Dispense di ANALISI MATEMATICA 1, aa 2014

UNIVERSITÁ DEGLI STUDI
CAMERINO
DI
Dispense di ANALISI MATEMATICA 1, a.a.
2014/15
Prof. Fabio Giannoni
Indice
Capitolo 1. Insiemi numerici, funzioni e proprietá fondamentali
1.1. Insiemi
1.2. Funzioni
1.3. I numeri naturali
1.4. I numeri relativi
1.5. I numeri razionali
1.6. I numeri reali
1.7. Intervalli
1.8. Polinomi
1.9. Radici n-esime
1.10. Valore assoluto
1.11. Il Principio di Induzione (Quinto assioma di Peano).
1.12. L’algoritmo di Erone
1.13. Binomio di Newton e somme di potenze.
1.14. I numeri complessi
1.15. Definizione dei numeri complessi
1.16. Importanti conseguenze dell’assioma di completezza
1.17. Esercizi
2
2
6
9
12
14
17
19
20
24
24
26
29
30
33
34
42
46
Capitolo 2. Limiti di successioni
2.1. Definizioni e proprietà
2.2. Successioni divergenti
2.3. Sottosuccessioni
2.4. Successioni monotone
2.5. Un importante esempio
2.6. Operazioni con i limiti
2.7. Forme indeterminate
2.8. Il numero di Nepero e
48
48
53
54
56
58
60
66
68
1
INDICE
2.9. Successioni: ulteriori proprietà
2.10. Teorema di Bolzano-Weierstrass
2.11. Successioni di Cauchy
2.12. Esercizi
2
70
73
75
77
Capitolo 3. Continuità e limiti di funzioni
3.1. Continuità
3.2. Limiti di funzioni
3.3. Continuità e discontinuità
3.4. Limiti di funzioni: alcuni teoremi
3.5. Esercizi
3.6. Alcuni teoremi fondamentali sulle funzioni continue
3.7. Esercizi
79
79
82
86
87
90
91
103
Capitolo 4. Funzioni esponenziali e logaritmiche
4.1. Funzione esponenziale con esponente razionale
4.2. Esercizi
4.3. La funzione logaritmica
4.4. Esercizi
4.5. Gerarchie di infiniti
105
105
117
117
122
125
Capitolo 5. Funzioni trigonometriche
5.1. Definizione di seno e coseno
5.2. Lunghezza di una curva
5.3. Alcune proprietà delle funzioni trigonometriche
5.4. La funzione tangente
5.5. Definizione rigorosa di seno e coseno
5.6. Formule di addizione e sottrazione e conseguenze
5.7. Forma trigonometrica (o polare) dei numeri complessi
5.8. Continuità delle funzioni seno e coseno
5.9. Esercizi
128
128
129
131
134
139
143
149
154
158
Capitolo 6. Calcolo di↵erenziale
6.1. Derivata: definizione e interpretazione geometrica
6.2. Derivazione delle funzioni elementari
6.3. Derivabilità e continuità
6.4. Operazioni con le derivate
159
159
162
165
169
INDICE
6.5.
6.6.
6.7.
6.8.
6.9.
6.10.
6.11.
6.12.
6.13.
6.14.
Derivazione di alcune funzioni inverse
Derivate: alcuni teoremi fondamentali
Studio della derivabilità
Ricerca di massimi e minimi di funzioni
Problemi di massimo e di minimo: alcune applicazioni
Esercizi
Funzioni concave e convesse: la derivata seconda
Studio di funzione
Formule di Taylor
Esercizi
3
173
176
183
184
185
192
193
199
201
212
Capitolo 7. Serie numeriche
7.1. Prime definizioni
7.2. Il paradosso di Achille e della tartaruga
7.3. La serie geometrica
7.4. Alcuni risultati
7.5. Criteri di convergenza
7.6. Serie di Taylor
7.7. Esercizi
215
215
216
217
218
220
232
235
Capitolo 8. Calcolo integrale
8.1. Introduzione
8.2. Integrale di Cauchy
8.3. Integrale di Riemann
8.4. Equivalenza tra la definizione di Cauchy e quella di
Riemann.
8.5. Alcune proprietà fondamentali dell’integrale di
Cauchy-Riemann.
236
236
240
243
Capitolo 9. Integrali e funzioni continue
9.1. Integrabilità delle funzioni continue
9.2. Il Teorema fondamentale del calcolo integrale
262
262
266
Capitolo 10. Calcolo di integrali tramite primitive
10.1. Un esempio istruttivo di cambio di variabile
10.2. Integrazione per parti
10.3. Integrazione delle funzioni razionali
271
271
273
275
247
249
INDICE
10.4.
Integrali abeliani
4
278
Capitolo 11. Integrali impropri
11.1. Esercizi
280
285
Capitolo 12. Funzioni integrali
12.1. Esercizi
287
293
INDICE
1
Introduzione
Queste note hanno lo scopo di facilitare il lavoro degli studenti
che devono seguire il corso e superare l’esame di Analisi Matematica
1 dei corsi di Laurea in Matematica e Fisica.
Il corso di Analisi Matematica 1 vale 12 CFU. Ogni CFU presuppone 25 ore di lavoro. Dunque il carico di lavoro di questo corso é di
300 ore per ciascun studente. Tolte le 93 ore di lezione frontale (63 di
lezione e 30 di esercitazioni), restano 207 ore.
E’ fondamentale il non ritrovarsi e studiare a ridosso dei due
compiti parziali previsti e/o a ridosso dell’esame finale. Il corso si
sviluppa in un periodo di 15 settimane che comprende le vacanze
di Natale. Quindi il lavoro andrebbe distribuito in circa 14 ore alla
settimana con una media di due ore al giorno.
Tali ore possono essere utilizzate per rivedere gli appunti delle
lezioni con l’aiuto delle dispense, fare esercizi, imparare a ricostruire
le dimostrazioni da soli o in compagnia di uno o due colleghi di
corso. Esse possosno essere utilizzate anche per elencare le cose non
chiare e gli esercizi non riusciti da chidere al docente, alla fine della
lezione oppure durante l’orario di ricevimento.
Ringraziamenti. Vorrei ringraziare gli studenti del primo anno
dei corsi di laurea di Matematica e di Fisica, anno accademico 2012/13,
per la loro partecipazione e attiva alle lezioni del precorso. In particolare le studentesse Ilaria Giancamilli ed Elena Raponi per come
hanno preso gli appunti che sono stati la base per scrivere queste
note. Ed anche tutti gli studenti e studentesse che sono intervenuti
ripetutamente con domande quando non era loro chiaro qualcosa.
Tra tutti spicca la studentessa Valentina Macchiati che si puó proprio
dire che non me ne ha lasciata passare una e con le sue domande é
stata di aiuto a tutti.
Un ringraziamento particolare alla dottoressa Claudia Vannucchi
che e’ stato tutor per il corso di Analisi Matematica 1 e che ha trasformato gli appunti in un testo scorrevole. Desidero infine ringraziare
la Dottoressa Lorella Fatone che ha curato le esercitazioni negli anni
accademici 2012-13 e 2013-14.
CAPITOLO 1
Insiemi numerici, funzioni e proprietá fondamentali
In questo primo capitolo, vengono richiamati sinteticamente alcuni concetti e nozioni relativi alla teoria degli insiemi, alle funzioni,
agli insiemi numerici e alle loro principali proprietá, argomenti che
saranno utili in seguito.
1.1. Insiemi
Ricordiamo che i matematici chiamano insieme una qualsiasi raccolta di oggetti. Questi vengono detti elementi e si dice che appartengono all’insieme. Di solito gli insiemi si indicano con una lettera
maiuscola ed i suoi elementi con lettere minuscole. Con la scrittura
a2A
si intende dire che l’elemento a appartiene all’insieme A. Invece con
la scrittura a < A si intende che l’elemento a non appartiene ad A.
Indicheremo con ; l’insieme vuoto, ossia l’insieme privo di elementi. Inoltre N, Z, Q, R indichereanno rispettivamente gli insiemi dei
numeri naturali, interi, razionali, reali.
Un insieme spesso può essere descritto mediante una proprietà che
caratterizza i suoi elementi. In altre parole se P(x) è una proprietà
che risulta vera o falsa a seconda di chi è x, a partire da essa si puó
descrivere l’insieme di tutti gli elementi tali che la proprietà P è vera,
e tale insieme si rappresenta nel seguente modo:
{x : P(x) è vera} ,
e si legge: l’insieme degli x tali che P(x) è vera.
2
1.1 Insiemi
3
Esempio 1.1. Se n 2 N, consideriamo la proprietà
P(n) : ”n è divisibile per 2”.
L’insieme
{n : P(n) è vera},
è l’insieme dei numeri pari.
Definiamo ora le principali operazioni con gli insiemi. Gli insiemi
unione, intersezione e di↵erenza sono definiti rispettivamente da
A [ B = {x : x 2 A _ x 2 B} ,
A \ B = {x : x 2 A ^ x 2 B}
A \ B = {x : x 2 A ^ x < B} .
Si dice anche che A \ B è il complementare di B rispetto ad A. Il
simbolo _ si legge ”oppure” con il significato del vel latino, mentre il
simbolo ^ si legge ”e”, (et latino).
Definiamo adesso le seguenti relazioni tra insiemi. Dati due insiemi A e B, si dice che A è sottoinsieme di B se ogni elemento di A
appartiene anche a B . In simboli
A✓B
()
(x 2 A ) x 2 B).
Spesso invece del simbolo ✓ si usa il simbolo ⇢ con lo stesso
significato.
Il simbolo ) indica una conseguenza logica. La scrittura P(x) )
Q(x) si legge: se P(x) è vera allora Q(x) è vera. Invece il simbolo ()
indica una equivalenza logica. La scrittura P(x) () Q(x) si legge:
P(x) è vera se e solo se Q(x) è vera.
Diciamo che due insiemi A e B sono uguali se hanno gli stessi
elementi, cioè se ogni elemento di A appartiene a B ed ogni elemento
di B appartiene ad A . In simboli:
A=B
()
(A ✓ B) ^ (B ✓ A) .
Notazione 1.2. Useremo anche i seguenti simboli detti ”quantificatori”. Il simbolo 8 significherà “per ogni ”, mentre il simbolo 9
significherà “esiste ”.
4
1.1 Insiemi
Osservazione 1.3. Nella lingua parlata gli elementi costitutivi sono le proposizioni. Cosı̀ è anche in matematica. Ad esempio sono
proposizioni
• 2·3=6
• 9n 2 N : n è divisibile per 2,
• 8n 2 N, n è divisibile per 2,
sono proposizioni nel linguaggio matematico. Però a di↵erenza della
lingua parlata le proposizioni in matematica possono avere un solo
valore di verità: vero o falso. Ad esempio la prima e la seconda
proposizione sono vere, mentre la terza è falsa. Una proposizione
può essere vera o falsa, non ci sono altre possibilità. D’altra parte non
tutte le proposizioni del linguaggio parlato sono una proposizione
nel linguaggio matematico (ad esempio ”Questa frase è falsa”, non
è una proposizione perché se suppongo che è vera allora è falsa e
viceversa).
Oltre alle proposizioni in matematica sono fondamentali le relazioni (o predicati) che possono dipendere da una o più variabili.
Quando non ci sono ”entità” variabili si parla di proposizioni. Ad
esempio consideriamo
R(x) : x2
1 > 0,x 2 R,
S(x, y) : x + y = 1 , x, y 2 R .
R(1) è una proposizione falsa, S(2, 1) è una proposizione vera.
Vediamo altri esempi.
Esempio 1.4. La seguente proposizione
8n 2 N n dispari
)
n2 pari
è falsa.
Esempio 1.5. Siano
p(n) :
n dispari
q(n) :
n2 dispari .
5
1.1 Insiemi
Allora le seguenti proposizioni
p(n)
)
q(n) 8n 2 N ,
p(n)
,
q(n) 8n 2 N ,
sono vere.
Osservazione 1.6. Sia A ⇢ R .
8x 2 A,
p(x)
)
q(x)
NON q(x)
)
NON p(x) .
equivale a dire
8x 2 A,
Siano p(x) , q(x) predicati qualsiasi. La negazione di
p(x) ^ q(x)
è data da
mentre la negazione di
NON p(x) _ NON q(x) ,
p(x) _ q(x)
è data da
NON p(x) ^ NON q(x) .
Notazione 1.7. Per semplicità, inseguito indicheremo ’NON p(x)’
con ’p̃(x)’ .
La negazione di
8x,
è
La negazione di
è
La negazione di
p(x) è vera
9 x : p̃(x) è vera.
9x,
p(x) è vera
8x,
p̃(x) è vera.
8x,
p(x)
)
q(x)
1.2 Funzioni
6
è
9x :
p(x) ^ q̃(x) è vera.
Di seguito esponiamo due importanti proprietà che coinvolgono
le operazioni di intersezione ed unione.
Esercizio 1.8. Usando al doppia inclusione dimostrare le seguenti
proprietà:
(1) proprietà distributiva dell’unione rispetto all’intersezione
(A \ B) [ C = (A [ C) \ (B [ C) ;
(2) proprietà distributiva dell’intersezione rispetto all’unione
(A [ B) \ C = (A \ C) [ (B \ C) .
Concludiamo il paragrafo ricordando al definizione di prodotto
cartesiano. Chiameremo coppia ordinata (x, y) l’insieme dei due
elementi x ed y posti ”in ordine prestabilito”: prima x e poi y. Se
x , y avremo che (x, y) , (y, x). Siano dati due insiemi X ed Y.
Chiameremo prodotto cartesiano di X ed Y l’insieme
X ⇥ Y = {(x, y) : x 2 X, y 2 Y}.
Nel prodotto cartesiano sono definite le cosiddette relazioni binarie.
Importanti in un dato insieme A sono ad esempio le relazioni di
ordine totale. Un relazione di ordine totale R su A ⇥ A é un predicato
che é definito su ogni coppia (a, b) in A ⇥ A e che gode delle seguenti
proprietá:
• R(x, x) é vera 8x (proprietá riflessiva)
• R(x, y) ^ R(y, x) ) x = y (proprietá antisimmetrica)
• R(x, y) ^ R(y, z) ) R(x, z), 8x, y, z (proprietá transitiva).
1.2. Funzioni
In questo paragrafo richiamiamo il concetto di funzione.
Dati due insiemi non vuoti A e B, una funzione f da A a B, indicata
nel seguente modo
f : A ! B,
7
1.2 Funzioni
è una “legge”che ad ogni elemento di A associa uno ed un solo elemento di B. Se a è un elemento di A , tramite la funzione f corrisponde
ad esso l’elemento di b 2 B indicato con f (a). In simboli
a 2 A 7! f (a) 2 B .
L’elemento f (a) è detta immagine di a tramite la f , mentre a è la controimmagine di b = f (a). L’inseme A è detto dominio della funzione,
mentre B è chiamato codominio di f .
Esempio 1.9. La seguente funzione
2n + 1
,
3
ha come dominio N e come codominio Q , e ad ogni n 2 N corrisponde (tramite la definizione di f ) uno ed un solo elemento
q = f (n) 2 Q .
f : N ! Q,
f (n) =
Definizione 1.10. Una funzione f : A ! B si dice iniettiva se,
comunque si scelgano due elementi a1 , a2 2 A
a1 , a2
)
f (a1 ) , f (a2 ) ,
cioè se ad elementi distinti corrispondono immagini distinte.
Osservazione 1.11. La funzione dell’Esempio 1.9 è iniettiva.
Infatti, se f (n1 ) = f (n2 ) , cioè
2n1 + 1 2n2 + 1
=
3
3
si ha
2n1 + 1 = 2n2 + 1
)
2n1 = 2n2
)
n1 = n2 .
Definizione 1.12. Sia f : A ! B. Si dice che f è surgettiva se
8b 2 B
9a 2 A : f (a) = b ,
cioè se ogni elemento di B è immagine di almeno un elemento di A .
Osservazione 1.13. La funzione dell’esempio 1.9 non è surgettiva.
Se lo fosse, infatti, per ogni p 2 Q , dovrebbe esistere un n 2 N :
2n+1
= p, cioè
3
2n + 1 = 3p
8
1.2 Funzioni
ovvero
(1.1)
2n = 3p
1;
scegliendo ad esempio p = 12 , non esiste nessun n 2 N tale per cui la
condizione (1.1) è verificata (infatti si ha 2n = 3 · 12 1 = 12 ) .
Invece, la funzione
2r + 1
f : Q ! Q , f (r) =
3
è surgettiva, perché 8p 2 Q : p =
2r+1
,
3
9r =
3p 1
2
2 Q, tale che f (r) = p.
Esempio 1.14. La funzione
f : R ! R , f (x) = x2
non è iniettiva, essendo f (x) = f ( x) , e neppure surgettiva, poiché
se y < 0 , f (x) = y , cioè x2 = y , non ha soluzioni.
Tuttavia, se consideriamo la stessa funzione dell’esempio precedente, ma con f : R+ ! R+ , abbiamo che essa è sia iniettiva che
surgettiva.
Osservazione 1.15. Le precedenti osservazioni ci consentono di
sottolineare che una funzione non è definita solo dalla “legge”, ma è
caratterizzata anche dal suo dominio (insieme di partenza) e dal suo
codominio (insieme di arrivo).
Se A = B la funzione f : A ! A tale che f (a) = a si chiama
funzione identica o identità.
Definizione 1.16. Se una funzione f : A ! B è sia iniettiva che
surgettiva, si dice che è una funzione biunivoca (o invertibile). In tal
caso è definita la funzione inversa
f
1
:B!A
come l’unico elemento a che viene mandato in b da f
Osservazione 1.17. Le funzioni composte
f
f
f
1
1
:B!B
f : A ! A,
1.3 I numeri naturali
9
sono la funzione identità in B ed A rispettivamente.
Il simbolo
è descritto nella seguente
Definizione 1.18. Date le funzioni f : A ! B , g : B ! C , si
definisce la funzione composta
g
f :A!C
(si legge ”g composto f”) nel seguente modo: per ogni a 2 A
(g
def
f )(a) = g( f (a)) .
Esempio 1.19. Date le funzioni
f : N ! Q,
g : Q ! Q,
2n + 1
,
3
g(r) = r2 ,
f (n) =
la funzione composta g
(g
f : N ! Q è definita da
✓
◆
2n + 1 2
f )(n) =
, 8n 2 N .
3
1.3. I numeri naturali
L’insieme dei numeri naturali, solitamente indicato con la lattera
N , è l’insieme dei numeri del ‘contare’nella vita di tutti i giorni:
N = {0, 1, 2, 3, 4, ...n, ...} .
1.3.1. Peano e i suoi assiomi. Nel 1894, il matematico italiano Giuseppe Peano, propose di caratterizzare assiomaticamente
l’insieme dei numeri naturali mediante i seguenti cinque assiomi.
(1)
(2)
(3)
(4)
(5)
Esiste un numero naturale, lo 0 .
Ogni numero naturale ha un numero naturale successivo.
Numeri diversi hanno successivi diversi.
0 non è il successivo di alcun numero naturale.
Ogni sottoinsieme di numeri naturali che contenga lo zero e
il successivo di ogni proprio elemento, coincide con l’intero
insieme dei numeri naturali (assioma dell’induzione).
In simboli:
1.3 I numeri naturali
(1)
(2)
(3)
(4)
(5)
10
Esiste un numero 0 2 N .
Esiste una funzione s : N ! N (chiamata ”successivo”) .
x , y implica s(x) , s(y) .
s(x) , 0 8n 2 N .
Se U è un sottoinsieme di N tale che
(i) 0 2 U ,
(ii) x 2 U ) s(x) 2 U ,
allora U = N .
1.3.2. Operazioni in N e loro proprietà. Ricordiamo ora le principali proprietà delle operazioni di addizione e moltiplicazione dei
numeri naturali. Da notare che addizione e moltiplicazione possono essere definite rigorosamente utilizzando gli assiomi di Peano. Per quanto riguarda la somma possiamo definirla per induzione
ponendo
n + 0 = n, n + s(m) = s(n + m),
mentre per la moltiplicazione si pone
n · 1 = n, n · s(m) = n · m + n,
ove 1 = s(0). (Nella moltiplicazione il ”punto” ”·” spesso si toglie
accostando le lettere, cosı́ a · b ha lo stesso significato di ab.)
Si dice che 0 é l’elemento neutro rispetto alla somma e 1 é l’elemento neutro rispetto al prodotto. Utilizzando il principio di induzione (e la definizione di addizione e moltiplicazione) possiamo
dimostrare (con un pò di pazienza) le seguenti proprietà di addizione
e moltiplicazione:
(1) Proprietà commutativa addizione:
a + b = b + a 8a, b 2 N .
(2) Proprietà associativa addizione:
(a + b) + c = a + (b + c) 8a, b, c 2 N .
(3) Proprietà commutativa moltiplicazione:
a · b = b · a 8a, b 2 N .
(4) Proprietà associativa moltiplicazione:
(a · b) · c = a · (b · c) 8a, b, c 2 N .
1.3 I numeri naturali
(5) Proprietà distributiva:
(a + b) · c = a · c + b · c
11
8a, b, c 2 N .
Osserviamo che da queste proprietà possono essere ricavate
facilmente altre proprietà dei numeri naturali. Per esempio
(1) dispari + dispari = pari
Infatti: (2n + 1) + (2m + 1) = 2m + 2n + 2 = 2(m + n + 1) .
(2) dispari · dispari = dispari
Infatti: (2n + 1) · (2m + 1) = 2m · 2n + 2m + 1 = 2(mn + m + n) + 1 .
Osservazione 1.20. Si possono anche dimostrare (sempre a partire dalle definizioni di somma e prodotti) le seguenti importanti
proprietà
(1.2)
(1.3)
a=b)a+c=b+c
8a, b, c 2 N,
a = b ) a · c = b · c 8a, b, c 2 N.
1.3.3. relazione d’ordine. Si puó anche definire in N una
relazione d’ordine, sempre per induzione, ponendo
• 0  b per ogni b 2 N,
• s(a)  b () b = s(b0 ) con a  b0
(Dato b si stabilisce chi sono gli elemnti  b.)
Si scrive a < b se a  b e a , b, mentre si pone a b se e solo se
b  a.
Si può dimostrare (sempre per induzione) che tale relazione  é
in e↵etti un relazione di ordine totale su N.
Osservazione 1.21. Si puó anche dimostrare per induzione che
a  b se e solo se esiste un elemento che sommato ad a da come
risultato b. Tale elemento é unico e si indica con b a. (Naturalmente
si puó anche usare questa proprietá come definizione)
Inoltre si puó dimostrare che
(1.4)
m > n ) m + k > n + k,
(1.5)
m > n, k , 0 ) m · k > n · k.
1.4 I numeri relativi
12
Da notare infine che in N val al legge di annullamento del
prodotto:
n · 0 = 0, per ogni n 2 N.
Infatti n · 0 = n · (0 + 0) = n · 0 + n · 0, mentre se fosse n · 0 > 0 si avrebbe,
dalla proprietá (1.4), n · 0 + n · 0 > n · 0.
Infine diamo la nozione di insieme numerabile.
Definizione 1.22. Un insieme si dice numerabile se può essere
messo in corrispondenza biunivoca con l’insieme N dei numeri
naturali.
Un insieme A si dice finito se esiste n 2 N n 1 tale che A è in
corrispondenza biunivoca con
Esempi 1.23. Si noti che:
• L’insieme Q dei numeri razionali è numerabile;
• l’insieme P dei numeri pari è un insieme numerabile, dato
che la corrispondenza
' : N ! P,
'(n) = 2n
è biunivoca. In generale, i sottoinsiemi di N che non sono
finiti sono insiemi numerabili.
1.4. I numeri relativi
L’insieme dei numeri relativi, che estende quello dei naturali,
viene di norma indicato con la lettera Z e puó essere descritto da
Z = {0, 1, 2, ..., n, ...} [ { 1, 2, ..., m, ...} ,
dove 1, 2, ..., m, ... saranno rispettivamente i numeri inversi di
1, 2, ..., m, ... rispetto alla somma.
I numeri naturali diversi da 0 saranno i numeri interi positivi
(> 0), mentre i numeri del tipo m con m 2 N \ {0} saranno i numeri
interi negativi (< 0).
13
1.4 I numeri relativi
Se n, m sono numeri naturali la somma sará la stessa che in N. Si
pone poi per definizione
8
>
>
n m, se n > m,
>
>
>
<
( m) + n = n + ( m) = >
0 se n = m,
>
>
>
>
: (m n) se n < m.
La quantitá n + ( m) si indica anche con n
m. Infine si pone
( n) + ( m) = (n + m).
Si estende cosı́ la somma definita in N. Si noti che 0 é l’elemento
neutro rispetto alla somma e m é l’opposto di m rispetto alla somma.
Dunque si ha anche ( m)) = m.
Possiamo poi estendere in Z la relazione di ordine definita in N
ponendo
m
n , m = n oppure m + ( n) > 0.
Adesso si pone il problema di definire la moltiplicazione in Z
estendendo quella definita in N. Se m, n sono numeri interi naturali
la moltiplicazione sarà la stessa che in N. Supponiamo ora che
n > 0 , m < 0 . Sia m = p , p > 0 . Allora se vogliamo che valga la
proprietá distributiva deve risultare che n · m = n · ( p) è l’opposto di
n · p , cioè
Infatti
n · ( p) + n · p = 0 .
n · ( p) + n · p = n · ( p + p) = n · 0 = 0,
e vale la legge di annullamento del prodotto in N. Analogamente se
n < 0 e m > 0.
Da notare poi che, se vogliamo che valga la proprietá distributiva,
n · 0 é l’opposto di n · 0 per cui la legge di annullamento del prodotto
vale anche in Z. Dunque anche la definizione di ( n) · ( m) (con
n > 0, m > 0) é forzata e si deve avere:
( n) · ( m) = n · m.
(Si noti che l’opposto único)).
1.5 I numeri razionali
14
Si noti anche che 1 é l’elemento neutro rispetto al prodotto,
essendo
n · 1 = n 8n 2 Z .
Concludiamo questa sezione ricordando che dati due interi non
nulli m ed n, n si dice divisore di m se esiste un intero k , 1 tale che
m = k · n, e che due interi non nulli si dicono primi tra loro se non
hanno un medesimo divisore.
Infine usando il principio di induzione si ootengono subito le
seguenti
Proposizione 1.24. Sia A un sottoinsieme di Z limitato superiormente
(inferiormente). Ossia esiste m 2 Z tale che a  m (ageqm) per ogni a 2 A.
Allora A ammette massimo, (minimo) ossia esiste a0 2 A tale che a  a0
(a geqa0 ) per ogni a 2 A.
Come immediata conseguenza si ha che ogni sottoinsoeme finito
di Z ammete massimo e minimo.
1.5. I numeri razionali
L’insieme dei numeri razionali viene indicato solitamente con la
lettera Q , e i suoi elementi possono essere descritti nel seguente
modo.
Q = {r = ab
1
: a 2 Z, b 2 Z \ {0}},
ove i numeri del tipo b 1 saranno i reciproci di b rispetto alla moltiplicazione. Sciveremo anche r = ba , con a 2 Z, b 2 Z \ {0}, con
am
l’accorgimento che, per ogni m 2 Z, bm
= ba .
Somma e moltiplicazione si possono definire nel seguente modo:
a p aq pb def 1
+ =
+
=
(aq + pb)
b q bq qb
bq
e
a p def ap
· =
,
b q
bq
1.5 I numeri razionali
15
verificando che tali definizioni non dipendono dalla rappresentazione scelta per i numeri razionali.
Utizzando le due definizioni precedenti e le proprietá di somma
e prodotti in Z si possono facilmente dimostare le seguenti proprietà
di somma e prodotto sui razionali (assiomi di campo)
I) In Q l’operazione + (somma) , verifica 8a, b, c, 2 Q :
(1) a + b = b + a (proprietà commutativa)
(2) (a + b) + c = a + (b + c) (proprietà associativa)
(3) Esiste l’elemento neutro della somma e si indica con 0: a +
0 = a,
(4) Per ogni a , esiste l’elemento opposto rispetto alla somma e
si indica con a: a + ( a) = 0.
II) In Q l’operazione · (moltiplicazione) , verifica 8a, b, c, 2 Q :
(1) a · b = b · a (proprietà commutativa)
(2) (a · b) · c = a · (b · c) (proprietà associativa)
(3) Esiste l’elemento neutro rispetto al prodotto e si indica con
1: a · 1 = a,
(4) 8a , 0, esiste l’inverso rispetto al prodotto e si indica con
a 1: a · a 1 = 1
(5) Proprietà distributiva (del prodotto rispetto alla somma):
(a + b) · c = a · c + b · c
Se usiamo la notazione r = ba , lo zero si puó rappresentare con
0
e l’unità con 11 dove 0 e 1 sono rispetivamente gli elementi neutri
1
della addizione e moltiplicazione in Z. Inoltre a 1 significa di fatto 1a
mentre r = ba .
Dagli assioni di campo si deducono tutte le altre proprietá fondamentali che riguardano somme e prodotti. Naturalmente possiamo
definire la di↵erenza ponendo:
a
b = a + ( b),
ove b é l’inverso di b rispetto alla somma e analogamente per il
quoziente tra a e b quando , 0:
a : b = ab 1 .
16
1.5 I numeri razionali
Inoltre se r =
p
q
2 Q \ {0} si pone
r > 0, se p, q sono entrambi positivi oppure negativi,
mentre
r < 0, altrimenti .
Allora in Q possiamo definire una relazione d’ordine totale, indicata
con il simbolo :
b
a , b = a oppure b
a > 0.
Analogamente si possono definire le relazioni d’ordine <, , >. La
relazione  ( ) rende (Q, +, ·) un campo ordinato. Tale relazione ha
le seguenti caratteristiche:
• ab ) a+cb+c
• a  b,c 0 ) a · c  b · c,
che possono essere dimostrate facilmente a partire dalle definizioni
date.
Osservazione 1.25. Sia a , 0 . L’equazione di primo grado
ax + b = 0
ha come soluzione il numero razionale
b
.
a
x=
Dagli assiomi di campo, sappiamo che esiste l’inverso di a , cioè a
tale che a · a 1 = 1 . Quindi
a 1 (ax + b) = a
a
1
· ax + a
1·x+a
1
1
1
·0=0
·b=0
·b=0
x + a 1b = 0
x + a 1b
(a 1 b) = a 1 b
b
x = a 1b ⌘
.
a
1
1.6 I numeri reali
17
Osservazione 1.26. L’equazione di secondo grado
(1.6)
x2 = 2 ,
(ove x2 = x · x ha come soluzioni
p
x = ± 2,
che peró non sono numeri razionali. Infatti, supponiamo per assurdo
p
che la (1.6) ammetta soluzioni razionali e sia x = , p, q 2 Z , q , 0 ,
q
una soluzione. Come abbiamo giá osservato
p·↵ p
= , 8↵ , 0.
q·↵ q
Di conseguenza, senza perdita di generalità, possiamo supporre che
p
p e q siano numeri primi tra loro. Poiché x = q è soluzione della
(1.6), si ha
p2
x2 = 2 = 2 ,
q
da cui
p2 = 2q2 .
Quindi p2 è pari e di conseguenza anche p lo è (infatti, se per assurdo
p fosse dispari, anche p2 sarebbe dispari). Da p = 2m , segue che
4m2 = 2q2 , da cui 2m2 = q2 . Ma q2 è pari, quindi anche q è pari, cioè
q = 2n . Pertanto sia p che q sono divisibili per 2 e quindi non sono
primi tra loro. Possiamo cosı̀ concludere che l’equazione (1.6) non
p
ammette soluzioni razionali, e quindi 2 non è un numero razionale.
E proprio per poter dare senso alle radici quadrate dei numeri
positive che si amplia l’insieme Q a quello dei numeri reali.
1.6. I numeri reali
L’insieme dei numeri reali viene generalmente indicato con la
lettera R . Com il simobolo (R, +, ·) si indica R con la somma e la
moltiplicazione. Esso è un campo, essendo caratterizzato dagli stessi
assiomi dei numeri razionali. Tale campo è ordinato, cioè esiste un
ordinamento totale, e la relazione d’ordine verifica le proprietà:
18
1.6 I numeri reali
• ab ) a+cb+c
• a  b,c 0 ) a · c  b · c,
che abbiamo visto valere per i numeri razionali. L’insieme dei numeri
reali, oltre agli assiomi dei numeri razionali, è caratterizzato dalla
seguente proprietà che lo di↵erenzia da Q
Assioma di completezza:
(1.7) Siano A, B ⇢ R tali che a  b 8a 2 A, , 8b 2 B .
Allora 9x 2 R (detto elemento separatore tra A e B) tale che :
a  x  b,
8a 2 A, 8b 2 B ,
(vedi figure 1 e 2).
Figura 1
Esempio 1.27. Gli insiemi
A = {y 2 R : y  0} ^ {y > 0 : y2 < 2} ,
e
B = {y > 0 : y2 > 2} ,
hanno come elemento di separazione il numero reale
p
2.
Un modo per descrivere i numeri reali é quello in cui si usano gli
allineamenti decimali cosiddetti propri.
Definizione 1.28. Chiamiamo allineamento decimale proprio un
allineamento decimale
a1
a2
an
a0 , a1 a2 . . . an . . . ⌘ a0 +
+ 2 + ... n + ...
10 10
10
1.7 Intervalli
19
Figura 2
in cui le cifre an 2 {0, 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9} da un certo posto in poi non
sono tutte uguali a 9.
Somma e relazione di ordine tra gli allineamenti decimali propri
sono facili da definire. Un pó meno lo é la definizione di moltiplicazione, perché si tratta di moltiplicare tra loro due somme ”infinite”.
In ogni caso si puó fare e con parecchia pazienza si puó dimostrare
che l’insieme degli allineamenti periodici propri (che é un modo di
rappresentare i numeri reali) verifica gli assiomi di campo ordinato
e l’assioma di completezza.
1.7. Intervalli
Siano a, b 2 R , a < b . Definiamo i seguenti sottoinsiemi di R :
[a, b] = {x 2 R : a  x  b} ,
] a, b ] = {x 2 R : a < x  b} ,
[ a, b [ = {x 2 R : a  x < b} ,
] a, b [ = {x 2 R : a < x < b} .
L’insieme [a, b] è detto intervallo chiuso, ] a, b [ è detto intervallo aperto.
In generale, si definisce intervallo un sottoinsieme I di R tale che, per
ogni coppia di suoi elementi x1 , x2 , tutti i numeri reali compresi tra
x1 e x2 appartengono al sottoinsieme I. Dato a 2 R , sono intervalli
20
1.8 Polinomi
anche i seguenti sottoinsiemi di R:
] a, +1 [ = {x 2 R : x > a} ,
[ a, +1 [ = {x 2 R : x
[
]
]
a} ,
1, a [ = {x 2 R : x < a} ,
1, a ] = {x 2 R : x  a} ,
1, +1 [ = R.
Teniamo presente che
• I è un intervallo se e solo se per ogni a, b 2 I con a < b si ha
che [a, b] ⇢ I ;
Ricordiamo anche la seguente definizione nel piano euclideo ⇡.
Definizione 1.29. Sia C ⇢ ⇡. Esso si dice convesso se e solo se
8 c1 , c2 2 C il segmento che congiunge c1 e c2 è contenuto in C .
1.8. Polinomi
Definizione 1.30. Sia n 2 N . Un’espressione della forma
P(x) = an xn + an 1 xn
1
+ ... + a1 x + a0 ,
con ai 2 R, an , 0 , x 2 R ,
viene detta polinomio di grado n . Gli ai sono chiamati coefficienti del
polinomio e n ⌘ deg P è il grado del polinomio.
I polinomi costituiscono un particolare esempio di funzione.
Esempio 1.31. Consideriamo il seguente esempio di polinomio di
grado n:
(1.8)
Per n=1 , si ha
f (x) = xn ,
n 2 N.
f (x) = x
che è la funzione identitá in R ed é una funzione iniettiva e surgettiva.
Per n=2 , abbiamo
f (x) = x2
21
1.8 Polinomi
f(x)=x
5
4
3
2
y
1
0
−1
−2
−3
−4
−5
−5
−4
−3
−2
−1
0
x
1
2
3
4
5
Figura 3
(vedi figura 4) che è una funzione non iniettiva e non surgettiva. Lo
diventa se consideriamo la funzione con f : R+ ! R+ , ove R+ = {x 2
R : x 0}.
f(x)=x2
100
90
80
70
y
60
50
40
30
20
10
0
−10
−8
−6
−4
−2
0
x
2
4
6
8
10
Figura 4
Per n=3, si ha la funzione (vedi figura 5)
f (x) = x3 ,
che è sia iniettiva che surgettiva.
Osservazione 1.32. La funzione xn gode di alcune interessanti
proprietà.
• Per n
1 , la funzione f (x) = xn con f : R+ ! R+ è
strettamente crescente, cioè
0  x1 < x2
)
f (x1 ) < f (x2 ) .
Per dimostrare questo fatto, osserviamo preliminarmente
che la condizione f (x1 ) < f (x2 ) equivale a f (x2 ) f (x1 ) > 0 .
22
1.8 Polinomi
f(x)=x3
1000
800
600
400
y
200
0
−200
−400
−600
−800
−1000
−10
−8
−6
−4
−2
0
x
2
4
6
8
10
Figura 5
Siano 0  x1 < x2 . Abbiamo
per n = 1 ,
f (x2 )
f (x1 ) = x2
x1 > 0 ;
per n = 2 ,
f (x2 )
f (x1 ) = x22
x21 = (x2
x1 )(x2 + x1 ) > 0 ;
per n = 3 ,
f (x2 )
f (x1 ) = x32
x31 = (x2
x1 )(x22 + x1 x2 + x21 ) > 0 .
In generale, si ha
f (x1 ) = xn2
(1.9) f (x2 )
(x2
x1 )(xn2
xn1 =
1
+ xn2 2 x1 + ... + x2 xn1
2
+ xn1 1 ) =
(x2
x1 ) · g(x1 , x2 ) > 0.
Ora g(x1 , x2 ) è dato dalla somma di termini non negativi
almeno uno dei quali, xn2 1 , é strettamente positivo. Dunque
g(x1 , x2 ) > 0. Si osservi che nella (1.9) abbiamo utilizzato il
fatto che
(x2
x1 )(xn2
1
+ xn2 2 x1 + ... + x2 xn1
2
+ xn1 1 )
= xn2 + xn2 1 x1 + ... + x22 xn1
(x1 xn2
1
2
+ x2 xn1
+ xn2 2 x21 + ... + x2 xn1
1
1
+ xn1 ),
e semplificando nell’ultima espressione restano soltanto il
primo e l’ultimo termine, cioè xn2 xn1 .
23
1.8 Polinomi
Infine, essendo g(x1 , x2 ) > 0 dalla (1.9) si ha
xn2
xn1 > 0
,
x2
x1 > 0 .
• Se n è pari, f (x) = xn è una funzione pari, cioè
f (x) 8x 2 R.
Infatti, per n pari, si ha
f ( x) =
f ( x) = ( x)n = ( 1)n xn = xn = f (x) 8x 2 R .
Di conseguenza, per n pari, il grafico della funzione f (x) = xn
è simmetrico rispetto all’asse y (vedere in Figura 4 il grafico
di f (x) per n=2).
• Se n è dispari, f (x) = xn è una funzione dispari, cioè f ( x) =
f (x) 8x 2 R.
Infatti per n dispari si ha
f ( x) = ( x)n = ( 1)n xn = xn =
f (x) 8x 2 R .
Di conseguenza, per n dispari, il grafico della funzione è simmetrico rispetto all’origine degli assi cartesiani (ad esempio
vedere in Figura 3 il grafico di f (x) per n=3).
Sia n 2 N , n > 0 . Abbiamo visto che la funzione xn è strettamente
crescente in R+ e positiva. Da questo segue che la funzione x n è
strettamente decrescente in in R+ .
In generale, vale la seguente
Proposizione 1.33. Se la funzione f : [a, b] ! R+ \ {0} è strettamente
1
crescente, allora
è strettamente decrescente.
f
Dimostrazione. Supponiamo a  x1 < x2  b .
1
1
Vogliamo dimostrare che
>
. Poiché f è positiva, la
f (x1 )
f (x2 )
relazione sopra equivale a
f (x2 )
> 1,
f (x1 )
a sua volta equivalente a
f (x2 ) > f (x1 ) ,
che vale per l’ipotesi di stretta crescenza di f .
⇤
1.10 Valore assoluto
24
1.9. Radici n-esime
Sia n 2 N e x 2 R tale che
xn = y ,
y
0.
Il simbolo xn è detto potenza n-esima di x . Vale la seguente
Proprietà 1.34.
9! a 2 R+ : an = y .
Definizione 1.35. Il numero reale positivo a che verifica tale
proprietà è detto radice n-esima di y e si indice con
p
1
n
y ⌘ yn
Osservazione 1.36. L’unicitá é immediata perché
a1 , a2 ) an1 , an2 .
Infatti se 0  a1 < a2 come abbiamo visto an1 < an2 .
L’esistenza é piú delicata: la dimostrazione la daremo piú avanti,
utilizzando il cosiddetto Teorema degli Zeri.
1.10. Valore assoluto
Definizione 1.37. Il valore assoluto o modulo di un numero reale x ,
è definito nel seguente modo:
(
x se x 0 ,
|x| =
x se x < 0 .
Consideriamo un numero reale a > 0 e la disequazione
(1.10)
|x|  a .
Se x 0 , dalla definizione di valore assoluto si ha che |x| = x , quindi
la (1.10) diventa
x  a.
25
1.10 Valore assoluto
Se x < 0 , la (1.10) diventa
x  a,
cioè
x
a.
Quindi, complessivamente, le soluzioni della (1.10) sono i valori
di x compresi tra a e a , cioè
axa
o equivalentemente, i valori dell’intervallo [ a, a] .
Vediamo ora alcune proprietà fondamentali del valore assoluto.
(1)
|x|  x  |x| 8x 2 R ; tale proprietá si dimostra
distinguendo i casi x 0 e x < 0.
(2) |xy| = |x||y| 8x, y 2 R
e in particolare | x| = |x| 8x 2 R ; questo si dimostra
distinguendo tra le posizioni di (x, y) in R2 , a seconda che si
trovi nel primo, secondo, terzo o quarto quadrante.
(3) (Propietà triangolare) |x + y|  |x| + |y| 8x 2 R .
Per dimostrare tale propietà, proveremo la seguente
disuguglianza ad essa equivalente
(1.11)
|x + y|2  (|x| + |y|)2
8x 2 R .
In generale, osserviamo che 8a 2 R si ha
(
a2 se a 0 ,
2
2
2
|a| = a , essendo |a| =
( a)2 se a < 0 .
Pertanto la (1.11) equivale a
x2 + 2xy + y2  |x|2 + 2|xy| + |y|2 = x2 + 2|x||y| + y2 .
Tale disuguaglianza è vera se e solo se
,
,
2xy  2|x||y|
xy  |x||y|
xy  |xy| ,
ma quest’ultima proprietà è vera per ogni x, y 2 R . La
proprietà trinagolare risulta quindi dimostrata.
26
1.11 Il Principio di Induzione (Quinto assioma di Peano).
(4) ||x| |y||  |x y| 8x, y 2 R .
Dimostrazione: supponiamo prima che |x|
|x| |y| . Dobbiamo quindi provare che
(1.12)
|x|
|y|  |x
|y|
0 , cioè
y| ,
ossia
|x|  |x
y| + |y| ,
e quest’ultima si dimostra applicando la proprietà
triangolare:
(1.13)
|x| = |(x
y) + y|  |x
y| + |y| .
Ipotizziamo ora che |x| |y|  0 , cioè che |x|  |y| . Ma
scambiando x con y ci si riconduce al caso precedente.
1.11. Il Principio di Induzione (Quinto assioma di Peano).
Sia p(n) un predicato definito su N . Se p(n) è tale che
(1) p(0) è vera ,
(2) p(n) ) p(n + 1) ,
allora p(n) è vera 8n 2 N .
Proprietà 1.38. Sia x , 1 . Si ha che
2
n
p(n) =: 1 + x + x + ... + x =
n
X
xi =
i=0
1
xn+1
8n 2 N.
1 x
Dimostrazione. Per dimostrare la proprietà p(n) , utilizziamo il
Principio di induzione. Osserviamo che p(0) e p(1) sono vere, infatti
p(0) :
0
X
i=0
p(1) :
1
X
i=0
xi = x0 = 1 =
1 x1
,
1 x
xi = x0 + x1 = 1 + x =
1 x2
= 1 + x.
1 x
1.11 Il Principio di Induzione (Quinto assioma di Peano).
Facciamo vedere ora che p(n)
supponendo vera p(n) , cioè
2
)
n
1 + x + x + ... + x =
n
X
p(n + 1).
xi =
i=0
1
27
In altre parole,
xn+1
,
1 x
vogliamo dimostrare che p(n + 1) è vera, ossia
2
n
1 + x + x + ... + x + x
n+1
=
n+1
X
xi =
i=0
1
xn+2
.
1 x
Ma osserviamo che dall’ipotesi induttiva segue che
1 + x + x2 + ... + xn + xn+1 = (1 + x + x2 + ... + xn ) + xn+1
1 xn+1
=
+ xn+1
1 x
1 xn+1 + xn+1 xn+2
=
1 x
n+2
1 x
=
,
1 x
cioè la tesi.
⇤
Proprietà 1.39.
1 + 2 + ... + (n
1) + n =
n(n + 1)
.
2
Dimostrazione. p(1) è vera, infatti
1·2
.
2
Supponiamo vera p(n) è dimostriamo che anche p(n + 1) è vera, cioè
1=
1 + 2 + ... + (n
1) + n + (n + 1) =
(n + 1)(n + 2)
.
2
Si ha
1 + 2 + ... + (n
1) + n + (n + 1) = (1 + 2 + ... + (n 1) + n) + (n + 1)
n(n + 1)
=
+ (n + 1)
2
n(n + 1) + 2(n + 1)
=
2
(n + 1)(n + 2)
=
.
2
1.11 Il Principio di Induzione (Quinto assioma di Peano).
28
⇤
Proprietà 1.40 (Disuguaglianza di Bernoulli). Sia n 2 N e
x 2 R,x
1 . Allora
(1 + x)n
1 + nx 8n .
Dimostrazione. Dimostriamo tale proprietá che chiamermo p(n)
usando il principio di induzione. Intanto p(0) e p(1) sono vere, infatti
p(0) :
1
1,
p(1) :
1+x
1 + x.
Supponiamo poi vera p(n) e mostriamo che p(n + 1) è vera, cioè
(1 + x)n+1
1 + (n + 1)x .
Per ipotesi induttiva, si ha
(1 + x)n+1 = (1 + x)n (1 + x)
(1 + nx)(1 + x)
1 + nx + x + nx2
1 + (n + 1)x + nx2
1 + (n + 1)x
dove nel secondo passaggio abbiamo sfruttato l’ipotesi x
nell’ultimo il fatto che nx2 0 .
1, e
⇤
Abbiamo anche una seconda versione della disuguaglianza di
Bernoulli.
Proprietà 1.41 (Disuguaglianza stretta di Bernoulli). Per ogni
numero reale x > 1 e per ogni numero naturale n 2 risulta
(1 + x)n > 1 + nx .
Dimostrazione. Dimostriamo tale proprietà, che chiameremo
P(n), sempre mediante il principio di induzione:
(1) P(2) è vera, essendo (1 + x)2 > 1 + 2x vera;
29
1.12 L’algoritmo di Erone
(2) P(n)
)
P(n + 1) ,
dato che
(1 + x)n+1 = (1 + x)(1 + x)n
> (1 + x)(1 + nx) = 1 + nx + x + nx2
1 + nx + x = 1 + (n + 1)x .
⇤
1.12. L’algoritmo di Erone
L’algoritmo di Erone (matematico di Alessandria, vissuto tra il
primo ed il secondo secolo dopo Cristo) fornisce con buona approssimazione la radice quadrata di un dato numero reale x > 0.Esso é’ un
caso particolare del metodi delle tangenti di Newton per il caolcolo
delle radici di una equazione.
p
Fissiamo a1 > x, cosı̀ che
p
x
x> .
a1
p
Dunque abbiamo che a1 é una approssimazione di x per eccesso e
che ax1 lo é per difetto. Se prendiamo la media di questi due valori
1
x
a2 = (a1 + )
2
a1
otteniamo una approssimazione migliore (come verificheremo tra
p
breve) di x. Si noti che si tratta di una approssimazione per eccesso,
infatti:
(1.14) a2
p
p
1
x
x = (a1 + )
x=
2
a1
1 2
(a + x
2a1 1
p
1
2a1 x) =
(a1
2a1
p
x)2 > 0.
A partire da a2 si puó costruire analogamente a3 = 12 (a2 + ax2 ) e cosı́
via, usando il pricipio di induzione. Infatti assegnato a1 si definisce
an+1 in funzione di an :
1
x
an+1 = (an + ).
2
an
1.13 Binomio di Newton e somme di potenze.
30
Nello stesso modo del caso n = 2, vedi (1.14) si ottiene
p
an > x per ogni n
da cui si ottiene anche
p
x
< x per ogni n.
an
Da questa ultima proprietá si ottiene
e sottraendo
p
p
1
x
1
an+1 = (an + ) < (an + x,
2
an
2
x da entrambi i membri si ottiene
p
an+1
1
x < (an
2
p
x) per ognin.
Questa proprietá ci permette di dimostrare, grazie al principio di
induzione, che
an+1
p
x<
1
(a1
2n
p
x) per ogni n.
1.13. Binomio di Newton e somme di potenze.
E’ elementare verificare la seguente formula (quadrato di un
binomio):
(a + b)2 = a2 + 2ab + b2 ;
ed anche la seguente (cubo di un binomio):
(a + b)3 = a3 + 3a2 b + 3ab2 + b3 .
In generale si ha la formula Binomio di Newton:
!
n
X
n
n
(a + b) =
ak bn k ,
k
k=0
ove
n
k
!
⌘
n!
k!(n k)!
0! ⌘ 1 = 1!
1.13 Binomio di Newton e somme di potenze.
31
è detto coefficiente binomiale. Tale formula si può dimostrare ad
esempio utilizzando il principio di induzione e la seguente proprietá:
!
!
!
n
n
n+1
+
=
.
k 1
k
k
Essa é tra l’altro alla base del cosiddetto che fornisce un semplice
algoritmo per calcolare i coefficienti dei termini che compaioni nel
binomio di Newton:
n=0
1
n=1
1
1
n=2
1
2
1
n=3
1
3
3
1
n=4
1
4
6
4
1
n=5
1
5
10
10
5
1
Esempio 1.42.
(a + b)5 = a5 + 5a4 b + 10a3 b2 + 10a2 b3 + 5ab4 + b5 .
Con n = 3 si ottiene la formula per calcolare il cubo di un binomio.
Infatti
!
3
X
3
3
(a + b) =
ak bn 3
k
k=0
!
!
!
!
3
3
3
3
0 3
2
2
=
a b +
ab +
a b+
a b3
0
1
2
3
e dalla definzione di coefficiente binomiale si ha
!
!
3
3
3!
3!
=
=1
=
=3
0! 1!
1! 2!
0
1
!
!
3
3
3!
3!
=
=3
=
= 1.
2! 1!
3! 0!
2
0
Naturalmente se n = 2 si ottiene la formula del quadrato del binomio.
Adesso occupaimoci invece della somma delle potenze dei
numeri naturali.
32
1.13 Binomio di Newton e somme di potenze.
Esercizio 1.43. Determiniamo
n
X
k2 .
k=1
Svolgimento:
n
n
X
X
3
(k + 1) =
(k3 + 3k2 + 3k + 1)
k=0
k=0
(1.15)
=
n
X
k3 + 3
k=0
n
X
k=0
0 n 1
BB XCC
CC k + (n + 1)
k2 + BBB@3
CA
k=0
ma si ha anche
n
n+1
n+1
X
X
X
3
3
(k + 1) =
h =
k3 .
k=0
h=1
k=1
Quindi, eguagliando la (1.15) con la (1.15) e ricordando che
abbiamo precedentemente dimostrato che
n
X
k=
k=0
n(n + 1)
,
2
si ottiene
0 n 1
n+1
X
BB X CC
3
2
B
C
k +3
k + BB@3
kCCA + (n + 1) =
k3
k=0
k=0
k=0
k=1
0 n 1
0 n
1
n
n
X
X
X
BB
CC
BBX CC
k3 + 3
k2 + BBB@3
kCCCA + (n + 1) = BBB@
k3 CCCA + (n + 1)3 ,
n
X
n
X
k=0
k=0
k=0
k=1
da cui
3
n
X
k=0
k2 + 3
n(n + 1)
+ (n + 1) = (n + 1)3 ,
2
e quindi
n
X
k=0
"
1
k =
(n + 1)3
3
2
3n(n + 1)
2
#
(n + 1) .
33
1.14 I numeri complessi
Pertanto
n
X
k=0
k
2

