UNIVERSITÁ DEGLI STUDI CAMERINO DI Dispense di ANALISI MATEMATICA 1, a.a. 2014/15 Prof. Fabio Giannoni Indice Capitolo 1. Insiemi numerici, funzioni e proprietá fondamentali 1.1. Insiemi 1.2. Funzioni 1.3. I numeri naturali 1.4. I numeri relativi 1.5. I numeri razionali 1.6. I numeri reali 1.7. Intervalli 1.8. Polinomi 1.9. Radici n-esime 1.10. Valore assoluto 1.11. Il Principio di Induzione (Quinto assioma di Peano). 1.12. L’algoritmo di Erone 1.13. Binomio di Newton e somme di potenze. 1.14. I numeri complessi 1.15. Definizione dei numeri complessi 1.16. Importanti conseguenze dell’assioma di completezza 1.17. Esercizi 2 2 6 9 12 14 17 19 20 24 24 26 29 30 33 34 42 46 Capitolo 2. Limiti di successioni 2.1. Definizioni e proprietà 2.2. Successioni divergenti 2.3. Sottosuccessioni 2.4. Successioni monotone 2.5. Un importante esempio 2.6. Operazioni con i limiti 2.7. Forme indeterminate 2.8. Il numero di Nepero e 48 48 53 54 56 58 60 66 68 1 INDICE 2.9. Successioni: ulteriori proprietà 2.10. Teorema di Bolzano-Weierstrass 2.11. Successioni di Cauchy 2.12. Esercizi 2 70 73 75 77 Capitolo 3. Continuità e limiti di funzioni 3.1. Continuità 3.2. Limiti di funzioni 3.3. Continuità e discontinuità 3.4. Limiti di funzioni: alcuni teoremi 3.5. Esercizi 3.6. Alcuni teoremi fondamentali sulle funzioni continue 3.7. Esercizi 79 79 82 86 87 90 91 103 Capitolo 4. Funzioni esponenziali e logaritmiche 4.1. Funzione esponenziale con esponente razionale 4.2. Esercizi 4.3. La funzione logaritmica 4.4. Esercizi 4.5. Gerarchie di infiniti 105 105 117 117 122 125 Capitolo 5. Funzioni trigonometriche 5.1. Definizione di seno e coseno 5.2. Lunghezza di una curva 5.3. Alcune proprietà delle funzioni trigonometriche 5.4. La funzione tangente 5.5. Definizione rigorosa di seno e coseno 5.6. Formule di addizione e sottrazione e conseguenze 5.7. Forma trigonometrica (o polare) dei numeri complessi 5.8. Continuità delle funzioni seno e coseno 5.9. Esercizi 128 128 129 131 134 139 143 149 154 158 Capitolo 6. Calcolo di↵erenziale 6.1. Derivata: definizione e interpretazione geometrica 6.2. Derivazione delle funzioni elementari 6.3. Derivabilità e continuità 6.4. Operazioni con le derivate 159 159 162 165 169 INDICE 6.5. 6.6. 6.7. 6.8. 6.9. 6.10. 6.11. 6.12. 6.13. 6.14. Derivazione di alcune funzioni inverse Derivate: alcuni teoremi fondamentali Studio della derivabilità Ricerca di massimi e minimi di funzioni Problemi di massimo e di minimo: alcune applicazioni Esercizi Funzioni concave e convesse: la derivata seconda Studio di funzione Formule di Taylor Esercizi 3 173 176 183 184 185 192 193 199 201 212 Capitolo 7. Serie numeriche 7.1. Prime definizioni 7.2. Il paradosso di Achille e della tartaruga 7.3. La serie geometrica 7.4. Alcuni risultati 7.5. Criteri di convergenza 7.6. Serie di Taylor 7.7. Esercizi 215 215 216 217 218 220 232 235 Capitolo 8. Calcolo integrale 8.1. Introduzione 8.2. Integrale di Cauchy 8.3. Integrale di Riemann 8.4. Equivalenza tra la definizione di Cauchy e quella di Riemann. 8.5. Alcune proprietà fondamentali dell’integrale di Cauchy-Riemann. 236 236 240 243 Capitolo 9. Integrali e funzioni continue 9.1. Integrabilità delle funzioni continue 9.2. Il Teorema fondamentale del calcolo integrale 262 262 266 Capitolo 10. Calcolo di integrali tramite primitive 10.1. Un esempio istruttivo di cambio di variabile 10.2. Integrazione per parti 10.3. Integrazione delle funzioni razionali 271 271 273 275 247 249 INDICE 10.4. Integrali abeliani 4 278 Capitolo 11. Integrali impropri 11.1. Esercizi 280 285 Capitolo 12. Funzioni integrali 12.1. Esercizi 287 293 INDICE 1 Introduzione Queste note hanno lo scopo di facilitare il lavoro degli studenti che devono seguire il corso e superare l’esame di Analisi Matematica 1 dei corsi di Laurea in Matematica e Fisica. Il corso di Analisi Matematica 1 vale 12 CFU. Ogni CFU presuppone 25 ore di lavoro. Dunque il carico di lavoro di questo corso é di 300 ore per ciascun studente. Tolte le 93 ore di lezione frontale (63 di lezione e 30 di esercitazioni), restano 207 ore. E’ fondamentale il non ritrovarsi e studiare a ridosso dei due compiti parziali previsti e/o a ridosso dell’esame finale. Il corso si sviluppa in un periodo di 15 settimane che comprende le vacanze di Natale. Quindi il lavoro andrebbe distribuito in circa 14 ore alla settimana con una media di due ore al giorno. Tali ore possono essere utilizzate per rivedere gli appunti delle lezioni con l’aiuto delle dispense, fare esercizi, imparare a ricostruire le dimostrazioni da soli o in compagnia di uno o due colleghi di corso. Esse possosno essere utilizzate anche per elencare le cose non chiare e gli esercizi non riusciti da chidere al docente, alla fine della lezione oppure durante l’orario di ricevimento. Ringraziamenti. Vorrei ringraziare gli studenti del primo anno dei corsi di laurea di Matematica e di Fisica, anno accademico 2012/13, per la loro partecipazione e attiva alle lezioni del precorso. In particolare le studentesse Ilaria Giancamilli ed Elena Raponi per come hanno preso gli appunti che sono stati la base per scrivere queste note. Ed anche tutti gli studenti e studentesse che sono intervenuti ripetutamente con domande quando non era loro chiaro qualcosa. Tra tutti spicca la studentessa Valentina Macchiati che si puó proprio dire che non me ne ha lasciata passare una e con le sue domande é stata di aiuto a tutti. Un ringraziamento particolare alla dottoressa Claudia Vannucchi che e’ stato tutor per il corso di Analisi Matematica 1 e che ha trasformato gli appunti in un testo scorrevole. Desidero infine ringraziare la Dottoressa Lorella Fatone che ha curato le esercitazioni negli anni accademici 2012-13 e 2013-14. CAPITOLO 1 Insiemi numerici, funzioni e proprietá fondamentali In questo primo capitolo, vengono richiamati sinteticamente alcuni concetti e nozioni relativi alla teoria degli insiemi, alle funzioni, agli insiemi numerici e alle loro principali proprietá, argomenti che saranno utili in seguito. 1.1. Insiemi Ricordiamo che i matematici chiamano insieme una qualsiasi raccolta di oggetti. Questi vengono detti elementi e si dice che appartengono all’insieme. Di solito gli insiemi si indicano con una lettera maiuscola ed i suoi elementi con lettere minuscole. Con la scrittura a2A si intende dire che l’elemento a appartiene all’insieme A. Invece con la scrittura a < A si intende che l’elemento a non appartiene ad A. Indicheremo con ; l’insieme vuoto, ossia l’insieme privo di elementi. Inoltre N, Z, Q, R indichereanno rispettivamente gli insiemi dei numeri naturali, interi, razionali, reali. Un insieme spesso può essere descritto mediante una proprietà che caratterizza i suoi elementi. In altre parole se P(x) è una proprietà che risulta vera o falsa a seconda di chi è x, a partire da essa si puó descrivere l’insieme di tutti gli elementi tali che la proprietà P è vera, e tale insieme si rappresenta nel seguente modo: {x : P(x) è vera} , e si legge: l’insieme degli x tali che P(x) è vera. 2 1.1 Insiemi 3 Esempio 1.1. Se n 2 N, consideriamo la proprietà P(n) : ”n è divisibile per 2”. L’insieme {n : P(n) è vera}, è l’insieme dei numeri pari. Definiamo ora le principali operazioni con gli insiemi. Gli insiemi unione, intersezione e di↵erenza sono definiti rispettivamente da A [ B = {x : x 2 A _ x 2 B} , A \ B = {x : x 2 A ^ x 2 B} A \ B = {x : x 2 A ^ x < B} . Si dice anche che A \ B è il complementare di B rispetto ad A. Il simbolo _ si legge ”oppure” con il significato del vel latino, mentre il simbolo ^ si legge ”e”, (et latino). Definiamo adesso le seguenti relazioni tra insiemi. Dati due insiemi A e B, si dice che A è sottoinsieme di B se ogni elemento di A appartiene anche a B . In simboli A✓B () (x 2 A ) x 2 B). Spesso invece del simbolo ✓ si usa il simbolo ⇢ con lo stesso significato. Il simbolo ) indica una conseguenza logica. La scrittura P(x) ) Q(x) si legge: se P(x) è vera allora Q(x) è vera. Invece il simbolo () indica una equivalenza logica. La scrittura P(x) () Q(x) si legge: P(x) è vera se e solo se Q(x) è vera. Diciamo che due insiemi A e B sono uguali se hanno gli stessi elementi, cioè se ogni elemento di A appartiene a B ed ogni elemento di B appartiene ad A . In simboli: A=B () (A ✓ B) ^ (B ✓ A) . Notazione 1.2. Useremo anche i seguenti simboli detti ”quantificatori”. Il simbolo 8 significherà “per ogni ”, mentre il simbolo 9 significherà “esiste ”. 4 1.1 Insiemi Osservazione 1.3. Nella lingua parlata gli elementi costitutivi sono le proposizioni. Cosı̀ è anche in matematica. Ad esempio sono proposizioni • 2·3=6 • 9n 2 N : n è divisibile per 2, • 8n 2 N, n è divisibile per 2, sono proposizioni nel linguaggio matematico. Però a di↵erenza della lingua parlata le proposizioni in matematica possono avere un solo valore di verità: vero o falso. Ad esempio la prima e la seconda proposizione sono vere, mentre la terza è falsa. Una proposizione può essere vera o falsa, non ci sono altre possibilità. D’altra parte non tutte le proposizioni del linguaggio parlato sono una proposizione nel linguaggio matematico (ad esempio ”Questa frase è falsa”, non è una proposizione perché se suppongo che è vera allora è falsa e viceversa). Oltre alle proposizioni in matematica sono fondamentali le relazioni (o predicati) che possono dipendere da una o più variabili. Quando non ci sono ”entità” variabili si parla di proposizioni. Ad esempio consideriamo R(x) : x2 1 > 0,x 2 R, S(x, y) : x + y = 1 , x, y 2 R . R(1) è una proposizione falsa, S(2, 1) è una proposizione vera. Vediamo altri esempi. Esempio 1.4. La seguente proposizione 8n 2 N n dispari ) n2 pari è falsa. Esempio 1.5. Siano p(n) : n dispari q(n) : n2 dispari . 5 1.1 Insiemi Allora le seguenti proposizioni p(n) ) q(n) 8n 2 N , p(n) , q(n) 8n 2 N , sono vere. Osservazione 1.6. Sia A ⇢ R . 8x 2 A, p(x) ) q(x) NON q(x) ) NON p(x) . equivale a dire 8x 2 A, Siano p(x) , q(x) predicati qualsiasi. La negazione di p(x) ^ q(x) è data da mentre la negazione di NON p(x) _ NON q(x) , p(x) _ q(x) è data da NON p(x) ^ NON q(x) . Notazione 1.7. Per semplicità, inseguito indicheremo ’NON p(x)’ con ’p̃(x)’ . La negazione di 8x, è La negazione di è La negazione di p(x) è vera 9 x : p̃(x) è vera. 9x, p(x) è vera 8x, p̃(x) è vera. 8x, p(x) ) q(x) 1.2 Funzioni 6 è 9x : p(x) ^ q̃(x) è vera. Di seguito esponiamo due importanti proprietà che coinvolgono le operazioni di intersezione ed unione. Esercizio 1.8. Usando al doppia inclusione dimostrare le seguenti proprietà: (1) proprietà distributiva dell’unione rispetto all’intersezione (A \ B) [ C = (A [ C) \ (B [ C) ; (2) proprietà distributiva dell’intersezione rispetto all’unione (A [ B) \ C = (A \ C) [ (B \ C) . Concludiamo il paragrafo ricordando al definizione di prodotto cartesiano. Chiameremo coppia ordinata (x, y) l’insieme dei due elementi x ed y posti ”in ordine prestabilito”: prima x e poi y. Se x , y avremo che (x, y) , (y, x). Siano dati due insiemi X ed Y. Chiameremo prodotto cartesiano di X ed Y l’insieme X ⇥ Y = {(x, y) : x 2 X, y 2 Y}. Nel prodotto cartesiano sono definite le cosiddette relazioni binarie. Importanti in un dato insieme A sono ad esempio le relazioni di ordine totale. Un relazione di ordine totale R su A ⇥ A é un predicato che é definito su ogni coppia (a, b) in A ⇥ A e che gode delle seguenti proprietá: • R(x, x) é vera 8x (proprietá riflessiva) • R(x, y) ^ R(y, x) ) x = y (proprietá antisimmetrica) • R(x, y) ^ R(y, z) ) R(x, z), 8x, y, z (proprietá transitiva). 1.2. Funzioni In questo paragrafo richiamiamo il concetto di funzione. Dati due insiemi non vuoti A e B, una funzione f da A a B, indicata nel seguente modo f : A ! B, 7 1.2 Funzioni è una “legge”che ad ogni elemento di A associa uno ed un solo elemento di B. Se a è un elemento di A , tramite la funzione f corrisponde ad esso l’elemento di b 2 B indicato con f (a). In simboli a 2 A 7! f (a) 2 B . L’elemento f (a) è detta immagine di a tramite la f , mentre a è la controimmagine di b = f (a). L’inseme A è detto dominio della funzione, mentre B è chiamato codominio di f . Esempio 1.9. La seguente funzione 2n + 1 , 3 ha come dominio N e come codominio Q , e ad ogni n 2 N corrisponde (tramite la definizione di f ) uno ed un solo elemento q = f (n) 2 Q . f : N ! Q, f (n) = Definizione 1.10. Una funzione f : A ! B si dice iniettiva se, comunque si scelgano due elementi a1 , a2 2 A a1 , a2 ) f (a1 ) , f (a2 ) , cioè se ad elementi distinti corrispondono immagini distinte. Osservazione 1.11. La funzione dell’Esempio 1.9 è iniettiva. Infatti, se f (n1 ) = f (n2 ) , cioè 2n1 + 1 2n2 + 1 = 3 3 si ha 2n1 + 1 = 2n2 + 1 ) 2n1 = 2n2 ) n1 = n2 . Definizione 1.12. Sia f : A ! B. Si dice che f è surgettiva se 8b 2 B 9a 2 A : f (a) = b , cioè se ogni elemento di B è immagine di almeno un elemento di A . Osservazione 1.13. La funzione dell’esempio 1.9 non è surgettiva. Se lo fosse, infatti, per ogni p 2 Q , dovrebbe esistere un n 2 N : 2n+1 = p, cioè 3 2n + 1 = 3p 8 1.2 Funzioni ovvero (1.1) 2n = 3p 1; scegliendo ad esempio p = 12 , non esiste nessun n 2 N tale per cui la condizione (1.1) è verificata (infatti si ha 2n = 3 · 12 1 = 12 ) . Invece, la funzione 2r + 1 f : Q ! Q , f (r) = 3 è surgettiva, perché 8p 2 Q : p = 2r+1 , 3 9r = 3p 1 2 2 Q, tale che f (r) = p. Esempio 1.14. La funzione f : R ! R , f (x) = x2 non è iniettiva, essendo f (x) = f ( x) , e neppure surgettiva, poiché se y < 0 , f (x) = y , cioè x2 = y , non ha soluzioni. Tuttavia, se consideriamo la stessa funzione dell’esempio precedente, ma con f : R+ ! R+ , abbiamo che essa è sia iniettiva che surgettiva. Osservazione 1.15. Le precedenti osservazioni ci consentono di sottolineare che una funzione non è definita solo dalla “legge”, ma è caratterizzata anche dal suo dominio (insieme di partenza) e dal suo codominio (insieme di arrivo). Se A = B la funzione f : A ! A tale che f (a) = a si chiama funzione identica o identità. Definizione 1.16. Se una funzione f : A ! B è sia iniettiva che surgettiva, si dice che è una funzione biunivoca (o invertibile). In tal caso è definita la funzione inversa f 1 :B!A come l’unico elemento a che viene mandato in b da f Osservazione 1.17. Le funzioni composte f f f 1 1 :B!B f : A ! A, 1.3 I numeri naturali 9 sono la funzione identità in B ed A rispettivamente. Il simbolo è descritto nella seguente Definizione 1.18. Date le funzioni f : A ! B , g : B ! C , si definisce la funzione composta g f :A!C (si legge ”g composto f”) nel seguente modo: per ogni a 2 A (g def f )(a) = g( f (a)) . Esempio 1.19. Date le funzioni f : N ! Q, g : Q ! Q, 2n + 1 , 3 g(r) = r2 , f (n) = la funzione composta g (g f : N ! Q è definita da ✓ ◆ 2n + 1 2 f )(n) = , 8n 2 N . 3 1.3. I numeri naturali L’insieme dei numeri naturali, solitamente indicato con la lattera N , è l’insieme dei numeri del ‘contare’nella vita di tutti i giorni: N = {0, 1, 2, 3, 4, ...n, ...} . 1.3.1. Peano e i suoi assiomi. Nel 1894, il matematico italiano Giuseppe Peano, propose di caratterizzare assiomaticamente l’insieme dei numeri naturali mediante i seguenti cinque assiomi. (1) (2) (3) (4) (5) Esiste un numero naturale, lo 0 . Ogni numero naturale ha un numero naturale successivo. Numeri diversi hanno successivi diversi. 0 non è il successivo di alcun numero naturale. Ogni sottoinsieme di numeri naturali che contenga lo zero e il successivo di ogni proprio elemento, coincide con l’intero insieme dei numeri naturali (assioma dell’induzione). In simboli: 1.3 I numeri naturali (1) (2) (3) (4) (5) 10 Esiste un numero 0 2 N . Esiste una funzione s : N ! N (chiamata ”successivo”) . x , y implica s(x) , s(y) . s(x) , 0 8n 2 N . Se U è un sottoinsieme di N tale che (i) 0 2 U , (ii) x 2 U ) s(x) 2 U , allora U = N . 1.3.2. Operazioni in N e loro proprietà. Ricordiamo ora le principali proprietà delle operazioni di addizione e moltiplicazione dei numeri naturali. Da notare che addizione e moltiplicazione possono essere definite rigorosamente utilizzando gli assiomi di Peano. Per quanto riguarda la somma possiamo definirla per induzione ponendo n + 0 = n, n + s(m) = s(n + m), mentre per la moltiplicazione si pone n · 1 = n, n · s(m) = n · m + n, ove 1 = s(0). (Nella moltiplicazione il ”punto” ”·” spesso si toglie accostando le lettere, cosı́ a · b ha lo stesso significato di ab.) Si dice che 0 é l’elemento neutro rispetto alla somma e 1 é l’elemento neutro rispetto al prodotto. Utilizzando il principio di induzione (e la definizione di addizione e moltiplicazione) possiamo dimostrare (con un pò di pazienza) le seguenti proprietà di addizione e moltiplicazione: (1) Proprietà commutativa addizione: a + b = b + a 8a, b 2 N . (2) Proprietà associativa addizione: (a + b) + c = a + (b + c) 8a, b, c 2 N . (3) Proprietà commutativa moltiplicazione: a · b = b · a 8a, b 2 N . (4) Proprietà associativa moltiplicazione: (a · b) · c = a · (b · c) 8a, b, c 2 N . 1.3 I numeri naturali (5) Proprietà distributiva: (a + b) · c = a · c + b · c 11 8a, b, c 2 N . Osserviamo che da queste proprietà possono essere ricavate facilmente altre proprietà dei numeri naturali. Per esempio (1) dispari + dispari = pari Infatti: (2n + 1) + (2m + 1) = 2m + 2n + 2 = 2(m + n + 1) . (2) dispari · dispari = dispari Infatti: (2n + 1) · (2m + 1) = 2m · 2n + 2m + 1 = 2(mn + m + n) + 1 . Osservazione 1.20. Si possono anche dimostrare (sempre a partire dalle definizioni di somma e prodotti) le seguenti importanti proprietà (1.2) (1.3) a=b)a+c=b+c 8a, b, c 2 N, a = b ) a · c = b · c 8a, b, c 2 N. 1.3.3. relazione d’ordine. Si puó anche definire in N una relazione d’ordine, sempre per induzione, ponendo • 0 b per ogni b 2 N, • s(a) b () b = s(b0 ) con a b0 (Dato b si stabilisce chi sono gli elemnti b.) Si scrive a < b se a b e a , b, mentre si pone a b se e solo se b a. Si può dimostrare (sempre per induzione) che tale relazione é in e↵etti un relazione di ordine totale su N. Osservazione 1.21. Si puó anche dimostrare per induzione che a b se e solo se esiste un elemento che sommato ad a da come risultato b. Tale elemento é unico e si indica con b a. (Naturalmente si puó anche usare questa proprietá come definizione) Inoltre si puó dimostrare che (1.4) m > n ) m + k > n + k, (1.5) m > n, k , 0 ) m · k > n · k. 1.4 I numeri relativi 12 Da notare infine che in N val al legge di annullamento del prodotto: n · 0 = 0, per ogni n 2 N. Infatti n · 0 = n · (0 + 0) = n · 0 + n · 0, mentre se fosse n · 0 > 0 si avrebbe, dalla proprietá (1.4), n · 0 + n · 0 > n · 0. Infine diamo la nozione di insieme numerabile. Definizione 1.22. Un insieme si dice numerabile se può essere messo in corrispondenza biunivoca con l’insieme N dei numeri naturali. Un insieme A si dice finito se esiste n 2 N n 1 tale che A è in corrispondenza biunivoca con Esempi 1.23. Si noti che: • L’insieme Q dei numeri razionali è numerabile; • l’insieme P dei numeri pari è un insieme numerabile, dato che la corrispondenza ' : N ! P, '(n) = 2n è biunivoca. In generale, i sottoinsiemi di N che non sono finiti sono insiemi numerabili. 1.4. I numeri relativi L’insieme dei numeri relativi, che estende quello dei naturali, viene di norma indicato con la lettera Z e puó essere descritto da Z = {0, 1, 2, ..., n, ...} [ { 1, 2, ..., m, ...} , dove 1, 2, ..., m, ... saranno rispettivamente i numeri inversi di 1, 2, ..., m, ... rispetto alla somma. I numeri naturali diversi da 0 saranno i numeri interi positivi (> 0), mentre i numeri del tipo m con m 2 N \ {0} saranno i numeri interi negativi (< 0). 13 1.4 I numeri relativi Se n, m sono numeri naturali la somma sará la stessa che in N. Si pone poi per definizione 8 > > n m, se n > m, > > > < ( m) + n = n + ( m) = > 0 se n = m, > > > > : (m n) se n < m. La quantitá n + ( m) si indica anche con n m. Infine si pone ( n) + ( m) = (n + m). Si estende cosı́ la somma definita in N. Si noti che 0 é l’elemento neutro rispetto alla somma e m é l’opposto di m rispetto alla somma. Dunque si ha anche ( m)) = m. Possiamo poi estendere in Z la relazione di ordine definita in N ponendo m n , m = n oppure m + ( n) > 0. Adesso si pone il problema di definire la moltiplicazione in Z estendendo quella definita in N. Se m, n sono numeri interi naturali la moltiplicazione sarà la stessa che in N. Supponiamo ora che n > 0 , m < 0 . Sia m = p , p > 0 . Allora se vogliamo che valga la proprietá distributiva deve risultare che n · m = n · ( p) è l’opposto di n · p , cioè Infatti n · ( p) + n · p = 0 . n · ( p) + n · p = n · ( p + p) = n · 0 = 0, e vale la legge di annullamento del prodotto in N. Analogamente se n < 0 e m > 0. Da notare poi che, se vogliamo che valga la proprietá distributiva, n · 0 é l’opposto di n · 0 per cui la legge di annullamento del prodotto vale anche in Z. Dunque anche la definizione di ( n) · ( m) (con n > 0, m > 0) é forzata e si deve avere: ( n) · ( m) = n · m. (Si noti che l’opposto único)). 1.5 I numeri razionali 14 Si noti anche che 1 é l’elemento neutro rispetto al prodotto, essendo n · 1 = n 8n 2 Z . Concludiamo questa sezione ricordando che dati due interi non nulli m ed n, n si dice divisore di m se esiste un intero k , 1 tale che m = k · n, e che due interi non nulli si dicono primi tra loro se non hanno un medesimo divisore. Infine usando il principio di induzione si ootengono subito le seguenti Proposizione 1.24. Sia A un sottoinsieme di Z limitato superiormente (inferiormente). Ossia esiste m 2 Z tale che a m (ageqm) per ogni a 2 A. Allora A ammette massimo, (minimo) ossia esiste a0 2 A tale che a a0 (a geqa0 ) per ogni a 2 A. Come immediata conseguenza si ha che ogni sottoinsoeme finito di Z ammete massimo e minimo. 1.5. I numeri razionali L’insieme dei numeri razionali viene indicato solitamente con la lettera Q , e i suoi elementi possono essere descritti nel seguente modo. Q = {r = ab 1 : a 2 Z, b 2 Z \ {0}}, ove i numeri del tipo b 1 saranno i reciproci di b rispetto alla moltiplicazione. Sciveremo anche r = ba , con a 2 Z, b 2 Z \ {0}, con am l’accorgimento che, per ogni m 2 Z, bm = ba . Somma e moltiplicazione si possono definire nel seguente modo: a p aq pb def 1 + = + = (aq + pb) b q bq qb bq e a p def ap · = , b q bq 1.5 I numeri razionali 15 verificando che tali definizioni non dipendono dalla rappresentazione scelta per i numeri razionali. Utizzando le due definizioni precedenti e le proprietá di somma e prodotti in Z si possono facilmente dimostare le seguenti proprietà di somma e prodotto sui razionali (assiomi di campo) I) In Q l’operazione + (somma) , verifica 8a, b, c, 2 Q : (1) a + b = b + a (proprietà commutativa) (2) (a + b) + c = a + (b + c) (proprietà associativa) (3) Esiste l’elemento neutro della somma e si indica con 0: a + 0 = a, (4) Per ogni a , esiste l’elemento opposto rispetto alla somma e si indica con a: a + ( a) = 0. II) In Q l’operazione · (moltiplicazione) , verifica 8a, b, c, 2 Q : (1) a · b = b · a (proprietà commutativa) (2) (a · b) · c = a · (b · c) (proprietà associativa) (3) Esiste l’elemento neutro rispetto al prodotto e si indica con 1: a · 1 = a, (4) 8a , 0, esiste l’inverso rispetto al prodotto e si indica con a 1: a · a 1 = 1 (5) Proprietà distributiva (del prodotto rispetto alla somma): (a + b) · c = a · c + b · c Se usiamo la notazione r = ba , lo zero si puó rappresentare con 0 e l’unità con 11 dove 0 e 1 sono rispetivamente gli elementi neutri 1 della addizione e moltiplicazione in Z. Inoltre a 1 significa di fatto 1a mentre r = ba . Dagli assioni di campo si deducono tutte le altre proprietá fondamentali che riguardano somme e prodotti. Naturalmente possiamo definire la di↵erenza ponendo: a b = a + ( b), ove b é l’inverso di b rispetto alla somma e analogamente per il quoziente tra a e b quando , 0: a : b = ab 1 . 16 1.5 I numeri razionali Inoltre se r = p q 2 Q \ {0} si pone r > 0, se p, q sono entrambi positivi oppure negativi, mentre r < 0, altrimenti . Allora in Q possiamo definire una relazione d’ordine totale, indicata con il simbolo : b a , b = a oppure b a > 0. Analogamente si possono definire le relazioni d’ordine <, , >. La relazione ( ) rende (Q, +, ·) un campo ordinato. Tale relazione ha le seguenti caratteristiche: • ab ) a+cb+c • a b,c 0 ) a · c b · c, che possono essere dimostrate facilmente a partire dalle definizioni date. Osservazione 1.25. Sia a , 0 . L’equazione di primo grado ax + b = 0 ha come soluzione il numero razionale b . a x= Dagli assiomi di campo, sappiamo che esiste l’inverso di a , cioè a tale che a · a 1 = 1 . Quindi a 1 (ax + b) = a a 1 · ax + a 1·x+a 1 1 1 ·0=0 ·b=0 ·b=0 x + a 1b = 0 x + a 1b (a 1 b) = a 1 b b x = a 1b ⌘ . a 1 1.6 I numeri reali 17 Osservazione 1.26. L’equazione di secondo grado (1.6) x2 = 2 , (ove x2 = x · x ha come soluzioni p x = ± 2, che peró non sono numeri razionali. Infatti, supponiamo per assurdo p che la (1.6) ammetta soluzioni razionali e sia x = , p, q 2 Z , q , 0 , q una soluzione. Come abbiamo giá osservato p·↵ p = , 8↵ , 0. q·↵ q Di conseguenza, senza perdita di generalità, possiamo supporre che p p e q siano numeri primi tra loro. Poiché x = q è soluzione della (1.6), si ha p2 x2 = 2 = 2 , q da cui p2 = 2q2 . Quindi p2 è pari e di conseguenza anche p lo è (infatti, se per assurdo p fosse dispari, anche p2 sarebbe dispari). Da p = 2m , segue che 4m2 = 2q2 , da cui 2m2 = q2 . Ma q2 è pari, quindi anche q è pari, cioè q = 2n . Pertanto sia p che q sono divisibili per 2 e quindi non sono primi tra loro. Possiamo cosı̀ concludere che l’equazione (1.6) non p ammette soluzioni razionali, e quindi 2 non è un numero razionale. E proprio per poter dare senso alle radici quadrate dei numeri positive che si amplia l’insieme Q a quello dei numeri reali. 1.6. I numeri reali L’insieme dei numeri reali viene generalmente indicato con la lettera R . Com il simobolo (R, +, ·) si indica R con la somma e la moltiplicazione. Esso è un campo, essendo caratterizzato dagli stessi assiomi dei numeri razionali. Tale campo è ordinato, cioè esiste un ordinamento totale, e la relazione d’ordine verifica le proprietà: 18 1.6 I numeri reali • ab ) a+cb+c • a b,c 0 ) a · c b · c, che abbiamo visto valere per i numeri razionali. L’insieme dei numeri reali, oltre agli assiomi dei numeri razionali, è caratterizzato dalla seguente proprietà che lo di↵erenzia da Q Assioma di completezza: (1.7) Siano A, B ⇢ R tali che a b 8a 2 A, , 8b 2 B . Allora 9x 2 R (detto elemento separatore tra A e B) tale che : a x b, 8a 2 A, 8b 2 B , (vedi figure 1 e 2). Figura 1 Esempio 1.27. Gli insiemi A = {y 2 R : y 0} ^ {y > 0 : y2 < 2} , e B = {y > 0 : y2 > 2} , hanno come elemento di separazione il numero reale p 2. Un modo per descrivere i numeri reali é quello in cui si usano gli allineamenti decimali cosiddetti propri. Definizione 1.28. Chiamiamo allineamento decimale proprio un allineamento decimale a1 a2 an a0 , a1 a2 . . . an . . . ⌘ a0 + + 2 + ... n + ... 10 10 10 1.7 Intervalli 19 Figura 2 in cui le cifre an 2 {0, 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9} da un certo posto in poi non sono tutte uguali a 9. Somma e relazione di ordine tra gli allineamenti decimali propri sono facili da definire. Un pó meno lo é la definizione di moltiplicazione, perché si tratta di moltiplicare tra loro due somme ”infinite”. In ogni caso si puó fare e con parecchia pazienza si puó dimostrare che l’insieme degli allineamenti periodici propri (che é un modo di rappresentare i numeri reali) verifica gli assiomi di campo ordinato e l’assioma di completezza. 1.7. Intervalli Siano a, b 2 R , a < b . Definiamo i seguenti sottoinsiemi di R : [a, b] = {x 2 R : a x b} , ] a, b ] = {x 2 R : a < x b} , [ a, b [ = {x 2 R : a x < b} , ] a, b [ = {x 2 R : a < x < b} . L’insieme [a, b] è detto intervallo chiuso, ] a, b [ è detto intervallo aperto. In generale, si definisce intervallo un sottoinsieme I di R tale che, per ogni coppia di suoi elementi x1 , x2 , tutti i numeri reali compresi tra x1 e x2 appartengono al sottoinsieme I. Dato a 2 R , sono intervalli 20 1.8 Polinomi anche i seguenti sottoinsiemi di R: ] a, +1 [ = {x 2 R : x > a} , [ a, +1 [ = {x 2 R : x [ ] ] a} , 1, a [ = {x 2 R : x < a} , 1, a ] = {x 2 R : x a} , 1, +1 [ = R. Teniamo presente che • I è un intervallo se e solo se per ogni a, b 2 I con a < b si ha che [a, b] ⇢ I ; Ricordiamo anche la seguente definizione nel piano euclideo ⇡. Definizione 1.29. Sia C ⇢ ⇡. Esso si dice convesso se e solo se 8 c1 , c2 2 C il segmento che congiunge c1 e c2 è contenuto in C . 1.8. Polinomi Definizione 1.30. Sia n 2 N . Un’espressione della forma P(x) = an xn + an 1 xn 1 + ... + a1 x + a0 , con ai 2 R, an , 0 , x 2 R , viene detta polinomio di grado n . Gli ai sono chiamati coefficienti del polinomio e n ⌘ deg P è il grado del polinomio. I polinomi costituiscono un particolare esempio di funzione. Esempio 1.31. Consideriamo il seguente esempio di polinomio di grado n: (1.8) Per n=1 , si ha f (x) = xn , n 2 N. f (x) = x che è la funzione identitá in R ed é una funzione iniettiva e surgettiva. Per n=2 , abbiamo f (x) = x2 21 1.8 Polinomi f(x)=x 5 4 3 2 y 1 0 −1 −2 −3 −4 −5 −5 −4 −3 −2 −1 0 x 1 2 3 4 5 Figura 3 (vedi figura 4) che è una funzione non iniettiva e non surgettiva. Lo diventa se consideriamo la funzione con f : R+ ! R+ , ove R+ = {x 2 R : x 0}. f(x)=x2 100 90 80 70 y 60 50 40 30 20 10 0 −10 −8 −6 −4 −2 0 x 2 4 6 8 10 Figura 4 Per n=3, si ha la funzione (vedi figura 5) f (x) = x3 , che è sia iniettiva che surgettiva. Osservazione 1.32. La funzione xn gode di alcune interessanti proprietà. • Per n 1 , la funzione f (x) = xn con f : R+ ! R+ è strettamente crescente, cioè 0 x1 < x2 ) f (x1 ) < f (x2 ) . Per dimostrare questo fatto, osserviamo preliminarmente che la condizione f (x1 ) < f (x2 ) equivale a f (x2 ) f (x1 ) > 0 . 22 1.8 Polinomi f(x)=x3 1000 800 600 400 y 200 0 −200 −400 −600 −800 −1000 −10 −8 −6 −4 −2 0 x 2 4 6 8 10 Figura 5 Siano 0 x1 < x2 . Abbiamo per n = 1 , f (x2 ) f (x1 ) = x2 x1 > 0 ; per n = 2 , f (x2 ) f (x1 ) = x22 x21 = (x2 x1 )(x2 + x1 ) > 0 ; per n = 3 , f (x2 ) f (x1 ) = x32 x31 = (x2 x1 )(x22 + x1 x2 + x21 ) > 0 . In generale, si ha f (x1 ) = xn2 (1.9) f (x2 ) (x2 x1 )(xn2 xn1 = 1 + xn2 2 x1 + ... + x2 xn1 2 + xn1 1 ) = (x2 x1 ) · g(x1 , x2 ) > 0. Ora g(x1 , x2 ) è dato dalla somma di termini non negativi almeno uno dei quali, xn2 1 , é strettamente positivo. Dunque g(x1 , x2 ) > 0. Si osservi che nella (1.9) abbiamo utilizzato il fatto che (x2 x1 )(xn2 1 + xn2 2 x1 + ... + x2 xn1 2 + xn1 1 ) = xn2 + xn2 1 x1 + ... + x22 xn1 (x1 xn2 1 2 + x2 xn1 + xn2 2 x21 + ... + x2 xn1 1 1 + xn1 ), e semplificando nell’ultima espressione restano soltanto il primo e l’ultimo termine, cioè xn2 xn1 . 23 1.8 Polinomi Infine, essendo g(x1 , x2 ) > 0 dalla (1.9) si ha xn2 xn1 > 0 , x2 x1 > 0 . • Se n è pari, f (x) = xn è una funzione pari, cioè f (x) 8x 2 R. Infatti, per n pari, si ha f ( x) = f ( x) = ( x)n = ( 1)n xn = xn = f (x) 8x 2 R . Di conseguenza, per n pari, il grafico della funzione f (x) = xn è simmetrico rispetto all’asse y (vedere in Figura 4 il grafico di f (x) per n=2). • Se n è dispari, f (x) = xn è una funzione dispari, cioè f ( x) = f (x) 8x 2 R. Infatti per n dispari si ha f ( x) = ( x)n = ( 1)n xn = xn = f (x) 8x 2 R . Di conseguenza, per n dispari, il grafico della funzione è simmetrico rispetto all’origine degli assi cartesiani (ad esempio vedere in Figura 3 il grafico di f (x) per n=3). Sia n 2 N , n > 0 . Abbiamo visto che la funzione xn è strettamente crescente in R+ e positiva. Da questo segue che la funzione x n è strettamente decrescente in in R+ . In generale, vale la seguente Proposizione 1.33. Se la funzione f : [a, b] ! R+ \ {0} è strettamente 1 crescente, allora è strettamente decrescente. f Dimostrazione. Supponiamo a x1 < x2 b . 1 1 Vogliamo dimostrare che > . Poiché f è positiva, la f (x1 ) f (x2 ) relazione sopra equivale a f (x2 ) > 1, f (x1 ) a sua volta equivalente a f (x2 ) > f (x1 ) , che vale per l’ipotesi di stretta crescenza di f . ⇤ 1.10 Valore assoluto 24 1.9. Radici n-esime Sia n 2 N e x 2 R tale che xn = y , y 0. Il simbolo xn è detto potenza n-esima di x . Vale la seguente Proprietà 1.34. 9! a 2 R+ : an = y . Definizione 1.35. Il numero reale positivo a che verifica tale proprietà è detto radice n-esima di y e si indice con p 1 n y ⌘ yn Osservazione 1.36. L’unicitá é immediata perché a1 , a2 ) an1 , an2 . Infatti se 0 a1 < a2 come abbiamo visto an1 < an2 . L’esistenza é piú delicata: la dimostrazione la daremo piú avanti, utilizzando il cosiddetto Teorema degli Zeri. 1.10. Valore assoluto Definizione 1.37. Il valore assoluto o modulo di un numero reale x , è definito nel seguente modo: ( x se x 0 , |x| = x se x < 0 . Consideriamo un numero reale a > 0 e la disequazione (1.10) |x| a . Se x 0 , dalla definizione di valore assoluto si ha che |x| = x , quindi la (1.10) diventa x a. 25 1.10 Valore assoluto Se x < 0 , la (1.10) diventa x a, cioè x a. Quindi, complessivamente, le soluzioni della (1.10) sono i valori di x compresi tra a e a , cioè axa o equivalentemente, i valori dell’intervallo [ a, a] . Vediamo ora alcune proprietà fondamentali del valore assoluto. (1) |x| x |x| 8x 2 R ; tale proprietá si dimostra distinguendo i casi x 0 e x < 0. (2) |xy| = |x||y| 8x, y 2 R e in particolare | x| = |x| 8x 2 R ; questo si dimostra distinguendo tra le posizioni di (x, y) in R2 , a seconda che si trovi nel primo, secondo, terzo o quarto quadrante. (3) (Propietà triangolare) |x + y| |x| + |y| 8x 2 R . Per dimostrare tale propietà, proveremo la seguente disuguglianza ad essa equivalente (1.11) |x + y|2 (|x| + |y|)2 8x 2 R . In generale, osserviamo che 8a 2 R si ha ( a2 se a 0 , 2 2 2 |a| = a , essendo |a| = ( a)2 se a < 0 . Pertanto la (1.11) equivale a x2 + 2xy + y2 |x|2 + 2|xy| + |y|2 = x2 + 2|x||y| + y2 . Tale disuguaglianza è vera se e solo se , , 2xy 2|x||y| xy |x||y| xy |xy| , ma quest’ultima proprietà è vera per ogni x, y 2 R . La proprietà trinagolare risulta quindi dimostrata. 26 1.11 Il Principio di Induzione (Quinto assioma di Peano). (4) ||x| |y|| |x y| 8x, y 2 R . Dimostrazione: supponiamo prima che |x| |x| |y| . Dobbiamo quindi provare che (1.12) |x| |y| |x |y| 0 , cioè y| , ossia |x| |x y| + |y| , e quest’ultima si dimostra applicando la proprietà triangolare: (1.13) |x| = |(x y) + y| |x y| + |y| . Ipotizziamo ora che |x| |y| 0 , cioè che |x| |y| . Ma scambiando x con y ci si riconduce al caso precedente. 1.11. Il Principio di Induzione (Quinto assioma di Peano). Sia p(n) un predicato definito su N . Se p(n) è tale che (1) p(0) è vera , (2) p(n) ) p(n + 1) , allora p(n) è vera 8n 2 N . Proprietà 1.38. Sia x , 1 . Si ha che 2 n p(n) =: 1 + x + x + ... + x = n X xi = i=0 1 xn+1 8n 2 N. 1 x Dimostrazione. Per dimostrare la proprietà p(n) , utilizziamo il Principio di induzione. Osserviamo che p(0) e p(1) sono vere, infatti p(0) : 0 X i=0 p(1) : 1 X i=0 xi = x0 = 1 = 1 x1 , 1 x xi = x0 + x1 = 1 + x = 1 x2 = 1 + x. 1 x 1.11 Il Principio di Induzione (Quinto assioma di Peano). Facciamo vedere ora che p(n) supponendo vera p(n) , cioè 2 ) n 1 + x + x + ... + x = n X p(n + 1). xi = i=0 1 27 In altre parole, xn+1 , 1 x vogliamo dimostrare che p(n + 1) è vera, ossia 2 n 1 + x + x + ... + x + x n+1 = n+1 X xi = i=0 1 xn+2 . 1 x Ma osserviamo che dall’ipotesi induttiva segue che 1 + x + x2 + ... + xn + xn+1 = (1 + x + x2 + ... + xn ) + xn+1 1 xn+1 = + xn+1 1 x 1 xn+1 + xn+1 xn+2 = 1 x n+2 1 x = , 1 x cioè la tesi. ⇤ Proprietà 1.39. 1 + 2 + ... + (n 1) + n = n(n + 1) . 2 Dimostrazione. p(1) è vera, infatti 1·2 . 2 Supponiamo vera p(n) è dimostriamo che anche p(n + 1) è vera, cioè 1= 1 + 2 + ... + (n 1) + n + (n + 1) = (n + 1)(n + 2) . 2 Si ha 1 + 2 + ... + (n 1) + n + (n + 1) = (1 + 2 + ... + (n 1) + n) + (n + 1) n(n + 1) = + (n + 1) 2 n(n + 1) + 2(n + 1) = 2 (n + 1)(n + 2) = . 2 1.11 Il Principio di Induzione (Quinto assioma di Peano). 28 ⇤ Proprietà 1.40 (Disuguaglianza di Bernoulli). Sia n 2 N e x 2 R,x 1 . Allora (1 + x)n 1 + nx 8n . Dimostrazione. Dimostriamo tale proprietá che chiamermo p(n) usando il principio di induzione. Intanto p(0) e p(1) sono vere, infatti p(0) : 1 1, p(1) : 1+x 1 + x. Supponiamo poi vera p(n) e mostriamo che p(n + 1) è vera, cioè (1 + x)n+1 1 + (n + 1)x . Per ipotesi induttiva, si ha (1 + x)n+1 = (1 + x)n (1 + x) (1 + nx)(1 + x) 1 + nx + x + nx2 1 + (n + 1)x + nx2 1 + (n + 1)x dove nel secondo passaggio abbiamo sfruttato l’ipotesi x nell’ultimo il fatto che nx2 0 . 1, e ⇤ Abbiamo anche una seconda versione della disuguaglianza di Bernoulli. Proprietà 1.41 (Disuguaglianza stretta di Bernoulli). Per ogni numero reale x > 1 e per ogni numero naturale n 2 risulta (1 + x)n > 1 + nx . Dimostrazione. Dimostriamo tale proprietà, che chiameremo P(n), sempre mediante il principio di induzione: (1) P(2) è vera, essendo (1 + x)2 > 1 + 2x vera; 29 1.12 L’algoritmo di Erone (2) P(n) ) P(n + 1) , dato che (1 + x)n+1 = (1 + x)(1 + x)n > (1 + x)(1 + nx) = 1 + nx + x + nx2 1 + nx + x = 1 + (n + 1)x . ⇤ 1.12. L’algoritmo di Erone L’algoritmo di Erone (matematico di Alessandria, vissuto tra il primo ed il secondo secolo dopo Cristo) fornisce con buona approssimazione la radice quadrata di un dato numero reale x > 0.Esso é’ un caso particolare del metodi delle tangenti di Newton per il caolcolo delle radici di una equazione. p Fissiamo a1 > x, cosı̀ che p x x> . a1 p Dunque abbiamo che a1 é una approssimazione di x per eccesso e che ax1 lo é per difetto. Se prendiamo la media di questi due valori 1 x a2 = (a1 + ) 2 a1 otteniamo una approssimazione migliore (come verificheremo tra p breve) di x. Si noti che si tratta di una approssimazione per eccesso, infatti: (1.14) a2 p p 1 x x = (a1 + ) x= 2 a1 1 2 (a + x 2a1 1 p 1 2a1 x) = (a1 2a1 p x)2 > 0. A partire da a2 si puó costruire analogamente a3 = 12 (a2 + ax2 ) e cosı́ via, usando il pricipio di induzione. Infatti assegnato a1 si definisce an+1 in funzione di an : 1 x an+1 = (an + ). 