruttore). Al punto 4 il ruttore richiude, causando un certo transitorio osservabile anche sulla tensione secondaria. L’intervallo di tempo 4->1 durante il quale le induttanze della bobina di accensione si caricano è detto “tempo di carica” (dwell time); vedremo nel seguito tecniche di controllo atte a realizzare tempi di carica costanti al variare del regime di rotazione del motore. Fig. 10: Andamento della tensione agli elettrodi della candela durante un ciclo di accensione. Si definisce ciclo di accensione il periodo della forma d’onda riportata nella fig. 10, ovvero la distanza fra l’inizio di due fasi analoghe del ciclo. Il tempo di ciclo è funzione della velocità di rotazione del motore, dal suo numero di tempi e di cilindri. Accensione della miscela in motori ad accensione comandata pag. 11/28 Ad es. per un motore a quattro tempi, quattro cilindri, rotante a 6000 giri, si generano quattro scintille ogni due giri, ovvero due scintille ogni decimillesimo di minuto. Pertanto il ciclo di accensione è, in questo caso, pari a 5 ms. Si può osservare che un tempo di ciclo di questa entità è appena sufficiente, considerati i vincoli che si hanno nel dimensionamento dei componenti di un sistema CI, cioè una tensione alla candela di almeno 20 kV, una energia erogata alla candela durante la scintilla di almeno 30 mJ, una corrente primaria non superiore ai 5 A. In effetti si osserva sperimentalmente che con spinterogeni di questo tipo la tensione erogata alla candela alle più alte velocità del motore si riduce, per effetto del ridursi del tempo disponibile per la carica dell’induttore, il che inevitabilmente porta ad una sua carica solo parziale. 4.3 Modello di simulazione di spinterogeno convenzionale Per analizzare con maggiore dovizia di particolare gli andamenti di tensione e corrente durante il ciclo di accensione si può far riferimento ad un modello di simulazione. Nel presente paragrafo si propone un modello semplificato, in cui, in particolare si modella l’arco elettrico come una resistenza costante: è questa la più importante semplificazione che si fa rispetto al circuito reale. Nonostante questa semplificazione questo modello consente di analizzare quantitativamente i principali fenomeni finora visti in maniera sostanzialmente qualitativa, e di valutare l’influenza dei vari parametri circuitali sugli andamenti osservati. Il circuito che si realizza è relativo ad una data posizione del distributore, e contiene un unico arco elettrico, che modellizza la serie dei due archi presenti nel circuito reale. Lo schema SIMULINK/SPS di questo circuito è riportato in fig. 11. AND L Out + v - In 2 R Continuous mettere x0=0 1 Coff g c Clock I_c Sig E IGBT C - i u<4.0e-3 C g Val abs(u)>15e3 + Step vIn iIn 2 Demux 1 1 Multimeter1 Multimeter I_R Vcand Vi_u1 vOut Quarto file: innesco disinnesco (a tempo) Fig. 11: Schema SimPowerSys per la esimulazione dell’innesco della scintilla. Si osserva nello schema che: il ruttore è simulato attraverso un IGBT, il quale è adatto allo scopo in quanto è un interruttore pilotabile in apertura e chiusura; la candela è simulata da una resistenza molto grande Coff in parallelo con un interruttore pilotato comandato per simulare l’innesco e disinnesco della scintilla della candela. Gli elettrodi della candela, in assenza di scintilla costituiscono anche un condensatore dell’ordine del pF. Tale capacità è simulata attraverso il condensatore di snubber dell’interruttore pilotato, il cui valore è posto pari a 1 pF. Lo scoccare dell’arco è ottenuto tramite comparazione del valore istantaneo della tensione secondaria con una soglia prefissata (15 kV in figura); lo spegnimento, per semplicità è ottenuto a tempo (dopo 1,5 ms dall’inzio del transitorio). E’ da notare che lo spegnimento a tempo comporta che l’apertura dell’arco avviene quando la corrente è Accensione della miscela in motori ad accensione comandata pag. 12/28 diversa da 0: come si dice l’arco viene strappato. Questo non è realistico, in quanto, come si è visto, nella realtà si ha un rapido aumento della resistenza d’arco che induce naturalmente la corrente a passare per lo zero. Nella simulazione, pertanto, in corrispondenza dell’istante in cui l’arco è strappato si genererà sul secondario un transitorio oscillatorio smorzato, che non simula correttamente l’andamento reale delle grandezze elettriche, specialmente quelle secondarie. Dimensionamento di esempio Si considerino i seguenti dati di progetto: 1. corrente primaria prima dell’apertura del ruttore: 5 A (primario privo di Ballast) 2 tensione secondaria di picco 20-25 kV Dalla specifica 1, tenuto conto della tensione di batteria di 14 V, si ottiene il valore che deve avere la resistenza del circuito primario (batteria, dei collegamenti, avvolgimento primario della bobina): 2,8 Ohm La costante di tempo di carica del primario deve essere compatibile con la durata del ciclo di accensione: il transitorio di carica, per svilupparsi completamente ha tempo per circa 3 ms. Pertanto si assume =L/R=1 ms, L=2,8 mH.Con questo valore l’energia accumulata nell’induttore alla fine del transitorio di carica è di 35 mJ, alquanto basso, in quanto normalmente si richiedono 40-50mJ per una buona scintilla. Per ottenere energie superiori vengono utilizzate negli spinterogeni reali dei resistori “ballast” sul primario (fig. 7) i quali accelerano il transitorio di carica offrendo una resistenza più bassa all’inizio del transitorio che alla fine. Nella nostra simulazione, per ragioni di semplicità si omette la presenza del resistore ballast, e si considera sufficiente l’energia di 35 mJ per la generazione di una scintilla sufficientemente efficace. Il condensatore si può scegliere tenendo conto che la scintilla scocca in un tempo fissato da Bosch in 30 s, e che, ragionevolmente, a detto scocco il risonatore RLC primario non ha ancora raggiunto il picco, (che corrisponderebbe ad un quarto del periodo proprio di risonanza). ponendo che il periodo del risonatore sia circa 10 volte 30 s, e quindi fisso f0=3kHz. Ne consegue C=1,0 F. Questo risultato implica un picco di tensione massima primaria Vmax I 0 L / C 265 V che è un valore ragionevole.Ovviamente per via della resistenza primaria in pratica si avrà una tensione di picco inferiore a questo valore, ma non di molto Dalla specifica 2 si ottiene il rapporto spire, che considerato il Vmax primario, si può fissare a 100, anche tenendo conto che la presenza di un trasformatore non ideale ridurranno il rapporto effettivo fra le tensioni primaria e secondaria rispetto al rapporto spire 2 Trascurando i flussi dispersi, si ha: L1 N12 / R , è L2 N 22 /R 252 mH . L1 28 H M 0,9 L1 L2 Questi dati, sono stati inseriti in una simulazione SimSystem in cui è stato inoltre assunta per la scintilla una resistenza d’arco costante e pari a 50 k . Il dimensionamento effettuato conferma che con i sistemi convenzionali si sia un po’ al limite come dimensionamento: - l’energia per la candela è appena sufficiente - la tensione di innesco della scintilla è all’estremo inferiore del campo di valori oggi considerati ottimali - il tempo di carica necessario è 3 ms, e per i motori veloci questo è un po’ eccessivo. Per ottenere maggiori margini di dimensionamento occorrerebbe quanto meno prevedere un resistore ballast sul primario, ma, se possibile, anche una corrente primaria superiore. Alcuni risultati della simulazione sono riportati in fig. 12, con scambio del segno delle grandezze visualizzate rispetto a quelle ottenute direttamente dalla simulazione, per agevolare il confronto con la fig. 5. A prescindere da un transitorio oscillatorio smorzato al disinnesco della scintilla che compare sulla tensione secondaria, dovuto allo strappo della corrente associato alla presenza della capacità di snubber di 1 pF simulante la capacità parassita della candela, si osserva una notevole concordanza con la forma d’onda riportata in fig. 5, ricavata da letteratura6. La simulazione consente anche di valutare le grandezze elettriche che si avrebbero in assenza di innesco della candela, in particolare la tensione massima. Si osserva che essa è di circa 20 kV, inferiore a quella teoricamente ottenibile (250kV) se, sulla basse dei dati numerici, si effettuasse 6 Discreta la concordanza anche la fig. 10, per la parte simulata. Accensione della miscela in motori ad accensione comandata pag. 13/28 un semplice calcolo trascurando gli effetti della resistenza primaria e dei flussi dispersi su tale valore di picco. 200 [V] 150 100 50 0 -50 -100 0 1 2 3 4 5 [ms] 6 (f ile disinnesco.mat; x-v ar t) v In 20 factors: 1 -1 offsets: 0,00E+00 0,00E+00 [kV] 200 [V] 150 15 100 10 50 5 0 0 -50 -100 0 1 2 3 4 5 [ms] 6 -5 0 1 2 3 (f ile disinnesco.mat; x-v ar t) v In (f ile disinnesco.mat; x-v ar t) v Out Fig. 12: Nell’ordine: corrente nel circuito primario, tensione su primario e secondario factors: 1 -1 factors: 1 -1 offsets: 0,00E+00 0,00E+00 (tensione morsetto inferiore rispetto offsets: a tensione morsetto superiore). 0,00E+00 0,00E+00 4 5 [ms] 6 del trasformatore 4.4 Sistemi transistorizzati Il sistema spinterometrico convenzionale finora trattato ha oggi importanza prevalentemente didattica in quanto è stato quasi del tutto abbandonato. Il principale elemento di debolezza di questo tipo di spinterometro è fornito dal ruttore che deve interrompere una corrente di alcuni Ampere (fino ad un massimo di 5), seppur agendo in parallelo con un condensatore che fornisce un percorso di richiusura della corrente. L’esperienza ha mostrato che questo elemento, a causa del logorio, è soggetto a notevole manutenzione. Parallelamente, lo sviluppo dell’elettronica di potenza consente soluzioni alternative che riducono fortemente il valore delle correnti interrotte dal ruttore (sistemi TI-B) o eliminano del tutto il ruttore. Altri elementi di debolezza che sono stati risolti adottando soluzioni alternative sono: - la scelta dell’istante di accensione elettromeccanico non consente di tenere adeguatamente in conto tutti i parametri che influenzano il fenomeno dell’accensione, quali velocità angolare del rotore, carico meccanico, temperatura del motore, ecc. l’adozione di sistemi di controllo a microprocessore consente invece di mettere agevolmente in conto complesse dipendenze multivariabile - la presenza del ruttore è indesiderata in quanto è un sistema elettromeccanico soggetto a usura, e, soprattutto, implica la necessità di generare con lo spinterogeno tensioni più elevate in quanto la rigidità dielettrica del gap del ruttore deve essere superata in aggiunta a quella del gap della candela. Nel seguito vengono illustrati i più moderni sistemi di accensione, e come essi riescano a risolvere le debolezze elencate. Tutti i sistemi che verranno analizzati nel seguito hanno a comune il fatto che non è più presente un ruttore che deve interrompere la piena corrente primaria della bobina, il che sposta il Accensione della miscela in motori ad accensione comandata pag. 14/28 campo delle correnti primarie all’interruzione da pochi Ampere (fino ad un massimo di 5A) a 10 A e oltre. 