Stefania Stefanelli Sangemini, 26 novembre 2011 Amministrazione di sostegno Artt. 404-413 c.c., introdotti dalla l. 9 gennaio 2006, n. 6 Art. 404 c.c.: “La persona che, per effetto di una infermità ovvero di una menomazione fisica o psichica, si trova nella impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi, può essere assistita da un amministratore di sostegno, nominato dal giudice tutelare del luogo in cui questa ha la residenza o il domicilio” Convenzione delle Nazioni Unite sulle persone con disabilità (13 dicembre 2006) Nozione: “those who have long-term physical, mental, intellectual or sensory impairments which in interaction with various barriers may hinder their full and effective participation in society on an equal basis with others Un concetto suscettibile di essere ampliato dalle legislazioni statali, che costituisce un minimum inderogabile, eppure in evoluzione qualificato essenzialmente in termini relazionali: “that disability results from the interaction between persons with impairments and attitudinal and environmental barriers that hinders full and effective participation in society on an equal basis with others” Diritti fondamentali del disabile L’art. 3 della Convenzione riconosce alle persone con disabilità il rispetto della dignità, dell’autonomia individuale, che comprende la libertà di prendere da sé le proprie scelte, la non discriminazione, il diritto di piena ed effettiva partecipazione ed inclusione sociale, il rispetto delle differenze, le pari opportunità, anche tra uomo e donna, l’accessibilità, il rispetto delle capacità in evoluzione dei bambini disabili, nonché il loro diritto a preservare la propria identità Interdizione e inabilitazione In questa ottica appaiono evidenti i limiti – e l’illegittimità – di una legislazione statale che si limitasse, come avveniva in Italia fino al 2004, a prevedere strumenti di protezione delle persone con disabilità che si possono realizzare solo con l’ablazione della loro capacità di autodeterminarsi nella vita di relazione, quali sono stati offerti tradizionalmente dall’interdizione e dall’inabilitazione Sono dunque provvedimenti residuali rispetto all’amministrazione di sostegno I caratteri differenziali Interdizione / inabilitazione Provvedimenti incapacitanti a carattere generale (incapacità di agire assoluta, ovvero limitata alla straodinaria amministrazione) Amministrazione di sostegno Provvedimento modellato sui bisogni e sull’interesse del beneficiario Il beneficiario conserva la capacità di agire per tutti gli atti che non richiedono, in forza del decreto autorizzativo, la rappresentanza o l’assistenza necessaria dell’amministratore I caratteri differenziali Interdizione / Inabilitazione Adottati con sentenza dal Tribunale in composizione collegiale, con rito di volontaria giurisdizione Amministrazione di sostegno Il beneficiario può sempre compiere gli atti necessari a soddisfare le esigenze della propria vita quotidiana L’amministratore deve sempre informare il beneficiario , il quale, in caso di dissenso, può ricorrere al GT Adottata con decreto dal Giudice Tutelare, con rito semplificato Cass. Civ., sez. I, 29 novembre 2006, n. 25336 “L’ambito di applicazione dell’amministrazione di sostegno … va individuato con riguardo non già al diverso, e meno intenso, grado di infermità o impossibilità di attendere ai propri interessi del soggetto carente di autonomia, ma piuttosto alla maggiore agilità della relativa procedura applicativa. … Il legislatore ha inteso configurare uno strumento elastico, modellato a misura delle esigenze del caso concreto, che si distingue dalla interdizione non sotto il profilo quantitativo, ma sotto quello funzionale: ciò induce a non escludere che, in linea generale, possa farsi ricorso sia all’uno che all’altro strumento di tutela, e che soltanto la specificità delle singole fattispecie, e delle esigenze da soddisfare di volta in volta, possa determinare la scelta tra i diversi istituti, con l’avvertenza che quello della interdizione ha comunque carattere residuale, intendendo il legislatore riservarlo, in considerazione della gravità degli effetti che da esso derivano, a quelle