2 an 1.13 Binomio di Newton e somme di potenze. 30 Nello stesso modo del caso n = 2, vedi (1.14) si ottiene p an > x per ogni n da cui si ottiene anche p x < x per ogni n. an Da questa ultima proprietá si ottiene e sottraendo p p 1 x 1 an+1 = (an + ) < (an + x, 2 an 2 x da entrambi i membri si ottiene p an+1 1 x < (an 2 p x) per ognin. Questa proprietá ci permette di dimostrare, grazie al principio di induzione, che an+1 p x< 1 (a1 2n p x) per ogni n. 1.13. Binomio di Newton e somme di potenze. E’ elementare verificare la seguente formula (quadrato di un binomio): (a + b)2 = a2 + 2ab + b2 ; ed anche la seguente (cubo di un binomio): (a + b)3 = a3 + 3a2 b + 3ab2 + b3 . In generale si ha la formula Binomio di Newton: ! n X n n (a + b) = ak bn k , k k=0 ove n k ! ⌘ n! k!(n k)! 0! ⌘ 1 = 1! 1.13 Binomio di Newton e somme di potenze. 31 è detto coefficiente binomiale. Tale formula si può dimostrare ad esempio utilizzando il principio di induzione e la seguente proprietá: ! ! ! n n n+1 + = . k 1 k k Essa é tra l’altro alla base del cosiddetto che fornisce un semplice algoritmo per calcolare i coefficienti dei termini che compaioni nel binomio di Newton: n=0 1 n=1 1 1 n=2 1 2 1 n=3 1 3 3 1 n=4 1 4 6 4 1 n=5 1 5 10 10 5 1 Esempio 1.42. (a + b)5 = a5 + 5a4 b + 10a3 b2 + 10a2 b3 + 5ab4 + b5 . Con n = 3 si ottiene la formula per calcolare il cubo di un binomio. Infatti ! 3 X 3 3 (a + b) = ak bn 3 k k=0 ! ! ! ! 3 3 3 3 0 3 2 2 = a b + ab + a b+ a b3 0 1 2 3 e dalla definzione di coefficiente binomiale si ha ! ! 3 3 3! 3! = =1 = =3 0! 1! 1! 2! 0 1 ! ! 3 3 3! 3! = =3 = = 1. 2! 1! 3! 0! 2 0 Naturalmente se n = 2 si ottiene la formula del quadrato del binomio. Adesso occupaimoci invece della somma delle potenze dei numeri naturali. 32 1.13 Binomio di Newton e somme di potenze. Esercizio 1.43. Determiniamo n X k2 . k=1 Svolgimento: n n X X 3 (k + 1) = (k3 + 3k2 + 3k + 1) k=0 k=0 (1.15) = n X k3 + 3 k=0 n X k=0 0 n 1 BB XCC CC k + (n + 1) k2 + BBB@3 CA k=0 ma si ha anche n n+1 n+1 X X X 3 3 (k + 1) = h = k3 . k=0 h=1 k=1 Quindi, eguagliando la (1.15) con la (1.15) e ricordando che abbiamo precedentemente dimostrato che n X k= k=0 n(n + 1) , 2 si ottiene 0 n 1 n+1 X BB X CC 3 2 B C k +3 k + BB@3 kCCA + (n + 1) = k3 k=0 k=0 k=0 k=1 0 n 1 0 n 1 n n X X X BB CC BBX CC k3 + 3 k2 + BBB@3 kCCCA + (n + 1) = BBB@ k3 CCCA + (n + 1)3 , n X n X k=0 k=0 k=0 k=1 da cui 3 n X k=0 k2 + 3 n(n + 1) + (n + 1) = (n + 1)3 , 2 e quindi n X k=0 " 1 k = (n + 1)3 3 2 3n(n + 1) 2 # (n + 1) . 33 1.14 I numeri complessi Pertanto n X k=0 k 2 n+1 = (n + 1)2 3 3 n 2 1 n+1 [2(n + 1)2 3n 2] 6 n+1 2 = (2n + 4n + 2 3n 2) 6 n+1 2 = (2n + 1) 6 n(n + 1)(2n + 1) = . 6 = Con procedimenti analoghi si possono calcolare la somma dei cubi, quella delle potenze di ordine 4 e cosı̀ via. 1.14. I numeri complessi Prima di introdurre i numeri complessi diamo un cenno ai motivi per cui sono stati introdotti. A tale proposito consideriamo l’equazione di terzo grado y3 + ay2 + by + c = 0, a, b, c 2 R, con lo scopo di individuare un metodo per scrivere le radici in funzione dei coefficienti a, b, c. Se sostiutiamo nella equazione una nuova incognita x tale che y=x a , 3 con un conto non complicato si ottiene una equazione in x priva del termine di secondo grado (1.16) x3 + px + q = 0, p, q 2 R, sulla quale concentreremo i nostri sforzi. considereremo anche il caso concreto (1.17) x3 19x + 30 = 0. che ha tre soluzioni reali: 2, 3, 5. Nel fare questo 34 1.15 Definizione dei numeri complessi Come vedremo nel corso di Analisi 1, l’equazione (1.16) ha almeno una soluzione reale x0 . Introduziamo allora una incognita ausiliaria u radice dell’quazione p (1.18) u2 x0 u =0 3 Supponiamo di essere nella situazione in cui il discriminante della equazione (1.18) è strettamente positivo. Allora (1.18) ha due radici p reali ↵ e . Come sappiamo la loro somma e’ x0 e il loro prodotto 3 . Poichè x0 = ↵ + e’ una radice di (1.16) si ottiene: (↵ + )3 + p(↵ + ) + q = 0. Sviluppando il cubo e ricordando che 3↵ + p = 0 si ottiene ↵3 + D’altra parte ↵ = p 3 3 = q per cui abbiamo anche ↵3 3 = p3 27 Questa ultime due uguaglianze mostrano che ↵3 e dell’equazione di secondo grado 3 sono le radici p3 (1.19) z + qz =0 27 a cui ci si riconduce per poter individuare le radici ↵+ . La cosa pero’ che sconvolse i matematici che studiavano questo problema e che in casi come il nostro in cui abbiamo tre radici reali, il discriminante delle equazione (1.19) puo’ essere negativo: da qui l’esigenza di considerare in qualche modo radici quadrate di numeri negativi. Si noti che nel nostro caso il discriminante della equazione (1.19) e’ dato da 4 4 q2 + p3 = (30)2 + ( 19)3 < 0. 27 27 2 1.15. Definizione dei numeri complessi L’insieme dei numeri complessi viene solitamente indicato con la lettera C . Un numero complesso z puó essere definito nel seguente modo. 1.15 Definizione dei numeri complessi 35 Definizione 1.44. Un numero complesso z è una coppia ordinata di numeri reali (a, b) , con a e b dette rispettivamente parte reale (Re z) e parte immaginaria (Im z) di z . Esempio 1.45. Ad esempio z1 = (a1 , b1 ) e z2 = (a2 , b2 ) rappresentati in figura 6 sono numeri complessi. Figura 6 Possiamo definire somma e prodotto di due numeri complessi z1 = (a, b) e z2 = (c, d). Somma: def z1 + z2 = ((a + c), (b + d)) . Il numero complesso 0 = (0, 0) è l’elemento neutro rispetto alla somma. L’opposto del numero complesso z = (a, b) è z = ( a, b) . Prodotto: (a, b) · (c, d) = (ac bd, ad + bc) . L’elemento neutro rispetto al prodotto è il numero (1, 0) , essendo (a, b) · (1, 0) = (a 0, 0 + b) = (a, b) . . Adesso vedremo che siamo in pratica forzati a dare queste definizioni di somma e prodotto. 1.15 Definizione dei numeri complessi 36 1.15.1. Rappresentazione algebrica dei numeri complessi. Un numero complesso z = (a, b) può essere rappresentato in forma algebrica, cioè può essere scritto come z = a + ib , con a = Re z , b = Im z , ove i è detto unità immaginaria 1, è un numero complesso individuato da i = (0, 1) , (vedi figura 7) ed è tale che i · i = i2 = 1 . Tenendo presente questa Figura 7 proprietà, possiamo definire somma e prodotto di due numeri complessi z1 = (a, b) e z2 = (c, d) utilizzando la rappresentazione algebrica. Le definizioni di somma e prodotto sono ”obbligate” se vogliamo che C sia un campo munito con tali operazioni. 1 Supponiamo di voler trovare x tale che x2 = 1 . Se x0 è soluzione, anche x0 lo è. Queste due soluzioni vengono indicate con i e i , e i è detto unità immaginaria. 37 1.15 Definizione dei numeri complessi Somma: z1 = a1 + ib1 z2 = a2 + ib2 z1 + z2 = a1 + ib1 + a2 + ib2 = a1 + a2 + ib1 + ib2 = a1 + a2 + i(b1 + b2 ) (cioè nella somma di due numeri complessi si sommano tra loro rispettivamente le parti reali e le parti immaginarie). Prodotto: z1 · z2 = (a1 + ib1 )(a2 + ib2 ) = a1 (a2 + ib2 ) + ib1 (a2 + ib2 ) = a1 a2 + a1 ib2 + ib1 a2 + ib1 ib2 = a1 a2 + ia1 b2 + ib1 a2 + i2 b1 b2 = a1 a2 + ia1 b2 + ib1 a2 ) (a1 , b1 )(a2 , b2 ) = (a1 a2 b1 b2 b1 b2 , a1 b2 + b1 a2 ) . L’elemento neutro rispetto alla somma è 0 + i0 . Inoltre, se z = a + ib , il suo opposto è z = a ib . L’elemento neutro rispetto alla moltiplicazione è 1 = 1 + i · 0 . Esiste il reciproco: infatti, supponiamo che sia z , 0 (lo 0 è l’elemento neutro rispetto alla somma) e dimostriamo che esiste un unico y tale che z · y = 1. SE un tale y esiste deve essere (1.20) y = ↵ 1 1 1 = = · z ↵+i ↵+i ↵ i ↵ i = 2 i ↵ + 2 = ↵ ↵2 + 2 +i ↵2 + 2 essendo (↵ + i )(↵ i ) = ↵2 i2 = ↵2 + 2 > 0 . Verifichiamo che e↵ettivamente y cosı́ individuato è il reciproco di z: ↵ i 1 1 (↵ + i ) · 2 = 2 (↵ + i )(↵ i ) = 2 · (↵2 + 2 ) = 1 . 2 2 2 ↵ + ↵ + ↵ + Dimostriamo ora che il reciproco è unico: per assurdo siano y1 , y2 tali che y1 ·z = 1 e y2 ·z = 1 . Tra tutti i possibili reciproci di z scegliamo 38 1.15 Definizione dei numeri complessi z 1 2 C definito da (1.20) (abbiamo che z entrambi i membri per z 1 . Si ha: y1 · z · z y2 · z · z 1 1 =z =z 1 1 · z = 1). Moltiplichiamo ) y1 = y2 = z 1 . ) 1 Osservazione 1.46. Grazie all’esistenza del reciproco si vede come è possibile e↵ettuare la divisione in C. Siano z1 = ↵1 +i 1 , z2 = ↵2 +i 2 . Allora z1 ↵1 + i = z2 ↵2 + i 1 2 = (↵1 + i 1 ) · 1 ↵2 + i 2 = (↵1 + i 1 ) · ↵2 ib2 . ↵22 + 22 Definizione 1.47. Il coniugato di z è il numero che si ottiene da z cambiando di segno la parte immaginaria. Dato z = ↵ + i , il suo coniugato, denotato con z , è z=↵ i . Definizione 1.48. Il modulo di z , indicato con |z| , è dato da q |z| = ↵2 + 2 . Di conseguenza: 1 z = 2, z |z| zz = |z|2 , z + z = 2Rez z z = i · 2Imz . Esercizio 1.49. Dimostrare le seguenti proprietà. (1) z1 + z2 = z1 + z2 ; (2) z1 · z2 = z1 · z2 ; ✓ ◆ 1 1 (3) = . z z Svolgimento: 1.15 Definizione dei numeri complessi 39 (1) Siano z1 = a1 + ib1 e z2 = a2 + ib2 , con a1 , a2 , b1 , b2 2 R . Si ha z1 + z2 = a1 + a2 + i(b1 + b2 ) , quindi i(b1 + b2 ) z1 + z2 = a1 + a2 = a1 + a2 = a1 ib1 ib2 ib1 + a2 ib2 = z1 + z2 . (2) Siano z1 , z2 come nel punto precedente. Abbiamo z1 · z2 = (a1 + ib1 )(a2 + ib2 ) = a1 a2 + ia1 b2 + ib1 a2 = a1 a2 b1 b2 b1 b2 + i(a1 b2 + b1 a2 ) quindi b1 b2 i(a1 b2 + b1 a2 ) = a1 a2 b1 b2 ia1 b2 = (a1 ib1 )(a2 z1 · z2 = a1 a2 (3) Sia z = a + ib , 1 z ! ib1 a2 = ib2 ) = z1 · z2 . a, b 2 R . Allora a b +i 2 2 +b a + b2 a + ib a + ib = 2 = 2 a +b (a + ib)(a ib) 1 1 = = . a ib z = a2 Esercizio 1.50. Verifichiamo che in C vale la proprietà distributiva del prodotto rispetto alla somma, cioè 8z1 , z2 , z3 si ha (z1 + z2 ) · z3 = z1 · z3 + z2 · z3 . 40 1.15 Definizione dei numeri complessi Svolgimento: siano z1 = a1 + ib1 z2 = a2 + ib2 z3 = a3 + ib3 . Si ha (z1 + z2 ) · z3 = [a1 + a2 + i(b1 + b2 )] · (a3 + ib3 ) = (a1 + a2 )a3 (b1 + b2 )b3 + i[(a1 + a2 )b3 + (b1 + b2 )a3 ] = a1 a3 + a2 a3 b1 b3 = a1 a3 b2 b3 + ia1 b3 + ia2 b3 + ib1 a3 + ib2 a3 b1 b3 + i(a1 b3 + b1 a3 ) + a2 a3 b2 b3 + i(a2 b3 + b2 a3 ) = (a1 + ib1 )(a3 + ib3 ) + (a2 + ib2 )(a3 + ib3 ) . Proprietà del modulo. Sia z = ↵ + i . Il modulo di z , cioè p |z| = ↵2 + 2 , gode delle seguenti proprietà: a) |z| 0 , |z| = 0 , z = 0 ; b) |z| = |z| ; c) i) |Re z| |z| ii) |Im z| |z| iii) |z| |Re z| + |Im z| ; d) (disuguaglianza triangolare) |z1 + z2 | |z1 | + |z2 | . Dimostriamo le proprietà sopra elencate. a) Questa proprietà segue direttamente dalla definizione di modulo. p b) Sia z = a + ib e z = a ib il suo coniugato. Si ha |z| = a2 + b2 p e |z| = a2 + ( b)2 , da cui la tesi. c) Sia z = a + ib . p i) |Re z| = |a| a2 + b2 , a2 a2 + b2 che è sempre vera; ii) la dimostrazione è anaoga al punto precendente; 41 1.15 Definizione dei numeri complessi iii) p dimostrare |z| |Re z| + |Im z| equivale a dimostrare che a2 + b2 |a| + |b| , a sua volta equivalente a a2 + b2 (|a| + |b|)2 = |a|2 + |b|2 + 2|a||b| = a2 + b2 + 2|a||b| , , che vale perchè 2|a||b| 0. d) Siano z1 = a + ib , z2 p= c + id .pDobbiamo dimostrare che p (a + c)2 + (b + d)2 a2 + b2 + c2 + d2 ma ciò è equivalente a p p (a + c)2 + (b + d)2 a2 + b2 + c2 + d2 + 2 a2 + b2 c2 + d2 p p a2 + c2 + 2ac + b2 + d2 + 2bd a2 + b2 + c2 + d2 + 2 a2 + b2 c2 + d2 p p ac + bd a2 + b2 c2 + d2 . Ma abbiamo ac + bd |ac + bd| |ac| + |bd| = |a||c| + |b||d| 8a, b, c, d 2 R . Quindi per concludere la dimostrazione è sufficiente dimostrare che p p |a||c| + |b||d| (a2 + b2 ) (c2 + d2 ) . Grazie alla presenza dei moduli, si può dimostare la proprietà solamente per a, b, c, d 0 . IN questo caso basta provare che , , , (ac + bd)2 (a2 + b2 )(c2 + d2 ) a2 c2 + b2 d2 + 2abcd a2 c2 + b2 c2 + a2 d2 + b2 d2 b2 c2 + a2 d2 (bc + ad)2 2abcd 0 0 che è sempre vera. La tesi è quindi dimostrata. Esercizio 1.51. Trovare tutti i numeri complessi z = a + ib che soddisfano l’equazione (1.21) z2 + i Im z + 2z = 0 . 42 1.16 Importanti conseguenze dell’assioma di completezza Svolgimento: z = a + ib verifica l’equazione (1.21) se e solo se (a + ib)(a + ib) + ib + 2(a , , , ib) = 0 a2 b2 + 2iab + ib + 2a a2 ( b2 + 2a + i(2ab + b) = 0 2ib = 0 a2 b2 + 2a = 0 2ab b = 0 La seconda equazione ha le soluzioni b=0 _ 2a 1 = 0. • Se b = 0 , dalla prima equazione segue a = 0 quindi si ottengono i numeri complessi z = 0 + i · 0, _ a= 2 z = 2 + i · 0. 1 ,dalla prima equazione si ha 2 1 5 b2 + 1 = 0 ) b2 = 4 4 e si ottengono le soluzioni p p 1 5 1 5 z= +i , z= i . 2 2 2 2 • Se a = 1.16. Importanti conseguenze dell’assioma di completezza Definizione 1.52. Sia A ✓ R, A , ;. • M 2 A si dice massimo di A se a M 8a 2 A ; • m 2 A si dice minimo di A se a m 8a 2 A . Definizione 1.53. Sia A ✓ R , A , ; . • A si dice limitato superiormente se 9 L 2 R : a L 8a 2 A , ed L è detta limitazione superiore; • A si dice limitato inferiormente se 9 l 2 R : l a 8a 2 A , ed l è detta limitazione inferiore. 1.16 Importanti conseguenze dell’assioma di completezza 43 Proposizione 1.54. Sia A ✓ R , A , ; limitato superiormente. Sia MA = {L : a L 8a 2 A}. (Tale insieme è detto insieme dei maggioranti di A) . Allora MA ammette minimo. Dimostrazione (Proposizione 1.54). Osserviamo che MA è un sottoninsieme di R , ed è non vuoto poiché A è limitato superiormente. Di conseguenza, esiste almeno un maggiorante di A . Inoltre a L 8a 2 A , 8L 2 MA . Sia x un elemento separatore; abbiamo a x L 8a 2 A 8L 2 MA . Dunque x è un maggiorante per A , quindi appartiene a MA ; inoltre, essendo minore di L per ogni L appartenente a MA , è il minimo dei maggioranti. ⇤ Definizione 1.55. Il minimo dei maggioranti di A è detto estremo superiore di A e viene indicato con la notazione sup A . Osservazione 1.56. (1) Sia B un sottoinsieme di R che ammette minimo. Allora tale minimo è unico (analogamente per il massimo) Dimostrazione. Dimostriamo l’a↵ermazione per assurdo. Supponiamo che b1 e b2 siano minimi di B . Allora per definizione di minimo, abbiamo che b1 b 8b 2 B , Ma b1 , b2 2 B , quindi b1 b2 b2 b1 b2 b 8b 2 B . ) ) b1 = b2 , per la proprietá antisimmetrica di . ⇤ (2) Sia a0 il massimo di A , cioè tale che a a0 8a 2 A . Allora a0 = sup A . (Analogamente per il minimo). Dimostrazione. Dobbiamo dimostrare che a0 è il minimo dei maggioranti di A , cioè che a0 L 8L 2 MA . Sia L un arbitrario maggiorante di A . Per definizione, a L 8a 2 A ; poiché a0 2 A , segue che a0 L . ⇤ 44 1.16 Importanti conseguenze dell’assioma di completezza (3) Se MA = ; , si ha che 8L 2 R 9 aL 2 A : aL > L . In tal caso, A si dice illimitato superiormente e si scrive sup A = +1. (Analogamente per gli insiemi illimitati inferiormente) Proposizione 1.57. Sia A , ; limitato superiormente. Allora 8✏ > 0 9a✏ 2 A : (sup A) ✏ < a✏ sup A . Dimostrazione. Per definizione, sup A è il minimo dei maggioranti. Se ✏ > 0 , (sup A) ✏ < sup A , da cui segue che (sup A) ✏ non è un maggiorante. Pertanto 9 a✏ 2 A : (sup A) ✏ < a✏ sup A . ⇤ Osservazione 1.58. Viceversa se • a L per ogni a 2 A, • per ogni ✏ > 0 esiste a✏ 2 A : L allora L = sup A. ✏ < a✏ L, Analogamente Proposizione 1.59. Sia A , ; limitato inferiormente. Allora 8✏ > 0 9a✏ 2 A : inf A a✏ < (inf A) + ✏ , e vale il viceversa come nel caso del sup. Proposizione 1.60 (Principio di Archimede). 8x 2 R n > x. 9n 2 N : Dimostrazione. Supponiamo per assurdo che la proprietà da dimostrare sia falsa, cioè che 9x 2 R : n x 8n 2 N. In altre parole, stiamo assumendo che x sia una limitazione superiore per N . Di conseguenza esiste sup N ⌘ L0 2 R . Abbiamo quindi che L0 1 non è un maggiorante di N , perciò 9n0 2 N tale che L0 1 < n0 ; ciò implica che n0 + 1 > L0 che è assurdo perché L0 è un maggiorante per N, mentre (n0 + 1) 2 N . ⇤ 1.16 Importanti conseguenze dell’assioma di completezza 45 Vale inoltre il seguente risultato. Proposizione 1.61. Q è denso in R , cioè 8a, b 2 R : a < b 9r 2 Q : a < r < b. Dimostrazione. Distinguiamo tre casi. (1) Siano a, b 2 R tali che 0 a < b . Osserviamo per prima cosa che per l’ipotesi fatta, b Per il Principio di Archimede (Prop. 1.60) 9n 2 N : n > da cui, essendo b a > 0. 1 b a a > 0, nb na > 1 . Poiché l’ampiezza dell’intervallo di estremi na e nb è maggiore di 1 , esiste almeno un m 2 N che appartiene a tale intervallo. Infatti l’insieme K = { k 2 N : k > na } è non vuoto per il principio di Archimede, pertanto ammette minimo. Indichiamo il minimo di tale insieme con m . Si ha che m > na . D’altra parte, poiché m è il minimo di K, si ha m < nb . Infatti se fosse m nb avremmo m nb > na + 1 , ma ciò implica m 1 > na ossia m 1 2 K, che è assurdo in quanto m è il minimo. Quindi na < m < nb, ossia a < mn < b . Scegliendo r = mn segue la tesi. (2) Siano a, b 2 R tali che a < 0 < b . La tesi segue immediatamente dall’ipotesi, scegliendo r = 0 (ovviamente 0 2 Q) . (3) Siano a, b 2 R tali che a < b 0 . Dall’ipotesi, segue che 0 b < a , e rientriamo quindi nel caso analizzato al punto (1). Pertanto 9r 2 Q : b < r < a da cui a < r < b (ovviamente r 2 Q) . ⇤ 1.17 Esercizi 46 1.17. Esercizi Esercizio 1. Dimostrare che l’insieme ⇢ 2n A= : n2N n+1 ha estremo superiore 2 . Esercizio 2. Dimostrare che l’insieme ⇢ n+3 A= : n 2 N \ {0} n ha estremo inferiore 1 . Esercizio 3. Dato l’insieme ( 2 ) n +2 A= : n2N , n2 + 3 verificare che è limitato e ammette estremo superiore uguale a 1 . Qual è il minimo? Esercizio 4. Determinare estremo superiore e inferiore e, se esistono, massimo e minimo dell’insieme ⇢ n 2 A= : n 2 N \ {0} . n Esercizio 5. Dimostrare che l’insieme ⇢ 2n A= : n2Z 2 n +1 è limitato e determinarne estremo superiore ed inferiore. Esercizio 6. Determinare estremo superiore ed inferiore dell’insieme ⇢ 3n + 2 A= : n 2 N \ {0} . n Esercizio 7. Calcolare inf e sup dell’insieme ( ) ( 1)n A= : n 2 N \ {0} . n 1.17 Esercizi 47 Esercizio 8. Determinare estremo superiore ed inferiore dell’insieme ⇢ 2n 1 A = ( 1)n · : n 2 N \ {0} . n Esercizio 9. Determinare inf e sup e dell’insieme ( ) 1 A= p : n 2 N, n 1 . n+1 Esercizio 10. Calcolare estremo superiore ed inferiore dell’insieme ⇢ 1 A = 2 + ( 1)n + : n 2 N \ {0} . n Esercizio 11. Utilizzando il principio di induzione dimostrare che P 1 n • nk=1 n(n+1) = n+1 per ogni n, n • 2 n + 1 per ogni n, • n! 2n 1 per ogni n. • per ogni numero naturale n 1 il numero ↵(n) := n3 + 5n è divisibile per 6 ; • per ogni numero naturale n 1 il numero (n) := 10n 1 è divisibile per 9 ; Esercizio 12 Utilizzando il principio di induzione, dimostrare che le seguenti proprietà sono vere per ogni numero naturale n: n X 1. (2k 1) = n2 ; k=1 2. n X k=1 1 4k2 1 = n . 2n + 1 CAPITOLO 2 Limiti di successioni In questo capitolo della prima parte presentiamo uno degli argomenti che sono alla base dell’Analisi matematica: i limiti di successioni. Si inizia con alcune definizioni preliminari, ci si avvicina quindi in modo intuitivo al concetto di limite di successione, e dopo averne dato la definizione formale, si procede esponendo alcuni importanti risultati e proprietà. 2.1. Definizioni e proprietà Definizione 2.1. Una funzione f : N ! R, f (n) = an , cioè una legge che ad ogni numero naturale n associa uno ed un solo numero reale an , è detta successione. Si parla di successione, anche quando f è definita a partire da un certo n0 in poi, ad esempio f (n) = n(n 1 1)(n 2) è una successione definita 8n 3 . Una successione viene generalmente indicata con uno dei seguenti simboli: (2.1) n 7! an , {an }, an . 48 2.1 Definizioni e proprietà 49 Alcuni esempi di successioni sono: (2.2) an = n2 (2.3) an = ( 1)n (2.4) an = 4 8n 2 N 1 an = 8n 1 . n (2.5) Definizione 2.2. Una successione an si dice • inferiormente limitata se 9 m 2 R : an m 8n 2 N ; • superiormente limitata se 9 M 2 R : an M 8n 2 N ; • limitata se 9 L 2 R : |an | L 8n 2 N . Ad esempio, la successione an = n2 è limitata inferiormente essendo an 0 8n , le successioni an = ( 1)n (essendo |an | 1) e an = 4 (costante) sono limitate, mentre an = ( 2)n non è limitata. Studiare una successione an significa analizzarne il comportamento quando l’indice n diventa sempre più grande. Si introduce a tal fine il concetto di limite. Tra breve risponderemo alla domanda: cosa vuol dire che an converge ad un elemento l 2 R? Se ad esempio consideriamo la successione an = n1 , vedremo che l = 0 , come pure la successione bn = ( 1)n n1 . Questi saranno i nostri ”prototipi”. Figura 1 Consideriamo in R un intervallo di centro l e ampiezza 2✏ (come in Figura 1). Potremmo pensare che ”an converge a l” se an ad un certo ”istante” cade dentro l’intervallo (l ✏, l + ✏) e poi non ne esce più. Però questo deve accadere qualunque sia ✏ > 0. 50 2.1 Definizioni e proprietà Diamo ora alcune importanti definizioni: Definizione 2.3. Sia P(n) un predicato definito su N (cioè una relazione che a seconda del valore di n può essere vera o falsa). P(n) si dice definitivamente vera se 9 n0 2 N : P(n) è vera 8n n0 . (Si dice anche che P è vera da un certo n0 in poi). Definizione 2.4. Una successione an si dice convergente ad l 2 R se: 8✏ > 0 il predicato ”|an l| < ✏” è definitivamente vero. Il numero reale l è detto limite della successione. Per indicare che una ”successione an converge ad l” si utilizza una delle seguenti notazioni: lim an = l , n!+1 an ! l . Una definizione equivalente alla 2.4 è la seguente: Definizione 2.5. La successione an converge ad l 2 R se 8✏ > 0 9 n✏ : n n✏ ) |an l| < ✏ . Presentiamo ora un risultato di fondamentale importanza nella teoria dei limiti. Teorema 2.6 (Unicità del limite). Una successione an convergente ammette un unico limite l 2 R . Dimostrazione. Per assurdo, siano l1 , l2 due limiti della stessa successione an , supponiamo l1 < l2 . Sia ✏ > 0 tale che l1 + ✏ < l2 ✏ Figura 2 (come in figura 2) cioè tale che 2✏ < l2 ✏< l2 l1 2 l1 , da cui . 51 2.1 Definizioni e proprietà Ora, essendo lim an = l1 , dalla Definizione 2.4, fissato ✏ = segue che l2 n!+1 9 n1 2 N : |an 9 n2 2 N : |an l2 | < |an l1 | < |an l2 | < l1 | < l2 l1 l2 l1 l2 l1 l1 4 8n n1 . 4 Analogamente, essendo an convergente a l2 , si ha che 8n n2 . 4 Sia n = max{n1 , n2 } ; contemporaneamente valgono le proprietà (2.6) (2.7) l2 4 l1 4 ma ciò è assurdo poiché an non può appartenere contemporaneamen- Figura 3 h i h te ai due intervalli disgiunti l1 l2 4 l1 , l1 + l2 4 l1 e l2 Quindi deve essere l1 = l2 , e la tesi è dimostrata. l2 l1 , l2 4 i + l2 4 l1 . ⇤ Esempio 2.7. Data la successione n+1 an = 8n 2 n 1 utilizzando la definizione di limite, verifichiamo che lim an = 1 . n!+1 Dobbiamo provare che (2.8) 8✏ > 0 9 n✏ : |an 1| < ✏ 8n n✏ , cioè, fissato un arbitrario ✏ > 0 , dobbiamo trovare un n✏ naturale tale che n+1 1 < ✏ 8n n✏ . n 1 2.1 Definizioni e proprietà 52 Osserviamo che n+1 n 1 1 <✏ , , n + 1 (n 1) 2 <✏ , <✏ n 1 n 1 2 2 < ✏ , n > + 1. n 1 ✏ Se scegliamo n✏ 2 N tale che n0 > 2 +1 ✏ (notiamo che il Principio di Archimede garantisce l’esitenza di almeno un n0 avente tale proprietà), la proprietà (2.8) è verificata. Osservazione 2.8. Il numero naturale n0 che compare nella definizione di limite di una successione, dipende da ✏ , e proprio per sottolineare tale dipendenza viene spesso denotato con il simbolo n✏ . Le successioni convergenti sono limitate: Proposizione 2.9. Sia l 2 R e an ! l . Allora an è limitata. Dimostrazione. Grazie all’ipotesi an ! l , scegliendo ✏ = 1 nella definizione di limite, si ha che la proprietà |an l| < 1 è definitivamente vera, cioè 9n : |an l| < 18n n. Di conseguenza 8n n |an | = |an l + l| |an l| + |l| 1 + |l| . Consideriamo l’insieme E = {|a0 | , |a1 | , ... , |an 1 |} e sia L il massimo dell’insieme finito E (cioè L = max E ) . Allora |an | max{L , 1 + |l|} , ovvero an è limitata. ⇤ 53 2.2 Successioni divergenti 2.2. Successioni divergenti Definizione 2.10. Si dice che la successione an diverge a +1 , e si scrive lim an = +1 n!+1 se 8 M > 0 , il predicato ”an > M” è definitivamente vero. Si dice che la successione an diverge a 1 , cioè lim an = 1 n!+1 se 8 M < 0 , la proprietà ”an < M” è definitivamente vera. Osservazione 2.11. Abbiamo immediatemente le seguenti proprietá: • an ! +1 e ”bn an ” definitivamente vera ) bn ! +1 . • an ! 1 e ”bn an ” definitivamente vera ) bn ! 1 . Notazione 2.12. Useremo la seguente notazione: R⇤ = R [ { 1, +1} . In altri termini, l 2 R⇤ vuol dire l 2 R oppure l = +1 oppure l = 1. Osservazione 2.13. Sará utile ricordare quanto segue: • Se an = n , cioè è la successione identica, allora lim an = +1 . n!+1 Dimostrazione. Dobbiamo verificare che 8M > 0 n > M é definitivamente vero . Se scegliamo n0 tale che n0 > M (un tale n0 esiste per il Principio di Achimede), si ha che n > n0 ) n>M ossia la proprietà che volevamo verificare. 1 = 0. n!+1 n • lim ⇤ 54 2.3 Sottosuccessioni Dimostrazione. Vogliamo verificare che 8✏ > 0 9 n0 : n n0 1 n ) 0 < ✏. Osserviamo che 1 n 0 <✏ 1 <✏ n , , n> 1 , ✏ 1 (n✏ esiste per il Principio di ✏ Archimede) segue la tesi. ⇤ quindi scegliendo n✏ > Osservazione 2.14. Se sup E superiormente, allora = +1, cioè E é illimitato 9 an 2 E 8n : lim an = +1 . n!+1 Infatti: essendo sup E = +1 si ha che 8 n 2 N , 9 an 2 E : an > n . Utilizzeremo la seguente terminologia: Definizione 2.15. Data una successione an tale che lim an = l , n!+1 • se l = 0 , an è detta successione infinitesima, • se l = ±1 , la successione an viene chiamata divergente (positivamente o negativamente a seconda del segno). 2.3. Sottosuccessioni Lemma 2.16. Sia f : N ! N una funzione strettamente crescente. Allora vale la seguente proprietà: f (k) k 8k 2 N. 55 2.3 Sottosuccessioni Dimostrazione. Dimostriamo la proprietà per induzione. Si noti che f (0) 0 è vera poiché f (0) 2 N . Dunque dobbiamo provare che f (k) k ) f (k + 1) k + 1. Poiché f è strettamente crescente si ha che f (k + 1) > f (k) , perché k + 1 > k, e sfruttando l’ipotesi induttiva segue che f (k + 1) > f (k) k, da cui, essendo f (k + 1) 2 N , si ha f (k + 1) k + 1. ⇤ Notazione 2.17. Utilizzeremo le seguenti notazioni: (2.9) f (k) ⌘ nk , se (2.10) f (n) ⌘ an , se f :N!N f : N ! R. Definizione 2.18. Se an è una successione, e nk è strattamente crescente, ank si dice sottosuccessione di an . Esempio 2.19. Se an è una successione, allora • a2k è la sottosuccessione degli indici pari, • a2k+1 è la sottosuccessione degli indici dispari. Teorema 2.20. lim an = l n!+1 , 8ank sottosuccessione di an lim ank = l . k!+1 Definizione 2.21. Se una sottosuccessione tende ad un dato valore esso è detto punto limite della successione. Esempio 2.22. Sia an = ( 1)n . Si ha lim a2k = 1 , k!+1 lim a2k+1 = 1 . k!+1 di conseguenza an non ammette limite. Dimostrazione (Teorema 2.20). Dimostriamo intanto ) . Sia l 2 R. Il caso l = ±1 é analogo. 56 2.4 Successioni monotone Dalla definizione di limite, per ipotesi si ha che 8✏ > 0 la proprietà |an l| < ✏ è definitivamente vera. Vogliamo dimostrare che 8✏ > 0 la proprietà |ank l| < ✏ è definitivamente vera. Per ipotesi, si ha che (2.11) 8✏ > 0 9 n✏ : n Ma nk n✏ ) l| < ✏ . |an k 8k , pertanto scegliendo k✏ = n✏ segue che 8k k✏ si ha nk k k✏ = n✏ , da cui, ricordando la (2.11), si ha |ank l| < ✏ per ogni k k✏ . (in questo caso 8k k✏ ). Per il viceversa basta osservare che nk = k è strettamente crescente e quindi tra le sottosuccessioni di an c’e’ an stessa. ⇤ Definizione 2.23. Una proprietà q(n) è frequentemente vera se esiste una sottosuccessione nk crescente tale che q(nk ) risulta vera per ogni k. Osservazione 2.24. Se p(n) non è defininitivamente vera, allora p(n) è frequentemente falsa, ovvero p̃(n) è frequentemente vera. Infatti se p(n) non è definitivamente vera, intanto esiste n1 tale che p(n1 ) è falsa. Fissato poi n1 , sempre per il fatto che p(n) non e’ definitivamente vera esiste n2 > n1 tale che p(n2 ) è falsa. Continuando in questo modo si costruisce nk strettamente crescente tale che p(nk ) è falsa. 2.4. Successioni monotone Definizione 2.25. Una successione an si dice • monotona non decrescente (o debolmente crescente) se an an+1 8n ; 2.4 Successioni monotone 57 • monotona crescente se an < an+1 8n . Sostituendo nella definizione precedente, con e < con > si ottengono le definizione di successione monotona non crescente e monotona decresente, rispettivamente. Enumciamo un importante risultato relativo alle successioni monotone. Teorema 2.26. Sia an una successione monotona non descrescente. Allora an ammette limite e lim an = sup{an : n 2 N} n!+1 ovvero il limite della successione coincide con l’estremo superiore dei valori assunti da an . Dimostrazione. Per dimostrare il teorema, distinguiamo due casi. • Supponiamo che sup{an : n 2 N} = +1 . Allora per ogni M > 0 esiste un elemento dell’insieme {an : n 2 N} che è maggiore di M , sia esso an(M) . Per il fatto che an è non decrescente, si ha che an an(M) per ogni n n(M), quindi é definitivamente vera an > M da cui la tesi. • Sia ora sup{an : n 2 N} = L < +1 , L 2 R . Allora 8✏ > 0 esiste un elemento an✏ tale che 9an✏ : L ✏ < an✏ L ; inoltre per la monotonia della successione si ha che 8n > n✏ an an✏ . Quindi 8n n✏ L ✏ < an✏ an L < L + ✏ 58 2.5 Un importante esempio da cui ossia |an |an L| < ✏ 8n > n✏ L| < ✏ è definitivamente vera. ⇤ Analogamente si dimostra il seguente risultato. Teorema 2.27. Sia an una successione monotona non descrescente. Allora an ammette limite e lim an = inf{an : n 2 N} , n!+1 ovvero il limite della successione coincide con l’estremo inferiore dei valori assunti da an . 2.5. Un importante esempio Studiamo la successione an = qn , q 2 R. Se q > 1 , si ha che la successione an è crescente, cioè qn+1 > qn . Essendo q strettamente maggiore di 1 , possiamo porre q = 1 + con > 0 Quindi, grazie alla disuguaglianza di Bernoulli, si ha qn = (1 + )n notiamo che 1 + n ! +1 , ovvero Infatti 8M > 0 1+n >M 1+n >M Sia nM tale che 1+n ; definitivamente vera . , nM > M n> M 1 . 1 (un nM con tale proprietà esiste per il Principio di Archimede); abbiamo dunque che per ogni n > nM la proprietà n> M 1 , 1+n >M è vera e quindi qn > M é definitivamente vera. Schematizzando, si hanno i seguenti casi: 2.5 Un importante esempio 59 1) se q > 1 , an = qn è crescente e an ! +1 ; 2) se q = 1 , an = 1 8n e an ! 1 ; 3) se |q| < 1 , si ha che 1 bn = |qn | = |q|n = ⇣ ⌘n 1 |q| ma 1 |q| !n ! +1 ) da cui con q , 0 , 1 ⇣ ⌘n ! 0 . 1 |q| qn ! 0 . 4) se q = 1 , an = ( 1)n non ammette limite; 5) se q < 1 , an = qn = (( 1) · ( q))n = ( 1)n · ( q)n non ammette limite. Osservazione 2.28. Mettiamo in luce due importanti risultati che abbiamo utlizzato. 1) |an | ! 0 ) an ! 0 . Infatti, per ipotesi si ha 8✏ > 0 ||an | 0| < ✏ definitivamente vera , cioè 8✏ > 0 ||an || = |an | < ✏ definitivamente vera , ossia an ! 0 . 1 ! 0. an Infatti, per ipotesi 2) an ! +1 ) 8M > 0 an > M definitivamente vera , da cui si ha anche che an > 0 è definitivamente vera. Quindi 8M > 0 0< 1 1 < an M é definitivamente vera . 60 2.6 Operazioni con i limiti 1 descrive tutti i M 1 numeri ✏ > 0 come si vede ponendo ✏ = M . Quindi Osserviamo che al variare di M > 0 , 8✏ > 0 ✏<0< 1 < ✏ definitivamente vera , an ovvero 8✏ > 0 1 < ✏ definitivamente vera , an cioè il risultato che volevamo dimostrare. Osservazione 2.29. Si verifica poi in modo analogo che se an ! 0 , ossia an ! 0 e an > 0 é definitivamente vera, allora a1n ! +1 , mentre se an ! 0 , allora a1n ! 1. + Osservazione 2.30. Osserviamo anche che bn ! b implica |bn | ! |b|, proprietà che segue immediatamente dalla diseguaglianza: ||bn | |b|| |bn b|. 2.6. Operazioni con i limiti Proposizione 2.31. Siano a , b 2 R tali che an ! a , bn ! b . Allora an + bn ! a + b , ovvero il limite della somma di due successioni convergenti è la somma dei limiti delle due successioni. Dimostrazione. Vogliamo dimostrare che 8✏ > 0 |(an + bn ) (a + b)| < ✏ é definitivamente vera. Per ipotesi si ha (2.12) (2.13) 8✏ > 0 9n1 : n 8✏ > 0 9n2 : n n1 n2 ) ) |an |bn a| < ✏ b| < ✏ . 61 2.6 Operazioni con i limiti Scegliendo n✏ = max{n1 , n2 } , si ha 8✏ > 0 9n✏ : n n✏ |(an + bn ) ) cioè la tesi. (a + b)| = |(an |(an a)| + |(bn a) + (bn b)| b)| < 2✏ , ⇤ Osservazione 2.32. 1) bn ! b ) bn ! b . Infatti, per ipotesi 8✏ > 0 , | bn b| < ✏ definitivamente vera , |bn per cui 8✏ > 0 si ha che ( b)| = |( 1)(bn b| < ✏ definitivamente vera . b)| = |bn 2) Dalla 1), segue che la Proposizione 2.31 vale anche per il limite della di↵erenza di due successioni convergenti, cioè se an ! a e bn ! b , allora an bn ! a b . Infatti an bn = an + ( bn ) ! a + ( b) = a b. Proposizione 2.33. Siano a , b 2 R tali che an ! a , bn ! b . Allora an · bn ! a · b , ovvero il limite del prodotto di due successioni convergenti è il prodotto dei limiti delle successioni. Dimostrazione. Per ipotesi, (2.14) 8✏ > 0 9 n1 : (2.15) 8✏ > 0 9 n2 : Vogliamo ora stimare |an bn an bn ab = an bn |an |bn a| < ✏ 8n b| < ✏ 8n n1 , n2 . ab|. Osserviamo che an b + an b ab = an (bn b) + b(an a) ; quindi |an bn ab| = |an (bn = |an ||bn b) + b(an b| + |b||an a)| |an (bn a| . b)| + |b(an a)| 62 2.6 Operazioni con i limiti Abbiamo precedentemente visto che una successione convergente è limitata, quindi nel nostro caso esiste M > 0 tale che |an | M 8n 2 N . Pertanto, se prendiamo n = max{n1 , n2 } , si ha che 8✏ > 0 la seguente proprietà |an ||bn è vera per ogni n |an bn b| + |b||an a| M✏ + |b|✏ , n , ossia ab| (M + |b|)✏ definitvamente vera . ⇤ Osservazione 2.34. L’ultimo passaggio e↵ettivamente conclude la dimostrazione, dato che, per la sua arbitrarietà, possiamo scegliere ✏ tale che, per ogni > 0, (M + |b|)✏ e in questo modo si ha che 8 > 0 |an bn ab| cioè ✏ M + |b| , definivamente vera . Osservazione 2.35. Sia bn ! b , 0. Allora |bn | è definitivamente lontana da zero (ossia esiste > 0 tale che |bn | è definitivamente vera). Questa proprietà si dimostra scegliendo ✏ = |b|2 nella definizione di limite. Essa implica che |b1n | è limitata. Si osservi che se b > 0 allora bn è definitivamente lontana da zero e positiva, mentre se b < 0, bn è definitivamente lontana da zero e negativa. Tali risultati sono anche indicati come teorema di permanenza del segno che si può enunicare nel seguente modo Teorema 2.36 (Teorema della permanenza del segno). Sia an ! a , a > 0 (oppure a < 0) . Allora an 2a , (an 2a ) è definitivamente vera. Proposizione 2.37. Siano a , b 2 R tali che an ! a , bn ! b , con b , 0 , bn , 0 8n . Allora an a ! , bn b 63 2.6 Operazioni con i limiti ovvero il limite del rapporto di due successioni convergenti è il rapporto dei limiti delle successioni (se il limite a denominatore é , 0). Dimostrazione. Grazie alla Proposizione 2.33, è sufficiente provare che 1 1 bn ! b ) ! . bn b Per ipotesi, si ha che 8✏ > 0 b| < ✏ definitivamente vera. |bn Dobbiamo dimostrare che 1 1 8✏ > 0 < ✏ definitvamente vera. bn b Si ha 1 1 b bn |bn b| = = . bn b bn b |bn b| D’altra parte, la successione |bn · b| ! |b2 | = b2 , 0 e b2 > 0 . Quindi, possiamo osservare che 9 0 > 0 : |bn · b| 0 definitivamente vera . Quindi ◆ 1 1 |bn b| 0 è definitvamente vera, e di conseguenza lo è anche (|bn b| < ✏) ^ |bn b| |bn |bn b| ✓ b| 0 ✏ 0 . ⇤ Vale inoltre il seguente risultato. Teorema 2.38 (Teorema di passaggio al limite nelle disuguaglianze). Se an ! a , bn ! b , con a, b 2 R e se an bn è definitivamente vera, allora a b . Dimostrazione. Dimostriamo il teorema per assurdo, suppononendo cioè a < b . Sotto tale ipotesi si ha bn an ! b a > 0. 2.6 Operazioni con i limiti 64 Applicando il Teorema della permanenza del segno, si ha che b a > 0, 2 ovvero bn an > 0 definitivamente, ossia an < bn definitivamente, e quest’ultima a↵ermazione contraddice l’ipotesi an bn definitivamente vera. ⇤ bn an Osservazione 2.39. Siano an = 1 , n bn = 0 . Si ha che an > bn 8n ma a = b. ossia, partendo da disuguaglianze strette per le successioni e passando al limite, per i limiti non possiamo ottenere le stesse disuguaglianze strette ma soltanto deboli; tuttavia è vero il viceversa, cioè disuguaglianze strette sui limiti implicano disuguaglianze strette tra successioni (cfr. Teorema della permanenza del segno). Lemma 2.40 (Limite del prodotto di una successione limitata per una infinitesima). Sia an una successione infinitesima, cioè an ! 0 , e bn una successione limitata. Allora an · bn ! 0 . Dimostrazione. Per ipotesi, si ha che 9 M > 0 : |bn | M 8n e da cui 8✏ > 0 |an | < ✏ definitivamente vera, |a· bn | = |an ||bn | ✏ · M definitivamente vera. ⇤ Teorema 2.41 (Teorema del confronto). Siano an , bn , cn tre successioni tali che an cn bn definitivamente vera . Se an ! l e bn ! l , l 2 R, allora anche la successione cn converge a l . (il caso l = ±1 è già stato considerato). 65 2.6 Operazioni con i limiti Dimostrazione. Per ipotesi abbiamo che 8✏ > 0 , |an 8✏ > 0 , |bn l| < ✏ d.v. , l| < ✏ d.v. . Le disuguaglianze con il valore assoluto possono essere espresse nella forma equivalente (2.16) l ✏ < an l < l + ✏ d.v. , (2.17) l ✏ < bn l < l + ✏ d.v. . Allora l ✏ < an cn bn < l + ✏ d.v. da cui l ✏ < cn < l + ✏ d.v., ossia 8✏ > 0 |cn l| < ✏ d.v. e la dimostrazione è conclusa. ⇤ Osservazione 2.42. Il teorema appena dimostrato implica alcuni importanti risultati. • Se |bn | cn d.v. e cn ! 