4.4.1 Sistemi con ruttore di bassa potenza (TI-B) La prima innovazione comparsa in ordine di tempo sui sistemi spinterometrici convenzionali è stata la “accensione transistorizzata” (Transistorised ignition TI)., in particolare nella variante TI-B (B sta per Breaker) in cui esiste ancora un elemento di interruzione della corrente primaria per causare l’alta tensione secondaria, ma agisce su un circuito resistivo anziché induttivo, e commuta una corrente molto inferiore. Un confronto a livello circuitale fra un sistema CI e un sistema TI-B è riportato nella fig. 14. Per comodità dello studente si rammenta il funzionamento del transistore bipolare, con riferimento alla figura 13. Le caratteristiche iC-vCE mostrano come il comportamento del transistore visto dai morsetti CE dipenda dal valore della corrente di base iB. In particolare se si usano solo le correnti iB=0 e iB=IBmax, si hanno le due caratteristiche estreme raffigurate con tratto più spesso nella parte centrale della figura 13. Se il transistore è utilizzato prima che si raggiunga il ginocchio della caratteristica iB=IBmax esse possono essere approssimate con due tratti dei semi assi positivi, come raffigurato nella parte destra della figura. Quando la corrente di base è nulla, si opera sul semiasse (iC=0, v>0), e il transistore si comporta come un interruttore aperto (non lascia passare corrente qualunque sia la tensione applicata). Quando invece è iB=IBmax, si opera sul semiasse (vC=0, iC>0), e il transistore si comporta come un interruttore chiuso (la tensione ai suoi capi è nulla qualuncue sia la corrente che lo attraversa). In definitiva, utilizzando il transistore sulle caratteristiche estreme ed evitando di finire oltre il ginocchio della caratteristica relativa a iB=IBmax, il transistore si comporta come un interruttore pilotato dalla corrente di base. A differenza del ruttore tradizionale, non vi sono però contatti che aprono con i grandi vantaggi di evitare l’usura dei contatti e consentire una apertura più rapida. C iB iC + i Cmax i Bmax iC ON i B3 iB2 vCE B + v BE - iC iB1 E vCE B: Base C: Collettore E: Emittitore OFF v iB=0 Fig. 13: funzionamento del transistore bipolare nella regione attiva e modello equivalente per l’utilizzo come interruttore pilotato. CE Come il sistema CI, il sistema TI-B tende ad essere abbandonato in veicoli di recente costruzione, e sostituito con circuiti in cui l’interruzione della corrente è effettuata in maniera esclusivamente statica . Esso viene peraltro ancora oggi proposto, ad es. da Bosch, come “retrofit”, ovvero come dispositivo da utilizzare in sostituzione di un dispositivo CI su veicoli esistenti. Questo retrofit viene consigliato in caso di problemi di accensione, in particolare in caso di difficoltà di avviamento, e se il veicoli viene avviato molto di frequente, in particolare in climi freddi. Peraltro è disponibile, sempre da Bosch, la versione retrofit del più evoluto sistema TI-H, descritto nel paragrafo seguente. Accensione della miscela in motori ad accensione comandata pag. 15/28 Fig. 14: Confronto fra sistema di accensione CI e TI-B. Oltre alla riduzione della corrente pilotata dal ruttore il sistema proposto consente di realizzare implicitamente la funzione del resistore ballast, in quanto il transistore, quando funziona da interruttore chiuso ha caratteristica collettore-emittitore che presenta una naturale saturazione della corrente erogata. Si considerino le caratteristiche del transistore BJT rappresentate a tratto spesso nella fig. 13. Come si vede, la caratteristica relativa a iB=IBmax consente, oltre il ginocchio, di far operare il transistore sostanzialmente come un generatore a corrente costante (infatti il valore di iC varia poco al variare del punto di lavoro in questo tratto della caratteristica). Considerando il circuito primario semplificato dello spinterogeno già presentato (fig. 3), ed applicando ad esso un generatore BJT in luogo del ruttore, si ha il circuito riportato nella parte destra della fig. 15. Allorquando si fa in modo che sia iB=IBmax, la corrente i(t) del circuito comincia a crescere, e tenderebbe a raggiungere il valore molto elevato I*=E/R se il transistore presentasse sempre la resistenza molto bassa RBJT=tan . In realtà, raggiunto il ginocchio la resistenza equivalente aumenta progressivamente; in tal modo limitando la crescita della corrente. Nel punto di lavoro P, la resistenza equivalente del transistore è RP=tan . In tali condizioni il transistore dissipa una consistente potenza, pari a vPiP=RpiP2. C iB vBE - iC R P iBmax + vCE B + iC E L i(t) iB E B: Base C: Collettore E: Emittitore C vCE iB=0 Fig. 15: Funzionamento del transistore BJT sfruttando il tratto oltre il ginocchio della caratteristica iB=IBmax. Accensione della miscela in motori ad accensione comandata pag. 16/28 4.4.2 Sistemi senza ruttore (TI-H, TI-I) Nei sistemi con ruttore a bassa potenza la funzione