L`amministrazione di sostegno per le persone affette da demenza

Stefania Stefanelli
Sangemini, 26 novembre 2011
Amministrazione di sostegno
Artt. 404-413 c.c., introdotti dalla l. 9 gennaio 2006, n. 6
Art. 404 c.c.: “La persona che, per effetto di una
infermità ovvero di una menomazione fisica o
psichica, si trova nella impossibilità, anche parziale o
temporanea, di provvedere ai propri interessi, può
essere assistita da un amministratore di sostegno,
nominato dal giudice tutelare del luogo in cui questa
ha la residenza o il domicilio”
Convenzione delle Nazioni Unite sulle persone
con disabilità (13 dicembre 2006)
Nozione: “those who have long-term physical, mental,
intellectual or sensory impairments which in interaction
with various barriers may hinder their full and effective
participation in society on an equal basis with others
Un concetto suscettibile di essere ampliato dalle legislazioni
statali, che costituisce un minimum inderogabile, eppure in
evoluzione qualificato essenzialmente in termini
relazionali: “that disability results from the interaction
between persons with impairments and attitudinal and
environmental barriers that hinders full and effective
participation in society on an equal basis with others”
Diritti fondamentali del disabile
L’art. 3 della Convenzione riconosce alle persone con
disabilità il rispetto della dignità, dell’autonomia
individuale, che comprende la libertà di prendere da sé
le proprie scelte, la non discriminazione, il diritto di
piena ed effettiva partecipazione ed inclusione sociale,
il rispetto delle differenze, le pari opportunità, anche
tra uomo e donna, l’accessibilità, il rispetto delle
capacità in evoluzione dei bambini disabili, nonché il
loro diritto a preservare la propria identità
Interdizione e inabilitazione
In questa ottica appaiono evidenti i limiti – e
l’illegittimità – di una legislazione statale che si
limitasse, come avveniva in Italia fino al 2004, a
prevedere strumenti di protezione delle persone con
disabilità che si possono realizzare solo con l’ablazione
della loro capacità di autodeterminarsi nella vita di
relazione, quali sono stati offerti tradizionalmente
dall’interdizione e dall’inabilitazione
Sono dunque provvedimenti residuali rispetto
all’amministrazione di sostegno
I caratteri differenziali
Interdizione /
inabilitazione
 Provvedimenti incapacitanti
a carattere generale
(incapacità di agire assoluta,
ovvero limitata alla
straodinaria
amministrazione)
Amministrazione di sostegno
 Provvedimento modellato
sui bisogni e sull’interesse del
beneficiario
 Il beneficiario conserva la
capacità di agire per tutti gli
atti che non richiedono, in
forza del decreto
autorizzativo, la
rappresentanza o l’assistenza
necessaria
dell’amministratore
I caratteri differenziali
Interdizione /
Inabilitazione
 Adottati con sentenza dal
Tribunale in composizione
collegiale, con rito di
volontaria giurisdizione
Amministrazione di sostegno
 Il beneficiario può sempre
compiere gli atti necessari a
soddisfare le esigenze della
propria vita quotidiana
 L’amministratore deve
sempre informare il
beneficiario , il quale, in caso
di dissenso, può ricorrere al
GT
 Adottata con decreto dal
Giudice Tutelare, con rito
semplificato
Cass. Civ., sez. I, 29 novembre 2006, n. 25336
“L’ambito di applicazione dell’amministrazione di sostegno … va
individuato con riguardo non già al diverso, e meno intenso, grado di
infermità o impossibilità di attendere ai propri interessi del soggetto
carente di autonomia, ma piuttosto alla maggiore agilità della relativa
procedura applicativa. … Il legislatore ha inteso configurare uno
strumento elastico, modellato a misura delle esigenze del caso
concreto, che si distingue dalla interdizione non sotto il profilo
quantitativo, ma sotto quello funzionale: ciò induce a non escludere
che, in linea generale, possa farsi ricorso sia all’uno che all’altro
strumento di tutela, e che soltanto la specificità delle singole
fattispecie, e delle esigenze da soddisfare di volta in volta, possa
determinare la scelta tra i diversi istituti, con l’avvertenza che quello
della interdizione ha comunque carattere residuale, intendendo il
legislatore riservarlo, in considerazione della gravità degli effetti che da
esso derivano, a quelle ipotesi in cui nessuna efficacia protettiva
sortirebbe una diversa misura”.