ipotesi in cui nessuna efficacia protettiva sortirebbe una diversa misura”. I criteri della scelta Se si tratta di un’attività minima, estremamente semplice nelle operazioni (ad es. la gestione ordinaria del reddito da pensione) e se il soggetto ha l’attitudine a non mettere in discussione i risultati dell’attività di sostegno nei suoi confronti, non è necessaria la limitazione generale della sua capacità di agire, e si dovrà optare per l’amministrazione di sostegno, che lascerebbe in ogni caso il beneficiario capace di compiere gli atti necessari a soddisfare le sue esigenze di vita quotidiana. Se invece si tratta di soggetto in condizioni di abituale infermità di mente che lo rende incapace di gestire una attività di una certa complessità, da svolgere in una molteplicità di direzioni, oppure se è necessario impedire al soggetto di compiere atti pregiudizievoli per sé, eventualmente in considerazione della permanenza di una sua vita di relazione con l’esterno, sarebbero da preferire gli strumenti dell’interdizione o dell’inabilitazione. Il caso della malattia di Alzheimer E’ stata disposta l’amministrazione di sostegno in favore di persona affetta da morbo di Alzheimer, “palesemente incapace a comunicare con altre persone, versando in stato di torpore e di incoscienza, e conseguentemente, a compiere alcuna attività inerente ai propri interessi, essendo impossibilitata ad intrattenere vita di relazione con terzi” (Trib. Marsala, decr. 9 luglio 2007) Così anche Trib. Bari, decr. 5 luglio 2007, con la precisazione che “i bisogni di protezione si limitano al ritiro ed all’amministrazione della pensione” Trib. Genova 14 marzo 2006: accogliendo la richiesta presentata dalla moglie di un soggetto affetto dalla malattia di Alzheimer, disponeva a favore del marito della ricorrente la misura di prevenzione introdotta dalla l. 6/2004, autorizzando tra l'altro lo stesso amministratore ad istituire un trust in vista di tutelare, oltre al beneficiario del provvedimento protettivo, il figlio di costui, anch'egli disabile (in Nuova giur. civ. comm., 2006, p. 1121 ss.) Le persone totalmente prive di coscienza Analogamente si è deciso per il sostegno e la cura di persona che versava in coma vegetativo, conseguente ad arresto cardiocircolatorio che aveva determinato uno stato di encefalopatia postanossica, immobilizzato, completamente dipendente per qualsivoglia attività dall’attività e dalle cure della struttura presso cui è ricoverato, incaricando l’amministratore del controllo e della vigilanza in relazione a interventi o prestazioni terapeutiche e riabilitative, inclusa la prestazione del consenso informato, oltre che della presentazione delle domande volte ad ottenere provvidenze pensionistiche o assistenziali, in rappresentanza esclusiva del beneficiario, nonché dell’attività di ordinaria e straordinaria amministrazione del suo patrimonio, ottenuta per quest’ultima l’autorizzazione giudiziale (Trib. Reggio Emilia, decr. 4 maggio 2005 ) Trib. Bologna, 3 ottobre 2006, n. 2288 rigetta la domanda di interdizione avanzata dai genitori di una ragazza caduta in stato vegetativo persistente in conseguenza di un incidente stradale, per la quale era prima stata disposta la nomina di un amministratore di sostegno, poi decaduta per scadenza del termine (in http://jusabili.org/trib31006.shtml) Contrario Trib. Varese, decr. 17 novembre 2009 secondo cui, in casi di questo genere “la misura più idonea, in tali casi, è l’interdizione. (in www.amministratoridisostegno.com) Altre patologie psichiatriche Per una persona affetta da disturbo delirante cronico di tipo persecutorio, in personalità ipoevoluta ed ipocritica per concomitanza debolezza mentale, che gestiva comunque il proprio modesto patrimonio, provvedendo, con la collaborazione di un familiare e di un’operatrice sanitaria, all’acquisto di beni di prima necessità ed alla preparazione dei pasti, e ad una appena sufficiente igiene della propria abitazione. Per la sua “protezione attiva”, e per realizzarne il “diritto ad essere inserita in un progetto solidaristico di sostegno nel cui ambito il decreto di cui all’art. 405 c.c. prevederà i provvedimenti indispensabili