fondamentale del ruttore diviene quella di attivare l’apertura o chiusura dell’interruttore elettronico realizzato dal transistore al corretto istante, correlato alla posizione dell’albero a camme. Questo concetto può essere portato alle estreme conseguenze eliminando completamente il ruttore e sostituendolo con un dispositivo in grado di individuare correttamente la posizione dell’albero a camme e associare ad essa un segnale di tensione da utilizzare in un circuito che comandi il pilotaggio del transistore. Lo schema può essere del tipo di quello rappresentato in fig. 16. Nella figura advance angle è l’angolo di anticipo dell’accensione della candela rispetto al punto morto superiore, mentre il dwell time è la durata della carica dell’induttore. Le gestione di questi due angoli è discussa nei paragrafi 5 e 6. crankshaft angular position advance angle pulser IB amplifier optimal dwell time Fig. 16: Schema di implementazione dell’attivazione della corrente di base di sistema di accensione transistorizzato. In questo paragrafo si discute dei sistemi normalmente utilizzati per individuare la posizione dell’albero a camme e la conversione di quest’ultima in segnali elettrici: con sistemi a sonda ad effetto Hall (TI-H) e o sistemi a induzione elettromagnetica (TI-I). Il sistema TI-H sfrutta vantaggiosamente per la generazione degli impulsi l’effetto Hall. Se elettroni si muovono in un conduttore immerso in un campo magnetico ortogonale alla loro velocità, si genera su tale conduttore, lungo un asse ortogonale al piano in cui giacciono corrente e campo, una tensione proporzionale a queste due grandezze (fig. 17): U H kBI v L’effetto Hall può essere sfruttato per determinare la generazione degli impulsi secondo uno schema di principio riportato, per un motore a 5 cilindri, in fig. 18. Sono presenti delle membrane schermanti (“Vanes”) in numero pari al numero dei cilindri, un magnete permanente, ed un sensore ad effetto Hall. Quando la posizione del rotore del distributore è tale per cui il flusso prodotto dal magnete permanente può attraversare la sonda ad effetto Hall, viene generata una VH alta; viceversa quando la membrana schermante evita che il flusso del magnete permanenFig. 17: Schema di principio dell’effetto Hall. te possa attraversare la sonda, la tensione ai capi di quest’ultima è bassa. Accensione della miscela in motori ad accensione comandata pag. 17/28 Di conseguenza si determina un’onda press’a poco rettangolare che può essere utilizzata per attivare la generazione degli impulsi. La tensione UG rappresentata in figura è complementare alla VH, nel senso che quando la UG è alta in realtà il flusso del magnete è schermato, e la VH è bassa e viceversa. Il sistema rappresentato in fig. 18 è mantenuto in rotazione dall’albero motore, proprio come il distributore; Come gli altri sistemi di accensione della miscela, il sistema TI-H trova naturale ubicazione in posizione coassiale al distributore stesso (fig. 19). Fig. 18: Schema di funzionamento di generazione di impulsi del tipo TI-H. Fig. 19: Esempio di Layout di sistema TI-H. Accensione della miscela in motori ad accensione comandata pag. 18/28 Come già osservato, il funzionamento del sistema di tipo TI-I è analogo al TI-H in quanto privo di ruttore; il principio su cui si basa la generazione degli impulsi da inviare alle candele è quello dell’induzione elettromagnetica; la sua implementazione, sia pure in maniera schematica è riportata in fig. 20. Sono presenti dei magneti permanenti il cui circuito magnetico si richiude attraverso il ferro del rotore, fortemente anisotropo rispetto a semirette passanti per il centro di rotazione. La rotazione del rotore causa una variazione ciclica della riluttanza del circuito magnetico attraverso cui si chiude il flusso generato dai magneti permanenti, e quindi anche una variazione del flusso concatenato con gli avvolgimenti rappresentati in figura, che determina delle tensioni con valore dipendente dalla posizione angolare del rotore, del tipo di quella riportata nella parte bassa della fig. 20. Il sistema potrebbe essere realizzato anche con un unico magnete ed un unico avvolgimento, purché le espansioni polari del rotore siano pari al numero di cilindri. L’uso di più magneti rende il Fig. 20: Principio di funzionamento del sistema TI-I. segnale generato più potente. La generazione degli impulsi può essere fatta inviando in un comparatore la tensione UG ed un valore costante di riferimento. Il sistema TI-I è detto anche a riluttanza. 4.5 Sistemi senza ruttore e senza distributore Finora, seguendo l’evoluzione temporale dei sistemi di accensione della miscela, ci si è concentrati sugli sforzi che sono stati effettuati negli anni per eliminare dallo spinterogeno il ruttore, causa di guasti e costi per manutenzione programmata. Il passo successivo consiste nell’eliminazione anche del distributore, il quale pur essendo meno delicato, per via dell’arco che scocca ai suoi capi è anch’esso un elemento abbastanza critico dello spinterogeno. Esistono diverse possibilità realizzative di sistemi di questo tipo. Analizzeremo soltanto il caso di motori a quattro cilindri. 