n+1
=
(n + 1)2
3
3
n
2
1
n+1
[2(n + 1)2 3n 2]
6
n+1 2
=
(2n + 4n + 2 3n 2)
6
n+1 2
=
(2n + 1)
6
n(n + 1)(2n + 1)
=
.
6
=
Con procedimenti analoghi si possono calcolare la somma dei
cubi, quella delle potenze di ordine 4 e cosı̀ via.
1.14. I numeri complessi
Prima di introdurre i numeri complessi diamo un cenno ai motivi per cui sono stati introdotti. A tale proposito consideriamo
l’equazione di terzo grado
y3 + ay2 + by + c = 0, a, b, c 2 R,
con lo scopo di individuare un metodo per scrivere le radici in
funzione dei coefficienti a, b, c.
Se sostiutiamo nella equazione una nuova incognita x tale che
y=x
a
,
3
con un conto non complicato si ottiene una equazione in x priva del
termine di secondo grado
(1.16)
x3 + px + q = 0, p, q 2 R,
sulla quale concentreremo i nostri sforzi.
considereremo anche il caso concreto
(1.17)
x3
19x + 30 = 0.
che ha tre soluzioni reali: 2, 3, 5.
Nel fare questo
34
1.15 Definizione dei numeri complessi
Come vedremo nel corso di Analisi 1, l’equazione (1.16) ha almeno
una soluzione reale x0 . Introduziamo allora una incognita ausiliaria
u radice dell’quazione
p
(1.18)
u2 x0 u
=0
3
Supponiamo di essere nella situazione in cui il discriminante della
equazione (1.18) è strettamente positivo. Allora (1.18) ha due radici
p
reali ↵ e . Come sappiamo la loro somma e’ x0 e il loro prodotto 3 .
Poichè x0 = ↵ + e’ una radice di (1.16) si ottiene:
(↵ + )3 + p(↵ + ) + q = 0.
Sviluppando il cubo e ricordando che 3↵ + p = 0 si ottiene
↵3 +
D’altra parte ↵ =
p
3
3
= q
per cui abbiamo anche
↵3
3
=
p3
27
Questa ultime due uguaglianze mostrano che ↵3 e
dell’equazione di secondo grado
3
sono le radici
p3
(1.19)
z + qz
=0
27
a cui ci si riconduce per poter individuare le radici ↵+ . La cosa pero’
che sconvolse i matematici che studiavano questo problema e che in
casi come il nostro in cui abbiamo tre radici reali, il discriminante
delle equazione (1.19) puo’ essere negativo: da qui l’esigenza di
considerare in qualche modo radici quadrate di numeri negativi. Si
noti che nel nostro caso il discriminante della equazione (1.19) e’ dato
da
4
4
q2 + p3 = (30)2 + ( 19)3 < 0.
27
27
2
1.15. Definizione dei numeri complessi
L’insieme dei numeri complessi viene solitamente indicato con la
lettera C . Un numero complesso z puó essere definito nel seguente
modo.
1.15 Definizione dei numeri complessi
35
Definizione 1.44. Un numero complesso z è una coppia ordinata di
numeri reali (a, b) , con a e b dette rispettivamente parte reale (Re z) e
parte immaginaria (Im z) di z .
Esempio 1.45. Ad esempio z1 = (a1 , b1 ) e z2 = (a2 , b2 ) rappresentati
in figura 6 sono numeri complessi.
Figura 6
Possiamo definire somma e prodotto di due numeri complessi
z1 = (a, b) e z2 = (c, d).
Somma:
def
z1 + z2 = ((a + c), (b + d)) .
Il numero complesso 0 = (0, 0) è l’elemento neutro rispetto alla
somma. L’opposto del numero complesso z = (a, b) è z = ( a, b) .
Prodotto:
(a, b) · (c, d) = (ac
bd, ad + bc) .
L’elemento neutro rispetto al prodotto è il numero (1, 0) , essendo
(a, b) · (1, 0) = (a
0, 0 + b) = (a, b) .
. Adesso vedremo che siamo in pratica forzati a dare queste
definizioni di somma e prodotto.
1.15 Definizione dei numeri complessi
36
1.15.1. Rappresentazione algebrica dei numeri complessi. Un
numero complesso z = (a, b) può essere rappresentato in forma
algebrica, cioè può essere scritto come
z = a + ib ,
con
a = Re z ,
b = Im z ,
ove i è detto unità immaginaria 1, è un numero complesso individuato
da
i = (0, 1) ,
(vedi figura 7) ed è tale che i · i = i2 = 1 . Tenendo presente questa
Figura 7
proprietà, possiamo definire somma e prodotto di due numeri complessi z1 = (a, b) e z2 = (c, d) utilizzando la rappresentazione algebrica.
Le definizioni di somma e prodotto sono ”obbligate” se vogliamo che
C sia un campo munito con tali operazioni.
1
Supponiamo di voler trovare x tale che
x2 = 1 .
Se x0 è soluzione, anche x0 lo è. Queste due soluzioni vengono indicate con i e
i , e i è detto unità immaginaria.
37
1.15 Definizione dei numeri complessi
Somma:
z1 = a1 + ib1
z2 = a2 + ib2
z1 + z2 = a1 + ib1 + a2 + ib2 = a1 + a2 + ib1 + ib2
= a1 + a2 + i(b1 + b2 )
(cioè nella somma di due numeri complessi si sommano tra loro
rispettivamente le parti reali e le parti immaginarie).
Prodotto:
z1 · z2 = (a1 + ib1 )(a2 + ib2 )
= a1 (a2 + ib2 ) + ib1 (a2 + ib2 )
= a1 a2 + a1 ib2 + ib1 a2 + ib1 ib2
= a1 a2 + ia1 b2 + ib1 a2 + i2 b1 b2
= a1 a2 + ia1 b2 + ib1 a2
)
(a1 , b1 )(a2 , b2 ) = (a1 a2
b1 b2
b1 b2 , a1 b2 + b1 a2 ) .
L’elemento neutro rispetto alla somma è 0 + i0 . Inoltre, se z = a + ib ,
il suo opposto è z = a ib .
L’elemento neutro rispetto alla moltiplicazione è 1 = 1 + i · 0 .
Esiste il reciproco: infatti, supponiamo che sia z , 0 (lo 0 è l’elemento
neutro rispetto alla somma) e dimostriamo che esiste un unico y tale
che z · y = 1. SE un tale y esiste deve essere
(1.20) y =
↵
1
1
1
=
=
·
z ↵+i
↵+i ↵
i
↵ i
= 2
i
↵ +
2
=
↵
↵2 +
2
+i
↵2 +
2
essendo (↵ + i )(↵ i ) = ↵2 i2 = ↵2 + 2 > 0 .
Verifichiamo che e↵ettivamente y cosı́ individuato è il reciproco
di z:
↵ i
1
1
(↵ + i ) · 2
= 2
(↵ + i )(↵ i ) = 2
· (↵2 + 2 ) = 1 .
2
2
2
↵ +
↵ +
↵ +
Dimostriamo ora che il reciproco è unico: per assurdo siano y1 , y2
tali che y1 ·z = 1 e y2 ·z = 1 . Tra tutti i possibili reciproci di z scegliamo
38
1.15 Definizione dei numeri complessi
z 1 2 C definito da (1.20) (abbiamo che z
entrambi i membri per z 1 . Si ha:
y1 · z · z
y2 · z · z
1
1
=z
=z
1
1
· z = 1). Moltiplichiamo
)
y1 = y2 = z 1 .
)
1
Osservazione 1.46. Grazie all’esistenza del reciproco si vede come
è possibile e↵ettuare la divisione in C. Siano z1 = ↵1 +i 1 , z2 = ↵2 +i 2 .
Allora
z1 ↵1 + i
=
z2 ↵2 + i
1
2
= (↵1 + i 1 ) ·
1
↵2 + i
2
= (↵1 + i 1 ) ·
↵2 ib2
.
↵22 + 22
Definizione 1.47. Il coniugato di z è il numero che si ottiene da z
cambiando di segno la parte immaginaria.
Dato z = ↵ + i , il suo coniugato, denotato con z , è
z=↵
i .
Definizione 1.48. Il modulo di z , indicato con |z| , è dato da
q
|z| = ↵2 + 2 .
Di conseguenza:
1
z
= 2,
z |z|
zz = |z|2 ,
z + z = 2Rez
z
z = i · 2Imz .
Esercizio 1.49. Dimostrare le seguenti proprietà.
(1) z1 + z2 = z1 + z2 ;
(2) z1 · z2 = z1 · z2 ;
✓ ◆
1
1
(3)
= .
z
z
Svolgimento:
1.15 Definizione dei numeri complessi
39
(1) Siano z1 = a1 + ib1 e z2 = a2 + ib2 , con a1 , a2 , b1 , b2 2 R . Si ha
z1 + z2 = a1 + a2 + i(b1 + b2 ) ,
quindi
i(b1 + b2 )
z1 + z2 = a1 + a2
= a1 + a2
= a1
ib1
ib2
ib1 + a2
ib2
= z1 + z2 .
(2) Siano z1 , z2 come nel punto precedente. Abbiamo
z1 · z2 = (a1 + ib1 )(a2 + ib2 )
= a1 a2 + ia1 b2 + ib1 a2
= a1 a2
b1 b2
b1 b2 + i(a1 b2 + b1 a2 )
quindi
b1 b2
i(a1 b2 + b1 a2 )
= a1 a2
b1 b2
ia1 b2
= (a1
ib1 )(a2
z1 · z2 = a1 a2
(3) Sia z = a + ib ,
1
z
!
ib1 a2 =
ib2 ) = z1 · z2 .
a, b 2 R . Allora
a
b
+i 2
2
+b
a + b2
a + ib
a + ib
= 2
=
2
a +b
(a + ib)(a ib)
1
1
=
= .
a ib z
=
a2
Esercizio 1.50. Verifichiamo che in C vale la proprietà distributiva
del prodotto rispetto alla somma, cioè 8z1 , z2 , z3 si ha
(z1 + z2 ) · z3 = z1 · z3 + z2 · z3 .
40
1.15 Definizione dei numeri complessi
Svolgimento: siano
z1 = a1 + ib1
z2 = a2 + ib2
z3 = a3 + ib3 .
Si ha
(z1 + z2 ) · z3 = [a1 + a2 + i(b1 + b2 )] · (a3 + ib3 )
= (a1 + a2 )a3
(b1 + b2 )b3 + i[(a1 + a2 )b3 + (b1 + b2 )a3 ]
= a1 a3 + a2 a3
b1 b3
= a1 a3
b2 b3 + ia1 b3 + ia2 b3 + ib1 a3 + ib2 a3
b1 b3 + i(a1 b3 + b1 a3 ) + a2 a3
b2 b3 + i(a2 b3 + b2 a3 )
= (a1 + ib1 )(a3 + ib3 ) + (a2 + ib2 )(a3 + ib3 ) .
Proprietà del modulo. Sia z = ↵ + i . Il modulo di z , cioè
p
|z| = ↵2 + 2 , gode delle seguenti proprietà:
a) |z| 0 , |z| = 0 , z = 0 ;
b) |z| = |z| ;
c) i) |Re z|  |z|
ii) |Im z|  |z|
iii) |z|  |Re z| + |Im z| ;
d) (disuguaglianza triangolare) |z1 + z2 |  |z1 | + |z2 | .
Dimostriamo le proprietà sopra elencate.
a) Questa proprietà segue direttamente dalla definizione di
modulo.
p
b) Sia z = a + ib e z = a ib il suo coniugato. Si ha |z| = a2 + b2
p
e |z| = a2 + ( b)2 , da cui la tesi.
c) Sia z = a + ib .
p
i) |Re z| = |a| 
a2 + b2
,
a2  a2 + b2
che è sempre vera;
ii) la dimostrazione è anaoga al punto precendente;
41
1.15 Definizione dei numeri complessi
iii) p
dimostrare |z|  |Re z| + |Im z| equivale a dimostrare che
a2 + b2  |a| + |b| , a sua volta equivalente a
a2 + b2  (|a| + |b|)2
= |a|2 + |b|2 + 2|a||b|
= a2 + b2 + 2|a||b|
,
,
che vale perchè 2|a||b| 0.
d) Siano z1 = a + ib , z2 p= c + id .pDobbiamo dimostrare che
p
(a + c)2 + (b + d)2  a2 + b2 + c2 + d2 ma ciò è equivalente
a
p
p
(a + c)2 + (b + d)2  a2 + b2 + c2 + d2 + 2 a2 + b2 c2 + d2
p
p
a2 + c2 + 2ac + b2 + d2 + 2bd  a2 + b2 + c2 + d2 + 2 a2 + b2 c2 + d2
p
p
ac + bd  a2 + b2 c2 + d2 .
Ma abbiamo
ac + bd  |ac + bd|  |ac| + |bd| = |a||c| + |b||d|
8a, b, c, d 2 R .
Quindi per concludere la dimostrazione è sufficiente
dimostrare che
p
p
|a||c| + |b||d|  (a2 + b2 ) (c2 + d2 ) .
Grazie alla presenza dei moduli, si può dimostare la proprietà solamente per a, b, c, d
0 . IN questo caso basta
provare che
,
,
,
(ac + bd)2  (a2 + b2 )(c2 + d2 )
a2 c2 + b2 d2 + 2abcd  a2 c2 + b2 c2 + a2 d2 + b2 d2
b2 c2 + a2 d2
(bc + ad)2
2abcd
0
0
che è sempre vera. La tesi è quindi dimostrata.
Esercizio 1.51. Trovare tutti i numeri complessi z = a + ib che
soddisfano l’equazione
(1.21)
z2 + i Im z + 2z = 0 .
42
1.16 Importanti conseguenze dell’assioma di completezza
Svolgimento: z = a + ib verifica l’equazione (1.21) se e solo se
(a + ib)(a + ib) + ib + 2(a
,
,
,
ib) = 0
a2
b2 + 2iab + ib + 2a
a2
(
b2 + 2a + i(2ab + b) = 0
2ib = 0
a2 b2 + 2a = 0
2ab b = 0
La seconda equazione ha le soluzioni
b=0
_
2a
1 = 0.
• Se b = 0 , dalla prima equazione segue a = 0
quindi si ottengono i numeri complessi
z = 0 + i · 0,
_
a=
2
z = 2 + i · 0.
1
,dalla prima equazione si ha
2
1
5
b2 + 1 = 0 ) b2 =
4
4
e si ottengono le soluzioni
p
p
1
5
1
5
z= +i
, z=
i
.
2
2
2
2
• Se a =
1.16. Importanti conseguenze dell’assioma di completezza
Definizione 1.52. Sia A ✓ R, A , ;.
• M 2 A si dice massimo di A se a  M 8a 2 A ;
• m 2 A si dice minimo di A se a m 8a 2 A .
Definizione 1.53. Sia A ✓ R , A , ; .
• A si dice limitato superiormente se 9 L 2 R : a  L 8a 2 A , ed
L è detta limitazione superiore;
• A si dice limitato inferiormente se 9 l 2 R : l  a 8a 2 A , ed l
è detta limitazione inferiore.
1.16 Importanti conseguenze dell’assioma di completezza
43
Proposizione 1.54. Sia A ✓ R , A , ; limitato superiormente. Sia
MA = {L : a  L 8a 2 A}. (Tale insieme è detto insieme dei maggioranti
di A) . Allora MA ammette minimo.
Dimostrazione (Proposizione 1.54). Osserviamo che MA è un sottoninsieme di R , ed è non vuoto poiché A è limitato superiormente. Di conseguenza, esiste almeno un maggiorante di A . Inoltre
a  L 8a 2 A , 8L 2 MA . Sia x un elemento separatore; abbiamo a  x  L 8a 2 A 8L 2 MA . Dunque x è un maggiorante per A ,
quindi appartiene a MA ; inoltre, essendo minore di L per ogni L
appartenente a MA , è il minimo dei maggioranti.
⇤
Definizione 1.55. Il minimo dei maggioranti di A è detto estremo
superiore di A e viene indicato con la notazione sup A .
Osservazione 1.56.
(1) Sia B un sottoinsieme di R che ammette minimo. Allora tale
minimo è unico (analogamente per il massimo)
Dimostrazione. Dimostriamo l’a↵ermazione per assurdo. Supponiamo che b1 e b2 siano minimi di B . Allora per
definizione di minimo, abbiamo che
b1  b 8b 2 B ,
Ma b1 , b2 2 B , quindi
b1  b2
b2  b1
b2  b 8b 2 B .
)
)
b1 = b2 ,
per la proprietá antisimmetrica di .
⇤
(2) Sia a0 il massimo di A , cioè tale che a  a0 8a 2 A . Allora
a0 = sup A . (Analogamente per il minimo).
Dimostrazione. Dobbiamo dimostrare che a0 è il minimo
dei maggioranti di A , cioè che a0  L 8L 2 MA . Sia L un
arbitrario maggiorante di A . Per definizione, a  L 8a 2 A ;
poiché a0 2 A , segue che a0  L .
⇤
44
1.16 Importanti conseguenze dell’assioma di completezza
(3) Se MA = ; , si ha che
8L 2 R
9 aL 2 A : aL > L .
In tal caso, A si dice illimitato superiormente e si scrive sup A =
+1. (Analogamente per gli insiemi illimitati inferiormente)
Proposizione 1.57. Sia A , ; limitato superiormente. Allora
8✏ > 0
9a✏ 2 A :
(sup A)
✏ < a✏  sup A .
Dimostrazione. Per definizione, sup A è il minimo dei maggioranti. Se ✏ > 0 , (sup A) ✏ < sup A , da cui segue che (sup A) ✏
non è un maggiorante. Pertanto 9 a✏ 2 A : (sup A) ✏ < a✏  sup A .
⇤
Osservazione 1.58. Viceversa se
• a  L per ogni a 2 A,
• per ogni ✏ > 0 esiste a✏ 2 A : L
allora L = sup A.
✏ < a✏  L,
Analogamente
Proposizione 1.59. Sia A , ; limitato inferiormente. Allora
8✏ > 0 9a✏ 2 A : inf A  a✏ < (inf A) + ✏ ,
e vale il viceversa come nel caso del sup.
Proposizione 1.60 (Principio di Archimede). 8x 2 R
n > x.
9n 2 N :
Dimostrazione. Supponiamo per assurdo che la proprietà da
dimostrare sia falsa, cioè che
9x 2 R
: n  x 8n 2 N.
In altre parole, stiamo assumendo che x sia una limitazione superiore
per N . Di conseguenza esiste sup N ⌘ L0 2 R . Abbiamo quindi che
L0 1 non è un maggiorante di N , perciò 9n0 2 N tale che L0 1 < n0 ;
ciò implica che n0 + 1 > L0 che è assurdo perché L0 è un maggiorante
per N, mentre (n0 + 1) 2 N .
⇤
1.16 Importanti conseguenze dell’assioma di completezza
45
Vale inoltre il seguente risultato.
Proposizione 1.61. Q è denso in R , cioè
8a, b 2 R : a < b
9r 2 Q : a < r < b.
Dimostrazione. Distinguiamo tre casi.
(1) Siano a, b 2 R tali che 0  a < b .
Osserviamo per prima cosa che per l’ipotesi fatta, b
Per il Principio di Archimede (Prop. 1.60)
9n 2 N : n >
da cui, essendo b
a > 0.
1
b
a
a > 0,
nb
na > 1 .
Poiché l’ampiezza dell’intervallo di estremi na e nb è maggiore di 1 , esiste almeno un m 2 N che appartiene a tale
intervallo. Infatti l’insieme
K = { k 2 N : k > na }
è non vuoto per il principio di Archimede, pertanto ammette
minimo. Indichiamo il minimo di tale insieme con m . Si ha
che m > na . D’altra parte, poiché m è il minimo di K, si ha
m < nb . Infatti se fosse m nb avremmo m nb > na + 1 ,
ma ciò implica m 1 > na ossia m 1 2 K, che è assurdo in
quanto m è il minimo. Quindi na < m < nb, ossia a < mn < b .
Scegliendo r = mn segue la tesi.
(2) Siano a, b 2 R tali che a < 0 < b .
La tesi segue immediatamente dall’ipotesi, scegliendo r = 0
(ovviamente 0 2 Q) .
(3) Siano a, b 2 R tali che a < b  0 .
Dall’ipotesi, segue che 0  b < a , e rientriamo quindi nel
caso analizzato al punto (1). Pertanto 9r 2 Q : b < r < a
da cui a < r < b (ovviamente r 2 Q) .
⇤
1.17 Esercizi
46
1.17. Esercizi
Esercizio 1. Dimostrare che l’insieme
⇢
2n
A=
: n2N
n+1
ha estremo superiore 2 .
Esercizio 2. Dimostrare che l’insieme
⇢
n+3
A=
: n 2 N \ {0}
n
ha estremo inferiore 1 .
Esercizio 3. Dato l’insieme
( 2
)
n +2
A=
: n2N ,
n2 + 3
verificare che è limitato e ammette estremo superiore uguale a 1 .
Qual è il minimo?
Esercizio 4. Determinare estremo superiore e inferiore e, se esistono,
massimo e minimo dell’insieme
⇢
n 2
A=
: n 2 N \ {0} .
n
Esercizio 5. Dimostrare che l’insieme
⇢
2n
A=
: n2Z
2
n +1
è limitato e determinarne estremo superiore ed inferiore.
Esercizio 6. Determinare estremo superiore ed inferiore dell’insieme
⇢
3n + 2
A=
: n 2 N \ {0} .
n
Esercizio 7. Calcolare inf e sup dell’insieme
(
)
( 1)n
A=
: n 2 N \ {0} .
n
1.17 Esercizi
47
Esercizio 8. Determinare estremo superiore ed inferiore dell’insieme
⇢
2n 1
A = ( 1)n ·
: n 2 N \ {0} .
n
Esercizio 9. Determinare inf e sup e dell’insieme
(
)
1
A= p
: n 2 N, n 1 .
n+1
Esercizio 10. Calcolare estremo superiore ed inferiore dell’insieme
⇢
1
A = 2 + ( 1)n + : n 2 N \ {0} .
n
Esercizio 11. Utilizzando il principio di induzione dimostrare che
P
1
n
• nk=1 n(n+1)
= n+1
per ogni n,
n
• 2
n + 1 per ogni n,
• n! 2n 1 per ogni n.
• per ogni numero naturale n 1 il numero ↵(n) := n3 + 5n è
divisibile per 6 ;
• per ogni numero naturale n 1 il numero (n) := 10n 1 è
divisibile per 9 ;
Esercizio 12 Utilizzando il principio di induzione, dimostrare che le
seguenti proprietà sono vere per ogni numero naturale n:
n
X
1.
(2k 1) = n2 ;
k=1
2.
n
X
k=1
1
4k2
1
=
n
.
2n + 1
CAPITOLO 2
Limiti di successioni
In questo capitolo della prima parte presentiamo uno degli argomenti che sono alla base dell’Analisi matematica: i limiti di successioni. Si inizia con alcune definizioni preliminari, ci si avvicina
quindi in modo intuitivo al concetto di limite di successione, e dopo averne dato la definizione formale, si procede esponendo alcuni
importanti risultati e proprietà.
2.1. Definizioni e proprietà
Definizione 2.1. Una funzione
f : N ! R,
f (n) = an ,
cioè una legge che ad ogni numero naturale n associa uno ed un solo
numero reale an , è detta successione.
Si parla di successione, anche quando f è definita a partire da un
certo n0 in poi, ad esempio
f (n) =
n(n
1
1)(n
2)
è una successione definita 8n 3 .
Una successione viene generalmente indicata con uno dei
seguenti simboli:
(2.1)
n 7! an , {an }, an .
48
2.1 Definizioni e proprietà
49
Alcuni esempi di successioni sono:
(2.2)
an = n2
(2.3)
an = ( 1)n
(2.4)
an = 4 8n 2 N
1
an =
8n 1 .
n
(2.5)
Definizione 2.2. Una successione an si dice
• inferiormente limitata se 9 m 2 R : an m 8n 2 N ;
• superiormente limitata se 9 M 2 R : an  M 8n 2 N ;
• limitata se 9 L 2 R : |an |  L 8n 2 N .
Ad esempio, la successione an = n2 è limitata inferiormente essendo an 0 8n , le successioni an = ( 1)n (essendo |an |  1) e an = 4
(costante) sono limitate, mentre an = ( 2)n non è limitata.
Studiare una successione an significa analizzarne il comportamento quando l’indice n diventa sempre più grande. Si introduce a tal
fine il concetto di limite.
Tra breve risponderemo alla domanda: cosa vuol dire che an
converge ad un elemento l 2 R?
Se ad esempio consideriamo la successione an = n1 , vedremo che
l = 0 , come pure la successione bn = ( 1)n n1 . Questi saranno i nostri
”prototipi”.
Figura 1
Consideriamo in R un intervallo di centro l e ampiezza 2✏ (come
in Figura 1). Potremmo pensare che ”an converge a l” se an ad un
certo ”istante” cade dentro l’intervallo (l ✏, l + ✏) e poi non ne esce
più. Però questo deve accadere qualunque sia ✏ > 0.
50
2.1 Definizioni e proprietà
Diamo ora alcune importanti definizioni:
Definizione 2.3. Sia P(n) un predicato definito su N (cioè una
relazione che a seconda del valore di n può essere vera o falsa). P(n)
si dice definitivamente vera se 9 n0 2 N : P(n) è vera 8n n0 . (Si
dice anche che P è vera da un certo n0 in poi).
Definizione 2.4. Una successione an si dice convergente ad l 2 R
se: 8✏ > 0 il predicato ”|an l| < ✏” è definitivamente vero.
Il numero reale l è detto limite della successione.
Per indicare che una ”successione an converge ad l” si utilizza una
delle seguenti notazioni:
lim an = l ,
n!+1
an ! l .
Una definizione equivalente alla 2.4 è la seguente:
Definizione 2.5. La successione an converge ad l 2 R se
8✏ > 0
9 n✏ :
n
n✏
)
|an
l| < ✏ .
Presentiamo ora un risultato di fondamentale importanza nella
teoria dei limiti.
Teorema 2.6 (Unicità del limite). Una successione an convergente
ammette un unico limite l 2 R .
Dimostrazione. Per assurdo, siano l1 , l2 due limiti della stessa
successione an , supponiamo l1 < l2 . Sia ✏ > 0 tale che l1 + ✏ < l2 ✏
Figura 2
(come in figura 2) cioè tale che 2✏ < l2
✏<
l2
l1
2
l1 , da cui
.
51
2.1 Definizioni e proprietà
Ora, essendo lim an = l1 , dalla Definizione 2.4, fissato ✏ =
segue che
l2
n!+1
9 n1 2 N :
|an
9 n2 2 N :
|an
l2 | <
|an
l1 | <
|an
l2 | <
l1 | <
l2
l1
l2
l1
l2
l1
l1
4
8n n1 .
4
Analogamente, essendo an convergente a l2 , si ha che
8n n2 .
4
Sia n = max{n1 , n2 } ; contemporaneamente valgono le proprietà
(2.6)
(2.7)
l2
4
l1
4
ma ciò è assurdo poiché an non può appartenere contemporaneamen-
Figura 3
h
i
h
te ai due intervalli disgiunti l1 l2 4 l1 , l1 + l2 4 l1 e l2
Quindi deve essere l1 = l2 , e la tesi è dimostrata.
l2 l1
, l2
4
i
+ l2 4 l1 .
⇤
Esempio 2.7. Data la successione
n+1
an =
8n 2
n 1
utilizzando la definizione di limite, verifichiamo che
lim an = 1 .
n!+1
Dobbiamo provare che
(2.8)
8✏ > 0 9 n✏ :
|an
1| < ✏ 8n
n✏ ,
cioè, fissato un arbitrario ✏ > 0 , dobbiamo trovare un n✏ naturale tale
che
n+1
1 < ✏ 8n n✏ .
n 1
2.1 Definizioni e proprietà
52
Osserviamo che
n+1
n 1
1 <✏
,
,
n + 1 (n 1)
2
<✏ ,
<✏
n 1
n 1
2
2
< ✏ , n > + 1.
n 1
✏
Se scegliamo n✏ 2 N tale che
n0 >
2
+1
✏
(notiamo che il Principio di Archimede garantisce l’esitenza di
almeno un n0 avente tale proprietà), la proprietà (2.8) è verificata.
Osservazione 2.8. Il numero naturale n0 che compare nella definizione di limite di una successione, dipende da ✏ , e proprio per
sottolineare tale dipendenza viene spesso denotato con il simbolo n✏ .
Le successioni convergenti sono limitate:
Proposizione 2.9. Sia l 2 R e an ! l . Allora an è limitata.
Dimostrazione. Grazie all’ipotesi an ! l , scegliendo ✏ = 1
nella definizione di limite, si ha che la proprietà |an l| < 1 è
definitivamente vera, cioè
9n : |an
l| < 18n
n.
Di conseguenza
8n
n |an | = |an
l + l|  |an
l| + |l|  1 + |l| .
Consideriamo l’insieme
E = {|a0 | , |a1 | , ... , |an 1 |}
e sia L il massimo dell’insieme finito E (cioè L = max E ) . Allora
|an |  max{L , 1 + |l|} ,
ovvero an è limitata.
⇤
53
2.2 Successioni divergenti
2.2. Successioni divergenti
Definizione 2.10. Si dice che la successione an diverge a +1 , e si
scrive
lim an = +1
n!+1
se 8 M > 0 , il predicato ”an > M” è definitivamente vero.
Si dice che la successione an diverge a 1 , cioè
lim an = 1
n!+1
se 8 M < 0 , la proprietà ”an < M” è definitivamente vera.
Osservazione 2.11. Abbiamo immediatemente le seguenti
proprietá:
• an ! +1 e ”bn an ” definitivamente vera ) bn ! +1 .
• an ! 1 e ”bn  an ” definitivamente vera ) bn ! 1 .
Notazione 2.12. Useremo la seguente notazione:
R⇤ = R [ { 1, +1} .
In altri termini, l 2 R⇤ vuol dire l 2 R oppure l = +1 oppure
l = 1.
Osservazione 2.13. Sará utile ricordare quanto segue:
• Se an = n , cioè è la successione identica, allora lim an = +1 .
n!+1
Dimostrazione. Dobbiamo verificare che
8M > 0 n > M
é definitivamente vero .
Se scegliamo n0 tale che n0 > M (un tale n0 esiste per il
Principio di Achimede), si ha che
n > n0
)
n>M
ossia la proprietà che volevamo verificare.
1
= 0.
n!+1 n
• lim
⇤
54
2.3 Sottosuccessioni
Dimostrazione. Vogliamo verificare che
8✏ > 0
9 n0 : n
n0
1
n
)
0 < ✏.
Osserviamo che
1
n
0 <✏
1
<✏
n
,
,
n>
1
,
✏
1
(n✏ esiste per il Principio di
✏
Archimede) segue la tesi.
⇤
quindi scegliendo n✏ >
Osservazione 2.14. Se sup E
superiormente, allora
=
+1, cioè E é illimitato
9 an 2 E 8n : lim an = +1 .
n!+1
Infatti: essendo sup E = +1 si ha che
8 n 2 N , 9 an 2 E : an > n .
Utilizzeremo la seguente terminologia:
Definizione 2.15. Data una successione an tale che
lim an = l ,
n!+1
• se l = 0 , an è detta successione infinitesima,
• se l = ±1 , la successione an viene chiamata divergente
(positivamente o negativamente a seconda del segno).
2.3. Sottosuccessioni
Lemma 2.16. Sia f : N ! N una funzione strettamente crescente.
Allora vale la seguente proprietà:
f (k)
k
8k 2 N.
55
2.3 Sottosuccessioni
Dimostrazione. Dimostriamo la proprietà per induzione.
Si noti che f (0) 0 è vera poiché f (0) 2 N . Dunque dobbiamo
provare che
f (k)
k
)
f (k + 1)
k + 1.
Poiché f è strettamente crescente si ha che
f (k + 1) > f (k) ,
perché k + 1 > k, e sfruttando l’ipotesi induttiva segue che
f (k + 1) > f (k)
k,
da cui, essendo f (k + 1) 2 N , si ha f (k + 1)
k + 1.
⇤
Notazione 2.17. Utilizzeremo le seguenti notazioni:
(2.9)
f (k) ⌘ nk , se
(2.10)
f (n) ⌘ an , se
f :N!N
f : N ! R.
Definizione 2.18. Se an è una successione, e nk è strattamente
crescente, ank si dice sottosuccessione di an .
Esempio 2.19. Se an è una successione, allora
• a2k è la sottosuccessione degli indici pari,
• a2k+1 è la sottosuccessione degli indici dispari.
Teorema 2.20.
lim an = l
n!+1
,
8ank sottosuccessione di an
lim ank = l .
k!+1
Definizione 2.21. Se una sottosuccessione tende ad un dato valore
esso è detto punto limite della successione.
Esempio 2.22. Sia an = ( 1)n . Si ha
lim a2k = 1 ,
k!+1
lim a2k+1 = 1 .
k!+1
di conseguenza an non ammette limite.
Dimostrazione (Teorema 2.20). Dimostriamo intanto ) . Sia l 2
R. Il caso l = ±1 é analogo.
56
2.4 Successioni monotone
Dalla definizione di limite, per ipotesi si ha che 8✏ > 0 la proprietà
|an l| < ✏ è definitivamente vera. Vogliamo dimostrare che 8✏ > 0
la proprietà |ank l| < ✏ è definitivamente vera. Per ipotesi, si ha che
(2.11)
8✏ > 0 9 n✏ : n
Ma nk
n✏
)
l| < ✏ .
|an
k 8k , pertanto scegliendo k✏ = n✏ segue che
8k
k✏
si ha
nk
k
k✏ = n✏ ,
da cui, ricordando la (2.11), si ha
|ank
l| < ✏
per ogni k
k✏ .
(in questo caso 8k k✏ ).
Per il viceversa basta osservare che nk = k è strettamente crescente
e quindi tra le sottosuccessioni di an c’e’ an stessa.
⇤
Definizione 2.23. Una proprietà q(n) è frequentemente vera se esiste
una sottosuccessione nk crescente tale che q(nk ) risulta vera per ogni
k.
Osservazione 2.24. Se p(n) non è defininitivamente vera, allora
p(n) è frequentemente falsa, ovvero p̃(n) è frequentemente vera.
Infatti se p(n) non è definitivamente vera, intanto esiste n1 tale
che p(n1 ) è falsa. Fissato poi n1 , sempre per il fatto che p(n) non e’
definitivamente vera esiste n2 > n1 tale che p(n2 ) è falsa. Continuando
in questo modo si costruisce nk strettamente crescente tale che p(nk )
è falsa.
2.4. Successioni monotone
Definizione 2.25. Una successione an si dice
• monotona non decrescente (o debolmente crescente) se
an  an+1
8n ;
2.4 Successioni monotone
57
• monotona crescente se
an < an+1
8n .
Sostituendo nella definizione precedente,  con e < con > si ottengono le definizione di successione monotona non crescente e
monotona decresente, rispettivamente.
Enumciamo un importante risultato relativo alle successioni
monotone.
Teorema 2.26. Sia an una successione monotona non descrescente.
Allora an ammette limite e
lim an = sup{an : n 2 N}
n!+1
ovvero il limite della successione coincide con l’estremo superiore dei valori
assunti da an .
Dimostrazione. Per dimostrare il teorema, distinguiamo due
casi.
• Supponiamo che sup{an : n 2 N} = +1 .
Allora per ogni M > 0 esiste un elemento dell’insieme
{an : n 2 N} che è maggiore di M , sia esso an(M) . Per il fatto che an è non decrescente, si ha che an
an(M) per ogni
n n(M), quindi
é definitivamente vera
an > M
da cui la tesi.
• Sia ora sup{an : n 2 N} = L < +1 , L 2 R .
Allora 8✏ > 0 esiste un elemento an✏ tale che
9an✏ : L
✏ < an✏  L ;
inoltre per la monotonia della successione si ha che
8n > n✏
an
an✏ .
Quindi
8n
n✏
L
✏ < an✏  an  L < L + ✏
58
2.5 Un importante esempio
da cui
ossia |an
|an
L| < ✏ 8n > n✏
L| < ✏ è definitivamente vera.
⇤
Analogamente si dimostra il seguente risultato.
Teorema 2.27. Sia an una successione monotona non descrescente.
Allora an ammette limite e
lim an = inf{an : n 2 N} ,
n!+1
ovvero il limite della successione coincide con l’estremo inferiore dei valori
assunti da an .
2.5. Un importante esempio
Studiamo la successione
an = qn ,
q 2 R.
Se q > 1 , si ha che la successione an è crescente, cioè qn+1 > qn .
Essendo q strettamente maggiore di 1 , possiamo porre q = 1 + con
> 0 Quindi, grazie alla disuguaglianza di Bernoulli, si ha
qn = (1 + )n
notiamo che 1 + n ! +1 , ovvero
Infatti
8M > 0
1+n >M
1+n >M
Sia nM tale che
1+n ;
definitivamente vera .
,
nM >
M
n>
M
1
.
1
(un nM con tale proprietà esiste per il Principio di Archimede);
abbiamo dunque che per ogni n > nM la proprietà
n>
M
1
,
1+n >M
è vera e quindi qn > M é definitivamente vera.
Schematizzando, si hanno i seguenti casi:
2.5 Un importante esempio
59
1) se q > 1 , an = qn è crescente e an ! +1 ;
2) se q = 1 , an = 1 8n e an ! 1 ;
3) se |q| < 1 , si ha che
1
bn = |qn | = |q|n = ⇣ ⌘n
1
|q|
ma
1
|q|
!n
! +1
)
da cui
con q , 0 ,
1
⇣ ⌘n ! 0 .
1
|q|
qn ! 0 .
4) se q = 1 , an = ( 1)n non ammette limite;
5) se q < 1 , an = qn = (( 1) · ( q))n = ( 1)n · ( q)n non ammette
limite.
Osservazione 2.28. Mettiamo in luce due importanti risultati che
abbiamo utlizzato.
1) |an | ! 0 ) an ! 0 .
Infatti, per ipotesi si ha
8✏ > 0
||an |
0| < ✏ definitivamente vera ,
cioè
8✏ > 0
||an || = |an | < ✏ definitivamente vera ,
ossia an ! 0 .
1
! 0.
an
Infatti, per ipotesi
2) an ! +1
)
8M > 0
an > M
definitivamente vera ,
da cui si ha anche che an > 0 è definitivamente vera. Quindi
8M > 0
0<
1
1
<
an M
é definitivamente vera .
60
2.6 Operazioni con i limiti
1
descrive tutti i
M
1
numeri ✏ > 0 come si vede ponendo ✏ = M . Quindi
Osserviamo che al variare di M > 0 ,
8✏ > 0
✏<0<
1
< ✏ definitivamente vera ,
an
ovvero
8✏ > 0
1
< ✏ definitivamente vera ,
an
cioè il risultato che volevamo dimostrare.
Osservazione 2.29. Si verifica poi in modo analogo che se an !
0 , ossia an ! 0 e an > 0 é definitivamente vera, allora a1n ! +1 ,
mentre se an ! 0 , allora a1n ! 1.
+
Osservazione 2.30. Osserviamo anche che bn ! b implica |bn | !
|b|, proprietà che segue immediatamente dalla diseguaglianza:
||bn |
|b||  |bn
b|.
2.6. Operazioni con i limiti
Proposizione 2.31. Siano a , b 2 R tali che an ! a , bn ! b . Allora
an + bn ! a + b ,
ovvero il limite della somma di due successioni convergenti è la somma dei
limiti delle due successioni.
Dimostrazione. Vogliamo dimostrare che
8✏ > 0
|(an + bn )
(a + b)| < ✏ é definitivamente vera.
Per ipotesi si ha
(2.12)
(2.13)
8✏ > 0 9n1 : n
8✏ > 0 9n2 : n
n1
n2
)
)
|an
|bn
a| < ✏
b| < ✏ .
61
2.6 Operazioni con i limiti
Scegliendo n✏ = max{n1 , n2 } , si ha
8✏ > 0
9n✏ : n
n✏
|(an + bn )
)
cioè la tesi.
(a + b)| = |(an
 |(an
a)| + |(bn
a) + (bn
b)|
b)| < 2✏ ,
⇤
Osservazione 2.32.
1) bn ! b )
bn ! b .
Infatti, per ipotesi
8✏ > 0 ,
|
bn
b| < ✏ definitivamente vera ,
|bn
per cui 8✏ > 0 si ha che
( b)| = |( 1)(bn
b| < ✏ definitivamente vera .
b)| = |bn
2) Dalla 1), segue che la Proposizione 2.31 vale anche per il
limite della di↵erenza di due successioni convergenti, cioè
se an ! a e bn ! b , allora an bn ! a b .
Infatti
an
bn = an + ( bn ) ! a + ( b) = a
b.
Proposizione 2.33. Siano a , b 2 R tali che an ! a , bn ! b . Allora
an · bn ! a · b ,
ovvero il limite del prodotto di due successioni convergenti è il prodotto dei
limiti delle successioni.
Dimostrazione. Per ipotesi,
(2.14)
8✏ > 0 9 n1 :
(2.15)
8✏ > 0 9 n2 :
Vogliamo ora stimare |an bn
an bn
ab = an bn
|an
|bn
a| < ✏ 8n
b| < ✏ 8n
n1 ,
n2 .
ab|. Osserviamo che
an b + an b
ab = an (bn
b) + b(an
a) ;
quindi
|an bn
ab| = |an (bn
= |an ||bn
b) + b(an
b| + |b||an
a)|  |an (bn
a| .
b)| + |b(an
a)|
62
2.6 Operazioni con i limiti
Abbiamo precedentemente visto che una successione convergente è
limitata, quindi nel nostro caso esiste M > 0 tale che |an |  M 8n 2
N . Pertanto, se prendiamo n = max{n1 , n2 } , si ha che 8✏ > 0 la
seguente proprietà
|an ||bn
è vera per ogni n
|an bn
b| + |b||an
a|  M✏ + |b|✏ ,
n , ossia
ab|  (M + |b|)✏
definitvamente vera .
⇤
Osservazione 2.34. L’ultimo passaggio e↵ettivamente conclude la
dimostrazione, dato che, per la sua arbitrarietà, possiamo scegliere ✏
tale che, per ogni > 0,
(M + |b|)✏ 
e in questo modo si ha che
8 > 0 |an bn
ab| 
cioè
✏
M + |b|
,
definivamente vera .
Osservazione 2.35. Sia bn ! b , 0. Allora |bn | è definitivamente
lontana da zero (ossia esiste > 0 tale che |bn |
è definitivamente vera). Questa proprietà si dimostra scegliendo ✏ = |b|2 nella
definizione di limite. Essa implica che |b1n | è limitata.
Si osservi che se b > 0 allora bn è definitivamente lontana da zero
e positiva, mentre se b < 0, bn è definitivamente lontana da zero e
negativa.
Tali risultati sono anche indicati come teorema di permanenza del
segno che si può enunicare nel seguente modo
Teorema 2.36 (Teorema della permanenza del segno). Sia
an ! a , a > 0 (oppure a < 0) . Allora an 2a , (an  2a ) è definitivamente
vera.
Proposizione 2.37. Siano a , b 2 R tali che an ! a , bn ! b , con
b , 0 , bn , 0 8n . Allora
an
a
! ,
bn
b
63
2.6 Operazioni con i limiti
ovvero il limite del rapporto di due successioni convergenti è il rapporto dei
limiti delle successioni (se il limite a denominatore é , 0).
Dimostrazione. Grazie alla Proposizione 2.33, è sufficiente
provare che
1
1
bn ! b )
! .
bn
b
Per ipotesi, si ha che
8✏ > 0
b| < ✏ definitivamente vera.
|bn
Dobbiamo dimostrare che
1
1
8✏ > 0
< ✏ definitvamente vera.
bn b
Si ha
1
1
b bn
|bn b|
=
=
.
bn b
bn b
|bn b|
D’altra parte, la successione |bn · b| ! |b2 | = b2 , 0 e b2 > 0 . Quindi,
possiamo osservare che
9
0
> 0 : |bn · b|
0
definitivamente vera .
Quindi
◆
1
1