I criteri della scelta
Se si tratta di un’attività minima, estremamente semplice nelle
operazioni (ad es. la gestione ordinaria del reddito da pensione)
e se il soggetto ha l’attitudine a non mettere in discussione i
risultati dell’attività di sostegno nei suoi confronti, non è
necessaria la limitazione generale della sua capacità di agire, e si
dovrà optare per l’amministrazione di sostegno, che lascerebbe
in ogni caso il beneficiario capace di compiere gli atti necessari a
soddisfare le sue esigenze di vita quotidiana.
Se invece si tratta di soggetto in condizioni di abituale infermità di
mente che lo rende incapace di gestire una attività di una certa
complessità, da svolgere in una molteplicità di direzioni, oppure
se è necessario impedire al soggetto di compiere atti
pregiudizievoli per sé, eventualmente in considerazione della
permanenza di una sua vita di relazione con l’esterno, sarebbero
da preferire gli strumenti dell’interdizione o dell’inabilitazione.
Il caso della malattia di Alzheimer
E’ stata disposta l’amministrazione di sostegno in favore
di persona affetta da morbo di Alzheimer,
“palesemente incapace a comunicare con altre
persone, versando in stato di torpore e di incoscienza,
e conseguentemente, a compiere alcuna attività
inerente ai propri interessi, essendo impossibilitata ad
intrattenere vita di relazione con terzi”
(Trib. Marsala, decr. 9 luglio 2007)
Così anche Trib. Bari, decr. 5 luglio 2007, con la
precisazione che “i bisogni di protezione si limitano al
ritiro ed all’amministrazione della pensione”
Trib. Genova 14 marzo 2006: accogliendo la richiesta
presentata dalla moglie di un soggetto affetto dalla
malattia di Alzheimer, disponeva a favore del marito
della ricorrente la misura di prevenzione introdotta
dalla l. 6/2004, autorizzando tra l'altro lo stesso
amministratore ad istituire un trust in vista di tutelare,
oltre al beneficiario del provvedimento protettivo, il
figlio di costui, anch'egli disabile
(in Nuova giur. civ. comm., 2006, p. 1121 ss.)
Le persone totalmente prive di
coscienza
Analogamente si è deciso per il sostegno e la cura di persona che versava
in coma vegetativo, conseguente ad arresto cardiocircolatorio che aveva
determinato uno stato di encefalopatia postanossica, immobilizzato,
completamente dipendente per qualsivoglia attività dall’attività e dalle
cure della struttura presso cui è ricoverato, incaricando
l’amministratore del controllo e della vigilanza in relazione a interventi
o prestazioni terapeutiche e riabilitative, inclusa la prestazione del
consenso informato, oltre che della presentazione delle domande volte
ad ottenere provvidenze pensionistiche o assistenziali, in
rappresentanza esclusiva del beneficiario, nonché dell’attività di
ordinaria e straordinaria amministrazione del suo patrimonio, ottenuta
per quest’ultima l’autorizzazione giudiziale
(Trib. Reggio Emilia, decr. 4 maggio 2005 )
Trib. Bologna, 3 ottobre 2006, n. 2288 rigetta la
domanda di interdizione avanzata dai genitori di una
ragazza caduta in stato vegetativo persistente in
conseguenza di un incidente stradale, per la quale era
prima stata disposta la nomina di un amministratore
di sostegno, poi decaduta per scadenza del termine
(in http://jusabili.org/trib31006.shtml)
Contrario Trib. Varese, decr. 17 novembre 2009 secondo
cui, in casi di questo genere “la misura più idonea, in
tali casi, è l’interdizione.
(in www.amministratoridisostegno.com)
Altre patologie psichiatriche
Per una persona affetta da disturbo delirante cronico di tipo persecutorio,
in personalità ipoevoluta ed ipocritica per concomitanza debolezza
mentale, che gestiva comunque il proprio modesto patrimonio,
provvedendo, con la collaborazione di un familiare e di un’operatrice
sanitaria, all’acquisto di beni di prima necessità ed alla preparazione
dei pasti, e ad una appena sufficiente igiene della propria abitazione.