per la cura”, il tribunale ha preferito rigettare la domanda di interdizione e trasmettere gli atti al Giudice Tutelare per la nomina di amministratore di sostegno, pur trattandosi di soggetto portatore di una patologia psichica o psichiatrica che ne fonda la valutazione di possibile o probabile pericolosità (Trib. Venezia, 13 ottobre 2005 in Giur. It., 2007, 2, p. 374 ) Sindrome di Down Per la giovane donna, affetta da sindrome di Down e portatrice di ritardo mentale, ma assolutamente capace di relazionarsi con il mondo esterno e con le persone con lei entrate in contatto nomina amministratore di sostegno la madre, riconoscendo il diritto della persona beneficiaria di sposarsi (Trib. Varese, 6 ottobre 2009, in Famiglia e diritto, 2010, 3, p. 287 ss) Convenzione sui diritti delle persone con disabilità: “ Gli Stati devono assicurare che le misure relative all’esercizio della capacità giuridica rispettino i diritti, la volontà e le preferenze della persona, che siano scevre da ogni conflitto di interesse e da ogni influenza indebita, che siano proporzionate e adatte alle condizioni della persona, che siano applicate per il più breve tempo possibile e siano soggette a periodica recisione da parte di un’autorità competente, indipendente ed imparziale o di un organo giudiziario” (art. 12, comma IV) Verso un testamento di sostegno? La nomina dell’amministratore di sostegno in vista della futura incapacità di esprimere la propria volontà riguardo al trattamento medico sanitario Consenso informato al trattamento medico sanitario Il consenso informato non si identifica in un atto, quanto in una procedura, nell’ambito della quale i pazienti ricevono informazioni sul trattamento o sulla sperimentazione, con specifico riguardo a finalità, rischi, benefici e possibili alternative; hanno la possibilità di porre domande e ricevere risposte; hanno tempo per discutere la proposta con familiari, medici, persone di fiducia; utilizzano le informazioni per maturare una decisione; comunicano infine la propria decisione al medico La designazione di un amministratore di sostegno Trib. Trieste 3 luglio 2009: Si tratta di persona, che aveva subito un intervento chirurgico di rivascolarizzazione miocardia mediante il confezionamento di tre bypass aortocoronarici, con familiarità per cardiopatia ischemica, cardiopatia ischemica cronica con coronaropatia trivascolare già trattata con Angioplastica Coronarica Transluminale Percutanea (PTCA) e quindi PTCA più stents della discendente anteriore, che aveva subito anche un episodio di angina instabile, che domandava la nomina di un proprio amministratore di sostegno, nella persona della moglie, per il caso in cui egli si venisse a trovare in stato di incoscienza o di impossibilità di esprimere la propria volontà (in www.personaedanno.it) Il ricorrente chiariva nel ricorso le proprie scelte di vita, il cui rispetto demandava all’amministratore nominato, specificando: “non desidero in nessun caso essere sottoposto a trasfusioni di sangue intero, globuli rossi, bianchi, di piastrine e plasma; rifiuto inoltre che il mio sangue sia conservato per poi essere reinfuso; non accetto anche puch ematico, plasmaferesi, marcatura, gel di piastrine autologo; sottolineo che rifiuto tutte le cure sopra indicate anche se fosse a rischio la mia vita; accetto invece: tutte le frazioni più piccole del sangue eccetto l’emoglobina; le seguenti procedure che riguardano l’uso del mio sangue per scopi terapeutici; recupero intraoperatorio del proprio sangue, emodiluizione, macchina cuore polmone, emodialisi; da ultimo specifico che non voglio che la mia vita venga prolungata con mezzi o terapie artificiali, salvo le terapie atte a lenire inutili sofferenze se i medici sono ragionevolmente certi che le mie condizioni siano senza speranza”. Il Tribunale nomina l’amministratore, conferendogli il potere di “richiedere informazioni di ordine sanitario inerenti il beneficiario, esprimere il consenso (o il dissenso) informato a trattamenti sanitari o a interventi chirurgici, adottare ogni scelta concernente la salute del beneficiario che sia espressione della volontà espressa da quest’ultimo nel ricorso e