|bn b|
0
è definitvamente vera, e di conseguenza lo è anche
(|bn
b| < ✏) ^
|bn b| |bn

|bn b|
✓
b|
0

✏
0
.
⇤
Vale inoltre il seguente risultato.
Teorema 2.38 (Teorema di passaggio al limite nelle disuguaglianze). Se an ! a , bn ! b , con a, b 2 R e se an bn è definitivamente vera,
allora a b .
Dimostrazione. Dimostriamo il teorema per assurdo, suppononendo cioè a < b . Sotto tale ipotesi si ha
bn
an ! b
a > 0.
2.6 Operazioni con i limiti
64
Applicando il Teorema della permanenza del segno, si ha che
b
a
> 0,
2
ovvero bn
an > 0 definitivamente, ossia an < bn definitivamente, e quest’ultima a↵ermazione contraddice l’ipotesi an
bn
definitivamente vera.
⇤
bn
an
Osservazione 2.39. Siano
an =
1
,
n
bn = 0 .
Si ha che
an > bn 8n
ma
a = b.
ossia, partendo da disuguaglianze strette per le successioni e passando al limite, per i limiti non possiamo ottenere le stesse disuguaglianze strette ma soltanto deboli; tuttavia è vero il viceversa, cioè
disuguaglianze strette sui limiti implicano disuguaglianze strette tra
successioni (cfr. Teorema della permanenza del segno).
Lemma 2.40 (Limite del prodotto di una successione limitata per
una infinitesima). Sia an una successione infinitesima, cioè an ! 0 , e
bn una successione limitata. Allora an · bn ! 0 .
Dimostrazione. Per ipotesi, si ha che
9 M > 0 : |bn |  M 8n
e
da cui
8✏ > 0 |an | < ✏ definitivamente vera,
|a· bn | = |an ||bn |  ✏ · M
definitivamente vera.
⇤
Teorema 2.41 (Teorema del confronto). Siano an , bn , cn tre
successioni tali che
an  cn  bn
definitivamente vera .
Se an ! l e bn ! l , l 2 R, allora anche la successione cn converge a l .
(il caso l = ±1 è già stato considerato).
65
2.6 Operazioni con i limiti
Dimostrazione. Per ipotesi abbiamo che
8✏ > 0 ,
|an
8✏ > 0 ,
|bn
l| < ✏ d.v. ,
l| < ✏ d.v. .
Le disuguaglianze con il valore assoluto possono essere espresse nella
forma equivalente
(2.16)
l
✏ < an
l < l + ✏ d.v. ,
(2.17)
l
✏ < bn
l < l + ✏ d.v. .
Allora
l
✏ < an  cn  bn < l + ✏ d.v.
da cui
l
✏ < cn < l + ✏ d.v.,
ossia
8✏ > 0
|cn
l| < ✏ d.v.
e la dimostrazione è conclusa.
⇤
Osservazione 2.42. Il teorema appena dimostrato implica alcuni
importanti risultati.
• Se |bn |  cn d.v. e cn ! 0 , allora bn ! 0 .
Infatti essendo 0  |bn |  cn e applicando il teorema del
confronto segue la tesi.
• Sappiamo che per ogni n 2 N , e x 2 R , nell’intervallo x, x +