Per la sua “protezione attiva”, e per realizzarne il “diritto ad essere inserita
in un progetto solidaristico di sostegno nel cui ambito il decreto di cui
all’art. 405 c.c. prevederà i provvedimenti indispensabili per la cura”, il
tribunale ha preferito rigettare la domanda di interdizione e
trasmettere gli atti al Giudice Tutelare per la nomina di amministratore
di sostegno, pur trattandosi di soggetto portatore di una patologia
psichica o psichiatrica che ne fonda la valutazione di possibile o
probabile pericolosità
(Trib. Venezia, 13 ottobre 2005 in Giur. It., 2007, 2, p. 374 )
Sindrome di Down
Per la giovane donna, affetta da sindrome di Down e portatrice di
ritardo mentale, ma assolutamente capace di relazionarsi con il
mondo esterno e con le persone con lei entrate in contatto
nomina amministratore di sostegno la madre, riconoscendo il
diritto della persona beneficiaria di sposarsi
(Trib. Varese, 6 ottobre 2009, in Famiglia e diritto, 2010, 3, p. 287 ss)
Convenzione sui diritti delle persone con disabilità: “ Gli Stati
devono assicurare che le misure relative all’esercizio della
capacità giuridica rispettino i diritti, la volontà e le preferenze
della persona, che siano scevre da ogni conflitto di interesse e da
ogni influenza indebita, che siano proporzionate e adatte alle
condizioni della persona, che siano applicate per il più breve
tempo possibile e siano soggette a periodica recisione da parte di
un’autorità competente, indipendente ed imparziale o di un
organo giudiziario” (art. 12, comma IV)
Verso un
testamento di
sostegno?
La nomina
dell’amministratore
di sostegno in vista
della futura
incapacità di
esprimere la propria
volontà riguardo al
trattamento medico
sanitario
Consenso informato al trattamento
medico sanitario
Il consenso informato non si identifica in un atto,
quanto in una procedura, nell’ambito della quale i
pazienti ricevono informazioni sul trattamento o sulla
sperimentazione, con specifico riguardo a finalità,
rischi, benefici e possibili alternative; hanno la
possibilità di porre domande e ricevere risposte; hanno
tempo per discutere la proposta con familiari, medici,
persone di fiducia; utilizzano le informazioni per
maturare una decisione; comunicano infine la propria
decisione al medico
La designazione di un
amministratore di sostegno
Trib. Trieste 3 luglio 2009: Si tratta di persona, che aveva
subito un intervento chirurgico di rivascolarizzazione
miocardia mediante il confezionamento di tre bypass
aortocoronarici, con familiarità per cardiopatia ischemica,
cardiopatia ischemica cronica con coronaropatia
trivascolare già trattata con Angioplastica Coronarica
Transluminale Percutanea (PTCA) e quindi PTCA più
stents della discendente anteriore, che aveva subito anche
un episodio di angina instabile, che domandava la nomina
di un proprio amministratore di sostegno, nella persona
della moglie, per il caso in cui egli si venisse a trovare in
stato di incoscienza o di impossibilità di esprimere la
propria volontà
(in www.personaedanno.it)
Il ricorrente chiariva nel ricorso le proprie scelte di vita, il cui
rispetto demandava all’amministratore nominato, specificando:
“non desidero in nessun caso essere sottoposto a trasfusioni di
sangue intero, globuli rossi, bianchi, di piastrine e plasma;
rifiuto inoltre che il mio sangue sia conservato per poi essere
reinfuso; non accetto anche puch ematico, plasmaferesi,
marcatura, gel di piastrine autologo; sottolineo che rifiuto tutte
le cure sopra indicate anche se fosse a rischio la mia vita; accetto
invece: tutte le frazioni più piccole del sangue eccetto
l’emoglobina; le seguenti procedure che riguardano l’uso del mio
sangue per scopi terapeutici; recupero intraoperatorio del
proprio sangue, emodiluizione, macchina cuore polmone,
emodialisi; da ultimo specifico che non voglio che la mia vita
venga prolungata con mezzi o terapie artificiali, salvo le terapie
atte a lenire inutili sofferenze se i medici sono ragionevolmente
certi che le mie condizioni siano senza speranza”.