riportata nella prima parte di questo decreto” ritenendo che, sebbene “non sia attuale l’incapacità” del beneficiario, “egli sia portatore di una infermità che verosimilmente lo espone probabilità (non semplicemente alla possibilità, propria di qualunque individuo) di avere (rectius di avere di nuovo) una condizione di assoluta incapacità, per la quale occorra assumere, senza esitazioni e al di fuori dei tempi procedurali, decisioni in materia di cure, trattamenti e interventi che riguardano la sua salute” Il consenso informato nella Costituzione Trova il suo fondamento giuridico negli articoli 2, 13 e 32 della Costituzione: nei diritti irrinunciabili della persona, nella libertà di autodeterminazione in ordine ad atti che coinvolgono il proprio corpo, nell’affermazione della volontarietà del trattamento sanitario, da cui discende il diritto di esprimere anche il rifiuto di interventi diagnostici, terapeutici o sperimentali proposti (e non disposti) dai sanitari … e nelle fonti internazionali Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali sottoscritta a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva in Italia con l. 4 agosto 1955, n. 848, che nell’interpretazione della Corte Europea dei diritti dell’uomo fonda, negli artt. 3 (divieto della tortura) e 8 (diritto al rispetto della vita privata e familiare), il diritto del paziente di scegliere come trascorrere gli ultimi istanti della propria esistenza e di chiedere che tale scelta sia rispettata, legittimando quindi il rifiuto al trattamento medico, purché tale rifiuto provenga da persona adulta e sana di mente (CEDU, sent. 29 aprile 2002, Pretty c. Regno Unito, ric. n. 2346/02, in Guida al diritto, 2002, 21, p. 97) Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea (Carta di Nizza) proclamata il 7 dicembre 2000, e quindi il 12 dicembre 2007 a Strasburgo, cui il Trattato di Lisbona del 13 dicembre 2007 ha riconosciuto valore costituzionale. L’art. 1 della Carta recita “La dignità umana è inviolabile. Essa deve essere rispettata e tutelata” Convenzione di Oviedo sulla biomedicina, artt. 5 e 9, che ribadiscono la necessità del consenso del paziente ad ogni trattamento che sia posto in essere sulla sua persona, revocabile in qualsiasi momento, e precisano, ove il malato non sia in grado di esprimere la propria volontà, la rilevanza delle indicazioni da lui precedentemente espresse Le ragioni storiche Dal tessuto costituzionale e internazionale tracciato emerge il valore della persona nella sua “integrità fisica e psichica”, che nell’art. 32 giunge a qualificare la salute in termini di diritto fondamentale dell’individuo (e non della cittadinanza), cui è presidio il consenso al trattamento: si tratta del più avanzato modello di habeas corpus, promessa non più limitata ad alcuni sudditi ma riconosciuta a chiunque contro l’intervento autoritativo dello stesso legislatore, ordinario e costituzionale. Trattamenti sanitari obbligatori possono essere imposti per legge, ma “la legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”. Il Codice di Norimberga del 1946, adottato dall’Associazione medica mondiale per la regolamentazione del rispetto dei diritti umani nella sperimentazione, dopo il processo condotto nella stessa città, si apre con l’espressione “il consenso volontario del soggetto umano è assolutamente necessario”. Il codice di deontologia medica Art. 33 - Informazione al cittadino Il medico deve fornire al paziente la più idonea informazione sulla diagnosi, sulla prognosi, sulle prospettive e le eventuali alternative diagnostico-terapeutiche e sulle prevedibili conseguenze delle scelte operate. Il medico dovrà comunicare con il soggetto tenendo conto delle sue capacità di comprensione, al fine di promuoverne la massima partecipazione alle scelte decisionali e l’adesione alle proposte diagnostico-terapeutiche. Ogni ulteriore richiesta di informazione da parte del paziente deve essere soddisfatta. Il medico deve, altresì, soddisfare le richieste di informazione del cittadino in tema di prevenzione. Le informazioni riguardanti prognosi gravi o infauste o tali da poter procurare preoccupazione e sofferenza alla persona, devono