4.5.1 Sistemi a scintilla persa Lo schema, adatto solo a motori con numero pari di cilindri, comprende due bobine alimentanti ciascuna due candele secondo uno schema serie (fig. 21). Accensione della miscela in motori ad accensione comandata pag. 19/28 1 2 4 3 Fig. 21: Schema di principio di sistema distributorless Ignition System (DIS). Nell’istante in cui va inviata una scintilla ad un cilindro, determinato da una mappa del tipo di quella riportata nella parte superiore della fig. 29, uno dei suddetti secondari viene alimentato con un impulso di adeguata tensione, e conseguentemente vengono generate due scintille simultaneamente. Le due candele corrispondenti sono scelte in modo che soltanto una delle due genera la scintilla nella fase attiva del suo cilindro (poco prima del TDC), mentre l’altra emette la scintilla nella fase di emissione dei gas esausti. Anche il secondo avvolgimento genera due scintille, di cui una nella fase attiva e l’altra durante l’emissione dei gas esausti. Lo schema operativo generale di questo sistema è mostrato in fig. 22, la quale evidenzia come, per la corretta determinazione degli istanti di accensione, sia determinante il sensore di posizione (e velocità) dell’albero motore. Si nota esplicitamente come, a causa della modesta pressione nella camera nella quale viene generata la scintilla “persa”, la tensione necessaria per innescare quest’ultima è relativamente modesta (fig. 1), e paragonabile a quella necessaria per la scintilla nel ruttore, ove presente; pertanto il sovradimensionamento in tensione del sistema di generazione Fig. 22: Schema di DIS controllato da ECU. dell’impulso per via della presenza della scintilla persa è modesto. Un altro punto interessante è che con il sistema in parola è che la scintilla su una della candela procede dall’elettrodo a massa verso quello centrale, nell’altra nel verso opposto. Questo fatto viene considerato un inconveniente, sebbene modesto, del sistema, in quanto sperimentalmente si osserva una migliore generazione della scintilla quando il polo positivo è sull’elettrodo centrale. Un metodo ulteriore di generazione degli impulsi di accensione è costituito dallo schema riportato in fig. 23, nel quale è presente una bobina a due avvolgimenti primari ed un secondario anziché due avvolgimenti indipendenti. La generazione corretta degli impulsi alla coppia di candele corretta avviene attraverso l’utilizzo dei diodi rappresentati in figura. Accensione della miscela in motori ad accensione comandata pag. 20/28 A 1 2 4 3 B Fig. 23: Schema di DIS con diodi in serie con le candele. 4.6 Accensione a magnete Questo tipo di accensione è utilizzata per motori molto piccoli (falciatrici da giardino, motori fuoribordo, piccoli motocicli, ecc.), nei quali si preferisce non installare un accumulatore elettrochimico. Il principio di funzionamento è rappresentato in fig. 24. Fig. 24: Principio di funzionamento di spinterogeno a magnete. E’ presente un rotore a magneti permanenti ed uno statore sul quale sono avvolti due avvolgimenti, detti rispettivamente avvolgimento primario (Ap) e avvolgimento secondario (As). Il rotore viene mantenuto in rotazione dal motore. Il moto del rotore induce sull’avvolgimento primario statorico, inizialmente in corto circuito, delle tensioni che generano delle correnti ad andamento periodico, vicino al sinusoidale. In analogia con i sistemi detti CI nei paragrafi precedenti, è inoltre presente una camma Z che, allorché la corrente è al suo valore massimo o prossima ad esso, aziona un ruttore c, il quale determina una oscillazione delle grandezze elettriche in un sistema RLC costituito da induttanza e resistenza propria dell’avvolgimento Ap, e del condensatore Co. Si ha quindi anche una oscillazione di energia fra l’energia accumulata nell’induttanza (massima quando la corrente è massima) e quella accumulata nel condensatore (massima quando la tensione sul condensatore è massima). Il fenomeno è complicato dal fatto che durante tale oscillazione il flusso statorico varia anche per effetto della rotazione del rotore del sistema. In una analisi semplificata del fenomeno, però, tale effetto addizionale può essere trascurato. La variazione del flusso di statore dovuta alla rotazione del rotore è infatti molto minore di quella dovuta all’apertura dei contatti, come evidente anche dal fatto che senza l’apertura dei contatti la tensione che si genererebbe sull’avvolgimento secondario sarebbe ampiamente insufficiente all’innesco della scintilla. La variazione di flusso nel circuito magnetico conseguente alla variazione della corrente nell’avvolgimento Ap causa la generazione di elevata tensione sull’avvolgimento As, caratterizzato da un numero di spire molto superiore di Ap, e quindi si genera una tensione molto elevata (1020kV) che è in grado di innescare la scintilla. E’ ovviamente molto importante che il ruttore apra i suoi contatti quando la corrente nell’avvolgimento Ap è massima, e quindi in corrispondenza di una ben precisa posizione del rotore. Questo comporta che si abbiano margini molto modesti di variazione dell’angolo di anticiAccensione della miscela in motori ad accensione comandata pag. 21/28 po del motore in funzione delle condizioni operative. Visto l’ambito di applicazione su motori economici e la presenza del ruttore, è opportuno confrontare questo tipo di spinterogeno, fra quelli precedentemente analizzati, con quello sopra detto CI. Si possono effettuare le seguenti considerazioni: lo spinterogeno a magnete presenta il vantaggio di non richiedere la batteria di alimentazione e di generare tensioni sostanzialmente indipendenti dalla velocità del motore. lo spinterogeno CI presenta il vantaggio di consentire ampie variazioni dell’angolo di anticipo, ma genera tensioni di innesco che decrescono alle alte velocità per via dell’insufficiente tempo per la carica dell’induttore primario. 