Il Tribunale nomina l’amministratore, conferendogli il potere di
“richiedere informazioni di ordine sanitario inerenti il
beneficiario, esprimere il consenso (o il dissenso) informato a
trattamenti sanitari o a interventi chirurgici, adottare ogni scelta
concernente la salute del beneficiario che sia espressione della
volontà espressa da quest’ultimo nel ricorso e riportata nella
prima parte di questo decreto” ritenendo che, sebbene “non sia
attuale l’incapacità” del beneficiario, “egli sia portatore di una
infermità che verosimilmente lo espone probabilità (non
semplicemente alla possibilità, propria di qualunque individuo)
di avere (rectius di avere di nuovo) una condizione di assoluta
incapacità, per la quale occorra assumere, senza esitazioni e al di
fuori dei tempi procedurali, decisioni in materia di cure,
trattamenti e interventi che riguardano la sua salute”
Il consenso informato nella
Costituzione
Trova il suo fondamento giuridico negli articoli 2, 13 e 32
della Costituzione: nei diritti irrinunciabili della
persona, nella libertà di autodeterminazione in ordine
ad atti che coinvolgono il proprio corpo,
nell’affermazione della volontarietà del trattamento
sanitario, da cui discende il diritto di esprimere anche
il rifiuto di interventi diagnostici, terapeutici o
sperimentali proposti (e non disposti) dai sanitari
… e nelle fonti internazionali
Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle
libertà fondamentali sottoscritta a Roma il 4 novembre
1950, ratificata e resa esecutiva in Italia con l. 4 agosto 1955,
n. 848, che nell’interpretazione della Corte Europea dei
diritti dell’uomo fonda, negli artt. 3 (divieto della tortura) e
8 (diritto al rispetto della vita privata e familiare), il diritto
del paziente di scegliere come trascorrere gli ultimi istanti
della propria esistenza e di chiedere che tale scelta sia
rispettata, legittimando quindi il rifiuto al trattamento
medico, purché tale rifiuto provenga da persona adulta e
sana di mente
(CEDU, sent. 29 aprile 2002, Pretty c. Regno Unito, ric. n.
2346/02, in Guida al diritto, 2002, 21, p. 97)
Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea
(Carta di Nizza) proclamata il 7 dicembre 2000, e
quindi il 12 dicembre 2007 a Strasburgo, cui il Trattato
di Lisbona del 13 dicembre 2007 ha riconosciuto valore
costituzionale. L’art. 1 della Carta recita “La dignità
umana è inviolabile. Essa deve essere rispettata e
tutelata”
Convenzione di Oviedo sulla biomedicina, artt. 5 e 9,
che ribadiscono la necessità del consenso del paziente
ad ogni trattamento che sia posto in essere sulla sua
persona, revocabile in qualsiasi momento, e precisano,
ove il malato non sia in grado di esprimere la propria
volontà, la rilevanza delle indicazioni da lui
precedentemente espresse
Le ragioni storiche
Dal tessuto costituzionale e internazionale tracciato emerge il valore della
persona nella sua “integrità fisica e psichica”, che nell’art. 32 giunge a
qualificare la salute in termini di diritto fondamentale dell’individuo (e
non della cittadinanza), cui è presidio il consenso al trattamento: si
tratta del più avanzato modello di habeas corpus, promessa non più
limitata ad alcuni sudditi ma riconosciuta a chiunque contro
l’intervento autoritativo dello stesso legislatore, ordinario e
costituzionale. Trattamenti sanitari obbligatori possono essere imposti
per legge, ma “la legge non può in nessun caso violare i limiti imposti
dal rispetto della persona umana”.
Il Codice di Norimberga del 1946, adottato dall’Associazione medica
mondiale per la regolamentazione del rispetto dei diritti umani nella
sperimentazione, dopo il processo condotto nella stessa città, si apre
con l’espressione “il consenso volontario del soggetto umano è
assolutamente necessario”.