0 , allora bn ! 0 . Infatti essendo 0 |bn | cn e applicando il teorema del confronto segue la tesi. • Sappiamo che per ogni n 2 N , e x 2 R , nell’intervallo x, x + 1 esiste almeno un numero razionale xn . Per il Teorema del n 1 1 confronto, essendo x < xn < x + e x + ! x , si ha n n che xn ! x . Proposizione 2.43. Se (2.18) (2.19) an ! a 2 R e an + bn ! +1 , an bn ! 1 . bn ! +1 , allora 2.7 Forme indeterminate 66 Dimostrazione. Dimostriamo la (2.18). (La dimostrazione della (2.19) è analoga. Per ipotesi an ! a 2 R, quindi an è limitata, cioè 9 L : |an | L 8n . D’altra parte 8M > 0 , In particolare an > Quindi bn > M d.v.. L e, fissato M , bn > M definitivamente vera. an + bn > M L d.v ; pertanto, per ogni fissato K > 0 , affinché sia an + bn > K d.v. è sufficiente scegliere M > L + K . ⇤ Più in generale, valgono i seguenti risultati: • • • • an inferiormente limitata, bn ! +1 ) an + bn ! +1 ; an superiormente limitata, bn ! 1 ) an + bn ! 1 ; an ! +1 , bn ! +1 ) an + bn ! +1 ; an ! 1 , bn ! 1 ) an + bn ! 1 . Esercizio 2.44. Dimostrare che se an ! +1 , an è inferiormente limitata. Esercizio 2.45. Sia an ! +1 e bn definitivamente lontana da zero e positiva. Allora an bn ! +1. 2.7. Forme indeterminate Si parla di forme indeterminate quando non esistono risultati che ci possono garantire a priori informazioni sul risultato del limite. 67 2.7 Forme indeterminate Forma indeterminata +1 1. Supponiamo di avere due successioni an , bn tali che an ! +1 e bn ! 1 . La successione an + bn come si comporta per n ! 1 ? Si tratta di una forma di indeterminazione. Piú precisamente non è possibile determinare in generale il comportamento di una tale successione, ma occorre analizzarlo caso per caso. A tal proposito, presentiamo di seguito alcuni esempi in cui capitano tutte le possibili situazioni: • • • • an = n , bn = 2n , ) an + bn = n ! 1 ; an = 2n , bn = n , ) an + bn = n ! +1 ; an = n + 12 x0 , bn = n + 12 x0 , ) an + bn = x0 ! x0 ; an = n + ( 1)n , bn = n , ) an + bn = ( 1)n non ammette limite . Forma indeterminata 0 · 1. Per comprendere come mai 0 · 1 é una forma indeterminata consideriamo i seguenti esempi: x0 • an = , bn = n ) an · bn ! x0 ; n 1 • an = , bn = n2 ) an · bn ! +1 ; n 1 • an = , bn = n2 ) an · bn ! 1 ; n n ( 1) • an = , bn = n ) an · bn = ( 1)n non ammette limite . n Ricordiamo che 1 ! 0; an 1 • an ! 1 ) ! 0; an 1 • |an | ! +1 ) ! 0. an • an ! +1 ) Esempio 2.46. La successione 1 è infinitesima. ( 2)n Forme indeterminate 1 e 00 . Poiché 0 · 1 é’ una forma 1 indeterminata anche 1 e 00 lo sono. Infatti 1 1. an ! 0+ cioè (an ! 0) ^ (an > 0 d.v.) ) 2. an ! 0 cioè (an ! 0) ^ (an < 0 d.v.) ) 1 ! +1 ; an 1 ! 1. an 2.8 Il numero di Nepero e 68 Osservazione 2.47. Se an ! 0 e cambia segno infinite volte, allora 1 il lim non esiste. Infatti, è possibile estrarre due sottosuccessioni n!+1 an ank , anh di an , rispettivamente tali che 1 ! +1 , ank 1 ! 1. anh ank > 0 8k e anh < 0 8h e 2.8. Il numero di Nepero e Il numero di Nepero e è una dei numeri fondamentali nell’analisi matematica e verrá incontrato spesso nel corso degli studi. Il numero e viene definito come il limite per n che tende a infinito della successione ✓ ◆ 1 n an = 1 + . n Se proviamo a calcolare il limite di tale succcessione, ci accorgiamo che si tratta di una forma indeterminata. Infatti dalle proprietá di 1 esponenziale e logaritmo che vedremo in seguito si ha an = 2n log2 (1+ n ) e come vedremo log2 (1 + n1 ) ! 0. Faremo comunque vedere che la definizione di e è ben data verificando che la successione an è monotona e limitata (e di conseguenza ammette limite finito). Procediamo come segue. Facciamo vedere innanzitutto che Lemma 2.48. La successione an è strettamente crescente, ossia an >1 an 1 8n 2. 69 2.8 Il numero di Nepero e Dimostrazione. Osserviamo che ⇣ ⌘n ⇣ ⌘n ⇣ ⌘n n+1 n+1 ✓ ◆ 1 + n1 n n n ⇣ ⌘n 1 = ⇣ ⌘n 1 = ⇣ n ⌘n · n 1 n 1 + n1 1 n 1 n 1 !n ✓ ✓ ◆ ✓ ◆ ◆ n+1 n 1 n n n2 1 n = · = · n n n 1 n2 n 1 ✓ ◆n ✓ ◆ 1 n (2.20) = 1 · . 2 n n 1 Poniamo x = e che 1 , e osserviamo che n2 1 1 x= > 1 , <1 n2 n2 , n>1 n > 0 per ogni n > 1 . n 1 Allora possiamo applicare la disuguaglianza stretta di Bernoulli alla (2.20) ed ottenere cosı̀ ✓ ◆ ✓ ◆ ✓ ✓ ◆◆ ✓ ◆ 1 n n 1 n 1 · > 1+n · n2 n 1 n2 n 1 ✓ ◆✓ ◆ 1 n = 1 = 1. n n 1 Ciò dimostra la stretta crescenza della successione an . ⇤ Facciamo vedere ora che la successione an é limitata provando il seguente Lemma 2.49. 2 an < 4 8n . Dimostrazione. Per la dimostrazione si introduce la successione ✓ ◆ 1 n+1 bn = 1 + . n Applicando la disuguaglianza stratta di Bernoulli (come per la monotonia di an ) si dimostra prima di tutto che bn è una successione strettamente decrescente, ovvero bn 1 >1 bn 8n 2. 2.9 Successioni: ulteriori proprietà Inoltre, essendo 70 ✓ ◆ 1 bn = 1 + an > an , n si ottiene an < bn < b1 = 4 . D’altra parte, an è monotona crescente e a1 = 2, quindi an > 2 8n 2. ⇤ Dunque risulta ben posta la seguente definizione: Definizione 2.50. Si definisce numero di Nepero il numero reale e dato da ✓ ◆ 1 n lim 1 + ⌘ e. n!+1 n 2.9. Successioni: ulteriori proprietà Definizione 2.51. • Siano an e bn due successioni entrambe divergenti, cioè an ! ±1 e bn ! ±1 . Se 8 > 0 an si dice infinito di ordine inferiore a bn , > > > > > an < l 2 R {0} an e bn si dicono infiniti dello stesso ordine , !> > > bn ±1 an si dice infinito di ordine superiore a bn , > > > : @ an e bn si dicono non confrontabili . • Siano an e bn sono successioni infinitesime, cioé an ! 0 e bn ! 0 . Se 8 > 0 an si dice infinitesimo di ordine superiore a bn , > > > > > an < l 2 R {0} an e bn si dicono infinitesimi dello stesso ordine , !> > > bn ±1 an si dice infinitesimo di ordine inferiore a bn , > > > : @ an e bn si dicono non confrontabili . Il teorema che segue fornisce un’utile criterio per stabilire il carattere di una successione. 71 2.9 Successioni: ulteriori proprietà Teorema 2.52 (Criterio del rapporto). Sia an una successione definitivamente positiva e consideriamo il seguente limite lim n!+1 an+1 = l. an Si ha che: • se l < 1 , allora an ! 0 , • se l > 1 , allora an ! +1 . Esempio 2.53. Applichiamo il teorema appena enunciato per determinare il limite della successione an = bn , n! b > 0. Si ha che an+1 bn+1 n! b = lim · n = lim =0 n!+1 an n!+1 (n + 1)! b n!+1 n + 1 lim quindi, possiamo concludere che la successione an è infinitesima. Da notare che da questo risultato segue che p n lim n! = +1 n!+1 Infatti dal fatto che an n! ! 0 segue che, fissato un qualsiasi a > 1, p n ossia an < p n n! p n n! > a d.v. , d.v. da cui immediatamente il risultato voluto. Dimostrazione (Teorema 2.52). Analizziamo separatamente i due casi. • Supponiamo l < 1 . Per definizione di limite, si ha che 8✏ > 0 9n0 : an+1 <l+✏ 8 an n0 . 72 2.9 Successioni: ulteriori proprietà Scegliamo ✏ in modo che l + ✏ < 1 . Si ha an0 +1 < (l + ✏)an0 an0 +2 < (l + ✏)2 an0 ··· an0 +k < (l + ✏)k an0 , e osserviamo che lim (l + ✏)k = 0 . k!+1 Quindi per il Teorema del confronto, si ha 0 < an0 +k < (l + ✏)k an0 ) an0 +k ! 0 da cui, se poniamo n0 + k = n , segue che lim an = 0 . n!+1 • Sia ora l > 1 . Nella definizione di limite, fissiamo ✏ > 0 tale che l ✏ > 1 . Si ha che 9n0 : an+1 >l an ✏ 8n n0 . Dunque an0 +1 > (l ✏)an0 an0 +2 > (l ✏)2 an0 ··· an0 +k > (l ✏)k an0 , e osserviamo che lim (l + ✏)k = +1 . k!+1 Quindi per il Teorema del confronto, si ha an0 +k > (l + ✏)k an0 ) an0 +k ! +1 da cui, ponendo come prima n0 + k = n , segue che lim an = n!+1 +1 . ⇤ 2.10 Teorema di Bolzano-Weierstrass 73 Osservazione 2.54. Notiamo che il criterio esposto nel Teorema 2.52 non è in grado di stabilire il carattere della successione nel caso in cui il limite del rapporto tra bn+1 e bn vale 1. 2.10. Teorema di Bolzano-Weierstrass In questa sezione enunciamo e dimostriamo uno dei risultati più importanti dell’Analisi Matematica, ovvero il Teorema di BolzanoWeierstrass. Teorema 2.55 (Teorema di Bolzano-Weierstrass). Sia an una successione reale limitata . Allora esiste una sua sottosuccessione ank convergente. Dimostrazione. Consideriamo l’insieme V = {an : n 2 N} . Distingueremo due casi. Come primo caso supponiamo tale insieme finito, cioè costituito da un numero finito di elementi l1 , l2 , ... , lk che sono i valori assunti dalla successione an . In questo caso 9 li 2 V ed 9 nk : ank = li 8k . cioè esiste una successione nk di indici lungo i queli la successione vale li . Infatti, poiché la successione assume solo un numero finito di valori (che formano l’insieme V), segue che esiste almeno un li il cui valore é assunto da infiniti elementi della successsione. Il secondo e ultimo caso é quello in cui l’insieme é infinito. Per ipotesi, la successione an è limitata, quindi 9L > 0 : L an L 8n . Allora nell’intervallo [ L, 0] o nell’intervallo [0, L] , cadono infiniti valori di an . Indichiamo tale intervallo con [↵1 , 1 ] . Esso presenta le seguenti caratteristiche: 74 2.10 Teorema di Bolzano-Weierstrass • la sua ampiezza è data da 2L = L; 2 • contiene infiniti valori asssunti dalla successione an . ↵1 = 1 Figura 4 Sia n1 tale che an1 2 [↵1 , 1 ] . In uno dei due intervalli che lo dividono a metà (vedi figura 4 e che indichiamo con [↵2 , 2 ] , ci sono infiniti valori di an , dunque 9 n2 > n1 tale che an2 2 [↵2 , 2 ] . Abbiamo che ↵1 L 1 [↵2 , 2 ] ⇢ [↵1 , 1 ] e ↵2 = = . 2 2 2 Procediamo allo stesso modo con l’intervallo [↵2 , 2 ] . Figura 5 In uno dei due intervalli (vedi figura 5 " # " ↵2 + 2 ↵2 + ↵2 , , 2 2 2 # , 2 , sono contenuti infiniti valori di an . Indichiamolo con [↵3 , e 9 n3 > n2 : an3 2 [↵3 , 3 ↵3 = 3] L . 22 ⇢ [↵2 , 2] 3 ]. Dunque 75 2.11 Successioni di Cauchy In generale, si ha che 8k 1 9 nk : ank 2 [↵k , con k ↵k = k] ⇢ [↵k 1 , k 1] L 2k 1 e ovviamente [↵k , k] ⇢ [ L, L] . Essendo nk > nk 1 , si ha che la successione ank è una sottosuccessione della successione an . Inoltre ↵k ank k per ogni k. Ora, poiché ↵k è limitata e non decrescente, si ha che ↵k ! l 2 R. Di conseguenza k = ↵k + L 2k 1 !l e possiamo cosı̀ concludere per il Teorema del confronto che ank ! l . ⇤ 2.11. Successioni di Cauchy Definizione 2.56. Sia p(n, m) un predicato definito in N ⇥ N . Si dice che p(n, m) è definitivamente vero (d.v.) se esiste n0 2 N tale che per m n0 e n > n0 il predicato p(n, m) è vero. Definizione 2.57. Una successione an è detta successione di Cauchy se 8✏ > 0 |an am | < ✏ d.v. Teorema 2.58 (Criterio di convergenza di Cauchy). Una successione an è di Cauchy se e solo se è convergente. 76 2.11 Successioni di Cauchy Dimostrazione. Facciamo vedere che se an converge, allora è una successione di Cauchy. Per ipotesi sappiamo che 9 l 2 R : 8✏ > 0 Stimiamo |an |an l| < ✏ d.v. |an am | . Fissato ✏ > 0 si ha che am | = |(an l) + (l am )| |an l| < 2✏ l| + |am d.v. cioè an è di Cauchy. Supponiamo ora che an sia una successione di Cauchy, e dimostriamo che converge. A tal fine facciamo vedere intanto che la successione an è limitata. Scegliendo ✏ = 1 , dalla definizione di an successione di Cauchy si ha |an am | < 1 d.v. Quindi 9 n1 : m, n n1 in particolare se m = n1 si ha che |an | |an ) |an an1 | + |an1 | am | < 1 , n1 , 8n da cui |an | < 1 + |an1 | 8n > n1 ricavando che an è limitata. Grazie al Teorema di BolzanoWeierstrass possiamo a↵ermare che an ammette una sottosuccessione ank convergente, cioè (2.21) 9 ank ! l . Il nostro scopo a questo punto è dimostrare che an ! l . Per far questo, stimiamo |an l| . Osserviamo subito che |an l| |an ank | + |ank l| . Inoltre, sappiamo per ipotesi che la successione an è di Cauchy, ossia (2.22) 8✏ > 0 9 n✏ : m, n > n✏ ) |an Ora 9 k✏ : k k✏ ) nk n✏ , am | < ✏ , 77 2.12 Esercizi da cui ank | < ✏ 8k |an k✏ 8n n✏ , |ank l| < ✏ . per la (2.22). Ora, dalla (2.21) segue che 9 k✏0 : k e scegliendo n k✏0 ) max{ k✏ ; k✏0 } , possiamo concludere che n✏ e k |an l| < 2✏ 8n n✏ , ossia la tesi. ⇤ 2.12. Esercizi Esercizio 1. Calcolare, se esistono, i seguenti limiti di successioni: 4 +5 n2 +1 , limn!+1 n5n+7n . 2n 1 1 1 n2 1 n , limn!+1 pn+1 (n+2)2 n+( 1)n ( 1)n (n+5) limn!+1 n ( 1)n , limn!+1 3n2 +1 (1) limn!+1 (2) limn!+1 (3) p p p p 2+1 (4) limn!+1 ( p n + 2 p n 1), limn!+1 ( n n) p p n3 +9n2 n4 +1 n4 +9n n4 +1 (5) limn!+1 , limn!+1 . p3 n2 +2n p3 p n2 +1 2 (6) limn!+1 ( n + 1 n), limn!+1 n + 1 n2 . Esercizio 2. Calcolare, se esistono, i seguenti limiti di successioni: ⇣ ⌘2n ⇣ ⌘n 1 (1) limn!+1 n+1 , lim 1 + n!+1 n 2n ⇣ ⌘n ⇣ ⌘ pn 1 2 p (2) limn!+1 1 n , limn!+1 1 + n ⇣ ⌘n+1 ⇣ ⌘n2 n n (3) limn!+1 n 1 , limn!+1 n+1 . Esercizio 3. Calcolare, se esistono, i seguenti limiti di successioni: n2 + 1 1. lim n!+1 n2n n 0r BB n + 1 3. lim BB@ n!+1 n+3 2. lim n n!+1 ⇣ p3 n+1 p3 ⌘ n 1 CC 1CCA Esercizio 4. Studiare il carattere delle seguenti successioni definite 78 2.12 Esercizi per ricorrenza: 8 > > a0 = 1 > > < 1. > ; > p > > : an+1 = 2 + an 8 1 > > > a0 = > > 2 < 2. > ; > > > > : an+1 = a2 n 8 > a0 = ↵ > 0 > > > > < 3. > . > an > > > a = : n+1 1 + an Esercizio 5. Studiare il carattere delle seguenti successioni definite per ricorrenza: 8 > a0 = 1 > > > < 1. > > > > : an+1 = an + ; 1 a2n 8 > > a0 = ↵ 0 > > < 2. > ; > > p > 4 : an+1 = an 8 > a0 = 2 > > > > < 3. > > > > > : an+1 = 2 1 1 + an . CAPITOLO 3 Continuità e limiti di funzioni In questo capitolo, dopo aver definito formalmente cosa si intende per funzione continua e limite di una funzione, presentiamo alcuni importanti risultati dell’analisi infinitesimale. 3.1. Continuità Prima di darne la definizione, possiamo provare ad intuire il significato di continuità di una funzione f : D ! R in un punto x0 2 D : f è continua in x0 se in qualunque modo ci avviciniamo a x0 , la funzione f (x) si avvicina al valore f (x0 ) . Più precisamente: Definizione 3.1. Una funzione f : D ! R si dice continua in x0 2 D se per ogni successione {xn }n2N contenuta in D tale che xn ! x0 si ha f (xn ) ! f (x0 ) . La funzione f si dice continua in D se è continua in ogni punto x0 2 D . Osservazione 3.2. Se f è continua in x0 e f (x0 ) , 0, f è diversa da zero in un intorno di x0 . Più precisamente (come si dimostra immediatamente per assurdo usando le successioni): esiste > 0 tale che • se f (x0 ) > 0, x 2]x0 • se f (x0 ) < 0, x 2]x0 , x0 + [\D ) f (x) , x0 + [\D ) f (x) f (x0 ) , 2 f (x0 ) . 2 Teoremi su somme, prodotti e quozienti di funzioni continue. Teorema 3.3 (Somma di funzioni continue). Siano f, g : D ! R due funzioni continue in x0 2 D . Allora anche la funzione f + g : D ! R (definita da ( f + g)(x) = f (x) + g(x)) è continua in x0 . 79 3.1 Continuità 80 Dimostrazione. Sia {xn } una successione contenuta in D tale che xn ! x0 . Per ipotesi sappiamo che f (xn ) ! f (x0 ) e g(xn ) ! g(x0 ) . Allora, per le proprietà viste sui limiti delle successioni si ha che cioè la tesi. f (xn ) + g(xn ) ! f (x0 ) + g(x0 ) , ⇤ Teorema 3.4 (Prodotto di funzioni continue). Siano f, g : D ! R due funzioni continue in x0 2 D . Allora anche la funzione f · g : D ! R (definita da ( f · g)(x) = f (x) · g(x)) è continua in x0 . Dimostrazione. Sia {xn } una successione contenuta in D tale che xn ! x0 . Per ipotesi sappiamo che f (xn ) ! f (x0 ) e g(xn ) ! g(x0 ) . Allora, per quanto abbiamo visto che sul limite del prodotto di due successioni, si ha che cioè la tesi. f (xn ) · g(xn ) ! f (x0 ) · g(x0 ) , ⇤ Teorema 3.5 (Quoziente di funzioni continue). Siano f, g : D ! R due funzioni continue in x0 2 D , e sia g(x0 ) , 0 (e quindi esiste > 0 tale che g(x) , 0 per ogni x 2 I! ⌘]x0 , x0 + [). Allora la funzione f f f (x) : I \ D ! R (definita da (x) = ) è continua in x0 . g g g(x) Dimostrazione. Sia {xn } una successione contenuta in D tale che xn ! x0 . Per ipotesi sappiamo che f (xn ) ! f (x0 ) e g(xn ) ! g(x0 ) . Allora, per le proprietà del quoziente dei limiti di successioni, si ha che f (xn ) f (x0 ) ! , g(xn ) g(x0 ) cioè la tesi. ⇤ Esempi 3.6. Presentiamo alcuni esempi di funzioni continue. 3.1 Continuità 81 (1) La funzione costante , ossia f (x) = c 8x 2 R , è continua. Infatti, scelto un arbitrario x0 2 R , se consideriamo una successione xn ! x0 , si ha che f (xn ) = c 8n , e di conseguenza f (xn ) ! c = f (x0 ) . (2) La funzione f (x) = x , è continua. Infatti, xn ! x0 ) f (xn ) (= xn ) ! f (x0 ) (= x0 ) . (3) Il polinomio f (x) = an xn + an 1 xn 1 + ... + a1 x + a0 è continua. Infatti, per ogni n 2 N, xn è continua perché prodotto di funzioni continue; di conseguenza, per lo stesso motivo lo sono anche an xn , an 1 xn 1 , ... , a1 x . Quindi il polinomio f è continuo perché somma di funzioni continue. P(x) (4) Se P(x) , Q(x) sono polinomi, allora è continua ove Q(x) Q(x) , 0, per il teorema sul quoziente di funzioni continue. Ad esempio, la funzione (3.1) f (x) = x2 2x 1 x 1 è continua in D = R {1} . (5) La funzione f (x) = |x| è continua, perhcé se xn ! x0 allora |xn | ! |x0 |. (Si osservi che xn ! l se e solo se |xn l| ! 0). 3.1.1. Composizione di funzioni continue. Teorema 3.7. Siano f : D ! R , g : f (D) ! R due funzioni tali che f è continua in un punto x0 2 D , e g continua in f (x0 ) . Allora la funzione composta g f è continua in x0 . Dimostrazione. Sia xn ! x0 . Per provare il teorema è sufficiente dimostrare che g( f (xn )) ! g( f (x0 )) . Ma per ipotesi, sappiamo che f è continua in x0 , ossia f (xn ) ! f (x0 ) , e g è continua in f (x0 ) , ossia g( f (xn )) ! g( f (x0 )) , cioé la tesi. ⇤ 82 3.2 Limiti di funzioni 3.2. Limiti di funzioni Definizione 3.8. Se D è un sottoinsieme di R , si definisce chiusura di D, e si indica con D , l’insieme dei punti x 2 R tali che 9 {xn }n2N ⇢ D : xn ! x . Esempio 3.9. Sia D =]0, 1] . Si ha che 0 2 D , dato che xn = {xn } ⇢ D . 1 n !0e Osservazione 3.10. Si osservi che D ⇢ D , ma possono esserci dei punti della chiusura di D che non appartengono a D (nell’esempio sopra il punto x0 = 0) . Definizione 3.11. Sia D ⇢ R . Se x0 2 D \ D si dice che x0 è punto di accumulazione per D . Definizione 3.12. Sia f : D ! R , con D ⇢ R . Se x0 2 D \ D , cioé x0 è un punto di accumulazione per D , si dice che l è il limite della funzione f per x ! x0 , x 2 D, e si scrive lim x!x0 ,x2D se: f (x) = l 2 R [ {±1}, 8 {xn }n2N ⇢ D : xn ! x0 ) f (xn ) ! l . (Talvolta nella scrittura di limite si tralascia di scrivere ”x 2 D”). Esempio 3.13. Sia f :]0, 1] ! R , f (x) = 1 , D =]0, 1], x (vedi figura 1). Si ha che 1 = +1, x!0,x2D x lim dato che 1 ! +1 . xn Tale limite, come sempre quando non c’è pericolo di ambiguità, si indica molto piú semplicemente con limx!0+ 1x . 8{xn }n2N ⇢ D : xn ! 0 ) 83 3.2 Limiti di funzioni Figura 1 Consideriamo la funzione f : D ! R e un punto x0 2 D \ D . Definizione 3.14. Si dice che la funzione f ha limite destro l , e si indica con lim f (x) = l , x!x+ 0 se 8{xn }n2N ⇢ D xn ! x0 , xn > x0 ) f (xn ) ! l . ) f (xn ) ! l . Si dice che l è limite sinistro della funzione f , in simboli lim f (x) = l , x!x0 se 8{xn }n2N ⇢ D xn ! x0 , xn < x0 Osservazione 3.15. Si osservi che una funzione f : D ! R è continua in x0 2 D se e solo se limite destro e limite sinistro esistono entrambi e coincidono con f (x0 ). Definizione 3.16. Sia f : D ! R , con D illimitato superiormente. Si dice che l è il limite della funzione f per x ! +1 ,x 2 D e si scrive lim f (x) = l 2 R [ {±1}, x!+1 se 8{xn }n2N ⇢ D : xn ! +1 ) f (xn ) ! l . 84 3.2 Limiti di funzioni Teorema 3.17 (Cambio di variabile nei limiti). Siano f : D ! R , g : f (D) ! R , ed x0 2 D \ D . Siano poi lim g(t) = l 2 R [ {±1} t!t0 lim f (x) = t0 . x!x0 Se f (x) , t0 in un intorno di x0 , allora lim g( f (x)) = l, . x!x0 Omettiamo la dimostrazione che si ottiene immediatamente utilizzando i limiti di successioni. Osservazione 3.18. Sia f : D ! R . Allora, se f ammette limite, tale limite è unico. Definizione 3.19. Sia f : D ! R . • se lim f (x) = l 2 R , la retta y = l è detta asintoto orizzontale x!+1 per f a +1 e analogamente per il limite a 1; • se lim± f (x) = ±1 , si dice che la retta x = x0 è asintoto verticale x!x0 per f in x0 . Esempio 3.20. Sia 1 . x In questo caso x = 0 è asintoto verticale per f , mentre y = 0 è asintoto orizzontale. f : R \ {0} ! R , f (x) = Sia f : D ! R . Se lim f (x) = ±1 puó esistere un asitoto obliquo x!±1 nel senso della seguente: Definizione 3.21. Sia f : D ! R . La retta di equazione y = mx+q si dice asintoto obliquo per la funzione f se lim f (x) x!±1 (mx + q) = 0 . Proposizione 3.22. Sia f : D ! R . La retta di equazione y = mx + q è asintoto obliquo per la funzione f se solo se m = lim x!±1 f (x) , x q = lim f (x) x!±1 mx . 85 3.2 Limiti di funzioni Dimostrazione. Dimostriamo l’implicazione ()). Sia y = mx + q asintoto obliquo per f ossia che f (x) (mx + q) ! 0 , quando x ! +1 (e analogamente a 1). In questo caso si ha ! f (x) q x· m ! 0, x x da cui deve essere f (x) q m ! 0. x x Infatti, se ciò per assurdo non fosse vero, esisterebbero una successione an ! +1 e un numero positivo tale che ! f (an ) q | m | an an ma allora si avrebbe f (an ) an | an m ! q |!1 an che contraddice l’ipotesi. Ora, poiché per x ! +1 si ha che q ! 0, x segue che f (x) x m!0 ossia m = lim x!±1 f (x) . x D’altra parte f (x) (mx + q) ! 0 cioè q = lim f (x) x!+1 mx . Per dimostrare l’implicazione (() , è sufficiente osservare che f (x) mx ! q e quindi f (x) (mx + q) ! 0 da cui la tesi. ⇤ 86 3.3 Continuità e discontinuità 3.3. Continuità e discontinuità Consideriamo ancora la funzione f : D ! R e un punto x0 2 D\D . Definizione 3.23. Se per x ! x0 limite destro e limite sinistro di f esistono finiti ma sono diversi, cioè 9 lim+ f (x) = l+ 2 R , x!x0 9 lim f (x) = l 2 R , x!x0 ma l+ , l , il punto x0 è detto punto di discontinuità di prima specie per la funzione f. Teorema 3.24 (Traduttore). Una funzione f : D ! R è continua in x0 se e solo se 8✏ > 0 9 ✏ > 0 : |x x0 | < | f (x) ) ✏ f (x0 )| < ✏ . Dimostrazione. Dimostriamo ()) . Per ipotesi 8 xn ! x0 , si ha f (xn ) ! f (x0 ) . Procediamo negando la tesi, cioè supponiamo per assurdo che Sia 9 ✏ > 0 : 8 > 0 9 x : |x = 1 n ma x0 | < | f (x ) f (x0 )| ✏. e indichiamo il corrispondente con x con xn . Si ha 1 e | f (xn ) f (x0 )| ✏ 8n . n Ma xn ! x0 mentre f (xn ) non tende a f (x0 ), in contraddizione con l’ipotesi di continuità della f . Dimostriamo ora (() . Supponiamo che x0 | < |xn (3.2) 8✏ > 0 9 ✏ > 0 : |x x0 | < ) ✏ | f (x) f (x0 )| < ✏ . Sia xn ! x0 , vogliamo dimostrare che f (xn ) ! f (x0 ) , ossia che 8✏ > 0 | f (xn ) Fissiamo ✏ nella (3.2) e scegliamo |x x0 | < ) f (x0 )| < ✏ d.v. = ✏ | f (x) tale che f (x0 )| < ✏ . Per ipotesi sappiamo che xn ! x0 , quindi |xn x0 | < è definitivamente vera, da cui risulta che anche | f (xn ) f (x0 )| < ✏ è definitivamente vera. ⇤ 87 3.4 Limiti di funzioni: alcuni teoremi Osservazione 3.25. Con la stessa dimostrazione si ottiene l’analogo risultato per i limiti di funzione. Esempio 3.26. Consideriamo la funzione di Dirichlet che è definita nel seguente modo: ( 1 se x 2 Q , f : R ! R, f (x) = 0 se x 2 R \ Q . Tale funzione non è continua in nessun punto del suo dominio. Se x 2 R \ Q si ha che f (x) = 0 . Ma 9xn 2 Q : xn ! x, f (xn ) = 1 8n, quindi f (xn ) ! 1 . Se invece x 2 Q , f (x) = 1 e 9xn 2 R \ Q : xn ! x, f (xn ) = 0 8n, quindi f (xn ) ! 0 . Si noti che ogni numero reale può essere approssimato da una successione di numeri irrazionali. Infatti se x 2 Q, la successione p 2 xn = x + n converge ad x ed assume valori irrazionali per ogni n. Infatti, se per p assurdo xn 2 Q per un qualche n , si avrebbe che 2 = nxn nx 2 Q . 3.4. Limiti di funzioni: alcuni teoremi Usando l’analogo risultato sulle successioni si ottiene immediatamente il Teorema 3.27 (Teorema del confronto). Se per x ! c 2 R , si ha che f (x) ! l , g(x) ! l , con l 2 R , ed 9 > 0 : f (x) h(x) g(x) 8x 2 {x 2 D : |x allora anche h(x) ! l . Analogamente se c = ±1. c| < } , 88 3.4 Limiti di funzioni: alcuni teoremi Osservazione 3.28. In riferimento al risultato del teorema che è stato appena enunciato, consideriamo alcuni casi particolari. • Se l = +1 , basta avere h(x) f (x) 8x 2 {x 2 D : |x c| < } , per poter concludere che h(x) ! +1 . • Se l = 1 , è sufficiente che h(x) f (x) 8x 2 {x 2 D : |x c| < } affinché h(x) ! 1 . Corollario 3.29. Sia c 2 R [ {±1} e siano f e g due funzioni tali che lim f (x) = 0 e g(x) è limitata in un intorno di c. Allora lim f (x) · g(x) = 0 . x!c x!c Osservazione 3.30. Nel corollario 3.29 abbiamo in realtá due situazioni diverse a seconda che c sia un numero reale oppure no: • se c 2 R , per intorno di c si intende un intervallo aperto centrato in c di raggio > 0 , cioè ] c ,c + [ ; • se invece c = +1 oppure c = 1 , per intorno di c si intendono rispettivamente intervalli illimitati del tipo ] a, +1 [ e ] 1, a [ , con a 2 R , ossia semirette aperte. Quindi, tornando all’enunciato del Corollario 3.29, g(x) limitata assume nello specifico i seguenti significati a seconda dei rispettivi casi: 9L > 0 tale che: • se c 2 R , 9 > 0 : |x c| < ) | f (x)| L ; • se c = +1 , 9 a > 0 : x > a ) | f (x)| L ; • se c = 1 , 9 a > 0 : x < a ) | f (x)| L . Dimostrazione. (Corollario 3.29) Per ipotesi, sappiamo che in un intorno di c si ha 0 | f (x) · g(x)| = | f (x)| · |g(x)| L| f (x)| , e poiché f (x) ! 0 quando x ! c , segue la tesi applicando il Teorema del confronto. ⇤ Teorema 3.31 (Teorema della permanenza del segno 1). Sia f una funzione definita in un intorno di x0 . Se lim f (x) = l > 0 (oppure l < 0) con l 2 R , allora 9 > 0 : f (x) x!x0 l 2 8x 2 D \ {x : |x l x0 | < } (oppure f (x) ) . 2 89 3.4 Limiti di funzioni: alcuni teoremi Dimostrazione. Dimostriamo il teorema per assurdo, cioè supponiamo che 8 > 0 9 x : |x Scegliendo = e f (x ) < x0 | < l . 2 1 , si avrebbe che n 1 l e f (xn ) < , n 2 ma per ipotesi xn ! x0 e f (xn ) ! l , da cui l essendo l > 0 . 9 xn : |xn x0 | < l 2 che è assurdo ⇤ Teorema 3.32 (Teorema della permanenza del segno 2). Sia f definita in un intorno di x0 . Se lim f (x) = l e f (x) 0 in un intorno di x!x0 x0 , allora il limite l è non negativo (ossia l 0 ). Dimostrazione. Sia xn ! x0 . Allora la proprietà f (xn ) defintivamente vera, e si ha immediatamente l 0 . 0 è ⇤ Osservazione 3.33. Come immediata conseguenza del teorema appena enunciato, se supponiamo che f g , f ! l e g ! l1 , si ha che l l1 . Abbiamo anche il seguente importante Teorema 3.34. Sia f : D ! R, D ⇢ R non decrescente in D, ossia Sia x0 2 D tale che (3.3) x1 , x2 2 D, x1 < x2 ) f (x1 ) f (x2 ). {x 2 D : x < x0 } , ;, {x 2 D : x > x0 } , ;. Allora esistono finiti limx!x0 ,x2D f (x) e limx!x+0 ,x2D f (x) e risulta (3.4) limx!x0 ,x2D f (x) lim x!x+ ,x2D 0 f (x). Dimostrazione. Sia l+ = inf { f (x) : x0 < x, x 2 D} ; vogliamo dimostrare che lim x!x+ ,x2D 0 f (x) = l+ . 90 3.5 Esercizi Osserviamo innanzitutto che se esiste x 2 D tale che x < x0 , si ha f (x) f (x) 8x > x0 , quindi l+ 2 R . Per definizione di estremo inferiore, si ha che 8✏ > 0 9 x✏ 2 {x 2 D : x > x0 } : l+ f (x✏ ) < l+ + ✏ , ma per la monotonia della f segue che 8x 2 ] x0 , x✏ [ \ D l+ f (x) f (x✏ ) < l+ + ✏ , da cui 8x 2 ] x0 , x✏ [ \ D si ha | f (x) Analogamente, definendo l+ | < ✏ . l = sup{ f (x) : x < x0 , x 2 D} , si dimostra che l 2 R e lim f (x) = l . x!x0 Infine la (3.4) si ottiene sfruttando la monotonia della funzione e applicando il Teorema del confronto (Teorema 3.27). ⇤ Analogamente per la non crescenza e nel caso in cui uno dei due insiemi in (3.3) sia vuoto. 3.5. Esercizi Esercizio 1. Calcolare, se esistono, i seguenti limiti di funzioni: x 1 1. lim p x!±1 2x2 1 4 x2 3. lim x!2 x 2 2. lim x!+1 !2 p 1+x p 1 x x x2 1 x!1 x3 + 2x2 3x p Esercizio 2. Verificare che la funzione x é continua in R+ e la p funzione 3 x é continua in R. 4. lim 3.6 Alcuni teoremi fondamentali sulle funzioni continue Esercizio 3. Studiare il limite ax3 + bx2 + x lim x!+1 (x 1)2 91 1 al variare di a, b 2 R. Esercizio 4. Sia ( f (x) = Determinare ↵ , (x )2 ↵x , 2, se x 0 se x < 0 . 2 R in modo che f sia continua su R. 3.6. Alcuni teoremi fondamentali sulle funzioni continue In questa sezione enunciamo e dimostriamo alcuni importanti risultati che riguardano le funzioni continue. Teorema 3.35 (Teorema degli zeri). Sia f : [a, b] ! R continua nell’intervallo aperto ]a, b[ e tale che f (a) · f (b) < 0 . Allora 9 x0 2 ] a, b [ : f (x0 ) = 0 . Osservazione 3.36. Il teorema non vale se al posto di un intevallo [a, b] si considera l’unione di due intervalli disgiunti (che non è più un intervallo), ad esempio non si applica ad una funzione (vedi figura 2) f : [ 2, 1] [ [1, 2] ! R . Figura 2 3.6 Alcuni teoremi fondamentali sulle funzioni continue 92 Esempio 3.37. Sia f : [ 1, 1] ! R definita da (vedi figura 3) ( x + 1 , se x 0 , f (x) = x 1 , se x < 0 . Figura 3 In tal caso il risultato del teorema non vale, ossia @ x0 2 ] 1, 1[ : f (x0 ) = 0 poiché la funzione non è continua nell’intervallo considerato. Dimostrazione (Teorema 3.35). Supponiamo f (a) < 0 < f (b) e definiamo il seguente insieme: A = {x 2 [a, b] : f (x) < 0} . Sia L = sup A . Osserviamo che • l’insieme A è non vuoto, poiché, essendo f (a) < 0 per ipotesi, almeno a 2 A ; • A è limitato superiormente (sicuramente da b) . Quindi l’estremo superiore di A esiste ed è un numero reale. Inoltre sup A < b e sup A > a . Infatti per il teorema della permanenza del segno f < 0 in un intorno di a e f > 0 in un intorno di b. 3.6 Alcuni teoremi fondamentali sulle funzioni continue 93 Vogliamo dimostrare a questo punto che f (L) = 0 . Per assurdo, supponiamo f (L) , 0 e analizziamo separatamente i due possibili casi. a) Sia f (L) < 0 . Per il Teorema della permanenza del segno 8x 2 ] L 9 > 0 : f (x) < 0 ,L + [ . In particolare esiste x 2]L, L + [ tale che x 2 A, che è assurdo perché L è una limitazione superiore di A . b) Supponiamo ora f (L) > 0 . Di nuovo, per il Teorema della permanenza del segno si ha che 8x 2 ] L 9 > 0 : f (x) > 0 ,L + [ . Ma per le proprietà dell’estremo superiore esiste x 2 A : L < x L. Ma in x si deve avere f (x ) > 0 in contraddizione con la definizione di A. Possiamo pertanto concludere che f (L) = 0 . ⇤ Corollario 3.38 (Teorema dei valori intermedi). Sia f : [a, b] ! R una funzione continua, tale che f (a) < ↵ < f (b) (oppure f (a) > ↵ > f (b)) . Allora 9 x 2]a, b[ : f (x) = ↵ . Dimostrazione. Consideriamo la funzione continua g(x) = f (x) ↵. Tale funzione verifica le ipotesi del Teorema degli zeri (Teorema 3.35) e applicandolo si ottiene la tesi. ⇤ Osservazione 3.39. Sia n 2 N \ {0}. Consideriamo la funzione f : R+ ! R+ , f (x) = xn . Si tratta di una funzione iniettiva e suriettiva, e di conseguenza invertibile. Infatti, l’iniettività segue dal fatto che si tratta di una funzione strettamente crescente. Dimostriamo la suriettività, cioè che 8y 0 9 x : xn = y . 3.6 Alcuni teoremi fondamentali sulle funzioni continue 94 Per y = 0 è sufficiente scegliere x = 0 . Se invece y > 0 , poiché lim xn = +1 x!+1 si ha che 9 b : bn > y . Consideriamo l’intervallo [0, b] . Abbiamo che f (0) = 0 < y < f (b) = bn , quindi, per il Teorema dei valori intermedi, 9 x : xn = y . Presentiamo anche una dimostrazione alternativa a quella proposta in precendenza del Teorema degli zeri. Ricordiamo l’enunciato: Teorema 3.40 (Teorema degli zeri). Sia f : [a, b] ! R una funzione continua tale che f (a) · f (b) < 0 . Allora esiste un punto c 2 ]a, b[ tale che f (c) = 0 . La dimostrazione che segue è costruttiva, in quanto individua un metodo per la determinazione degli zeri di una funzione. Dimostrazione. Sia, come in fugura 4, c1 = a+b 2 il punto medio Figura 4 dell’intervallo [a, b] , e supponiamo per semplicità che f (a) < 0 < f (b) . Distinguiamo i seguenti casi a partire dal valore che la funzione f assume nel punto c1 : 3.6 Alcuni teoremi fondamentali sulle funzioni continue 95 • se f (c1 ) = 0 , il teorema risulta dimostrato in quanto c1 è uno zero per f . • Sia ora f (c1 ) , 0 . Distinguiamo due casi: a) se f (c1 ) > 0 , consideriamo l’intervallo [a, c1 ] = [a1 , b1 ]; b) se f (c1 ) < 0 , consideriamo l’intervallo [c1 , b] = [a1 , b1 ] , e l’intervallo iniziale risulta dimezzato. In entrambi i casi possiamo ripetere lo stesso ragionamento. In altre parole definiamo c2 = a1 + b1 2 e di nuovo: • se f (c2 ) = 0 , il teorema risulta dimostrato; • se f (c1 ) , 0 , distinguiamo due casi: a’) se f (c2 ) > 0 , consideriamo l’intervallo [a, c2 ] = [a2 , b2 ] ; b’) se f (c2 ) < 0 , consideriamo l’intervallo [c2 , b] = [a2 , b2 ] . Notiamo che [a2 , b2 ] ⇢ [a1 , b1 ] ⇢ [a, b] e che l’ampiezza dell’intervallo [a2 , b2 ] è un quarto di quella dell’intervallo [a, b] . Finora abbiamo quindi considerato i seguenti punti: a a1 a2 < b2 b1 b . Proseguendo in questo modo si cotruisce una successione di intervalli [an+1 , bn+1 ] ⇢ [an , bn ] , con f (an ) · f (bn ) < 0 e bn an = b a 2n . (ovviamente a an an+1 < bn+1 bn b) . Poichè se an è una successione limitata e non decrescente, allora ammette limite finito. Più precisamente 9 lim an = l 2 [a, b] . n!+1 Pertanto la successione bn definita da bn = an + b a 2n 3.6 Alcuni teoremi fondamentali sulle funzioni continue 96 converge allo stesso limite l . Grazie all’ipotesi di continuità della funzione f , si ha che (3.5) an ! l (3.6) f (an ) ! f (l) ) bn ! l f (bn ) ! f (l) ) da cui f (an ) f (bn ) ! ( f (l))2 . Ma f (an ) · f (bn ) < 0 ( f (l))2 0 ) ) f (l) = 0 , ovvero l appartiene all’intervallo [a, b] ed è uno zero per f . ⇤ Teorema 3.41. Sia f : A ! R una funzione continua. Se A è un intervallo, allora f (A) è anch’esso un intervallo (cioè una funzione continua mappa intervalli in intervalli). Dimostrazione. Supponiamo per assurdo che f (A) non sia un intervallo. Di conseguenza 9no y1 , y2 2 f (A) con y1 < y2 ed 9 y0 2 [y1 , y2 ] : y0 < f (A) Sappiamo che y1 2 f (A) y2 2 f (A) ) ) 9 x1 2 A : f (x1 ) = y1 9 x2 2 A : f (x2 ) = y2 . Quindi, essendo A un intervallo, l’intervallo [x1 , x2 ] è contenuto in A . Ne segue che f ([x1 , x2 ]) ⇢ f (A) . Figura 5 3.6 Alcuni teoremi fondamentali sulle funzioni continue 97 Per il Teorema dei valori intermedi (Corollario 3.38) abbiamo che (vedi figura 5) da cui che è assurdo. 9 x0 2]x1 , x2 [ : f (x0 ) = y0 y0 2 f (A) ⇤ Osservazione 3.42. Sia f : [0, 1] ! R continua, e tale che f ([0, 1]) 2 Q . Grazie al teorema precedente, possiamo a↵ermare che f ([0, 1]) è un intervallo, indichiamolo con [↵, ] . Se ↵ < , nell’intervallo [↵, ] ci sono infiniti numeri irrazionali. Ma f ([0, 1]) é un intervallo quindi ↵ = (intervallo degenere) ed f é costante. Teorema 3.43 (Continuità della funzione inversa). Se f :]a, b[!]↵, [ è una funzione continua e invertibile, allora la funzione inversa f 1 : ]↵, [!]a, b[ è continua. Per dimostrare questo teorema ci sarà utile la seguente osservazione preliminare. Osservazione 3.44. Se f :]a, b[!]↵, [ è una funzione continua e invertibile, allora f è strettamente monotona. Dimostriamo tale risultato. Se per assurdo f non è strettamente monotona, poichè è iniettiva esistono a < x1 < x2 < x3 < b tali che f (x1 ) < f (x2 ), f (x2 ) > f (x3 ), oppure f (x1 ) > f (x2 ), f (x2 ) < f (x3 ). Per fissare le idee supponiamo f (x1 ) < f (x2 ), f (x2 ) > f (x3 ). l’obiettivo è quello di utilizzare il teorema dei valori intermedi in [x1 , x2 ] ed in [x2 , x3 ] e trovare una contraddizione con l’inittività di f . A tale scopo e’ utile confrontare f (x1 ) con f (x3 ) Sempre per fissare le idee supponiamo f (x3 ) > f (x1 ) (non potendo essere f (x3 ) = f (x1 )) com in figura 6. 3.6 Alcuni teoremi fondamentali sulle funzioni continue 98 Figura 6 Sia ↵ 2] f (x3 ), f (x2 )[ . Allora, per il Teorema dei valori intermedi (Teorema 3.38), esiste t1 2]x2 , x3 [ tale che f (t1 ) = ↵ . Ora, dal fatto che f (x3 ) > f (x1 ) , segue anche che ↵ 2] f (x1 ), f (x2 )[ ; di conseguenza 9 t2 2]x1 , x2 [ : f (t2 ) = ↵ . Pertanto t1 , t2 ma f (t1 ) = f (t2 ) = ↵ che è in contraddizione con l’iniettività della funzione. Si conclude dunque che f è strettamente crescente. Dimostrazione (Teorema 3.43). Supponiamo che f sia strettamente crescente, ossia x1 < x2 ) f (x1 ) < f (x2 ) . Facciamo intanto vedere che per ogni y1 < y2 2 ]↵, [ si ha che f 1 (y1 ) < f 1 (y2 ) . Per assurdo, supponiamo che f 1 (y1 ) f 1 (y2 ) . Poiché stiamo supponendo che f sia strettamente crescente, si ha f ( f 1 (y1 )) f ( f 1 (y2 )) , ossia y1 y2 che è assurdo. Dimostriamo ora che f 1 è continua. Sia y0 2]↵, [ , facciamo vedere che lim f 1 (y) = f 1 (y0 ) . y!y0 Siano l+ = lim+ f 1 (y) , y!y0 l = lim f 1 (y) , y!y0 che esistono finiti a causa delle monotonia di f 1 . Per la stretta crescenza di f 1 si ha che l f 1 (y0 ) l+ . 3.6 Alcuni teoremi fondamentali sulle funzioni continue 99 Mostriamo che l+ = l . Figura 7 Sia per assurdo l < l+ (come in Figura 7); allora per la stretta crescenza esiste 2]l , l+ [ tale che f 1 non assume il valore . Ma 2]a, b[ perhcé a, b[ é un intervallo che contiene ]l , l+ [ e f (]a, b[) = ]↵, [ da cui la contraddizione perchè f (x) 2]↵, [. Quindi si conclude che la funzione inversa è continua. ⇤ Da notare che possiamo ottenere una dimostrazione alternativa usando direttamente la definizione di continuità con le successioni. Teorema 3.45 (Teorema di Weierstrass). Sia f : [a, b] ! R una funzione continua. Allora esistono x1 , x2 2 [a, b] tali che f (x1 ) f (x) f (x2 ) 8x 2 [a, b] . Osservazione 3.46. Il punto x1 dell’enunciato è un punto di minimo per f , f (x1 ) è il valore minimo; x2 è un punto di massimo, f (x2 ) è il valore massimo. Osservazione 3.47. Sottolineiamo con alcuni contresempi l’essenzialità delle ipotesi del teorema ai fini della validità del risultato. 