1
esiste almeno un numero razionale xn . Per il Teorema del
n
1
1
confronto, essendo x < xn < x +
e x + ! x , si ha
n
n
che xn ! x .
Proposizione 2.43. Se
(2.18)
(2.19)
an ! a 2 R
e
an + bn ! +1 ,
an
bn ! 1 .
bn ! +1 ,
allora
2.7 Forme indeterminate
66
Dimostrazione. Dimostriamo la (2.18). (La dimostrazione della
(2.19) è analoga. Per ipotesi
an ! a 2 R,
quindi an è limitata, cioè
9 L : |an |  L 8n .
D’altra parte
8M > 0 ,
In particolare an >
Quindi
bn > M
d.v..
L e, fissato M , bn > M definitivamente vera.
an + bn > M
L d.v ;
pertanto, per ogni fissato K > 0 , affinché sia an + bn > K d.v. è
sufficiente scegliere M > L + K .
⇤
Più in generale, valgono i seguenti risultati:
•
•
•
•
an inferiormente limitata, bn ! +1 ) an + bn ! +1 ;
an superiormente limitata, bn ! 1 ) an + bn ! 1 ;
an ! +1 , bn ! +1 ) an + bn ! +1 ;
an ! 1 , bn ! 1 ) an + bn ! 1 .
Esercizio 2.44. Dimostrare che se an ! +1 , an è inferiormente
limitata.
Esercizio 2.45. Sia an ! +1 e bn definitivamente lontana da zero
e positiva. Allora an bn ! +1.
2.7. Forme indeterminate
Si parla di forme indeterminate quando non esistono risultati che
ci possono garantire a priori informazioni sul risultato del limite.
67
2.7 Forme indeterminate
Forma indeterminata +1 1. Supponiamo di avere due successioni an , bn tali che an ! +1 e bn ! 1 . La successione an + bn
come si comporta per n ! 1 ? Si tratta di una forma di indeterminazione. Piú precisamente non è possibile determinare in generale il
comportamento di una tale successione, ma occorre analizzarlo caso
per caso. A tal proposito, presentiamo di seguito alcuni esempi in
cui capitano tutte le possibili situazioni:
•
•
•
•
an = n , bn = 2n , ) an + bn = n ! 1 ;
an = 2n , bn = n , ) an + bn = n ! +1 ;
an = n + 12 x0 , bn = n + 12 x0 , ) an + bn = x0 ! x0 ;
an = n + ( 1)n , bn = n , ) an + bn = ( 1)n non ammette
limite .
Forma indeterminata 0 · 1. Per comprendere come mai 0 · 1 é
una forma indeterminata consideriamo i seguenti esempi:
x0
• an =
, bn = n ) an · bn ! x0 ;
n
1
• an = , bn = n2 ) an · bn ! +1 ;
n
1
• an =
, bn = n2 ) an · bn ! 1 ;
n n
( 1)
• an =
, bn = n ) an · bn = ( 1)n non ammette limite .
n
Ricordiamo che
1
! 0;
an
1
• an ! 1 )
! 0;
an
1
• |an | ! +1 )
! 0.
an
• an ! +1
)
Esempio 2.46. La successione
1
è infinitesima.
( 2)n
Forme indeterminate 1
e 00 . Poiché 0 · 1 é’ una forma
1
indeterminata anche 1
e 00 lo sono. Infatti
1
1. an ! 0+
cioè (an ! 0) ^ (an > 0 d.v.)
)
2. an ! 0
cioè (an ! 0) ^ (an < 0 d.v.)
)
1
! +1 ;
an
1
! 1.
an
2.8 Il numero di Nepero e
68
Osservazione 2.47. Se an ! 0 e cambia segno infinite volte, allora
1
il lim
non esiste. Infatti, è possibile estrarre due sottosuccessioni
n!+1 an
ank , anh di an , rispettivamente tali che
1
! +1 ,
ank
1
! 1.
anh
ank > 0 8k e
anh < 0 8h e
2.8. Il numero di Nepero e
Il numero di Nepero e è una dei numeri fondamentali nell’analisi
matematica e verrá incontrato spesso nel corso degli studi.
Il numero e viene definito come il limite per n che tende a infinito
della successione
✓
◆
1 n
an = 1 +
.
n
Se proviamo a calcolare il limite di tale succcessione, ci accorgiamo che si tratta di una forma indeterminata. Infatti dalle proprietá di
1
esponenziale e logaritmo che vedremo in seguito si ha an = 2n log2 (1+ n )
e come vedremo log2 (1 + n1 ) ! 0.
Faremo comunque vedere che la definizione di e è ben data verificando che la successione an è monotona e limitata (e di conseguenza
ammette limite finito).
Procediamo come segue. Facciamo vedere innanzitutto che
Lemma 2.48. La successione an è strettamente crescente, ossia
an
>1
an 1
8n
2.
69
2.8 Il numero di Nepero e
Dimostrazione. Osserviamo che
⇣
⌘n
⇣ ⌘n
⇣ ⌘n
n+1
n+1
✓
◆
1 + n1
n
n
n
⇣
⌘n 1 = ⇣ ⌘n 1 = ⇣ n ⌘n · n 1
n
1 + n1 1
n 1
n 1
!n ✓
✓
◆ ✓
◆
◆
n+1 n 1 n
n
n2 1
n
=
·
=
·
n
n
n 1
n2
n 1
✓
◆n ✓
◆
1
n
(2.20)
= 1
·
.
2
n
n 1
Poniamo x =
e che
1
, e osserviamo che
n2
1
1
x=
>
1
,
<1
n2
n2
,
n>1
n
> 0 per ogni n > 1 .
n 1
Allora possiamo applicare la disuguaglianza stretta di Bernoulli alla
(2.20) ed ottenere cosı̀
✓
◆ ✓
◆
✓
✓
◆◆ ✓
◆
1 n
n
1
n
1
·
> 1+n
·
n2
n 1
n2
n 1
✓
◆✓
◆
1
n
= 1
= 1.
n n 1
Ciò dimostra la stretta crescenza della successione an .
⇤
Facciamo vedere ora che la successione an é limitata provando il
seguente
Lemma 2.49. 2  an < 4 8n .
Dimostrazione. Per la dimostrazione si introduce la successione
✓
◆
1 n+1
bn = 1 +
.
n
Applicando la disuguaglianza stratta di Bernoulli (come per la monotonia di an ) si dimostra prima di tutto che bn è una successione
strettamente decrescente, ovvero
bn 1
>1
bn
8n
2.
2.9 Successioni: ulteriori proprietà
Inoltre, essendo
70
✓
◆
1
bn = 1 +
an > an ,
n
si ottiene
an < bn < b1 = 4 .
D’altra parte, an è monotona crescente e a1 = 2, quindi an > 2 8n
2.
⇤
Dunque risulta ben posta la seguente definizione:
Definizione 2.50. Si definisce numero di Nepero il numero reale e
dato da
✓
◆
1 n
lim 1 +
⌘ e.
n!+1
n
2.9. Successioni: ulteriori proprietà
Definizione 2.51.
• Siano an e bn due successioni entrambe
divergenti, cioè an ! ±1 e bn ! ±1 . Se
8
>
0
an si dice infinito di ordine inferiore a bn ,
>
>
>
>
>
an
< l 2 R {0} an e bn si dicono infiniti dello stesso ordine ,
!>
>
>
bn
±1
an si dice infinito di ordine superiore a bn ,
>
>
>
:
@
an e bn si dicono non confrontabili .
• Siano an e bn sono successioni infinitesime, cioé
an ! 0 e bn ! 0 . Se
8
>
0
an si dice infinitesimo di ordine superiore a bn ,
>
>
>
>
>
an
< l 2 R {0} an e bn si dicono infinitesimi dello stesso ordine ,
!>
>
>
bn
±1
an si dice infinitesimo di ordine inferiore a bn ,
>
>
>
:
@
an e bn si dicono non confrontabili .
Il teorema che segue fornisce un’utile criterio per stabilire il
carattere di una successione.
71
2.9 Successioni: ulteriori proprietà
Teorema 2.52 (Criterio del rapporto). Sia an una successione
definitivamente positiva e consideriamo il seguente limite
lim
n!+1
an+1
= l.
an
Si ha che:
• se l < 1 , allora an ! 0 ,
• se l > 1 , allora an ! +1 .
Esempio 2.53. Applichiamo il teorema appena enunciato per
determinare il limite della successione
an =
bn
,
n!
b > 0.
Si ha che
an+1
bn+1
n!
b
= lim
· n = lim
=0
n!+1 an
n!+1 (n + 1)! b
n!+1 n + 1
lim
quindi, possiamo concludere che la successione an è infinitesima.
Da notare che da questo risultato segue che
p
n
lim n! = +1
n!+1
Infatti dal fatto che
an
n!
! 0 segue che, fissato un qualsiasi a > 1,
p
n
ossia
an <
p
n
n!
p
n
n! > a
d.v. ,
d.v.
da cui immediatamente il risultato voluto.
Dimostrazione (Teorema 2.52). Analizziamo separatamente i due
casi.
• Supponiamo l < 1 . Per definizione di limite, si ha che
8✏ > 0
9n0 :
an+1
<l+✏ 8
an
n0 .
72
2.9 Successioni: ulteriori proprietà
Scegliamo ✏ in modo che l + ✏ < 1 . Si ha
an0 +1 < (l + ✏)an0
an0 +2 < (l + ✏)2 an0
···
an0 +k < (l + ✏)k an0 ,
e osserviamo che
lim (l + ✏)k = 0 .
k!+1
Quindi per il Teorema del confronto, si ha
0 < an0 +k < (l + ✏)k an0
)
an0 +k ! 0
da cui, se poniamo n0 + k = n , segue che lim an = 0 .
n!+1
• Sia ora l > 1 . Nella definizione di limite, fissiamo ✏ > 0 tale
che l ✏ > 1 . Si ha che
9n0 :
an+1
>l
an
✏ 8n
n0 .
Dunque
an0 +1 > (l
✏)an0
an0 +2 > (l
✏)2 an0
···
an0 +k > (l
✏)k an0 ,
e osserviamo che
lim (l + ✏)k = +1 .
k!+1
Quindi per il Teorema del confronto, si ha
an0 +k > (l + ✏)k an0
)
an0 +k ! +1
da cui, ponendo come prima n0 + k = n , segue che lim an =
n!+1
+1 .
⇤
2.10 Teorema di Bolzano-Weierstrass
73
Osservazione 2.54. Notiamo che il criterio esposto nel Teorema
2.52 non è in grado di stabilire il carattere della successione nel caso
in cui il limite del rapporto tra bn+1 e bn vale 1.
2.10. Teorema di Bolzano-Weierstrass
In questa sezione enunciamo e dimostriamo uno dei risultati più
importanti dell’Analisi Matematica, ovvero il Teorema di BolzanoWeierstrass.
Teorema 2.55 (Teorema di Bolzano-Weierstrass). Sia an una successione reale limitata .
Allora esiste una sua sottosuccessione ank
convergente.
Dimostrazione. Consideriamo l’insieme
V = {an : n 2 N} .
Distingueremo due casi. Come primo caso supponiamo tale insieme
finito, cioè costituito da un numero finito di elementi
l1 , l2 , ... , lk
che sono i valori assunti dalla successione an . In questo caso
9 li 2 V ed 9 nk : ank = li
8k .
cioè esiste una successione nk di indici lungo i queli la successione
vale li . Infatti, poiché la successione assume solo un numero finito
di valori (che formano l’insieme V), segue che esiste almeno un li il
cui valore é assunto da infiniti elementi della successsione.
Il secondo e ultimo caso é quello in cui l’insieme é infinito. Per
ipotesi, la successione an è limitata, quindi
9L > 0 :
L  an  L 8n .
Allora nell’intervallo [ L, 0] o nell’intervallo [0, L] , cadono infiniti valori di an . Indichiamo tale intervallo con [↵1 , 1 ] . Esso presenta
le seguenti caratteristiche:
74
2.10 Teorema di Bolzano-Weierstrass
• la sua ampiezza è data da
2L
= L;
2
• contiene infiniti valori asssunti dalla successione an .
↵1 =
1
Figura 4
Sia n1 tale che an1 2 [↵1 , 1 ] . In uno dei due intervalli che lo
dividono a metà (vedi figura 4 e che indichiamo con [↵2 , 2 ] , ci
sono infiniti valori di an , dunque 9 n2 > n1 tale che an2 2 [↵2 , 2 ] .
Abbiamo che
↵1 L
1
[↵2 , 2 ] ⇢ [↵1 , 1 ] e
↵2 =
= .
2
2
2
Procediamo allo stesso modo con l’intervallo [↵2 , 2 ] .
Figura 5
In uno dei due intervalli (vedi figura 5
"
#
"
↵2 + 2
↵2 +
↵2 ,
,
2
2
2
#
,
2
,
sono contenuti infiniti valori di an . Indichiamolo con [↵3 ,
e
9 n3 > n2 : an3 2 [↵3 ,
3
↵3 =
3]
L
.
22
⇢ [↵2 ,
2]
3 ].
Dunque
75
2.11 Successioni di Cauchy
In generale, si ha che
8k
1 9 nk : ank 2 [↵k ,
con
k
↵k =
k]
⇢ [↵k 1 ,
k 1]
L
2k 1
e ovviamente
[↵k ,
k]
⇢ [ L, L] .
Essendo nk > nk 1 , si ha che la successione ank è una sottosuccessione
della successione an . Inoltre
↵k  ank 
k
per ogni k.
Ora, poiché ↵k è limitata e non decrescente, si ha che
↵k ! l 2 R.
Di conseguenza
k
= ↵k +
L
2k 1
!l
e possiamo cosı̀ concludere per il Teorema del confronto che ank ! l .
⇤
2.11. Successioni di Cauchy
Definizione 2.56. Sia p(n, m) un predicato definito in N ⇥ N . Si
dice che p(n, m) è definitivamente vero (d.v.) se esiste n0 2 N tale che
per m n0 e n > n0 il predicato p(n, m) è vero.
Definizione 2.57. Una successione an è detta successione di Cauchy
se
8✏ > 0
|an
am | < ✏ d.v.
Teorema 2.58 (Criterio di convergenza di Cauchy). Una
successione an è di Cauchy se e solo se è convergente.
76
2.11 Successioni di Cauchy
Dimostrazione. Facciamo vedere che se an converge, allora è una
successione di Cauchy. Per ipotesi sappiamo che
9 l 2 R : 8✏ > 0
Stimiamo |an
|an
l| < ✏ d.v.
|an
am | . Fissato ✏ > 0 si ha che
am | = |(an
l) + (l
am )|  |an
l| < 2✏
l| + |am
d.v.
cioè an è di Cauchy.
Supponiamo ora che an sia una successione di Cauchy, e dimostriamo che converge. A tal fine facciamo vedere intanto che la
successione an è limitata. Scegliendo ✏ = 1 , dalla definizione di an
successione di Cauchy si ha
|an
am | < 1
d.v.
Quindi
9 n1 : m, n
n1
in particolare se m = n1 si ha che
|an |  |an
)
|an
an1 | + |an1 |
am | < 1 ,
n1 ,
8n
da cui
|an | < 1 + |an1 |
8n > n1
ricavando che an è limitata.
Grazie al Teorema di BolzanoWeierstrass possiamo a↵ermare che an ammette una sottosuccessione
ank convergente, cioè
(2.21)
9 ank ! l .
Il nostro scopo a questo punto è dimostrare che an ! l . Per far questo,
stimiamo |an l| . Osserviamo subito che
|an
l|  |an
ank | + |ank
l| .
Inoltre, sappiamo per ipotesi che la successione an è di Cauchy, ossia
(2.22)
8✏ > 0
9 n✏ : m, n > n✏
)
|an
Ora
9 k✏ : k
k✏
)
nk
n✏ ,
am | < ✏ ,
77
2.12 Esercizi
da cui
ank | < ✏ 8k
|an
k✏ 8n
n✏ ,
|ank
l| < ✏ .
per la (2.22). Ora, dalla (2.21) segue che
9 k✏0 : k
e scegliendo n
k✏0
)
max{ k✏ ; k✏0 } , possiamo concludere che
n✏ e k
|an
l| < 2✏ 8n
n✏ ,
ossia la tesi.
⇤
2.12. Esercizi
Esercizio 1. Calcolare, se esistono, i seguenti limiti di successioni:
4 +5
n2 +1
, limn!+1 n5n+7n
.
2n 1
1
1 n2
1
n
, limn!+1 pn+1
(n+2)2
n+( 1)n
( 1)n (n+5)
limn!+1 n ( 1)n , limn!+1 3n2 +1
(1) limn!+1
(2) limn!+1
(3)
p
p
p
p
2+1
(4) limn!+1 ( p n + 2 p n 1), limn!+1
(
n
n)
p
p
n3 +9n2
n4 +1
n4 +9n
n4 +1
(5) limn!+1
, limn!+1
.
p3 n2 +2n p3
p n2 +1
2
(6) limn!+1 ( n + 1 n), limn!+1 n + 1
n2 .
Esercizio 2. Calcolare, se esistono, i seguenti limiti di successioni:
⇣ ⌘2n
⇣
⌘n
1
(1) limn!+1 n+1
,
lim
1
+
n!+1
n
2n
⇣
⌘n
⇣
⌘ pn
1
2
p
(2) limn!+1 1 n , limn!+1 1 + n
⇣ ⌘n+1
⇣ ⌘n2
n
n
(3) limn!+1 n 1
, limn!+1 n+1
.
Esercizio 3. Calcolare, se esistono, i seguenti limiti di successioni:
n2 + 1
1. lim
n!+1
n2n
n
0r
BB n + 1
3. lim BB@
n!+1
n+3
2. lim n
n!+1
⇣ p3
n+1
p3 ⌘
n
1
CC
1CCA
Esercizio 4. Studiare il carattere delle seguenti successioni definite
78
2.12 Esercizi
per ricorrenza:
8
>
>
a0 = 1
>
>
<
1. >
;
>
p
>
>
: an+1 = 2 + an
8
1
>
>
>
a0 =
>
>
2
<
2. >
;
>
>
>
>
: an+1 = a2
n
8
>
a0 = ↵ > 0
>
>
>
>
<
3. >
.
>
an
>
>
>
a
=
: n+1
1 + an
Esercizio 5. Studiare il carattere delle seguenti successioni definite
per ricorrenza:
8
>
a0 = 1
>
>
>
<
1. >
>
>
>
: an+1 = an +
;
1
a2n
8
>
>
a0 = ↵ 0
>
>
<
2. >
;
>
>
p
>
4
: an+1 = an
8
>
a0 = 2
>
>
>
>
<
3. >
>
>
>
>
: an+1 = 2
1
1 + an
.
CAPITOLO 3
Continuità e limiti di funzioni
In questo capitolo, dopo aver definito formalmente cosa si intende
per funzione continua e limite di una funzione, presentiamo alcuni
importanti risultati dell’analisi infinitesimale.
3.1. Continuità
Prima di darne la definizione, possiamo provare ad intuire il
significato di continuità di una funzione f : D ! R in un punto
x0 2 D : f è continua in x0 se in qualunque modo ci avviciniamo a x0 ,
la funzione f (x) si avvicina al valore f (x0 ) . Più precisamente:
Definizione 3.1. Una funzione f : D ! R si dice continua in x0 2 D
se per ogni successione {xn }n2N contenuta in D tale che xn ! x0 si
ha f (xn ) ! f (x0 ) . La funzione f si dice continua in D se è continua in
ogni punto x0 2 D .
Osservazione 3.2. Se f è continua in x0 e f (x0 ) , 0, f è diversa
da zero in un intorno di x0 . Più precisamente (come si dimostra
immediatamente per assurdo usando le successioni): esiste > 0
tale che
• se f (x0 ) > 0, x 2]x0
• se f (x0 ) < 0, x 2]x0
, x0 + [\D ) f (x)
, x0 + [\D ) f (x) 
f (x0 )
,
2
f (x0 )
.
2
Teoremi su somme, prodotti e quozienti di funzioni continue.
Teorema 3.3 (Somma di funzioni continue). Siano f, g : D ! R
due funzioni continue in x0 2 D . Allora anche la funzione f + g : D ! R
(definita da ( f + g)(x) = f (x) + g(x)) è continua in x0 .
79
3.1 Continuità
80
Dimostrazione. Sia {xn } una successione contenuta in D tale che
xn ! x0 . Per ipotesi sappiamo che
f (xn ) ! f (x0 )
e
g(xn ) ! g(x0 ) .
Allora, per le proprietà viste sui limiti delle successioni si ha che
cioè la tesi.
f (xn ) + g(xn ) ! f (x0 ) + g(x0 ) ,
⇤
Teorema 3.4 (Prodotto di funzioni continue). Siano f, g : D ! R
due funzioni continue in x0 2 D . Allora anche la funzione f · g : D ! R
(definita da ( f · g)(x) = f (x) · g(x)) è continua in x0 .
Dimostrazione. Sia {xn } una successione contenuta in D tale che
xn ! x0 . Per ipotesi sappiamo che
f (xn ) ! f (x0 )
e
g(xn ) ! g(x0 ) .
Allora, per quanto abbiamo visto che sul limite del prodotto di due
successioni, si ha che
cioè la tesi.
f (xn ) · g(xn ) ! f (x0 ) · g(x0 ) ,
⇤
Teorema 3.5 (Quoziente di funzioni continue). Siano f, g : D ! R
due funzioni continue in x0 2 D , e sia g(x0 ) , 0 (e quindi esiste > 0
tale che g(x) , 0 per ogni x 2 I! ⌘]x0
, x0 + [). Allora la funzione
f
f
f (x)
: I \ D ! R (definita da
(x) =
) è continua in x0 .
g
g
g(x)
Dimostrazione. Sia {xn } una successione contenuta in D tale che
xn ! x0 . Per ipotesi sappiamo che
f (xn ) ! f (x0 )
e
g(xn ) ! g(x0 ) .
Allora, per le proprietà del quoziente dei limiti di successioni, si ha
che
f (xn )
f (x0 )
!
,
g(xn )
g(x0 )
cioè la tesi.
⇤
Esempi 3.6. Presentiamo alcuni esempi di funzioni continue.
3.1 Continuità
81
(1) La funzione costante , ossia f (x) = c 8x 2 R , è continua.
Infatti, scelto un arbitrario x0 2 R , se consideriamo una successione xn ! x0 , si ha che f (xn ) = c 8n , e di conseguenza
f (xn ) ! c = f (x0 ) .
(2) La funzione f (x) = x , è continua.
Infatti, xn ! x0 ) f (xn ) (= xn ) ! f (x0 ) (= x0 ) .
(3) Il polinomio f (x) = an xn + an 1 xn 1 + ... + a1 x + a0 è continua.
Infatti, per ogni n 2 N, xn è continua perché prodotto di
funzioni continue; di conseguenza, per lo stesso motivo lo
sono anche an xn , an 1 xn 1 , ... , a1 x . Quindi il polinomio f è
continuo perché somma di funzioni continue.
P(x)
(4) Se P(x) , Q(x) sono polinomi, allora
è continua ove
Q(x)
Q(x) , 0, per il teorema sul quoziente di funzioni continue.
Ad esempio, la funzione
(3.1)
f (x) =
x2
2x 1
x 1
è continua in D = R {1} .
(5) La funzione f (x) = |x| è continua, perhcé se xn ! x0 allora
|xn | ! |x0 |. (Si osservi che xn ! l se e solo se |xn l| ! 0).
3.1.1. Composizione di funzioni continue.
Teorema 3.7. Siano f : D ! R , g : f (D) ! R due funzioni tali
che f è continua in un punto x0 2 D , e g continua in f (x0 ) . Allora la
funzione composta g f è continua in x0 .
Dimostrazione. Sia xn ! x0 . Per provare il teorema è sufficiente
dimostrare che
g( f (xn )) ! g( f (x0 )) .
Ma per ipotesi, sappiamo che f è continua in x0 , ossia f (xn ) ! f (x0 ) ,
e g è continua in f (x0 ) , ossia g( f (xn )) ! g( f (x0 )) , cioé la tesi.
⇤
82
3.2 Limiti di funzioni
3.2. Limiti di funzioni
Definizione 3.8. Se D è un sottoinsieme di R , si definisce chiusura
di D, e si indica con D , l’insieme dei punti x 2 R tali che
9 {xn }n2N ⇢ D : xn ! x .
Esempio 3.9. Sia D =]0, 1] . Si ha che 0 2 D , dato che xn =
{xn } ⇢ D .
1
n
!0e
Osservazione 3.10. Si osservi che D ⇢ D , ma possono esserci dei
punti della chiusura di D che non appartengono a D (nell’esempio
sopra il punto x0 = 0) .
Definizione 3.11. Sia D ⇢ R . Se x0 2 D \ D si dice che x0 è punto
di accumulazione per D .
Definizione 3.12. Sia f : D ! R , con D ⇢ R . Se x0 2 D \ D , cioé
x0 è un punto di accumulazione per D , si dice che l è il limite della
funzione f per x ! x0 , x 2 D, e si scrive
lim
x!x0 ,x2D
se:
f (x) = l 2 R [ {±1},
8 {xn }n2N ⇢ D :
xn ! x0
)
f (xn ) ! l .
(Talvolta nella scrittura di limite si tralascia di scrivere ”x 2 D”).
Esempio 3.13. Sia
f :]0, 1] ! R ,
f (x) =
1
, D =]0, 1],
x
(vedi figura 1).
Si ha che
1
= +1,
x!0,x2D x
lim
dato che
1
! +1 .
xn
Tale limite, come sempre quando non c’è pericolo di ambiguità, si
indica molto piú semplicemente con limx!0+ 1x .
8{xn }n2N ⇢ D :
xn ! 0
)
83
3.2 Limiti di funzioni
Figura 1
Consideriamo la funzione f : D ! R e un punto x0 2 D \ D .
Definizione 3.14. Si dice che la funzione f ha limite destro l , e si
indica con
lim f (x) = l ,
x!x+
0
se
8{xn }n2N ⇢ D xn ! x0 , xn > x0
)
f (xn ) ! l .
)
f (xn ) ! l .
Si dice che l è limite sinistro della funzione f , in simboli
lim f (x) = l ,
x!x0
se
8{xn }n2N ⇢ D xn ! x0 , xn < x0
Osservazione 3.15. Si osservi che una funzione f : D ! R è
continua in x0 2 D se e solo se limite destro e limite sinistro esistono
entrambi e coincidono con f (x0 ).
Definizione 3.16. Sia f : D ! R , con D illimitato superiormente.
Si dice che l è il limite della funzione f per x ! +1 ,x 2 D e si scrive
lim f (x) = l 2 R [ {±1},
x!+1
se
8{xn }n2N ⇢ D :
xn ! +1
)
f (xn ) ! l .
84
3.2 Limiti di funzioni
Teorema 3.17 (Cambio di variabile nei limiti). Siano f : D ! R ,
g : f (D) ! R , ed x0 2 D \ D . Siano poi
lim g(t) = l 2 R [ {±1}
t!t0
lim f (x) = t0 .
x!x0
Se f (x) , t0 in un intorno di x0 , allora
lim g( f (x)) = l, .
x!x0
Omettiamo la dimostrazione che si ottiene immediatamente
utilizzando i limiti di successioni.
Osservazione 3.18. Sia f : D ! R . Allora, se f ammette limite,
tale limite è unico.
Definizione 3.19. Sia f : D ! R .
• se lim f (x) = l 2 R , la retta y = l è detta asintoto orizzontale
x!+1
per f a +1 e analogamente per il limite a 1;
• se lim± f (x) = ±1 , si dice che la retta x = x0 è asintoto verticale
x!x0
per f in x0 .
Esempio 3.20. Sia
1
.
x
In questo caso x = 0 è asintoto verticale per f , mentre y = 0 è asintoto
orizzontale.
f : R \ {0} ! R ,
f (x) =
Sia f : D ! R . Se lim f (x) = ±1 puó esistere un asitoto obliquo
x!±1
nel senso della seguente:
Definizione 3.21. Sia f : D ! R . La retta di equazione y = mx+q
si dice asintoto obliquo per la funzione f se
lim f (x)
x!±1
(mx + q) = 0 .
Proposizione 3.22. Sia f : D ! R . La retta di equazione y = mx + q
è asintoto obliquo per la funzione f se solo se
m = lim
x!±1
f (x)
,
x
q = lim f (x)
x!±1
mx .
85
3.2 Limiti di funzioni
Dimostrazione. Dimostriamo l’implicazione ()). Sia y = mx + q
asintoto obliquo per f ossia che
f (x)
(mx + q) ! 0 ,
quando x ! +1 (e analogamente a 1). In questo caso si ha
!
f (x)
q
x·
m
! 0,
x
x
da cui deve essere
f (x)
q
m
! 0.
x
x
Infatti, se ciò per assurdo non fosse vero, esisterebbero una
successione an ! +1 e un numero positivo tale che
!
f (an )
q
|
m
|
an
an
ma allora si avrebbe
f (an )
an |
an
m
!
q
|!1
an
che contraddice l’ipotesi. Ora, poiché per x ! +1 si ha che
q
! 0,
x
segue che
f (x)
x
m!0
ossia
m = lim
x!±1
f (x)
.
x
D’altra parte
f (x)
(mx + q) ! 0
cioè
q = lim f (x)
x!+1
mx .
Per dimostrare l’implicazione (() , è sufficiente osservare che f (x)
mx ! q e quindi f (x) (mx + q) ! 0 da cui la tesi.
⇤
86
3.3 Continuità e discontinuità
3.3. Continuità e discontinuità
Consideriamo ancora la funzione f : D ! R e un punto x0 2 D\D .
Definizione 3.23. Se per x ! x0 limite destro e limite sinistro di
f esistono finiti ma sono diversi, cioè
9 lim+ f (x) = l+ 2 R ,
x!x0
9 lim f (x) = l 2 R ,
x!x0
ma l+ , l ,
il punto x0 è detto punto di discontinuità di prima specie per la funzione
f.
Teorema 3.24 (Traduttore). Una funzione f : D ! R è continua in
x0 se e solo se
8✏ > 0 9
✏
> 0 : |x
x0 | <
| f (x)
)
✏
f (x0 )| < ✏ .
Dimostrazione. Dimostriamo ()) . Per ipotesi
8 xn ! x0 , si ha
f (xn ) ! f (x0 ) .
Procediamo negando la tesi, cioè supponiamo per assurdo che
Sia
9 ✏ > 0 : 8 > 0 9 x : |x
=
1
n
ma
x0 | <
| f (x )
f (x0 )|
✏.
e indichiamo il corrispondente con x con xn . Si ha
1
e | f (xn ) f (x0 )| ✏ 8n .
n
Ma xn ! x0 mentre f (xn ) non tende a f (x0 ), in contraddizione con
l’ipotesi di continuità della f .
Dimostriamo ora (() . Supponiamo che
x0 | <
|xn
(3.2)
8✏ > 0 9
✏
> 0 : |x
x0 | <
)
✏
| f (x)
f (x0 )| < ✏ .
Sia xn ! x0 , vogliamo dimostrare che f (xn ) ! f (x0 ) , ossia che
8✏ > 0
| f (xn )
Fissiamo ✏ nella (3.2) e scegliamo
|x
x0 | <
)
f (x0 )| < ✏ d.v.
=
✏
| f (x)
tale che
f (x0 )| < ✏ .
Per ipotesi sappiamo che xn ! x0 , quindi |xn x0 | <
è definitivamente vera, da cui risulta che anche | f (xn ) f (x0 )| < ✏ è
definitivamente vera.
⇤
87
3.4 Limiti di funzioni: alcuni teoremi
Osservazione 3.25. Con la stessa dimostrazione si ottiene
l’analogo risultato per i limiti di funzione.
Esempio 3.26. Consideriamo la funzione di Dirichlet che è definita
nel seguente modo:
(
1 se x 2 Q ,
f : R ! R,
f (x) =
0 se x 2 R \ Q .
Tale funzione non è continua in nessun punto del suo dominio. Se
x 2 R \ Q si ha che f (x) = 0 . Ma
9xn 2 Q :
xn ! x, f (xn ) = 1 8n, quindi f (xn ) ! 1 .
Se invece x 2 Q , f (x) = 1 e
9xn 2 R \ Q :
xn ! x, f (xn ) = 0 8n, quindi f (xn ) ! 0 .
Si noti che ogni numero reale può essere approssimato da una
successione di numeri irrazionali. Infatti se x 2 Q, la successione
p
2
xn = x +
n
converge ad x ed assume valori irrazionali per ogni n. Infatti, se per
p
assurdo xn 2 Q per un qualche n , si avrebbe che 2 = nxn nx 2 Q .
3.4. Limiti di funzioni: alcuni teoremi
Usando l’analogo risultato sulle successioni si ottiene immediatamente il
Teorema 3.27 (Teorema del confronto). Se per x ! c 2 R , si ha che
f (x) ! l , g(x) ! l , con l 2 R , ed
9 > 0 : f (x)  h(x)  g(x) 8x 2 {x 2 D : |x
allora anche h(x) ! l .
Analogamente se c = ±1.
c| < } ,
88
3.4 Limiti di funzioni: alcuni teoremi
Osservazione 3.28. In riferimento al risultato del teorema che è
stato appena enunciato, consideriamo alcuni casi particolari.
• Se l = +1 , basta avere h(x) f (x) 8x 2 {x 2 D : |x c| < } ,
per poter concludere che h(x) ! +1 .
• Se l = 1 , è sufficiente che h(x)  f (x) 8x 2 {x 2 D : |x c| <
} affinché h(x) ! 1 .
Corollario 3.29. Sia c 2 R [ {±1} e siano f e g due funzioni tali che
lim f (x) = 0 e g(x) è limitata in un intorno di c. Allora lim f (x) · g(x) = 0 .
x!c
x!c
Osservazione 3.30. Nel corollario 3.29 abbiamo in realtá due
situazioni diverse a seconda che c sia un numero reale oppure no:
• se c 2 R , per intorno di c si intende un intervallo aperto
centrato in c di raggio > 0 , cioè ] c
,c + [ ;
• se invece c = +1 oppure c = 1 , per intorno di c si intendono
rispettivamente intervalli illimitati del tipo ] a, +1 [ e ]
1, a [ , con a 2 R , ossia semirette aperte.
Quindi, tornando all’enunciato del Corollario 3.29, g(x) limitata assume nello specifico i seguenti significati a seconda dei rispettivi casi:
9L > 0 tale che:
• se c 2 R , 9 > 0 : |x c| <
) | f (x)|  L ;
• se c = +1 , 9 a > 0 : x > a ) | f (x)|  L ;
• se c = 1 , 9 a > 0 : x < a ) | f (x)|  L .
Dimostrazione. (Corollario 3.29) Per ipotesi, sappiamo che in un
intorno di c si ha
0  | f (x) · g(x)| = | f (x)| · |g(x)|  L| f (x)| ,
e poiché f (x) ! 0 quando x ! c , segue la tesi applicando il Teorema
del confronto.
⇤
Teorema 3.31 (Teorema della permanenza del segno 1). Sia f una
funzione definita in un intorno di x0 . Se lim f (x) = l > 0 (oppure l < 0)
con l 2 R , allora
9 > 0 : f (x)
x!x0
l
2
8x 2 D \ {x : |x
l
x0 | < } (oppure f (x)  ) .
2
89
3.4 Limiti di funzioni: alcuni teoremi
Dimostrazione. Dimostriamo il teorema per assurdo, cioè
supponiamo che
8 > 0 9 x : |x
Scegliendo
=
e f (x ) <
x0 | <
l
.
2
1
, si avrebbe che
n
1
l
e f (xn ) < ,
n
2
ma per ipotesi xn ! x0 e f (xn ) ! l , da cui l 
essendo l > 0 .
9 xn : |xn
x0 | <
l
2
che è assurdo
⇤
Teorema 3.32 (Teorema della permanenza del segno 2). Sia f definita in un intorno di x0 . Se lim f (x) = l e f (x) 0 in un intorno di
x!x0
x0 , allora il limite l è non negativo (ossia l
0 ).
Dimostrazione. Sia xn ! x0 . Allora la proprietà f (xn )
defintivamente vera, e si ha immediatamente l 0 .
0 è
⇤
Osservazione 3.33. Come immediata conseguenza del teorema
appena enunciato, se supponiamo che f g , f ! l e g ! l1 , si ha
che l l1 .
Abbiamo anche il seguente importante
Teorema 3.34. Sia f : D ! R, D ⇢ R non decrescente in D, ossia
Sia x0 2 D tale che
(3.3)
x1 , x2 2 D, x1 < x2 ) f (x1 )  f (x2 ).
{x 2 D : x < x0 } , ;, {x 2 D : x > x0 } , ;.
Allora esistono finiti limx!x0 ,x2D f (x) e limx!x+0 ,x2D f (x) e risulta
(3.4)
limx!x0 ,x2D f (x) 
lim
x!x+
,x2D
0
f (x).
Dimostrazione. Sia
l+ = inf { f (x) : x0 < x, x 2 D} ;
vogliamo dimostrare che
lim
x!x+
,x2D
0
f (x) = l+ .
90
3.5 Esercizi
Osserviamo innanzitutto che se esiste x 2 D tale che x < x0 , si ha
f (x)  f (x)
8x > x0 ,
quindi l+ 2 R . Per definizione di estremo inferiore, si ha che
8✏ > 0
9 x✏ 2 {x 2 D : x > x0 } :
l+  f (x✏ ) < l+ + ✏ ,
ma per la monotonia della f segue che
8x 2 ] x0 , x✏ [ \ D
l+  f (x)  f (x✏ ) < l+ + ✏ ,
da cui
8x 2 ] x0 , x✏ [ \ D si ha | f (x)
Analogamente, definendo
l+ | < ✏ .
l = sup{ f (x) : x < x0 , x 2 D} ,
si dimostra che l 2 R e
lim f (x) = l .
x!x0
Infine la (3.4) si ottiene sfruttando la monotonia della funzione e
applicando il Teorema del confronto (Teorema 3.27).
⇤
Analogamente per la non crescenza e nel caso in cui uno dei due
insiemi in (3.3) sia vuoto.
3.5. Esercizi
Esercizio 1. Calcolare, se esistono, i seguenti limiti di funzioni:
x 1
1. lim p
x!±1
2x2 1
4 x2
3. lim
x!2 x
2
2. lim
x!+1
!2
p
1+x
p
1
x
x
x2 1
x!1 x3 + 2x2
3x
p
Esercizio 2. Verificare che la funzione x é continua in R+ e la
p
funzione 3 x é continua in R.
4. lim
3.6 Alcuni teoremi fondamentali sulle funzioni continue
Esercizio 3. Studiare il limite
ax3 + bx2 + x
lim
x!+1
(x 1)2
91
1
al variare di a, b 2 R.
Esercizio 4. Sia
(
f (x) =
Determinare ↵ ,
(x
)2
↵x ,
2,
se x 0
se x < 0 .
2 R in modo che f sia continua su R.
3.6. Alcuni teoremi fondamentali sulle funzioni continue
In questa sezione enunciamo e dimostriamo alcuni importanti
risultati che riguardano le funzioni continue.
Teorema 3.35 (Teorema degli zeri). Sia f : [a, b] ! R continua
nell’intervallo aperto ]a, b[ e tale che f (a) · f (b) < 0 . Allora
9 x0 2 ] a, b [ : f (x0 ) = 0 .
Osservazione 3.36. Il teorema non vale se al posto di un intevallo
[a, b] si considera l’unione di due intervalli disgiunti (che non è più un
intervallo), ad esempio non si applica ad una funzione (vedi figura
2) f : [ 2, 1] [ [1, 2] ! R .
Figura 2
3.6 Alcuni teoremi fondamentali sulle funzioni continue
92
Esempio 3.37. Sia f : [ 1, 1] ! R definita da (vedi figura 3)
(
x + 1 , se x 0 ,
f (x) =
x 1 , se x < 0 .
Figura 3
In tal caso il risultato del teorema non vale, ossia
@ x0 2 ]
1, 1[ : f (x0 ) = 0
poiché la funzione non è continua nell’intervallo considerato.
Dimostrazione (Teorema 3.35). Supponiamo f (a) < 0 < f (b) e
definiamo il seguente insieme:
A = {x 2 [a, b] : f (x) < 0} .
Sia L = sup A .
Osserviamo che
• l’insieme A è non vuoto, poiché, essendo f (a) < 0 per ipotesi,
almeno a 2 A ;
• A è limitato superiormente (sicuramente da b) .
Quindi l’estremo superiore di A esiste ed è un numero reale. Inoltre
sup A < b e
sup A > a .
Infatti per il teorema della permanenza del segno f < 0 in un intorno
di a e f > 0 in un intorno di b.
3.6 Alcuni teoremi fondamentali sulle funzioni continue
93
Vogliamo dimostrare a questo punto che f (L) = 0 . Per assurdo,
supponiamo f (L) , 0 e analizziamo separatamente i due possibili
casi.
a) Sia f (L) < 0 . Per il Teorema della permanenza del segno
8x 2 ] L
9 > 0 : f (x) < 0
,L + [ .
In particolare esiste x 2]L, L + [ tale che x 2 A, che è assurdo
perché L è una limitazione superiore di A .
b) Supponiamo ora f (L) > 0 . Di nuovo, per il Teorema della
permanenza del segno si ha che
8x 2 ] L
9 > 0 : f (x) > 0
,L + [ .
Ma per le proprietà dell’estremo superiore esiste x 2 A : L
< x  L. Ma in x si deve avere f (x ) > 0 in contraddizione
con la definizione di A.
Possiamo pertanto concludere che f (L) = 0 .
⇤
Corollario 3.38 (Teorema dei valori intermedi). Sia f : [a, b] ! R
una funzione continua, tale che f (a) < ↵ < f (b) (oppure f (a) > ↵ > f (b)) .
Allora
9 x 2]a, b[ : f (x) = ↵ .
Dimostrazione. Consideriamo la funzione continua
g(x) = f (x)
↵.
Tale funzione verifica le ipotesi del Teorema degli zeri (Teorema 3.35)
e applicandolo si ottiene la tesi.
⇤
Osservazione 3.39. Sia n 2 N \ {0}. Consideriamo la funzione
f : R+ ! R+ ,
f (x) = xn .
Si tratta di una funzione iniettiva e suriettiva, e di conseguenza
invertibile. Infatti, l’iniettività segue dal fatto che si tratta di una
funzione strettamente crescente.
Dimostriamo la suriettività, cioè che
8y
0
9 x : xn = y .
3.6 Alcuni teoremi fondamentali sulle funzioni continue
94
Per y = 0 è sufficiente scegliere x = 0 . Se invece y > 0 , poiché
lim xn = +1
x!+1
si ha che
9 b : bn > y .
Consideriamo l’intervallo [0, b] . Abbiamo che
f (0) = 0 < y < f (b) = bn ,
quindi, per il Teorema dei valori intermedi,
9 x : xn = y .
Presentiamo anche una dimostrazione alternativa a quella
proposta in precendenza del Teorema degli zeri. Ricordiamo
l’enunciato:
Teorema 3.40 (Teorema degli zeri). Sia f : [a, b] ! R una funzione
continua tale che f (a) · f (b) < 0 . Allora esiste un punto c 2 ]a, b[ tale che
f (c) = 0 .
La dimostrazione che segue è costruttiva, in quanto individua un
metodo per la determinazione degli zeri di una funzione.
Dimostrazione. Sia, come in fugura 4, c1 =
a+b
2
il punto medio
Figura 4
dell’intervallo [a, b] , e supponiamo per semplicità che
f (a) < 0 < f (b) .
Distinguiamo i seguenti casi a partire dal valore che la funzione f
assume nel punto c1 :
3.6 Alcuni teoremi fondamentali sulle funzioni continue
95
• se f (c1 ) = 0 , il teorema risulta dimostrato in quanto c1 è uno
zero per f .
• Sia ora f (c1 ) , 0 . Distinguiamo due casi:
a) se f (c1 ) > 0 , consideriamo l’intervallo [a, c1 ] = [a1 , b1 ];
b) se f (c1 ) < 0 , consideriamo l’intervallo [c1 , b] = [a1 , b1 ] ,
e l’intervallo iniziale risulta dimezzato. In entrambi i casi possiamo
ripetere lo stesso ragionamento.
In altre parole definiamo
c2 =
a1 + b1
2
e di nuovo:
• se f (c2 ) = 0 , il teorema risulta dimostrato;
• se f (c1 ) , 0 , distinguiamo due casi:
a’) se f (c2 ) > 0 , consideriamo l’intervallo [a, c2 ] = [a2 , b2 ] ;
b’) se f (c2 ) < 0 , consideriamo l’intervallo [c2 , b] = [a2 , b2 ] .
Notiamo che [a2 , b2 ] ⇢ [a1 , b1 ] ⇢ [a, b] e che l’ampiezza dell’intervallo
[a2 , b2 ] è un quarto di quella dell’intervallo [a, b] . Finora abbiamo
quindi considerato i seguenti punti:
a  a1  a2 < b2  b1  b .
Proseguendo in questo modo si cotruisce una successione di intervalli
[an+1 , bn+1 ] ⇢ [an , bn ] ,
con
f (an ) · f (bn ) < 0
e
bn
an =
b
a
2n
.
(ovviamente a  an  an+1 < bn+1  bn  b) .
Poichè se an è una successione limitata e non decrescente, allora
ammette limite finito. Più precisamente
9 lim an = l 2 [a, b] .
n!+1
Pertanto la successione bn definita da
bn = an +
b
a
2n
3.6 Alcuni teoremi fondamentali sulle funzioni continue
96
converge allo stesso limite l . Grazie all’ipotesi di continuità della
funzione f , si ha che
(3.5)
an ! l
(3.6)
f (an ) ! f (l)
)
bn ! l
f (bn ) ! f (l)
)
da cui f (an ) f (bn ) ! ( f (l))2 . Ma
f (an ) · f (bn ) < 0
( f (l))2  0
)
)
f (l) = 0 ,
ovvero l appartiene all’intervallo [a, b] ed è uno zero per f .
⇤
Teorema 3.41. Sia f : A ! R una funzione continua. Se A è un
intervallo, allora f (A) è anch’esso un intervallo (cioè una funzione continua
mappa intervalli in intervalli).
Dimostrazione. Supponiamo per assurdo che f (A) non sia un
intervallo. Di conseguenza
9no y1 , y2 2 f (A) con y1 < y2
ed
9 y0 2 [y1 , y2 ] : y0 < f (A)
Sappiamo che
y1 2 f (A)
y2 2 f (A)
)
)
9 x1 2 A : f (x1 ) = y1
9 x2 2 A : f (x2 ) = y2 .
Quindi, essendo A un intervallo, l’intervallo [x1 , x2 ] è contenuto in
A . Ne segue che f ([x1 , x2 ]) ⇢ f (A) .
Figura 5
3.6 Alcuni teoremi fondamentali sulle funzioni continue
97
Per il Teorema dei valori intermedi (Corollario 3.38) abbiamo che
(vedi figura 5)
da cui
che è assurdo.
9 x0 2]x1 , x2 [ : f (x0 ) = y0
y0 2 f (A)
⇤
Osservazione 3.42. Sia f : [0, 1] ! R continua, e tale che
f ([0, 1]) 2 Q . Grazie al teorema precedente, possiamo a↵ermare
che f ([0, 1]) è un intervallo, indichiamolo con [↵, ] . Se ↵ < , nell’intervallo [↵, ] ci sono infiniti numeri irrazionali. Ma f ([0, 1]) é un
intervallo quindi ↵ = (intervallo degenere) ed f é costante.
Teorema 3.43 (Continuità della funzione inversa). Se
f :]a, b[!]↵, [ è una funzione continua e invertibile, allora la funzione
inversa f 1 : ]↵, [!]a, b[ è continua.
Per dimostrare questo teorema ci sarà utile la seguente
osservazione preliminare.
Osservazione 3.44. Se f :]a, b[!]↵, [ è una funzione continua e
invertibile, allora f è strettamente monotona.
Dimostriamo tale risultato.
Se per assurdo f non è strettamente monotona, poichè è iniettiva
esistono a < x1 < x2 < x3 < b tali che
f (x1 ) < f (x2 ), f (x2 ) > f (x3 ),
oppure
f (x1 ) > f (x2 ), f (x2 ) < f (x3 ).
Per fissare le idee supponiamo f (x1 ) < f (x2 ), f (x2 ) > f (x3 ). l’obiettivo
è quello di utilizzare il teorema dei valori intermedi in [x1 , x2 ] ed in
[x2 , x3 ] e trovare una contraddizione con l’inittività di f .
A tale scopo e’ utile confrontare f (x1 ) con f (x3 ) Sempre per fissare
le idee supponiamo f (x3 ) > f (x1 ) (non potendo essere f (x3 ) = f (x1 ))
com in figura 6.
3.6 Alcuni teoremi fondamentali sulle funzioni continue
98
Figura 6
Sia ↵ 2] f (x3 ), f (x2 )[ . Allora, per il Teorema dei valori intermedi
(Teorema 3.38), esiste t1 2]x2 , x3 [ tale che f (t1 ) = ↵ . Ora, dal fatto che
f (x3 ) > f (x1 ) , segue anche che ↵ 2] f (x1 ), f (x2 )[ ; di conseguenza
9 t2 2]x1 , x2 [ : f (t2 ) = ↵ .
Pertanto t1 , t2 ma f (t1 ) = f (t2 ) = ↵ che è in contraddizione con
l’iniettività della funzione. Si conclude dunque che f è strettamente
crescente.
Dimostrazione (Teorema 3.43). Supponiamo che f sia strettamente crescente, ossia
x1 < x2
)
f (x1 ) < f (x2 ) .
Facciamo intanto vedere che per ogni y1 < y2 2 ]↵, [ si ha che
f 1 (y1 ) < f 1 (y2 ) . Per assurdo, supponiamo che f 1 (y1 )
f 1 (y2 ) .
Poiché stiamo supponendo che f sia strettamente crescente, si ha
f ( f 1 (y1 ))
f ( f 1 (y2 )) ,
ossia y1 y2 che è assurdo.
Dimostriamo ora che f 1 è continua. Sia y0 2]↵, [ , facciamo
vedere che
lim f 1 (y) = f 1 (y0 ) .
y!y0
Siano
l+ = lim+ f 1 (y) ,
y!y0
l = lim f 1 (y) ,
y!y0
che esistono finiti a causa delle monotonia di f 1 . Per la stretta
crescenza di f 1 si ha che
l  f 1 (y0 )  l+ .
3.6 Alcuni teoremi fondamentali sulle funzioni continue
99
Mostriamo che l+ = l .
Figura 7
Sia per assurdo l < l+ (come in Figura 7); allora per la stretta
crescenza esiste 2]l , l+ [ tale che f 1 non assume il valore . Ma
2]a, b[ perhcé a, b[ é un intervallo che contiene ]l , l+ [ e f (]a, b[) =
]↵, [ da cui la contraddizione perchè f (x) 2]↵, [. Quindi si conclude
che la funzione inversa è continua.
⇤
Da notare che possiamo ottenere una dimostrazione alternativa
usando direttamente la definizione di continuità con le successioni.
Teorema 3.45 (Teorema di Weierstrass). Sia f : [a, b] ! R
una funzione continua.
Allora esistono x1 , x2 2 [a, b] tali che
f (x1 )  f (x)  f (x2 ) 8x 2 [a, b] .
Osservazione 3.46. Il punto x1 dell’enunciato è un punto di minimo per f , f (x1 ) è il valore minimo; x2 è un punto di massimo,
f (x2 ) è il valore massimo.
Osservazione 3.47. Sottolineiamo con alcuni contresempi l’essenzialità delle ipotesi del teorema ai fini della validità del
risultato.
100
3.6 Alcuni teoremi fondamentali sulle funzioni continue
• Senza l’ipotesi di continuità, il risultato del teorema in
generale non vale. Ad esempio, la funzione
8
1
>
>
>
se x , 0
>
>
< x
f : [0, 1] ! R ,
f (x) = >
>
>
>
>
: 0
se x = 0 .
non ammette massimo.
• Il teorema non vale nel caso in cui l’intervallo non è chiuso,
come ad esempio per f (x) = 1x nell’intervallo ]0, 1] .
• Il teorema non si applica se l’intervallo non è limitato, ad
esempio f (x) = x con dominio R .
Lemma 3.48. Sia A ⇢ R , A , ; . Allora esiste una successione
{an }n2N ⇢ A massimizzante, cioè tale che an ! sup A .
(Analogamente per l’inf).
Dimostrazione. Distinguiamo due casi a partire dall’insieme A .
• Supponiamo A illimitato, ossia sup A = +1. Allora
8M > 0
9 aM 2 A : aM > M .
Quindi, scegliendo M = n , si ha che
9 an 2 A : an > n
da cui, per il criterio del confronto per successioni, segue
immediatamente che an ! +1 (= sup A) .
• Sia ora A limitato, cioè sup A 2 R . Allora
8✏ > 0
9 a✏ 2 A : (sup A)
✏ < a✏ < sup A .
Per la sua arbitrarietà, possiamo scegliere ✏ =
esiste a1/n ⌘ an tale che
(sup A)
1
n
; si ha che
1
< an  sup A ,
n
da cui, per il Teorema del confronto, an ! sup A .
⇤
3.6 Alcuni teoremi fondamentali sulle funzioni continue
101
Dimostrazione (Teorema di Weierstrass). Sia f : [a, b] ! R continua e indichiamo A = f ([a, b]) . Sicuramente A , ; . Di conseguenza, ammette estremo inferiore e superiore. Consideriamo il sup A .
Vogliamo dimostrare che
sup A 2 A
e quindi è un valore massimo per la nostra funzione, poiché
sup A 2 f ([a, b])
,
9 x2 2 [a, b] : f (x2 ) = sup A .
Sia yn2N ⇢ A una successione massimizzante per A , ossia
{yn } ! sup A = sup f ([a, b]) .
Poiché yn 2 f ([a, b]) 8n , si ha che
9 xn 2 [a, b] : f (xn ) = yn 8n.
Poiché xn limitata, per il Teorema di Bolzano-Weierstrass abbiamo
che
9 xnk 2 [a, b] : xnk ! x0 2 R .
Poichè
a  xnk  b
8k,
passando al limite si ottiene a  x0  b , ossia x0 2 [a, b] . Ora, poiché
f è continua, abbiamo che
f (xnk ) ! f (x0 )
ma
quindi anche
ossia la tesi.
f (xn ) ! sup A = sup f ([a, b])
f (xnk ) ! sup A = f (x0 ) 2 A ,
⇤
Teorema 3.49 (Generalizzazione del Teorema di Weierstrass). Sia
f :]a, b[! R continua (a, b possono anche essere infiniti), tale che
lim f (x) = l1 ,
x!a+
lim f (x) = l2 .
x!b
Se
9 x0 2 ]a, b[ : f (x0 ) < min{l1 , l2 } ,
3.6 Alcuni teoremi fondamentali sulle funzioni continue
102
allora f ammette minimo nell’intervallo ]a, b[ . Sea
9 x0 2 ]a, b[ : f (x0 ) > max{l1 , l2 } ,
allora f ammette massimo nell’intervallo ]a, b[ .
Dimostrazione. Sia xn 2]a, b[ una successione tale che
f (xn ) ! inf(]a, b[) . A↵ermiamo che
9 ↵ > a : xn
↵ per ogni n .
Infatti, se per assurdo questo fosse falso, in particolare si avrebbe che
8↵ > a esistono infiniti xn :
allora, scegliendo ↵ = a +
sottosuccesione
1
,
k
a < xn < ↵
si deduce l’esistenza di una
1
k
e per il Teorema del Confronto, la successione xnk convergerebbe ad
a . Allora f (xnk ) ! l1 , ma si ha anche
xnk : a < xnk < a +
f (xnk ) ! inf f (]a, b[)  f (x0 ) < l1
che è assurdo. Analogamente si dimostra che
< b : xn 
9
Pertanto si ha
a < ↵  xn 
Dal teorema di Bolzano-Weierstrass
da cui
9 xnh ! x ,
ossia x 2]a, b[ . Quindi
da cui segue che
8n .
< b 8 n.
con
↵  xnh  ; 8k,
↵x ,
f (xnh ) ! f (x)
f (xnk ) ! inf f (]a, b[)
inf f (]a, b[) = f (x)
ossia che f ammette minimo in ]a, b[ .
⇤
3.7 Esercizi
103
Analogamente per il massimo.
Esempio 3.50. Dimostrare che la funzione
x3
f : R ! R,
f (x) =
.
1 + x4
ammette massimo e minimo in R .
Svolgimento: osserviamo che
x3
= 0 (= l1 ) ,
x! 1
x! 1 1 + x4
lim f (x) = 0 (= l2 ) .
lim f (x) = lim
x!+1
Inoltre
• per x0 = 1 si ha f (x0 ) < 0 = min{l1 , l2 } ;
• per x0 = 1 si ha f (x0 ) > 0 max{l1 , l2 } .
Quindi, applicando la generalizzazione del Teorema di Weierstrass,
segue che la funzione ammette massimo e minimo in R .
3.7. Esercizi
Esercizio 1. Utilizzando il Teorema degli Zeri, dimostrare che la
eguente equazione
p5
x 3x4 + 1 = 0
ha almeno due soluzioni reali.
Esercizio 2. Sia f : [a, b] ! [a, b] una funzione continua. Verificare
che esiste almeno un punto unito, cioè un punto x0 2 [a, b] tale che
f (x0 ) = x0 .
P
Esercizio 3. Sia P(x) = nk=0 ak xk un polinomio a coefficienti reali e di
grado pari. Se a0 < 0 , an > 0 , allora l’equazione P(x) = 0 ammette
almeno una radice negativa e una positiva.
Esercizio 4. Sia f : R ! R una funzione continua e tale che
lim f (x) · lim f (x) < 0 .
x!+1
x! 1
Dimostrare che esiste c 2 R tale che f (c) = 0 .
3.7 Esercizi
104
Esercizio 5. Dimostrare che un polinomio di grado dispari ha almeno
una radice reale.
CAPITOLO 4
Funzioni esponenziali e logaritmiche
In questo capitolo descriviamo la funzione esponenziale e la sua
inversa, la funzione logaritmica. Iniziamo dalla funzione espoenenziale con esponente razionale, partendo dalla definizione di esponenziale con esponente naturale. Faremo vedere che tutte la definizione
è forzata se vogliamo che sia mantenuta la proprietà fondamentale
data da ax+y = ax a y .
4.1. Funzione esponenziale con esponente razionale
Alla scuola media ci hanno insegnato che, dato a 2 R , n 2 N ,
n 2, si dice potenza n-esima di a , il numero
an = a · a · ... · a ,
dato dal prodotto di n fattori tutti uguali ad a . Si pone poi:
a1 = a
a0 = 1
1
, n 2 N.
an
Inoltre, volendo poi definire la potenza con esponente razionale,
p
Se q 2 Q , si pone
pq
p
a q = ap .
a
n
=
Ma perchè si agisce in questo modo?
In realtà il giusto punto di partenza è quello di determinare le
funzioni da R in R che mandano somme in prodotti, ossia le funzioni
f : R ! R tali che
(4.1)
f (x + y) = f (x) · f (y) 8x, y 2 R.
105
106
4.1 Funzione esponenziale con esponente razionale
Intanto si ha
• f (1 + 1) = f (1) · f (1) = ( f (1))2 ;
• se n 2 N ,
f (n) = f (1 + 1 + ... + 1) = f (1) · f (1 + 1 + ... + 1) = ( f (1))n ;
| {z }
| {z }
n volte
n 1 volte
n
n
Si pone f (1) = a cosi ( f (1)) = a per ogni n 2 N.
Osservazione 4.1. Si noti che f (0 + 0) = f (0) · f (0), ossia
( f (0))2 = f (0).
Dunque f (0) = 1 oppure f (1) = 0. Se scegliamo f (0) = 0 si ottiene
f (0 + x) = f (x) · f (0) = 0 8x 2 R.
Poiché vogliamo anche funzioni diverse dalla funzione identicamente nulla, scegliamo f in modo che f (0) = 1.
Osservazione 4.2. Se m = n , n 2 N , allora deve essere
1 = f (0) = f (n + ( n)) = f (n) · f ( n) ,
per cui siamo obbligati a porre
(4.2)
f ( n) =
1
1
= n
f (n) a
ove a = f (1).
Con questa definizione si dimostra, riconducendoci ai risultati
noti in N, che vale la seguente
Proposizione 4.3. Per ogni m, n 2 Z, per ogni a, b 2 R \ 0 si ha:
(1) an+m = an · am ,
(2) (a · b)n = an · bn ,
(3) (an )m = am·n .
Osservazione 4.4. Se fosse f (1) = a = 0, dovremmo avere, per
ogni x 2 R,
f (x) = f (1 + (x
1)) = f (1) · f (x
e quindi consideriamo a , 0.
1) = 0 · f (x
1) = 0,
107
4.1 Funzione esponenziale con esponente razionale
Osservazione 4.5. Da notare poi che per poter definire f su tutti
i razionali dovremo scegliere a > 0. Infatti
!!q
1 1
1
1
f (1) = f ( + + ... + ) = f
q q
q
q
|
{z
}
q volte
!
1
Poniamo f
= x . Si ha
q
xq = f (1) > 0
altrimenti quando q è pari non avremmo soluzione.
possiamo ricavare x = f ( 1q ) in funzione di f (1) ponendo
!
p
1
1
q
f
= ( f (1)) q ⌘ f (1) .
q
Pertanto
Si noti che nel caso q pari si prende la soluzione > 0. In questo modo il
segno e’ lo stesso del caso dispari e mandando q all’infinito si otterrà
(come vedremo) che sia sui q pari che su quelli dispsri il limite e’
sempre lo stesso (uguale ad 1).
Sia ora r > 0 un numero razionale qualsiasi:
r=
p
,
q
p, q > 0 .
Deve essere
!
!
!!p
⇣p
⌘p
p
1
1 1
1
1
q
(4.3) f
= f p·
= f ( + + ... + ) = f
=
f (1) .
q
q
q q
q
q
|
{z
}
p volte
Se r < 0 si sfrutta il fatto che deve essere 1 = f (0) = f (r) f ( r).
pn
Osservazione 4.6. La definizione (4.3) è ben data.Infatti se r = qn
con n numero naturale non nullo, è una diversa ”rappresentazione”
p
del numero reale r = q (p, q > 0), si ha
f (r) = f (
p
pn
qn
) = ( a)pn .
qn
4.1 Funzione esponenziale con esponente razionale
Ma la relazione
(
è equivalente a
[(
p
qn
p
qn
108
pq
a)pn = ( a)p
pq
a)pn ]qn = [( a)p ]qn ,
per la stretta monotonia della funzione xm con m 2 Z.
Ma dalla (3) di Proposizione 4.3 e dalla definizione di radice
n–esima si ottiene
p
p
qn
qn
[( a)pn ]qn = [( a)qn ]pn = apn
e
pq
pq
[( a)p ]qn = [( a)q ]pn = apn .
Osservazione 4.7. Nella definizione di esponenziale con esponente razionale l’ordine con cui si esegue l’elevamento a potenza e si
estrae la radice non ha importanza. Infatti
pq
pq
( a)p = ap
è equivalente a
pq
pq
[( a)p ]q = ( ap )q .
E tale uguaglianza è vera come si verifica usando la (3) di
Proposizione 4.3.
Osservazione 4.8. Con la stessa tecnica usata nelle due osservazioni precedenti si dimostra che la Proposizione 4.3 vale anche in
Q.
Osservazione 4.9. Dalla definizione segue subito che
ar > 0, 8r 2 Q.
Inoltre abbiamo
Infatti sia
a > 1 ) (ar > 1 , r > 0).
p
> 0.
q
Possiamo supporre p , q > 0 , ossia p , q 2 N \ {0} . Abbiamo
pq
ar = ( a)p
r=
4.1 Funzione esponenziale con esponente razionale
109
con a > 1. Osserviamo che
a>1
infatti
pq
a>1
pq
)
a > 1;
a > 1q = 1 .
,
Ma per ogni b > 1, bp > 1p = 1 e questo vale in particolare se
p
b = q a.
Invece se r < 0, prendendo q > 0 e p < 0 si dimostra in modo
p
simile che ( q a)p < 1
Proposizione 4.10. Se a > 1 , allora la funzione f (x) = ax è
strettamente crescente in Q, cioè
x1 < x2 ,
x1 , x2 2 Q
)
ax1 < ax2 .
Dimostrazione. La tesi equivale a
x2
a
Ma
1
ax1
x1
a >0
x1
a
,
✓
ax2
ax1
◆
1 > 0.
= a x1 per ogni x1 2 Q, quindi
✓ x2
◆
a
ax1 x
1 = ax1 (ax2 · a x1 1) = ax1 (ax2
a1
,
da cui la tesi.
ax2
x1
x1
1) > 0
> 1,
⇤
Consideriamo f (x) = ax , con a > 0 . Cosa succede se x 2 R \ Q ?
p
Esempio 4.11. Sia ad esempio x = 2 . Mi è capitato tante volte
di sentirmi dire dagli studenti che
a
p
2
=
a · a · ... · a ,
| {z }
p
2volte
cosa che ovviamente è PAZZESCA.
Si utilizzerà il fatto che ogni numero reale può essere approssimato con una ”successione” di numeri razionali. Sia xn una successione
4.1 Funzione esponenziale con esponente razionale
110
di numeri razionali che ”approssima” x numero reale. Tra breve studieremo il comportamento di axn per arrivare a definire ax su ogni
numero reale.
Sia a > 1 . Il grafico della funzione f (x) = ax è in figura 1.
Figura 1
Sia 0 < a < 1 . Si ha
0<a<1
)
a
1
> 1.
Quindi, (a 1 )x = a x è un caso simile al precedente. Se si cambia il
segno della x , il grafico è simmetrico rispetto all’asse x .
4.1.1. La funzione potenza con esponente razionale. La funzione f (x) = xn , x 2 R, n 2 N é continua grazie al teorema sul prodotto
di funzioni continue.
Proposizione 4.12. Sia n 2 N, n
continua in ogni x0 0.
1
2. La funzione f (x) = x n é
Dimostrazione. La dimostrazione segue direttamente dal teorema di continuitá della funzione inversa. Ma la proposizione può
essere dimostrata direttamente nel seguente modo.
Sia x0 = 0. In questo caso dobbiamo verificare che
8✏ > 0, 9 > 0 : 0  x <
1
) x n < ✏ , x < ✏n .
111
4.1 Funzione esponenziale con esponente razionale
Ma allora basta prendere = ✏n .
Sia ora x0 > 0. Dobbiamo stimare
x
1
n
1
n
1
n
x0 = x0
⇣ x n1
⌘
1⇣ x 1
1 = x0n ( ) n
x0
1
x0n
⌘
1.
Quindi basta verificare la continuitá in x0 = 1, ossia
8✏ > 0 (✏ < 1), 9 > 0 : |x
1
Ma scegliendo 0 < ✏ < 1, |x n
(1
Poiché (1
1
1| <
1| < ✏.
) |x n
1| < ✏ é equivalente a
✏)n < x < (1 + ✏)n .
✏)n < 1 < (1 + ✏)n si deduce l’esistenza di
(1
✏)n < 1
> 0 tale che
< 1 + < (1 + ✏)n
e si ottiene la tesi.
⇤
Osservazione 4.13. Dalla Proposizione precedente e dalla conp
tinuitá della funzione composta segue che f (x) = x q con p 2 N e
q 2 N \ {0} risulta continua per ogni x 0. Se invece p 2 Z \ N si ha
p
la continuitá per ogni x > 0 perché x q = 1p .
x
q
4.1.2. La funzione esponenziale con esponente reale. Sia a > 1
e x 2 R \ Q . Definiamo ax nel seguente modo:
sia , xn 2 Q 8n 2 N : xn ! x 2 R. Si pone
de f
ax = lim axn .
n!+1
Naturalmente rivestono particolare importanza le seguenti questioni:
• l’esistenza del limite lim axn ;
n!+1
• la correttezza della definizione, ossia la non dipendenza del
suddetto limite dalla successione xn scelta.
A questo proposito vogliamo dimostrare che:
(1) se xn ! x esiste finito il limite lim axn ;
x!+1
(2) se yn è una diversa successione tale che yn ! x , allora
lim axn a yn = 0 .
n!+1
Dimostriamo tali proprietà.
4.1 Funzione esponenziale con esponente razionale
112
(1) Sappiamo che se a > 1 la funzione esponenziale ax con
x 2 Q è strettamente crescente, cioè
x1 < x2
ax1 < ax2 .
)
Quindi, dalla Proposizione 3.34, prendendo x0 2 D \ D , con
D ⌘ Q , si ha che
9 lim ax = l+ ,
x!x+
0
x2Q
9 lim ax = l ,
x!x
l+ , l 2 R , l  l+ .
0
x2Q
Dimostriamo che l = l+ . Siano
yn ! x0 ,
xn ! x+0 ; xn , yn 2 Q 8n.
A causa della monotonia della funzione esponenziale in Q si
ha che
a yn ! l ,
axn ! l+ .
Si deve quindi dimostrare che
axn
a yn = a yn (axn
yn
1) ! 0 .
Ma ciò è equivalente a provare che axn yn ! 1 , poiché a yn
converge al numero reale l+ e quindi risulta limitata.
Si osservi che per n ! +1 si ha che yn xn ! 0 . Possiamo quindi considerare la successione rn = yn xn 2 Q 8n
che é infinitesima. Basta allora dimostrare che arn ! 1 per
ogni successione infinitesiam rn 2 Q per ogni n. Ma grazie
alla Proposizione 3.34 basterà dimostrare che preso xn = n1 e
yn = n1 si ha
(4.4)
1
lim a n = 1 ,
lim a
n!+1
n!+1
1
n
= 1.
Da notare che se dimostriamo la (4.4) abbiamo anche che comunque si scelgano due successioni razionali xn ed yn convergenti ad x0 si verifica che axn a yn ! 0 , ossia l’a↵ermazione
(2).
Ora, poiché
a
1
n
=
1
1
an
,
4.1 Funzione esponenziale con esponente razionale
113
è sufficiente dimostrare che
1
a n ! 1 se n ! +1.
La nostra tesi è dunque la seguente:
8✏ > 0
1
|a n
1| < ✏ è definitivamente vera ,
ossia
8✏ > 0
1
1
✏ < a n < 1 + ✏ è definitivamente vera .
Naturalmente sará sufficiente considerare il caso in cui ✏ 2
] 0; 1 [. Ma
(1
✏)n < a < (1 + ✏)n definitivamente vera,
perché a > 1 , mentre (1
✏)n ! 0 e (1 + ✏)n ! +1.
Osservazione 4.14. Siano x1 , x2 2 R tali che x1 < x2 , e siano xn 2 Q
tale che xn ! x+1 , e yn 2 Q tale che yn ! x2 . Siano ↵, 2 Q tali che
x1 < ↵ <
< x2 .
Si ha
x1  xn < ↵ <
< yn  x2 definitivamente vera ,
Quindi, dalla stretta crescenza della funzione esponenziale con
esponente razionale si ha
axn < a↵ < a < a yn definitivamente vera
e passando al limite si ottiene
ax1  a↵ < a  ax2 .
Di conseguenza l’esponenziale con base > 1 è strettamente crescente.
Dunque anche per dimostrare la continuitá della funzione esponenziale ci si puó ricondurre a dimostrare la (4.4) (però occorre sapere
che ax+y = ax a y per ogni x, y 2 R.
Osservazione 4.15. Per quanto riguarda il limite all’infinito della
funzione ax esponenziale con a > 1, sappiamo che esiste a causa
della monotonia. Per calcolarlo è sufficiente scegliere una particolare
4.1 Funzione esponenziale con esponente razionale
114
successione xn ! +1 . Ad esempio, scegliendo xn = n , essendo a > 1
si ha an ! +1 . Quindi
lim ax = +1 .
x!+1
Di conseguenza, si ha che
lim ax = 0 .
x! 1
Infatti, applicando nel limite precedente la sostituzione y = x , si ha
1
= 0.
y!+1 a y
lim ax = lim
x! 1
Osservazione 4.16. Le considerazioni fatte finora relativamente
alla funzione esponenziale con base a > 1 , vangono anche nel caso
0 < a < 1 , osservando che
✓ ◆ x
1
x
a =
a
e che
b=
1
> 1.
a
Osservazione 4.17. Passando al limite quando xn ! x e yn ! y,
nelle rispettive proprietá che valgono per i razionali si ottiene (per
a, b > 0)
• ax+y = ax a y 8x, y 2 R,
• (ab)x = ax bx 8x, y 2 R.
Invece, per ogni fissato a > 0, la proprietá
(4.5)
(ax ) y = axy 8x, y 2 R,
é un pó meno immediata. Per dimostrarla fissiamo y 2 Q ed x 2 R e
consideriamo xn ⇢ Q tale che xn ! x.
Come abbiamo visto nel caso di esponenti razionali, si ha
(axn ) y = axn y .
Poiché la funzione f (z) = z y é continua e axn ! ax si ottiene, passando
al limite,
(ax ) y = axy 8x 2 R, 8y 2 Q.
4.1 Funzione esponenziale con esponente razionale
115
Siano ora x, y 2 R e sia yn una successione di razionali convergente
ad y. Poiché
(ax ) yn = axyn
passando al limite si ottiene la proprietá voluta.
Osservazione 4.18. POichè la proprietà ax+y = ax a y vale per ogni
x, y 2 R nello stesso modo in cui si studia axn con xn successione
razionale, si ottiene che
lim ax = ax0 ,
x!x0
ossia la continuitá di ax in R.
Osservazione 4.19. Osserviamo poi che dalla monotonia sui
razionali, segue anche che ax > 0 per ogni x reale.
E’ molto importante, come vedremo, il seguente risultato:
Teorema 4.20. Sia an una successione positivamente divergente .
Allora
✓
◆
1 an
lim 1 +
= e.
n!+1
an
Per dimostrare il teorema dobbiamo introdurre la nozione di parte
intera di un numero reale.
Definizione 4.21. Sia x un numero reale. Si definisce parte intera
di x, e si indica con [x] , il più grande intero minore di x , cioè
[x] ⌘ max{n 2 Z : n  x} ,
che é ben definito come si deduce dalla Proposizione ??. Useremo
anche il seguente lemma che dimostreremo tra breve.
Lemma 4.22. Sia an una successione divergente a +1 e sia
f : [a, +1[ ! R una funzione tale che lim f (m) = l 2 R [ {±1} .
Allora f ([an ]) ! l.
m!+1
Dimostrazione (Teorema 4.20). Per ipotesi an è positivamente divergente, quindi an > 1 definitivamente. Inoltre, essendo [an ]  an 
[an ] + 1 , abbiamo che
![an ]+1
✓
◆
✓
◆
1 an
1 [an ]+1
1
1+
 1+
 1+
an
an
[an ]
116
4.1 Funzione esponenziale con esponente razionale
e
1
1+
[an ] + 1
cioè
(4.6)
1
1+
[an ] + 1
![an ]
![an ]
✓
1
 1+
an
✓
1
 1+
an
◆[an ]
◆an
✓
1
 1+
an
1
 1+
[an ]
◆an
,
![an ]+1
.
Ora
(4.7)
(4.8)
✓
◆
1 n
1+
!e
n+1
✓
◆
1 n+1
1+
!e
n
essendo rispettivamente
✓
◆
✓
◆
1 n
1 n+1
1
⌘ !e
(4.9)
1+
= 1+
·⇣
1
n+1
n+1
1 + n+1
✓
◆
✓
◆✓
◆
1 n+1
1
1 n
(4.10)
1+
= 1+
1+
! e.
n
n
n
Quindi per il Lemma 4.22 ed il Teorema del confronto si ottiene la
tesi.
⇤
Dimostrazione (Lemma 4.22). Per ipotesi, sappiamo che
8M > 0 , 9nM : n
nM ) an > M
e
8✏ > 0 , 9m✏ : m
m✏ ) | f (m)
l| < ✏ .
Inoltre, si osservi che se an > M , allora [an ] > M 1 > m✏ , purché si
scelga M > m✏ + 1 . Quindi, fissato ✏ > 0 , e preso il corrispondente
m✏ , sia M > 0 tale che M > m✏ + 1 ; si ha che [an ] > m✏ , quindi
| f ([an ]) l|  ✏ , ossia f ([an ]) ! l .
⇤
Osservazione 4.23. Consideriamo la funzione esponenziale
f (x) = ax , con a > 1 .
Fissato y > 0 si ha che
9 [a, b] : f (a) < y < f (b) .
117
4.3 La funzione logaritmica
Figura 2
Dunque f : R ! R+ é surgettiva per il teorema dei valori intermedi.
Poiché f é strettamente crescente é anche iniettiva.
4.2. Esercizi
Esercizio 1. Calcolare, se esistono, i seguenti limiti di successioni:
1. lim
n!+1
2n+1
4n
1
2n+1 + 1
n!+1 3n + 1
2. lim
3n
n2 + n
3. lim
n!+1 n2
n+2
!n
n2 + n
4. lim
n!+1 n2 + n + 1
!n2
4.3. La funzione logaritmica
La funzione esponenizale f (x) = ax , f : R ! R+ con a > 0 e a , 1
è una funzione biunivoca, quindi invertibile. La funzione inversa
viene chiamata funzione logaritmica in base a e si indica con
loga : R+ ! R
Per definizione, il loga x è l’unico y tale che a y = x . In altre parole,
il logaritmo in base a di x è l’esponente da attribuire alla base a per
ottenere l’argomento x .
4.3 La funzione logaritmica
118
Il grafico della funzione logaritmica si ottiene da quello della funzione esponenziale, osservando che, dato il grafico di una funzione
invertibile, il grafico della funzione inversa si ottiene scambiando
l’asse x con l’asse y (vedi figura 3 e 4.
Figura 3
Figura 4
Di seguito, vengono riportate alcune proprietà della funzione
logaritmica (definita per ogni base , 1). Esse sono conseguenza delle
proprietà della funzione esponenziale.
Cominciamo dalla
4.3 La funzione logaritmica
119
Proprietà 4.24.
aloga x = x 8x 2 R+ ,
che è una immediata conseguenza del fatto che il logaritmo in
base a è la funzione inverse della funzione esponenziale di base a.
Proprietà 4.25.
loga xy = loga x + loga y .
cioè il logaritmo trasforma un prodotto in una somma (mentre l’esponenziale
trasforma somme in prodotti: ax+y = ax · a y ).
Dimostrazione. Dimostrare la proprietà è equivalente a
verificare
aloga xy = aloga x+loga y
ma
aloga xy = xy
e
aloga x+loga y = aloga x · aloga y = xy .
Proprietà 4.26.
loga
1
=
x
⇤
loga x .
Dimostrazione. Dimostriamo la proprietà equivalente
loga
1
+ loga x = 0 ;
x
che segue dal fatto che
✓
◆
1
1
loga + loga x = loga
· x = loga 1 = 0.
x
x
⇤
Come conseguenza delle due proprietà precedenti, segue la
Proprietà 4.27.
loga
Inoltre abbiamo
x
= loga x
y
loga y .
120
4.3 La funzione logaritmica
Proprietà 4.28.
loga x↵ = ↵ loga x .
Dimostrazione. Dimostriamo che
↵
aloga x = a↵ loga x
ma quest’ultima equivalenza e vera se e solo se
x↵ = (aloga x )↵
x↵ = x↵
,
e ciò conclude la dimostrazione.
⇤
Proprietà 4.29.
loga x =
1
=
logx a
log 1 x .
a
Dimostrazione. Dimostriamo prima che
loga x =
1
.
logx a
Ciò equivale a
loga x · logx a = 1
aloga x·logx a = a
⇣
⌘logx a
aloga x
=a
,
,
xlogx a = a
,
a = a.
,
Dimostriamo poi che
1
=
logx a
log 1 x .
a
Ciò equivale a
(logx a)(log 1 x) = 1
a
,
,
,
,
✓ ◆log 1 x !logx a ✓ ◆
1
1
a
=
a
a
1
xlogx a = a
a = a.
⇤
121
4.3 La funzione logaritmica
Proprietà 4.30.
loga b = loga c · logc b .
Dimostrazione. Si ha che
loga b = loga c · logc b
aloga b = aloga c·logc b
⇣
⌘logc b
b = aloga c
,
,
b = clogc b
,
b = b.
,
⇤
4.3.1. Continuità della funzione logaritmo. La continuità del
logaritmo viene dal teorema di continuità della funzione inversa.
1
Comunque, come nel caso di x n è istruttivo dare anche una verifica
diretta.
A questo proposito fissiamo x0 > 0 e facciamo vedere che
xn ! x0
)
loga xn ! loga x0 .
Osservando che per le proprietà dei logaritmi si ha
✓ ◆
xn
loga xn ! loga x0 , loga xn loga x0 = log
! 0,
x0
e che
xn
! 1,
x0
dobbiamo dimostrare che
yn ! 1
)
loga yn ! 0 .
Dalla definizione, sappiamo che ciò equivale ad a↵ermare che
Ma
8✏ > 0
la proprietà
| loga yn | < ✏ d.v.
,
| loga yn | < ✏ è definitivamente vera.
✏ < loga yn < ✏ d.v.
,
a
✏
< yn < a✏ d.v.
e quest’ultima proprietà è vera definitivamente in quanto
a
✏
< 1,
a✏ > 1
e
yn ! 1 .
122
4.4 Esercizi
Esiste quindi un
> 0 tale che (vedi figura 5)
✏
a
< 1 < 1 + < a✏ .
<1
Figura 5
4.4. Esercizi
Esercizio 1. Calcolare se esistono i seguenti limiti:
log2 n
1. lim
n!+1
n
2. lim
3. lim n
4. lim
n log n
n!+1 (n + 1)(n + 2)
log n
n!+1
(n2 + 1) log n
n!+1
n3
Esercizio 2. Calcolare
log(n!)
.
n!1
n
Esercizio 3. Calcolare, se esistono, i seguenti limiti di funzioni:
✓
◆
log 2x
1
1. lim x log 1
2. lim+
x!+1
x!0 log 3x
x
lim
3. lim
log
x!+1
5. lim+
x!0
p
x+1
x
log(x + x2 )
log x
log(1 +
4. lim+
p
x!1
x
p
x
1
log(x + x2 )
x!+1
log x
6. lim
1)
123
4.4 Esercizi
4.4.1. La funzione elevamento a potenza. La funzione di
elevamento a potenza reale è continua. Infatti, sia
(4.11)
Si ha che
f : R+ \ {0} ! R ,
f (x) = x↵ ,
↵ 2 R,
a > 1.
↵
f (x) = x↵ = aloga x = a↵ loga x
(4.12)
e tale funzione è continua in quanto composizione di funzioni
continue (Teorema 3.7).
Osservazione 4.31. Da notare che dalla (4.12) si individuano tutte
le forme indeterminate di potenze, per esempio la forma 11 .
Relativamente al comportamento di x↵ analizziamo i diversi casi
a seconda dell’esponente ↵.
(1) Se ↵ > 0 , si ha che ↵ · loga x è strettamente crescente, quindi
anche x↵ lo è. Inoltre
lim ↵ · loga x = 0
lim x↵ = +1 ,
)
x!+1
x!+1
lim x↵ = 0 .
lim ↵ · loga x = 1
)
x!0+
lim ↵ · loga x = 1
)
x!+1
x!0+
(2) Se ↵ = 0 allora x↵ ⌘ 0 .
(3) Se ↵ < 0 , si ha che ↵ · loga x è strettamente decrescente,
quindi anche x↵ lo è. Inoltre
x!+1
lim+ ↵ · loga x = +1
)
x!0
lim x↵ = 0 ,
lim+ x↵ = +1 .
x!0
Si noti che il caso ↵ < 0 si puó ricondurre al caso con esponente
positivo ricordando che x↵ = x1↵ .
Osservazione 4.32. Osserviamo poi che se an ! a , an > 0 8n , a >
0 e bn ! b , allora
abnn ! ab .
Infatti:
bn
abnn = 2log2 an = 2bn log2 an
e osservando che
cn = bn log2 an ! b log2 a = c
e 2cn ! 2c
124
4.4 Esercizi
si ha che
abnn ! 2b log2 a = ab .
4.4.2. Alcuni limiti notevoli. Utilizzando il Teorema 4.20 si
ottiene il limite notevole
✓
◆
1 x
lim 1 +
= e.
x!+1
x
Grazie a questo risultato si possono ”risolvere” alcune importanti
forme indeterminate.
Esempio 4.33.
! y
! y
!y
✓
◆
y 1
y
1
1
lim 1 +
= lim 1
= lim
= lim
y!+1
x! 1
y!+1
y!+1 y
x
y
y
1
y= x
✓
◆
✓
◆ ✓
◆
1 + z (1+z)
1
1 z
= lim
= lim 1 +
· 1+
= 1 · e = e.
z!+1
z!+1
z
z
z
z=y 1
Esempio 4.34. Calcoliamo ora il seguente limite
lim
ax
1
x
x!0
.
Aapplicando la sostituzione
ax
1=y
x = loga (1 + y)
)
il limite diventa
lim
y!0
y
= lim
loga (1 + y) y!0
Ora
lim+
y!0
1
loga (1+y)
y
= lim
y!0
1
.
loga (1 + y)1/y
1
1
1
= lim
=
z
1/y
1
z!+1
loga e
loga (1 + y)
loga (1 + z )
z= 1
y
e
lim
y!0
1
1
1
= lim
.
z =
1/y
1
z!
1
loga e
loga (1 + y)
1 loga (1 + z )
z=
y
Quindi possiamo concludere che
lim
x!0
ax
1
x
=
1
= log a .
loga e
4.5 Gerarchie di infiniti
125
Come caso particolare (a = e), si ha
lim
ex
1
x
x!0
= 1, .
Abbiamo inoltre dimostrato che
loga (1 + x)
lim
= loga e .
x!0
x
4.5. Gerarchie di infiniti
Dimostriamo che
ax
= +1 ,
con a > 1 , ↵ > 0 .
x!+1 x↵
Osserviamo innanzitutto che valgono le seguenti disuguaglianze
lim
ax
a[x]
e
Quindi si ha
x↵  ([x] + 1)[↵]+1 .
ax
a[x]
.
x↵ ([x] + 1)[↵]+1
Quindi per il nostro scopo, sarà sufficiente dimostrare che, ponendo
p = [↵] + 1 si ha
a[an ]
lim
= +1 .
n!+1 ([an ] + 1)p
Ma questo si ottiene provando che
bn =
an
! +1 .
(n + 1)p
D’altra parte
✓
◆
(n + 1)p
bn+1
an+1
n+1 p
=
·
=a
.
bn
(n + 2)p
an
n+2
Allora, poiché
✓
n+1
lim
n!+1 n + 2
◆p
=1
126
4.5 Gerarchie di infiniti
e a > 1 per ipotesi, si ha
bn+1
! a > 1.
bn
Di conseguenza, applicando il Criterio del rapporto, segue che
bn ! +1 .
Ricordiamo che
nn
= +1 ,
n!+1 an
(4.13)
Infatti se bn =
lim
nn
,
an
con a > 1 .
osserviamo che
✓
◆
✓
◆
(n + 1) n + 1 n 1
bn+1 (n + 1)n+1 an
1 n
=
·
=
=
·
1
+
· (n + 1)
bn
nn
a
n
a
n
an+1
da cui
bn+1
! +1 ,
bn
pertanto applicando il Criterio del rapporto si ottiene la (4.13).
Analogamente si dmostra che
an
= 0,
n!+1 n!
lim
osservando che, posto bn =
an
n!
= 0,
bn+1
a · an
n!
a
=
· n =
bn
(n + 1)n! a
n+1
n!+1
! 0.
Inoltre si ha anche
nn
= +1,
n!+1 n!
n
per il fatto che, posto bn = nn! , si ha
✓
◆
✓
◆
bn+1 (n + 1)n (n + 1) n!
n+1 n
1 n
=
· n =
= 1+
= e > 1.
bn
(n + 1)n!
n
n
n
lim
Sulla base dei risultati ottenuti, si può stabilire la seguente gerarchia
di infiniti:
an << n! << nn .
Verifichiamo ora che
(loga x)↵
lim
= 0,
x!+1
x
↵ > 0,
> 0, a > 1.
127
4.5 Gerarchie di infiniti
Infatti con il cambio di variabile loga x = y , da cui x = a y , il limite
sopra diventa
(4.14)
lim
y↵
y!+1
= lim
(a y )
y!+1
y↵
(a )
y
= 0.
essendo a > 1 .
Il risultato (4.5) può essere utilizzato per calolare una altro limite
di una certa importanza. A questo scopo usiamo il seguente cambio
di variabile y = 1x , da cui
✓ ◆
1
1
1
loga = loga y
=
=y .
y
x
x
Allora da (4.5) si ottiene
lim( loga y)↵ · y = 0 ,
y!0
da cui, se a = e e
=1
lim y · (log y)↵ = 0 .
y!+1
Riassumendo, possiamo a↵ermare che sussiste la seguente gerarchia
di infiniti
(loga x)↵ << x << ax .
Esercizio 4.35. Consideriamo la funzione f (x) = log x . Sappiamo
che
lim f (x) = +1 .
x!+1
Ci chiediamo se esiste un asistonto obliquo per la funzione, cioè se
esistono due numeri reali m, q tali che
lim ( f (x)
x!+1
(mx + q)) = 0 .
Ma osserviamo che
m = lim
x!+1
log x
f (x)
= lim
=0
x!+1
x
x
e
q = lim f (x)
x!+1
mx = lim log x = +1 .
x!+1
Di conseguenza possiamo concludere che la funzione logaritmica
non ammette asintoto obliquo.
CAPITOLO 5
Funzioni trigonometriche
In questo capitolo trattiamo le funzioni trigonometriche, delle
quali vengono presentate le principali proprietà, dopo aver discusso
sulla definizione di seno e coseno.
5.1. Definizione di seno e coseno
Figura 1
Sia P✓ un punto sulla circonferenza ”goniometrica” {x2 + y2 = 1}
(vedi figura 1 con raggio r qualunque). La misura dell’angolo AÔP✓
_
è per definizione la lunghezza del settore circolare AP✓ percorso in
senso antiorario. Se invece si percorre l’arco in senso orario la misura
dell’angolo ha il segno opposto.
_
l(AP✓ ) = misura dell’angolo AÔP✓
128
129
5.2 Lunghezza di una curva
2⇡ = lunghezza dell’intera circonferenza
⇡ = lunghezza della semicirconferenza
_
Sia x 2 [0, 2⇡[ , e Px tale che l(A P x ) = x.
Definizione 5.1. Si dice seno dell’angolo x l’ordinata del punto Px
associato a x nella circonferenza goniometrica.
Definizione 5.2. Si dice coseno dell’angolo x l’ascissa del punto Px
associato a x nella circonferenza goniometrica.
Nota 5.3. Per poter rendere rigorosa queste definizioni dovremmo prima di tutto rendere rigoroso il concetto di lunghezza di una
curva. Inoltre dato x 2 [0, 2⇡[ dovremo far vedere che esiste un unico
_
Px 2 {x2 + y2 = 1} sulla circonferenza goniometrica tale che l(APx ) = x
_
con il settore APx percorso in senso antiorario.
5.2. Lunghezza di una curva
Consideriamo una curva continua
: [a, b] ! R2
(t) = ( 1 (t),
2 (t)) ,
cioè con ascissa e ordinata continua.
Figura 2
Si consideri l’insieme
P = {a = t0 < t1 < ... < tk
1
< tk = b}
130
5.2 Lunghezza di una curva
che é detto partizione dell’intervallo [a, b] , e per ogni i = 1, . . . , k
consideriamo i segmenti
si (t) =
ti
t
ti
ti
1
(ti 1 ) +
t
ti
con t 2 [ti 1 , ti ]. Definiamo la ”poligonale”
ponendo
P (t)
ti
ti
P
1
1
(ti )
in [a, b] (vedi figura 2)
= si (t), 8t 2 [ti 1 , ti ].
Al variare di t in [a, b] P (t) descrive una curva continua (cioè con
ascissa ed ordinata continue) ”costituita” dai segmenti si (t). La lunghezza di P (che sarà indicata con l( P )) sarà ovviamente la somma
delle lunghezze dei segmenti si ossia
P)
l(
=
k
X
i=1
|| (ti )
(ti 1 )|| ,
dove, in generale, se v q
= (v1 , v2 ) 2 R2 la notazione ||v|| denota il
modulo di v , cioé ||v|| = v21 + v22 .
Indichiamo ora con Pn la partizione dell’intervallo [a, b] fatto di
intervalli di ampiezza uguale a b n a . Vale il seguente teorema:
Teorema 5.4. Sia
lim l(
n!+1
: [a, b] ! R2 una curva. Allora
Pn )
= sup{l(
P)
: P partizione di [a, b]}
Tale valore si chiama lunghezza di e si indica con l( ).
Questo risultato ha il pregio di rendere più intuitiva la definizione
di lunghezza di una curva, ma non e’ necessario per la trattazione
delle funzioni trigonometriche. La dimostrazione la daremo dopo
l’introduzione dell’integrale di Riemann.
Definizione 5.5. Se l( ) < +1 si dice che la curva
é rettificabile.
Osservazione 5.6. E’ fondamentale osservare che se infittiamo la
partizione, ossia aggiungiamo un punto ad una partizione assegnata,
la lunghezza della poligonale cresce a causa della disuguaglianza
triangolare nel piano euclideo.
5.3 Alcune proprietà delle funzioni trigonometriche
131
E’ anche importante osservare, e la dimostrazione e’ banale, che
la lunghezza di una curva non cambia se ad essa applichiamo una
trasformazione biunivoca che conserva le distanze.
Un’altra proprietà fondamentale della lunghezza di una curva è
l’additività della lunghezza rispetto agli intervalli:
Teorema 5.7. Sia
: [a, b] ! R2 una curva e sia c 2]a, b[. Allora
l(
|[a,b] )
= l(
|[a,c] )
+ l(
|[c,b] )
ove f|A indica la restrizione della funzione f all’insieme A.
Dimostrazione. Ovviamente ci possiamo limitare a coniderare il
caso in cui è rettificabile in [a, b].
Poniamo L = l( |[a,b] ), L1 = l( |[a,c] ), L2 = l( |[c,b] ). Consideriamo
tutte le partizioni di [a, b] che includono il punto c. Ogni corrispondente poligonale ha lunghezza  L1 + L2 e passando al sup si ottiene
L  L1 + L2 .
Per la disuguaglianza opposta fissiamo ✏ > 0. Prendiamo una
poligonale definita in [a, c] tale che la sua lunghezza 1 verifichi
L1 ✏ < 1 ed una poligonale definita in [c, b] con lunghezza 2 tale
che L2 ✏ < 2 . Si ottiene dunque un poligonale definita in [a, b]
con lunghezza 1 + 2 > L1 + L2 2✏. Ma passando al sup si ha
L > L1 + L2 2✏ e dall’arbitrarietà di ✏ si ottiene la tesi.
⇤
5.3. Alcune proprietà delle funzioni trigonometriche
Prima di rendere rigorose le definizioni di seno e coseno mettiamo in evidenza alcune proprietà fondamntale delle funzioni
trigonometriche, anche allo scopo di prendere dimestichezza con
esse.
• Identità fondamentale della trigonometria:
sin2 x + cos2 x = 1 ;
• le funzioni sin e cos si estendono per periodicità nel seguente
modo:
sin(x + 2k⇡) = sin(x) 8x 2 R , 8k 2 Z ,
cos(x + 2k⇡) = cos(x) 8x 2 R , 8k 2 Z ;
5.3 Alcune proprietà delle funzioni trigonometriche
132
• le funzioni seno e coseno sono limitate:
| sin(x)|  1
8x 2 R ,
| cos(x)|  1
8x 2 R .
Osservazione 5.8. Dalla figura 3 si vede che, indicando con AB la
lunghezza del segmento [A.B] di estremi A e B,
_
Px Px = 2 sin x ,
l( Px Px ) = 2x
Figura 3
da cui si deduce (per la definizione di lunghezza di una curva)
che