Il codice di deontologia medica
Art. 33 - Informazione al cittadino
Il medico deve fornire al paziente la più idonea informazione sulla
diagnosi, sulla prognosi, sulle prospettive e le eventuali alternative
diagnostico-terapeutiche e sulle prevedibili conseguenze delle scelte
operate. Il medico dovrà comunicare con il soggetto tenendo conto
delle sue capacità di comprensione, al fine di promuoverne la massima
partecipazione alle scelte decisionali e l’adesione alle proposte
diagnostico-terapeutiche. Ogni ulteriore richiesta di informazione da
parte del paziente deve essere soddisfatta. Il medico deve, altresì,
soddisfare le richieste di informazione del cittadino in tema di
prevenzione. Le informazioni riguardanti prognosi gravi o infauste o
tali da poter procurare preoccupazione e sofferenza alla persona,
devono essere fornite con prudenza, usando terminologie non
traumatizzanti e senza escludere elementi di speranza. La
documentata volontà della persona assistita di non essere informata o
di delegare ad altro soggetto l’informazione deve essere rispettata”
Consenso del legale rappresentante
Art. 37 : “Allorché si tratti di minore o di interdetto il
consenso agli interventi diagnostici e terapeutici, nonché al
trattamento dei dati sensibili, deve essere espresso dal
rappresentante legale. Il medico, nel caso in cui sia stato
nominato dal giudice tutelare un amministratore di
sostegno deve debitamente informarlo e tenere nel
massimo conto le sue istanze. In caso di opposizione da
parte del rappresentante legale al trattamento necessario e
indifferibile a favore di minori o di incapaci, il medico è
tenuto a informare l'autorità giudiziaria; se vi è pericolo per
la vita o grave rischio per la salute del minore e
dell’incapace, il medico deve comunque procedere senza
ritardo e secondo necessità alle cure indispensabili”.
Autonomia del cittadino e direttive anticipate
Art. 38 - Autonomia del cittadino e direttive anticipate
“Il medico deve attenersi, nell’ambito della autonomia e
indipendenza che caratterizza la professione, alla volontà
liberamente espressa della persona di curarsi e deve agire nel
rispetto della dignità, della libertà e autonomia della stessa. Il
medico, compatibilmente con l’età, con la capacità di
comprensione e con la maturità del soggetto, ha l’obbligo di dare
adeguate informazioni al minore e di tenere conto della sua
volontà. In caso di divergenze insanabili rispetto alle richieste del
legale rappresentante deve segnalare il caso all’autorità
giudiziaria; analogamente deve comportarsi di fronte a un
maggiorenne infermo di mente. Il medico, se il paziente non è in
grado di esprimere la propria volontà, deve tenere conto nelle
proprie scelte di quanto precedentemente manifestato dallo
stesso in modo certo e documentato”.
L’alleanza terapeutica medico - paziente
La l. 23 dicembre 1978 n. 833, istitutiva del servizio sanitario
nazionale è la fonte interna di riferimento per il ribaltamento
della precedente concezione paternalistica del rapporto medico
– paziente, in cui era rimessa alla “scienza e coscienza” del
primo ogni decisione in merito alle terapie medico chirurgiche
e diagnostiche da preferire nell’interesse del secondo. L’art. 33
di quella legge, specificando la possibilità di comprimere il
potere di autodeterminazione del soggetto solo in presenza di
trattamento sanitario obbligatorio per legge o stato di
necessità, ha fatto dell’informazione e del consenso informato
del malato il baricentro della prestazione medica
(v. infra diap. 34)
Un problema sottovalutato
“Privato di autonomia ed ospedalizzato a causa della
malattia, impaurito da strane pratiche di routine
spersonalizzanti, spaventato per la sua salute e forse
per la sua vita il paziente è lungi dall’esercitare un
libero potere di scelta quando la persona alla quale
egli ancora tutte le sue speranze gli chiede «Di un po’,
ti dispiacerebbe unirti ad altri pazienti di questo
piano per darci una mano nel fare una ricerca molto
importante che stiamo portando avanti?»”
(F.J. INGELFINGER, Informed (but uneducated) consent, in New England
Journal of Med., 1972 Aug. 31; 287 (9), p. 456 s.)
Il consenso nei servizi psichiatrici
Una recente indagine medico legale, condotta su pazienti di
servizi psichiatrici, ha auspicato l’applicazione
dell’amministrazione di sostegno per l’acquisizione di un
consapevole consenso al trattamento psichiatrico
riabilitativo, perché in grado di ovviare ai limiti del
consenso del paziente in psichiatria, il quale spesso non
conosce il motivo del proprio inserimento nella struttura,
né la prognosi, né i farmaci che assume, né le
caratteristiche del trattamento seguito, e che pertanto, più
che un consenso alla cura, esprime una mera adesione alle
scelte sanitarie
( C. CANDELLI, F. CARABELLESE, I. GRATTAGLIANO, Il consenso che non c’è. La legge
6/2004 nei trattamenti psichiatrici riabilitativi, in Riv. it. med. Leg., 2009, 1043 )
Il consenso è delegabile?