100 3.6 Alcuni teoremi fondamentali sulle funzioni continue • Senza l’ipotesi di continuità, il risultato del teorema in generale non vale. Ad esempio, la funzione 8 1 > > > se x , 0 > > < x f : [0, 1] ! R , f (x) = > > > > > : 0 se x = 0 . non ammette massimo. • Il teorema non vale nel caso in cui l’intervallo non è chiuso, come ad esempio per f (x) = 1x nell’intervallo ]0, 1] . • Il teorema non si applica se l’intervallo non è limitato, ad esempio f (x) = x con dominio R . Lemma 3.48. Sia A ⇢ R , A , ; . Allora esiste una successione {an }n2N ⇢ A massimizzante, cioè tale che an ! sup A . (Analogamente per l’inf). Dimostrazione. Distinguiamo due casi a partire dall’insieme A . • Supponiamo A illimitato, ossia sup A = +1. Allora 8M > 0 9 aM 2 A : aM > M . Quindi, scegliendo M = n , si ha che 9 an 2 A : an > n da cui, per il criterio del confronto per successioni, segue immediatamente che an ! +1 (= sup A) . • Sia ora A limitato, cioè sup A 2 R . Allora 8✏ > 0 9 a✏ 2 A : (sup A) ✏ < a✏ < sup A . Per la sua arbitrarietà, possiamo scegliere ✏ = esiste a1/n ⌘ an tale che (sup A) 1 n ; si ha che 1 < an sup A , n da cui, per il Teorema del confronto, an ! sup A . ⇤ 3.6 Alcuni teoremi fondamentali sulle funzioni continue 101 Dimostrazione (Teorema di Weierstrass). Sia f : [a, b] ! R continua e indichiamo A = f ([a, b]) . Sicuramente A , ; . Di conseguenza, ammette estremo inferiore e superiore. Consideriamo il sup A . Vogliamo dimostrare che sup A 2 A e quindi è un valore massimo per la nostra funzione, poiché sup A 2 f ([a, b]) , 9 x2 2 [a, b] : f (x2 ) = sup A . Sia yn2N ⇢ A una successione massimizzante per A , ossia {yn } ! sup A = sup f ([a, b]) . Poiché yn 2 f ([a, b]) 8n , si ha che 9 xn 2 [a, b] : f (xn ) = yn 8n. Poiché xn limitata, per il Teorema di Bolzano-Weierstrass abbiamo che 9 xnk 2 [a, b] : xnk ! x0 2 R . Poichè a xnk b 8k, passando al limite si ottiene a x0 b , ossia x0 2 [a, b] . Ora, poiché f è continua, abbiamo che f (xnk ) ! f (x0 ) ma quindi anche ossia la tesi. f (xn ) ! sup A = sup f ([a, b]) f (xnk ) ! sup A = f (x0 ) 2 A , ⇤ Teorema 3.49 (Generalizzazione del Teorema di Weierstrass). Sia f :]a, b[! R continua (a, b possono anche essere infiniti), tale che lim f (x) = l1 , x!a+ lim f (x) = l2 . x!b Se 9 x0 2 ]a, b[ : f (x0 ) < min{l1 , l2 } , 3.6 Alcuni teoremi fondamentali sulle funzioni continue 102 allora f ammette minimo nell’intervallo ]a, b[ . Sea 9 x0 2 ]a, b[ : f (x0 ) > max{l1 , l2 } , allora f ammette massimo nell’intervallo ]a, b[ . Dimostrazione. Sia xn 2]a, b[ una successione tale che f (xn ) ! inf(]a, b[) . A↵ermiamo che 9 ↵ > a : xn ↵ per ogni n . Infatti, se per assurdo questo fosse falso, in particolare si avrebbe che 8↵ > a esistono infiniti xn : allora, scegliendo ↵ = a + sottosuccesione 1 , k a < xn < ↵ si deduce l’esistenza di una 1 k e per il Teorema del Confronto, la successione xnk convergerebbe ad a . Allora f (xnk ) ! l1 , ma si ha anche xnk : a < xnk < a + f (xnk ) ! inf f (]a, b[) f (x0 ) < l1 che è assurdo. Analogamente si dimostra che < b : xn 9 Pertanto si ha a < ↵ xn Dal teorema di Bolzano-Weierstrass da cui 9 xnh ! x , ossia x 2]a, b[ . Quindi da cui segue che 8n . < b 8 n. con ↵ xnh ; 8k, ↵x , f (xnh ) ! f (x) f (xnk ) ! inf f (]a, b[) inf f (]a, b[) = f (x) ossia che f ammette minimo in ]a, b[ . ⇤ 3.7 Esercizi 103 Analogamente per il massimo. Esempio 3.50. Dimostrare che la funzione x3 f : R ! R, f (x) = . 1 + x4 ammette massimo e minimo in R . Svolgimento: osserviamo che x3 = 0 (= l1 ) , x! 1 x! 1 1 + x4 lim f (x) = 0 (= l2 ) . lim f (x) = lim x!+1 Inoltre • per x0 = 1 si ha f (x0 ) < 0 = min{l1 , l2 } ; • per x0 = 1 si ha f (x0 ) > 0 max{l1 , l2 } . Quindi, applicando la generalizzazione del Teorema di Weierstrass, segue che la funzione ammette massimo e minimo in R . 3.7. Esercizi Esercizio 1. Utilizzando il Teorema degli Zeri, dimostrare che la eguente equazione p5 x 3x4 + 1 = 0 ha almeno due soluzioni reali. Esercizio 2. Sia f : [a, b] ! [a, b] una funzione continua. Verificare che esiste almeno un punto unito, cioè un punto x0 2 [a, b] tale che f (x0 ) = x0 . P Esercizio 3. Sia P(x) = nk=0 ak xk un polinomio a coefficienti reali e di grado pari. Se a0 < 0 , an > 0 , allora l’equazione P(x) = 0 ammette almeno una radice negativa e una positiva. Esercizio 4. Sia f : R ! R una funzione continua e tale che lim f (x) · lim f (x) < 0 . x!+1 x! 1 Dimostrare che esiste c 2 R tale che f (c) = 0 . 3.7 Esercizi 104 Esercizio 5. Dimostrare che un polinomio di grado dispari ha almeno una radice reale. CAPITOLO 4 Funzioni esponenziali e logaritmiche In questo capitolo descriviamo la funzione esponenziale e la sua inversa, la funzione logaritmica. Iniziamo dalla funzione espoenenziale con esponente razionale, partendo dalla definizione di esponenziale con esponente naturale. Faremo vedere che tutte la definizione è forzata se vogliamo che sia mantenuta la proprietà fondamentale data da ax+y = ax a y . 4.1. Funzione esponenziale con esponente razionale Alla scuola media ci hanno insegnato che, dato a 2 R , n 2 N , n 2, si dice potenza n-esima di a , il numero an = a · a · ... · a , dato dal prodotto di n fattori tutti uguali ad a . Si pone poi: a1 = a a0 = 1 1 , n 2 N. an Inoltre, volendo poi definire la potenza con esponente razionale, p Se q 2 Q , si pone pq p a q = ap . a n = Ma perchè si agisce in questo modo? In realtà il giusto punto di partenza è quello di determinare le funzioni da R in R che mandano somme in prodotti, ossia le funzioni f : R ! R tali che (4.1) f (x + y) = f (x) · f (y) 8x, y 2 R. 105 106 4.1 Funzione esponenziale con esponente razionale Intanto si ha • f (1 + 1) = f (1) · f (1) = ( f (1))2 ; • se n 2 N , f (n) = f (1 + 1 + ... + 1) = f (1) · f (1 + 1 + ... + 1) = ( f (1))n ; | {z } | {z } n volte n 1 volte n n Si pone f (1) = a cosi ( f (1)) = a per ogni n 2 N. Osservazione 4.1. Si noti che f (0 + 0) = f (0) · f (0), ossia ( f (0))2 = f (0). Dunque f (0) = 1 oppure f (1) = 0. Se scegliamo f (0) = 0 si ottiene f (0 + x) = f (x) · f (0) = 0 8x 2 R. Poiché vogliamo anche funzioni diverse dalla funzione identicamente nulla, scegliamo f in modo che f (0) = 1. Osservazione 4.2. Se m = n , n 2 N , allora deve essere 1 = f (0) = f (n + ( n)) = f (n) · f ( n) , per cui siamo obbligati a porre (4.2) f ( n) = 1 1 = n f (n) a ove a = f (1). Con questa definizione si dimostra, riconducendoci ai risultati noti in N, che vale la seguente Proposizione 4.3. Per ogni m, n 2 Z, per ogni a, b 2 R \ 0 si ha: (1) an+m = an · am , (2) (a · b)n = an · bn , (3) (an )m = am·n . Osservazione 4.4. Se fosse f (1) = a = 0, dovremmo avere, per ogni x 2 R, f (x) = f (1 + (x 1)) = f (1) · f (x e quindi consideriamo a , 0. 1) = 0 · f (x 1) = 0, 107 4.1 Funzione esponenziale con esponente razionale Osservazione 4.5. Da notare poi che per poter definire f su tutti i razionali dovremo scegliere a > 0. Infatti !!q 1 1 1 1 f (1) = f ( + + ... + ) = f q q q q | {z } q volte ! 1 Poniamo f = x . Si ha q xq = f (1) > 0 altrimenti quando q è pari non avremmo soluzione. possiamo ricavare x = f ( 1q ) in funzione di f (1) ponendo ! p 1 1 q f = ( f (1)) q ⌘ f (1) . q Pertanto Si noti che nel caso q pari si prende la soluzione > 0. In questo modo il segno e’ lo stesso del caso dispari e mandando q all’infinito si otterrà (come vedremo) che sia sui q pari che su quelli dispsri il limite e’ sempre lo stesso (uguale ad 1). Sia ora r > 0 un numero razionale qualsiasi: r= p , q p, q > 0 . Deve essere ! ! !!p ⇣p ⌘p p 1 1 1 1 1 q (4.3) f = f p· = f ( + + ... + ) = f = f (1) . q q q q q q | {z } p volte Se r < 0 si sfrutta il fatto che deve essere 1 = f (0) = f (r) f ( r). pn Osservazione 4.6. La definizione (4.3) è ben data.Infatti se r = qn con n numero naturale non nullo, è una diversa ”rappresentazione” p del numero reale r = q (p, q > 0), si ha f (r) = f ( p pn qn ) = ( a)pn . qn 4.1 Funzione esponenziale con esponente razionale Ma la relazione ( è equivalente a [( p qn p qn 108 pq a)pn = ( a)p pq a)pn ]qn = [( a)p ]qn , per la stretta monotonia della funzione xm con m 2 Z. Ma dalla (3) di Proposizione 4.3 e dalla definizione di radice n–esima si ottiene p p qn qn [( a)pn ]qn = [( a)qn ]pn = apn e pq pq [( a)p ]qn = [( a)q ]pn = apn . Osservazione 4.7. Nella definizione di esponenziale con esponente razionale l’ordine con cui si esegue l’elevamento a potenza e si estrae la radice non ha importanza. Infatti pq pq ( a)p = ap è equivalente a pq pq [( a)p ]q = ( ap )q . E tale uguaglianza è vera come si verifica usando la (3) di Proposizione 4.3. Osservazione 4.8. Con la stessa tecnica usata nelle due osservazioni precedenti si dimostra che la Proposizione 4.3 vale anche in Q. Osservazione 4.9. Dalla definizione segue subito che ar > 0, 8r 2 Q. Inoltre abbiamo Infatti sia a > 1 ) (ar > 1 , r > 0). p > 0. q Possiamo supporre p , q > 0 , ossia p , q 2 N \ {0} . Abbiamo pq ar = ( a)p r= 4.1 Funzione esponenziale con esponente razionale 109 con a > 1. Osserviamo che a>1 infatti pq a>1 pq ) a > 1; a > 1q = 1 . , Ma per ogni b > 1, bp > 1p = 1 e questo vale in particolare se p b = q a. Invece se r < 0, prendendo q > 0 e p < 0 si dimostra in modo p simile che ( q a)p < 1 Proposizione 4.10. Se a > 1 , allora la funzione f (x) = ax è strettamente crescente in Q, cioè x1 < x2 , x1 , x2 2 Q ) ax1 < ax2 . Dimostrazione. La tesi equivale a x2 a Ma 1 ax1 x1 a >0 x1 a , ✓ ax2 ax1 ◆ 1 > 0. = a x1 per ogni x1 2 Q, quindi ✓ x2 ◆ a ax1 x 1 = ax1 (ax2 · a x1 1) = ax1 (ax2 a1 , da cui la tesi. ax2 x1 x1 1) > 0 > 1, ⇤ Consideriamo f (x) = ax , con a > 0 . Cosa succede se x 2 R \ Q ? p Esempio 4.11. Sia ad esempio x = 2 . Mi è capitato tante volte di sentirmi dire dagli studenti che a p 2 = a · a · ... · a , | {z } p 2volte cosa che ovviamente è PAZZESCA. Si utilizzerà il fatto che ogni numero reale può essere approssimato con una ”successione” di numeri razionali. Sia xn una successione 4.1 Funzione esponenziale con esponente razionale 110 di numeri razionali che ”approssima” x numero reale. Tra breve studieremo il comportamento di axn per arrivare a definire ax su ogni numero reale. Sia a > 1 . Il grafico della funzione f (x) = ax è in figura 1. Figura 1 Sia 0 < a < 1 . Si ha 0<a<1 ) a 1 > 1. Quindi, (a 1 )x = a x è un caso simile al precedente. Se si cambia il segno della x , il grafico è simmetrico rispetto all’asse x . 4.1.1. La funzione potenza con esponente razionale. La funzione f (x) = xn , x 2 R, n 2 N é continua grazie al teorema sul prodotto di funzioni continue. Proposizione 4.12. Sia n 2 N, n continua in ogni x0 0. 1 2. La funzione f (x) = x n é Dimostrazione. La dimostrazione segue direttamente dal teorema di continuitá della funzione inversa. Ma la proposizione può essere dimostrata direttamente nel seguente modo. Sia x0 = 0. In questo caso dobbiamo verificare che 8✏ > 0, 9 > 0 : 0 x < 1 ) x n < ✏ , x < ✏n . 111 4.1 Funzione esponenziale con esponente razionale Ma allora basta prendere = ✏n . Sia ora x0 > 0. Dobbiamo stimare x 1 n 1 n 1 n x0 = x0 ⇣ x n1 ⌘ 1⇣ x 1 1 = x0n ( ) n x0 1 x0n ⌘ 1. Quindi basta verificare la continuitá in x0 = 1, ossia 8✏ > 0 (✏ < 1), 9 > 0 : |x 1 Ma scegliendo 0 < ✏ < 1, |x n (1 Poiché (1 1 1| < 1| < ✏. ) |x n 1| < ✏ é equivalente a ✏)n < x < (1 + ✏)n . ✏)n < 1 < (1 + ✏)n si deduce l’esistenza di (1 ✏)n < 1 > 0 tale che < 1 + < (1 + ✏)n e si ottiene la tesi. ⇤ Osservazione 4.13. Dalla Proposizione precedente e dalla conp tinuitá della funzione composta segue che f (x) = x q con p 2 N e q 2 N \ {0} risulta continua per ogni x 0. Se invece p 2 Z \ N si ha p la continuitá per ogni x > 0 perché x q = 1p . x q 4.1.2. La funzione esponenziale con esponente reale. Sia a > 1 e x 2 R \ Q . Definiamo ax nel seguente modo: sia , xn 2 Q 8n 2 N : xn ! x 2 R. Si pone de f ax = lim axn . n!+1 Naturalmente rivestono particolare importanza le seguenti questioni: • l’esistenza del limite lim axn ; n!+1 • la correttezza della definizione, ossia la non dipendenza del suddetto limite dalla successione xn scelta. A questo proposito vogliamo dimostrare che: (1) se xn ! x esiste finito il limite lim axn ; x!+1 (2) se yn è una diversa successione tale che yn ! x , allora lim axn a yn = 0 . n!+1 Dimostriamo tali proprietà. 4.1 Funzione esponenziale con esponente razionale 112 (1) Sappiamo che se a > 1 la funzione esponenziale ax con x 2 Q è strettamente crescente, cioè x1 < x2 ax1 < ax2 . ) Quindi, dalla Proposizione 3.34, prendendo x0 2 D \ D , con D ⌘ Q , si ha che 9 lim ax = l+ , x!x+ 0 x2Q 9 lim ax = l , x!x l+ , l 2 R , l l+ . 0 x2Q Dimostriamo che l = l+ . Siano yn ! x0 , xn ! x+0 ; xn , yn 2 Q 8n. A causa della monotonia della funzione esponenziale in Q si ha che a yn ! l , axn ! l+ . Si deve quindi dimostrare che axn a yn = a yn (axn yn 1) ! 0 . Ma ciò è equivalente a provare che axn yn ! 1 , poiché a yn converge al numero reale l+ e quindi risulta limitata. Si osservi che per n ! +1 si ha che yn xn ! 0 . Possiamo quindi considerare la successione rn = yn xn 2 Q 8n che é infinitesima. Basta allora dimostrare che arn ! 1 per ogni successione infinitesiam rn 2 Q per ogni n. Ma grazie alla Proposizione 3.34 basterà dimostrare che preso xn = n1 e yn = n1 si ha (4.4) 1 lim a n = 1 , lim a n!+1 n!+1 1 n = 1. Da notare che se dimostriamo la (4.4) abbiamo anche che comunque si scelgano due successioni razionali xn ed yn convergenti ad x0 si verifica che axn a yn ! 0 , ossia l’a↵ermazione (2). Ora, poiché a 1 n = 1 1 an , 4.1 Funzione esponenziale con esponente razionale 113 è sufficiente dimostrare che 1 a n ! 1 se n ! +1. La nostra tesi è dunque la seguente: 8✏ > 0 1 |a n 1| < ✏ è definitivamente vera , ossia 8✏ > 0 1 1 ✏ < a n < 1 + ✏ è definitivamente vera . Naturalmente sará sufficiente considerare il caso in cui ✏ 2 ] 0; 1 [. Ma (1 ✏)n < a < (1 + ✏)n definitivamente vera, perché a > 1 , mentre (1 ✏)n ! 0 e (1 + ✏)n ! +1. Osservazione 4.14. Siano x1 , x2 2 R tali che x1 < x2 , e siano xn 2 Q tale che xn ! x+1 , e yn 2 Q tale che yn ! x2 . Siano ↵, 2 Q tali che x1 < ↵ < < x2 . Si ha x1 xn < ↵ < < yn x2 definitivamente vera , Quindi, dalla stretta crescenza della funzione esponenziale con esponente razionale si ha axn < a↵ < a < a yn definitivamente vera e passando al limite si ottiene ax1 a↵ < a ax2 . Di conseguenza l’esponenziale con base > 1 è strettamente crescente. Dunque anche per dimostrare la continuitá della funzione esponenziale ci si puó ricondurre a dimostrare la (4.4) (però occorre sapere che ax+y = ax a y per ogni x, y 2 R. Osservazione 4.15. Per quanto riguarda il limite all’infinito della funzione ax esponenziale con a > 1, sappiamo che esiste a causa della monotonia. Per calcolarlo è sufficiente scegliere una particolare 4.1 Funzione esponenziale con esponente razionale 114 successione xn ! +1 . Ad esempio, scegliendo xn = n , essendo a > 1 si ha an ! +1 . Quindi lim ax = +1 . x!+1 Di conseguenza, si ha che lim ax = 0 . x! 1 Infatti, applicando nel limite precedente la sostituzione y = x , si ha 1 = 0. y!+1 a y lim ax = lim x! 1 Osservazione 4.16. Le considerazioni fatte finora relativamente alla funzione esponenziale con base a > 1 , vangono anche nel caso 0 < a < 1 , osservando che ✓ ◆ x 1 x a = a e che b= 1 > 1. a Osservazione 4.17. Passando al limite quando xn ! x e yn ! y, nelle rispettive proprietá che valgono per i razionali si ottiene (per a, b > 0) • ax+y = ax a y 8x, y 2 R, • (ab)x = ax bx 8x, y 2 R. Invece, per ogni fissato a > 0, la proprietá (4.5) (ax ) y = axy 8x, y 2 R, é un pó meno immediata. Per dimostrarla fissiamo y 2 Q ed x 2 R e consideriamo xn ⇢ Q tale che xn ! x. Come abbiamo visto nel caso di esponenti razionali, si ha (axn ) y = axn y . Poiché la funzione f (z) = z y é continua e axn ! ax si ottiene, passando al limite, (ax ) y = axy 8x 2 R, 8y 2 Q. 4.1 Funzione esponenziale con esponente razionale 115 Siano ora x, y 2 R e sia yn una successione di razionali convergente ad y. Poiché (ax ) yn = axyn passando al limite si ottiene la proprietá voluta. Osservazione 4.18. POichè la proprietà ax+y = ax a y vale per ogni x, y 2 R nello stesso modo in cui si studia axn con xn successione razionale, si ottiene che lim ax = ax0 , x!x0 ossia la continuitá di ax in R. Osservazione 4.19. Osserviamo poi che dalla monotonia sui razionali, segue anche che ax > 0 per ogni x reale. E’ molto importante, come vedremo, il seguente risultato: Teorema 4.20. Sia an una successione positivamente divergente . Allora ✓ ◆ 1 an lim 1 + = e. n!+1 an Per dimostrare il teorema dobbiamo introdurre la nozione di parte intera di un numero reale. Definizione 4.21. Sia x un numero reale. Si definisce parte intera di x, e si indica con [x] , il più grande intero minore di x , cioè [x] ⌘ max{n 2 Z : n x} , che é ben definito come si deduce dalla Proposizione ??. Useremo anche il seguente lemma che dimostreremo tra breve. Lemma 4.22. Sia an una successione divergente a +1 e sia f : [a, +1[ ! R una funzione tale che lim f (m) = l 2 R [ {±1} . Allora f ([an ]) ! l. m!+1 Dimostrazione (Teorema 4.20). Per ipotesi an è positivamente divergente, quindi an > 1 definitivamente. Inoltre, essendo [an ] an [an ] + 1 , abbiamo che ![an ]+1 ✓ ◆ ✓ ◆ 1 an 1 [an ]+1 1 1+ 1+ 1+ an an [an ] 116 4.1 Funzione esponenziale con esponente razionale e 1 1+ [an ] + 1 cioè (4.6) 1 1+ [an ] + 1 ![an ] ![an ] ✓ 1 1+ an ✓ 1 1+ an ◆[an ] ◆an ✓ 1 1+ an 1 1+ [an ] ◆an , ![an ]+1 . Ora (4.7) (4.8) ✓ ◆ 1 n 1+ !e n+1 ✓ ◆ 1 n+1 1+ !e n essendo rispettivamente ✓ ◆ ✓ ◆ 1 n 1 n+1 1 ⌘ !e (4.9) 1+ = 1+ ·⇣ 1 n+1 n+1 1 + n+1 ✓ ◆ ✓ ◆✓ ◆ 1 n+1 1 1 n (4.10) 1+ = 1+ 1+ ! e. n n n Quindi per il Lemma 4.22 ed il Teorema del confronto si ottiene la tesi. ⇤ Dimostrazione (Lemma 4.22). Per ipotesi, sappiamo che 8M > 0 , 9nM : n nM ) an > M e 8✏ > 0 , 9m✏ : m m✏ ) | f (m) l| < ✏ . Inoltre, si osservi che se an > M , allora [an ] > M 1 > m✏ , purché si scelga M > m✏ + 1 . Quindi, fissato ✏ > 0 , e preso il corrispondente m✏ , sia M > 0 tale che M > m✏ + 1 ; si ha che [an ] > m✏ , quindi | f ([an ]) l| ✏ , ossia f ([an ]) ! l . ⇤ Osservazione 4.23. Consideriamo la funzione esponenziale f (x) = ax , con a > 1 . Fissato y > 0 si ha che 9 [a, b] : f (a) < y < f (b) . 117 4.3 La funzione logaritmica Figura 2 Dunque f : R ! R+ é surgettiva per il teorema dei valori intermedi. Poiché f é strettamente crescente é anche iniettiva. 4.2. Esercizi Esercizio 1. Calcolare, se esistono, i seguenti limiti di successioni: 1. lim n!+1 2n+1 4n 1 2n+1 + 1 n!+1 3n + 1 2. lim 3n n2 + n 3. lim n!+1 n2 n+2 !n n2 + n 4. lim n!+1 n2 + n + 1 !n2 4.3. La funzione logaritmica La funzione esponenizale f (x) = ax , f : R ! R+ con a > 0 e a , 1 è una funzione biunivoca, quindi invertibile. La funzione inversa viene chiamata funzione logaritmica in base a e si indica con loga : R+ ! R Per definizione, il loga x è l’unico y tale che a y = x . In altre parole, il logaritmo in base a di x è l’esponente da attribuire alla base a per ottenere l’argomento x . 4.3 La funzione logaritmica 118 Il grafico della funzione logaritmica si ottiene da quello della funzione esponenziale, osservando che, dato il grafico di una funzione invertibile, il grafico della funzione inversa si ottiene scambiando l’asse x con l’asse y (vedi figura 3 e 4. Figura 3 Figura 4 Di seguito, vengono riportate alcune proprietà della funzione logaritmica (definita per ogni base , 1). Esse sono conseguenza delle proprietà della funzione esponenziale. Cominciamo dalla 4.3 La funzione logaritmica 119 Proprietà 4.24. aloga x = x 8x 2 R+ , che è una immediata conseguenza del fatto che il logaritmo in base a è la funzione inverse della funzione esponenziale di base a. Proprietà 4.25. loga xy = loga x + loga y . cioè il logaritmo trasforma un prodotto in una somma (mentre l’esponenziale trasforma somme in prodotti: ax+y = ax · a y ). Dimostrazione. Dimostrare la proprietà è equivalente a verificare aloga xy = aloga x+loga y ma aloga xy = xy e aloga x+loga y = aloga x · aloga y = xy . Proprietà 4.26. loga 1 = x ⇤ loga x . Dimostrazione. Dimostriamo la proprietà equivalente loga 1 + loga x = 0 ; x che segue dal fatto che ✓ ◆ 1 1 loga + loga x = loga · x = loga 1 = 0. x x ⇤ Come conseguenza delle due proprietà precedenti, segue la Proprietà 4.27. loga Inoltre abbiamo x = loga x y loga y . 120 4.3 La funzione logaritmica Proprietà 4.28. loga x↵ = ↵ loga x . Dimostrazione. Dimostriamo che ↵ aloga x = a↵ loga x ma quest’ultima equivalenza e vera se e solo se x↵ = (aloga x )↵ x↵ = x↵ , e ciò conclude la dimostrazione. ⇤ Proprietà 4.29. loga x = 1 = logx a log 1 x . a Dimostrazione. Dimostriamo prima che loga x = 1 . logx a Ciò equivale a loga x · logx a = 1 aloga x·logx a = a ⇣ ⌘logx a aloga x =a , , xlogx a = a , a = a. , Dimostriamo poi che 1 = logx a log 1 x . a Ciò equivale a (logx a)(log 1 x) = 1 a , , , , ✓ ◆log 1 x !logx a ✓ ◆ 1 1 a = a a 1 xlogx a = a a = a. ⇤ 121 4.3 La funzione logaritmica Proprietà 4.30. loga b = loga c · logc b . Dimostrazione. Si ha che loga b = loga c · logc b aloga b = aloga c·logc b ⇣ ⌘logc b b = aloga c , , b = clogc b , b = b. , ⇤ 4.3.1. Continuità della funzione logaritmo. La continuità del logaritmo viene dal teorema di continuità della funzione inversa. 1 Comunque, come nel caso di x n è istruttivo dare anche una verifica diretta. A questo proposito fissiamo x0 > 0 e facciamo vedere che xn ! x0 ) loga xn ! loga x0 . Osservando che per le proprietà dei logaritmi si ha ✓ ◆ xn loga xn ! loga x0 , loga xn loga x0 = log ! 0, x0 e che xn ! 1, x0 dobbiamo dimostrare che yn ! 1 ) loga yn ! 0 . Dalla definizione, sappiamo che ciò equivale ad a↵ermare che Ma 8✏ > 0 la proprietà | loga yn | < ✏ d.v. , | loga yn | < ✏ è definitivamente vera. ✏ < loga yn < ✏ d.v. , a ✏ < yn < a✏ d.v. e quest’ultima proprietà è vera definitivamente in quanto a ✏ < 1, a✏ > 1 e yn ! 1 . 122 4.4 Esercizi Esiste quindi un > 0 tale che (vedi figura 5) ✏ a < 1 < 1 + < a✏ . <1 Figura 5 4.4. Esercizi Esercizio 1. Calcolare se esistono i seguenti limiti: log2 n 1. lim n!+1 n 2. lim 3. lim n 4. lim n log n n!+1 (n + 1)(n + 2) log n n!+1 (n2 + 1) log n n!+1 n3 Esercizio 2. Calcolare log(n!) . n!1 n Esercizio 3. Calcolare, se esistono, i seguenti limiti di funzioni: ✓ ◆ log 2x 1 1. lim x log 1 2. lim+ x!+1 x!0 log 3x x lim 3. lim log x!+1 5. lim+ x!0 p x+1 x log(x + x2 ) log x log(1 + 4. lim+ p x!1 x p x 1 log(x + x2 ) x!+1 log x 6. lim 1) 123 4.4 Esercizi 4.4.1. La funzione elevamento a potenza. La funzione di elevamento a potenza reale è continua. Infatti, sia (4.11) Si ha che f : R+ \ {0} ! R , f (x) = x↵ , ↵ 2 R, a > 1. ↵ f (x) = x↵ = aloga x = a↵ loga x (4.12) e tale funzione è continua in quanto composizione di funzioni continue (Teorema 3.7). Osservazione 4.31. Da notare che dalla (4.12) si individuano tutte le forme indeterminate di potenze, per esempio la forma 11 . Relativamente al comportamento di x↵ analizziamo i diversi casi a seconda dell’esponente ↵. (1) Se ↵ > 0 , si ha che ↵ · loga x è strettamente crescente, quindi anche x↵ lo è. Inoltre lim ↵ · loga x = 0 lim x↵ = +1 , ) x!+1 x!+1 lim x↵ = 0 . lim ↵ · loga x = 1 ) x!0+ lim ↵ · loga x = 1 ) x!+1 x!0+ (2) Se ↵ = 0 allora x↵ ⌘ 0 . (3) Se ↵ < 0 , si ha che ↵ · loga x è strettamente decrescente, quindi anche x↵ lo è. Inoltre x!+1 lim+ ↵ · loga x = +1 ) x!0 lim x↵ = 0 , lim+ x↵ = +1 . x!0 Si noti che il caso ↵ < 0 si puó ricondurre al caso con esponente positivo ricordando che x↵ = x1↵ . Osservazione 4.32. Osserviamo poi che se an ! a , an > 0 8n , a > 0 e bn ! b , allora abnn ! ab . Infatti: bn abnn = 2log2 an = 2bn log2 an e osservando che cn = bn log2 an ! b log2 a = c e 2cn ! 2c 124 4.4 Esercizi si ha che abnn ! 2b log2 a = ab . 4.4.2. Alcuni limiti notevoli. Utilizzando il Teorema 4.20 si ottiene il limite notevole ✓ ◆ 1 x lim 1 + = e. x!+1 x Grazie a questo risultato si possono ”risolvere” alcune importanti forme indeterminate. Esempio 4.33. ! y ! y !y ✓ ◆ y 1 y 1 1 lim 1 + = lim 1 = lim = lim y!+1 x! 1 y!+1 y!+1 y x y y 1 y= x ✓ ◆ ✓ ◆ ✓ ◆ 1 + z (1+z) 1 1 z = lim = lim 1 + · 1+ = 1 · e = e. z!+1 z!+1 z z z z=y 1 Esempio 4.34. Calcoliamo ora il seguente limite lim ax 1 x x!0 . Aapplicando la sostituzione ax 1=y x = loga (1 + y) ) il limite diventa lim y!0 y = lim loga (1 + y) y!0 Ora lim+ y!0 1 loga (1+y) y = lim y!0 1 . loga (1 + y)1/y 1 1 1 = lim = z 1/y 1 z!+1 loga e loga (1 + y) loga (1 + z ) z= 1 y e lim y!0 1 1 1 = lim . z = 1/y 1 z! 1 loga e loga (1 + y) 1 loga (1 + z ) z= y Quindi possiamo concludere che lim x!0 ax 1 x = 1 = log a . loga e 4.5 Gerarchie di infiniti 125 Come caso particolare (a = e), si ha lim ex 1 x x!0 = 1, . Abbiamo inoltre dimostrato che loga (1 + x) lim = loga e . x!0 x 4.5. Gerarchie di infiniti Dimostriamo che ax = +1 , con a > 1 , ↵ > 0 . x!+1 x↵ Osserviamo innanzitutto che valgono le seguenti disuguaglianze lim ax a[x] e Quindi si ha x↵ ([x] + 1)[↵]+1 . ax a[x] . x↵ ([x] + 1)[↵]+1 Quindi per il nostro scopo, sarà sufficiente dimostrare che, ponendo p = [↵] + 1 si ha a[an ] lim = +1 . n!+1 ([an ] + 1)p Ma questo si ottiene provando che bn = an ! +1 . (n + 1)p D’altra parte ✓ ◆ (n + 1)p bn+1 an+1 n+1 p = · =a . bn (n + 2)p an n+2 Allora, poiché ✓ n+1 lim n!+1 n + 2 ◆p =1 126 4.5 Gerarchie di infiniti e a > 1 per ipotesi, si ha bn+1 ! a > 1. bn Di conseguenza, applicando il Criterio del rapporto, segue che bn ! +1 . Ricordiamo che nn = +1 , n!+1 an (4.13) Infatti se bn = lim nn , an con a > 1 . osserviamo che ✓ ◆ ✓ ◆ (n + 1) n + 1 n 1 bn+1 (n + 1)n+1 an 1 n = · = = · 1 + · (n + 1) bn nn a n a n an+1 da cui bn+1 ! +1 , bn pertanto applicando il Criterio del rapporto si ottiene la (4.13). Analogamente si dmostra che an = 0, n!+1 n! lim osservando che, posto bn = an n! = 0, bn+1 a · an n! a = · n = bn (n + 1)n! a n+1 n!+1 ! 0. Inoltre si ha anche nn = +1, n!+1 n! n per il fatto che, posto bn = nn! , si ha ✓ ◆ ✓ ◆ bn+1 (n + 1)n (n + 1) n! n+1 n 1 n = · n = = 1+ = e > 1. bn (n + 1)n! n n n lim Sulla base dei risultati ottenuti, si può stabilire la seguente gerarchia di infiniti: an << n! << nn . Verifichiamo ora che (loga x)↵ lim = 0, x!+1 x ↵ > 0, > 0, a > 1. 127 4.5 Gerarchie di infiniti Infatti con il cambio di variabile loga x = y , da cui x = a y , il limite sopra diventa (4.14) lim y↵ y!+1 = lim (a y ) y!+1 y↵ (a ) y = 0. essendo a > 1 . Il risultato (4.5) può essere utilizzato per calolare una altro limite di una certa importanza. A questo scopo usiamo il seguente cambio di variabile y = 1x , da cui ✓ ◆ 1 1 1 loga = loga y = =y . y x x Allora da (4.5) si ottiene lim( loga y)↵ · y = 0 , y!0 da cui, se a = e e =1 lim y · (log y)↵ = 0 . y!+1 Riassumendo, possiamo a↵ermare che sussiste la seguente gerarchia di infiniti (loga x)↵ << x << ax . Esercizio 4.35. Consideriamo la funzione f (x) = log x . Sappiamo che lim f (x) = +1 . x!+1 Ci chiediamo se esiste un asistonto obliquo per la funzione, cioè se esistono due numeri reali m, q tali che lim ( f (x) x!+1 (mx + q)) = 0 . Ma osserviamo che m = lim x!+1 log x f (x) = lim =0 x!+1 x x e q = lim f (x) x!+1 mx = lim log x = +1 . x!+1 Di conseguenza possiamo concludere che la funzione logaritmica non ammette asintoto obliquo. CAPITOLO 5 Funzioni trigonometriche In questo capitolo trattiamo le funzioni trigonometriche, delle quali vengono presentate le principali proprietà, dopo aver discusso sulla definizione di seno e coseno. 5.1. Definizione di seno e coseno Figura 1 Sia P✓ un punto sulla circonferenza ”goniometrica” {x2 + y2 = 1} (vedi figura 1 con raggio r qualunque). La misura dell’angolo AÔP✓ _ è per definizione la lunghezza del settore circolare AP✓ percorso in senso antiorario. Se invece si percorre l’arco in senso orario la misura dell’angolo ha il segno opposto. _ l(AP✓ ) = misura dell’angolo AÔP✓ 128 129 5.2 Lunghezza di una curva 2⇡ = lunghezza dell’intera circonferenza ⇡ = lunghezza della semicirconferenza _ Sia x 2 [0, 2⇡[ , e Px tale che l(A P x ) = x. Definizione 5.1. Si dice seno dell’angolo x l’ordinata del punto Px associato a x nella circonferenza goniometrica. Definizione 5.2. Si dice coseno dell’angolo x l’ascissa del punto Px associato a x nella circonferenza goniometrica. Nota 5.3. Per poter rendere rigorosa queste definizioni dovremmo prima di tutto rendere rigoroso il concetto di lunghezza di una curva. Inoltre dato x 2 [0, 2⇡[ dovremo far vedere che esiste un unico _ Px 2 {x2 + y2 = 1} sulla circonferenza goniometrica tale che l(APx ) = x _ con il settore APx percorso in senso antiorario. 5.2. Lunghezza di una curva Consideriamo una curva continua : [a, b] ! R2 (t) = ( 1 (t), 2 (t)) , cioè con ascissa e ordinata continua. Figura 2 Si consideri l’insieme P = {a = t0 < t1 < ... < tk 1 < tk = b} 130 5.2 Lunghezza di una curva che é detto partizione dell’intervallo [a, b] , e per ogni i = 1, . . . , k consideriamo i segmenti si (t) = ti t ti ti 1 (ti 1 ) + t ti con t 2 [ti 1 , ti ]. Definiamo la ”poligonale” ponendo P (t) ti ti P 1 1 (ti ) in [a, b] (vedi figura 2) = si (t), 8t 2 [ti 1 , ti ]. Al variare di t in [a, b] P (t) descrive una curva continua (cioè con ascissa ed ordinata continue) ”costituita” dai segmenti si (t). La lunghezza di P (che sarà indicata con l( P )) sarà ovviamente la somma delle lunghezze dei segmenti si ossia P) l( = k X i=1 || (ti ) (ti 1 )|| , dove, in generale, se v q = (v1 , v2 ) 2 R2 la notazione ||v|| denota il modulo di v , cioé ||v|| = v21 + v22 . Indichiamo ora con Pn la partizione dell’intervallo [a, b] fatto di intervalli di ampiezza uguale a b n a . Vale il seguente teorema: Teorema 5.4. Sia lim l( n!+1 : [a, b] ! R2 una curva. Allora Pn ) = sup{l( P) : P partizione di [a, b]} Tale valore si chiama lunghezza di e si indica con l( ). Questo risultato ha il pregio di rendere più intuitiva la definizione di lunghezza di una curva, ma non e’ necessario per la trattazione delle funzioni trigonometriche. La dimostrazione la daremo dopo l’introduzione dell’integrale di Riemann. Definizione 5.5. Se l( ) < +1 si dice che la curva é rettificabile. Osservazione 5.6. E’ fondamentale osservare che se infittiamo la partizione, ossia aggiungiamo un punto ad una partizione assegnata, la lunghezza della poligonale cresce a causa della disuguaglianza triangolare nel piano euclideo. 5.3 Alcune proprietà delle funzioni trigonometriche 131 E’ anche importante osservare, e la dimostrazione e’ banale, che la lunghezza di una curva non cambia se ad essa applichiamo una trasformazione biunivoca che conserva le distanze. Un’altra proprietà fondamentale della lunghezza di una curva è l’additività della lunghezza rispetto agli intervalli: Teorema 5.7. Sia : [a, b] ! R2 una curva e sia c 2]a, b[. Allora l( |[a,b] ) = l( |[a,c] ) + l( |[c,b] ) ove f|A indica la restrizione della funzione f all’insieme A. Dimostrazione. Ovviamente ci possiamo limitare a coniderare il caso in cui è rettificabile in [a, b]. Poniamo L = l( |[a,b] ), L1 = l( |[a,c] ), L2 = l( |[c,b] ). Consideriamo tutte le partizioni di [a, b] che includono il punto c. Ogni corrispondente poligonale ha lunghezza L1 + L2 e passando al sup si ottiene L L1 + L2 . Per la disuguaglianza opposta fissiamo ✏ > 0. Prendiamo una poligonale definita in [a, c] tale che la sua lunghezza 1 verifichi L1 ✏ < 1 ed una poligonale definita in [c, b] con lunghezza 2 tale che L2 ✏ < 2 . Si ottiene dunque un poligonale definita in [a, b] con lunghezza 1 + 2 > L1 + L2 2✏. Ma passando al sup si ha L > L1 + L2 2✏ e dall’arbitrarietà di ✏ si ottiene la tesi. ⇤ 5.3. Alcune proprietà delle funzioni trigonometriche Prima di rendere rigorose le definizioni di seno e coseno mettiamo in evidenza alcune proprietà fondamntale delle funzioni trigonometriche, anche allo scopo di prendere dimestichezza con esse. • Identità fondamentale della trigonometria: sin2 x + cos2 x = 1 ; • le funzioni sin e cos si estendono per periodicità nel seguente modo: sin(x + 2k⇡) = sin(x) 8x 2 R , 8k 2 Z , cos(x + 2k⇡) = cos(x) 8x 2 R , 8k 2 Z ; 5.3 Alcune proprietà delle funzioni trigonometriche 132 • le funzioni seno e coseno sono limitate: | sin(x)| 1 8x 2 R , | cos(x)| 1 8x 2 R . Osservazione 5.8. Dalla figura 3 si vede che, indicando con AB la lunghezza del segmento [A.B] di estremi A e B, _ Px Px = 2 sin x , l( Px Px ) = 2x Figura 3 da cui si deduce (per la definizione di lunghezza di una curva) che ⇡ ⇡ , \ {0} . 2 2 Si ricordi che si adotta la seguente convenzione: quando x > 0 , l’angolo è misurato in senso antiorario, se invece x < 0 l’angolo è misurato in senso orario. | sin x| < x 8x 2 Proprietà 5.9. La funzione seno è dispari, sin( x) = sin x , 8x 2 R, mentre la funzione coseno è pari, cioè cos( x) = cos x , 8x 2 R. 5.3 Alcune proprietà delle funzioni trigonometriche 133 Figura 4 Figura 5 Nelle due figure 4 e 5 abbiamo i grafici qualitativi delle funzioni seno e della funzione coseno. Essi li possiamo ottenere osservando direttamente sulla circonferenza goniometrica come variano il seno ed il coseno mentre si percorre in senso antiorario. 5.4 La funzione tangente 134 5.4. La funzione tangente Adesso possiamo definire la funzione tangente di un angolo. Definizione 5.10. Sia x 2 [0, 2⇡[. Si definisce tangente di un angolo x , ⇡2 , x , 3⇡ la funzione 2 tan x = sin x . cos x In figura 6, la tangente dell’angolo ↵ è l’ordinata del punto T che coincide con la lunghezza del segmento [A, T]. Figura 6 Proprietà 5.11. La funzione tangente è periodica di periodo ⇡ , infatti ⇢ ⇡ tan(x + k⇡) = tan x 8x 2 R \ + k⇡ , k 2 Z . 2 Dimostrazione. Intanto osserviamo che per ogni k 2 Z, sin(x + k⇡) = sin x se k è pari, mentre sin(x + k⇡) = sin x se k è dispari. Analogamente cos(x + k⇡) = cos x se k è ipari, mentre cos(x + k⇡) = h ⇡ ⇡ cos x se k è dispari. Allora per ogni x 2 , . Si ha 2 2 tan(x + k⇡) = sin(x + k⇡) ; cos(x + k⇡) e quindi tan(x + k⇡) = tan x , come si verifica immediatamente distinguendo tra k pari e k dispari. ⇤ 135 5.4 La funzione tangente Prima di presentare la proprietà di monotonia stretta della tangente, ricordiamo una proprietà di carattere più generale: Lemma 5.12. Siano f , g : A ⇢ R ! R+ \{0} due funzioni strettamente crescenti. Allora f · g è strettamente crescente. Dimostrazione. Siano x1 < x2 2 A . Vogliamo dimostrare che f (x1 )g(x1 ) < f (x2 )g(x2 ) . f (x2 )g(x2 ) f (x1 )g(x1 ) = f (x2 )g(x2 ) f (x1 )g(x1 ) + f (x2 )g(x1 ) = f (x2 )(g(x2 ) f (x2 )g(x1 ) g(x1 )) + g(x1 )( f (x2 ) f (x1 )) , e quest’ultima espressione è positiva in quanto somma di quantità postive. Infatti f (x2 ) e g(x1 ) sono positive perché il codominio di entrambe le funzioni è R+ \ {0} ; g(x2 ) g(x1 ) e f (x2 ) f (x1 ) sono quantità positive per la stretta crescenza di f e di g . La tesi è quindi dimostrata. ⇤ Proprietài 5.13. hLa funzione tangente è strettamente crescente ⇡ ⇡ nell’intervallo , . 2 2 h h Dimostrazione. Nell’intervallo 0, ⇡2 la funzione seno è positiva e strettamente crescente, la funzione coseno è positiva ma strettamente decrescente. Quindi la funzione cos1 x è positiva e strettamente crescente. Pertanto, per la Proprietà 5.12, la funzione tangente, es1 sendo crescente h ilh prodotto delle funzioni sin x e cos x , è strettamente i ⇡ in 0, ⇡2 , e poichè è dispari, lo è anche nell’intervallo , 0] . ⇤ 2 Il grafico qualitativo della funzione tangente è allora quello nella figura 7: ⇡ Osservazione 5.14. Sia x 2 0, , come in figura 8 . 2 Sappiamo che OA = 1 , 136 5.4 La funzione tangente Figura 7 Figura 8 4 4 e, grazie alla similitudine dei triangoli Px 0 Hx e Tx 0 A, per ogni x 2]0, ⇡2 [ si ha: Hx Px OHx = ATx OA , da cui, come abbiamo già detto, tan x = sin x = ATx . cos x 137 5.4 La funzione tangente Inoltre, come ora vedremo (5.1) P1x P2x < Q1x Q2x , 8x 2]0, ⇡ [ 2 da cui si ricava x ATx = tan x per come si definisce la lunghezza di una curva. Dunque ⇡ x tan x 8x 2 0, . 2 Per verificare (5.1) si osservi che dalle figure 9 e 10 Figura 9 Figura 10 si deduce che basta utilizzare la proprietà che in ogni trapezio isoscele la diagonale ha lunghezza maggiore della base minore del trapezio. 5.4 La funzione tangente 138 Osservazione 5.15. La disuguaglianza x tan x per ogni x 2]0 ⇡2 [, in realtà e’ una disuguaglianza stretta. A tale scopo basta tracciare la bisettrice del’angolo AÔP in figura 11. Sia C il punto in cui essa taglia l’arco e sia M il punto in cui essa taglia la tangente alla circonferenza in A. Abbiamo che la lunghezza del’arco tra A e P è maggiorata da AM + PM. Ma la retta passante per P e per M è perpendicolare alla retta per O e per P a causa della uguaglianza dei due triangoli. Dunque PM < PT ove T è l’intersezione tra la semiretta per 0 e per P e la tangente in A e questo prova la disuguaglianza stretta. Figura 11 Osservazione 5.16. Grazie a seno e coseno possiamo esprimere la lunghezza dei cateti di un triangolo rettangolo in funzione dell’ipotenusa e degli angoli che essi fomano con l’ipotenusa. Per la similitudine dei triangoli indicati in figura 12 Figura 12 5.5 Definizione rigorosa di seno e coseno 139 AB = AC · cos ↵ BC = AC · sin ↵. Infatti se , se AC0 = 1, si ha BC AC = B0 C0 C0 A = sin ↵ . 