essere fornite con prudenza, usando terminologie non traumatizzanti e senza escludere elementi di speranza. La documentata volontà della persona assistita di non essere informata o di delegare ad altro soggetto l’informazione deve essere rispettata” Consenso del legale rappresentante Art. 37 : “Allorché si tratti di minore o di interdetto il consenso agli interventi diagnostici e terapeutici, nonché al trattamento dei dati sensibili, deve essere espresso dal rappresentante legale. Il medico, nel caso in cui sia stato nominato dal giudice tutelare un amministratore di sostegno deve debitamente informarlo e tenere nel massimo conto le sue istanze. In caso di opposizione da parte del rappresentante legale al trattamento necessario e indifferibile a favore di minori o di incapaci, il medico è tenuto a informare l'autorità giudiziaria; se vi è pericolo per la vita o grave rischio per la salute del minore e dell’incapace, il medico deve comunque procedere senza ritardo e secondo necessità alle cure indispensabili”. Autonomia del cittadino e direttive anticipate Art. 38 - Autonomia del cittadino e direttive anticipate “Il medico deve attenersi, nell’ambito della autonomia e indipendenza che caratterizza la professione, alla volontà liberamente espressa della persona di curarsi e deve agire nel rispetto della dignità, della libertà e autonomia della stessa. Il medico, compatibilmente con l’età, con la capacità di comprensione e con la maturità del soggetto, ha l’obbligo di dare adeguate informazioni al minore e di tenere conto della sua volontà. In caso di divergenze insanabili rispetto alle richieste del legale rappresentante deve segnalare il caso all’autorità giudiziaria; analogamente deve comportarsi di fronte a un maggiorenne infermo di mente. Il medico, se il paziente non è in grado di esprimere la propria volontà, deve tenere conto nelle proprie scelte di quanto precedentemente manifestato dallo stesso in modo certo e documentato”. L’alleanza terapeutica medico - paziente La l. 23 dicembre 1978 n. 833, istitutiva del servizio sanitario nazionale è la fonte interna di riferimento per il ribaltamento della precedente concezione paternalistica del rapporto medico – paziente, in cui era rimessa alla “scienza e coscienza” del primo ogni decisione in merito alle terapie medico chirurgiche e diagnostiche da preferire nell’interesse del secondo. L’art. 33 di quella legge, specificando la possibilità di comprimere il potere di autodeterminazione del soggetto solo in presenza di trattamento sanitario obbligatorio per legge o stato di necessità, ha fatto dell’informazione e del consenso informato del malato il baricentro della prestazione medica (v. infra diap. 34) Un problema sottovalutato “Privato di autonomia ed ospedalizzato a causa della malattia, impaurito da strane pratiche di routine spersonalizzanti, spaventato per la sua salute e forse per la sua vita il paziente è lungi dall’esercitare un libero potere di scelta quando la persona alla quale egli ancora tutte le sue speranze gli chiede «Di un po’, ti dispiacerebbe unirti ad altri pazienti di questo piano per darci una mano nel fare una ricerca molto importante che stiamo portando avanti?»” (F.J. INGELFINGER, Informed (but uneducated) consent, in New England Journal of Med., 1972 Aug. 31; 287 (9), p. 456 s.) Il consenso nei servizi psichiatrici Una recente indagine medico legale, condotta su pazienti di servizi psichiatrici, ha auspicato l’applicazione dell’amministrazione di sostegno per l’acquisizione di un consapevole consenso al trattamento psichiatrico riabilitativo, perché in grado di ovviare ai limiti del consenso del paziente in psichiatria, il quale spesso non conosce il motivo del proprio inserimento nella struttura, né la prognosi, né i farmaci che assume, né le caratteristiche del trattamento seguito, e che pertanto, più che un consenso alla cura, esprime una mera adesione alle scelte sanitarie ( C. CANDELLI, F. CARABELLESE, I. GRATTAGLIANO, Il consenso che non c’è. La legge 6/2004 nei trattamenti psichiatrici riabilitativi, in Riv. it. med. Leg., 2009, 1043 ) Il consenso è delegabile? Configurare l’assenso in termini di accettazione