Configurare l’assenso in termini di accettazione della proposta
contrattuale, ai sensi della disciplina generale sulla formazione
dell’accordo contrattuale condurrebbe a concludere per
l’applicabilità del metodo di conclusione del negozio attraverso
una persona interposta, il rappresentante, il quale intrattiene le
trattative con l’altro contraente, forma la volontà contrattuale,
conclude in proprio l’accordo, il quale però produrrà
immediatamente effetti nella sfera giuridica del rappresentato,
quando si tratti di rappresentanza diretta, perché fondata su una
procura, ovvero lì produrrà in capo al rappresentate indiretto, su
cui incombe l’obbligo, nascente dal mandato, di trasferire i
predetti effetti nella sfera giuridica del rappresentato.
Ne discende l’esclusione della rappresentanza dell’amministratore
di sostegno nelle scelte concernenti il bene della vita, in quanto
atti dispositivi di un diritto personalissimo
Consenso come autodeterminazione
La decisione sul sé, sul trattamento medico da praticarsi,
sulle eventuali parti staccate dal proprio corpo per
ricerca, sperimentazione o trapianto, è definibile in
termini di autodeterminazione piuttosto che in quelli
di appartenenza, che presuppongono la reificazione
del corpo e delle sue parti, perché possano essere
definiti beni, e quindi oggetto di diritti.
“Il consenso informato, pur assumendo rilevanza essenzialmente in ambito
contrattuale, inerisce a situazioni giuridiche matrimonialmente neutre,
fondamentali ed aventi i caratteri dell’assolutezza, imprescrittibilità e
indisponibilità: il fatto di consentire trattamenti sanitari sulla propria persona
non significa disporre (in senso tecnico) di alcun diritto, che non viene alienato
o rinunziato, ma semplicemente operare, in modo temporaneo e sempre
revocabile (almeno finché il trattamento non è stato compiuto) un personale
‘bilanciamento’ fra diritti della propria persona egualmente tutelati, quali
quello alla salute, all’integrità fisica, alla dignità della persona, alla libertà di
scelta, all’autodeterminazione; anche l’eventuale e sempre più raro esercizio del
diritto a non essere informato sulla patologia e sull’invasività delle possibili
cure, e quindi in definitiva all’informazione medica, non può certo essere
qualificato come una rinuncia abdicativa, ma è una scelta inerente alla libertà
personale e alla dignità del soggetto, scelta peraltro sempre modificabile e
revocabile”
(A. SASSI, Equità e interessi fondamentali nel diritto privato, Perugia, 2006, p. 119)
Artt. 33-35 l. 23 luglio 1978, n. 833
“Gli accertamenti e i trattamenti sanitari sono di norma
volontari … possono essere disposti dall’autorità sanitaria
accertamenti e trattamenti sanitari obbligatori nei
confronti delle persone affette da malattia mentale … il
trattamento sanitario obbligatorio per malattia mentale
può prevedere che le cure vengano prestate in condizioni di
degenza ospedaliera solo se esistano alterazioni psichiche
tali da richiedere urgenti interventi terapeutici, se gli stessi
non vengono accettati dall’infermo e se non vi siano le
condizioni e le circostanze che consentano di adottare
tempestive e idonee misure sanitarie extra-ospedaliere”.
Pazienti con disturbi mentali
Il trattamento sanitario potrà dunque essere disposto
obbligatoriamente solo ove si accerti che il rifiuto della terapia
sia espressione della malattia mentale e della condizione di
delirio e inconsapevolezza in cui il paziente si trova, e si tratti di
interventi terapeutici urgenti, che pongano la persona al sicuro
da condotte gravemente pregiudizievoli per sé o per altri
Conv. Oviedo, art. 7: “Tutela delle persone che soffrono di un
disturbo mentale. La persona che soffre di un disturbo mentale
grave non può essere sottoposta, senza il proprio consenso, a un
intervento avente per oggetto il trattamento di questo disturbo se
non quando il dissenso a un tale trattamento rischia di essere
gravemente pregiudizievole alla sua salute e sotto riserva delle
condizioni di protezione previste dalla legge comprendenti le
procedure di sorveglianza e di controllo e le vie di ricorso”
Può l’amministratore di sostegno
manifestare il consenso / dissenso?