⇡ ⇡
,
\ {0} .
2 2
Si ricordi che si adotta la seguente convenzione: quando x > 0 ,
l’angolo è misurato in senso antiorario, se invece x < 0 l’angolo è
misurato in senso orario.
| sin x| < x
8x 2
Proprietà 5.9. La funzione seno è dispari,
sin( x) =
sin x , 8x 2 R,
mentre la funzione coseno è pari, cioè
cos( x) = cos x , 8x 2 R.
5.3 Alcune proprietà delle funzioni trigonometriche
133
Figura 4
Figura 5
Nelle due figure 4 e 5 abbiamo i grafici qualitativi delle funzioni
seno e della funzione coseno.
Essi li possiamo ottenere osservando direttamente sulla circonferenza goniometrica come variano il seno ed il coseno mentre si
percorre in senso antiorario.
5.4 La funzione tangente
134
5.4. La funzione tangente
Adesso possiamo definire la funzione tangente di un angolo.
Definizione 5.10. Sia x 2 [0, 2⇡[. Si definisce tangente di un
angolo x , ⇡2 , x , 3⇡
la funzione
2
tan x =
sin x
.
cos x
In figura 6, la tangente dell’angolo ↵ è l’ordinata del punto T che
coincide con la lunghezza del segmento [A, T].
Figura 6
Proprietà 5.11. La funzione tangente è periodica di periodo ⇡ , infatti
⇢
⇡
tan(x + k⇡) = tan x 8x 2 R \
+ k⇡ , k 2 Z .
2
Dimostrazione. Intanto osserviamo che per ogni k 2 Z, sin(x +
k⇡) = sin x se k è pari, mentre sin(x + k⇡) = sin x se k è dispari.
Analogamente cos(x + k⇡) = cos x se k è ipari, mentre
cos(x + k⇡) =
h
⇡ ⇡
cos x se k è dispari. Allora per ogni x 2
, . Si ha
2 2
tan(x + k⇡) =
sin(x + k⇡)
;
cos(x + k⇡)
e quindi
tan(x + k⇡) = tan x ,
come si verifica immediatamente distinguendo tra k pari e k dispari.
⇤
135
5.4 La funzione tangente
Prima di presentare la proprietà di monotonia stretta della
tangente, ricordiamo una proprietà di carattere più generale:
Lemma 5.12. Siano f , g : A ⇢ R ! R+ \{0} due funzioni strettamente
crescenti. Allora f · g è strettamente crescente.
Dimostrazione. Siano x1 < x2 2 A . Vogliamo dimostrare che
f (x1 )g(x1 ) < f (x2 )g(x2 ) .
f (x2 )g(x2 )
f (x1 )g(x1 ) = f (x2 )g(x2 )
f (x1 )g(x1 )
+ f (x2 )g(x1 )
= f (x2 )(g(x2 )
f (x2 )g(x1 )
g(x1 )) + g(x1 )( f (x2 )
f (x1 )) ,
e quest’ultima espressione è positiva in quanto somma di quantità
postive. Infatti f (x2 ) e g(x1 ) sono positive perché il codominio di
entrambe le funzioni è R+ \ {0} ; g(x2 ) g(x1 ) e f (x2 ) f (x1 ) sono
quantità positive per la stretta crescenza di f e di g . La tesi è quindi
dimostrata.
⇤
Proprietài 5.13. hLa funzione tangente è strettamente crescente
⇡ ⇡
nell’intervallo
, .
2 2
h
h
Dimostrazione. Nell’intervallo 0, ⇡2 la funzione seno è positiva
e strettamente crescente, la funzione coseno è positiva ma strettamente decrescente. Quindi la funzione cos1 x è positiva e strettamente
crescente. Pertanto, per la Proprietà 5.12, la funzione tangente, es1
sendo
crescente
h ilh prodotto delle funzioni sin x e cos x , è strettamente
i
⇡
in 0, ⇡2 , e poichè è dispari, lo è anche nell’intervallo
, 0] .
⇤
2
Il grafico qualitativo della funzione tangente è allora quello nella
figura 7:

⇡
Osservazione 5.14. Sia x 2 0,
, come in figura 8 .
2
Sappiamo che
OA = 1 ,
136
5.4 La funzione tangente
Figura 7
Figura 8
4
4
e, grazie alla similitudine dei triangoli Px 0 Hx e Tx 0 A, per ogni
x 2]0, ⇡2 [ si ha:
Hx Px
OHx
=
ATx
OA
,
da cui, come abbiamo già detto,
tan x =
sin x
= ATx .
cos x
137
5.4 La funzione tangente
Inoltre, come ora vedremo
(5.1)
P1x P2x < Q1x Q2x , 8x 2]0,
⇡
[
2
da cui si ricava
x  ATx = tan x
per come si definisce la lunghezza di una curva. Dunque

⇡
x  tan x 8x 2 0,
.
2
Per verificare (5.1) si osservi che dalle figure 9 e 10
Figura 9
Figura 10
si deduce che basta utilizzare la proprietà che in ogni trapezio isoscele
la diagonale ha lunghezza maggiore della base minore del trapezio.
5.4 La funzione tangente
138
Osservazione 5.15. La disuguaglianza x  tan x per ogni x 2]0 ⇡2 [,
in realtà e’ una disuguaglianza stretta. A tale scopo basta tracciare la
bisettrice del’angolo AÔP in figura 11. Sia C il punto in cui essa taglia
l’arco e sia M il punto in cui essa taglia la tangente alla circonferenza
in A. Abbiamo che la lunghezza del’arco tra A e P è maggiorata
da AM + PM. Ma la retta passante per P e per M è perpendicolare
alla retta per O e per P a causa della uguaglianza dei due triangoli.
Dunque PM < PT ove T è l’intersezione tra la semiretta per 0 e per P
e la tangente in A e questo prova la disuguaglianza stretta.
Figura 11
Osservazione 5.16. Grazie a seno e coseno possiamo esprimere
la lunghezza dei cateti di un triangolo rettangolo in funzione dell’ipotenusa e degli angoli che essi fomano con l’ipotenusa. Per la
similitudine dei triangoli indicati in figura 12
Figura 12
5.5 Definizione rigorosa di seno e coseno
139
AB = AC · cos ↵
BC = AC · sin ↵.
Infatti se , se AC0 = 1, si ha
BC
AC
=
B0 C0
C0 A
=
sin ↵
.
1
5.5. Definizione rigorosa di seno e coseno
Iniziamo con la seguente fondamentale
Osservazione 5.17. La circonferenza unitaria è rettificabile. A tal
fine, è sufficiente provare che l’insieme
S+ = {↵2 +
2
=1:↵
0,
0}
è rettificabile (vedi figura 13).
Figura 13
Ma questo segue delle stime nella osservazione 5.14, dalle quali
si deduce che l(S+ )  1 + 1 = 2.
Questa osservazione ci permette di definire ⇡ come la lunghezza
della semicirconferenza di raggio unitario.
Si ha il seguente fondamentale
140
5.5 Definizione rigorosa di seno e coseno
Teorema 5.18. Sia A = (1, 0). Per ogni y appartenente all’intervallo
[0, 2⇡[ esiste ed è unico un punto B appartenente a S1 = {(↵, ) : ↵2 + 2 =
_
_
1} tale che l(AB) = y , dove l(AB) rappresenta l’arco di circonferenza tra A
e B percorso in senso antiorario.
Dimostrazione. Per dimostrare il teorema, grazie alla additività
della lunghezza e’ sufficiente dimostrare che
8y 2]0,
⇡
[, 9 un unico B = (↵, ) :
2
↵2 +
2
_
= 1 , ↵ > 0, b > 0, l(AB) = y .
dove A = (1, 0) . Ora si osservi che possiamo indicare di punti
della semicirconferenza unitaria che stanno nel primo quadrante nel
seguente modo:
p
B(t) = (t, 1 t2 ) , t 2 [0, 1] .
In questo modo B(0) = (0, 1) e B(1) = A. Allora poniamo s = 1
consideriamo
p
p
B(s) = (1 s, 1 (1 s)2 ) = (1 s, 2s s2 ), s 2 [0, 1],
te
in modo da percorrere la semicirconferenza nel primo quadrante
in senso antiorario al crescere del parametro s.
Ci si riconduce a studiare quindi la funzione
_
f (s) = lunghezza dell’arco AB(s) con s 2]0, 1[ .
Tale funzione è strettamente crescente a causa delle additività della
Figura 14
5.5 Definizione rigorosa di seno e coseno
141
lunghezza. Infatti, posto B2 = B(s2 ) e B1 = B(s1 ) (vedi figura 14)si ha
(5.2)
_
_
_
l(AB2 ) = l(AB1 ) + l(B1 B2 )
se s1 < s2 .
e questo prova subito l’unicità.
Dimostriamo adesso che f è continua. Per studiare il caso in cui
B(s) si avvicina a B(s0 ) (vedi figura 15), si può pensare di far coincidere
B(s0 ) con A tramite una rotazione. Allora per provare le continuità
_
basterà dimostrare che l(AB(s)) ! 0 , se B(s) tende ad A, proprietà
che si verifica solo quando s ! 0.
Figura 15
Figura 16
A questo proposito osserviamo che (vedi figura 16)
_
l(AB(s)) < AQ(s)
5.5 Definizione rigorosa di seno e coseno
142
dove
Q(s) = intersezione tra la retta tangente alla circonferenza unitaria in A
e la semiretta che congiunge l’origine O con il punto B(s) .
La semiretta può essere descritta da { B(s) ,
0} , mentre la
tangente in A può essere rappresentata da {(1; µ) , µ > 0} . Poichè
l’ascissa di B(s) è 1 s le due semirette si incontrano quando
(1
s) = 1
dato che 1 è l’ascissa del punto A. Abbiamo
p
Q(s) = (1,
2s s2 ) ,
p
perchè B(s) = ( (1 s),
2s s2 ). Ora la lunghezza di AQ(s) è
l’ordinata di Q(s) . Ma
0 p
1
2C
BB
1
2s
s
CC
=
, e Q(s) = B@B1,
C,
1 s
1 s A
dunque
p
2s s2
.
1 s
Pertanto la continuità di f (s) segue dal fatto che
p
2s s2
lim+
= 0.
s!0
1 s
La dimostrazione della continuità di f mostra anche che
AQ(s) =
_
lim+ l(AB(s)) = 0.
s!0
_
Inoltre l(AB(1)= ⇡2 , a causa della simmetria e della definizione di ⇡.
Allora per il teorema degli zeri abbiamo l’esistenza e la dimostrazione
è conclusa.
⇤
Osservazione 5.19. Per dimostrare tra breve le formule di addizione e sottrazione utilizzeremo la proprietà che archi di uguale
lunghezza ”sottendono” corde di uguale lunghezza. Poichè la funzione f (s) è strettamente crescente, per verificare questa proprietà
basta far vedere che la lunghezza del segmento AB(s) e’ strettamente
5.6 Formule di addizione e sottrazione e conseguenze
143
crescente nel primo e secondo pquadrante. Per esempio nel primo
p
quadrante essa e’ data da k( s, 2s s2 )k = 2s perchè A = (1, 0).
5.6. Formule di addizione e sottrazione e conseguenze
Le cosidette formule di addizione e sottrazione (da cui si ricavano
tutte le formule fondamentali della trigonometria) sono le seguenti:
(5.3)
cos(x + y) = cos x cos y
sin x sin y
(5.4)
cos(x
(5.5)
sin(x + y) = sin x cos y + cos x sin y
(5.6)
sin(x
y) = cos x cos y + sin x sin y
y) = sin x cos y
cos x sin y .
Dimostrazione. Per la dimostrazione conviene prima di tutto
dimostrare la formula (5.4). A tale proposito consideriamo
Px = (cos x, sin x)
P y = (cos y, sin y)
Py
x
= (cos(y
x), sin(y
x))
A = (1, 0)
come in figura 17.
Figura 17
Si noti prima di tutto che la lunghezza del settore che congiunge
A con P y x è la stessa del settore che congiunge Px con P y . Ma archi di
144
5.6 Formule di addizione e sottrazione e conseguenze
uguale lunghezza hanno estremi su segmenti di uguale lunghezza,
quindi
AP y
x
= Px P y
(AP y x )2 = (Px P y )2 .
)
Utilizzando la relazione sin2 x + cos2 x = 1 , si ottiene
(AP y x )2 = (cos(y
= cos2 (y
= 2
x)
1)2 + (sin(y
x) + 1
2 cos(y
2 cos(y
x))2
x) + sin2 (y
x)
x)
e
2
Px P y = (cos x
cos y)2 + (sin x
= cos2 x + cos2 y
= 2
2 cos x cos y
sin y)2
2 cos x cos y + sin2 x + sin2 y
2 sin x sin y
2 sin x sin y ,
da cui la formula (5.4).
• Dimostriamo la (5.3) .
cos(x + y) = cos(x
( y)) = cos x cos( y) + sin x sin( y)
= cos x cos y
sin x sin y .
• Per dimostrare la (5.5) , utilizziamo le seguenti proprietà
(vedi figura 18):
(5.7)
(5.8)
Si ha:
✓
◆
⇡
cos x +
2
✓
◆
⇡
cos x = sin x +
2
sin x =
5.6 Formule di addizione e sottrazione e conseguenze
145
Figura 18
sin(x + y) =
=
=
✓
◆
✓
✓
◆◆
⇡
⇡
cos x + y +
= cos x + y +
2
2