1 5.5. Definizione rigorosa di seno e coseno Iniziamo con la seguente fondamentale Osservazione 5.17. La circonferenza unitaria è rettificabile. A tal fine, è sufficiente provare che l’insieme S+ = {↵2 + 2 =1:↵ 0, 0} è rettificabile (vedi figura 13). Figura 13 Ma questo segue delle stime nella osservazione 5.14, dalle quali si deduce che l(S+ ) 1 + 1 = 2. Questa osservazione ci permette di definire ⇡ come la lunghezza della semicirconferenza di raggio unitario. Si ha il seguente fondamentale 140 5.5 Definizione rigorosa di seno e coseno Teorema 5.18. Sia A = (1, 0). Per ogni y appartenente all’intervallo [0, 2⇡[ esiste ed è unico un punto B appartenente a S1 = {(↵, ) : ↵2 + 2 = _ _ 1} tale che l(AB) = y , dove l(AB) rappresenta l’arco di circonferenza tra A e B percorso in senso antiorario. Dimostrazione. Per dimostrare il teorema, grazie alla additività della lunghezza e’ sufficiente dimostrare che 8y 2]0, ⇡ [, 9 un unico B = (↵, ) : 2 ↵2 + 2 _ = 1 , ↵ > 0, b > 0, l(AB) = y . dove A = (1, 0) . Ora si osservi che possiamo indicare di punti della semicirconferenza unitaria che stanno nel primo quadrante nel seguente modo: p B(t) = (t, 1 t2 ) , t 2 [0, 1] . In questo modo B(0) = (0, 1) e B(1) = A. Allora poniamo s = 1 consideriamo p p B(s) = (1 s, 1 (1 s)2 ) = (1 s, 2s s2 ), s 2 [0, 1], te in modo da percorrere la semicirconferenza nel primo quadrante in senso antiorario al crescere del parametro s. Ci si riconduce a studiare quindi la funzione _ f (s) = lunghezza dell’arco AB(s) con s 2]0, 1[ . Tale funzione è strettamente crescente a causa delle additività della Figura 14 5.5 Definizione rigorosa di seno e coseno 141 lunghezza. Infatti, posto B2 = B(s2 ) e B1 = B(s1 ) (vedi figura 14)si ha (5.2) _ _ _ l(AB2 ) = l(AB1 ) + l(B1 B2 ) se s1 < s2 . e questo prova subito l’unicità. Dimostriamo adesso che f è continua. Per studiare il caso in cui B(s) si avvicina a B(s0 ) (vedi figura 15), si può pensare di far coincidere B(s0 ) con A tramite una rotazione. Allora per provare le continuità _ basterà dimostrare che l(AB(s)) ! 0 , se B(s) tende ad A, proprietà che si verifica solo quando s ! 0. Figura 15 Figura 16 A questo proposito osserviamo che (vedi figura 16) _ l(AB(s)) < AQ(s) 5.5 Definizione rigorosa di seno e coseno 142 dove Q(s) = intersezione tra la retta tangente alla circonferenza unitaria in A e la semiretta che congiunge l’origine O con il punto B(s) . La semiretta può essere descritta da { B(s) , 0} , mentre la tangente in A può essere rappresentata da {(1; µ) , µ > 0} . Poichè l’ascissa di B(s) è 1 s le due semirette si incontrano quando (1 s) = 1 dato che 1 è l’ascissa del punto A. Abbiamo p Q(s) = (1, 2s s2 ) , p perchè B(s) = ( (1 s), 2s s2 ). Ora la lunghezza di AQ(s) è l’ordinata di Q(s) . Ma 0 p 1 2C BB 1 2s s CC = , e Q(s) = B@B1, C, 1 s 1 s A dunque p 2s s2 . 1 s Pertanto la continuità di f (s) segue dal fatto che p 2s s2 lim+ = 0. s!0 1 s La dimostrazione della continuità di f mostra anche che AQ(s) = _ lim+ l(AB(s)) = 0. s!0 _ Inoltre l(AB(1)= ⇡2 , a causa della simmetria e della definizione di ⇡. Allora per il teorema degli zeri abbiamo l’esistenza e la dimostrazione è conclusa. ⇤ Osservazione 5.19. Per dimostrare tra breve le formule di addizione e sottrazione utilizzeremo la proprietà che archi di uguale lunghezza ”sottendono” corde di uguale lunghezza. Poichè la funzione f (s) è strettamente crescente, per verificare questa proprietà basta far vedere che la lunghezza del segmento AB(s) e’ strettamente 5.6 Formule di addizione e sottrazione e conseguenze 143 crescente nel primo e secondo pquadrante. Per esempio nel primo p quadrante essa e’ data da k( s, 2s s2 )k = 2s perchè A = (1, 0). 5.6. Formule di addizione e sottrazione e conseguenze Le cosidette formule di addizione e sottrazione (da cui si ricavano tutte le formule fondamentali della trigonometria) sono le seguenti: (5.3) cos(x + y) = cos x cos y sin x sin y (5.4) cos(x (5.5) sin(x + y) = sin x cos y + cos x sin y (5.6) sin(x y) = cos x cos y + sin x sin y y) = sin x cos y cos x sin y . Dimostrazione. Per la dimostrazione conviene prima di tutto dimostrare la formula (5.4). A tale proposito consideriamo Px = (cos x, sin x) P y = (cos y, sin y) Py x = (cos(y x), sin(y x)) A = (1, 0) come in figura 17. Figura 17 Si noti prima di tutto che la lunghezza del settore che congiunge A con P y x è la stessa del settore che congiunge Px con P y . Ma archi di 144 5.6 Formule di addizione e sottrazione e conseguenze uguale lunghezza hanno estremi su segmenti di uguale lunghezza, quindi AP y x = Px P y (AP y x )2 = (Px P y )2 . ) Utilizzando la relazione sin2 x + cos2 x = 1 , si ottiene (AP y x )2 = (cos(y = cos2 (y = 2 x) 1)2 + (sin(y x) + 1 2 cos(y 2 cos(y x))2 x) + sin2 (y x) x) e 2 Px P y = (cos x cos y)2 + (sin x = cos2 x + cos2 y = 2 2 cos x cos y sin y)2 2 cos x cos y + sin2 x + sin2 y 2 sin x sin y 2 sin x sin y , da cui la formula (5.4). • Dimostriamo la (5.3) . cos(x + y) = cos(x ( y)) = cos x cos( y) + sin x sin( y) = cos x cos y sin x sin y . • Per dimostrare la (5.5) , utilizziamo le seguenti proprietà (vedi figura 18): (5.7) (5.8) Si ha: ✓ ◆ ⇡ cos x + 2 ✓ ◆ ⇡ cos x = sin x + 2 sin x = 5.6 Formule di addizione e sottrazione e conseguenze 145 Figura 18 sin(x + y) = = = ✓ ◆ ✓ ✓ ◆◆ ⇡ ⇡ cos x + y + = cos x + y + 2 2 ✓ ◆ ✓ ◆ ⇡ ⇡ cos x cos y + sin x sin y + 2 2 ⇥ ⇤ cos x( sin y) sin x cos y = cos x sin y + sin x cos y . • Infine, dimostriamo la formula (5.6): sin(x y) = sin(x + ( y)) = sin x cos( y) + cos x sin( y) = sin x cos y cos x sin y . ⇤ 5.6.1. Formule di duplicazione. sin2 x (5.9) cos 2x = cos2 x (5.10) sin 2x = 2 sin x cos x . Siano cos ⇡ = a, 4 sin ⇡ = b. 4 146 5.6 Formule di addizione e sottrazione e conseguenze Applicando le formule di duplicazione, otteniamo: ⇡ = 2ab 2 ⇡ 0 = cos = a2 b2 . 2 Le condizioni sopra equivalgono al sistema ( 2ab = 1 a2 b2 = 0 . 1 = sin La seconda equazione conduce alla relazione a = ±b ; scegliamo a = b poiché siamo nel primo quadrante. Quindi, sostituendo nella prima equazione, otteniamo 2a2 = 1 , 1 a=b= p . 2 Pertanto abbiamo dimostrato che p ⇡ ⇡ 2 (5.11) sin = cos = 4 4 2 ⇡ (5.12) tan = 1 . 4 Determiniamo ora le formule per cos 3x e sin 3x usando quelle di addizione e di duplicazione: cos(3x) = cos(2x + x) = cos(2x) cos x = (cos2 x sin(2x) sin x sin2 x) cos x = cos3 x sin2 x cos x = cos3 x 3 sin2 x cos x ; 2 sin2 x cos x 2 sin2 x cos x sin(3x) = sin(2x + x) = sin(2x) cos x + cos(2x) sin x = 2 sin x cos2 x + (cos2 x sin2 x) sin x = 2 sin x cos2 x + cos2 x sin x = 3 sin x cos2 x sin3 x = 3 cos2 x sin x sin3 x . sin3 x 147 5.6 Formule di addizione e sottrazione e conseguenze Siano ⇡ =a 6 ⇡ sin = b . 6 cos Applicando le formule di triplicazione appena dimostrate, ottieniamo ⇡ ⇡ ⇡ 3x = ) cos 3x = cos = 0 , sin 3x = sin = 1 2 2 2 da cui il sistema ( a3 3ab2 = 0 3a2 b b3 = 1 . Poiché a , 0 , possiamo dividere per a e ottenere ( ( a2 = 3b2 a2 = 3b2 , , 3 · 3b2 · b b3 = 1 8b3 = 1 , Abbiamo cosı̀ ottenuto p ⇡ 3 cos = , 6 2 8 > > < > > : a= b= ⇡ 1 sin = , 6 2 ( a2 = 3b2 b = 12 p 3 2 1 . 2 p ⇡ 3 tan = . 6 3 Osserviamo ora che ⇡ ⇡ ⇡ = , 3 2 6 quindi aplicando le formule di addizione e sottrazione, segue che ✓ ◆ ✓ ◆ ✓ ◆ ⇡ ⇡ ⇡ ⇡ ⇡ ⇡ ⇡ 1 cos = cos = cos + = sin = sin = , 3 2 6 6 2 6 6 2 p ✓ ◆ ✓ ◆ ⇡ ⇡ ⇡ ⇡ ⇡ 3 sin = sin + = cos = cos = , 3 6 2 6 6 2 ⇡ p tan = 3 . 3 Quindi abbiamo provato che ⇡ 1 cos = , 3 2 p ⇡ 3 sin = , 3 2 tan ⇡ p = 3. 3 5.6 Formule di addizione e sottrazione e conseguenze Dimostriamo ora la seguente formula (5.13) tan(↵ + ) = tan ↵ + tan . 1 tan ↵ tan Anzitutto, si ha che sin(↵ + ) sin ↵ cos + cos ↵ sin = cos(↵ + ) cos ↵ cos sin ↵ sin 0 1 B C B 1 B sin ↵ cos + cos ↵ sin CCC = · BBB CC sin ↵ sin A cos ↵ cos @ 1 cos ↵ cos ! ! sin ↵ cos cos ↵ sin 1 = · + 1 tan ↵ tan cos ↵ cos cos ↵ cos tan ↵ + tan = . 1 tan ↵ tan tan(↵ + ) = Ricordando che la funzione tangente è dispari, si ottiene anche (5.14) tan(↵ ) = tan(↵ + ( Come caso particolare , se (5.15) )) = tan ↵ tan . 1 + tan ↵ tan = ↵ , si ottiene tan 2↵ = 2 tan ↵ ; 1 tan2 ↵ in quest’ultima, se 2↵ = , si ha tan = 2 tan 2 ⇣ ⌘, 1 tan2 2 da cui, ponendo tan 2 = t , si ottiene tan = 2t 1 t2 da cui 8 > > > > > > < > > > > > > : cos = 1 t2 1 + t2 sin = 2t . 1 + t2 Infatti si ha anche (5.16) cos 2↵ = 1 tan2 ↵ . 1 + tan2 ↵ 148 5.7 Forma trigonometrica (o polare) dei numeri complessi 149 dato che 2 cos 2↵ = cos ↵ cos2 ↵ sin2 ↵ sin ↵ = cos2 ↵ + sin2 ↵ ⇣ ⌘ sin2 ↵ cos2 ↵ 1 cos 2↵ ⇣ ⌘ = sin2 ↵ cos2 ↵ 1 + cos 2↵ 2 = 1 tan2 ↵ . 1 + tan2 ↵ Si noti che si ha anche (5.17) sin 2↵ = 2 tan ↵ . 1 + tan2 ↵ Infatti 2 sin ↵ cos ↵ sin 2↵ = 2 sin ↵ cos ↵ = sin2 ↵ + cos2 ↵ ⇣ ⌘ sin ↵ cos2 ↵ 2cos ↵ ⇣ 2 ⌘ = sin ↵ cos2 ↵ cos2 ↵ + 1 = 2 tan ↵ . 1 + tan2 ↵ 5.7. Forma trigonometrica (o polare) dei numeri complessi Un numero complesso z = (a, b) può essere rappresentato utilizzando le coordinate polari (⇢, #) nel seguente modo: z = ⇢(cos # + i sin #) dove ⇢ è il modulo di z ed è dato da p ⇢ = |z| = a2 + b2 , e # è l´argomento di z , che si ottiene dalle relazioni b = ⇢ sin # a = ⇢ cos # ovvero b = tan # , a 150 5.7 Forma trigonometrica (o polare) dei numeri complessi i h ⇡ ⇡ (vedi figura 19). La funzione tan : , ! R è biunivoca e la sua 2 2 inversa è la funzione arcotangente che indicheremo con arctan. Figura 19 Sia z , 0 . Allora z può essere scritto utlizzando le coordinate polari nel seguente modo z = ⇢(cos # + i sin #) dove ⇢= p a2 + b2 , cos # = p a a2 + b2 , sin # = p Esercizio 5.20. Scrivere il numero complesso p z= 3+i in forma trigonometrica. Osserviamo che r ⇣ p ⌘2 ⇢= 3 + 12 = 2 , e Quindi: 1 tan # = p 3 ) #= ⇡ ,. 6 ✓ ◆ ⇡ ⇡ z = 2 cos + i sin . 6 6 b a2 + b2 . 5.7 Forma trigonometrica (o polare) dei numeri complessi 151 Il prodotto di due numeri complessi z1 , z2 scritti in forma trigonometrica, cioé z1 = ⇢1 (cos #1 + i sin #1 ) z2 = ⇢2 (cos #2 + i sin #2 ) , si ottiene come segue (vedi figura 20): z1 · z2 = ⇢1 ⇢2 (cos #1 + i sin #1 )(cos #2 + i sin #2 ) = ⇢1 ⇢2 (cos #1 cos #2 sin #1 sin #2 +i(sin #1 cos #2 + cos #1 sin #2 )) = ⇢1 ⇢2 (cos(#1 + #2 ) + i sin(#1 + #2 )) . Se z1 = z2 = z = ⇢(cos # + i sin #) , allora z2 = ⇢2 (cos 2# + i sin 2#) . Figura 20 Siano ⇢1 = ⇢2 = 1 . Osserviamo che i = cos ⇡ ⇡ + i sin 2 2 e i · i = i2 = 1 . Dunque ruotando i di un angolo di ⇡ 2 si arriva in ( 1, 0)) . 5.7 Forma trigonometrica (o polare) dei numeri complessi 152 5.7.1. Formula di De Moivre. Grazie alle formula di addizione e sottrazione si ha zn = ⇢n (cos n# + i sin n#) . Dimostriamo la proprietà usando il principio di induzione. Osserviamo che p(2) è vera. Quindi facciamo vedere che p(n) ) p(n+1), cioè zn = ⇢n (cos 0#+i sin n#) zn+1 = ⇢n+1 (cos(n+1)#+i sin(n+1)#) . ) Per ipotesi induttiva si ha zn+1 = z · zn = ⇢n (cos n# + i sin n#)⇢(cos # + i sin #) . Resta da dimostrare che (cos n# + i sin n#)(cos # + i sin #) = cos(n + 1)# + i sin(n + 1)# . Ma poiché il prodotto si ottiene sommando gli angoli, si ottiene come angolo # + n# = (n + 1)# e la dimostrazione è conclusa. 5.7.2. Radice n-esima dell’unità. Sia z = ⇢(cos # + i sin #) . Allora zn = 1 se e solo se cos n# + i sin n# = 1 , ⇢=1e cos n# + i sin n# = 1 . Dunque abbiamo ( , e da ciò segue n# = 2k⇡ , cos n# = 1 sin n# = 0 , k 2 Z . Quindi #= 2k⇡ . n 153 5.7 Forma trigonometrica (o polare) dei numeri complessi Se k = 0, se k = 1, se k = 2, se k=n se k = n, #=0 2⇡ #= n 4⇡ #= n 1, #= 2(n 1)⇡ n # = 2⇡ cioè per k = n abbiamo fatto un giro completo. Quindi tutte le soluzioni dell’equazione zn = 1 sono ( ) 2k⇡ 2k⇡ cos + i sin , k = 0, ..., n 1 . n n Consideriamo ora un’equazione del tipo zn = ! con ! = r(cos ' + i sin ') , ' 2 [0, 2⇡[ . Quindi, se esprimiamo z come z = r(cos # + i sin #) , l’equazione diventa ⇢n (cos n# + i sin n#) = r( cos ' + i sin ') , da cui ⇢n = r ) n# = ' + 2k⇡ ⇢= p n r ) #= ' 2k⇡ + . n n Quindi le soluzioni sono ( " ! !# p ' 2k⇡ ' 2k⇡ n r cos + + i sin + : k = 0, ..., n n n n n ) 1 . Esercizio 5.21. Risolviamo l’equazione z5 = 1 + i . L’equazione è della forma vista sopra con n = 5 e ! = 1+i . Scriviamo ! in forma trigonometrica. Si ha che p |!| = 2 , 154 5.8 Continuità delle funzioni seno e coseno quindi ◆ p ✓ ⇡ ⇡ ! = 2 cos + i sin . 4 4 Pertanto le soluzioni dell’equazione sono ( ! ! ) p ⇡ 2k⇡ ⇡ 2k⇡ 10 2 cos + + i sin + : k = 0, 1, 2, 3, 4 . 20 5 20 5 5.8. Continuità delle funzioni seno e coseno Osserviamo preliminarmente che essendo seno e coseno legate dalla relazione ✓ ◆ ⇡ cos(x) = sin x + 2 sarà sufficiente dimostrare la continuità della funzione seno. Procediamo dunque in tal senso. La nostra tesi è la seguente: xn ! x0 ) sin(xn ) ! sin(x0 ) . Stimiamo quindi la di↵erenza sin(xn ) sin(x0 ) . Posto ✏n = xn x0 , l’ipotesi xn ! x0 è equivalente a ✏n ! 0 . Di conseguenza il nostro obiettivo è dimostrare che ✏n ! 0 ) sin(x0 + ✏n ) sin(x0 ) ! 0 . ovvero (5.18) ✏n ! 0 sin(x0 ) cos(✏n ) + cos(x0 ) sin(✏n ) ) sin(x0 ) ! 0 . Facciamo vedere che cos(✏n ) ! 1 , sin(✏n ) ! 0 . da cui segue immediatamente la (5.18). In realtà si ha che cos(✏n ) > 0 è definitivamente vera, quindi q cos(✏n ) = 1 sin2 (✏n ) . La tesi diventa perciò ✏n ! 0 ) sin(✏n ) ! 0 , 155 5.8 Continuità delle funzioni seno e coseno ma è sufficiente osservare che ⇡ ⇡ x2 , ) | sin x| |x| 2 2 da cui 0 | sin(✏n )| |✏n | ! 0 , e per il Teorema del Confronto si ha sin(✏n ) ! 0 . Possiamo pertanto concludere che le funzioni seno e coseno sono continue. Osservazione 5.22. Il seguente limite lim sin x!0 1 x non esiste. Infatti, poniamo 1x = y in modo che per x ! 0 si ha che y ! +1 e il nostro limite può essere riscritto nella forma equivalente lim sin y . y!+1 Consideriamo ora le due successioni ⇡ xn = + 2n⇡ 2 yn = 2n⇡ entrambe positivamente divergenti; si ha che sin xn = 1 8n , sin yn = 0 8n , quindi la funzione non ammette limite per x ! 0 . Osservazione 5.23. Dal teorema sul quaziente di due funzioni continue si ha che la funzione tan x è continua dove il coseno non si annulla. Inoltre tan :] ⇡2 , ⇡2 [! R è biunivoca, come si vede dalla monotonia e dal teorema degli zeri. Ne sgue che la funzione inversa arctan x è continua Osservazione 5.24. Le funzioni iperboliche sinh e cosh sono continue essendo definite come segue sinh x = ex e 2 x , cosh x = ex + e 2 x . 5.8 Continuità delle funzioni seno e coseno 156 Ricordiamo inoltre che vale la relazione (cosh x)2 (sinh x)2 = 1 . Abbiamo avuto modo finora di incontrare alcune funzioni tra le quali la funzione costante, quella identica, la funzione esponenziale e la funziona trigonometrica seno: c, x, ax , sin x . A partire da tali funzioni è possibile costruire funzioni più complicate. Tra queste, si chiamano funzioni elementari le funzioni che si ottengono dalle quattro funzioni elencate sopra utilizzando un numero finito di operazioni tra quelle di addizione, sottrazione, moltiplicazione, divisione, composizione e inversione. Da quanto visto fino ad adesso possiamo dire che tutte le funzioni elementari sono continue. 5.8.1. Un limite di importanza fondamentale. Verificheremo che: sin x lim = 1. x!0 x Tale risultato sarà fondamentale per il calcolo delle derivate di seno e coseno. Consideriamo la funzione sin x f (x) = ; x poiché sin( x) sin x f ( x) = = = f (x) x x si tratta di una funzione pari. Basterà allora calcolare il limite destro, ossia sin x lim+ . x!0 x Lavoriamo perciò sotto l’ipotesi x > 0 . Vale la seguente proprietà: ⇡ sin x < x tan x 8x 2 0, , 2 che abbiamo già dimostrato. Da essa si ricavano le seguenti relazioni: sin x sin x ⇡ < 1, cos x < 8x 2 0, , x x 2 5.8 Continuità delle funzioni seno e coseno 157 cioè sin x ⇡ cos x < <1 8x 2 0, . x 2 Grazie al Teorema del confronto si ha la tesi. Osservazione 5.25. La funzione sin x f (x) = x ha come dominio l’insieme dei numeri reali escluso lo zero. Abbiamo visto che sin x lim = 0. x!0 x Possiamo estendere la funzione con continuità nel punto x0 = 0 definendo la funzione 8 sin x > > > se x 2 R \ 0 > > < x e f (x) = > > > > > : 1 se x = 0 . Esercizio 5.26. Utilizzando il limite notevole appena calcolato si prova il seguente risultato: lim 1 cos x = 0. x x!0 Infatti: lim x!0 1 (1 + cos x) (1 cos x) cos x = lim x!0 x x (1 + cos x) sin2 x = lim x!0 x (1 + cos x) ✓ ◆ ✓ ◆ sin x 1 = lim · · sin x = 0 x!0 x 1 + cos x Esercizio 5.27. Calcolare lim x!0 1 cos x . x2 Si ha: lim x!0 1 (1 + cos x) (1 cos x) cos x = lim 2 x!0 x x2 (1 + cos x) ✓ ◆ ✓ ◆ ✓ ◆ sin x sin x 1 1 1 = lim · · =1·1· = . x!0 x x 1 + cos x 2 2 158 5.9 Esercizi 5.9. Esercizi Esercizio 1. Calcolare se esistono i seguenti limiti di successioni: 1 1. lim n sin n!+1 n 2. lim n!+1 n sin n 3. lim n!+1 (n + 1)(n + 2) 5. lim n!+1 1 sin n1 cos tan2 4. lim n!+1 sin n32 6. lim 1 n!+1 ⇣ ⌘ 1 n cos q 1 ⇣ ⌘ 3 n sin n3 ⇣ ⌘ 1 n cos ⇣ ⌘ 3 n sin n32 Esercizio 2. Calcolare se esistono i seguenti limiti di funzioni: 1 1. lim(cos x) x2 2. lim x!0 3. lim x!0 tan x x!1 sin x x3 sin ⇡x (x 1)2 4. lim x!+1 sin x cos x x CAPITOLO 6 Calcolo di↵erenziale In questo primo capitolo vengono introdotte nozioni e teoremi fondamentali del calcolo di↵erenziale e si presentano alcuni esempi di come possa trovare applicazioni questa branca dell’analisi matematica. 6.1. Derivata: definizione e interpretazione geometrica Il calcolo di↵erenziale si origina principalmente dall’esigenza di caratterizzare la tangente ad una curva, di risolvere problemi di massimo e minimo e di approssimare certi tipi di funzioni con funzioni lineari prima e polinomiali poi. Cerchiamo di analizzare il seguente problema: consideriamo una generica funzione f il cui grafico è quello rappresentato in figura 1, e poniamoci come obiettivo quello di approssimarla con una retta. Figura 1 La retta r è la retta tangente al grafico della funzione f nel punto P , mentre la retta s è la secante nei punti che appartengono al grafico 159 6.1 Derivata: definizione e interpretazione geometrica 160 di f ed hanno ascissa rispettivamente x0 e x0 + ✏ . Ci domandiamo: qual è il comportamento della funzione f per infinitesimi di ordine ✏? In particolare ci chiediamo se esiste finito il limite per ✏ che tende a zero del rapporto f (x0 + ✏) f (x0 ) ✏ detto rapporto incrementale, che misura la variazione del valore assunto dalla funzione rispetto all’incremento della variabile x . Diamo ora la seguente definizione: (6.1) Definizione 6.1. Sia f :]a, b[! R una funzione e sia x0 un punto dell’intervallo ]a, b[ . La funzione f si dice derivabile in x0 se esiste finito il limite f (x0 + ✏) f (x0 ) lim . ✏!0 ✏ Il valore del limite viene detto derivata di f in x0 e per indicarla si utilizza una delle seguenti notazioni: f 0 (x0 ) , D f (x0 ) , df . dx0 Riprendendo il problema presentato all’inizio, cerchiamo, attraverso le due osservazioni che seguono, di far emergere l’importanza geometrica della nozione di derivata e il ruolo chiave che a tal proposito essa ricopre. Osservazione 6.2. La derivata di una funzione f in un suo punto di ascissa x0 , ossia f 0 (x0 ) , esprime il valore del cofficiente angolare della retta tangente il grafico della funzione in quel punto. Proviamo a comprendere il perché di tale a↵ermazione. Facendo riferimento alla Figura 1, possiamo scrivere l’equazione della retta secante il grafico di f nei punti P = (x0 , f (x0 )) e Q = (x0 + ✏, f (x0 + ✏)) come f (x0 + ✏) f (x0 ) f (x0 + ✏) f (x0 ) (6.2) y= x x0 + f (x0 ) . ✏ ✏ Si noti che il coefficiente angolare della retta secante è esattamente il rapporto incrementale (6.1) della funzione. Graficamente si può 6.1 Derivata: definizione e interpretazione geometrica 161 osservare che la retta secante ha come situazione limite la retta tangente: facendo tendere a zero l’incremento ✏, il punto Q si avvicina sempre più a P fino a coincidere con esso, e la pendenza della secante diventa quella della tangente (nel caso il limite esista finito). Osservazione 6.3. Se f 0 (x0 ) esiste finito, allora il resto (✏) dato da f (x0 + ✏) ✏ f (x0 ) f 0 (x0 ) = (✏) è tale che (6.3) lim (✏) = 0 . ✏!0 In modo equivalente, possiamo a↵ermare che (6.4) f (x0 + ✏) f (x0 ) ✏ f 0 (x0 ) = o(✏) , dove o(✏) = ✏ (✏) é tale che o(✏) = (✏) ! 0 ✏ e pertanto è un infinitesimo di ordine superiore al primo. Quindi la funzione f vicino a x0 può essere approssimata, a meno di infinitesimi di ordine superiore al primo, con la retta tangente nel punto x0 . In e↵etti y(✏) = f 0 (x0 ) · ✏ + f (x0 ) è la retta tangente al grafico nel punto (x0 , f (x0 )) . Se consideriamo ✏ = x x0 dalla (6.4) si ottiene f (x) f (x0 ) = f 0 (x0 )(x x0 ) + o(|x con o(|x x0 |) che è appunto o piccolo di |x piccolo di x è una funzione tale che lim x!0 x0 |) x0 |. (In generale un o o(x) = 0) . x Abbiamo dato prima la definzione di funzione derivabile in un punto (Definizione 6.1). Grazie alla definizione di limite di una funzione, possiamo equivalentemente dire che: 6.2 Derivazione delle funzioni elementari 162 Definizione 6.4. Una funzione f :]a, b[! R è derivabile in x0 2]a, b[ se in tal punto la derivata destra e la derivata sinistra esistono finite e sono uguali tra loro, ossia se valgono le seguenti condizioni: f (x0 + ✏) f (x0 ) • 9 lim ⌘ f 0 (x0 ) 2 R , ✏!0 ✏ f (x0 + ✏) f (x0 ) • 9 lim+ ⌘ f+0 (x0 ) 2 R , ✏!0 ✏ • f 0 (x0 ) = f+0 (x0 ) (= f 0 (x0 )) . 6.2. Derivazione delle funzioni elementari In questa sezione determiniamo le derivate di alcune funzioni elementari. Consideriamo innanzitutto la funzione costante f :R!R Si ha f (x) = c . f (x0 + ✏) f (x0 ) c c = = 0 8✏ , 0 ✏ ✏ quindi deduciamo che f 0 (x) = 0 per ogni x. Consideriamo poi la funzione identità f :R!R f (x) = x ; essa è tale che f (x0 + ✏) + f (x0 ) x0 + ✏ x0 = = 1, ✏ ✏ pertanto la sua derivata vale identicamente 1 . Proseguiamo con la funzione per la quale si ha f (x0 + ✏) ✏ f :R!R f (x0 ) = = f (x) = x2 (x0 + ✏)2 x20 x20 ✏ + 2x0 ✏ + ✏2 ✏ = 2x0 + ✏ ! 2x0 x20 per ✏ ! 0 , 163 6.2 Derivazione delle funzioni elementari per cui f 0 (x) = 2x per ofni x. In generale, per la funzione f (x) = xn , f :R!R 1 n si ha f (x0 + ✏) ✏ f (x0 ) (x0 + ✏)n = xn0 ✏ ! n X n k n x0 ✏ k k=0 = ✏ ! n n ✏ + 0 = = xn0 ! n x0 ✏n 1 ! n n ✏ 0 k 1 + ... + + n ✏ ! 1 ! n n 1 1 x ✏ + 1 0 n x0 ✏n 1 2 + ... + ! n n 1 xn0 1 ✏0 e per ✏ ! 0 quast’ultima espressione tende a ! n xn 1 . n 1 0 Ricordando la definizione del coefficiente binomiale, si ha che ! n(n 1)! n 1 n n! xn0 1 = xn0 1 = x = n xn0 1 (n 1)!1! (n 1)! 0 n 1 quindi f 0 (x) = nxn Sia ora 1 per ogni x. f : R \ {0} ! R f (x0 ) = 1 . x Per x0 , 0 si ha f (x0 + ✏) ✏ f (x0 ) = = 1 1 x0 x0 + ✏ 1 x0 + ✏ x0 = · ✏ x0 (x0 + ✏) ✏ 1 1 ! per ✏ ! 0 . x0 (x0 + ✏) (x0 )2 Consideriamo poi la funzione f : R+ ! R f (x) = p x. ! n n x n 0 xn0 164 6.2 Derivazione delle funzioni elementari Scelto x0 > 0 , si ha f (x0 + ✏) ✏ p p x0 + ✏ x0 = ✏ p p p p ( x0 + ✏ x0 )( x0 + ✏ + x0 ) = p p ✏( x0 + ✏ + x0 ) x0 + ✏ x0 1 = ! p per ✏ ! 0 . p p 2 x0 ✏( x0 + ✏ + x0 ) f (x0 ) Per la funzione trigonometrica f : R ! [ 1, 1] si ha f (x0 + ✏) ✏ f (x0 ) f (x) = sin x, sin(x0 + ✏) sin x0 ✏ sin x0 cos ✏ + cos x0 sin ✏ sin x0 = ✏ sin x0 (cos ✏ 1) sin ✏ = + ! cos x0 ✏ ✏ Analogamente per = f : R ! [ 1, 1] risulta f (x0 + ✏) ✏ f (x0 ) per ✏ ! 0 . f (x) = cos x cos(x0 + ✏) cos x0 ✏ ✓ ◆ cos ✏ 1 sin ✏ = cos x0 · sin x0 ! ✏ ✏ = sin x0 per ✏ ! 0 . Infine per la funzione esponenziale f :R!R f (x) = ax si ha f (x0 + ✏) ✏ f (x0 ) ax0 +✏ ax0 ✏ a✏ · ax0 ax0 = ✏ ✏ a 1 = ax0 ! ax log a ✏ = per ✏ ! 0 . 165 6.3 Derivabilità e continuità Si noti che se a = e, allora D(ex ) = ex per ogni x. 6.3. Derivabilità e continuità Dopo aver introdotto la nozione di funzione derivabile, analizziamo il legame tra continuità e derivabilità. Proposizione 6.5. Sia f :]a, b[! R derivabile in x0 2]a, b[ . Allora f è continua in x0 . Dimostrazione. Vogliamo far vedere che lim f (x0 + ✏) ✏!0 Ma f (x0 + ✏) f (x0 ) = f (x0 ) = 0. f (x0 + ✏) ✏ f (x0 ) ·✏ e per ipotesi che lim ✏!0 f (x0 + ✏) ✏ f (x0 ) = f 0 (x0 ) 2 R. che è finito, pertanto segue immediatamente la tesi. ⇤ Osservazione 6.6. Si noti che il viceversa è falso. Come controesempio possiamo infatti considerare la funzione valore assoluto f : R ! R, f (x) = |x| . Si tratta di una funzione continua in tutto il suo dominio, ma non derivabile in x0 = 0 . Infatti, osserviamo che 1) se x0 > 0 si ha |✏| < x0 ) |x0 + ✏| ✏ |x0 | |x0 + ✏| = x0 + ✏ pertanto = x0 + ✏ ✏ x0 = 1; 166 6.3 Derivabilità e continuità 2) se x0 < 0 si ha pertanto |✏| < x0 |x0 + ✏| = (x0 + ✏) ) (x0 + ✏) |x0 + ✏| |x0 | = ✏ ✏ se invece x0 = 0 il seguente limite lim ✏!0 non esiste poiché lim ✏!0 x0 = ✏ = 1; ✏ |✏| , ✏ |✏| |✏| e lim+ ✏!0 ✏ ✏ sono diversi. In tal caso, il punto x0 = 0 è detto punto angoloso. In generale, i punti in cui una funzione non è derivabile (ossia i punti in cui almeno una delle condizioni della Definizione 6.4 non è verificata) vengono classificati nel seguente modo: Definizione 6.7. Sia f :]a, b[! R continua in x0 2]a, b[ . Se in x0 il limite destro e sinistro del rapporto incrementale di f esistono finiti ma sono diversi tra loro, si dice che nel punto x0 la f ha un punto angoloso. Definizione 6.8. Se f :]a, b[! R è continua in x0 e f (x0 + ✏) f (x0 ) = ±1 ✏!0 ✏ si dice che nel punto x0 la funzione ha tangente verticale. lim Definizione 6.9. Sia f :]a, b[! R continua in x0 e f+0 (x0 ) = +1 , (oppure f 0 (x0 ) = 1 f+0 (x0 ) = 1 , f 0 (x0 ) = +1) . Allora x0 si chiama punto di cuspide. Di seguito vengono presentati alcuni esempi. 167 6.3 Derivabilità e continuità • La funzione f (x) = |x| (in Figura 2) ha un punto angoloso in x0 = 0 . Figura 2 • La funzione f (x) = x3 (in Figura 3) è derivabile in tutti i punti del suo dominio (R); in particolare in x0 = 0 ha tangente orizzontale (la derivata si annulla in quel punto). f(x)=x3 1000 800 600 400 y 200 0 −200 −400 −600 −800 −1000 −10 −8 −6 −4 −2 0 x 2 4 Figura 3 p • La funzione f (x) = 3 x (vedere Figura 4) nel punto (0, 0) ha tangente verticale (punto di non derivabilità). 6 8 10 6.3 Derivabilità e continuità 168 Figura 4 p3 • La funzione f (x) = |x| (in Figura 5) ha un punto di cuspide in x0 = 0 ; in particolare f+0 (x0 ) = +1 , e f 0 (x0 ) = 1 . Figura 5 p3 • Similmente, anche la funzione f (x) = |x| (in Figura 6) ha 0 un punto di cuspide in x0 = 0 con f+ (x0 ) = 1 , e f 0 (x0 ) = +1 . Figura 6 169 6.4 Operazioni con le derivate 6.4. Operazioni con le derivate Presentiamo alcuni risultati che riguardano le operazioni che si possono e↵ettuare con le derivate, e che consentono di calcolare derivate di funzioni senza ricorrere direttamente alla definizione. Teorema 6.10 (somma). Date f, g :]a, b[! R , e x0 2]a, b[ , se esistono f (x0 ) e g0 (x0 ) , allora esiste la derivata in x0 della somma delle due funzioni e ( f + g)0 (x0 ) = f 0 (x0 ) + g0 (x0 ) . 0 Dimostrazione. Per definizione sappiamo che ( f + g)(x0 ) = f (x0 ) + g(x0 ) . Risulta quindi lim ✏!0 ( f + g)(x0 + ✏) ( f + g)(x0 ) ✏ f (x0 + ✏) + g(x0 + ✏) ( f (x0 ) + g(x0 )) = lim ✏!0 ✏ f (x0 + ✏) f (x0 ) g(x0 + ✏) g(x0 ) = lim + ✏!0 ✏ ✏ 0 0 = f (x0 ) + g (x0 ) ed il teorema risulta dimostrato. ⇤ Teorema 6.11 (prodotto per uno scalare). Sia f :]a, b[! R , x0 2 ]a, b[ e 2 R . Se esiste f 0 (x0 ) , allora esiste la derivata in x0 di · f , e ( · f )0 (x0 ) = · f 0 (x0 ) . Dimostrazione. Per definizione sappiamo che ( f )(x0 ) = f (x0 ) da cui segue f (x0 + ✏) ✏ f (x0 ) = f (x0 + ✏) ✏ f (x0 ) ! f 0 (x0 ) . ⇤ Osservazione 6.12. Dai due teoremi precedenti deduciamo che l’operatore di derivata è un operatore lineare. 6.4 Operazioni con le derivate 170 Teorema 6.13 (prodotto). Date f, g :]a, b[! R , e x0 2]a, b[ , se esistono f 0 (x0 ) e g0 (x0 ) , allora esiste la derivata in x0 del prodotto delle due funzioni e ( f · g)0 (x0 ) = f 0 (x0 ) · g(x0 ) + f (x0 ) · g0 (x0 ) . Dimostrazione. Per definizione sappiamo che ( f · g)(x0 ) = f (x0 ) · g(x0 ) . Risulta quindi ( f · g)(x0 + ✏) ( f · g)(x0 ) f (x0 + ✏) · g(x0 + ✏) f (x0 ) · g(x0 ) = ✏ ✏ f (x0 + ✏) · g(x0 + ✏) f (x0 ) · g(x0 ) + f (x0 + ✏) · g(x0 ) f (x0 + ✏) · g(x0 ) = ✏ g(x0 + ✏) g(x0 ) f (x0 + ✏) f (x0 ) = f (x0 + ✏) · + · g(x0 ) ✏ ✏ ! f (x0 ) · g0 (x0 ) + f 0 (x0 ) · g0 (x0 ) . ⇤ Teorema 6.14 (reciproco). Sia f :]a, b[! R e x0 2]a, b[ . Se f (x0 ) , 0 ed esiste f 0 (x0 ) , allora esiste la derivata in x0 di 1f , e si ha !0 f 0 (x0 ) 1 (x0 ) = . f [ f (x0 )]2 Dimostrazione. 1 (x0 f + ✏) ✏ 1 (x0 ) f = = = ! ! 1 1 1 f (x0 + ✏) f (x0 ) ✏ f (x0 ) f (x0 + ✏) 1 · f (x0 + ✏) · f (x0 ) ✏ f (x0 + ✏) f (x0 ) 1 · f (x0 + ✏) · f (x0 ) ✏ 0 f (x0 ) 1 0 · f (x ) = . 0 [( f (x0 )]2 f 2 (x0 ) ⇤ Dai teoremi del prodotto e del reciproco segue subito il 171 6.4 Operazioni con le derivate Teorema 6.15 (rapporto). Date f, g :]a, b[! R e x0 2]a, b[ , se esistono f 0 (x0 ) e g0 (x0 ) e g(x0 ) , 0 , allora esiste la derivata in x0 del quoziente delle due funzioni e !0 f f 0 (x0 ) · g(x0 ) f (x0 ) · g0 (x0 ) (x0 ) = . g [g(x0 )]2 Si ha poi il Teorema 6.16 (composizione). Sia f :]a, b[!]↵, [ , derivabile in x0 2]a, b[ e g :]↵, [! R derivabile in f (x0 ) . Allora la funzione composta g f è derivabile in x0 e (g f )0 (x0 ) = g0 ( f (x0 )) · f 0 (x0 ) . Dimostrazione. Dobbiamo calcolare lim ✏!0 g( f (x0 + ✏)) ✏ g( f (x0 )) . Poniamo per semplicità f (x0 ) = y0 e sia f (x0 + ✏) = f (x0 ) + . Ovviamente, se ✏ ! 0 anche x0 . Si ha g( f (x0 + ✏)) ✏ g( f (x0 )) = = = ! 0 poiché la funzione è continua in g(y0 + ) ✏ g(y0 + ) g(y0 ) g(y0 ) · ✏ f (x0 + ✏) f (x0 ) · ✏ ! g0 (y0 ) · f 0 (x0 ) = g0 ( f (x0 )) · f 0 (x0 ) . g(y0 + ) g(y0 ) ⇤ Vale quindi la cosiddetta Regola della catena: siano w = f (y) , Allora y = y(x) . dw dw dy = · . dx dy dx 172 6.4 Operazioni con le derivate Teorema 6.17 (funzione inversa). Sia f :]a, b[!]↵, [ una funzione invertibile, derivabile in ]a, b[, e x0 2]a, b[ tale che f 0 (x0 ) , 0 . Allora la funzione inversa g(y) = f 1 (y) è derivabile in y0 = f (x0 ) e g0 (y0 ) = 1 f 0 (x0 ) = 1 f 0 ( f 1 (y0 )) . Osservazione 6.18. Se (g f )(x) = x 8x 2]a, b[ , allora derivando entrambi i membri si ottiene g0 ( f (x)) · f 0 (x) = 1 da cui g0 ( f (x0 )) = 1 f 0 (x0 ) , x0 = f 1 (y0 ). Dimostrazione (Teorema 6.17). Occorre studiare il limite per ✏ ! 0 di g(y0 + ✏) g(y0 ) . ✏ Sia f (x0 + ) = f (x0 ) + ✏ ; essendo f continua in x0 , se ! 0 anche ✏ ! 0 . A noi serve il vicerversa, cioè ✏ ! 0 ) ! 0 . Ma ciò segue immediatamente dalla continuità di g nel punto y0 perché (g f )(x0 + ) = g( f (x0 ) + ✏) ossia x0 + = g(y0 + ✏) e quindi = g(y0 + ✏) g(y0 ), perchè x0 = g(y0 ). Pertanto g(y0 + ✏) g(y0 ) = ✏ f (x0 + ) f (x0 ) 1 1 = f (x + ) f (x ) ! 0 . 0 0 f (x0 ) ⇤ 173 6.5 Derivazione di alcune funzioni inverse 6.5. Derivazione di alcune funzioni inverse Grazie al Teorema 6.17 presentato nella sezione precedente, possiamo determinare le derivate di alcune funzioni che sono le inverse di altre. Consideriamo la funzione inversa di f (x) = xn con n dispari , ossia 1 f :R!R f (x) = x n , n > 1 dispari . In generale, sappiamo che g(y) = f 1 (y) g0 (y) = ) 1 f 0 ( f 1 (y)) . Nel nostro caso, ponendo 1 g(y) = y n , risulta f 0 (x) = nxn 1 , Pertanto g0 (y) = f 1 (y) = x . f (x) = y , 1 f 0 ( f 1 (y)) = 1 nxn 1 = e si ha 1 1 n(y n )n = 1 1 n(y n )n 1 1 yn 1 = . n 1 ny1 1 1 n Tutto ciò ha senso quando y , 0 . Si noti che 1 n 1<0 quindi lim g0 (y) = +1 . y!0+ Analogamente nel caso n pari con x 0. Osservazione 6.19. E’ bene tenere presente che conoscendo determinate caratteristiche di una funzione, si possono dedurre alcune proprietà che riguardano la sua derivata. Ad esempio se D è un intervallo simmetrico risapetto a x = 0 si ha che: 174 6.5 Derivazione di alcune funzioni inverse • se f è una funzione dispari, la sua derivata f 0 è pari. Infatti f ( x) = f (x) 8x 2 D f 0 ( x) · ( 1) = ) f 0 (x) f 0 ( x) = f 0 (x) 8x 2 D ; ) • se f è una funzione pari, la sua derivata f 0 è dispari. Infatti f ( x) = f (x) 8x 2 D f 0 ( x) · ( 1) = f 0 (x) ) f 0 ( x) = ) Consideriamo ora la funzione logaritmo. funzin inversa si ha, per ogni x > 0, D log y = 1 , ex D log y = 1 . y ove y = ex . Dunque f 0 (x) 8x 2 D . Dal Teorema della Inoltre se g(y) = log |y|, dal Teorema della derivata della funzione composta si ottiene g0 (y) = Per y , 0 si ha Quindi y D(y) = = |y| g0 (y) = Quindi 1 · D(|y|) . |y| ( 1 se y > 0 , 1 se y < 0 . y 1 y 1 · = 2 = . y |y| |y| y 1 D(log |x|) = 8x , 0. x Consideriamo infine potenza con esponente reale f (x) = x↵ x > 0, con ↵ 2 R . Possiamo scrivere f (x) = e↵ log x , x > 0. e determinare la derivata osservando che 175 6.5 Derivazione di alcune funzioni inverse ↵ x↵ · ↵ = = ↵ · x↵ 1 . x x (Si noti che in generale questa formula ha senso solo per le x positive, oppure per le x < 0 quando ↵ 2 N, oppure ↵ = n1 con n dispari). D(e↵ log x ) = e↵ log x · D(↵ log x) = e↵ log x · 6.5.1. Derivate di alcune funzioni trigonometriche. Calcoliamo la derivata della funzione tangente f :R!R Si ha f (x) = tan x . cos x cos x sin x( sin x) cos2 x + sin2 x = cos2 x cos2 x 1 = = 1 + tan2 x . 2 cos x Determiniamo la derivata della sua funzione inversa ⇡ ⇡ f :R! , f (x) = arctan x = y (g(y) = tan y) . 2 2 Grazie al risultato che abbiamo presentato prima si ha D(tan x) = 1 1 = D(tan y) 1 + tan2 y 1 1 = = . 2 1 + tan (arctan x) 1 + x2 f 0 (x) = 1 g0 (y) = Analogamente possiamo calcolare la derivata della funzione arcoseno (inversa della funzione seno) ⇡ ⇡ f : [ 1, 1] ! , f (x) = arcsin x = y (g(y) = sin y) . 2 2 Risulta 1 1 1 1 f 0 (x) = 0 = = = q g (y) D(sin y) cos y 1 sin2 y = p 1 1 [sin(arcsin x)]2 = p 1 1 x2 . Similmente la derivata della funzione arcocoseno f : [ 1, 1] ! [0, ⇡] f (x) = arccos x = y (g(y) = cos y) 176 6.6 Derivate: alcuni teoremi fondamentali è data da f 0 (x) = = 1 g0 (y) p = 1 = D(cos y) 1 = sin y 1 1 [cos(arccos x)]2 = p p 1 1 1 1 x2 cos2 y . 6.6. Derivate: alcuni teoremi fondamentali Raccogliamo in questa sezione alcuni importanti risultati che coinvolgono le derivate. Consideriamo le seguenti definizioni: Definizione 6.20. Sia f : A ! R , A ⇢ R . Un punto x0 2 A si dice punto di massimo (minimo) per f se f (x) f (x0 ) 8x 2 A (oppure f (x) f (x0 ) 8x 2 A) . Il valore f (x0 ) viene detto valore massimo (oppure valore minimo) . Definizione 6.21. Sia f :]a, b[! R . Un punto x0 2]a, b[ si dice punto di massimo (o minimo) relativo se esiste > 0 tale che nell’intervallo [x0 , x0 + ] ⇢]a, b[ il punto x0 è punto di massimo (o minimo). Figura 7 177 6.6 Derivate: alcuni teoremi fondamentali Ad esempio, la funzione il cui grafico è riportato in Figura 7 ha i seguenti massimi e minimi, precisamente A = massimo relativo B = minimo relativo C = massimo assoluto . Figura 8 Per la funzione rappresentata graficamente in Figura 8, che ha in x = a un asintoto verticale, si ha: A = massimo relativo B, C = minimo assoluto , ma non presenta massimo assoluto. Vale il seguente risultato: Teorema 6.22 (Teorema di Fermat). Sia f :]a, b[! R e sia x0 2]a, b[ un punto di minimo (o massimo) relativo. Se f è derivabile in x0 , allora f 0 (x0 ) = 0 . Dimostrazione. Vogliamo dimostrare che il limite per ✏ ! 0 del rapporto incrementale f (x0 + ✏) f (x0 ) ✏ vale zero. Limitiamoci al caso x0 punto di massimo relativo per la funzione. Si ha che 9 ✏0 : f (x0 + ✏) f (x0 ) 0 8✏ 2] ✏0 , ✏0 [. 6.6 Derivate: alcuni teoremi fondamentali 178 Pertanto f (x0 + ✏) f (x0 ) 0 ✏!0 ✏ f (x0 + ✏) f (x0 ) f 0 (x0 ) = lim 0. ✏!0 ✏ Ma se f 0 (x0 ) esiste, si ha necessariamente f+0 (x0 ) = f 0 (x0 ) , da cui f 0 (x0 ) = 0 . ⇤ f+0 (x0 ) = lim+ Definizione 6.23. Sia f :]a, b[! R e sia x0 2]a, b[ : f 0 (x0 ) = 0 . Allora il punto x0 si dice punto stazionario per f . Osservazione 6.24. Se f è derivabile in x0 e x0 è punto di massimo o minimo relativo, allora x0 è un punto stazionario per la funzione. Non vale tuttavia il viceversa, cioè esistono punti stazionari che non sono punti di massimo nè di minimo. Ad esempio i punti di flesso a tangente orizzontale, come x0 = 0 per f (x) = x3 (il cui grafico è riportato in Figura 3, Sezione 6.3). Un altro importante risultato è presentato nel seguente teorema. Teorema 6.25 (Teorema di Rolle). Sia f : [a, b] ! R , con a < b . Supponiamo che a) f è continua in [a, b] b) f è derivabile in ]a, b[ c) f (a) = f (b). Allora 9 ⇠ 2]a, b[ : f 0 (⇠) = 0 . Osservazione 6.26. Possiamo evidenziare l’essenzialità delle ipotesi del teorema presentando di seguito alcuni controesempi, in cui due solo due delle tre ipotesi sono verificate: • f non continua in [a, b] : la funzione ( x se x 2 [0, 1[ f (x) = 0 se x = 1 , ha derivata costante uguale 1 in tutti i punti dell’intervallo ]0, 1[ (quindi non si annulla mai); • f non derivabile in [a, b] : la funzione f (x) = |x| non è derivabile in x = 0 (e la sua derivata è sempre diversa da zero nei punti x , 0); 179 6.6 Derivate: alcuni teoremi fondamentali • f assume valori diversi agli estremi dell’intervallo: ad esempio f (x) = x nel’intervallo [0, 1] . Dimostrazione (Teorema 6.25). f è continua per ipotesi. Per il Teorema di Weierstrass 9 x1 , x2 2 [a, b] : f (x1 ) f (x) f (x2 ) (cioè x1 è punto di minimo, x2 punto di massimo). Distinguiamo i seguenti casi: (1) x1 2 ]a, b[ : essendo f derivabile in x1 possiamo applicare il teorema di Fermat e dedurre che f 0 (x1 ) = 0 ; (2) x2 2 ]a, b[ : essendo f derivabile in x2 , si conclude che f 0 (x2 ) = 0; (3) x1 < ]a, b[ e x2 < ]a, b[ , con x1 , x2 . Allora x1 = a e x2 = b oppure x1 = b e x2 = a . Per fissare le idee sia x1 = a, x2 = b. In questo caso f (a) = f (x1 ) f (x) f (x2 ) = f (b) . Essendo f (a) = f (b) , risulta f (x) = f (a) 8x 2 [a, b] ) f 0 (x) = 0 8 2 ]a, b[ ; (4) x1 = x2 , allora f (x1 ) f (x) f (x2 ) = f (x1 ), ossia f è costante e quindi f 0 (x) = 0 8x 2]a, b[. ⇤ Presentiamo ora due importanti teoremi conseguenza del Teorema di Rolle: il Teorema di Lagrange e quello di Cauchy. Teorema 6.27 (Teorema di Lagrange). Sia f : [a, b] ! R tale che 1) f è continua in [a, b] 2) f è derivabile in ]a, b[ . Allora 9 ⇠ 2]a, b[ : f 0 (⇠) = f (b) b f (a) . a 6.6 Derivate: alcuni teoremi fondamentali 180 Osservazione 6.28. Se valgono le condizioni 1) e 2), il teorema di Lagrange a↵erma che esiste un punto ⇠ appartenente all’intervallo aperto ]a, b[ in cui la tangente al grafico della funzione ha la stessa pendenza (coefficiente angolare) della retta passante per i punti (a, f (a)) e (b, f (b)) , vedi figura 9. Figura 9 Dimostrazione. Consideriamo la seguente funzione " # f (b) f (a) w(x) = f (x) f (a) + · (x a) . b a Cosı̀ definita, w è tale che " w(b) = f (b) e f (b) f (a) + b f (a) · (b a # a) = 0 " # f (b) f (a) w(a) = f (a) f (a) + · (a a) = 0 . b a In questo modo w verifica le ipotesi del teorema di Rolle e possiamo a↵ermare che esiste ⇠ 2]a, b[ tale che w0 (⇠) = 0 . D’altra parte, la derivata di w è data da f (b) f (a) w0 (x) = f 0 (x) b a quindi, dal fatto che è nulla in ⇠, si ricava f 0 (⇠) = f (b) b f (a) . a ⇤ 181 6.6 Derivate: alcuni teoremi fondamentali Teorema 6.29 (Teorema di Cauchy). Siano f, g : [a, b] ! R tali che (1) f, g sono continue in [a, b] (2) f, g sono derivabili in ]a, b[ (3) g0 (x) , 0 8x 2]a, b[ , () g(b) , g(a)). Allora f (b) g(b) 9 ⇠ 2 ]a, b[ : f (a) f 0 (⇠) = 0 . g(a) g (⇠) Dimostrazione. Consideriamo la funzione " f (b) f (a) w(x) = f (x) f (a) · (g(x) g(b) g(a) Osserviamo che " w(b) = f (b) e f (a) f (b) g(b) f (a) · (g(b) g(a) # g(a)) . # g(a)) = 0 " # f (b) f (a) w(a) = f (a) f (a) · (g(a) g(a)) = 0 . g(b) g(a) La funzione verifica cosı̀ le ipotesi del Teorema di Rolle, quindi esiste un punto ⇠ 2]a, b[ in cui la derivata di w si annulla, da cui si ottiene la tesi. ⇤ Osservazione 6.30. Il teorema di Lagrange si ottiene dal teorema di Cauchy come caso particolare ( è sufficiente scegliere g(x) = x) . Il seguente teorema caratterizza la proprietà di crescenza o decrescenza di una data funzione. Teorema 6.31 (Test di monotonia). Sia f :]a, b[! R una funzione derivabile. Allora f è debolmente crescente in ]a, b[ , f 0 (x) 0 8x 2]a, b[ . Dimostrazione. Dimostriamo le due implicazioni. ()) Supponiamo che a < x1 < x2 < b ) f (x1 ) f (x2 ) . Allora f (x2 ) x2 f (x1 ) x1 0 per ogni x2 > x1 . 