4.6.1 Sistemi con bobine individuali La più recente evoluzione dei sistemi di accensione privi di ruttore contempla avvolgimenti individuali per le singole candele. I sistemi presentati nel presente paragrafo, benché applicabili in teoria anche ai sistemi di generazione a magnete, sono stati applicati soltanto ai sistemi con carica induttiva con alimentazione da batteria. Lo schema di principio del sistema è rappresentato in fig. 25 Fig. 25: Schema di DIS con bobine individuali. E’ evidente che con questa soluzione, a fronte del maggior costo dovuto alla replicazione del numero di bobine per il numero di cilindri del motore, si ha il vantaggio di una facile e sicura accensione delle candele con tensioni che vengono portate al valore sovrabbondante di 40 kV, il quale valore è facilmente realizzabile per l’assenza di qualsivoglia elemento di disturbo quali ruttore, distributore, candele perse, diodi. 5 Controllo dell’anticipo; sistemi a ECU 5.1 Dipendenza dell’anticipo da velocità di rotazione e carico del motore Finora si è parlato dei possibili sistemi per generare la scintilla nel cilindro all’istante ottimale, senza mai interessarci di quale questo istante ottimale fosse. Questo istante deve essere individuato considerando il meccanismo di trasformazione dell’energia potenziale chimica in energia meccanica mediante la combustione: 1. nel momento in cui scocca la scintilla si inizia un fenomeno di combustione che prosegue con fronte sostanzialmente sferico fino ad interessare tutto il volume del cilindro; solo a questo punto la massima pressione viene generata nel cilindro; in questo istante il pistone deve essere abbondantemente oltre il punto morto superiore (Top Dead Center, o TDC) 2. il tempo impiegato dalla combustione per svilupparsi a parità di quantità di miscela aria benzina e con rapporto costante aria/combustibile è sostanzialmente costante; di conseguenza sostanzialmente costante deve essere il tempo intercorrente fra l’istante di generazione della scintilla e il punto morto superiore. Accensione della miscela in motori ad accensione comandata pag. 22/28 Nella fig. 26 è riportato l’andamento della pressione all’interno di un cilindro per diversi valori dell’istante di accensione della scintilla. Sull’asse delle ascisse, come usuale, viene riportata la posizione angolare dell’albero motore Si può osservare che: nel caso della curva 1, la combustione è regolare, e il picco di pressione avviene in una fase nella quale può essere sfruttata adeguatamente per la l’utilizzazione dell’energia generata nel caso della curva 2, l’accensione è troppo anticipata, e si sviluppano nel motore onde di pressione ad alta frequenza (alcuni kHz) che creano stress meccanico e scadente utilizzazione Fig. 26: Andamento della pressione nel cilindro in dell’energia potenziale del combustibifunzione dell’angolo di innesco della scintilla. le (fenomeno della detonazione) nel caso della curva 3, l’accensione avviene solo pochi istanti prima del raggiungimento del punto morto superiore, e, sebbene non si attivi la detonazione, il rendimento del motore è basso in quanto viene trasformata in meccanica poca energia chimica presente nel combustibile. Comunque sia, è evidente dalla figura che l’innesco della scintilla debba avvenire prima del raggiungimento del punto morto superiore. L’angolo (o il tempo) intercorrente fra l’innesco della scintilla e il punto morto superiore è detto anticipo dell’accensione. E’ facile convincersi che, dovendo essere l’anticipo sostanzialmente costante in termini temporali, dovrà essere variabile in termini angolari, in quanto alle velocità più elevate a uguali tempi corrispondono angoli maggiori. Sussiste inoltre una dipendenza dell’anticipo ottimale anche dalla potenza erogata dal motore. Nella figura 27, in alto, sono mostrati i valori ottimali di anticipo per due valori del carico del motore, a varie velocità di rotazione. Accensione della miscela in motori ad accensione comandata pag. 23/28 Fig. 27: Schema di principio per la realizzazione dell’anticipo dell’accensione. Fig. 28: Schema realizzativo della parte centrifuga dell’anticipo. Per cercare di mantenere costante l’anticipo temporale alle varie velocità di rotazione del motore, sono previsti, nei sistemi di accensione convenzionali, dei sistemi di tipo centrifugo (fig. 28). Questi sistemi vengono integrati da sistemi in grado di determinare una variazione dell’anticipo anche in funzione del carico del motore, sfruttando la correlazione fra questo carico e il livello di vuoto presente nel collettore di aspirazione (fig. 27 in basso). Occorre ora rilevare come la correlazione dell’anticipo ottimale con il carico e la velocità angolare del motore è molto più complessa di quanto finora discusso: infatti finora si sono presi in considerazione soltanto i fenomeni principali, e questo è stato fatto dalla tecnica automobilistica negli anni passati. Le possibilità offerte dall’elettronica