✓
◆
✓
◆
⇡
⇡
cos x cos y +
sin x sin y +
2
2
⇥
⇤
cos x( sin y) sin x cos y
= cos x sin y + sin x cos y .
• Infine, dimostriamo la formula (5.6):
sin(x
y) = sin(x + ( y))
= sin x cos( y) + cos x sin( y)
= sin x cos y
cos x sin y .
⇤
5.6.1. Formule di duplicazione.
sin2 x
(5.9)
cos 2x = cos2 x
(5.10)
sin 2x = 2 sin x cos x .
Siano
cos
⇡
= a,
4
sin
⇡
= b.
4
146
5.6 Formule di addizione e sottrazione e conseguenze
Applicando le formule di duplicazione, otteniamo:
⇡
= 2ab
2
⇡
0 = cos = a2 b2 .
2
Le condizioni sopra equivalgono al sistema
(
2ab = 1
a2 b2 = 0 .
1 = sin
La seconda equazione conduce alla relazione a = ±b ; scegliamo
a = b poiché siamo nel primo quadrante. Quindi, sostituendo nella
prima equazione, otteniamo
2a2 = 1
,
1
a=b= p .
2
Pertanto abbiamo dimostrato che
p
⇡
⇡
2
(5.11)
sin = cos =
4
4
2
⇡
(5.12)
tan = 1 .
4
Determiniamo ora le formule per cos 3x e sin 3x usando quelle di
addizione e di duplicazione:
cos(3x) = cos(2x + x) = cos(2x) cos x
= (cos2 x
sin(2x) sin x
sin2 x) cos x
= cos3 x
sin2 x cos x
= cos3 x
3 sin2 x cos x ;
2 sin2 x cos x
2 sin2 x cos x
sin(3x) = sin(2x + x) = sin(2x) cos x + cos(2x) sin x
= 2 sin x cos2 x + (cos2 x
sin2 x) sin x
= 2 sin x cos2 x + cos2 x sin x
= 3 sin x cos2 x
sin3 x
= 3 cos2 x sin x
sin3 x .
sin3 x
147
5.6 Formule di addizione e sottrazione e conseguenze
Siano
⇡
=a
6
⇡
sin = b .
6
cos
Applicando le formule di triplicazione appena dimostrate,
ottieniamo
⇡
⇡
⇡
3x =
) cos 3x = cos = 0 , sin 3x = sin = 1
2
2
2
da cui il sistema
(
a3 3ab2 = 0
3a2 b b3 = 1 .
Poiché a , 0 , possiamo dividere per a e ottenere
(
(
a2 = 3b2
a2 = 3b2
,
,
3 · 3b2 · b b3 = 1
8b3 = 1
,
Abbiamo cosı̀ ottenuto
p
⇡
3
cos =
,
6
2
8
>
>
<
>
>
:
a=
b=
⇡ 1
sin = ,
6
2
(
a2 = 3b2
b = 12
p
3
2
1
.
2
p
⇡
3
tan =
.
6
3
Osserviamo ora che
⇡ ⇡ ⇡
=
,
3
2 6
quindi aplicando le formule di addizione e sottrazione, segue che
✓
◆
✓
◆
✓
◆
⇡
⇡ ⇡
⇡ ⇡
⇡
⇡ 1
cos = cos
= cos
+
= sin
= sin = ,
3
2 6
6 2
6
6
2
p
✓
◆
✓
◆
⇡
⇡ ⇡
⇡
⇡
3
sin = sin
+
= cos
= cos =
,
3
6 2
6
6
2
⇡ p
tan = 3 .
3
Quindi abbiamo provato che
⇡ 1
cos = ,
3
2
p
⇡
3
sin =
,
3
2
tan
⇡ p
= 3.
3
5.6 Formule di addizione e sottrazione e conseguenze
Dimostriamo ora la seguente formula
(5.13)
tan(↵ + ) =
tan ↵ + tan
.
1 tan ↵ tan
Anzitutto, si ha che
sin(↵ + ) sin ↵ cos + cos ↵ sin
=
cos(↵ + ) cos ↵ cos
sin ↵ sin
0
1
B
C
B
1
B sin ↵ cos + cos ↵ sin CCC
=
· BBB
CC
sin ↵ sin
A
cos ↵ cos @
1 cos ↵ cos
!
!
sin ↵ cos
cos ↵ sin
1
=
·
+
1 tan ↵ tan
cos ↵ cos
cos ↵ cos
tan ↵ + tan
=
.
1 tan ↵ tan
tan(↵ + ) =
Ricordando che la funzione tangente è dispari, si ottiene anche
(5.14)
tan(↵
) = tan(↵ + (
Come caso particolare , se
(5.15)
)) =
tan ↵ tan
.
1 + tan ↵ tan
= ↵ , si ottiene
tan 2↵ =
2 tan ↵
;
1 tan2 ↵
in quest’ultima, se 2↵ = , si ha
tan =
2 tan 2
⇣ ⌘,
1 tan2 2
da cui, ponendo tan 2 = t , si ottiene
tan =
2t
1
t2
da cui
8
>
>
>
>
>
>
<
>
>
>
>
>
>
:
cos =
1 t2
1 + t2
sin =
2t
.
1 + t2
Infatti si ha anche
(5.16)
cos 2↵ =
1 tan2 ↵
.
1 + tan2 ↵
148
5.7 Forma trigonometrica (o polare) dei numeri complessi
149
dato che
2
cos 2↵ = cos ↵
cos2 ↵ sin2 ↵
sin ↵ =
cos2 ↵ + sin2 ↵
⇣
⌘
sin2 ↵
cos2 ↵ 1 cos
2↵
⇣
⌘
=
sin2 ↵
cos2 ↵ 1 + cos
2↵
2
=
1 tan2 ↵
.
1 + tan2 ↵
Si noti che si ha anche
(5.17)
sin 2↵ =
2 tan ↵
.
1 + tan2 ↵
Infatti
2 sin ↵ cos ↵
sin 2↵ = 2 sin ↵ cos ↵ =
sin2 ↵ + cos2 ↵
⇣
⌘
sin ↵
cos2 ↵ 2cos
↵
⇣ 2
⌘
=
sin
↵
cos2 ↵ cos2 ↵ + 1
=
2 tan ↵
.
1 + tan2 ↵
5.7. Forma trigonometrica (o polare) dei numeri complessi
Un numero complesso z = (a, b) può essere rappresentato
utilizzando le coordinate polari (⇢, #) nel seguente modo:
z = ⇢(cos # + i sin #)
dove ⇢ è il modulo di z ed è dato da
p
⇢ = |z| = a2 + b2 ,
e # è l´argomento di z , che si ottiene dalle relazioni
b = ⇢ sin #
a = ⇢ cos #
ovvero
b
= tan # ,
a
150
5.7 Forma trigonometrica (o polare) dei numeri complessi
i
h
⇡ ⇡
(vedi figura 19). La funzione tan :
,
! R è biunivoca e la sua
2 2
inversa è la funzione arcotangente che indicheremo con arctan.
Figura 19
Sia z , 0 . Allora z può essere scritto utlizzando le coordinate
polari nel seguente modo
z = ⇢(cos # + i sin #)
dove
⇢=
p
a2 + b2 ,
cos # = p
a
a2 + b2
,
sin # = p
Esercizio 5.20. Scrivere il numero complesso
p
z= 3+i
in forma trigonometrica.
Osserviamo che
r
⇣ p ⌘2
⇢=
3 + 12 = 2 ,
e
Quindi:
1
tan # = p
3
)
#=
⇡
,.
6
✓
◆
⇡
⇡
z = 2 cos + i sin
.
6
6
b
a2 + b2
.
5.7 Forma trigonometrica (o polare) dei numeri complessi
151
Il prodotto di due numeri complessi z1 , z2 scritti in forma
trigonometrica, cioé
z1 = ⇢1 (cos #1 + i sin #1 )
z2 = ⇢2 (cos #2 + i sin #2 ) ,
si ottiene come segue (vedi figura 20):
z1 · z2 = ⇢1 ⇢2 (cos #1 + i sin #1 )(cos #2 + i sin #2 )
= ⇢1 ⇢2 (cos #1 cos #2
sin #1 sin #2
+i(sin #1 cos #2 + cos #1 sin #2 ))
= ⇢1 ⇢2 (cos(#1 + #2 ) + i sin(#1 + #2 )) .
Se z1 = z2 = z = ⇢(cos # + i sin #) , allora
z2 = ⇢2 (cos 2# + i sin 2#) .
Figura 20
Siano ⇢1 = ⇢2 = 1 . Osserviamo che
i = cos
⇡
⇡
+ i sin
2
2
e
i · i = i2 = 1 .
Dunque ruotando i di un angolo di
⇡
2
si arriva in ( 1, 0)) .
5.7 Forma trigonometrica (o polare) dei numeri complessi
152
5.7.1. Formula di De Moivre. Grazie alle formula di addizione
e sottrazione si ha
zn = ⇢n (cos n# + i sin n#) .
Dimostriamo la proprietà usando il principio di induzione. Osserviamo che p(2) è vera. Quindi facciamo vedere che p(n) ) p(n+1),
cioè
zn = ⇢n (cos 0#+i sin n#)
zn+1 = ⇢n+1 (cos(n+1)#+i sin(n+1)#) .
)
Per ipotesi induttiva si ha
zn+1 = z · zn = ⇢n (cos n# + i sin n#)⇢(cos # + i sin #) .
Resta da dimostrare che
(cos n# + i sin n#)(cos # + i sin #) = cos(n + 1)# + i sin(n + 1)# .
Ma poiché il prodotto si ottiene sommando gli angoli, si ottiene come
angolo
# + n# = (n + 1)#
e la dimostrazione è conclusa.
5.7.2. Radice n-esima dell’unità. Sia
z = ⇢(cos # + i sin #) .
Allora
zn = 1
se e solo se
cos n# + i sin n# = 1
,
⇢=1e
cos n# + i sin n# = 1 .
Dunque abbiamo
(
,
e da ciò segue n# = 2k⇡ ,
cos n# = 1
sin n# = 0 ,
k 2 Z . Quindi
#=
2k⇡
.
n
153
5.7 Forma trigonometrica (o polare) dei numeri complessi
Se
k = 0,
se
k = 1,
se
k = 2,
se
k=n
se
k = n,
#=0
2⇡
#=
n
4⇡
#=
n
1,
#=
2(n
1)⇡
n
# = 2⇡
cioè per k = n abbiamo fatto un giro completo. Quindi tutte le
soluzioni dell’equazione zn = 1 sono
(
)
2k⇡
2k⇡
cos
+ i sin
, k = 0, ..., n 1 .
n
n
Consideriamo ora un’equazione del tipo
zn = !
con
! = r(cos ' + i sin ') ,
' 2 [0, 2⇡[ .
Quindi, se esprimiamo z come z = r(cos # + i sin #) , l’equazione
diventa
⇢n (cos n# + i sin n#) = r( cos ' + i sin ') ,
da cui
⇢n = r
)
n# = ' + 2k⇡
⇢=
p
n
r
)
#=
' 2k⇡
+
.
n
n
Quindi le soluzioni sono
( "
!
!#
p
' 2k⇡
' 2k⇡
n
r cos
+
+ i sin
+
: k = 0, ..., n
n
n
n
n
)
1 .
Esercizio 5.21. Risolviamo l’equazione
z5 = 1 + i .
L’equazione è della forma vista sopra con n = 5 e ! = 1+i . Scriviamo
! in forma trigonometrica. Si ha che
p
|!| = 2 ,
154
5.8 Continuità delle funzioni seno e coseno
quindi
◆
p ✓
⇡
⇡
! = 2 cos + i sin
.
4
4
Pertanto le soluzioni dell’equazione sono
(
!
!
)
p
⇡ 2k⇡
⇡ 2k⇡
10
2 cos
+
+ i sin
+
: k = 0, 1, 2, 3, 4 .
20
5
20
5
5.8. Continuità delle funzioni seno e coseno
Osserviamo preliminarmente che essendo seno e coseno legate
dalla relazione
✓
◆
⇡
cos(x) = sin x +
2
sarà sufficiente dimostrare la continuità della funzione seno.
Procediamo dunque in tal senso. La nostra tesi è la seguente:
xn ! x0
)
sin(xn ) ! sin(x0 ) .
Stimiamo quindi la di↵erenza
sin(xn )
sin(x0 ) .
Posto ✏n = xn x0 , l’ipotesi xn ! x0 è equivalente a ✏n ! 0 . Di
conseguenza il nostro obiettivo è dimostrare che
✏n ! 0
)
sin(x0 + ✏n )
sin(x0 ) ! 0 .
ovvero
(5.18) ✏n ! 0
sin(x0 ) cos(✏n ) + cos(x0 ) sin(✏n )
)
sin(x0 ) ! 0 .
Facciamo vedere che
cos(✏n ) ! 1 ,
sin(✏n ) ! 0 .
da cui segue immediatamente la (5.18). In realtà si ha che
cos(✏n ) > 0
è definitivamente vera, quindi
q
cos(✏n ) = 1
sin2 (✏n ) .
La tesi diventa perciò
✏n ! 0
)
sin(✏n ) ! 0 ,
155
5.8 Continuità delle funzioni seno e coseno
ma è sufficiente osservare che

⇡ ⇡
x2
,
) | sin x|  |x|
2 2
da cui
0  | sin(✏n )|  |✏n | ! 0 ,
e per il Teorema del Confronto si ha
sin(✏n ) ! 0 .
Possiamo pertanto concludere che le funzioni seno e coseno sono
continue.
Osservazione 5.22. Il seguente limite
lim sin
x!0
1
x
non esiste. Infatti, poniamo 1x = y in modo che per x ! 0 si ha che
y ! +1 e il nostro limite può essere riscritto nella forma equivalente
lim sin y .
y!+1
Consideriamo ora le due successioni
⇡
xn = + 2n⇡
2
yn = 2n⇡
entrambe positivamente divergenti; si ha che
sin xn = 1 8n ,
sin yn = 0 8n ,
quindi la funzione non ammette limite per x ! 0 .
Osservazione 5.23. Dal teorema sul quaziente di due funzioni
continue si ha che la funzione tan x è continua dove il coseno non si
annulla. Inoltre tan :] ⇡2 , ⇡2 [! R è biunivoca, come si vede dalla
monotonia e dal teorema degli zeri. Ne sgue che la funzione inversa
arctan x è continua
Osservazione 5.24. Le funzioni iperboliche sinh e cosh sono
continue essendo definite come segue
sinh x =
ex
e
2
x
,
cosh x =
ex + e
2
x
.
5.8 Continuità delle funzioni seno e coseno
156
Ricordiamo inoltre che vale la relazione
(cosh x)2
(sinh x)2 = 1 .
Abbiamo avuto modo finora di incontrare alcune funzioni tra le
quali la funzione costante, quella identica, la funzione esponenziale
e la funziona trigonometrica seno:
c,
x,
ax ,
sin x .
A partire da tali funzioni è possibile costruire funzioni più complicate. Tra queste, si chiamano funzioni elementari le funzioni che
si ottengono dalle quattro funzioni elencate sopra utilizzando un
numero finito di operazioni tra quelle di addizione, sottrazione,
moltiplicazione, divisione, composizione e inversione.
Da quanto visto fino ad adesso possiamo dire che tutte le funzioni
elementari sono continue.
5.8.1. Un limite di importanza fondamentale. Verificheremo
che:
sin x
lim
= 1.
x!0
x
Tale risultato sarà fondamentale per il calcolo delle derivate di seno
e coseno. Consideriamo la funzione
sin x
f (x) =
;
x
poiché
sin( x)
sin x
f ( x) =
=
= f (x)
x
x
si tratta di una funzione pari. Basterà allora calcolare il limite destro,
ossia
sin x
lim+
.
x!0
x
Lavoriamo perciò sotto l’ipotesi x > 0 . Vale la seguente proprietà:

⇡
sin x < x  tan x
8x 2 0,
,
2
che abbiamo già dimostrato. Da essa si ricavano le seguenti relazioni:

sin x
sin x
⇡
< 1,
cos x <
8x 2 0,
,
x
x
2
5.8 Continuità delle funzioni seno e coseno
157
cioè

sin x
⇡
cos x <
<1
8x 2 0,
.
x
2
Grazie al Teorema del confronto si ha la tesi.
Osservazione 5.25. La funzione
sin x
f (x) =
x
ha come dominio l’insieme dei numeri reali escluso lo zero. Abbiamo
visto che
sin x
lim
= 0.
x!0
x
Possiamo estendere la funzione con continuità nel punto x0 = 0
definendo la funzione
8
sin x
>
>
>
se x 2 R \ 0
>
>
< x
e
f (x) = >
>
>
>
>
: 1
se x = 0 .
Esercizio 5.26. Utilizzando il limite notevole appena calcolato si
prova il seguente risultato:
lim
1
cos x
= 0.
x
x!0
Infatti:
lim
x!0
1
(1 + cos x) (1 cos x)
cos x
= lim
x!0
x
x (1 + cos x)
sin2 x
= lim
x!0 x (1 + cos x)
✓
◆ ✓
◆
sin x
1
= lim
·
· sin x = 0
x!0
x
1 + cos x
Esercizio 5.27. Calcolare
lim
x!0
1
cos x
.
x2
Si ha:
lim
x!0
1
(1 + cos x) (1 cos x)
cos x
= lim
2
x!0
x
x2 (1 + cos x)
✓
◆ ✓
◆ ✓
◆
sin x
sin x
1
1 1
= lim
·
·
=1·1· = .
x!0
x
x
1 + cos x
2 2
158
5.9 Esercizi
5.9. Esercizi
Esercizio 1. Calcolare se esistono i seguenti limiti di successioni:
1
1. lim n sin
n!+1
n
2. lim
n!+1
n sin n
3. lim
n!+1 (n + 1)(n + 2)
5. lim
n!+1
1
sin n1
cos
tan2
4. lim
n!+1
sin n32
6. lim
1
n!+1
⇣ ⌘
1
n
cos
q
1
⇣ ⌘
3
n
sin n3
⇣ ⌘
1
n
cos
⇣ ⌘
3
n
sin n32
Esercizio 2. Calcolare se esistono i seguenti limiti di funzioni:
1
1. lim(cos x) x2
2. lim
x!0
3. lim
x!0
tan x
x!1
sin x
x3
sin ⇡x
(x 1)2
4. lim
x!+1
sin x
cos x
x
CAPITOLO 6
Calcolo di↵erenziale
In questo primo capitolo vengono introdotte nozioni e teoremi
fondamentali del calcolo di↵erenziale e si presentano alcuni esempi di come possa trovare applicazioni questa branca dell’analisi
matematica.
6.1. Derivata: definizione e interpretazione geometrica
Il calcolo di↵erenziale si origina principalmente dall’esigenza di
caratterizzare la tangente ad una curva, di risolvere problemi di massimo e minimo e di approssimare certi tipi di funzioni con funzioni
lineari prima e polinomiali poi.
Cerchiamo di analizzare il seguente problema: consideriamo una
generica funzione f il cui grafico è quello rappresentato in figura 1,
e poniamoci come obiettivo quello di approssimarla con una retta.
Figura 1
La retta r è la retta tangente al grafico della funzione f nel punto
P , mentre la retta s è la secante nei punti che appartengono al grafico
159
6.1 Derivata: definizione e interpretazione geometrica
160
di f ed hanno ascissa rispettivamente x0 e x0 + ✏ . Ci domandiamo:
qual è il comportamento della funzione f per infinitesimi di ordine
✏? In particolare ci chiediamo se esiste finito il limite per ✏ che tende
a zero del rapporto
f (x0 + ✏) f (x0 )
✏
detto rapporto incrementale, che misura la variazione del valore
assunto dalla funzione rispetto all’incremento della variabile x .
Diamo ora la seguente definizione:
(6.1)
Definizione 6.1. Sia f :]a, b[! R una funzione e sia x0 un punto
dell’intervallo ]a, b[ . La funzione f si dice derivabile in x0 se esiste
finito il limite
f (x0 + ✏) f (x0 )
lim
.
✏!0
✏
Il valore del limite viene detto derivata di f in x0 e per indicarla si
utilizza una delle seguenti notazioni:
f 0 (x0 ) ,
D f (x0 ) ,
df
.
dx0
Riprendendo il problema presentato all’inizio, cerchiamo, attraverso le due osservazioni che seguono, di far emergere l’importanza geometrica della nozione di derivata e il ruolo chiave che a tal
proposito essa ricopre.
Osservazione 6.2. La derivata di una funzione f in un suo punto
di ascissa x0 , ossia f 0 (x0 ) , esprime il valore del cofficiente angolare
della retta tangente il grafico della funzione in quel punto.
Proviamo a comprendere il perché di tale a↵ermazione. Facendo
riferimento alla Figura 1, possiamo scrivere l’equazione della retta
secante il grafico di f nei punti P = (x0 , f (x0 )) e Q = (x0 + ✏, f (x0 + ✏))
come
f (x0 + ✏) f (x0 )
f (x0 + ✏) f (x0 )
(6.2)
y=
x
x0 + f (x0 ) .
✏
✏
Si noti che il coefficiente angolare della retta secante è esattamente
il rapporto incrementale (6.1) della funzione. Graficamente si può
6.1 Derivata: definizione e interpretazione geometrica
161
osservare che la retta secante ha come situazione limite la retta tangente: facendo tendere a zero l’incremento ✏, il punto Q si avvicina
sempre più a P fino a coincidere con esso, e la pendenza della secante
diventa quella della tangente (nel caso il limite esista finito).
Osservazione 6.3. Se f 0 (x0 ) esiste finito, allora il resto (✏) dato da
f (x0 + ✏)
✏
f (x0 )
f 0 (x0 ) = (✏)
è tale che
(6.3)
lim (✏) = 0 .
✏!0
In modo equivalente, possiamo a↵ermare che
(6.4)
f (x0 + ✏)
f (x0 )
✏ f 0 (x0 ) = o(✏) ,
dove
o(✏) = ✏ (✏)
é tale che
o(✏)
= (✏) ! 0
✏
e pertanto è un infinitesimo di ordine superiore al primo.
Quindi la funzione f vicino a x0 può essere approssimata, a meno
di infinitesimi di ordine superiore al primo, con la retta tangente nel
punto x0 . In e↵etti
y(✏) = f 0 (x0 ) · ✏ + f (x0 )
è la retta tangente al grafico nel punto (x0 , f (x0 )) . Se consideriamo
✏ = x x0 dalla (6.4) si ottiene
f (x)
f (x0 ) = f 0 (x0 )(x
x0 ) + o(|x
con o(|x x0 |) che è appunto o piccolo di |x
piccolo di x è una funzione tale che
lim
x!0
x0 |)
x0 |. (In generale un o
o(x)
= 0) .
x
Abbiamo dato prima la definzione di funzione derivabile in un
punto (Definizione 6.1). Grazie alla definizione di limite di una
funzione, possiamo equivalentemente dire che:
6.2 Derivazione delle funzioni elementari
162
Definizione 6.4. Una funzione f :]a, b[! R è derivabile in
x0 2]a, b[ se in tal punto la derivata destra e la derivata sinistra
esistono finite e sono uguali tra loro, ossia se valgono le seguenti
condizioni:
f (x0 + ✏) f (x0 )
• 9 lim
⌘ f 0 (x0 ) 2 R ,
✏!0
✏
f (x0 + ✏) f (x0 )
• 9 lim+
⌘ f+0 (x0 ) 2 R ,
✏!0
✏
• f 0 (x0 ) = f+0 (x0 ) (= f 0 (x0 )) .
6.2. Derivazione delle funzioni elementari
In questa sezione determiniamo le derivate di alcune funzioni
elementari. Consideriamo innanzitutto la funzione costante
f :R!R
Si ha
f (x) = c .
f (x0 + ✏) f (x0 ) c c
=
= 0 8✏ , 0
✏
✏
quindi deduciamo che f 0 (x) = 0 per ogni x. Consideriamo poi la
funzione identità
f :R!R
f (x) = x ;
essa è tale che
f (x0 + ✏) + f (x0 ) x0 + ✏ x0
=
= 1,
✏
✏
pertanto la sua derivata vale identicamente 1 .
Proseguiamo con la funzione
per la quale si ha
f (x0 + ✏)
✏
f :R!R
f (x0 )
=
=
f (x) = x2
(x0 + ✏)2
x20
x20
✏
+ 2x0 ✏ + ✏2
✏
= 2x0 + ✏ ! 2x0
x20
per ✏ ! 0 ,
163
6.2 Derivazione delle funzioni elementari
per cui f 0 (x) = 2x per ofni x. In generale, per la funzione
f (x) = xn ,
f :R!R
1
n
si ha
f (x0 + ✏)
✏
f (x0 )
(x0 + ✏)n
=
xn0
✏
!
n
X
n k n
x0 ✏
k
k=0
=
✏
!
n n
✏ +
0
=
=
xn0
!
n
x0 ✏n
1
!
n n
✏
0
k
1
+ ... +
+
n
✏
!
1
!
n n 1 1
x ✏ +
1 0
n
x0 ✏n
1
2
+ ... +
!
n
n
1
xn0 1 ✏0
e per ✏ ! 0 quast’ultima espressione tende a
!
n
xn 1 .
n 1 0
Ricordando la definizione del coefficiente binomiale, si ha che
!
n(n 1)! n 1
n
n!
xn0 1 =
xn0 1 =
x = n xn0 1
(n 1)!1!
(n 1)! 0
n 1
quindi f 0 (x) = nxn
Sia ora
1
per ogni x.
f : R \ {0} ! R
f (x0 ) =
1
.
x
Per x0 , 0 si ha
f (x0 + ✏)
✏
f (x0 )
=
=
1
1
x0 x0 + ✏ 1
x0 + ✏ x0
=
·
✏
x0 (x0 + ✏) ✏
1
1
!
per ✏ ! 0 .
x0 (x0 + ✏)
(x0 )2
Consideriamo poi la funzione
f : R+ ! R
f (x) =
p
x.
!
n n
x
n 0
xn0
164
6.2 Derivazione delle funzioni elementari
Scelto x0 > 0 , si ha
f (x0 + ✏)
✏
p
p
x0 + ✏
x0
=
✏
p
p
p
p
( x0 + ✏
x0 )( x0 + ✏ + x0 )
=
p
p
✏( x0 + ✏ + x0 )
x0 + ✏ x0
1
=
! p
per ✏ ! 0 .
p
p
2 x0
✏( x0 + ✏ + x0 )
f (x0 )
Per la funzione trigonometrica
f : R ! [ 1, 1]
si ha
f (x0 + ✏)
✏
f (x0 )
f (x) = sin x,
sin(x0 + ✏) sin x0
✏
sin x0 cos ✏ + cos x0 sin ✏ sin x0
=
✏
sin x0 (cos ✏ 1) sin ✏
=
+
! cos x0
✏
✏
Analogamente per
=
f : R ! [ 1, 1]
risulta
f (x0 + ✏)
✏
f (x0 )
per ✏ ! 0 .
f (x) = cos x
cos(x0 + ✏) cos x0
✏
✓
◆
cos ✏ 1
sin ✏
= cos x0
· sin x0 !
✏
✏
=
sin x0
per ✏ ! 0 .
Infine per la funzione esponenziale
f :R!R
f (x) = ax
si ha
f (x0 + ✏)
✏
f (x0 )
ax0 +✏ ax0
✏
a✏ · ax0 ax0
=
✏
✏
a 1
= ax0
! ax log a
✏
=
per ✏ ! 0 .
165
6.3 Derivabilità e continuità
Si noti che se a = e, allora D(ex ) = ex per ogni x.
6.3. Derivabilità e continuità
Dopo aver introdotto la nozione di funzione derivabile,
analizziamo il legame tra continuità e derivabilità.
Proposizione 6.5. Sia f :]a, b[! R derivabile in x0 2]a, b[ . Allora f
è continua in x0 .
Dimostrazione. Vogliamo far vedere che
lim f (x0 + ✏)
✏!0
Ma
f (x0 + ✏)
f (x0 ) =
f (x0 ) = 0.
f (x0 + ✏)
✏
f (x0 )
·✏
e per ipotesi che
lim
✏!0
f (x0 + ✏)
✏
f (x0 )
= f 0 (x0 ) 2 R.
che è finito, pertanto segue immediatamente la tesi.
⇤
Osservazione 6.6. Si noti che il viceversa è falso.
Come
controesempio possiamo infatti considerare la funzione valore
assoluto
f : R ! R,
f (x) = |x| .
Si tratta di una funzione continua in tutto il suo dominio, ma non
derivabile in x0 = 0 . Infatti, osserviamo che
1) se x0 > 0 si ha
|✏| < x0
)
|x0 + ✏|
✏
|x0 |
|x0 + ✏| = x0 + ✏
pertanto
=
x0 + ✏
✏
x0
= 1;
166
6.3 Derivabilità e continuità
2) se x0 < 0 si ha
pertanto
|✏| < x0
|x0 + ✏| = (x0 + ✏)
)
(x0 + ✏)
|x0 + ✏| |x0 |
=
✏
✏
se invece x0 = 0 il seguente limite
lim
✏!0
non esiste poiché
lim
✏!0
x0
=
✏
= 1;
✏
|✏|
,
✏
|✏|
|✏|
e lim+
✏!0 ✏
✏
sono diversi.
In tal caso, il punto x0 = 0 è detto punto angoloso.
In generale, i punti in cui una funzione non è derivabile (ossia i
punti in cui almeno una delle condizioni della Definizione 6.4 non è
verificata) vengono classificati nel seguente modo:
Definizione 6.7. Sia f :]a, b[! R continua in x0 2]a, b[ . Se in x0 il
limite destro e sinistro del rapporto incrementale di f esistono finiti
ma sono diversi tra loro, si dice che nel punto x0 la f ha un punto
angoloso.
Definizione 6.8. Se f :]a, b[! R è continua in x0 e
f (x0 + ✏) f (x0 )
= ±1
✏!0
✏
si dice che nel punto x0 la funzione ha tangente verticale.
lim
Definizione 6.9. Sia f :]a, b[! R continua in x0 e
f+0 (x0 ) = +1 ,
(oppure
f 0 (x0 ) = 1
f+0 (x0 ) = 1 ,
f 0 (x0 ) = +1) .
Allora x0 si chiama punto di cuspide.
Di seguito vengono presentati alcuni esempi.
167
6.3 Derivabilità e continuità
• La funzione f (x) = |x| (in Figura 2) ha un punto angoloso in
x0 = 0 .
Figura 2
• La funzione f (x) = x3 (in Figura 3) è derivabile in tutti i punti
del suo dominio (R); in particolare in x0 = 0 ha tangente
orizzontale (la derivata si annulla in quel punto).
f(x)=x3
1000
800
600
400
y
200
0
−200
−400
−600
−800
−1000
−10
−8
−6
−4
−2
0
x
2
4
Figura 3
p
• La funzione f (x) = 3 x (vedere Figura 4) nel punto (0, 0) ha
tangente verticale (punto di non derivabilità).
6
8
10
6.3 Derivabilità e continuità
168
Figura 4
p3
• La funzione f (x) = |x| (in Figura 5) ha un punto di cuspide
in x0 = 0 ; in particolare f+0 (x0 ) = +1 , e f 0 (x0 ) = 1 .
Figura 5
p3
• Similmente, anche la funzione f (x) =
|x| (in Figura 6) ha
0
un punto di cuspide in x0 = 0 con f+ (x0 ) = 1 , e f 0 (x0 ) =
+1 .
Figura 6
169
6.4 Operazioni con le derivate
6.4. Operazioni con le derivate
Presentiamo alcuni risultati che riguardano le operazioni che si
possono e↵ettuare con le derivate, e che consentono di calcolare
derivate di funzioni senza ricorrere direttamente alla definizione.
Teorema 6.10 (somma). Date f, g :]a, b[! R , e x0 2]a, b[ , se esistono
f (x0 ) e g0 (x0 ) , allora esiste la derivata in x0 della somma delle due funzioni
e
( f + g)0 (x0 ) = f 0 (x0 ) + g0 (x0 ) .
0
Dimostrazione. Per definizione sappiamo che
( f + g)(x0 ) = f (x0 ) + g(x0 ) .
Risulta quindi
lim
✏!0
( f + g)(x0 + ✏) ( f + g)(x0 )
✏
f (x0 + ✏) + g(x0 + ✏) ( f (x0 ) + g(x0 ))
= lim
✏!0
✏
f (x0 + ✏) f (x0 ) g(x0 + ✏) g(x0 )
= lim
+
✏!0
✏
✏
0
0
= f (x0 ) + g (x0 )
ed il teorema risulta dimostrato.
⇤
Teorema 6.11 (prodotto per uno scalare). Sia f :]a, b[! R , x0 2
]a, b[ e 2 R . Se esiste f 0 (x0 ) , allora esiste la derivata in x0 di · f , e
( · f )0 (x0 ) =
· f 0 (x0 ) .
Dimostrazione. Per definizione sappiamo che
( f )(x0 ) =
f (x0 )
da cui segue
f (x0 + ✏)
✏
f (x0 )
=
f (x0 + ✏)
✏
f (x0 )
!
f 0 (x0 ) .
⇤
Osservazione 6.12. Dai due teoremi precedenti deduciamo che
l’operatore di derivata è un operatore lineare.
6.4 Operazioni con le derivate
170
Teorema 6.13 (prodotto). Date f, g :]a, b[! R , e x0 2]a, b[ , se esistono f 0 (x0 ) e g0 (x0 ) , allora esiste la derivata in x0 del prodotto delle due
funzioni e
( f · g)0 (x0 ) = f 0 (x0 ) · g(x0 ) + f (x0 ) · g0 (x0 ) .
Dimostrazione. Per definizione sappiamo che
( f · g)(x0 ) = f (x0 ) · g(x0 ) .
Risulta quindi
( f · g)(x0 + ✏) ( f · g)(x0 )
f (x0 + ✏) · g(x0 + ✏) f (x0 ) · g(x0 )
=
✏
✏
f (x0 + ✏) · g(x0 + ✏) f (x0 ) · g(x0 ) + f (x0 + ✏) · g(x0 ) f (x0 + ✏) · g(x0 )
=
✏
g(x0 + ✏) g(x0 ) f (x0 + ✏) f (x0 )
= f (x0 + ✏) ·
+
· g(x0 )
✏
✏
! f (x0 ) · g0 (x0 ) + f 0 (x0 ) · g0 (x0 ) .
⇤
Teorema 6.14 (reciproco). Sia f :]a, b[! R e x0 2]a, b[ . Se f (x0 ) , 0
ed esiste f 0 (x0 ) , allora esiste la derivata in x0 di 1f , e si ha
!0
f 0 (x0 )
1
(x0 ) =
.
f
[ f (x0 )]2
Dimostrazione.
1
(x0
f
+ ✏)
✏
1
(x0 )
f
=
=
=
!
!
1
1
1
f (x0 + ✏) f (x0 ) ✏
f (x0 ) f (x0 + ✏) 1
·
f (x0 + ✏) · f (x0 ) ✏
f (x0 + ✏) f (x0 )
1
·
f (x0 + ✏) · f (x0 )
✏
0
f (x0 )
1
0
·
f
(x
)
=
.
0
[( f (x0 )]2
f 2 (x0 )
⇤
Dai teoremi del prodotto e del reciproco segue subito il
171
6.4 Operazioni con le derivate
Teorema 6.15 (rapporto). Date f, g :]a, b[! R e x0 2]a, b[ , se esistono f 0 (x0 ) e g0 (x0 ) e g(x0 ) , 0 , allora esiste la derivata in x0 del quoziente
delle due funzioni e
!0
f
f 0 (x0 ) · g(x0 ) f (x0 ) · g0 (x0 )
(x0 ) =
.
g
[g(x0 )]2
Si ha poi il
Teorema 6.16 (composizione). Sia f :]a, b[!]↵, [ , derivabile in
x0 2]a, b[ e g :]↵, [! R derivabile in f (x0 ) . Allora la funzione composta
g f è derivabile in x0 e
(g
f )0 (x0 ) = g0 ( f (x0 )) · f 0 (x0 ) .
Dimostrazione. Dobbiamo calcolare
lim
✏!0
g( f (x0 + ✏))
✏
g( f (x0 ))
.
Poniamo per semplicità f (x0 ) = y0 e sia
f (x0 + ✏) = f (x0 ) + .
Ovviamente, se ✏ ! 0 anche
x0 . Si ha
g( f (x0 + ✏))
✏
g( f (x0 ))
=
=
=
! 0 poiché la funzione è continua in
g(y0 + )
✏
g(y0 + )
g(y0 )
g(y0 )
·
✏
f (x0 + ✏) f (x0 )
·
✏
! g0 (y0 ) · f 0 (x0 ) = g0 ( f (x0 )) · f 0 (x0 ) .
g(y0 + )
g(y0 )
⇤
Vale quindi la cosiddetta Regola della catena: siano
w = f (y) ,
Allora
y = y(x) .
dw dw dy
=
·
.
dx
dy dx
172
6.4 Operazioni con le derivate
Teorema 6.17 (funzione inversa). Sia f :]a, b[!]↵, [ una funzione
invertibile, derivabile in ]a, b[, e x0 2]a, b[ tale che f 0 (x0 ) , 0 . Allora la
funzione inversa g(y) = f 1 (y) è derivabile in y0 = f (x0 ) e
g0 (y0 ) =
1
f 0 (x0 )
=
1
f 0 ( f 1 (y0 ))
.
Osservazione 6.18. Se
(g
f )(x) = x 8x 2]a, b[ ,
allora derivando entrambi i membri si ottiene
g0 ( f (x)) · f 0 (x) = 1
da cui
g0 ( f (x0 )) =
1
f 0 (x0 )
, x0 = f 1 (y0 ).
Dimostrazione (Teorema 6.17). Occorre studiare il limite per ✏ !
0 di
g(y0 + ✏) g(y0 )
.
✏
Sia
f (x0 + ) = f (x0 ) + ✏ ;
essendo f continua in x0 , se ! 0 anche ✏ ! 0 . A noi serve il
vicerversa, cioè ✏ ! 0 ) ! 0 . Ma ciò segue immediatamente
dalla continuità di g nel punto y0 perché
(g
f )(x0 + ) = g( f (x0 ) + ✏)
ossia
x0 +
= g(y0 + ✏)
e quindi = g(y0 + ✏) g(y0 ), perchè x0 = g(y0 ).
Pertanto
g(y0 + ✏) g(y0 )
=
✏
f (x0 + ) f (x0 )
1
1
= f (x + ) f (x ) ! 0
.
0
0
f (x0 )
⇤
173
6.5 Derivazione di alcune funzioni inverse
6.5. Derivazione di alcune funzioni inverse
Grazie al Teorema 6.17 presentato nella sezione precedente, possiamo determinare le derivate di alcune funzioni che sono le inverse
di altre.
Consideriamo la funzione inversa di f (x) = xn con n dispari , ossia
1
f :R!R
f (x) = x n ,
n > 1 dispari .
In generale, sappiamo che
g(y) = f 1 (y)
g0 (y) =
)
1
f 0 ( f 1 (y))
.
Nel nostro caso, ponendo
1
g(y) = y n ,
risulta
f 0 (x) = nxn 1 ,
Pertanto
g0 (y) =
f 1 (y) = x .
f (x) = y ,
1
f 0 ( f 1 (y))
=
1
nxn
1
=
e si ha
1
1
n(y n )n
=
1
1
n(y n )n
1
1
yn 1
=
.
n
1
ny1
1
1
n
Tutto ciò ha senso quando y , 0 . Si noti che
1
n
1<0
quindi
lim g0 (y) = +1 .
y!0+
Analogamente nel caso n pari con x
0.
Osservazione 6.19. E’ bene tenere presente che conoscendo determinate caratteristiche di una funzione, si possono dedurre alcune
proprietà che riguardano la sua derivata. Ad esempio se D è un
intervallo simmetrico risapetto a x = 0 si ha che:
174
6.5 Derivazione di alcune funzioni inverse
• se f è una funzione dispari, la sua derivata f 0 è pari. Infatti
f ( x) =
f (x) 8x 2 D
f 0 ( x) · ( 1) =
)
f 0 (x)
f 0 ( x) = f 0 (x) 8x 2 D ;
)
• se f è una funzione pari, la sua derivata f 0 è dispari. Infatti
f ( x) = f (x) 8x 2 D
f 0 ( x) · ( 1) = f 0 (x)
)
f 0 ( x) =
)
Consideriamo ora la funzione logaritmo.
funzin inversa si ha, per ogni x > 0,
D log y =
1
,
ex
D log y =
1
.
y
ove y = ex . Dunque
f 0 (x) 8x 2 D .
Dal Teorema della
Inoltre se
g(y) = log |y|,
dal Teorema della derivata della funzione composta si ottiene
g0 (y) =
Per y , 0 si ha
Quindi
y
D(y) =
=
|y|
g0 (y) =
Quindi
1
· D(|y|) .
|y|
(
1 se y > 0 ,
1 se y < 0 .
y
1 y
1
·
= 2 = .
y |y| |y|
y
1
D(log |x|) = 8x , 0.
x
Consideriamo infine potenza con esponente reale f (x) = x↵ x > 0,
con ↵ 2 R . Possiamo scrivere
f (x) = e↵ log x , x > 0.
e determinare la derivata osservando che
175
6.5 Derivazione di alcune funzioni inverse
↵ x↵ · ↵
=
= ↵ · x↵ 1 .
x
x
(Si noti che in generale questa formula ha senso solo per le x
positive, oppure per le x < 0 quando ↵ 2 N, oppure ↵ = n1 con n
dispari).
D(e↵ log x ) = e↵ log x · D(↵ log x) = e↵ log x ·
6.5.1. Derivate di alcune funzioni trigonometriche. Calcoliamo
la derivata della funzione tangente
f :R!R
Si ha
f (x) = tan x .
cos x cos x sin x( sin x) cos2 x + sin2 x
=
cos2 x
cos2 x
1
=
= 1 + tan2 x .
2
cos x
Determiniamo la derivata della sua funzione inversa