della proposta contrattuale, ai sensi della disciplina generale sulla formazione dell’accordo contrattuale condurrebbe a concludere per l’applicabilità del metodo di conclusione del negozio attraverso una persona interposta, il rappresentante, il quale intrattiene le trattative con l’altro contraente, forma la volontà contrattuale, conclude in proprio l’accordo, il quale però produrrà immediatamente effetti nella sfera giuridica del rappresentato, quando si tratti di rappresentanza diretta, perché fondata su una procura, ovvero lì produrrà in capo al rappresentate indiretto, su cui incombe l’obbligo, nascente dal mandato, di trasferire i predetti effetti nella sfera giuridica del rappresentato. Ne discende l’esclusione della rappresentanza dell’amministratore di sostegno nelle scelte concernenti il bene della vita, in quanto atti dispositivi di un diritto personalissimo Consenso come autodeterminazione La decisione sul sé, sul trattamento medico da praticarsi, sulle eventuali parti staccate dal proprio corpo per ricerca, sperimentazione o trapianto, è definibile in termini di autodeterminazione piuttosto che in quelli di appartenenza, che presuppongono la reificazione del corpo e delle sue parti, perché possano essere definiti beni, e quindi oggetto di diritti. “Il consenso informato, pur assumendo rilevanza essenzialmente in ambito contrattuale, inerisce a situazioni giuridiche matrimonialmente neutre, fondamentali ed aventi i caratteri dell’assolutezza, imprescrittibilità e indisponibilità: il fatto di consentire trattamenti sanitari sulla propria persona non significa disporre (in senso tecnico) di alcun diritto, che non viene alienato o rinunziato, ma semplicemente operare, in modo temporaneo e sempre revocabile (almeno finché il trattamento non è stato compiuto) un personale ‘bilanciamento’ fra diritti della propria persona egualmente tutelati, quali quello alla salute, all’integrità fisica, alla dignità della persona, alla libertà di scelta, all’autodeterminazione; anche l’eventuale e sempre più raro esercizio del diritto a non essere informato sulla patologia e sull’invasività delle possibili cure, e quindi in definitiva all’informazione medica, non può certo essere qualificato come una rinuncia abdicativa, ma è una scelta inerente alla libertà personale e alla dignità del soggetto, scelta peraltro sempre modificabile e revocabile” (A. SASSI, Equità e interessi fondamentali nel diritto privato, Perugia, 2006, p. 119) Artt. 33-35 l. 23 luglio 1978, n. 833 “Gli accertamenti e i trattamenti sanitari sono di norma volontari … possono essere disposti dall’autorità sanitaria accertamenti e trattamenti sanitari obbligatori nei confronti delle persone affette da malattia mentale … il trattamento sanitario obbligatorio per malattia mentale può prevedere che le cure vengano prestate in condizioni di degenza ospedaliera solo se esistano alterazioni psichiche tali da richiedere urgenti interventi terapeutici, se gli stessi non vengono accettati dall’infermo e se non vi siano le condizioni e le circostanze che consentano di adottare tempestive e idonee misure sanitarie extra-ospedaliere”. Pazienti con disturbi mentali Il trattamento sanitario potrà dunque essere disposto obbligatoriamente solo ove si accerti che il rifiuto della terapia sia espressione della malattia mentale e della condizione di delirio e inconsapevolezza in cui il paziente si trova, e si tratti di interventi terapeutici urgenti, che pongano la persona al sicuro da condotte gravemente pregiudizievoli per sé o per altri Conv. Oviedo, art. 7: “Tutela delle persone che soffrono di un disturbo mentale. La persona che soffre di un disturbo mentale grave non può essere sottoposta, senza il proprio consenso, a un intervento avente per oggetto il trattamento di questo disturbo se non quando il dissenso a un tale trattamento rischia di essere gravemente pregiudizievole alla sua salute e sotto riserva delle condizioni di protezione previste dalla legge comprendenti le procedure di sorveglianza e di controllo e le vie di ricorso” Può l’amministratore di sostegno manifestare il consenso / dissenso? TESI NEGATIVA l’art. 411 c.c. non