Disseccamento dell`ontano verde in Trentino

FORUM FITOIATRICI – GIORNATE DI STUDIO
Veneto Agricoltura – U. P. per i Servizi Fitosanitari Regione del Veneto
Corte Benedettina, Legnaro (Pd)
24 maggio 2007
SITUAZIONE FITOSANITARIA DELLE FORESTE ALPINE: PROBLEMATICHE
DI MONITORAGGIO E CONTROLLO DELLE AVVERSITA' BIOTICHE
Il disseccamento dell’ontano verde in Trentino
Giorgio Maresi, Cristina Salvadori & Michele Pisetta
U.O. Ecologia e Fisiologia Forestale
Istituto Agrario di San Michele all’Adige (IASMA), Centro Sperimentale
Via E. Mach, 2 – 38010 San Michele all’Adige (TN) – Italia
Fin dalla fine degli anni '80 l’ontano verde è soggetto ad un grave deperimento, segnalato in
Svizzera e in diverse regioni italiane attraverso i rispettivi monitoraggi fitopatologici. Attualmente
questa moria sembra interessare tutto l’arco alpino, dove sta determinando la scomparsa della
copertura di ontano verde da interi valloni o versanti. L’Unità Operativa Ecologia e Fisiologia
Forestale dell’Istituto Agrario di S. Michele all’Adige sta lavorando da diversi anni
sull’individuazione delle cause del deperimento, assai diffuso nelle ontanete trentine.
Il fenomeno si manifesta dopo la ripresa vegetativa con il disseccamento improvviso della parte
apicale dei rami. Il sintomo si estende velocemente lungo il ramo od il fusto in direzione basipeta; le
foglie, già formate, rimangono attaccate, ma appaiono avvizzite e necrotizzate. La corteccia della
porzione disseccata si presenta arrossata e leggermente depressa, spesso con pustole e corpi
fruttiferi, mentre il legno sottostante mostra un evidente imbrunimento; sui rami ormai morti
compaiono ulteriori corpi fruttiferi fungini e segni della presenza d'insetti, che testimoniano la
rapida colonizzazione dei tessuti da parte di parassiti secondari. Allo stadio finale della malattia la
pianta non possiede più foglie, i rami si presentano coi tessuti legnosi assai degradati e diventano
suscettibili di rottura sotto il carico della neve. Nel giro di alcune stagioni vegetative l'intera ceppaia
può arrivare a morte.
I rilievi in campo e le prove di laboratorio hanno permesso di individuare sui tessuti necrotizzati, sia
della corteccia, sia del legno, la costante presenza di Crypthodiaporthe oxystoma, un agente fungino
le cui fruttificazioni sono le più evidenti sui rami colpiti. Tale parassita, tuttavia, è risultato presente
come endofita anche nei rametti ancora verdi. Altri agenti fungini colonizzano i rametti subito dopo
la loro morte ma non appaiono direttamente coinvolti nel fenomeno di deperimento.
Prove d’inoculazione dei funghi isolati su piantine di ontano non hanno permesso di riprodurre la
sintomatologia osservata: il ruolo dei parassiti riscontrati appare quindi per il momento secondario.
Per quanto riguarda gli insetti, negli anni 2005-2006 sono state rilevate due pullulazioni di
Coleotteri: in giugno quella di Leiopus nebulosus Serville (fam. Cerambycidae), in luglio di
Luperus flavipes L. (fam. Chrysomelidae). Si tratta in entrambi i casi di entità polifaghe piuttosto
frequenti sulle latifoglie e generalmente secondarie, che hanno approfittato dello stato
d’indebolimento delle piante e di favorevoli condizioni meteorologiche per aumentare
esponenzialmente le loro popolazioni. Tra gli altri insetti raccolti spiccano soprattutto Coleotteri
(Crisomelidi, Curculionidi, Cerambicidi, Cantaridi e Stafilinidi), Lepidotteri (Tortricidi, Gracillaridi
e Lasiocampidi), Eterotteri Miridi e Omotteri Callafididi: un’entomofauna relativamente varia, se si
tiene conto delle difficili condizioni ecologiche delle formazioni ad A. viridis, poste ai limiti
superiori della vegetazione. Va rimarcato in ogni modo come il quadro entomofaunistico osservato
presenti ben pochi casi di monofagia, mentre molto frequenti sono le specie non specializzate ed
opportuniste, a conferma del fatto che la causa primaria della moria degli ontani non va ricercata tra
gli insetti, ma nei fattori che predispongono le loro infestazioni.