6.6 Derivate: alcuni teoremi fondamentali 182 Prendiamo x2 = x1 + ✏ con ✏ > 0 . Allora f (x1 + ✏) f (x1 ) 0. ✏!0 ✏ Poiché la funzione è derivabile, necessariamente deve essere lim+ f 0 (x) = f+0 (x) 8x 2]a, b[ da cui f 0 (x) 0 per ogni x in ]a, b[ . (() Supponiamo f 0 (x) 0 per ogni x appartenente ad ]a, b[ . Siano a < x1 < x2 < b e applichiamo il teorema di Lagrange all’intervallo [x1 , x2 ] : si ha che f (x2 ) f (x1 ) 9 ⇠ 2 ]x1 , x2 [ : = f 0 (⇠) x2 x1 e grazie all’ipotesi, sappiamo che il valore f 0 (⇠) è non negativo. Pertanto, essendo x2 x1 > 0 , segue che f (x2 ) f (x1 ) 0 , da cui f (x1 ) f (x2 ) . ⇤ Osservazione 6.32. A proposito del legame tra stretta monotonia e stretta positività della derivata abbiamo: • se f 0 (x) > 0 8x 2]a, b[ , allora f è strettamente crescente . Siano infatti a < x1 < x2 < b ; allora 9 ⇠ 2]x1 , x2 [ : f (x2 ) x2 f (x1 ) = f 0 (⇠) > 0 x1 ) f (x2 ) > f (x1 ) . • Se f 0 (x) < 0 8x 2]a, b[ , allora f è strettamente decrescente (e la dimostrazione è analoga alla precedente); • Se f :]a, b[! R è strettamente crescente, non è detto che f 0 (x) > 0 per ogni x appartenente ad ]a, b[ . Come esempio, si può considerare la funzione f (x) = x3 , funzione strettamente crescente ma la cui derivata si annulla in x = 0 ( f 0 (x) = 3x2 ) . Teorema 6.33. Sia f : [a, b] ! R una funzione continua, derivabile in ]a, b[ e tale che f 0 (x) = 0 per ogni x in ]a, b[ . Allora la funzione f è costante. 6.7 Studio della derivabilità 183 Dimostrazione. Sia x 2 ]a, b] , con x > a . Applichiamo il teorema di Lagrange nell’intervallo [a, x] : abbiamo che f (x) f (a) = f 0 (⇠x ) = 0 . x a Pertanto segue che f (x) f (a) = 0 8x 2 ]a, b[ . Poiché f è continua in [a, b] , f (x) f (a) = 0 anche in x = a e x = b , da cui 9 ⇠x 2 ]a, x[ : f (x) = f (a) 8x 2 [a, b] ossia la tesi. ⇤ 6.7. Studio della derivabilità Attraverso i risultati presentati finora, abbiamo intuito quanto sia utile poter studiare la derivata di una funzione al fine di ottenere molte informazioni sulla funzione data. Di conseguenza fondamentale in analisi matematica è lo studio della deriviabilità delle funzioni, ossia il poter individuare quei punti del dominio in cui la funzione è derivabile. Considerando ad esempio la seguente funzione 8 1 > > > x2 sin x,0 > > x < f (x) = > > > > > : 0 x=0 possiamo domandarci: si tratta di una funzione derivabile in x = 0 ? In x = 0 si ha che 1 ✏2 sin f (✏) f (0) ✏ = ✏ sin 1 = 0 . lim = lim ✏!0 ✏!0 ✏ ✏ ✏ Se x , 0 calcoliamo l’espressione della derivata ✓ ◆✓ ◆ 1 1 1 1 1 0 2 f (x) = 2x sin + x cos = 2x sin cos . 2 x x x x x La derivata nel punto x = 0 esiste ma non esiste il limite della derivata per x che tende a zero. A tal proposito, in generale vale il seguente risultato: 6.8 Ricerca di massimi e minimi di funzioni 184 Teorema 6.34. Sia f :]x0 , b[! R una funzione continua in x+0 e derivabile in x0 , b[. Supponiamo che 9 lim+ f 0 (x) = l 2 R [ {±1} . x!x0 Allora f+0 (x0 ) = l . Dimostrazione. Applichiamo il Teorema di Lagrange all’intervallo [x0 , x] , con x < b. Abbiamo che f (x) x 9 ⇠x 2 ]x0 , x[ : f (x0 ) = f 0 (⇠x ) . x0 Poichè se x ! x+0 e x0 < ⇠x < x, applicando il teorema del confronto, segue che ⇠x ! x0 . Ma f 0 (⇠x ) ! l per ipotesi, da cui lim+ x!x0 f (x) x f (x0 ) = l. x0 ⇤ 6.8. Ricerca di massimi e minimi di funzioni Quando si vogliono studiare le caratteristiche di una data funzione, fondamentale è la ricerca dei suoi massimi e minimi. Forniamo in questa sezione un metodo generale per individuarli. Sia f : [a, b] ! R una funzione continua. I punti di massimo e minimo della funzione vanno cercati tra: (1) i punti x 2 ]a, b[ dove f è derivabile tali che f 0 (x) = 0 ; (2) i valori f (a) e f (b) ; (3) i punti x 2 ]a, b[ dove f 0 non esiste . Esempio 6.35. Consideriamo la funzione f (x) = x · e x2 x 2 [0, 2] e determiniamo i suoi massimi e minimi. Osserviamo innanzitutto che f (0) = 0 , f (2) = 2e 4 . 6.9 Problemi di massimo e di minimo: alcune applicazioni 185 Se x 2 ]0, 2[ si ha che f 0 (x) = e x2 +x·e x2 ( 2x) = e x2 da cui f 0 (x) = 0 , 1 2x2 = 0 , (1 2x2 ) , 1 x=±p 2 1 p < ]0, 2[ . Abbiamo che p12 è l’unico punto stazionario in ]0, 2[ 2 e ! 1 1 1 f p = p · e 2 > 0. 2 2 Quindi x = 0 è punto di minimo assoluto per f . Inoltre ! 1 0 0 f (0) = 1 > 0, f p = 0, f 0 (2) = 7e 4 > 0, 2 ma 1 pertanto x = p è punto di massimo assoluto per la funzione. 2 6.9. Problemi di massimo e di minimo: alcune applicazioni In questa sezione presentiamo alcuni problemi di massimo e di minimo, che possono essere risolti utilizzando il calcolo di↵erenziale e applicando alcuni dei risultati finora esposti. 6.9.1. Il Principio di Fermat e la riflessione. Consideriamo una sorgente A , un’osservatore B , e una superficie riflettente s (vedi Figura 10). Il principio di Fermat dell’ottica classica a↵erma che il cammino che un raggio di luce emesso da A compie alla velocità v per andare da A a B passando per un punto di s , è caratterizzato dal minor tempo possibile impiegato. Nel caso in cui la luce si muova a velocità costante (caso di un mezzo omogeneo ed isotropo) tale cammino è quello che rende minima la lunghezza percorsa. Schematicamente si ha 6.9 Problemi di massimo e di minimo: alcune applicazioni 186 Figura 10 dove A= (0, a) = sorgente B = (b1 , b2 ) = osservatore R= (x, 0) = punto di riflessione v= d dt = velocità della luce . La funzione che misura il tempo impiegato dall’onda per andare dal punto A al punto B passando per R è d AR RB = + = f (R) . v v v Dobbiamo dunque minimizzare la funzione f (R) sotto le seguenti condizioni: dt = a > 0, b1 > 0, b2 > 0. Esprimiamo f (R) come q ✓ ◆ 1 p 2 2 2 2 f (R) = f (x) = · a + x + (b1 x) + b2 . v Vogliamo trovare, se esistono i punti x che minimizzano la funzione f . Osserviamo innanzitutto che lim f (x) = +1 x!±1 quindi, poiché la funzione è continua, il minimo esiste. Ora, se x0 è un punto di minimo assoluto, cioè tale che f (x0 ) f (x) 8x 6.9 Problemi di massimo e di minimo: alcune applicazioni 187 allora la derivata in x0 vale zero, ossia f 0 (x0 ) = 0 . Imponendo questa condizione si trova (vedi Figura 11), b0 B0 , Ab R0 O = ↵A = ↵B = AR da cui si ricava che l’angolo di incidenza è uguale all’angolo di riflessione. Figura 11 A questa conclusione si può arrivare anche con semplici considerazioni geometriche (suggerite in figura 11) che sfruttano la disuguaglianza triangolare nel piano euclideo. 6.9.2. La rifrazione. Ci occupiamo ora del principio di rifrazione in modo simile a quanto fatto per quello di riflessione nella sottosezione precedente. Consideriamo una situazione come quella rappresentata in Figura 12 Figura 12 6.9 Problemi di massimo e di minimo: alcune applicazioni 188 dove A= (0, a) = sorgente B = (b1 , b2 ) = osservatore R= (x, 0) = punto di rifrazione v1 = velocità di propagazione del mezzo 1 v2 = velocità di propagazione del mezzo 2 superficie rifrangente . s= Supponiamo v1 , v2 costanti e tali che v1 , v2 . La funzione f (R) = AR BR + v1 v2 misura il tempo di percorrenza della luce per andare dalla sorgente A al punto B toccando una sola volta la superficie (proprietà verificata da una traiettoria che minimizza il tempo). Tale funzione può essere riscritta nel seguente modo q 1 p 2 1 2 f (x) = · a +x + · (b1 x)2 + b22 . v1 v2 Osserviamo che lim f (x) = +1 x!±1 quindi la funzione ammette minimo assoluto che è un punto dove la derivata prima si annulla. Se x è punto di minimo assoluto, allora f 0 (x) = 0 . La derivata di f è data da (6.5) f 0 (x) = (6.6) = 2(b1 x) 1 2x 1 · p + · q v1 2 a2 + x2 v2 2 (b1 x)2 + b22 (x b1 ) 1 x 1 · p + · q . v1 2 a2 + x2 v2 2 (b1 x) + b2 Dunque, i valori di x che annullano la f 0 vanno cercati tra le soluzioni della seguente equazione (b1 x) 1 x 1 · p = · q . v1 2 a2 + x2 v2 2 (b1 x) + b2 6.9 Problemi di massimo e di minimo: alcune applicazioni 189 Osserviamo che 1 b1 + q <0 v2 2 2 b1 + b2 f 0 (0) = f 0 (b1 ) = Inoltre la funzione y 7! p 1 b1 > 0. q v1 a2 + b21 y ↵2 +y2 con ↵ , 0 è strettamente crescente. Allora esiste un unico x (che deve appartenere all’intervallo ]0, b1 [) tale che f 0 (x) = 0 . Inoltre, indicando con B1 = (b1 , 0) la proiezione di B sull’asse delle ascisse, si ha x OR = = sin ↵ p a2 + x2 AR b1 x B1 R = = sin q RB (b1 x)2 + b22 quindi dalla condizione f 0 (x) = 0 si ottiene sin ↵ v1 = , sin v2 conosciuta come legge della rifrazione di Snell. 6.9.3. Un problema pratico. Consideriamo il problema schematizzato in figura 13: una trave di lunghezza 4 metri può passare attraverso il tubo? Si tratta di un problema di minimo: la trave riesce a passare se la sua lunghezza è minore della minima lunghezza del segmento AB . Consideriamo i seguenti punti (come in figura): A = (a, 0) B = (0, b) P = (2, 1) . I segmenti AP e PB hanno risepttivamente lunghezza p (6.7) AP = 12 + (a 2)2 p (6.8) PB = 22 + (b 1)2 , 6.9 Problemi di massimo e di minimo: alcune applicazioni 190 Figura 13 quindi il segmento AB è dato da p (6.9) AB = AP + PB = 12 + (a 2)2 + p 22 + (b 1)2 . L’equazione della retta passante per i punti P ed A è x a . 2 a Il punto B appartiene a tale retta se e solo se y= b= ✓ Si ha quindi B = 0; ◆ a 2 a b a 2 a . . Segue che 1= a 1= 2 . 2 a a 2 Sostituendo tale espressione nella (6.9) otteniamo la funzione r p 4 2 f (a) = 1 + (a 2) + 4 + (a 2)2 dove i casi significativi si hanno quando a > 2. D’altra parte la lunghezza del segmento AB può anche essere ottenuta come distanza tra i punti A e B : s p a2 l(AB) = a2 + b2 = a2 + . (a 2)2 In e↵etti f (a) = l(AB) come si verifica immediatamente. Dunque si possono cercare i punti di minimo per l(AB) , che a sua volta sono gli 6.9 Problemi di massimo e di minimo: alcune applicazioni 191 stessi di g(a) = a2 + a2 . (a 2)2 Osserviamo che (6.10) lim g(a) = +1 a!+1 (6.11) lim g(a) = +1 a!2+ quindi esiste il minimo assoluto di f nell’intervallo ]2, +1[ . Inoltre (6.12) g0 (a) = 0 (6.13) (6.14) , g0 (a) = 2a 1 , (a ! 2 (a 2)3 =0 2)3 = 2 p3 a = 2 + 2, , quindi la lunghezza massima possibile della trave è l(AB)(2 + p3 q 2) = p3 p3 s 5 + 3 4 + 3 16 = Dimostriamo che l(AB)(2 + p3 p3 12 6 2 5 + p3 + p3 . 4 4 2) > 4 ossia che q p3 p3 5 + 3 4 + 3 16 > 4 , p3 p3 11 4+2 2> . 3 ma ques’ultima è vera poiché p3 4> 3 , 2 p3 5 2 2> 2 e ciò implica p3 4+ p3 16 > 3 5 11 + =4> . 2 2 3 Quindi la trave di lunghezza 4 metri può passare atttraverso il tubo. 192 6.10 Esercizi 6.10. Esercizi Esercizio 1. Dire se esistono massimo e minimo assoluti 1 f : ( 1, 1) ! R , f (x) = p 1 x2 ed eventualmente calcolarli. Esercizio 2. Determinare, se esistono, massimi e minimi relativi ed assoluti delle seguenti funzioni: a) b) c) f f f : [0, 1] ! R , : h[ 1, i1] ! R , : 0, ⇡2 ! R , f (x) = x x2 ; f (x) = |x|(2x 1) ; f (x) = 7 sin x + sin 2x . Esercizio 3. Dopo aver individuato il dominio massimale delle seguenti funzioni, determinare, se esistono, massimi e minimi relativi ed assoluti: a) f (x) = (2x 1)e x ; 2 b) g(x) = x x2x2 3 ; p c) h(x) = x(log x)2 ; d) k(x) = 2|x| |x 1| ; e) s(x) = log2 x + 2 log x . Esercizio 4. Siano a > 0 , p > 1 . Determinare il minimo della funzione f (x) = xp ax in R+ . Esercizio 5. Si cosideri una funzione f (x) derivabile su R con derivata continua e tale che f 0 (x) = 0 , lim f (x) = +1 , x!+1 x = x0 , lim f (x) = 1 . x! 1 Dimostrare che il punto x0 non può essere né punto di massimo né punto di minimo relativo per f (x) . 6.11 Funzioni concave e convesse: la derivata seconda 193 6.11. Funzioni concave e convesse: la derivata seconda Abbiamo visto che la monotonia di una data funzione può essere studiata attraverso la sua derivata. Analogamente, si può stabilire se una funzione è concava o convessa in un dato intervallo studiando la derivata seconda. Diamo le seguenti definzioni preliminari: Definizione 6.36. Si dice che K ⇢ R2 è convesso se 8x1 , x2 2 K [x1 , x2 ] ⌘ {tx1 + (1 t)x2 : t 2 [0, 1]} ⇢ K. (vedi figura 14). Un sottoinsieme di R2 si dice concavo se il suo complementare è convesso. Figura 14 Definizione 6.37. tx1 + µx2 si chiama combinazione convessa se t + µ = 1 . Definizione 6.38. Sia f : I ! R , I intervallo. Si dice epigrafico (o sopragrafico) di f l’insieme {(x, y) : x 2 I , y f (x)} . L’epigrafico di una funzione f si denota con epi-f (nella figura 15, corrisponde all’area tratteggiata). Definizione 6.39. Una funzione f : I ! R si dice convessa (o concava) in I se per ogni x1 , x2 2 I il segmento che congiunge (x1 , f (x1 )) con (x2 , f (x2 )) si trova tutto sopra (risp. sotto) il grafico di f . Questo equivale a richiedere che epi-f sia convesso (concavo). In Figura 16, la funzione è convessa, ossia l’epi-f è convesso; in Figura 17, è rappresentato il grafico di una funzione concava, cioè l’epi-f è concavo. 6.11 Funzioni concave e convesse: la derivata seconda 194 Figura 15 Figura 16 Figura 17 Sia f una funzione convessa in I . Per ogni x1 < x2 consideriamo il segmento (1 t)(x1 , f (x1 )) + t(x2 , f (x2 )) , t 2 [0, 1] . Tale segmento deve stare sopra il grafico. In altre parole, indicando 6.11 Funzioni concave e convesse: la derivata seconda 195 con xt l’ascissa del segmento e con yt l’ordinata, ciò significa che f (xt ) yt 8t 2 [0, 1] . Osserviamo che, essendo (1 t)(x1 , f (x1 )) + t(x2 , f (x2 )) = ((1 t)x1 + tx2 , (1 t) f (x1 ) + t f (x2 )), la condizione f (xt ) yt si traduce in f ((1 t)x1 + tx2 ) (1 t) f (x1 ) + t f (x2 ) 8t 2 [0, 1] , 8x1 < x2 2 I . Agli estremi si ha f (xt ) = yt . Se f (xt ) < yt (per ogni t estremi esclusi) si ha convessità stretta. Se f (xt ) yt per ogni t 2 [0, 1] e per ogni x1 < x2 si ha concavità; se f (xt ) > yt (per ogni t estremi esclusi) si ha concavità stretta. Introduciamo ora la nozione di derivata seconda di una funzione. Sia f :]a, b[! R una funzione derivabile in tutto l’intervallo ]a, b[ . Allora esiste la funzione f 0 :]a, b[! R che abbiamo chiamato derivata prima di f . Supponiamo che f 0 sia derivabile in un punto x0 2 ]a, b[ . La sua derivata in x0 si indica con f 00 (x0 ) (oppure D2 f (x0 ) o anche d2 f (x )) e viene detta derivata seconda di f in x0 . E analogamente per dx2 0 le derivate di ordine successivo al secondo. Enunciamo ora un teorema che fornisce un’utile criterio per stabilire se una data funzione è convessa. Teorema 6.40. Sia f :]a, b[! R una funzione derivabile. Allora f è convessa in ]a, b[ se e solo se f 0 è debolmente crescente in ]a, b[ . Dimostrazione. ()) dove f (xt ) (1 Siano a < x1 < x2 < b . Per ipotesi t) f (x1 ) + t f (x2 ) per ogni t 2 [0, 1] xt = (1 Se consideriamo t = x x1 , x2 x1 t)x1 + tx2 . x 2 [x1 , x2 ] si ha che xt = x e x2 x x x1 f (x1 ) + f (x2 ) x2 x1 x2 x1 con il secondo membro che è una combinazione convessa essendo x2 x x x1 x2 x1 + = =1 x2 x1 x2 x1 x2 x1 (6.15) f (x) 196 6.11 Funzioni concave e convesse: la derivata seconda x x1 (abbiamo di fatto xx22 xx1 = 1 t , = t) ). x2 x1 Abbiamo inoltre che x2 x x x1 x2 x1 xx1 + x2 x · x1 + · x2 = x2 x1 x2 x1 x2 x1 x(x2 x1 ) = = x. x2 x1 x1 x2 Ora, osserviamo che la (6.15) è equivalente a (x2 x1 ) f (x) (x2 x) f (x1 ) + (x x1 ) f (x2 ) ; inoltre, poiché x = (x2 x2 x1 ) (x x1 ) , l’ultima disequazione è equivalente a (x2 x1 ) f (x) (x2 x1 ) f (x1 ) (x x1 ) f (x1 ) + (x x1 ) f (x2 ) ossia (x2 x1 )( f (x) Ora, essendo (x2 x1 ) e (x f (x) x f (x1 )) ( f (x2 ) f (x1 ))(x x1 ) . x1 ) positivi, si ha f (x1 ) f (x2 ) x1 x2 f (x1 ) . x1 Abbiamo cosı̀ ottenuto che se f convessa risulta x1 < x < x2 f (x) x ) Quindi, per x ! x+1 , si ottiene f 0 (x1 ) f (x1 ) f (x2 ) x1 x2 f (x2 ) x2 f (x1 ) . x1 f (x1 ) . x1 Osserviamo ora che x x1 = (x x2 ) + (x2 x1 ) ; e sostituendo nella (6.15) si ha (x2 , , x1 ) f (x) (x2 (x2 x1 )( f (x) f (x) f (x2 ) x x2 x) f (x1 ) + (x x2 ) f (x2 ) + (x2 f (x2 )) (x x2 )( f (x2 ) f (x2 ) f (x1 ) x2 x1 f (x1 )) x1 ) f (x2 ) 197 6.11 Funzioni concave e convesse: la derivata seconda perchè x x2 < 0 e x2 x1 > 0. Allora prendendo x ! x2 si ottiene f (x2 ) x2 f 0 (x2 ) f (x1 ) x1 f 0 (x1 ) . Perciò la derivata prima di f è non descrescente. (() Siano ⇠1 2]x1 , x[ e ⇠2 2]x, x2 [, la cui esistenza è data dal Teorema di Lagrange, tali che f 0 (⇠1 ) = f (x) x f (x1 ) , x1 f (x2 ) x2 f 0 (⇠2 ) = f (x) . x Poichè f 0 è non decrescente si ottiene f (x) x f (x1 ) f (x2 ) x1 x2 f (x) x che equivale a (x2 x)( f (x) f (x1 )) (x , (x2 x) f (x) + (x (x2 x+x , (x2 x1 ) f (x) (x2 , x1 )( f (x2 ) x1 ) f (x) (x2 x1 ) f (x) (x2 f (x)) x) f (x1 ) + (x x) f (x1 ) + (x x) f (x1 ) + (x x1 ) f (x2 ) x1 ) f (x2 ) x1 ) f (x2 ) equivalente a sua volta alla (6.15) cioè alla convessità. ⇤ Corollario 6.41. Sia f :]a, b[! R una funzione derivabile due volte in ]a, b[ con f 0 continua in [a, b]. Allora f e convessa se e soltanto se f 00 (x) 0 8x 2 ]a, b[ . Esempio 6.42. Consideriamo la seguente funzione f (x) = x3 + x2 + x + 1 . Si ha f 0 (x) = 3x2 + 2x + 1 e f 00 (x) = 6x + 2 . Si osservi che f 0 (x) > 0 8x 2 R . Inoltre f 00 (x) = 0 , x= 1 3 6.11 Funzioni concave e convesse: la derivata seconda e f 00 (x) > 0 Nel punto x = x> , 198 1 . 3 1 si ha un flesso a tangente obliqua. 3 Definizione 6.43. Il punto x0 si dice flesso se esiste h > 0 tale che • f :]x0 , x0 + h[! R è convessa (o concava) , • f :]x0 h, x0 [! R è concava (o convessa) . Osservazione 6.44. Se x0 è un punto di flesso per f e la derivata seconda di f in x0 esiste, allora essa vale zero. Infatti, supponiamo per assurdo f 00 (x0 ) > 0 . Allora f 0 è strettamente crescente in un intorno di x0 . Procedendo analogamente, si domostra che non può essere f 00 (x0 ) < 0 . Teorema 6.45. Sia f :]a, b[! R una funzione derivabile in ]a, b[ . Allora f è convessa in ]a, b[ se e solo se 8x0 2 ]a, b[ si ha f (x) f (x0 ) + f 0 (x0 )(x x0 ) per ogni x 2]a, b[. Dimostrazione. ()) Consideriamo la funzione g(x) = f (x) f (x0 ) + f 0 (x0 )(x x0 ). Essa è tale che g(x0 ) = 0 . Sia x > x0 ; per il Teorema di Lagrange applicato in [x0 , x] si ha che 9 ⇠x 2]x0 , x[ : f (x) f (x0 ) = f 0 (⇠x )(x x0 ) . Pertanto la g(x) diventa g(x) = f 0 (⇠x ) f 0 (x0 ) (x x0 ) , < con x0 < ⇠x < x. Ora, essendo ⇠x > x0 si ha che f 0 (⇠x ) f 0 (x0 ) poiché f è convessa, e quindi la derivata è non decrescente. Sia poi x < x0 ; per il Teorema di Lagrange applicato in [x, x0 ] si ha che 9 ⌘x 2]x, x0 [ : f (x) f (x0 ) = f 0 (⌘x )(x x0 ) , quindi risulta g(x) = f 0 (⌘x ) f 0 (x0 ) (x x0 ) , con x < ⌘x < x0 , 199 6.12 Studio di funzione e poiché i termini f 0 (⌘x ) f 0 (x0 ) e x x0 sono entrambi negativi, si ha g(x) 0 . (() Sia a < x1 < x2 < b . Dall’ipotesi, scegliendo x = x1 e x0 = x2 , si ha f (x1 ) f (x2 ) + f 0 (x2 )(x1 x2 ) invece se x = x2 e x0 = x1 risulta f (x2 ) f (x1 ) + f 0 (x1 )(x2 x1 ) , f (x1 ) f (x2 ) f 0 (x2 )(x1 x2 ) ; , f (x2 ) f (x1 ) f 0 (x1 )(x2 x1 ) . Si ottengono quindi rispettivamente (ricordando che x1 < x2 ) f (x1 ) x1 f (x2 ) f 0 (x2 ) , x2 f (x2 ) x2 f (x1 ) x1 f 0 (x1 ) da cui f (x2 ) f (x1 ) f (x1 ) f (x2 ) = f 0 (x2 ) . x2 x1 x1 x2 Risulta dunque f 0 (x1 ) f 0 (x2 ) da cui si evince che f è debolmente crescente. ⇤ f 0 (x1 ) Esercizio 6.46. Sia f :]a, b[! R una funzione derivabile nel suo insieme di definizione. Se x0 è un punto di flesso per f , allora la retta tangente il grafico della funzione nel punto di coordinate (x0 , f (x0 )) attraversa il grafico di f (la di↵erenza tra il valore della funzione f e quello della tangente quando x si trova a destra e a sinistra di x0 cambia di segno). 6.12. Studio di funzione Studiare una funzione f significa analizzare alcune sue proprietà al fine di descrivere a livello qualitativo l’andamento del suo grafico. Per prima cosa si determina il dominio di f , si indagano eventuali simmetrie (ad esempio se f è pari o dispari) o periodicità della funzione e si determinano i punti di intersezione con gli assi. Si analizza quindi il comportamento della f agli estremi del dominio, si indiviuano gli evenutali asintoti orizzontali e verticali e si cercano, se esistono, gli asintoti obliqui. 200 6.12 Studio di funzione Dopo aver determinato la derivata di f (si isolano gli eventuali punti di non derivabilità), si studiano gli intervalli di monotonia della funzione e si individuano, se esistono, i punti di massimo e minimo. Si procede quindi, quando questo non è proibitivo, con il calcolo della derivata seconda per studiare gli intervalli di concavità o convessità della f e individuare gli eventuali punti di flesso. Seguendo questo schema, studiamo la seguente funzione: f (x) = e |x| p x2 5x + 6 . Il dominio massimale di f è D = {x 2 R : x 2 oppure x 3}. Ricerchiamo le eventuali intersezioni di f con gli assi cartesiani : f (x) = 0 x=2 _ p f (0) = 6 . , x = 3; Determiniamo l’andamento della funzione agli estremi del dominio: lim f (x) = 0, lim f (x) = 0 lim f (x) = 0, lim+ f (x) = 0. x! 1 x!2 x!+1 x!3 Scriviamo esplicitamente l’espressione della f : 8 p > > < e xp x2 5x + 6 , se x 2 D \ {x 0} f (x) = > > : ex x2 5x + 6 , se x 2 D \ {x < 0} Determiniamo l’espressione della derivata prima di f . Se x > 0 , si ha ! p 2x 5 0 x x 2 f (x) = e ( x 5x + 6) + e . p 2 x2 5x + 6 Osserviamo che ✓ ◆ 0 3 3 1 f+ (3) = e · 0 + e = +1 0 ✓ ◆ 1 f 0 (2) = e 2 · 0 + e 2 = 1 0 p 5 f+0 (0) = 6 + · p < 0. 2 6 201 6.13 Formule di Taylor Se invece x < 0 , allora p f (x) = ex x2 5x + 6 + e Inoltre x 2x p 2 x2 5 5x + 6 ! . p 6 5 p > 0. 2 6 Cerchiamo ora i punti di stazionarietà: per x < 0 abbiamo che ! 2 10x + 12 + 2x 5 0 x 2x f (x) = 0 , e =0 p 2 x2 5x + 6 , 2x2 8x + 7 = 0 f 0 (0) = le cui soluzioni p 4± 2 x1,2 = 2 sono entrambe positive e quindi fuori dall’insieme {x < 0} . Se x > 0 si ha che ! 2 2x + 12x 17 f 0 (x) = 0 , ex =0 p 2 x2 5x + 6 , 2x2 12x + 17 = 0 le cui soluzioni sono p p 6+ 2 6 2 x1 = , x2 = ; 2 2 x1 è accettabile, memtre x2 non lo è, in quanto cade fuori dal dominio di f . Pertanto il punto x = x1 è punto di massimo per il Teorema di Weierstrass generalizzato applicato all’intervallo ]3, +1[ . 6.13. Formule di Taylor Data una funzione, ci poniamo come obiettivo quello di approssimarla con un polinomio di grado n in un intorno di un dato punto x0 del suo dominio. Decidiamo di lavorare per semplicità con x0 = 0 . Vorremmo scrivere f come (6.16) f (x) = an xn + an 1 xn 1 + ... + a0 + R 202 6.13 Formule di Taylor dove il resto R è un infinitesimo di ordine superiore ad n , ossia R ! 0, xn e si scrive R = o(xn ). R(x) Poichè limx!x0 xn = 0 si avrà limx!x0 R(x) = 0, da cui a0 = f (0). Derivando poi la (6.16) si ottiene f 0 (x) = nan + an xn Si noti che 1 + (n f 00 (x) = n(n 1)an xn 2 R(0) 2 + ... + a1 + R0 (x) . R(x) =0 x!x0 x!x0 x x e quindi R0 (0) = 0. Allora se f 0 ammette limite in 0 si deve avere a1 = f 0 (0). La derivata seconda è data da lim R(x) 1)an 1 xn + (n = lim 1)(n 2)an 1 xn 3 + ... + 2a2 + R00 (x) , pertanto, in modo analogo, se f 00 ha limite in 0 si ricava che 2a2 = f 00 (0) . Esempio 6.47. Per n = 3 , si ha f (x) = a3 x3 + a2 x2 + a1 x + a0 + R(x) f 0 (x) = 3a3 x2 + 2a2 x + a1 + R0 (x) f 00 (x) = 6a3 x + 2a2 + R00 (x) f 000 (x) = 6a3 + R000 (x) . Quindi f (0) = a0 f 0 (0) = a1 f 00 (0) = 2a2 = 2!a2 f 000 (0) = 6a3 = 3!a3 . Si definisce polinomio di Taylor di f (se esiste) il polinomio n X f (i) (0) i Pn (x) = ·x i! i=0 203 6.13 Formule di Taylor dove la derivata di ordine 0 , ossia f 0 , è la funzione stessa. Da quanto abbiamo visto per n = 3, e che è valido in generale, se f è approssimabile come in (6.16), il polinomio che la approssima è necessariamente il polinomio di Taylor. Teorema 6.48 (Resto di Peano). Sia f :]a, b[! R una funzione derivabile n volte in ]a, b[ , e sia x0 2 ]a, b[ . Allora n X f (i) (x0 ) (6.17) f (x) f (x0 ) = (x x0 )i + o((x x0 )n ) . i! i=1 dove o((x x0 )n ) viene detto Resto di Peano. Osservazione 6.49. Notiamo che per n = 1 la (6.17) corrisponde alla definizione di derivata. Dimostrazione (Teorema 6.48). Dimostriamo il Teorema per n = 3 , ossia facciamo vedere che (6.18) h i f 00 (x ) f 000 (x ) f (x) f (x0 ) f 0 (x0 )(x x0 ) + 2 0 (x x0 )2 + 6 0 (x x0 )3 x!x0 ! 0 (x x0 )3 il che equivale ad a↵ermare che il resto è un infinitesimo di ordine superiore a 3. Osserviamo innanzitutto che sia il numeratore che il denominatore della (6.18) sono funzioni derivabili. Per fissare le idee, decidiamo di lavorare sotto l’ipotesi x > x0 . Applichiamo il Teorema di Cauchy nell’intervallo [x0 , x] : esiste ⇠ 2]x0 , x[ tale che l’espressione (6.18) risulta uguale a ✓ ◆ f 00 (x0 )(⇠ x0 )2 0 0 00 f (⇠) f (x0 ) + f (x0 )(⇠ x0 ) + 2 (6.19) . 3(⇠ x0 )2 Applichiamo di nuovo Cauchy ma questa volta nell’intervallo [x0 , ⇠] : possiamo a↵ermare che esiste ⌘ 2 ]x0 , ⇠[ tale che l’espressione in (6.19) è equivalente a f 00 (⌘) f 00 (x0 ) + f 000 (x0 )(⌘ 6(⌘ x0 ) x0 ) . Ciò che vorremmo far vedere è che quest’ultima espressioen converge a 0 quando x ! x0 . Possiamo riscrivere tale espressione nel seguente 204 6.13 Formule di Taylor modo 1 f 00 (⌘) 6 (⌘ f 00 (x0 ) x0 ) f 000 (x0 )(⌘ x0 ) (⌘ x0 ) ! 00 f (x0 ) 000 f (x0 ) ; x0 ) 1 f 00 (⌘) = 6 (⌘ ! pertanto la nostra tesi diventa lim ⌘!x0 f 00 (⌘) (⌘ f 00 (x0 ) = f 000 (x0 ) x0 ) (si osservi che quando x converge a x0 , anche ⇠ e di conseguenza ⌘ convergono a x0 , poiché si ha x0 < ⌘ < ⇠ < x) , ma ciò è vero poiché si tratta della definizione di derivata di ordine 3 della funzione f nel punto x0 . Generalizzando questa procedura si può dimostrare il teorema per ogni n . ⇤ Esercizio 6.50. Calcolare il seguente limite arctan x . x!0 x3 Si tratta di una forma indeterminata risolubile con la tecnica di L’Hopital riassunta nel seguente teorema: lim x Teorema 6.51 (Teorema di L’Hopital). Siano f, g funzioni derivabili in un intorno del punto x0 (eventualmente escluso x0 ) tali che lim f (x) = 0 x!x0 lim g(x) = 0 . x!x0 Se in un intorno di x0 si ha g(x) , 0, g0 (x) , 0 per ogni x , x0 , allora risulta f (x) f 0 (x) lim = lim 0 x!x0 g(x) x!x0 g (x) purchè il secondo limite esista. Quindi si ottiene lim x!0 x 1+x2 1 arctan x H x2 1 1+x2 = lim = lim = . 3 2 2 2 x!0 3x x!0 3x (1 + x ) x 3 Proviamo ora a percorrere una strada alternativa. Quello che ci proponiamo di fare è scrivere lo sviluppo della funzione arcotangente 205 6.13 Formule di Taylor in un intorno del punto x0 = 0 arrestato al terzo ordine. Indichiamo per semplicità la funzione arctan x con f (x) . Si ha f (x) = arctan x 1 f 0 (x) = 1 + x2 1 f 00 (x) = · 2x (1 + x2 )2 " # x 000 f (x) = 2D (1 + x2 )2 " # (1 + x2 )2 2x(1 + x2 ) · 2x = 2 (1 + x2 )4 " # (1 + x2 ) 4x2 = 2 (1 + x2 )3 2 = · (1 3x2 ) (1 + x2 )3 ) f (0) = 0 ) f 0 (0) = 1 ) f 00 (0) = 0 ) f 000 (0) = 2 . Quindi abbiamo ottenuto il seguente sviluppo 2x3 + o(x3 ) . 6 arctan x = x Pertanto il limite iniziale diventa lim x!0 x x arctan x = lim x!0 x3 x + 13 x3 x3 o(x3 ) = 1 3 x lim 3 3 x!0 x o(x3 ) 1 = . x3 3 Un altro modo di risolvere il limite è quello di applicare una sostituzione per riconoscere eventuali limiti notevoli noti: y = arctan x ) x = tan y 206 6.13 Formule di Taylor da cui lim x!0 x tan y y arctan x = lim 3 y!0 tan3 y x = lim y!0 = lim y!0 = lim tan y y y3 · y3 tan3 y sin y cos y y3 sin y = lim y cos y y3 y!0 (6.20) y sin y y cos y y3 y!0 · 1 cos y . A questo punto, possiamo ricorrere allo sviluppo con resto di Peano delle funzioni seno e coseno in un intorno di 0 . Come fatto precedentemente per la funzione arcotangente, si ottengono i seguenti sviluppi (6.21) sin x = x (6.22) cos x = 1 x3 x5 + 3! 5! x2 x4 + 2 4! x7 + ... 7! x6 + ... . 6! Utilizzando tali sviluppi arrestati al terzo ordine, il limite in (6.20) diventa uguale a (6.23) lim y y3 3! 3 + o(y ) y 1 y2 2 + o(y3 ) y3 y!0 y y3 6 y+ y3 2 + o(y3 ) (6.24) = lim (6.25) 1 y3 o(y3 ) 1 = lim · 3 + 3 = . y!0 3 y y 3 y!0 y3 Presentiamo di seguito gli sviluppi di alcune tra le principali funzioni elementari: 207 6.13 Formule di Taylor x3 x5 x2n+1 + ... + ( 1)n + o(x2n+1 ) 3! 5! (2n + 1)! x2 x4 x2n cos x = 1 + ... + ( 1)n + o(x2n ) 2! 4! (2n)! x3 x5 x2n+1 arctan x = x + + ... + ( 1)n + o(x2n+1 ) 3 5 2n + 1 x2 x3 xn ex = 1 + x + + + ... + + o(xn ) 2! 3! n! 2 3 n x x n 1 x ln(1 + x) = x + ... + ( 1) + o(xn ) 2 3 n ↵(↵ 1) ↵(↵ 1) · · · (↵ (1 + x)↵ = 1 + ↵ x + x2 + ... + 2 n con ↵ 2 R . sin x = x n + 1) xn + o(xn ) , Vale il seguente risultato. Teorema 6.52 (Resto di Lagrange). Sia f : ]a, b[! R una funzione derivabile (n + 1) volte. Allora per ogni x, x0 2 ]a, b[ esiste ⇠x nell’intervallo aperto di estremi x0 ed x tale che f (x) = f (x0 ) n X f (i)(x0 ) (x i! i=1 x0 )i + f (n+1) (⇠x ) (x (n + 1)! x0 )n+1 . La quantità f (n+1) (⇠x ) (x x0 )n+1 (n + 1)! è detto Resto di Lagrange di ordine n + 1. Dimostrazione (Teorema 6.52). Come fatto per il teorema precendente, procediamo dimostrando il risultato per n = 3 . Sia ! f 00 (x0 ) f 000 (x0 ) 0 2 3 G(x) = f (x) f (x0 ) f (x0 )(x x0 ) + (x x0 ) + (x x0 ) 2 3! e consideriamo G(x) (x x0 )4 4! . 208 6.13 Formule di Taylor Per fissare le idee, supponiamo x > x0 . Per il Teorema di Cauchy esistono ⇠1 2 ]x0 , x[ , ⇠2 2 ]x0 , ⇠1 [ , ⇠3 2 ]x0 , ⇠3 [ tali che G(x) G0 (⇠1 ) G00 (⇠2 ) G000 (⇠3 ) = = = . (⇠3 x0 ) (⇠1 x0 )3 (⇠2 x0 )2 (x x0 )4 3! 2! 4! Dalla definzione di G si ha che ! f 000 (x0 ) 0 0 0 00 2 G (x) = f (x) f (x0 ) + f (x0 )(x x0 ) + (x x0 ) 2 (6.26) G00 (x) = f 00 (x) f 00 (x0 ) + f 000 (x0 )(x G000 (x) = f 000 (x) f 000 (x0 ) ; x0 ) pertanto risulta G000 (⇠3 ) = f 000 (⇠3 ) f 000 (x0 ) , grazie alla quale la (6.26) diventa G(x) (x x0 )4 4! f 000 (⇠3 ) = ⇠3 f 000 (x0 ) , x0 e per il Teorema di Lagtange applicato a f 000 esiste ⇠ nell’intervalli di f 000 (⇠3 ) f 000 (x0 ) estremi x0 e ⇠3 tale che = f (4) (⇠) da cui la tesi. ⇤ ⇠3 x0 Il seguente teorema fornisce un risultato utile per individuare massimi e minimi di una funzione. Teorema 6.53. Sia f 2 C2 (]a, b[) (derivabile due volte con derivata continua) e x0 2 ]a, b[ . Sia inoltre f 0 (x0 ) = 0 . Valgono i seguenti risultati: 1) se f 00 (x0 ) > 0 allora x0 è punto di minimo locale; 2) se f 00 (x0 ) < 0 allora x0 è punto di massimo locale. Dimostrazione. Dimostriamo la 1) (il secondo risultato si dimostra in modo analogo). Dalla formula di Taylor con resto di Peano arrestato al secondo ordine si ha f 00 (x0 ) f (x) f (x0 ) = f 0 (x0 ) + (x x0 )2 + o((x x0 )2 ) 2 f 00 (x0 ) = (x x0 )2 + o((x x0 )2 ) 2 ! f 00 (x0 ) o(x x0 )2 2 = (x x0 ) + 2 (x x0 )2 209 6.13 Formule di Taylor e tale espressione assume valori strettamente positivi in un intorno f 00 (x ) del punto x0 . Infatti, la quantità tra parentesi tende a 2 0 quindi per il teorema della permanenza del segno è positiva. Inoltre anche (x x0 )2 essendo un quadrato, è un valore positvo. Deduciamo pertanto che f (x) > f (x0 ) in un intorno di x0 , ossia x0 è un minimo locale. ⇤ Osservazione 6.54. Applichiamo ora il teorema relativo agli sviluppi di Taylor con resto di Lagrange alla funzione esponenziale f (x) = ex in x0 = 0 . Abbiamo quindi che esiste ⇠x nell’intervallo aperto di estremi 0 e x tale che 0 n 1 BBX 1 i CC e⇠x x e = 1 + BB@ x CCA + xn+1 . i! (n + 1)! i=1 Se x = 1 si ottiene e=1+1+ 1 1 e⇠n + ... + + , 2 n! (n + 1)! con ⇠n 2 ]0, 1[ . Cerchiamo di analizzare alcune proprietà. e⇠n = 0 . Infatti per il Teorema del confronto n!+1 (n + 1)! 1) lim 0< Quindi e⇠n e < ! 0. (n + 1)! (n + 1)! 1 X 1 i=0 i! ⌘ lim n!+1 n X 1 i=0 i! = e. ✓ ◆ 1 n 2) e = lim 1 + : n!+1 n questa è la definizione che abbiuamo dato del numero di Nepero. Ci chiediamo qual è l’ordine di infinitesimo con cui ✓ ◆ 1 n la successione 1 + e tende a zero. Si ha che n ✓ ◆ 1 n 1 1+ e = en log(1+ n ) e n ⇣ ⌘ 0 1 1 log(1+ n ) 1 B CC log 1 + 1/n e e BBB n CC = · 1 B CC B 1 @ A log(1+ n ) 1/n 1 1/n 210 6.13 Formule di Taylor Lo sviluppo di Taylor della funzione logaritmica arrestato al secondo ordine e’ dato da log(1 + x) = x + x2 + o(x2 ). 2 Allora an = ⇣ ⌘ log 1 + n1 1 n 1 n = 1 n 1 2 ⇣ ⌘2 1 n +o ⇣ ⌘ 1 n2 1 n ove con il simbolo ' si intende che an ed ordine di infinitesimo. Allora e 1 n ( 1 log 1+ n 1/n 1 n ) e 1 n ' 1 , n hanno lo stesso , ha limite finito diverso da zero e quindi la di↵erenza ✓ ◆ 1 n 1+ e tende a zero con la stessa ”rapidità” della n 1 successione . n 3) Cerchiamo n tale che e⇠n 1 < , (n + 1)! 1000 in modo da avere un valore numerico di e approssimato a meno di un millesimo. Osserviamo che 0< e⇠n e 4 (n + 1)! (n + 1)! (n + 1)! quindi basta scegliere n tale che (n + 1)! > 4000 ossia n Con n = 6 si ha 1+1+ 1 1 1 1 1 1440 + 360 + 120 + 30 + 6 + 1 + + + + = 2 3! 4! 5! 6! 720 1957 = = 2, 718... 720 1 approssimato a meno di 1000 . In particolare e 2 ]2, 3[ . 4) Il numero e è un numero irrazionale. 6. 211 6.13 Formule di Taylor Dimostrazione. Dimostriamo l’irrazionalità di e usando la relazione n X 1 e⇠n e= + , k! (n + 1)! k=0 ove ⇠n 2]0, 1[ per ogni n. Supponiamo per assurdo che e sia razionale, ossia che esistano p, q 2 N primi tra loro e non nulli tali che e = p/q . Sostituendo nell’espressione precedente, si ottiene, per ogni n, n p X1 e⇠n = + . q k! (n + 1)! k=0 Scegliendo n = q si ottiene p 1 1 1 e⇠q = 1 + 1 + + + ... + + . q 2! 3! q! (q + 1)! Moltiplichando quindi ambo i membri per q! si ha ! q! q! e⇠q p(q 1)! = q! + q! + + + ... + q + 1 + , 2 3! (q + 1) da cui p(q 1)! ! q! q! e⇠q q! + q! + + + ... + q + 1 = . 2 3! (q + 1) Osserviamo che il primo membro è un numero intero, essendo la di↵erenza di due interi; di conseguenza anche il secondo membro è un intero, ed essendo rapporto di due numeri e⇠q 3 positivi, è un numero naturale non nullo. Ma (q+1) < q+1 . Se ⇠q 3 e q 2 si ha q+1 1, in contraddizione col fatto che (q+1) deve essere un numero naturale. Ma se q = 1 si ha e = p 2 N, in contraddizione con e 2]2, 3[. ⇤ 5) Sappiamo che e=1+1+ 1 1 1 e⇠n + + ... + + 2 3! n! (n + 1)! Mostriamo che lim ⇠n = 0 . n!+1 ⇠n 2 ]0, 1[ . 212 6.14 Esercizi Se consideriamo l’(n + 1)-esimo termine dello sviluppo, si ha e=1+1+ 1 1 1 e⇠n+1 + ... + + + 2 n! (n + 1)! (n + 2)! e⇠n 1 e⇠n+1 = + . (n + 1)! (n + 1)! (n + 2)! ) Quindi e ⇠n e⇠n+1 =1+ n+2 ⇠n+1 2 ]0, 1[ . Ma 0< quindi e⇠n+1 n+2 e⇠n+1 e < ! 0, n+2 n+2 ! 0 e si ha e⇠n ! 1. Dunque ⇠n ! 0. 6.14. Esercizi Esercizio 1. Utilizzando gli sviluppi di Taylor con resto di Peano, calcolare i seguenti limiti di funzioni: 1. lim x!0 2. lim x!0 ex 1 + log(1 tan x x tan x x (1 cos x) sin x x) 213 6.14 Esercizi 2 3. lim ex 3 2 x 2 cos x p x4 x!0 2 ex log(1 + x arctan x) + 1 4. lim p x!0 1 + 2x4 1 2 5. lim 2 sin(ex x!0 6. lim sin(x2 ) x tan (3x) sin x x!0 9. lim sin x x 2 esin x x!0 8. lim sin2 x log4 (1 + x) x!0 7. lim 3 arctan(x2 ) cos x) x4 p4 log(cos x) x sin x 1 4x2 + x4 x4 x!0 " 1 + x2 2x2 1 10. lim x 1 + log x!+1 2x2 ! 4 1 cos x # Esercizio 2. Determinare, se esistono, a, b 2 R tali che lim x!0 a sin x + b(1 x4 cos x) = 1. Esercizio 3. Disegnare approssimativamente il grafico di ciascuna delle seguenti funzioni: 6.14 Esercizi 1. f (x) = x |x + 1| ✓ 1+x 2. f (x) = log 1 x 3. f (x) = ◆ x2 + x + 2|x| x+1 4. f (x) = xe 1 2 2x 1 x 5. f (x) = e 1+x 6. f (x) = cos x sin x 1 7. f (x) = arctan x + log(1 + x2 ) 214 CAPITOLO 7 Serie numeriche Nel capitolo precendente, ci siamo occupati dell’approssimazione di funzioni tramite polinomi (vedere Sezione 6.13 relativa alle formule di Taylor). Tali polinomi sono definiti tramite una somma finita di termini. In questo secondo capitolo, ci occuperemo di somme infinite, ovvero di serie, ed individueremo alcuni criteri utili per capire se sommando infiniti termini si ottiene un risultato finito o infinito. 