comprende, tra le norme dettate per interdizione e inabilitazione applicabili all’amministrazione di sostegno, l’art. 357 che indica, tra le funzioni del tutore “la cura della persona” Di conseguenza, trattandosi di persona che non può esprimere la propria volontà riguardo alle scelte terapeutiche, il medico dovrebbe muoversi secondo le regole dettate in materia di caso di necessità Un amministratore per la “futura” incapacità? Potrebbe sussistere un dissenso preventivamente espresso dal soggetto, fintanto che mantenga condizioni di piena capacità, con contestuale domanda di nomina di un amministratore di sostegno con il preciso compito di esprimere il consenso o il dissenso informato ad eventuali trattamenti medico chirurgici, in conformità alle direttive espresse dal beneficiario? La cura personae L’art. 404 c.c. comprende nel concetto di “impossibilità a provvedere ai propri interessi” l’impossibilità di prendersi cura della propria persona i provvedimenti urgenti che il giudice tutelare può dettare ai sensi dell’art. 405, c. IV, c.c., (ovvero in caso di rigetto della domanda di interdizione ex art. 418, terzo comma, c.c.) possono avere ad oggetto “la cura della persona” del beneficiario i responsabili dei servizi sanitari e sociali direttamente impegnati nella “cura e assistenza della persona” sono, per questo motivo, tenuti a proporre l’apertura del procedimento di amministrazione di sostegno, ai sensi dell’art. 406, III c. la scelta dell’amministratore di sostegno avviene, ai sensi dell’art. 408, I. c., c.c., “con esclusivo riguardo alla cura ed agli interessi della persona del beneficiario” Art. 408, I comma, c.c. Scelta dell’amministratore di sostegno operata “dallo stesso interessato, in previsione della propria futura incapacità, mediante atto pubblico o scrittura privata autenticata” Non si tratta di mandato in vista della propria futura incapacità, perché la nomina dell’amministratore compete al giudice tutelare, e la scelta dell’interessato rileva come criterio preferenziale. Verso un testamento di sostegno? Un documento in cui viene designato un amministratore di sostegno, e contestualmente vengono espresse le direttive anticipate alle quali l’amministratore medesimo dovrà attenersi nel rendere attuale il dissenso alle scelte terapeutiche, comunicandolo tempestivamente ai sanitari , sempreché il dissenso risulti idoneamente formato, in seguito alla procedura di informazione, discussione, riflessione personale che rende la volontà attendibile e consapevole Poteri dell’A.d.S. Il decreto di nomina dovrà, di conseguenza e in applicazione dell’art. 405, quarto comma, n. 3, specificare quali decisioni potranno essere adottate dall’amministratore, in relazione ai differenti trattamenti sanitari praticabili, tale essendo “l’oggetto dell’incarico e degli atti che l’amministratore di sostegno ha il potere di compiere in nome e per conto del beneficiario”. Obiezioni Contrario Trib. Pistoia 8 giugno 2009: consenso invalido per difetto di attualità del riscontro della volontà dell’interessato rispetto alle conoscenze scientifiche sussistenti al momento dell’insorgenza dello specifico problema terapeutico In risposta, Trib. Modena 5 novembre 2008, riteneva che “l’obiezione non avrebbe pregio perché ciò che rileverebbe, allora, negli stessi termini in cui rileva oggi, sarebbe la presenza del presupposto oggettivo (malattia irreversibile allo stato terminale) enunciato dal disponente e la cui verificata esistenza renderebbe irrilevante qualsiasi evoluzione d scienza e tecnica intervenuta nel frattempo nell’affinamento di terapie volte a prolungare la sopravvivenza del corpo”. Non è testamento in senso proprio Testamento Atto di ultima volontà con cui taluno dispone, per il tempo in cui avrà cessato di vivere, di tutte o di parte delle sue sostanze, attribuendole a soggetti determinati Atto mortis causa Patrimoniale Revocabile Formale C.d. Testamento di sostegno Dichiarazione di preferenza di una persona come A.d.S. Necessita di provvedimento del G.T. che può disattendere, motivando, l’indicazione Riguarda atti patrimonialmente neutri Scelte di vita L’AdS è solo portatore della volontà del beneficiario