TESI NEGATIVA
l’art. 411 c.c. non comprende, tra le norme dettate per
interdizione e inabilitazione applicabili
all’amministrazione di sostegno, l’art. 357 che indica,
tra le funzioni del tutore
“la cura della persona”
Di conseguenza, trattandosi di persona che non può
esprimere la propria volontà riguardo alle scelte
terapeutiche, il medico dovrebbe muoversi secondo le
regole dettate in materia di caso di necessità
Un amministratore per la “futura”
incapacità?
Potrebbe sussistere un dissenso preventivamente
espresso dal soggetto, fintanto che mantenga
condizioni di piena capacità, con contestuale domanda
di nomina di un amministratore di sostegno con il
preciso compito di esprimere il consenso o il dissenso
informato ad eventuali trattamenti medico chirurgici,
in conformità alle direttive espresse dal beneficiario?
La cura personae
L’art. 404 c.c. comprende nel concetto di “impossibilità a
provvedere ai propri interessi” l’impossibilità di prendersi cura
della propria persona
i provvedimenti urgenti che il giudice tutelare può dettare ai sensi
dell’art. 405, c. IV, c.c., (ovvero in caso di rigetto della domanda
di interdizione ex art. 418, terzo comma, c.c.) possono avere ad
oggetto “la cura della persona” del beneficiario
i responsabili dei servizi sanitari e sociali direttamente impegnati
nella “cura e assistenza della persona” sono, per questo motivo,
tenuti a proporre l’apertura del procedimento di
amministrazione di sostegno, ai sensi dell’art. 406, III c.
la scelta dell’amministratore di sostegno avviene, ai sensi dell’art.
408, I. c., c.c., “con esclusivo riguardo alla cura ed agli interessi
della persona del beneficiario”
Art. 408, I comma, c.c.
Scelta dell’amministratore di sostegno operata “dallo
stesso interessato, in previsione della propria futura
incapacità, mediante atto pubblico o scrittura privata
autenticata”
Non si tratta di mandato in vista della propria futura
incapacità, perché la nomina dell’amministratore
compete al giudice tutelare, e la scelta dell’interessato
rileva come criterio preferenziale.
Verso un testamento di sostegno?
Un documento in cui viene designato un amministratore
di sostegno, e contestualmente vengono espresse le
direttive anticipate alle quali l’amministratore
medesimo dovrà attenersi nel rendere attuale il
dissenso alle scelte terapeutiche, comunicandolo
tempestivamente ai sanitari , sempreché il dissenso
risulti idoneamente formato, in seguito alla procedura
di informazione, discussione, riflessione personale che
rende la volontà attendibile e consapevole
Poteri dell’A.d.S.
Il decreto di nomina dovrà, di conseguenza e in
applicazione dell’art. 405, quarto comma, n. 3,
specificare quali decisioni potranno essere adottate
dall’amministratore, in relazione ai differenti
trattamenti sanitari praticabili, tale essendo “l’oggetto
dell’incarico e degli atti che l’amministratore di
sostegno ha il potere di compiere in nome e per conto
del beneficiario”.
Obiezioni
Contrario Trib. Pistoia 8 giugno 2009: consenso invalido per
difetto di attualità del riscontro della volontà
dell’interessato rispetto alle conoscenze scientifiche
sussistenti al momento dell’insorgenza dello specifico
problema terapeutico
In risposta, Trib. Modena 5 novembre 2008, riteneva che
“l’obiezione non avrebbe pregio perché ciò che rileverebbe,
allora, negli stessi termini in cui rileva oggi, sarebbe la
presenza del presupposto oggettivo (malattia irreversibile
allo stato terminale) enunciato dal disponente e la cui
verificata esistenza renderebbe irrilevante qualsiasi
evoluzione d scienza e tecnica intervenuta nel frattempo
nell’affinamento di terapie volte a prolungare la
sopravvivenza del corpo”.
Non è testamento in senso proprio
Testamento
Atto di ultima volontà con cui
taluno dispone, per il tempo
in cui avrà cessato di vivere, di
tutte o di parte delle sue
sostanze, attribuendole a
soggetti determinati
Atto mortis causa
Patrimoniale
Revocabile
Formale
C.d. Testamento di sostegno
Dichiarazione di preferenza di
una persona come A.d.S.
Necessita di provvedimento del
G.T. che può disattendere,
motivando, l’indicazione
Riguarda atti patrimonialmente
neutri
Scelte di vita
L’AdS è solo portatore della
volontà del beneficiario