L’analisi dei dati stazionali relativi alle particelle colpite hanno evidenziato una notevole influenza
della quota sul deperimento; le aree di saggio più basse sono risultate, infatti, le più colpite dal
disseccamento, che invece è solo sporadico alle quote maggiori. In particolare, risultano più
danneggiate le ontanete secondarie, derivate dalla colonizzazione dei pascoli abbandonati, mentre
non sembrano attaccate le ontanete primarie situate sui costoni rocciosi a quota più alta. Da un
punto di vista eziologico assumerebbero grande importanza i parametri di copertura nevosa e
andamento delle temperature. In mancanza di un cospicuo innevamento, e quindi della protezione
termica assicurata dalla neve, le piante del popolamento possono andare incontro a problemi
fisiologici, già osservati anche su altre specie. In questi casi il terreno gela in profondità,
predisponendo le piante a deficit idrici e a winter desiccation; infatti, non ricevendo liquidi dalle
radici, i vasi xilematici della pianta vengono interessati da una pressione negativa in quanto devono
fronteggiare il risucchio attuato dalla traspirazione delle nuove foglie primaverili. La pianta
potrebbe andare incontro a fenomeni di cavitazione (peraltro non ancora provati), ossia ad estese
embolie nei vasi legnosi al momento della ripresa vegetativa, particolarmente in presenza di ripetuti
cicli di gelo e disgelo. L'ipotesi di uno stress di questa natura troverebbe conferma nei dati climatici
esaminati: è risultata evidente negli ultimi vent'anni una diminuzione dello spessore del manto
nevoso, mentre è apparsa aumentata la variabilità delle temperature e la frequenza dei cicli di gelo e
disgelo invernali. I rami ed i fusti sottoposti a questo tipo di stress sarebbero potenzialmente più
suscettibili alla colonizzazione di C. oxystoma e, successivamente, di altri agenti fungini. Le piante
deperienti sarebbero poi per lo stesso motivo più vulnerabili nei confronti di diversi fitofagi: la
proliferazione massiva di insetti, non specializzati e generalmente secondari, favorisce a sua volta la
progressione del deperimento.
In definitiva, il diffondersi del fenomeno sembra essere in relazione al cambiamento climatico
generale, riguardante anche l'arco alpino, che interessa soprattutto il regime delle precipitazioni
nevose. La comparsa dei sintomi sull'ontano alle quote più basse dove esso vegeta potrebbe perciò
affiancarsi ad altri indicatori di global change, come ad esempio la riduzione dei ghiacciai ormai
evidente su tutti i versanti alpini.
In attesa del necessario approfondimento di tale fenomeno, possono essere ricordate anche le
implicazioni che il deperimento inizia ad avere sia sul paesaggio, sia sulle formazioni forestali. La
scomparsa dell'ontano, unitamente all'improponibile ritorno al pascolo in molte delle aree
interessate, apre la strada a fenomeni di successione vegetazionale non sempre prevedibili. Inoltre,
la mancata copertura del suolo da parte delle ontanete può portare a fenomeni di dissesto ed
erosione localizzati nei versanti e nei canaloni interessati dal deperimento.
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Fig. 1 - Effetti del deperimento in un’ontaneta
Fig. 2 – Particolare del disseccamento dei rami.