7.1. Prime definizioni Sia an una successione definita per n n0 . La successione definita nel seguente modo N X SN = an n=n0 è detta somma parziale N-esima ed è la somma di tutto o termini di an che hanno indice compreso tra n0 ed N (estremi inclusi). Possiamo definire a questo punto la somma dei termini della successione da n0 in poi come +1 X an ⌘ lim SN , N!+1 n=n0 dove +1 X an è detta serie di termine generale an . n=n0 Esempio 7.1. Nel precedente capitolo abbiamo visto che 1 scegliendo an = si ha n! +1 X an = e. n=0 215 7.2 Il paradosso di Achille e della tartaruga 216 Se il limite della somma paziale è finito, si parla di serie convergente. Se il limite e’ ±1, si parla di serie divergente. Se il limite di SN non esiste, si dice che la serie è indeterminata. 7.2. Il paradosso di Achille e della tartaruga Dedichiamo questa sezione alla presentazione di uno dei più famosi paradossi sul movimento dell’antichità, quello di Achille e della tartaruga, proposto dal filosofo greco Zenone di Elea nel V secolo a.C., e risolto formalmente solo nel XVII secolo da Gregorio di San Vincenzo grazie all’utilizzo di nuovi strumenti matematici e in particolare delle serie. Achille e la tartaruga si sfidano in una gara di velocità (in Figura 1 viene illustrata la situazione). Poiché Achille (A) è più veloce, concede un vantaggio iniziale alla tartaruga (T): al tempo t0 Achille è in x0 e la tartaruga in x1 con x1 > x0 . Figura 1 Al tempo t1 A ha raggiunto la posizione x1 , ma nel frattempo T si è spostata in x2 . Al tempo t2 , A si trova in x2 , e T è arrivata in x3 . Al tempo t3 , A è in x3 mentre T si è spostata in x4 e cosı̀ via... Seguendo questo ragionamento, pur avvicinandosi sempre di più alla tartaruga (gli intervallini diventano sempre più piccoli), Achille non la raggiungerà mai! 7.3 La serie geometrica 217 Per gli antichi, non era ancora chiaro che la somma di infiniti termini potesse essere finita. Tale paradosso verrà chiarito formalmente solo con l’introduzione delle serie, che sono appunto somme di infiniti termini ma che possono comunque portare ad un risultato finito (si parla in tal caso di serie convergenti). 7.3. La serie geometrica Per ogni q 2 R si definisce serie geometrica la seguente serie +1 X qn = 1 + q + q2 + q3 + ... n=0 Il numero q è detto ragione della serie geometrica. Il carattere della serie dipende dal valore di q . Precisamente, si distinguono i seguenti casi: 8 > > +1 , se q > 1 > > > > > +1 , se q = 1 > > +1 > X > 1 < , se |q| < 1 qn = > > > 1 q > n=0 > > > indeterminata , se q = 1 > > > > : indeterminata , se q < 1. Infatti se q , 1 , possiamo determinare la somma parziale della serie: N X 1 qN+1 SN = qn = . 1 q n=0 Se invece q = 1 risulta N X n=0 qn = N + 1 ! +1 . 218 7.4 Alcuni risultati 7.4. Alcuni risultati Enunciamo ora un importante criterio che ci permette di stabilire, studiandone il termine generale, se una serie può convergere o meno. Teorema 7.2. Se la serie +1 X an converge, il termine n-esimo è n=0 infinitesimo, cioè an ! 0 . Dimostrazione. Per ipotesi sappiamo che SN = N X an ! n=0 l 2 R. Di conseguenza anche SN+1 = N+1 X an n=0 ! l 2 R. Ma SN+1 SN = an+1 ed essendo SN+1 si conclude la tesi. SN ! l l=0 ⇤ Esempio 7.3. Applicando il criterio appena enunciato, la serie +1 X ⇡ sin(n ) 2 n=0 risulta non convergente, poiché se fosse convergente, il suo termine generale dovrebbe convergere a zero. Osservazione 7.4. In riferimento al paradosso di Achille e della tartaruga, abbiamo detto che in quel caso la somma di infiniti termini via via sempre più piccoli porta ad un risultato finito. Ciò potrebbe indurre in una errata interpretazione del Teorema 7.2, ossia P si potrebbe pensare che se an è infinitesimo, allora an converge. Sottolineiamo quindi che il Teorema 7.2 non fornisce una condizione 219 7.4 Alcuni risultati sufficiente a garantire la convergenza di una data serie, ma è soltanto una condizione necessaria per la convergenza. Infatti, la serie 1 X 1 , n n=1 1 n detta serie armonica, è tale che la serie diverge. è infinitesimo ma dimostreremo che In generale , vale il seguente risultato. Teorema 7.5. Se +1 X n=0 risulta convergente la serie Inoltre an è una serie convergente, allora per ogni n0 +1 X ak = Rn0 (resto della somma a partire da n0 ) . k=n0 lim Rn0 = 0 . n0 !+1 Dimostrazione. Dimostriamo anzitutto la convergenza della +1 X serie ak . Sia k=n0 Sn = n X ak k=0 la somma parziale n-esima della serie e indichiamo con Sn,h = h X con h ak , n k=n la somma dei termini ak aventi indice compreso tra n e k . Si osservi che se h n (7.1) Sn 1 + Sn,h = Sh . Per ipotesi, sappiamo che la serie è convergente, cioè +1 X n=0 an = l 2 R , in particolare per n ! +1 si ha Sn (7.2) 1 ! l ; inoltre per h ! +1 risulta Sh ! l . 220 7.5 Criteri di convergenza Ora, ponendo X Rn = ai i n si ha che Sn,h ! Rn se h ! +1; quindi dalla (7.1) e dalla (7.2) segue che Sn 1 + Sn,h ! l + Rn e Sh ! l se h ! +1. di conseguenza, per n ! +1 si conclude che Rn ! 0 . ⇤ 7.5. Criteri di convergenza In questa sezione, presentiamo alcuni criteri utili per stabilire il carattere di una serie. 7.5.1. Serie a termini positivi. Una serie a termini positivi è una +1 X serie del tipo ak con termini ak 0 per ogni k . k=0 Osservazione 7.6. Osserviamo che se ak somma parziale +1 X SN = an 0 per ogni k, allora la n=0 è non decrescente ossia SN+1 SN = an+1 0 , +1 X di conseguenza la serie an è convergente oppure diverge a +1 n=0 (ricordiamo infatti che le successioni monotone ammettono sempre limite). Osservazione 7.7. In generale, data una serie +1 X n=0 +1 X n=0 an = n 0 1 X n=0 an + +1 X n=n0 an . an risulta 7.5 Criteri di convergenza 221 Possiamo quindi osservare che, dal punto di vista della convergenza, è sufficiente studiare la serie a partire da un certo n0 in poi. Il ``sempre vero ´´e il ``definitivamente vero ´´non fanno alcuna di↵erenza nello studio della convergenza di una serie. 1) Criterio del confronto. Supponiamo che 0 an bn sia definitivamente vera. X X 1. Se an = +1 ) bn = +1 ; 2. se X bn < +1 X ) an < +1 . Dimostrazione. Osserviamo che per ipotesi esiste n0 : N X n=n0 an N X n=n0 bn 8N > n0 , pertanto 1. se indichiamo con SN e TN le somme parziali N-esime riP spettivamente di ciascuna serie, si ha che an = +1 implica SN ! +1 e di conseguenza TN ! +1 ; 2. l’estremo superiore dei valori assunti dalla successione PN n=n0 bn è maggiore o uguale al sup dei valori della P successione N n=n0 an , che deve quindi essere finito. ⇤ Osservazione 7.8. Verifichiamo intanto che X1 n 1 n (detta serie armonica) è divergente. A tal fine, applichiamo il principio di induzione per dimostrare che la proprietà p(n) : n X 1 k=1 k > log(n + 1) . è vera per ogni n . Ovviamente la proprietà per n = 1 è vera, essendo p(1) : 1 > log2 , e > 2. 7.5 Criteri di convergenza 222 Mostriamo ora che p(n) ) p(n + 1) : risulta 0 n 1 n+1 X 1 BBBX 1 CCC 1 1 CC + = BB@ > log(n + 1) + , A k n n+1 n+1 k=1 k=1 quindi è sufficiente mostrare che 1 > log(n + 2) . n+1 Tale proprietà è vera se e solo se ✓ ◆ ✓ ◆ 1 n+2 1 > log = log 1 + , n+1 n+1 n+1 log(n + 1) + a sua volta equivalente a 1 n+1 Chiamiamo 1 n+1 ✓ ◆ 1 log 1 + > 0. n+1 ⌘ x e studiamo la funzione 1 2 per individuare i valori di x che la rendono positiva. La derivata prima di f è 1 x f 0 (x) = 1 = 1+x 1+x ed è non negativa per x > 0 . Poichè f (0) = 0 la proprietà è vera per ogni n e la serie armonica risulta divergente. f (x) = x log(1 + x) con 0 < x Osservazione 7.9. Abbiamo visto che la serie X1 n n 1 è divergente. La serie armonica è un caso particolare della serie +1 X 1 n↵ n=1 detta serie armonica generalizzata. Risulta (verrà dimostrato più avanti) ( X 1 +1 , se 0 < ↵ 1 = ↵ n < +1 , se ↵ > 1 . n 1 223 7.5 Criteri di convergenza 2) Criterio del confronto asintotico. Se esistono 0 < A < B < +1 tali che (7.3) Aan bn Ban d.v. P P allora an e bn hanno lo stesso carattere (cioè sono entrambe convergenti o entrambe divergenti). Dimostrazione. Se (7.3) è definitivamente vera, a meno di modificare un numero finito di valori della successione posso supporre che Aan bn Ban sia vera per ogni n. Quindi N X n=0 Aan Allora A N X n=0 +1 X n=0 bn an N X Ban per ogni N. n=0 +1 X n=0 bn B +1 X bn n=0 da cui segue la tesi applicando il teorema del confronto per successioni. ⇤ se Osservazione 7.10. La proprietà Aan bn Ban vale ad esempio bn = l 2 ]0, +1[ , n!+1 an per il Teorema della permanenza del segno. 9 lim Esempio 7.11. Grazie al Criterio del confronto asintotico la serie +1 ✓ ◆ X 1 sin n n=1 risulta divergente perché sin n1 si comporta come n1 , coè per n ! +1 si ha ⇣ ⌘ sin n1 ! 1. 1 n Esempio 7.12. Consideriamo la serie di Mengoli : X1 1 · . n n + 1 n 1 224 7.5 Criteri di convergenza Grazie al Criterio del confronto asintotico, osservando che 1 1 n n+1 1 n2 n ! 1, n+1 X1 X 1 1 abbiamo che il comportamento di · è lo stesso di . 2 n n + 1 n n 1 n 1 La somma parziale della serie di Mengoli può essere calcolata esplicitamente. Infatti = 1 1 1 · = n n+1 n 1 . n+1 Pertanto N N X X 1 1 1 1 · = n n+1 n n+1 n=1 n=1 ✓ ◆ ✓ ◆ ✓ 1 1 1 1 = 1 + + 2 2 3 3 1 = 1 ! 1. N+1 P Dunque anche la serie n 1 n12 converge. ◆ ✓ 1 1 + ... + 4 N 1 N+1 ◆ Esempio 7.13. Determiniamo il carattere della serie ! 1 X n3 + 3n2 1 n x . n + 3 n=1 Poiché xn deve tendere a 0 , mi limito a considerare |x| < 1 . Ora ✓ ◆n n3 + 3n2 1 n n3 + 3n2 1 ↵ n |x| < ↵ , < . n+3 n+3 |x| Dunque scegliendo ↵ tale che |x| < ↵ < 1 si deduce che la serie converge per |x| < 1. Esempio 7.14. Studiare il carattere della serie +1 ✓ ◆ X 1 1 sin . n n n=1 Osserviamo che 1 n sin 1 n ⇣ ⌘ 1 n =1 sin n1 1 n ! 0, 225 7.5 Criteri di convergenza quindi non possiamo utilizzare il Criterio del confronto asintotico. Ricordiamo che x3 sin x = x + o(x3 ) , 3! quindi ! ! o(x3 ) x3 3 3 1 x sin x = x x + + o(x ) = x + 3 3! 6 x da cui Ma P 1 n sin ⇣ ⌘ 1 n = 1 n3 1 n 1 n3 < +1 perhcè 1 n3 1 n3 ⇣ 1 6 + 1 n3 1 n3 1 n2 ·o ⇣ ⌘⌘ 1 n3 per ogni n ! 1 . 6 1. Esempio 7.15. Studiare il carattere della serie X 1 1 en 1 . n n 1 Si ha ✓ ◆ 1 1 1 e 1 = 2 +o 2 n n n X 1 quindi la serie converge dato che < +1 . n2 n 1 1 n Esempio 7.16. Studiamo il carattere della serie ✓ ◆ X n+1 log . n+2 n 0 Si ha ✓ n+1 log n+2 Pertanto ◆ X ✓ ◆ ✓ n+2 1 = log = log 1 n+2 ✓ ◆ 1 1 = +o . n+2 n+2 ✓ log 1 n 0 ◆ 1 ⇠ n+2 X n 0 e quest’ultima serie è divergente essendo 1 n+2 1 n = n ! 1. n+2 1 n+2 1 n+2 ◆ 226 7.5 Criteri di convergenza Esempio 7.17. Studiamo il carattere della serie 1 X p 2 n. n=0 Osserviamo che 1 1 n2 2 p se e solo se, ponendo m = n , si ottiene p n 1 1 4. m 2 m m Tale proprietá é definitivamente vera perchè m2 4 ! +1. Quindi, poiché la serie di termine generale m14 converge, converge anche la serie iniziale. 3) Criterio della radice (da dimostrare per esercizio). Consideriamo la serie • Se esiste il lim n!+1 • se esiste il lim n!+1 X p n p n an , con an n 0 an = l > 1 an = l < 1 ) ) 0 8n . X n 0 X an = +1 ; an < +1 . n 0 4) Criterio del rapporto (da dimostrare per esercizio). Sia X n 0 an , con an > 0 8n . an+1 =l>1 n!+1 an an+1 • se esiste il lim =l<1 n!+1 an • Se esiste il lim ) ) X n 0 X an = +1 ; an < +1 . n 0 Esempi 7.18. Studiamo il carattere delle seguenti serie. +1 n X a (1) . n n n=1 Applicando il Criterio della radice, risulta r n a n a = !0 nn n 7.5 Criteri di convergenza 227 si conclude che la serie converge. +1 X 1 (2) . n! n=0 Osserviamo che 1 (n+1)! 1 n! = n! 1 = !0 (n + 1)! n + 1 quindi nuovamente per il Criterio della radice la serie converge. 7.5.2. Serie di successioni a segno variabile. X Definizione 7.19. Si dice che la serie an è assolutamente n 0 X convergente se |an | < +1 . n 0 Teorema 7.20. Se una serie è assolutamente convergente, allora è convergente. Dimostrazione. Chiamiamo S+n = n X ak k=0 ak 0 e Sn = n X ak , k=0 ak <0 e osserviamo che Sn = S+n Sn . Inoltre entrambe le successioni S+n e Sn sono non decrescenti. D’altra parte n X + Sn |ak | k=0 quindi per il Criterio del confronto si ha che S+n analogamente, essendo n X Sn |ak | k=0 ! l+ 2 R ; 228 7.5 Criteri di convergenza segue che Sn ! l 2 R . Pertanto Sn = S+n Sn ! l+ l 2R e si conclude la tesi. ⇤ Esempio 7.21. La serie X ( 1)n n2 n 1 è assolutamente convergente. Infatti X |( 1)n | X 1 = < +1 . 2 2 n n n 1 n 1 Osservazione 7.22. Non vale il viceversa del Teorema 7.20, poiché esistono serie convergenti che non sono assolutamente convergenti. P ( 1)n Si consideri ad esempio n 1 n . Per far vedere che la serie seguente criterio. X ( 1)n è convergente si utilizza il n n 1 Criterio di Leibnitz Xper le serie a segno alterno. Consideriamo la serie ( 1)n an con an 0 . Se an è una seccessione n 0 monotona non crescente e convergente a 0 (an & 0), allora la serie è convergente. Dimostrazione. Sia Sn = n X ( 1)k ak k=0 e consideriamo S2n e S2n+1 . Vogliamo mostrare che entrambe le successioni convergono allo stesso limite. La successione S2n è monotona non crescente, infatti S2n+2 S2n = 2n+2 X k ( 1) ak k=0 2n X ( 1)k ak k=0 = ( 1)2n+1 a2n+1 + ( 1)2n+2 a2n+2 = a2n+2 a2n+1 0 229 7.5 Criteri di convergenza essendo la successione an non crescente. La serie S2n+1 è monotona non descrescente dato che S2n+3 S2n+1 = ( 1)2n+2 a2n+2 + ( 1)2n+3 a2n+3 = a2n+2 a2n+3 0 poiché an è non crescente. Dunque S2n e S2n+1 ammettono limite perché entrambe successioni monotone. Ora dimostriamo che per entrambe il limite esiste finito ed è lo stesso. Essendo S2n+1 non decrescente, risulta S1 S2n+1 = S2n + ( 1)2n+1 a2n+1 = S2n a2n+1 . Ma per la non crescenza di S2n si ha S2n S2 e quindi S2n+1 è limitata e ovviamente lo è anche S2n . Dunque S2n e S2n+1 hanno limite finito. Poichè S2n = S2n+1 + a2n+1 . e an ! 0 si ha la tesi. ⇤ Esercizio 7.23. Studiamo la serie X n 1 s ✓ ◆ 1 3 sin n 1 . n3 Risulta X n 1 s ✓ ◆ 1 3 sin n X 1 = n3 n 1 r ✓ ◆ X 1 1 1 +o 5 ⇠ ; 5 5 2n n n2 infatti sin x = x x3 + o(x3 ) 3! 230 7.5 Criteri di convergenza da cui 3 (sin x) = = x x = x3 !3 x3 3 + o(x ) 3! !3 !2 x3 x3 +3 x o(x3 ) + 3 x 6 6 x3 x6 x9 + 3x + 3 x2 6 36 63 ! x3 o(x6 ) + o(x9 ) 2 3x2 · + 3x = x3 ! x3 o(x6 ) + o(x9 ) 6 ! 2x4 x6 + o(x3 ) 6 36 1 5 x + o(x5 ) . 2 Torniamo a studiare la serie armonica generalizzata. Abbiamo finora dimostrato che +1 X1 X 1 = +1 e quindi = +1 8↵ 2 ]0, 1] , ↵ n n n 1 n=1 X 1 < +1 n2 +1 X 1 e quindi < +1 n↵ n=1 8↵ 2. Consideriamo ora il caso 1 < ↵ < 2 e la proprietà p(n) data da n X 1 ↵ 1 8n 1 . ↵ ↵ 1 i ↵ 1 (↵ 1)n i=1 Si ha che p(1) è vera, infatti 1 ↵ 1 . ↵ 1 ↵ 1 Facciamo ora vedere che p(n) ) p(n + 1) . Per ipotesi induttiva si ottiene n+1 n X X 1 1 1 = + ↵ ↵ i i (n + 1)↵ i=1 i=1 ↵ ↵ (↵ 1 (↵ ↵ ? 1 ↵ 1 1 + ↵ 1 (n + 1)↵ 1)n 1 . 1)(n + 1)↵ 1 231 7.5 Criteri di convergenza Basterà allora dimostrare che (↵ Ponendo ↵ 1 1)n↵ 1 1= + 1 (n + 1)↵ 1 1)(n + 1)↵ (↵ 1 8n 1. 2 ]0, 1[ la disuguaglianza diventa (n + 1) 1 (n + 1) + n (n + 1) +1 1 che è equivalente a ✓ n+1 n ◆ + n+1 1 che è vera se e solo se ✓ n+1 n+1 n ◆ 1. Ponendo n = x( 1) , studiamo la funzione ✓ ◆ 1 f (x) = 1 + 1 x x+1 per verificare che f (x) 0 8x 1 . Osserviamo che lim f (x) = 0 , lim f (x) = +1 , x!+1 ✓ ◆ 1 f (x) = 1 + x 0 x!0+ 1 ✓ ◆ 1 + . x2 (x + 1)2 Vorremmo dimostrare che la funzione è monotona. A tal fine ci domandiamo se esiste una valore di x tale che f 0 (x) = 0 . Si ha che 0 f (x) = 0 , , , ✓ ◆ ✓ ◆ 1 1 1 1+ + =0 x x2 (x + 1)2 ✓ ◆ 1 1 x2 1 1+ = = 2 x (x + 1) (1 + 1x )2 ✓ ◆ 1 1+ 1+ = 1. x Poichè +1 , 0, f 0 (x) = 0 =) 1+ 1x = 1 che non ha soluzioni. Pertanto concludiamo che f 0 (x) , 0 per ogni x . Di conseguenza, non avendo 232 7.6 Serie di Taylor alcun punto stazionario, la funzione f (x) è monotona. Abbiamo cosı̀ dimostrato la proprietà n X 1 ↵ a i ↵ 1 1=1 1 1 ↵ · 1 8n n↵ 1 1, 8↵ > 1. Si osservi che da questa proprietà, poiché lim 1 n!+1 n↵ 1 = 0, segue che +1 X 1 ↵ , ↵ i ↵ 1 i=1 ossia la serie converge per ogni ↵ > 1. 7.6. Serie di Taylor Data una funzione f definita in un intervallo ]a, b[ e di classe C1 (ossia derivabile di ogni ordine con derivata continua), possiamo considerare la serie n X f (k) (x0 ) (x x0 )k k! k=0 detta serie di Taylor della funzione f (x) centrata in x0 . Si dice che la funzione f è sviluppabile in serie di Taylor se tale serie è convergente e la sua somma vale f (x) . In tal caso f (x) = n X f (k) (x0 ) (x k! x0 )k + En (x) k=0 e il resto En (x) soddisfa En (x) = f (n+1) (c) (x (n + 1)! x0 )n+1 , con c punto dell’intervallo di estremi x0 ed x , e per ogni x 2 ]a, b[ si ha lim En (x) = 0 . In questo caso si scrive n!+1 +1 X f (n) (x0 ) f (x) = (x n! n=0 x0 )n . 233 7.6 Serie di Taylor Si osservi che per n = 0 si ha f (0) (x0 ) (x 0! f (0) (x0 ) ⌘ f (x0 ) , x0 )0 ⌘ f (x0 ) . Molte funzioni sono sviluppabili in serie di Taylor. presentiamo di seguito alcune. Ne • La funzione esponenziale è sviluppabile in serie di Taylor con centro x0 e risulta ex = ex0 +1 X (x x0 )n . n! n=0 In particolare, se il centro x0 = 0 , si ha x e = +1 n X x n=0 n! . • La funzione seno è sviluppabile in serie di Taylor di centro x0 = 0 e si ha +1 X sin x = ( 1)k · k=0 x2k+1 ; (2k + 1)! risulta infatti f (0) (0) = 0 f (1) (0) = 1 f (2) (x) = sin x f (3) (x) = cos x f (4) (x) = sin x ) ) ) f (2) (0) = 0 f (3) (0) = 1 f (4) (0) = 0 . • Lo sviluppo in serie di Taylor in x0 = 0 della funzione coseno è +1 X x2k cos x = ( 1)k . (2k)! k=0 • Le funzioni seno e coseno iperbolico sinh x = ex e 2 x , cosh x = ex + e 2 x 234 7.6 Serie di Taylor hanno rispettiamente i seguenti sviluppi sinh x = +1 X k=0 cosh x = x2k+1 , (2k + 1)! +1 X x2k . (2k)! k=0 • La funzione log(1 + x) è sviluppabile in serie di Taylor se |x| < 1 e si ha: +1 X xk log(1 + x) = ( 1)k+1 k k=1 (si noti che |x| < 1 ) En (x) ! 0) . • La funzione arctan x è sviluppabile in serie di Taylor se |x| < 1 e si ha: arctan x = +1 X k=1 ( 1)k x2k+1 . 2k + 1 • Per ogni ↵ 2 R la funzione f (x) = (1 + x)↵ è sviluppabile in serie e risulta ! +1 X ↵ k (1 + x) = x , k k=0 ↵ dove il coefficiente binomiale per definizione è dato da ! (↵ ↵ = k k + 1) · (↵ k + 2) · · · (↵ k! 1) · ↵ . 235 7.7 Esercizi 7.7. Esercizi Esercizio 1. Studiare il carattere delle seguenti serie numeriche: +1 +1 p X X n 5n + 4n 1. 2. n log n + 5 n+1 n=0 n=1 +1 X n 3. log n+1 n=1 5. +1 X 1 n e +e 1 n 4. ( 1)n n=1 2 6. n=1 Esercizio 2. Sia an = P della serie +1 n=1 an . +1 X +1 X n (n + 1)2 1 e 2n 1 en n=1 (n+2)↵ . n2 +2n Determinare al variare di ↵ 2 R il carattere Esercizio 3. Determinare per quali valori di x 2 R converge la serie ⌘ P+1 ⇣ 1 n n=1 (2x) + (4x)n . Esercizio 4. Determinare il carattere delle seguenti serie numeriche: 1. +1 p X n3 +1 n n=o +1 X 1 3. ( n n=1 2. +1 X 1 n=1 1 sin )2 n n log( +1 r X n 4. n+1 n=1 n+1 ) n r cos 1 . n CAPITOLO 8 Calcolo integrale Dedichiamo questo capitolo ad una breve introduzione al calcolo integrale e diamo le definzioni di integrale di Cauchy e integrale di Riemann, dimostrando la loro equivalenza. 8.1. Introduzione Il calcolo integrale nasce dall’esigenza pratica di calcolare aree. Storicamente, si sviluppa prima del calcolo di↵erenziale e di quello infinitesimale, si pensa intorno al IV secolo a.C. grazie agli studi di Archimede e al suo metodo di esaustione. Esso consiste nel “riempire”un cerchio con un poligono regolare di n lati ed aumentare n fino ”all’infinito” in modo da poter determinare l’area del cerchio come limite dell’area del poligono. Possiamo procedere in modo simile per determinare l’area di un segmento parabolico. Consideriamo la parabola di equazione y = x2 Figura 1 e calcoliamo l’area della parte di piano (in grigio in figura 1) compresa tra il grafico della parabola, l’asse x e la retta x = 1 . Per far questo, dividiamo l’intervallo [0, 1] in n segmenti ciascuno di ampiezza n1 . Consideriamo l’area dei rettangoli al di sotto del 236 8.1 Introduzione 237 grafico della parabola, aventi come base tali segmenti e un vertice sulla parabola e indichiamo la misura dell’area dell’i-esimo rettangolo con Si . L’unione dei rettangoli prende il nome di plurirettangolo inscritto (in figura 2). Si noti che il regttangolo di area S1 ha come base il segmento che congiunge n1 con n2 ed il rettangolo di area Sn 1 il segmento che congiunge nn 1 con 1. Figura 2 Sia Sn la somma delle aree dei rettangoli, ossia Sn = n 1 X Si ; i=1 per arrivare a misurare un’area esattamente uguale a quella del segmento parabolico aumentiamo il numero dei rettangoli che formano il plurittenagolo facendo tendere n all’infinito. Osserviamo che l’area del segmento di parabola per x compreso tra 0 e n1 è maggiorata con l’area S1 = 1 1 · ! 0. n n2 238 8.1 Introduzione Figura 3 Le aree dei rettangoli (vedi figura 3) sono date da (8.1) S1 = (8.2) S2 = (8.3) S3 = (8.4) ... (8.5) Sn 1 = 1 n 1 n 1 n 1 n2 ✓ ◆2 2 · n ✓ ◆2 3 · n · ✓ ◆ 1 n 1 2 · ; n n quindi otteniamo (8.6) (8.7) (8.8) Sn ✓ ◆2 ✓ ◆2 ✓ ◆! 1 1 2 3 n 1 2 = + + + ··· + n n2 n n n 1 = 3 (1 + 22 + 32 + ... + (n 1)2 ) n n 1 1 X 2 = 3 k . n k=1 Ma sappiamo che Pn k=1 n 1 X k=1 k2 = k2 = (n n·(n+1)·(2n+1) 6 e quindi 1) · n · (2(n 6 1) + 1) , 239 8.1 Introduzione pertanto risulta Sn = 1 n · (n 6n3 1) · (2n lim Sn = 2 1 = . 6 3 1) da cui n!+1 Ma chi ci assicura che sia veramente cosı̀? Sia quindi Rn l’area del plurirettangolo circoscritto al segmento di parabola e indichiamo con Ri l’area dell’i-esimo rettangolo circoscritto. Figura 4 Risulta (vedi figura 4) (8.9) R0 = (8.10) R1 = (8.11) R2 = (8.12) (8.13) ... Rn 1 = 1 n 1 n 1 n 1 n2 ✓ ◆2 2 · n ✓ ◆2 3 · n · ✓ ◆ 1 n 2 1 · = . n n n 8.2 Integrale di Cauchy 240 Ora l’area del plurirettangolo circoscritto é data di conseguenza da ! ✓ ◆2 ✓ ◆2 1 1 2 3 Rn = + + + ··· + 1 n n2 n n 1 = 3 (1 + 22 + 32 + ... + n2 ). n Ma sappiamo che n X n · (n + 1) · (2n + 1) k2 = 6 k=1 quindi otteniamo Rn = e 1 · n · (n + 1) · (2n + 1) 6n3 2 1 = . n!+1 6 3 Ora, poiché Sn e Rn approssimano l’area del segmento parabolico rispettivamente per difetto e per eccesso, risulta lim Rn = Sn Area segmento di parabola Rn e poiché abbiamo dimostrato che 1 1 , Rn ! 3 3 possiamo concludere, grazie al Teorema del Confronto, che anche l’area del segmento di parabola misura 13 . Sn ! 8.2. Integrale di Cauchy Sia f : [a, b] ! R una funzione limitata. Dividiamo il segmento [a, b] in n sottointervalli di uguale lunghezza, considerando per il segmento [a, b] la partizione Pn = {x0 = a ; x1 ; x2 ; ... ; xn 1 ; xn = b} , ove x0 < x1 < x2 < . . . < xn ed il j-esimo intervallino (con j tipo [x j 1 , x j ] con ! b a xj = a + j , j = 0, 1, ..., n . n 1) é del 241 8.2 Integrale di Cauchy Si definiscono • le somme superiori (si considera il plurirettangolo circoscritto, figura 5) Sn = n X sup ( f ) · (x j j=1 [x j 1 ,x j ] x j 1) , Figura 5 • le somme inferiori (si considera il plurirettangolo inscritto, figura 6) sn = n X j=1 inf ( f ) · (x j [x j 1 ,x j ] Figura 6 x j 1) . 242 8.2 Integrale di Cauchy Osservazione 8.1. Per ipotesi la funzione è limitata, ossia esistono m < M in R tali che m f (x) M Allora si ha Sn e n X j=1 n X sn j=1 M · (x j m · (x j 8x 2 [a, b] x j 1 ) = M · (b x j 1 ) = m · (b a) a) . Inoltre, dal fatto che sn Sn segue che m · (b a) sn Sn M · (b a) . Diamo ora la seguente definizione: Definizione 8.2. Si dice che f : [a, b] ! R è integrabile secondo Cauchy se esistono uguali tra loro i limiti di sn e di Sn per n che tende all’infinito, (i quali per la limitezza di sn e Sn sono sempre finiti). In tal caso si pone Z b (8.14) f (x) dx = lim Sn = lim sn dove in simbolo funzione f . R a n!+1 n!+1 sta ad indicare l’operazione di integrazione della Osservazione 8.3. Nella (8.14) il dx può essere interpretato come l’ampiezza di un intervallino infinitesimo in cui si divide l’intervallo [a, b] . Osservazione 8.4. Se la funzione f : [a, b] ! R assume in [a, b] valori sia positivi che negativi, per calcolare l’area della parte di piano compresa tra il grafico della funzione, l’asse delle x e le rette x = a e x = b , occorre calcolare gli integrali separando gli intervalli in cui f è positiva e quelli in cui è negativa e cambiando il segno 243 8.3 Integrale di Riemann all’integrale (altrimenti in tali intervalli l’area risulterebbe negativa). Consideriamo ad esempio la funzione il cui grafico è rappresentato in figura 7. Figura 7 Per determinare l’area complessiva si procede come segue: Z a1 Z b1 Z b Area = f (x) dx f (x) dx + f (x) dx . a a1 In generale risulta Z Area = b1 b a | f (x)| dx . 8.3. Integrale di Riemann Sia f : [a, b] ! R una funzione limitata. Consideriamo una arbitraria partizione P dell’intervallo [a, b] data da P = {a = x0 < x1 < x2 < · · · < xn 1 < xn = b} . Fissata la partizione P , definiamo • somma inferiore (si considera il plurirettangolo iscritto) sP = n X j=1 inf f · (x j [x j 1 ,x j ] x j 1) , 244 8.3 Integrale di Riemann • somma superiore (prendiamo il plurirettangolo circoscritto) SP = n X sup f · (x j j=1 [x j 1 ,x j ] x j 1) . Osservazione 8.5. Ovviamente sP SP per ogni partizione. Consideriamo ora due partizioni P1 , P2 dell’intervallo [a, b] tali che P1 ⇢ P2 . Vale la seguente relazione (8.15) sP1 sP2 SP2 SP1 , ossia la somma inferiore aumenta mentre quella inferiore diminuisce (si noti che non si può a↵ermare questo con le somme superiori ed inferiori nella definizione di Cauchy). Per verificarlo consideriamo la partizione P = {a = x0 < x1 < ... < xn = b} e, scelto c 2 ]x j 1 , x j [ (come in Figura 8) , sia un’altra partizione di [a, b] . P⇤ = P [ {c} Figura 8 Ovviamente risulta P ⇢ P⇤ . Verificheremo che (8.16) sP⇤ 0. sP Analogamente si avrà SP⇤ SP 0 e per induzione si può quindi ottenere la (8.15). Per dimostrare (8.16) osserviamo intanto che (8.17) sP⇤ sP = ( inf f )(c x j 1 )+( inf f )(x j c) ( inf f )(x j x j 1 ) . [x j 1 ,c] [c,x j ] [x j 1 ,x j ] Osserviamo poi che in generale A⇢B ) inf f A inf f . B 245 8.3 Integrale di Riemann Quindi dalla (8.17) risulta sP⇤ sP = ( inf f )(c [x j 1 ,x j ] = ( inf f )(c [x j 1 ,x j ] x j 1 ) + ( inf f )(x j [x j 1 ,x j ] xj 1 + xj c c) ( inf f )(x j [x j 1 ,x j ] x j 1) x j + x j 1) = 0 , da cui la tesi. Osservazione 8.6 (di Riemann). Date due arbitrarie partizioni P1 , P2 , consideriamo la partizione data dalla loro unione, ossia P1 [ P2 . Si ha sP1 sP1 [P2 SP1 [P2 SP2 (la prima e la terza maggiorazione seguono dalla monotonia). Quindi, in particolare, comunque scegliamo due partizioni P1 , P2 , possiamo sempre a↵ermare che sP1 SP2 . Osservazione 8.7. Data f : [a, b] ! R sia A f = { sP : P = P( f ) partizione di [a, b] } l’insieme di tutte le possibili somme inferiori, e B f = { SQ : Q = Q( f ) partizione di [a, b] } l’insieme costituito da tutte le possibili somme superiori. l’osservazione precedente, abbiamo che Per a b 8a 2 A f , 8b 2 B f ; di conseguenza, grazie all’Assioma di Completezza dei numeri reali, possiamo a↵ermare che 9 x : a x b 8a 2 A f , 8b 2 B f , ossia esiste un’elemento separatore; tale elemento è unico se e solo se x = sup A f = inf B f . 246 8.3 Integrale di Riemann Equivalentemente (grazie alle proprietà di estremo superiore e inferiore e alla proprietà di monotonia) se e soltanto se 8✏ > 0 9 P✏ : SP✏ sP✏ ✏ . Diamo ora la seguente definizione: Definizione 8.8. Una funzione limitata f : [a, b] ! R si dice integrabile secondo Riemann in [a, b] se per ogni partizione P di [a, b] del tipo P = {a = x0 < x1 < x2 < ... < xn 1 < xn = b} le somme inferiori e superiori date da sP = n X j=1 inf f · (x j [x j ,x j 1 ] x j 1) , SP = n X sup f · (x j j=1 [x j ,x j 1 ] x j 1) sono tali che gli insiemi A f = { sP : P = P( f ) partizione di [a, b] } e B f = { SQ : Q = Q( f ) partizione di [a, b] } ammettono un unico elemento separatore. Tale elemento viene indicato con Z b f (x) dx (= sup A f = inf B f ) a e viene chiamato integrale definito di f in [a, b] . R⇤ Osservazione 8.9. Possiamo indicare con f l’estremo inferiore delle somme superiori, detto anche integrale superiore di f ; e con R f l’estremo superiore delle somme inferiori, detto anche integrale ⇤ inferiore di f . Con queste notazioni f risulta integrabile secondo Riemann in [a, b] se e solo se i due integrali (inferiore e superiore) coincidono. 8.4 Equivalenza tra la definizione di Cauchy e quella di Riemann. 247 8.4. Equivalenza tra la definizione di Cauchy e quella di Riemann. Una volta definiti entrambi gli integrali, indaghiamo la relazione che intercorre tra integrale di Cauchy e integrale di Riemann. Anzitutto, valgono i seguenti risultati: Teorema 8.10. lim sn = sup sP (2 R ). n!+1 P Teorema 8.11. lim Sn = inf SP (2 R ). n!+1 P Osservazione 8.12. Per poter a↵ermare che le definizioni di integrale di Cauchy e di Riemann sono equivalenti, basta avere a disposizione il Teorema 8.10 e il Teorema 8.11. Ad esempio, sia f integrabile secondo Cauchy, allora lim sn = lim Sn n!+1 n!+1 sup A f = inf B f ) ossia f è Riemann-integrabile. Similmente si dimostra il viceversa. Lemma 8.13 (Lemma fondamentale). Comunque si scelga una partizione P di [a, b] si ha che 8 >0 9 n = n(P, ) : sn > sP 8n n. Dimostrazione. Sia P = {a = x0 < x1 < · · · < xm 1 < xm = b} una qualunque partizione di Riemann dell’intervallo [a, b] (con indice m fissato), e sia Pn = {a = y0 < y1 < · · · < yn 1 < yn = b} una qualunque partizione di Cauchy di [a, b] tale che yj = a + j · (b a) n con n tale che (8.18) b a n < inf{|xi xi 1 | : i = 1, . . . , m}. 248 8.4 Equivalenza tra la definizione di Cauchy e quella di Riemann. Sia ji tale che y ji xi y ji +1 per ogni i = 1, . . . , m 1 (vedi Figura 9), e [y ji , y ji +1 ] non contiene né xi 1 , né xi+1 . Figura 9 In e↵etti si puó scegliere ji tale che xi 1 < y ji xi y ji+1 < xi+1 . Si noti che ji esiste a causa di (8.18). Ricordando la definizione delle partizioni P e Pn e ricordando che esiste M > 0 tale che f M in [a, b] e che y ji +1 y ji = b n a , si ha sP sP[Pn = j1 X j=1 ( inf [x1 ,y j1 +1 ] ( [y jm inf 1 ,xm 1 ] ( inf f )(y j [y j 1 ,y j ] f )(y j1 +1 y j 1 ) + ( inf f )(x1 [y j1 ,x1 ] x1 ) + . . . + n X j=jm f )(xm 1 y jm 1 ) + ( ( inf f )(y j [y j 1 ,y j ] 1 inf [xm 1 ,y jm y j1 )+ 1 +1 ] f )(y jm y j 1 )+ xm 1 ) 1 +1 sn + M (b a) n (m 1). Sarà quindi sufficiente scegliere n tale che (8.18) é verificata e M · (b a) · (m n 1) < , ossia (8.19) n> M · (b a) · (m 1) , 8.5 Alcune proprietà fondamentali dell’integrale di Cauchy-Riemann. 249 per avere sP < sn + . ⇤ Dimostrazione (Teorema 8.10). Sia = sup sP . Fissato ✏ > 0 sia P✏ una partizione di [a, b] come in figura 10 Figura 10 Sia = ✏ > 0 tale che sP✏ ✏ > ✏ Per il Lemma 8.13 abbiamo che 9 n✏ : n n✏ ) SP✏ ✏ < sn . Dunque n da cui la tesi n✏ ) ✏ < sn ⇤ Osservazione 8.14. Dal Lemma 8.13 si deduce la dimostrazione del Teorema 8.10. L’analogo del Lemma 8.13 nel caso delle somme superiori ci dà la dimostrazione del Teorema 8.11. Sempre con la stessa tecnica della dimostrazione del Lemma 8.13 si deduce l’analogo risultato concernente la definizione di lunghezza di una curva. 8.5. Alcune proprietà fondamentali dell’integrale di Cauchy-Riemann. Incominciano col provare che le funzioni limitate e monotone sono Riemann - integrabili. Vale infatti il seguente risultato: 8.5 Alcune proprietà fondamentali dell’integrale di Cauchy-Riemann. 250 Teorema 8.15. Sia f : [a, b] ! R una funzione limitata e monotona. Allora f è integrabile secondo Riemann in [a, b] . Dimostrazione. Per dimostrare il teorema, sarà sufficiente mostrare che Sn sn n!+1 ! 0. Ossserviamo innanzitutto che, scelta una partizione di Cauchy per [a, b] tale che (b a) xj = a + j · j = 1 , ... , n n si ha n X 0 Sn sn = ( sup f inf f )(x j x j 1 ) . [x j 1 ,x j ] j=1 [x j 1 ,x j ] Per fissare le idee, supponiamo che f sia monotona non decrescente; di conseguenza f (x j 1 ) f (x) f (x j ) 8x 2 [x j 1 , x j ] . Risulta quindi (8.20) Sn (8.21) sn = (8.22) = n ⇣ X ⌘ b f (x j 1 ) f (x j ) j=1 n a X⇣ b n b ! n ⌘ f (x j 1 ) j=1 a n f (x j ) a · f (b) f (a) !0 se n ! 1. ⇤ Dimostriamo ora due importanti proprietà dell’integrale: l’additività e l’omogeneità. Teorema 8.16 (Additività dell’integrale). Siano f, g : [a, b] ! R integrabili. Allora anche f + g è integrabile in (a, b) e risulta Z b Z b Z b ( f + g)(x) dx = f (x) dx + g(x) dx . a a a 251 8.5 Alcune proprietà fondamentali dell’integrale di Cauchy-Riemann. Dimostrazione. Poichè inf f + inf g[↵, ] inf ( f + g) f (x) + g(x) 8x 2 [↵, ] [↵, ] [↵, ] e f (x) + g(x) sup( f + g)[↵, ] sup f[↵, ] + sup g[↵, ] , risulta anzitutto n X sn ( f ) + sn (g) = ( inf f )(x j [x j 1 ,x j ] j=1 x j 1) + j=1 n X ( inf ( f + g))(x j j=1 [x j 1 ,x j ] Sn ( f + g) = n X ( inf g)(x j j=1 [x j 1 ,x j ] x j 1) [x j 1 ,x j ] x j 1 ) = sn ( f + g) ( sup ( f + g))(x j x j 1) j=1 [x j 1 ,x j ] n X ( sup f )(x j n X x j 1) + n X ( sup g)(x j x j 1) j=1 [x j 1 ,x j ] = Sn ( f ) + Sn (g). Dunque sn ( f ) + sn (g) sn ( f + g) Sn ( f + g) Sn ( f ) + Sn (g) e poiché Z sn ( f ) + sn (g) ! Z b a f+ Z b a g, Sn ( f ) + Sn (g) ! per il Teorema del Confronto si ha che Z b Z b Z sn ( f + g) ! f+ g, Sn ( f + g) ! a a a f+ Z b a Z b f+ a b g, b a g. ⇤ Teorema 8.17 (Omogeneità dell’integrale). Sia f : [a, b] ! R integrabile, 2 R . Allora anche f è integrabile e risulta Z b Z b ( f )(x) dx = f (x) dx . a a 8.5 Alcune proprietà fondamentali dell’integrale di Cauchy-Riemann. Dimostrazione. Supponiamo inf f > 0 . Si ha intanto f (x) = ( f )(x) 8x, e quindi inf f inf( f ) . Inoltre f (x) da cui sup f sup( f ) Dunque sn ( f ) = n X j=1 inf ( f ) · (x j [x j 1 ,x j ] 8x, sup f . n X x j 1) ( inf f )(x j [x j 1 ,x j ] j=1 x j 1 )). Analogamente si ottiene che Sn ( f ) n X ( sup f ) · (x j x j 1 )) = Sn ( f ) . [x j 1 ,x j ] j=1 In conclusione · sn ( f ) sn ( f ) Sn ( f ) e poiché Z sn ( f ) ! Z b a · Sn ( f ) f, Sn ( f ) ! b a f, per il Teorema del Confronto si ha la tesi quando > 0. Nel caso particolare in cui = 1 , si ha che f è integrabile e Z b Z b f (x) dx = f (x) dx . a Infatti inf( f ) = (8.23) a sup( f ) e sup( f ) = n X sn ( f ) = ( inf ( f ))(x j j=1 (8.24) inf f e quindi = n X j=1 [x j 1 ,x j ] ( sup f )(x j [x j 1 ,x j ] x j 1) x j 1 ) = Sn ( f ) 252 253 8.5 Alcune proprietà fondamentali dell’integrale di Cauchy-Riemann. e similmente risulta Sn ( f ) = sn ( f ) . Pertanto Sn ( f ) = sn ( f ) Sn ( f ) = sn ( f ) e di nuovo per il Teorema del Confronto segue la tesi. Infine, se < 0 si ha f = ( )f e quindi l’integrale di f esiste e si ha anche Z b Z b Z b ( f) = ( )f = ( )f = ( a a a Z Z b ) a f = b a f. ⇤ Osservazione 8.18. Sia f (x) = c costante. Figura 11 Allora (vedi figura 11) Z b a f (x) dx = (b a) · c ovvero l’integrale è la misura dell’area del rettangolo di base b a (ossia l’ampiezza dell’intervallo) e altezza c (cioè il valore della funzione), dato che le somme inferiori e le somme superiori valgono c · (b a) , qualunque sia la partizione scelta. 8.5 Alcune proprietà fondamentali dell’integrale di Cauchy-Riemann. 254 Osservazione 8.19. Se ↵ f (x) per ogni punto x dell’intervallo [a, b] , allora Z b ↵ · (b a) f (x) dx · (b a) . a Osservazione 8.20. Non tutte le funzioni sono integrabili secondo Riemann. Ad esempio la seguente funzione ( 1 se x 2 Q \ [0, 1] f : [0, 1] ! R , f (x) = [0,1]\Q = 0 se x 2 (R \ Q) \ [0, 1] è tale che (8.25) Sn ( f ) = (8.26) = n X ( sup f )(x j x j 1) j=1 [x j 1 ,x j ] n X j=1 1 · (x j x j 1) = 1 . Infatti risulta sup f = 1 perché in ogni intervallino cade sempre [x j 1 ,x j ] almeno un r 2 Q. Inoltre (8.27) sn ( f ) = n X ( inf f )(x j j=1 (8.28) = n X j=1 poichè x j 1) [x j 1 ,x j ] 0 · (x j x j 1) = 0 inf f = 0 per ogni j dato che in ogni intervallino cade [x j 1 ,x j ] sempre un x 2 R \ Q . Si conclude quindi che tale funzione non è integrabile. Teorema 8.21 (Additività dell’integrale rispetto ad intervalli adiacenti). Sia a < r < b , f funzione integrabile in [a, b] . Allora f è integrabile in [a, r] e in [r, b] . Inoltre risulta Z (8.29) a Z b f (x) dx = a Z r f (x) dx + r b f (x) dx . 8.5 Alcune proprietà fondamentali dell’integrale di Cauchy-Riemann. 255 Dimostrazione. Dimostriamo anzitutto l’integrabilità della funzione negli intervalli [a, r] e [r, b] . Fissato ✏ > 0 , sia P✏ = {a = x0 < x1 < ... < xn = b} una partizione dell’intervallo [a, b] tale che 0 SP✏ sP✏ < ✏ . Consideriamo poi la partizione P✏,r = P✏ [ {r} ; si ha SP✏,r SP✏ e sP✏,r sP✏ e quindi 0 SP✏,r sP✏,r SP✏ sP✏ < ✏ . Sia ora Abbiamo che b✏,r = {a = x0 < x1 < ... < r} . P 0 SPb✏,r sPb✏,r SP✏,r sP✏,r < ✏ (la di↵erenza diminuisce ancora perchè sommiamo un numero inferiore di elementi). Pertanto la funzione è integrabile in [a, r] . Si procede similmente per provare l’integrabilità in [r, b] . Dimostriamo ora la (8.29) . Siano P✏ ([a, r]) , P✏ ([r, b]) due partizioni dei rispettivi intervalli tali che Z r (8.30) ✏+ f (x) dx sP✏ ([a,r]) , a Z (8.31) b ✏+ r f (x) dx sP✏ ([r,b]) , Z (8.32) SP✏ ([a,r]) r Z (8.33) SP✏ ([r,b]) f (x) dx + ✏, a b r f (x) dx + ✏. 8.5 Alcune proprietà fondamentali dell’integrale di Cauchy-Riemann. 256 Sia P✏ = P✏ ([a, r]) [ P✏ ([r, b]) una partizione di [a, b] . Sommando membro a membro la (8.30) e la (8.31) si ottiene Z r Z b 2✏ + f (x) dx + f (x) dx sP✏ ([a,r]) + sP✏ ([r,b]) = sP✏ . a r D’altra parte per le (8.30)–(8.33) abbiamo Z r Z SP✏ = SP✏ ([a,r]) + SP✏ ([r,b]) f (x) dx + ✏ + a b f (x) dx + ✏ . r A questo punto, essendo Z sP✏ b a f (x) dx SP✏ possiamo sfruttare le disuguaglianze precedenti e ottenere Z Z r 2✏ + a f (x) dx + Z b r f (x) dx b a Z f (x) dx r a f (x) dx + Z b r Infine, facendo tenere ✏ a zero, si ottiene la tesi. f (x) dx + 2✏ . ⇤ Notazione 8.22. Se ↵ > si pone per definizione Z Z ↵ de f f (x) dx = f (x) dx . ↵ Osservazione 8.23. Con la notazione precedente si può estendere il teorema di additivitá dell’integrale rispetto ad intervalli adiacenti anche la caso in cui r < [a, b], come si dimostra considerando i vari possibili casi. Teorema 8.24 (Monotonia dell’integrale). Sia f : [a, b] ! R una funzione integrabile. Allora Z b f 0 ) f (x) dx 0 . a 8.5 Alcune proprietà fondamentali dell’integrale di Cauchy-Riemann. 