digitale, consentono invece oggi di portare in conto dipendenze molto più complesse: si consideri a titolo di esempio la figura 29 che confronta la semplice legge di anticipo realizzata da un sistema convenzionale centrifugo - a vuoto, ed un sistema a microprocessore. I sistemi di controllo dell’accensione a microprocessore sono detti ECU (Electronic Control Unit). I sistemi ECU sono dotati di una centralina elettronica che preleva dal campo tutta una serie di segnali, e li elabora per determinare i segnali di controllo del motore, in particolare individuare gli istanti ottimali di comando dell’accensione. Accensione della miscela in motori ad accensione comandata pag. 24/28 Pertanto i sistemi ECU possono portare in conto anche la dipendenza dell’anticipo ottimale anche da altri fattori oltre quelli principali della velocità e del carico del motore; ad esempio una certa dipendenza sussiste anche dalla temperatura del motore, che può essere agevolmente tenuta in considerazione dai sistemi a ECU. La dovizia dei segnali che può essere presa in considerazione dai sistemi ad ECU consente di effettuare un controllo sofisticato non solo dell’angolo di anticipo ma anche di altri importanti parametri. Ad esempio, anche la tensione di batteria viene tenuta un conto per determinare l’angolo di carica. Fig. 29: Confronto fra l’anticipo ottenibile con sistemi convenzionali e sistemi a ECU. 5.2 Controllo della detonazione in catena aperta e chiusa Come si è visto parlando della scelta dell’anticipo dell’accensione, occorre che esso sia scelto in modo da evitare che si inneschi il cosiddetto fenomeno della detonazione (knock) caratterizzato dalla presenza di oscillazioni di pressione ad alta frequenza (alcuni kHz) che creano stress meccanico del motore, disturbo acustico, peggioramento del rendimento del motore. Parlando della scelta dell’angolo di anticipo si è discusso come esso possa essere scelto in funzione di apposite mappe che correlano la velocità ed il carico del motore (più eventuali altri fattori) al fenomeno dell’innesco della detonazione. Questo tipo di controllo è, evidentemente, in catena aperta. Occorre però osservare che l’insorgenza della detonazione dipende da una molteplicità di fattori, quali ad esempio qualità del combustibile, condizioni ambientali e di funzionamento del motore, tali che, se è adottato il controllo in catena aperta, è necessario prevedere ampi margini di sicurezza nel determinare le mappe dell’angolo di anticipo dell’accensione. Questo margine, a sua volta, non consente di sfruttare appieno tutte le potenzialità del motore, con il risultato netto della perdita di qualche punto percentuale di rendimento rispetto ai massimi valori possibili teoricamente. Questa situazione può essere sensibilmente migliorata adottando un controllo della detonazione in catena chiusa. Il sensore di detonazione è costituito da un accelerometro basato su cella piezoelettrica, avente sensibilità dell’ordine di 20 mV/g (g=9.81 m/s2). Lo schema di installazione di questo sensore è indicato in fig. 30. La banda passante di questo tipo di sensori è di circa 15 kHz, ampiamente sufficiente per individuare la detonazione. L’efficacia del segnale captato dal sensore piezoelettrico è illustrata nella fig. 31, nella quale si confrontano l’andamento effettivo della pressione misurata con strumenti di qualità, la relativa componente di detonazione e il segnale ottenibile con un sensore standard di installazione veicoAccensione della miscela in motori ad accensione comandata pag. 25/28 lare. Fig. 30: Installazione di sensore di detonazione. Fig. 31: Pressione misurata attraverso gli accelerometri piezoelettrici con e senza detonazione a) pressione misurata b) pressione privata della media mobile c) segnale dell’accelerometro piezoelettrico Il massimo sfruttamento delle capacità di combustione della miscela si ha utilizzando indicatori individuali di detonazione sui vari cilindri: in tal modo possono essere tenute in conto differenze sull’innesco della detonazione dovute a differenti condizioni operative dei vari cilindri, ad es. differenze termiche. Schema Bosch Il funzionamento pratico del controllo di detonazione in catena chiusa, come implementato da Bosch è il seguente: cilindro per cilindro viene valutato se si è in presenza di detonazione se viene evidenziata una detonazione, l’accensione viene ritardata di una quantità prefissata, ad es. 3 gradi di rotazione dell’albero motore se non ci sono detonazioni l’anticipo viene nuovamente, e lentamente, aumentato fino ad arrivare al valore di mappatura. Schema Marelli Il funzionamento pratico del controllo di detonazione in catena chiusa, come implementato da Marelli (Fiat Coupé 2.0 i.e. 16 V turbo) è il seguente: cilindro per cilindro viene valutato se si è in presenza di detonazione (si seleziona solo il segnale nella banda 6 10 kHz) la strategia di controllo in retroazione della detonazione viene attuata solo se esistono alcune condizioni (numero di giri e pressione nel collettore di aspirazione superiori a soglie prefissate) se viene evidenziata una detonazione, l’accensione viene ritardata di una quantità prefissata, fino ad un max di 5 gradi totali. alla scomparsa del battito (nessuna detonazione in 512 fasi del motore) il sistema ripristina l’anticipo di mappa. E’ da notare che con tali tecniche vi è la presenza di rari eventi di detonazione i quali però, per frequenza ed intensità, sono tali da non creare disturbo al funzionamento del motore, e quindi da evitare tutti gli effetti avversi della detonazione: stress meccanico, rumore, riduzione di rendiAccensione della miscela in motori ad accensione comandata pag. 26/28 mento. 