257 Dimostrazione. Per ipotesi, risulta f 0 , quindi n X 0 sn = ( inf f ) (x j x j 1 ) 8n . [x j 1 ,x j ] j=1 Poichè sn ! f Rb a f (x) dx si ha Rb a f (x) dx 0. ⇤ Teorema 8.25. Siano f e g due funzioni integrabili in [a, b] tali che g . Allora Z b Z b f (x) dx g(x) dx . a a Dimostrazione. Dal fatto che f (x) g(x) che Z b Z b 0 ( f (x) g(x)) dx = f (x) dx da cui la tesi. a 0 per ogni x , segue Z a b a g(x) dx ⇤ Lemma 8.26. Sia f : [a, b] ! R integrabile. Sia ↵ 2 [a, b] e ( f (x) , se x 2 [a, b] \ ↵ f˜(x) = , se x = ↵ . Allora f˜ è integrabile e Z Z b f (x) dx = a b a f˜(x) dx . In altri termini, se la funzione integranda cambia in un punto, l’integrale non cambia. Dimostrazione. Limitiamoci a considerare il caso ↵ 2]a, b[. Nel caso in cui ↵ coincide con a oppure b la dimostazione è piu’ semplice (e comunque analoga). Nell’intervallo [a, b] consideriamo ( f (↵) , se x = ↵ g(x) = 0 , se x 2 [a, b] \ ↵. Poniamo f (↵) = . Prendiamo una partizione P = {x0 = a < x1 < . . . ↵ < ↵ + < . . . < xm = b}. Abbiamo sP = ( inf [↵ ,↵+ ] g)2 SP = ( sup g)2 . [↵ ,↵+ ] 8.5 Alcune proprietà fondamentali dell’integrale di Cauchy-Riemann. 258 Dunque, 0 SP sP 2| | e per l’arbitrarietà di si ottiene che g è integrabile. Per fissare le idee supponiamo > 0. In questo caso Z b Z ↵+ 0 g(x) dx = g(x) dx 2 , a ↵ Rb e per l’arbitrarietà di abbiamo che a g(x) dx = 0. Poichè f˜ = f + g si ricava che f˜ è integrabile e Z b Z b Z b Z b Z b f˜(x) dx = ( f + g)(x) dx = f (x) dx + g(x) dx = f (x) dx. a a a a a ⇤ Teorema 8.27. Siano f1 : [a, b] ! R , f2 : [b, c] ! R funzioni integrabili secondo Riemann. Allora la funzione 8 > > f1 (x) se x 2 [a, b[ > > < f (x) = > un qualunque elemento di R se x = b > > > : f2 (x) se x 2 ]b, c] (vedi figura 12) è integrabile in [a,c] . Inoltre Z c Z b Z f (x) dx = f1 (x) dx + a a c b f2 (x) dx . Figura 12 Dimostrazione. Per il Lemma 8.26 f è integrabile sia in [a, b] che in [b, c]. Siano f˜1 la f ristretta ad [a, b] ed f˜2 la f ristretta a [b, c]. Fissato ✏ > 0 esistono P✏1 = P✏1 ([a, b], f˜1 ) e P✏2 = P✏2 ([b, c], f˜2 ) tali che SP✏1 sP✏1 < ✏ , e SP✏2 sP✏2 < ✏. 8.5 Alcune proprietà fondamentali dell’integrale di Cauchy-Riemann. 259 La partizione P✏ = P✏1 [ P✏2 è una partizione di [a, b] e risulta (8.34) SP✏ ( f ) = SP✏1 + SP✏2 (8.35) sP✏ ( f ) = sP✏1 + sP✏2 . Di conseguenza 0 SP✏ ( f ) sP✏ ( f ) = (SP✏1 sP✏1 ) + (SP✏2 sP✏2 ) < ✏ + ✏ = 2✏ . da cui l’integrabilità di f . Ma per l’additività dell’integrale e per il Lemma 8.26 si ha Z c Z b Z c Z b Z c f (x) dx = f˜1 (x) dx + f˜2 (x) dx = f1 (x) dx + f2 (x) dx. a a b a b ⇤ Per la dimostrazione del prossimo teorema ci serviranno le nozioni di parte positiva e di parte negativa di una funzione. Sia f + (x) = max( f (x), 0) la parte positiva della funzione f che vale f dove f è positiva e vale 0 dove f è negativa. Sia f (x) = max( f (x), 0) la parte negativa che vale 0 dove f è positiva e vale f dove f è negativa . Abbiamo che f (x) = f + (x) f (x) ; si noti che (I) se f (x) > 0 (II) se f (x) = 0 (III) se f (x) < 0 Inoltre ) f + (x) = f (x) , ) f + (x) = 0 , ) f (x) = 0 f + (x) = f (x) = 0 f (x) = f (x) . | f (x)| = f + (x) + f (x). Osservazione 8.28. La di↵erenza tra sup e inf di una data funzione in un intervallo [a, b] si chiama oscillazione di f in [a, b] e si denota con OSC[a,b] f . Vale la seguente proprietà OSC[x j 1 ,x j ] f + OSC[x j 1 ,x j ] f. 8.5 Alcune proprietà fondamentali dell’integrale di Cauchy-Riemann. 260 Per verificarla in [x j 1 , x j ] distinguiamo i seguenti casi: 1° caso: se sup f > 0 , inf f sup f + 2° caso: se 0 allora inf f + = sup f inf f < 0 < sup f inf f ; allora sup f = sup f + , inf f < 0 = inf f + e quindi sup f + 3° caso: se inf f + < sup f inf f < sup f 0 sup f + inf f ; allora f + ⌘ 0 e si ha inf f + = 0 < sup f inf f Analogamente si dimostra che OSC[x j 1 ,x j ] f OSC[x j 1 ,x j ] f. Possiamo ora dimostrare il seguente Teorema 8.29. Sia f : [a, b] ! R limitata e integrabile. Allora | f | è integrabile. Dimostrazione. Sia ora Pn una qualunque partizione di Cauchy di [a, b] . Dalla osservazione 8.28 segue subito che 0 SPn ( f + ) sPn ( f + ) n X = ( sup f + inf f + )(x j j=1 [x j 1 ,x j ] n X ( sup f j=1 [x j 1 ,x j ] = SPn ( f ) [x j 1 ,x j ] inf f )(x j [x j 1 ,x j ] sPn ( f ) ! 0 x j 1) x j 1) Questo dimostra che f + è integrabile. Analogamente f è integrabile. Di conseguenza | f | = f + + f è integrabile in quanto somma di funzioni integrabili. ⇤ Proprietà 8.30. Z Z b a f (x) dx b a | f (x)| dx . 8.5 Alcune proprietà fondamentali dell’integrale di Cauchy-Riemann. 261 Dimostrazione. La proprietà è equivalente a Z b Z b Z b | f (x)| dx f (x) dx | f (x)| dx a a a ma sappiamo che | f (x)| f (x) | f (x)| 8x 2 R quindi, per la monotonia dell’integrale, segue la tesi. ⇤ Definizione 8.31. Data una funzione f : [a, b] ! R , la funzione F si dice primitiva di f se F è derivabile e F0 (x) = f (x) 8x 2 [a, b] . Osservazione 8.32. Siano F1 e F2 primitive di f nell’intervallo chiuso [a, b] . Allora F1 F2 è costante. Infatti (1) F2 F1 è continua in [a, b] perché derivabile in [a, b] , (2) (F2 F1 )0 = F02 = F01 = f f = 0 . Pertanto, applicando il Teorema di Lagrange a F2 funzione è costante. F1 , segue che tale Osservazione 8.33. Sottolineiamo che nella osservazione 8.32 siamo in un intervallo. Per chiarire questo punto consideriamo f : [a, b] [ [↵, ] ! R , con b < ↵ , tale che f ha primitiva F in [a, b] e primitiva G in [↵, ] . In altre parole F0 (x) = f (x) in [a, b] G0 (x) = f (x) in [↵, ] . L’insieme delle primitive di f in [a, b] [ [↵, ] è dato, al variare di c, d in R dalla funzione H tale che ( F(x) + c 8x 2 [a, b] H(x) = G(x) + d 8x 2 [↵, ] L’insieme di tutte le primitive di una funzione f si può indicare con R f (x)dx che viene detto integrale indefinito di f . CAPITOLO 9 Integrali e funzioni continue In questo capitolo diamo alcuni risultati fondamentali che riguardano gli integrali delle funziono continue. 9.1. Integrabilità delle funzioni continue Abbiamo visto che le funzioni limitate e monotone sono integrabili. Faremo vedere che anche le funzioni continue sono integrabili. Ricordiamo intanto la nozione di continuità: Definizione 9.1. Una funzione f : [a, b] ! R si dice continua in [a, b] se per ogni x0 2 [a, b] , per ogni successione xn ! x0 risulta f (xn ) ! f (x0 ) . In alternativa, si ha: Definizione 9.2. Una funzione f : [a, b] ! R si dice continua in [a, b] se per ogni x0 2 [a, b] 8✏ > 0 9 (x0 , ✏) : |x x0 | < | f (x) ) f (x0 )| < ✏ . Diamo ora la seguente definizione. Definizione 9.3. Una funzione f : A ! R si dice uniformemente continua in A se 8xn , yn ⇢ A : |xn yn | ! 0 ) | f (xn ) f (yn )| ! 0 . In modo equivalente si ha: Definizione 9.4. Una funzione f : A ! R si dice uniformemente continua in A se 8✏ > 0 9 ✏ , 8x, y 2 A , |x y| < 262 ) | f (x) f (y)| < ✏ . 263 9.1 Integrabilità delle funzioni continue Osservazione 9.5. Si noti che nella Definizione 9.4 di continuità uniforme, il dipende solo da ✏ (e non dai punti x, y). L’equivalenza delle Definizioni 9.3 e 9.4 può essere dimostrata in modo simile a come fatto per la continuità. Osservazione 9.6. La continuità uniforme implica la continuità (nella Definizione 9.3, fissato x0 , basta prendere yn = x0 per ogni n ). Esempi 9.7. Per comprendere meglio il significato di uniforme continuità, presentiamo alcuni esempi. 1) Sia A =]0, 1] , f : A ! R , f (x) = 1x . La f è continua in A , ma non è uniformemente continua . Infatti, sia 1 1 xn = , yn = + ✏n , con ✏n ! 0 . n n Risulta yn xn ! 0 ma cosa succede a | f (xn ) f (xn ) 1 f (yn ) = 1 n = Fissato ✏n = 1 n f (yn )| ? Si ha che 1 n 1 n ⇣ 1 = + ✏n ✏n 1 n + ✏n 1 n + ✏n n1 ⇣ ⌘ 1 1 + ✏ n n n ⌘. abbiamo f (xn ) f (yn ) = 1 n 1 n ⇣ ⌘= 2 n n ! +1 2 pertanto la funzione non è uniformemente continua. 2) Consideriamo la funzione f : R ! R , f (x) = x2 . Prendiamo xn = n , yn = n + ✏n con ✏n ! 0 . Risulta ovviamente xn yn ! 0 . Quindi f (yn ) f (xn ) = (n + ✏n )2 = n2 + 2✏n n + ✏2n = 2✏n n + ✏2n . n2 264 9.1 Integrabilità delle funzioni continue Scegliendo en = 1 n risulta ✓ ◆2 1 f (yn ) f (xn ) = 2 + !2 n pertanto la funzione non è uniformemente continua. p 3) Sia f : [1, +1[! R , f (x) = x . Si può dimostrare (esercizio) che è una funzione uniformemente continua. E’ di fondamentale importanza il seguente Teorema (di HeineCantor): Teorema 9.8. Sia f : [a, b] ! R una funzione continua nell’intervallo [a, b] . Allora f è uniformemente continua in [a, b] . Osservazione 9.9. Grazie al Teorema di Heine-Cantor, possiamo a↵ermare che la continuità e l’uniforme continuità di una funzione in un intervallo chiuso e limitato sono equivalenti. Dimostrazione. Supponiamo per assurdo che f : [a, b] ! R non sia uniformemente continua, dunque 9 xn , yn 2 [a, b] : xn yn ! 0 ma f (xn ) f (yn ) 6 ! 0 . Dunque esiste ✏ > 0 ed esiste una successione nk crescente tale che | f (xnk ) f (ynk )| ✏ 8k , mentre xnk ynk ! 0. Siano xnk = ↵k , ynk = k . Abbiamo ↵k k ! 0 , con ↵k , k 2 [a, b] 8k . Per il Teorema di Bolzano-Weierstrass esiste ↵km ! x0 2 [a, b]. Inoltre, poiché km = km ↵km + ↵km , km ↵km ! 0 , e si ha che anche km Ora, sappiamo che | f (↵km ) f( ! x0 . km )| ✏>0 8m ↵km ! x0 265 9.1 Integrabilità delle funzioni continue ma | f (↵km ) f( km )| da cui l’assurdo. ! | f (x0 ) f (x0 )| = 0 ✏ > 0, ⇤ Possiamo a questo punto enunciare e dimostrare il seguente teorema: Teorema 9.10. Sia f : [a, b] ! R una funzione continua. Allora f è Riemann-integrabile. Dimostrazione. Consideriamo le somme inferiori e superiori (secondo Cauchy) per ogni n. Si ha 0 1 n X BB CC BB sup f 0 Sn sn = inf f CCCA · (x j x j 1 ) . B@ [x j 1 ,x j ] [x ,x ] j=1 Fissato ✏ > 0 , sia cosı̀ abbiamo = ✏ j 1 il corrispondente y| < |x j Sia ora n✏ tale che | f (x) ) b dell’uniforme continuità, f (y)| < ✏ . a < ✏ 8n n✏ n (osserviamo che n✏ con tale proprietà esiste sempre, grazie al Principio di Archimede). Siano xM j ed xm j punti di massimo e minimo di f in [x j 1 , x j ] (che esistono per il Teorema di Weierstrass). Si ha 0 sup f inf f = f (xM j ) [x j 1 ,x j ] [x j 1 ,x j ] Ma |xM j xm j | |x j x j 1| = b da cui, per l’uniforme continuità, | f (xM j ) a n < ✏, f (xm j ) per ogni n n✏ , f (xn j )| < ✏ . Dunque 0 Sn sn n X j=1 ✏(x j x j 1) = ✏ n X j=1 (x j x j 1 ) = ✏(b a) . 9.2 Il Teorema fondamentale del calcolo integrale Allora, dalla definizione di limite segue che Sn sn ! 0. 266 ⇤ Enunciamo ora un’importante risultato che riguarda le funzioni continue. Teorema 9.11 (della media integrale). Sia f : [a, b] ! R continua. Allora Z b 1 9 ⇠ 2 [a, b] : f (x) dx = f (⇠) . b a a Dimostrazione. Siano M = max f m = min f . m f (x) M 8x 2 [a, b] , [a,b] [a,b] Ovviamente risulta da cui segue Z Z b m dx a che implica f (x) dx a Z m(b Z b a) b a M dx b a f (x) dx M(b a) . Otteniamo quindi m Z 1 b a b a f (x) dx M . e infine, per il Teorema dei valori intermedi, esiste ⇠ 2 [a, b] tale che Z b 1 f (⇠) = f (x) dx . b a a ⇤ 9.2. Il Teorema fondamentale del calcolo integrale Il Teorema della media integrale viene utilizzato per dimostrare il seguente teorema, che costituisce un risultato di importanza centrale nella teoria del calcolo integrale: 9.2 Il Teorema fondamentale del calcolo integrale 267 Teorema 9.12 (Teorema fondamentale del calcolo integrale). Sia f : [a, b] ! R continua. Allora la funzione Z x F(x) = f (t) dt a detta funzione integrale, è una primitiva di f , ossia è derivabile e risulta F0 (x) = f (x) 8x 2 [a, b] . In altre parole: • F è derivabile in ]a, b[ ; • F0+ (a) = f (a) , F0 (b) = f (b) ; • F0 (x) = f (x) 8x 2]a, b[ . Dimostrazione. Dimostriamo il teorema nel caso in cui x 2 ]a, b[ . I casi x = a e x = b sono analoghi. Il nostro scopo è quello di mostrare che F(x + ✏) F(x) lim = f (x) . ✏!0 ✏ Osserviamo che ! Z x+✏ Z x F(x + ✏) F(x) 1 = f (t) dt f (t) dt ✏ ✏ a a e procediamo distinguendo i due casi indicati in figura 1. Figura 1 Nel I caso ✏ > 0 , e quindi Z x+✏ Z f (t) dt = a f (t) dt + a mentre nel II caso, ✏ < 0 e si ha Z x+✏ Z f (t) dt = a Z x a x+✏ Z x f (t) dt f (t) dt , x x x+✏ f (t) dt . 9.2 Il Teorema fondamentale del calcolo integrale Nel I caso risulta quindi F(x + ✏) ✏ F(x) 1 = ✏ Z 268 x+✏ x f (t) dt ; per il Teorema della media integrale si ha che esiste ⇠✏ appartenente all’intervallo chiuso di estremi x e x + ✏ tale che Z 1 x+✏ f (t) dt = f (⇠✏ ); ✏ x inoltre risulta lim ⇠✏ = x , ✏!0 ed essendo f continua si ha lim f (⇠✏ ) = f (x) ✏!0 cioè quello che volevamo dimostrare. Per quanto riguarda il II caso si ha ! Z x Z x F(x + ✏) F(x) 1 1 = f (t) dt = f (t) dt ✏ ✏ ✏ x+✏ x+✏ (quest’ultimo passaggio ha lo scopo di mettere in evidenza il ✏ che risulta una quantità positiva e rappresenta l’ampiezza dell’intervallo); per il Teorema della media integrale esiste ⌘✏ 2 [x + ✏, x] tale che Z 1 x f (t) dt = f (⌘✏ ); ✏ x+✏ e come prima si ha x + ✏ ⌘✏ x ) lim ⌘✏ ! x , ✏!0 e per la continuità di f segue la tesi. ⇤ Osservazione 9.13. Consideriamo la funzione integrale Z x F(x) = f (x) dx a nel caso in cui f è continua in [a, b] e domandiamoci: chi è F(a)? Sappiamo che Z x |F(x)| | f (t)| dt a 9.2 Il Teorema fondamentale del calcolo integrale 269 ed f è continua in [a, b] . Inoltre | f (x)| M 8x 2 [a, b] . Quindi Z x Z x | f (t)| dt M dt = M(x a) , a a da cui limx!a F(x) = 0. Si noti che, in generale, se a < x1 x2 b , risulta Z x2 Z x2 |F(x2 ) F(x1 )| = f (t) dt | f (t)| dt M(x2 x1 ) . x1 x1 Di conseguenza F è continua in [a, b] ponendo per definizione F(a) = 0. lim F(x) = 0 , x!a concludiamo che F(a) = 0 . Osserviamo anche che se ↵(x) e (x) sono funzioni di↵erenziabili, dal teorema di additivitá dell’integrale rispetto ad intervalli, dal teorema di derivazione della funzione composta e dal Teorema Fondamentale del Calcolo Integrale si ottiene facilmente la derivata dela R (x) funzione G(x) = ↵(x) f (t)dt, la cui derivata e’ data da G0 (x) = f ( (x)) 0 (x) f (↵(x))↵0 (x). Osservazione 9.14. Sia G una qualunque primitiva di f continua in [a, b] . Allora Z b f (t) dt = G(b) G(a) ⌘ |G|ba . a A questo proposito basta osservare che la funzione integrale F di (9.13) è una primitiva, pertanto esiste c 2 R tale che, per ogni x 2 [a, b], si ha G(x) F(x) = c = G(a) F(a) = G(a) . Per x = b si ha G(b) F(b) = G(a) quindi Z G(b) G(a) = F(b) = b a f (t) dt . Quest’ultima formula è anche conosciuta come Formula fondamentale del calcolo integrale. 9.2 Il Teorema fondamentale del calcolo integrale 270 Esempio 9.15. Applicando i risultati visti finora si ottiene Z b b x3 b3 2 x dx = = 3 0 3 0 ossia il risultato che avevamo ottenuto all’inizio del capitolo nel caso b = 1. Osservazione 9.16. Sia G una primitiva di f in [a, b]. Ossia G0 (t) = f (t) 8t 2 [a, b] . Sia poi ⇢ : [↵, ] ! [a, b] t = ⇢(x) , tale che ⇢ è derivabile in [↵, ] . Risulta d (G(⇢(x))) = G0 (⇢(x)) · ⇢0 (x) = f (⇢(x)) · ⇢0 (x) dx Poniamo (x) = G(⇢(x)) con {⇢(↵), ⇢( )} = {a, b} e ⇢(↵) , ⇢( ). Supponiamo ⇢(b) = , ⇢(a) = ↵. Poiché G(t) è primitiva di f (t) risulta che (x) è primitiva di f (⇢(x)) · ⇢0 (x) . Pertanto Z b f (t) dt = G(b) G(a) = G(⇢( )) G(⇢(↵)). a Poiché G ⇢ è primitiva di f (⇢(x)) · ⇢0 (x) in [↵, ] , allora si ottiene Z b Z f (t) dt = f (⇢(x))⇢0 (x) dx . a ↵ Similmente, se ⇢(↵) = b e ⇢( ) = a si ha Z b (9.1) f (t) dt = G(b) G(a) = G(⇢(↵)) a (9.2) = (9.3) = (G(⇢( )) G(⇢(↵))) Z f (⇢(x)) · ⇢0 (x) dx . ↵ G(⇢( )) CAPITOLO 10 Calcolo di integrali tramite primitive In questo capitolo diamo alcuni esempi di come si possono calcolare integrali usando le primitive delle funzioni integrande. Di solito non si e’ cosı̀ fortunati da riuscire ad avere le primitive nella classe delle funzioni elementari. Ma ci sono alcuni casi in cui questo accade. Naturalemnte dalle derivate delle funzioni elementari calcolate in precedenza si ha anche un modo per ottenere primitive che sono funzioni elementari. 10.1. Un esempio istruttivo di cambio di variabile Determiniamo, utilizzando gli strumenti del calcolo integrale, la formula per il calcolo dell’area del settore circolare. Consideriamo una circonferenza di raggio r e centro in O come in figura 1 Figura 1 e sia P✓ il punto sulla circonferenza corrispondente all’angolo ✓ compreso tra 0 e ⇡2 (vedi figura 2: Vogliamo mostrare che l’area del settore circolare è data da _ Area(AOP✓ ) = r2 271 ✓ . 2 10.1 Un esempio istruttivo di cambio di variabile Figura 2 Risulta anzitutto OH✓ = r cos ✓ , H✓ P✓ = r sin ✓ . Inoltre nel primo quadrante, la circonferenza, la cui equazione è x2 + y2 = r2 è rappresentata dalla funzione p y = r2 x2 ⌘ f (x) ; Quindi l’integrale di f calcolato tra H✓ e A è dato da r Z r p Z r ✓ ◆2 x r2 x2 dx = r· 1 dx , r r cos ✓ r cos ✓ e complessivamente risulta r2 Area(AOP✓ ) = cos ✓ sin ✓ + 2 _ Z r r r cos ✓ r· 1 ✓ ◆2 x dx . r Poniamo x = t; r grazie alla osservazione 9.16 si ha Z r r r cos ✓ r· 1 Z 1 ✓ ◆2 p x dx = r · 1 t2 r dt r cos ✓ Z 1 p 2 = r 1 t2 dt cos ✓ Utilizziamo ora il cambio di variabile t = cos ⇢. Osserviamo che t = cos ✓ ) ⇢ = arccos(cos ✓) = ✓ , 272 273 10.2 Integrazione per parti t=1 essendo 0 ⇢ r Z ⇡ 2 1 r· . Pertanto si ottiene Z 0q ✓ ◆2 x 2 = r 1 cos2 (⇢) · ( sin ⇢) d⇢ r ✓ Z 0 2 = r sin2 ⇢ d⇢ r r cos ✓ ⇢ = arccos(1) = 0 , ) Z = r2 Z = r = r ✓ 0 2 Z (10.1) ✓ sin2 ⇢ d⇢ ✓ 1 cos 2⇢ d⇢ 2 ✓ 1 2 cos 2⇢ d⇢ . 2 0 2 0 Infine r2 ✓ Area(AOP✓ ) = cos ✓ sin ✓ + r2 2 2 _ 2 Z 2 r r 1 = cos ✓ sin ✓ + ✓ 2 2 2 ◆ 2 ✓ r sin 2✓ sin 2✓ = +✓ 2 2 2 2 r = ✓. 2 (10.2) ✓ 0 Z cos 2⇢ d⇢ 2 ✓ 0 ! ! 2 cos 2⇢ d⇢ 10.2. Integrazione per parti Il metodo di integrazione per parti, si basa sulla formula di derivazione del prodotto di due funzioni D( f · g) = f 0 · g + f · g0 ; integrando ambo i membri, si ottiene Z x x ( f 0 (t)g(t) + f (t)g0 (t)) dt = f (t) · g(t) a a 274 10.2 Integrazione per parti da cui la formula Z x f 0 (t) · g(t) dt = f (t) · g(t)|xa Z a x a f (t) · g0 (t) dt . 10.2.1. Esempi di integrazione. Esempio 10.1. Calcoliamo l’integrale Z x2 sin3 t dt . 0 In questo caso di ottiene si ottiene Z x2 Z x 3 sin t dt = (sin t) · (1 cos2 t) dt 0 0 Z x Z x = sin t dt + sin t cos2 t dt 0 0 ! x2 = cos3 x cos x + 3 = cos3 x2 cos x2 + 3 0 2 . 3 Esempio 10.2. Calcoliamo l’integrale Z x sin4 t dt . 0 Si ha Z x 0 Z x 4 sin t dt = 0 sin t(sin3 t) dt 3 = ( cos t) sin t x 0 x Z x 0 Z ( cos t)3 sin2 t cos t dt x = ( cos t) sin t + 3 sin2 t cos2 t dt 0 0 Z x Z x 3 2 = cos x sin x + 3 sin t dt 3 sin4 t dt 3 0 essendo cos2 x = 1 sin2 x . Quindi Z x Z 4 4 sin t dt = cos x sin x + 3 0 0 x 0 sin2 t dt 10.3 Integrazione delle funzioni razionali da cui 275 ! Z x 1 2 sin t dt = cos x sin x + 3 sin t dt . 4 0 0 Resta dunque da calcolare l’integrale a destra (per parti): Z x Z x x 2 (10.3) sin t dt = sin x cos x|0 + cos2 x dx 0 0 Z x (10.4) = sin x cos x + (1 sin2 x) dx 0 Z x (10.5) = sin x cos x + x sin2 x dx Z x 4 Z ) 0 0 x sin2 t dt = x sin x cos x . 2 Osservazione 10.3. Il metodo di integrazione per parti consente ad esempio di trovare le primitive delle funzioni log x, arctan x, arcsin x, considerandole copme il prodotto di se stesse per la funzione 1, come si può verificare per esercizio. 10.3. Integrazione delle funzioni razionali Le funzioni razionali hanno la importante proprietà che le loro primitive sono funzioni razionali. In questa sezione accenneremo al perchè di questo fatto facendo vedere anche alcuni esempi. In ogni caso e’ bene tenere presente che grazie allo sviluppo del calcolo simbolico e’ possibile individiare le primitive di funzioni elementari (quando esse sono funzioni elementari) grazie a programmi come ad esempio Mathematica o Maple risparmiando spesso molto tempo. Da questo punto di vista quello che facciamo in questa sezione e nella successiva e’ quello di far conoscere il motivo per cui tali programmi funzionano per questo tipo di problema. E già che ci siamo e’ utile ricordare che ci sono anche metodi numerici molto potenti (che non possiamo però a↵rontare inq uesto corso) che permettono di calcolare in modo approssimato gli integrali definiti senza dover ricorrere alla ricerca di primitive. Sia N(x) f (x) = D(x) 10.3 Integrazione delle funzioni razionali 276 un rapporto di polinomi di gradi n e d rispettivamente. Nel caso in cui n d si può e↵ettuare la divisione tra polinomi ottenendo R(x) N(x) = Q(x) + D(x) dove Q(x) e’ il quoziente ed R(x) e’ il resto che ha grado strattamente minore del gradi di D(x). In questo modo ci si riconduce ad avere n < d. Se D(x) è di primo grado la funzione razionale si presenza nella forma x a ↵ , con a costante. In questo caso si ha Z a dx = A log |x ↵| + c, c 2 R. x ↵ Se D(x) e’ di secondo grado dobbiamo trovare le primitive di ax + b x2 + px + q Sia = p2 4q < 0. Si decompone la frazione nella somma di due frazioni, una con il numeratore dato dalla derivata del denominatore ed una con numeratore dato da una costante: 2b ap ax + b a 2x + p 1 = + , 2 2 2 x + px + q 2 x + px + q 2 x + px + q ottenendo Z Z 2b ap ax + b a 1 2 dx = log(x + px + q) + dx. 2 2 x + px + q 2 2 x + px + q 1 Per trovare le primitive di x2 +px+q osserviamo che il denomitare si può scrivere nella forma: ⇣ 2x + p ⌘2 p 2 p2 2 x + px + q = (x + ) + (q )= + , 2 4 2 4 e questo ci permette di trovare che Z 1 2 dx = p 2 x + px + q Se invece ⇣ 2x + p ⌘ arctan p + c, c 2 R. > 0, dette ↵1 , ↵2 le sue radici si cercano A1 , A2 tali che x2 ax + b A1 A2 = + + px + q x ↵1 x ↵2 che equivale a richiedere ax + b = (A1 + A2 )x (A1 ↵2 + A2 ↵1 ), 10.3 Integrazione delle funzioni razionali 277 ossia (A1 + A2 ) = a, A1 ↵2 + A2 ↵1 = b da cui si ricavano i valori (univocamente determinati) di A1 e A2 . Se infine = 0 allora possiamo trovare costant A e B tali che x2 ax + b A B = + , + px + q x ↵ (x ↵)2 e a questo punto le primitive si trovano immediatamente. Nel caso in cui il grado del denominatore sia maggiore di 2 supponiamo prima di tutto che le radici complesse di D(x) siano tutte semplici. Per ogni radice complessa ↵ + i si considera la radice coniugata ↵ i , e moltiplicando tra loro x (↵ + i ) e x (↵ i ) ottenendo un polinomio di secondo grado con determinante negativo. Allora abbiamo D(x) = (x ↵1 ) . . . (x ↵r )(x2 + p1 x + q1 ) . . . (x2 + ps x + qs ) dove le ↵1 sono le radici reali di D(x). A questo punto si tratta di cercare le costanti A1 , . . . , Ar , a1 , . . . , as , b1 , . . . , bs in modo che N(x) A1 Ar a1 x + b1 as x + bs = + ... + + 2 + ... 2 D(x) x ↵1 x ↵r x + p1 x + q1 x + ps x + qs Nel caso generale indicando con hi la molteplicità della radici reali ↵i e con k j la molteplicità delle radici complesse di può scrivere D(x) = (x ↵1 )h1 . . . (x e si può decomporre primitive del tipo Z N(x) D(x) ↵r )kr (x2 + p1 x + q1 )k1 . . . (x2 + ps x + qs )ks in somme ricondicendoci alla ricerca di dx , (x ↵)h Z ax + b (x2 + px + q)k ove x2 + px + q ha discriminante negativo. Tramite un cambiamento di variabile si osserva che rimane solo da calcolare le primitive di 1 problema che si puà a↵rontare aggiungendo e togliendo x2 al (1+x2 )k numeratore e integrando per parti la funzione x (1+xx 2 )k . 278 10.4 Integrali abeliani Osservazione 10.4. Se dobbiamo trovare le primitive di R(sin x, cos x) con R funzione razionale di due variabili, ci si riconduce alla ricerca di primitive di una funzione razionale con il cambio di variabile t = tan x2 scrivendo sin x e cos x in funzione di tan x2 . Esercizio 10.5. Si calcoli Z 5 x + 2x4 dx, x3 + 1 Z dx . sin x 10.4. Integrali abeliani Un’ altra classe di funzioni elementari che hanno primitive elementari si può inquadrare dal punto di visto dei cosidetti integrali abeliani. Senza esaminare il caso generale limitiamoci a considerare due casi particolari ma significativi. Sia R(x, y) il rapporto di due polinomi nelle variabili x ed y. Se cerchiamo le primitive di r ⇣ n ax + b ⌘ R x, , cx + d ci possiamo ricondurre all’integrale di una funhzione razionale con la sostituzione r t= n ax + b . cx + d Consideriamo ora l’imntegrale Z p R(x, ax2 + bx + c)dx Se a > 0 si usa il cambio di variabile p p ax2 + bx + c = a(x + t). se invece a < 0 perhce’ lintegrale abbia senso (almeno in un intervallo) il discrimimante di ax2 + bx + c deve essere positivo. In tale caso abbiamo due radici ↵ distinte e ax2 + bx + c = a(x ↵)(x ) 279 10.4 Integrali abeliani e pertanto p ax2 + bx + c = p r a(x ↵) riconducendoci al primo caso considerato. x x , ↵ Esercizio 10.6. Determinare i seguenti insiemi di primitive Z Z Z p dx dx , , 1 3x + x2 . p p 2 (1 x) 1 + x 4 3x x CAPITOLO 11 Integrali impropri Nell’integrale di Riemann abbiamo finora considerato come funzione integranda una funzione definita in un intervallo chiuso e limitato. Sia f definita in [a, b[ una funzione limitata in [a, ↵] per ogni ↵ 2]a, b[ . Se tale funzione è Riemann-integrabile per ogni ↵ si pone Z Z b a f (x) dx = lim ↵!b ↵ f (x) dx a se tale limite esiste. Analogamente vale nell’intervallo ]a, b] . Definizione 11.1. Sia f :]a, b[! R tale che 8 a < ↵ < < b la funzione f : [↵, ] ! R è limitata e Riemann-integrabile. Si pone Z a Z b f (x)dx = lim ↵!a+ !b Z a f (x) dx ⌘ lim+ ↵!a a+b 2 a Z f (x) dx + lim !b a+b 2 f (x) dx se i due limiti nella somma sono entrambi finiti, oppure uno solo dei due limiti è infinito, oppure se sono entrambi inifiti hanno lo stesso segno. Se un limite vale +1 e l’altro 1 l’integrale non è definito. Tali integrali si chiamano integrali impropri (anche se questa denominazione è davvero impropria). Se nella definizione sopra, al membro destro un limite vale +1 e l’altro 1 , l’integrale non è definito. 280 11. INTEGRALI IMPROPRI 281 Esempio 11.2. Consideriamo la funzione f (x) = 1/x↵ , con ↵ > 0 , nell’intervallo ]0, 1] . Risulta 8 1 x ↵+1 > Z 1 > se ↵ , 1 > ↵+1 ✏ > 1 < dx = > > ↵ > > ✏ x : log x 1 se ↵ = 1 ✏ e consideriamo separatamente i due casi. 1° caso: ( ↵ , 1) risulta ( Z 1 Z 1 1 ✏1 ↵ f (x) dx = lim+ f (x) dx = lim+ = ✏!0 ✏!0 1 ↵ 1 ↵ 0 ✏ 2° caso: (↵ = 1) si ha Z 1 Z f (x) dx = lim+ 0 ✏!0 1 1 ↵ 1>↵ +1 1 < ↵ ; 1 ✏ f (x) dx = lim+ 0 ✏!0 log ✏ = +1 . Osservazione 11.3. Se f non cambia segno l’integrale improprio esiste sempre perchè la funzione integrale risulta monotona. In questo caso spesso il problema spesso da a↵rontare è stabilire se l’integrale improprio è finito o infinito. Invece non si riesce a dare senso a Z 1 1 dx 1 x Siano f , g limitate, Riemann-integrabili in [↵, b] per ogni ↵ 2 ]a, b[ e consideriamo gli integrali Z b Z b f (x) dx , g(x) dx . a a Se f non cambia segno ed 9no 0 < < M < +1 tali che per x in un intorno di a si ha che g(x) f (x) Mg(x), allora il comportamento dell’integrale di f in [a, b] è lo stesso di quello di g nello stesso intervallo. Esempio 11.4. Consideriamo la funzione f :]0, 1[! R , 1 f (x) = p p x 1 x . 11. INTEGRALI IMPROPRI Applicando la Definizione 11.1 risulta Z 1 Z 12 1 1 (11.1) dx = p p p p 0 0 x 1 x x 1 282 Z x dx + 1 1 2 1 p p x 1 x dx . Grazie all’osservazione precedente, possiamo a↵ermare che Z 12 1 dx p p 0 x 1 x si comporta come Z 1 2 0 mentre Z 1 p dx x 1 1 dx p p 1 x 1 x 2 ha lo stesso comportamento di Z 1 Z 12 1 1 dx s p p dt . 1 t 0 1 x 2 Quindi, essendo gli integrali al membro destro della (11.1) entrambi finiti, si conclude che lo è anche l’integrale a sinistra. Teorema 11.5. Sia Z b a Allora l’integrale | f (x)| dx < +1 . Z b a f (x) dx esiste finito. Dimostrazione. Si può ottenere una dimostrazione usando il Criterio di Cauchy per le succcessioni. ⇤ Esempio 11.6. Ci domandiamo se l’integrale Z 1 1 1 p sin dx x x 0 11. INTEGRALI IMPROPRI 283 esiste finito. Osserviamo che Z 1 Z 1 1 1 1 p sin dx p dx < +1 x x x 0 0 e grazie al teorema precedente possiamo a↵fermare che l’integrale di partenza esiste finito. Osservazione 11.7. Sia a 2 R e consideriamo l’intervallo [a, +1[ . Dalla definizione (che vale anche quando a e/o b sono indifiniti) si ha Z +1 Z N f (x) dx ⌘ lim f (x) dx . N!+1 a Analogamente Z Z a 1 e Z f (x) dx ⌘ lim N! 1 Z +1 1 f (x) dx ⌘ lim N!+1 a 1 Z f (x) dx + lim M!+1 1 a M f (x) dx . 1 dx . x↵ 1 dx = lim N!+1 x↵ 1 e distinguiamo due casi a partire da ↵ : N f (x) dx N Z +1 1° caso: se ↵ , 1 Z +1 1 x1 ↵ dx = lim N!+1 1 x↵ ↵ 1 a N Esempio 11.8. Determiniamo Z +1 Risulta a Z N 1 1 dx x↵ N1 ↵ 1 = lim = N!+1 1 ↵ 1 ↵ ( +1 1 ↵ 1 2° caso: se ↵ = 1 Z +1 1 dx = lim log(x)|N 1 = lim log N = +1 . N!+1 N!+1 x 1 Riassumendo: Z +1 1 1 dx = x↵ ( +1 1 ↵ 1 se ↵ 1 , se ↵ > 1 ; se ↵ < 1 , se ↵ > 1 ; 11. INTEGRALI IMPROPRI 284 Osservazione 11.9. Grazie al risultato appena ottenuto, si può determinare il carattere della serie armonica generalizzata X 1 n 1 n↵ al variare di ↵ . Sia N 2 N . Se ↵ = 1 si usa la disuguaglianza Z N N 1 X 1 1 dx < n 1 x n=1 essendo l’intergale a sinistra la misura dell’area della parte di piano sotto la curva, mentre il secondo membro è l’area del plurirettangolo circoscritto. Poiché l’integrale diverge, per il Teorema del Confronto diverge anche la serie. Se ↵ > 1 si usa la disuguaglianza Z N N X 1 1 dx ↵ ↵ n x 1 n=2 poiché il membro di destra misura l’area del plurirettengolo inscritto e l’integrale a destra misura l’area della parte di piano al di sotto del grafico della funzione. Sappiamo che l’integrale converge, quindi anche la serie è convergente. Esercizio 11.10. Consideriamo l’integrale Z +1 Z 1 Z +1 log x log x log x dx = dx + dx . 3/2 (x + 1)3/2 (x + 1)3/2 0 0 (x + 1) 1 Il primo integrale al secondo membro per x ! 0 si comporta come Z 1 log x dx 0 che converge, mentre il secondo é finito per x ! +1 , poiché log x log x 1 = · ✏ 3/2 (1 + x) (1 + x)3/2 (1 + x) ✏ con 32 ✏ > 1 . Possiamo concludere perció che l’integrale iniziale converge. 285 11.1 Esercizi Esercizio 11.11. Si consideri l’integrale Z 1 2 (x x) dx . ex 0 Osserviamo che (x2 é vero definitivamente perché lim (x x!+1 Inoltre Z N 0 2 x dx = 1 | log 2 x) ex 2 1 2x ✓ ◆x 2 x) = 0. e 2 x |N 0 = 2 N 1 + log 2 log 2 N!+1 ! 1 , log 2 quindi anche l’integrale iniziale converge. 11.1. Esercizi Esercizio 1. Studiare la convergenza dei seguenti integrali: Z 1 Z +1 x2 dx 1. dx 2. p q p 0 1 1 x2 x 1+ x Z +1 3. 1 Z +1 5. 1 1 + sin2 x x dx log x Z +1 4. 1 Z +1 6. 0 dx x2 + 4x + 9 arctan 1x dx p x Esercizio 2. Studiare la convergenza del seguente integrale al variare di ↵ 2 R: Z 1 (1 x)↵ dx. 1 log x 2 Esercizio 3. Studiare al variare di ↵ 2 R la convergenza dei seguente integrale: Z +1 ⇣ 1 ↵ ⌘ dx. p 0 3x2 + 1 x + 1 ⌘ P ⇣ 1 ↵ p Che cosa si può dire del carattere della serie +1 ? n=0 2 n+1 3n +1 286 11.1 Esercizi Esercizio 4. Calcolare 1 lim x!0 x Z x 2x e2t 1 t dt. P Esercizio 5. Studiare il carattere della serie n 1 an ove Z n1 1 + sin t an = et dt. 1+t 0 CAPITOLO 12 Funzioni integrali Dal momento che il calcolo delle primitive di funzioni elementari in generale non puó dare ”risultati” é molto utile studiare il comportamento ed alcune proprietá delle funzioni in cui compaiono integrali. Lo faremo facendo vedere alcuni esempi ed esercizi significativi. Esempi 12.1. Iniziamo prima di tutto dal calcolo di alcuni limiti in cui compaiono funzioni integrali. (1) Determinare 1 lim 3 x!0 x Z x 0 sin2 t dt. Applicando la tecnica di de L’Hopital si ottiene Z x sin2 x 1 1 H lim 3 sin2 t dt = lim = . x!0 x x!0 3x2 3 0 (2) Determinare 1 lim 3 x!+1 x Z x 1 t2 arctan t dt . Osserviamo che si tratta di una forma indeterminata essendo Z x Z x x t3 2 2 t arctan t dt ⇠ t dt = 3 1 1 1 e quest’ultimo integrale diverge. Applicando L’Hopital si ha Rx t2 arctan t dt x2 arctan x 1 ⇡ ⇡ lim 1 = lim = · = . x!+1 x!+1 x3 3x2 3 3 6 (3) Determinare Z 1 2x sin t lim dt x!0+ x x t con 287 0 < x < 2x . 12. FUNZIONI INTEGRALI 288 Grazie al Teorema della media integrale esiste ⇠x tale che Z 2x sin t sin ⇠x dt = (2x x) con x ⇠x 2x , t ⇠x x quindi 1 x Z 2x x sin t 1 sin ⇠x dt = x = 1. t x ⇠x Esempio 12.2. Studiamo la seguente funzione integrale Z x 1 t2 f (x) = p e 2 dt . 2⇡ 1 Anzitutto ci domandiamo: A↵ermiamo che 8t 1 la funzione é ben definita? 9L > 0 : e Infatti t2 2 lim t2 e t!+1 t2 2 L . t2 = 0, essendo quindi 8a > 1 Ovviamente risulta Z x 1 e per t0 1 si ha Z +1 Z 1 t2 2 p e dt = 2⇡ 1 9 t0 : 1 p e 2⇡ t0 1 lim x↵ = +1 , e 8↵ > 0 8t t2 2 1 p e 2⇡ x!+1 t0 Z dt t2 2 e +1 1 Z dt+ t0 t0 t2 1 . t2 1 p e 2⇡ 1 p e 2⇡ t2 2 t2 2 dt Z dt+ +1 t0 1 p e 2⇡ t2 2 dt Osserviamo subito che il secondo integrale al secondo membro t2 converge; inoltre, poiché la funzione integranda g(t) = e 2 é pari, il primo e il terzo integrale al secondo membro sono uguali tra loro e risulta Z +1 Z +1 1 1 +1 1 t2 2 e dt dt = = 2 R 8x . t2 t t0 t0 t0 t0 12. FUNZIONI INTEGRALI 289 Pertanto la funzione é ben definita su tutto R . Facciamo vedere ora che f é una funzione strettamente crescente. Per x0 < x si ha Z x Z x0 Z x f (x) = g(t) dt = g(t) dt + g(t) dt . 1 x0 1 Fissato x0 il primo integrale al secondo membro é un numero reale che non dipende da x0 . Applicando il Teorema fondamentale del calcolo integrale si ottiene 1 f 0 (x) = p · e 2⇡ x2 2 quindi f é strettamente crescente. Ora, calcoliamo i limiti agli estremi del dominio di f . Risulta Z +1 1 t2 lim f (x) = p e 2 dt = l 2 R x!+1 2⇡ 1 quindi esiste un asintoto orizzontale (destro). Per determinare il limite di f quando x diverge negativamente, facciamo ricorso alla seguente osservazione. Osservazione 12.3. Sia h : [a, +1[! R , tale che h 0 . Si ha che Z +1 Z +1 h(t) dt = l 2 R ) lim h(t) dt = 0 . x!+1 a Infatti risulta Z Z +1 a h(t) dt = Z x a x h(t) dt + x +1 h(t) dt e poiché, passando al limite per x ! +1 , il primo membro e il primo integrale al secondo membro sono uguali, segue che il limite del secondo integrale al membro destro deve valere 0 , ossia la tesi. Dall’osservazione, segue immediatamente che Z x t2 lim e 2 dt = 0 , x! 1 1 quindi l’asse x é asintoto orizzontale sinistro per f . Ci chiediamo ora: f é dispari? Sappiamo che in generale h( x) = h(x) ) h(0) = 0 , 12. FUNZIONI INTEGRALI 290 e poiché per f la seconda proprietá non vale, non puó essere una funzione dispari. Calcoliamo la derivata seconda di f per avere informazioni sulla concavitá: ✓ 2 ◆ 1 1 x x2 f 00 (x) = p e 2 · ( x) = p · x · e 2 , 2⇡ 2⇡ quindi f 00 (x) > 0 se x < 0 , f 00 (x) < 0 se x > 0 . Esercizio 12.4. Data la seguente funzione integrale Z x sin t F(x) = , 2 0 (1 + t ) determinare il limite F(x) . x!0 x2 Osserviamo che il suddetto limite presenta una forma indeterminata [ 00 ] . Per risolverla, possiamo applicare il Teorema di de L’Hopital nel seguente modo: lim lim x!0 F(x) H F0 (x) = lim x!0 2x x2 sin x = lim x!0 2x · (1 + x2 ) sin x 1 1 1 = lim · · = . 2 x!0 x 1+x 2 2 Esercizio 12.5. Trovare l’ordine di infinitesimo della seguente funzione Z x 1 cos t F(x) = dt . 1 + t2 0 Si ha F(x) H F0 (x) lim ↵ = lim x!+1 x x!0 ↵ · (x↵ 1 ) 1 cos x = ↵ · (x↵ 1 ) · (1 + x2 ) 1 cos x 1 = lim · . ↵ 1 x!0 ↵ · (1 + x2 ) x 12. FUNZIONI INTEGRALI Ricordiamo che 1 + o(x2 ) 2 x cos x = 1 quindi si ottiene 0 F(x) 1 BBB 1 lim = lim B@ x!+1 x↵ x!0 ↵ 291 x2 + 2 x↵ 1 1+ 1 2 2 o(x2 ) CC CC = lim x + o(x ) . A x!0 2↵ · x↵ 1 Perció, poiché se ↵ 1 = 2 , ossia se ↵ = 3 , il limite sopra vale 1 , concludiamo che F é un infinitesimo di ordine 3 . Esercizio 12.6. Studiamo la seguente funzione integrale: Z 2x 1 f (x) = dt . 1 + t log t x Osserviamo anzitutto che il dominio di f é {x 2 R : x > 0} . Poniamo poi g(t) = 1 + t log t ; si ha g0 (t) = log t + 1 da cui g0 (t) = 0 con , t= 1 , e ✓ ◆ ✓ ◆ 1 1 1 e 1 g = · log +1= > 0. e e e e Torniamo allo studio di f . Risulta lim f (x) = 0 x!0+ osservando che 0 Z 2x x 1 dt M · (2x 1 + t log t x) = M · x e applicando il Teorema del Confronto . Inoltre, abbiamo che Z 2x Z 2x dt 1 1 0 f (x) = dt = · (2x x) g(t) g(x) g(x) x x essendo 1 1 g(t) g(x) 8t x 12. FUNZIONI INTEGRALI 292 poiché g(t) é strettamente crescente (dimostrato prima). Perció x x ⌘ =0 lim = ⇣ x!+1 1 + x log x x 1 log x x da cui lim f (x) = 0 . x!+1 Ora abbiamo f 0 (x) = 2 1 + 2x log(2x) 1 . 1 + x log x Ora, nel suo dominio la f (x) é strettamente positiva poiché f > 0 e tendente a 0 per x ! 0 e per x ! +1 . Esiste quindi almeno un massimo per f . Troviamo il punto di massimo: 2(1 + x log x) = 1 + 2x log 2 ) ) 2x + 2x log x = 1 + 2x log x + 2x log 2 2 x= . log 2 Il grafico approssimativo della funzione é rappresentato in figura 1. Figura 1 Esercizio 12.7. Individuare il dominio massimale di definizione della seguente funzione Z x2 p f (x) = 4 t2 dt . x 293 12.1 Esercizi Individuiamo anzitutto il dominio della funzione g(t) = p 4 t2 : 2 t 2. Ci domandiamo ora: quando l’intervallo di integrazione é contenuto nel dominio di g(t) ? (1) Sia x x2 . Ció é equivalente a x 0 _ x 1 : a) nel caso x 0 , si ha 8 8 p p > > > > x2 2 2x 2 > > p > > < < , , 2 x 0; x 2 x 2 > > > > > > > > : x0 : x0 p b) se x 1 , acccade se e solo se 1 x 2 . (2) Sia poi x x2 , si ha ( ( x2 x 0x1 , , 0 x 1. x2 x2 p Quindi, riepilogando, il dominio massimale é dato da 2 x p 2. 12.1. Esercizi Esercizio 1. Studiare il grafico delle seguenti funzioni integrali: Z 2x2 p Z x p x +1 1. 1 + t2 dt 2. t2 1 t2 dt 1 3 1 Z x x 1 3. 0 e t2 +1 Z dt 4. x 0 x e t2 dt Esercizio 2. Calcolare l’ordine di infinito della funzione Z x2 t F(x) = arctan t dt. 1+t 0