6 Controllo dell’angolo di carica Si è già osservato come sia opportuno limitare il tempo in cui nel circuito primario circola una corrente prossima a quella di regime I0, per evitare eccessive perdite energetiche. Per fare questo è opportuno scegliere con cura l’istante in cui si comanda la chiusura del ruttore, in particolare se di tipo elettronico (transistore). Questo controllo può essere di tipo a retroazione secondo lo schema riportato in fig. 32, che è una variante di quello riportato in figura 16. crankshaft angular position advance angle IB pulser amplifier current sensor (resistor) optimal dwell time Fig. 32: Schema contenente il controllo in retroazione dell’angolo di carica. 7 Architettura generale di un moderno sistema di accensione Quanto visto nei precedenti paragrafi consente di tracciare il seguente schema semplificato che caratterizza il controllo del sistema di accensione. Sono evidenziati sia la determinazione dell’angolo di anticipo ottimale che la regolazione a controllo ad angolo di carica costante. I sensori di posizione del motore danno i riferimenti per implementare, nel “pulser”, i due angoli, individuando il comando di apertura e chiusura dell’interruttore elettronico, attivato con l’interposizione di un amplificatore. Hall or Inductive generator crankshaft angular position engine speed engine load (manifold pressure) other possible signals advance angle IB pulser amplifier micro computer current sensor (resistor) optimal dwell time ECU Other possible signals: engine temperature, in-take air temperature, battery voltage, knock sensor, etc. Fig. 33: Schema generale del controllo dell’interruttore elettronico di spinterogeno a scarica induttiva Accensione della miscela in motori ad accensione comandata pag. 27/28 8 Accensione a scarica capacitiva (cenni) Nei precedenti paragrafi si è parlato di sistemi in cui l’energia necessaria alla generazione della scintilla sulla candela viene preventivamente accumulata in un induttore. Sono quindi tutti sistemi che possono essere classificati come sistemi di accensione a scarica induttiva. Dualmente di può pensare di generare la scintilla accumulando energia in un condensatore, e poi scaricarlo su un induttore il quale genera una tensione proporzionale alla derivata della corrente nel tempo. Lo schema di principio è mostrato in fig. 34. A partire dalla batteria la tensione viene elevata attraverso l’elevatore di R tensione Et (costituito da un piccolo invertitore, un trasformatore elevatore, un N1 N2 raddrizzatore) a valori dell’ordine di C Et E 400 V. In tal modo viene caricato in condensatore C. L’erogazione di corT rente da parte di Et cessa non appena, attraverso la resistenza Rf, il condensaFig. 34: Schema di principio di accensione a scarica capacitiva. tore ha raggiunto la tensione massima che l’elevatore è capace di fornire. Il condensatore rimane carico fino a che non viene comandata la scarica attraverso la chiusura del tasto T. Questo in passato era costituito da due punte scaricatrici di cui una fissa e l’altra mossa da un collegato all’albero motore; quando le due punte si trovavano affacciate l’una all’altra veniva innescata una scintilla che chiudeva il circuito. Più di recente esso è realizzato attraverso un interruttore elettronico, ad esempio un tiristore (SCR). Una volta chiuso T il condensatore C si scarica attraverso il primario A del trasformatore. La corrente primaria cresce molto rapidamente (con rampe dell’ordine di 2-3 kV/µs), e pertanto per effetto della legge dell’induzione si genera una elevata tensione sul secondario che, con opportuna scelta del rapporto di trasformazione, raggiunge valori di picco di 30 kV e oltre. La carica del condensatore può avvenire 30 [kV] molto più rapidamente della carica dell’in25 Scarica duttore nei sistemi di accensione a carica capacitiva 20 induttiva, e pertanto il sistema di accensione a scarica capacitiva è in grado di generare TI 15 CI una tensione sostanzialmente costante fino a 10 velocità molto elevate del motore (cfr. fig. 35). 5 Per quanto visto si può concludere che il 0 sistema di accensione a scarica capacitiva, 0 2000 4000 6000 8000 [rpm] pur più complesso e costoso, consente miFig. 35: Tensione di picco generata in funzione della veloci- gliori prestazioni soprattutto su motori a tà del motore per varie tipologie di accensione. molti cilindri o che raggiungono elevate veCI=Conventional Ignition; TI=Transistorised Ignition. locità di rotazione. Infatti è stato adottato in passato su alcuni modelli Porsche e Ferrari. E’ usato anche su talune Volvo e Saab. 9 Bibliografia [1] H. Bauer et al.: “Gasoline-engine management”, published by Robert Bosch GmbH, 1999; distributed by SAE - Society of Automotive Engineers, ISBN 0-7680-0510-8. [2] B., H. Dwiggins, E. F. Mahoney: “Automotive Electricity and Electronics - Concepts and Applications”, Prentice Hall, 1996 ISBN: 0-13-359233-2. Accensione della miscela in motori ad accensione comandata pag. 28/28