⇡ ⇡
f :R!
,
f (x) = arctan x = y
(g(y) = tan y) .
2 2
Grazie al risultato che abbiamo presentato prima si ha
D(tan x) =
1
1
=
D(tan y) 1 + tan2 y
1
1
=
=
.
2
1 + tan (arctan x) 1 + x2
f 0 (x) =
1
g0 (y)
=
Analogamente possiamo calcolare la derivata della funzione
arcoseno (inversa della funzione seno)

⇡ ⇡
f : [ 1, 1] !
,
f (x) = arcsin x = y (g(y) = sin y) .
2 2
Risulta
1
1
1
1
f 0 (x) = 0
=
=
= q
g (y) D(sin y) cos y
1 sin2 y
=
p
1
1
[sin(arcsin x)]2
= p
1
1
x2
.
Similmente la derivata della funzione arcocoseno
f : [ 1, 1] ! [0, ⇡]
f (x) = arccos x = y (g(y) = cos y)
176
6.6 Derivate: alcuni teoremi fondamentali
è data da
f 0 (x) =
=
1
g0 (y)
p
=
1
=
D(cos y)
1
=
sin y
1
1
[cos(arccos x)]2
=
p
p
1
1
1
1
x2
cos2 y
.
6.6. Derivate: alcuni teoremi fondamentali
Raccogliamo in questa sezione alcuni importanti risultati che
coinvolgono le derivate.
Consideriamo le seguenti definizioni:
Definizione 6.20. Sia f : A ! R , A ⇢ R . Un punto x0 2 A si dice
punto di massimo (minimo) per f se f (x)  f (x0 ) 8x 2 A (oppure f (x)
f (x0 ) 8x 2 A) . Il valore f (x0 ) viene detto valore massimo (oppure valore
minimo) .
Definizione 6.21. Sia f :]a, b[! R . Un punto x0 2]a, b[ si dice
punto di massimo (o minimo) relativo se esiste
> 0 tale che nell’intervallo [x0
, x0 + ] ⇢]a, b[ il punto x0 è punto di massimo (o
minimo).
Figura 7
177
6.6 Derivate: alcuni teoremi fondamentali
Ad esempio, la funzione il cui grafico è riportato in Figura 7 ha i
seguenti massimi e minimi, precisamente
A = massimo relativo
B = minimo relativo
C = massimo assoluto .
Figura 8
Per la funzione rappresentata graficamente in Figura 8, che ha in
x = a un asintoto verticale, si ha:
A = massimo relativo
B, C = minimo assoluto ,
ma non presenta massimo assoluto.
Vale il seguente risultato:
Teorema 6.22 (Teorema di Fermat). Sia f :]a, b[! R e sia x0 2]a, b[
un punto di minimo (o massimo) relativo. Se f è derivabile in x0 , allora
f 0 (x0 ) = 0 .
Dimostrazione. Vogliamo dimostrare che il limite per ✏ ! 0 del
rapporto incrementale
f (x0 + ✏) f (x0 )
✏
vale zero. Limitiamoci al caso x0 punto di massimo relativo per la
funzione. Si ha che
9 ✏0 :
f (x0 + ✏)
f (x0 )
0
8✏ 2]
✏0 , ✏0 [.
6.6 Derivate: alcuni teoremi fondamentali
178
Pertanto
f (x0 + ✏) f (x0 )
0
✏!0
✏
f (x0 + ✏) f (x0 )
f 0 (x0 ) = lim
 0.
✏!0
✏
Ma se f 0 (x0 ) esiste, si ha necessariamente f+0 (x0 ) = f 0 (x0 ) , da cui
f 0 (x0 ) = 0 .
⇤
f+0 (x0 ) = lim+
Definizione 6.23. Sia f :]a, b[! R e sia x0 2]a, b[ : f 0 (x0 ) = 0 .
Allora il punto x0 si dice punto stazionario per f .
Osservazione 6.24. Se f è derivabile in x0 e x0 è punto di massimo
o minimo relativo, allora x0 è un punto stazionario per la funzione.
Non vale tuttavia il viceversa, cioè esistono punti stazionari che non
sono punti di massimo nè di minimo. Ad esempio i punti di flesso
a tangente orizzontale, come x0 = 0 per f (x) = x3 (il cui grafico è
riportato in Figura 3, Sezione 6.3).
Un altro importante risultato è presentato nel seguente teorema.
Teorema 6.25 (Teorema di Rolle). Sia f : [a, b] ! R , con a < b .
Supponiamo che
a) f è continua in [a, b]
b) f è derivabile in ]a, b[
c) f (a) = f (b).
Allora 9 ⇠ 2]a, b[ : f 0 (⇠) = 0 .
Osservazione 6.26. Possiamo evidenziare l’essenzialità delle ipotesi del teorema presentando di seguito alcuni controesempi, in cui
due solo due delle tre ipotesi sono verificate:
• f non continua in [a, b] : la funzione
(
x se x 2 [0, 1[
f (x) =
0 se x = 1 ,
ha derivata costante uguale 1 in tutti i punti dell’intervallo
]0, 1[ (quindi non si annulla mai);
• f non derivabile in [a, b] : la funzione f (x) = |x| non è
derivabile in x = 0 (e la sua derivata è sempre diversa da
zero nei punti x , 0);
179
6.6 Derivate: alcuni teoremi fondamentali
• f assume valori diversi agli estremi dell’intervallo: ad
esempio f (x) = x nel’intervallo [0, 1] .
Dimostrazione (Teorema 6.25). f è continua per ipotesi. Per il
Teorema di Weierstrass
9 x1 , x2 2 [a, b] : f (x1 )  f (x)  f (x2 )
(cioè x1 è punto di minimo, x2 punto di massimo). Distinguiamo i
seguenti casi:
(1) x1 2 ]a, b[ : essendo f derivabile in x1 possiamo applicare il
teorema di Fermat e dedurre che f 0 (x1 ) = 0 ;
(2) x2 2 ]a, b[ : essendo f derivabile in x2 , si conclude che f 0 (x2 ) =
0;
(3) x1 < ]a, b[ e x2 < ]a, b[ , con x1 , x2 . Allora x1 = a e x2 = b
oppure x1 = b e x2 = a . Per fissare le idee sia x1 = a, x2 = b.
In questo caso
f (a) = f (x1 )  f (x)  f (x2 ) = f (b) .
Essendo f (a) = f (b) , risulta
f (x) = f (a) 8x 2 [a, b]
)
f 0 (x) = 0
8 2 ]a, b[ ;
(4) x1 = x2 , allora
f (x1 )  f (x)  f (x2 ) = f (x1 ),
ossia f è costante e quindi f 0 (x) = 0
8x 2]a, b[.
⇤
Presentiamo ora due importanti teoremi conseguenza del
Teorema di Rolle: il Teorema di Lagrange e quello di Cauchy.
Teorema 6.27 (Teorema di Lagrange). Sia f : [a, b] ! R tale che
1) f è continua in [a, b]
2) f è derivabile in ]a, b[ .
Allora
9 ⇠ 2]a, b[ : f 0 (⇠) =
f (b)
b
f (a)
.
a
6.6 Derivate: alcuni teoremi fondamentali
180
Osservazione 6.28. Se valgono le condizioni 1) e 2), il teorema di
Lagrange a↵erma che esiste un punto ⇠ appartenente all’intervallo
aperto ]a, b[ in cui la tangente al grafico della funzione ha la stessa pendenza (coefficiente angolare) della retta passante per i punti
(a, f (a)) e (b, f (b)) , vedi figura 9.
Figura 9
Dimostrazione. Consideriamo la seguente funzione
"
#
f (b) f (a)
w(x) = f (x)
f (a) +
· (x a) .
b a
Cosı̀ definita, w è tale che
"
w(b) = f (b)
e
f (b)
f (a) +
b
f (a)
· (b
a
#
a) = 0
"
#
f (b) f (a)
w(a) = f (a)
f (a) +
· (a a) = 0 .
b a
In questo modo w verifica le ipotesi del teorema di Rolle e possiamo
a↵ermare che esiste ⇠ 2]a, b[ tale che w0 (⇠) = 0 . D’altra parte, la
derivata di w è data da
f (b) f (a)
w0 (x) = f 0 (x)
b a
quindi, dal fatto che è nulla in ⇠, si ricava
f 0 (⇠) =
f (b)
b
f (a)
.
a
⇤
181
6.6 Derivate: alcuni teoremi fondamentali
Teorema 6.29 (Teorema di Cauchy). Siano f, g : [a, b] ! R tali che
(1) f, g sono continue in [a, b]
(2) f, g sono derivabili in ]a, b[
(3) g0 (x) , 0 8x 2]a, b[ , () g(b) , g(a)).
Allora
f (b)
g(b)
9 ⇠ 2 ]a, b[ :
f (a)
f 0 (⇠)
= 0
.
g(a) g (⇠)
Dimostrazione. Consideriamo la funzione
"
f (b) f (a)
w(x) = f (x)
f (a)
· (g(x)
g(b) g(a)
Osserviamo che
"
w(b) = f (b)
e
f (a)
f (b)
g(b)
f (a)
· (g(b)
g(a)
#
g(a)) .
#
g(a)) = 0
"
#
f (b) f (a)
w(a) = f (a)
f (a)
· (g(a) g(a)) = 0 .
g(b) g(a)
La funzione verifica cosı̀ le ipotesi del Teorema di Rolle, quindi esiste
un punto ⇠ 2]a, b[ in cui la derivata di w si annulla, da cui si ottiene
la tesi.
⇤
Osservazione 6.30. Il teorema di Lagrange si ottiene dal teorema
di Cauchy come caso particolare ( è sufficiente scegliere g(x) = x) .
Il seguente teorema caratterizza la proprietà di crescenza o
decrescenza di una data funzione.
Teorema 6.31 (Test di monotonia). Sia f :]a, b[! R una funzione
derivabile. Allora
f è debolmente crescente in ]a, b[
,
f 0 (x) 0 8x 2]a, b[ .
Dimostrazione. Dimostriamo le due implicazioni.
()) Supponiamo che
a < x1 < x2 < b
)
f (x1 )  f (x2 ) .
Allora
f (x2 )
x2
f (x1 )
x1
0
per ogni x2 > x1 .
6.6 Derivate: alcuni teoremi fondamentali
182
Prendiamo x2 = x1 + ✏ con ✏ > 0 . Allora
f (x1 + ✏) f (x1 )
0.
✏!0
✏
Poiché la funzione è derivabile, necessariamente deve essere
lim+
f 0 (x) = f+0 (x) 8x 2]a, b[
da cui f 0 (x) 0 per ogni x in ]a, b[ .
(() Supponiamo f 0 (x)
0 per ogni x appartenente ad ]a, b[ .
Siano
a < x1 < x2 < b
e applichiamo il teorema di Lagrange all’intervallo [x1 , x2 ] :
si ha che
f (x2 ) f (x1 )
9 ⇠ 2 ]x1 , x2 [ :
= f 0 (⇠)
x2 x1
e grazie all’ipotesi, sappiamo che il valore f 0 (⇠) è non negativo. Pertanto, essendo x2 x1 > 0 , segue che f (x2 ) f (x1 ) 0 ,
da cui f (x1 )  f (x2 ) .
⇤
Osservazione 6.32. A proposito del legame tra stretta monotonia
e stretta positività della derivata abbiamo:
• se f 0 (x) > 0 8x 2]a, b[ , allora f è strettamente crescente .
Siano infatti a < x1 < x2 < b ; allora
9 ⇠ 2]x1 , x2 [ :
f (x2 )
x2
f (x1 )
= f 0 (⇠) > 0
x1
)
f (x2 ) > f (x1 ) .
• Se f 0 (x) < 0 8x 2]a, b[ , allora f è strettamente decrescente
(e la dimostrazione è analoga alla precedente);
• Se f :]a, b[! R è strettamente crescente, non è detto che
f 0 (x) > 0 per ogni x appartenente ad ]a, b[ . Come esempio, si
può considerare la funzione f (x) = x3 , funzione strettamente
crescente ma la cui derivata si annulla in x = 0 ( f 0 (x) = 3x2 ) .
Teorema 6.33. Sia f : [a, b] ! R una funzione continua, derivabile
in ]a, b[ e tale che f 0 (x) = 0 per ogni x in ]a, b[ . Allora la funzione f è
costante.
6.7 Studio della derivabilità
183
Dimostrazione. Sia x 2 ]a, b] , con x > a . Applichiamo il teorema
di Lagrange nell’intervallo [a, x] : abbiamo che
f (x) f (a)
= f 0 (⇠x ) = 0 .
x a
Pertanto segue che f (x) f (a) = 0 8x 2 ]a, b[ . Poiché f è continua in
[a, b] , f (x) f (a) = 0 anche in x = a e x = b , da cui
9 ⇠x 2 ]a, x[ :
f (x) = f (a) 8x 2 [a, b]
ossia la tesi.
⇤
6.7. Studio della derivabilità
Attraverso i risultati presentati finora, abbiamo intuito quanto sia
utile poter studiare la derivata di una funzione al fine di ottenere
molte informazioni sulla funzione data.
Di conseguenza fondamentale in analisi matematica è lo studio
della deriviabilità delle funzioni, ossia il poter individuare quei punti
del dominio in cui la funzione è derivabile.
Considerando ad esempio la seguente funzione
8
1
>
>
>
x2 sin
x,0
>
>
x
<
f (x) = >
>
>
>
>
:
0
x=0
possiamo domandarci: si tratta di una funzione derivabile in x = 0 ?
In x = 0 si ha che
1
✏2 sin
f (✏) f (0)
✏ = ✏ sin 1 = 0 .
lim
= lim
✏!0
✏!0
✏
✏
✏
Se x , 0 calcoliamo l’espressione della derivata
✓ ◆✓
◆
1
1
1
1
1
0
2
f (x) = 2x sin + x cos
= 2x sin
cos .
2
x
x
x
x
x
La derivata nel punto x = 0 esiste ma non esiste il limite della
derivata per x che tende a zero. A tal proposito, in generale vale il
seguente risultato:
6.8 Ricerca di massimi e minimi di funzioni
184
Teorema 6.34. Sia f :]x0 , b[! R una funzione continua in x+0 e
derivabile in x0 , b[. Supponiamo che
9 lim+ f 0 (x) = l 2 R [ {±1} .
x!x0
Allora f+0 (x0 ) = l .
Dimostrazione. Applichiamo il Teorema di Lagrange all’intervallo [x0 , x] , con x < b. Abbiamo che
f (x)
x
9 ⇠x 2 ]x0 , x[ :
f (x0 )
= f 0 (⇠x ) .
x0
Poichè se x ! x+0 e x0 < ⇠x < x, applicando il teorema del confronto,
segue che ⇠x ! x0 . Ma f 0 (⇠x ) ! l per ipotesi, da cui
lim+
x!x0
f (x)
x
f (x0 )
= l.
x0
⇤
6.8. Ricerca di massimi e minimi di funzioni
Quando si vogliono studiare le caratteristiche di una data funzione, fondamentale è la ricerca dei suoi massimi e minimi. Forniamo
in questa sezione un metodo generale per individuarli.
Sia f : [a, b] ! R una funzione continua. I punti di massimo e
minimo della funzione vanno cercati tra:
(1) i punti x 2 ]a, b[ dove f è derivabile tali che f 0 (x) = 0 ;
(2) i valori f (a) e f (b) ;
(3) i punti x 2 ]a, b[ dove f 0 non esiste .
Esempio 6.35. Consideriamo la funzione
f (x) = x · e
x2
x 2 [0, 2]
e determiniamo i suoi massimi e minimi.
Osserviamo innanzitutto che
f (0) = 0 ,
f (2) = 2e 4 .
6.9 Problemi di massimo e di minimo: alcune applicazioni
185
Se x 2 ]0, 2[ si ha che
f 0 (x) = e
x2
+x·e
x2
( 2x) = e
x2
da cui
f 0 (x) = 0
,
1
2x2 = 0
,
(1
2x2 ) ,
1
x=±p
2
1
p < ]0, 2[ . Abbiamo che p12 è l’unico punto stazionario in ]0, 2[
2
e
!
1
1
1
f p = p · e 2 > 0.
2
2
Quindi x = 0 è punto di minimo assoluto per f . Inoltre
!
1
0
0
f (0) = 1 > 0,
f p = 0,
f 0 (2) = 7e 4 > 0,
2
ma
1
pertanto x = p è punto di massimo assoluto per la funzione.
2
6.9. Problemi di massimo e di minimo: alcune applicazioni
In questa sezione presentiamo alcuni problemi di massimo e di
minimo, che possono essere risolti utilizzando il calcolo di↵erenziale
e applicando alcuni dei risultati finora esposti.
6.9.1. Il Principio di Fermat e la riflessione. Consideriamo una
sorgente A , un’osservatore B , e una superficie riflettente s (vedi
Figura 10). Il principio di Fermat dell’ottica classica a↵erma che il
cammino che un raggio di luce emesso da A compie alla velocità v per
andare da A a B passando per un punto di s , è caratterizzato dal minor
tempo possibile impiegato. Nel caso in cui la luce si muova a velocità
costante (caso di un mezzo omogeneo ed isotropo) tale cammino è
quello che rende minima la lunghezza percorsa. Schematicamente si
ha
6.9 Problemi di massimo e di minimo: alcune applicazioni
186
Figura 10
dove
A=
(0, a)
= sorgente
B = (b1 , b2 ) = osservatore
R=
(x, 0)
= punto di riflessione
v=
d
dt
= velocità della luce .
La funzione che misura il tempo impiegato dall’onda per andare
dal punto A al punto B passando per R è
d
AR RB
=
+
= f (R) .
v
v
v
Dobbiamo dunque minimizzare la funzione f (R) sotto le seguenti
condizioni:
dt =
a > 0,
b1 > 0,
b2 > 0.
Esprimiamo f (R) come
q
✓
◆
1 p 2
2
2
2
f (R) = f (x) = ·
a + x + (b1 x) + b2 .
v
Vogliamo trovare, se esistono i punti x che minimizzano la funzione
f . Osserviamo innanzitutto che
lim f (x) = +1
x!±1
quindi, poiché la funzione è continua, il minimo esiste. Ora, se x0 è
un punto di minimo assoluto, cioè tale che
f (x0 )  f (x) 8x
6.9 Problemi di massimo e di minimo: alcune applicazioni
187
allora la derivata in x0 vale zero, ossia f 0 (x0 ) = 0 . Imponendo questa
condizione si trova (vedi Figura 11),
b0 B0 ,
Ab
R0 O = ↵A = ↵B = AR
da cui si ricava che l’angolo di incidenza è uguale all’angolo di
riflessione.
Figura 11
A questa conclusione si può arrivare anche con semplici considerazioni geometriche (suggerite in figura 11) che sfruttano la
disuguaglianza triangolare nel piano euclideo.
6.9.2. La rifrazione. Ci occupiamo ora del principio di rifrazione
in modo simile a quanto fatto per quello di riflessione nella sottosezione precedente. Consideriamo una situazione come quella
rappresentata in Figura 12
Figura 12
6.9 Problemi di massimo e di minimo: alcune applicazioni
188
dove
A=
(0, a)
= sorgente
B = (b1 , b2 ) = osservatore
R=
(x, 0)
= punto di rifrazione
v1 =
velocità di propagazione del mezzo 1
v2 =
velocità di propagazione del mezzo 2
superficie rifrangente .
s=
Supponiamo v1 , v2 costanti e tali che v1 , v2 . La funzione
f (R) =
AR BR
+
v1
v2
misura il tempo di percorrenza della luce per andare dalla sorgente A
al punto B toccando una sola volta la superficie (proprietà verificata
da una traiettoria che minimizza il tempo). Tale funzione può essere
riscritta nel seguente modo
q
1 p 2
1
2
f (x) =
· a +x +
· (b1 x)2 + b22 .
v1
v2
Osserviamo che
lim f (x) = +1
x!±1
quindi la funzione ammette minimo assoluto che è un punto dove la
derivata prima si annulla. Se x è punto di minimo assoluto, allora
f 0 (x) = 0 . La derivata di f è data da
(6.5)
f 0 (x) =
(6.6)
=
2(b1 x)
1
2x
1
· p
+
· q
v1 2 a2 + x2 v2
2 (b1 x)2 + b22
(x b1 )
1
x
1
· p
+
· q
.
v1
2
a2 + x2 v2
2
(b1 x) + b2
Dunque, i valori di x che annullano la f 0 vanno cercati tra le soluzioni
della seguente equazione
(b1 x)
1
x
1
· p
=
· q
.
v1
2
a2 + x2 v2
2
(b1 x) + b2
6.9 Problemi di massimo e di minimo: alcune applicazioni
189
Osserviamo che
1
b1
+ q
<0
v2
2
2
b1 + b2
f 0 (0) =
f 0 (b1 ) =
Inoltre la funzione y 7! p
1
b1
> 0.
q
v1
a2 + b21
y
↵2 +y2
con ↵ , 0 è strettamente crescente.
Allora esiste un unico x (che deve appartenere all’intervallo ]0, b1 [)
tale che f 0 (x) = 0 .
Inoltre, indicando con B1 = (b1 , 0) la proiezione di B sull’asse delle
ascisse, si ha
x
OR
=
= sin ↵
p
a2 + x2 AR
b1 x
B1 R
=
= sin
q
RB
(b1 x)2 + b22
quindi dalla condizione f 0 (x) = 0 si ottiene
sin ↵ v1
=
,
sin
v2
conosciuta come legge della rifrazione di Snell.
6.9.3. Un problema pratico. Consideriamo il problema schematizzato in figura 13: una trave di lunghezza 4 metri può passare
attraverso il tubo?
Si tratta di un problema di minimo: la trave riesce a passare se la
sua lunghezza è minore della minima lunghezza del segmento AB .
Consideriamo i seguenti punti (come in figura):
A = (a, 0)
B = (0, b)
P = (2, 1) .
I segmenti AP e PB hanno risepttivamente lunghezza
p
(6.7)
AP =
12 + (a 2)2
p
(6.8)
PB =
22 + (b 1)2 ,
6.9 Problemi di massimo e di minimo: alcune applicazioni
190
Figura 13
quindi il segmento AB è dato da
p
(6.9)
AB = AP + PB = 12 + (a
2)2 +
p
22 + (b
1)2 .
L’equazione della retta passante per i punti P ed A è
x a
.
2 a
Il punto B appartiene a tale retta se e solo se
y=
b=
✓
Si ha quindi B = 0;
◆
a
2
a
b
a
2
a
.
. Segue che
1=
a
1=
2
.
2 a
a 2
Sostituendo tale espressione nella (6.9) otteniamo la funzione
r
p
4
2
f (a) = 1 + (a 2) + 4 +
(a 2)2
dove i casi significativi si hanno quando a > 2.
D’altra parte la lunghezza del segmento AB può anche essere
ottenuta come distanza tra i punti A e B :
s
p
a2
l(AB) = a2 + b2 = a2 +
.
(a 2)2
In e↵etti f (a) = l(AB) come si verifica immediatamente. Dunque si
possono cercare i punti di minimo per l(AB) , che a sua volta sono gli
6.9 Problemi di massimo e di minimo: alcune applicazioni
191
stessi di
g(a) = a2 +
a2
.
(a 2)2
Osserviamo che
(6.10)
lim g(a) = +1
a!+1
(6.11)
lim g(a) = +1
a!2+
quindi esiste il minimo assoluto di f nell’intervallo ]2, +1[ . Inoltre
(6.12)
g0 (a) = 0
(6.13)
(6.14)
,
g0 (a) = 2a 1
,
(a
!
2
(a
2)3
=0
2)3 = 2
p3
a = 2 + 2,
,
quindi la lunghezza massima possibile della trave è
l(AB)(2 +
p3
q
2) =
p3
p3
s
5 + 3 4 + 3 16 =
Dimostriamo che l(AB)(2 +
p3
p3
12 6 2
5 + p3 + p3 .
4
4
2) > 4 ossia che
q
p3
p3
5 + 3 4 + 3 16 > 4
,
p3
p3
11
4+2 2>
.
3
ma ques’ultima è vera poiché
p3
4>
3
,
2
p3
5
2 2>
2
e ciò implica
p3
4+
p3
16 >
3 5
11
+ =4>
.
2 2
3
Quindi la trave di lunghezza 4 metri può passare atttraverso il tubo.
192
6.10 Esercizi
6.10. Esercizi
Esercizio 1. Dire se esistono massimo e minimo assoluti
1
f : ( 1, 1) ! R , f (x) = p
1 x2
ed eventualmente calcolarli.
Esercizio 2. Determinare, se esistono, massimi e minimi relativi ed
assoluti delle seguenti funzioni:
a)
b)
c)
f
f
f
: [0, 1] ! R ,
: h[ 1, i1] ! R ,
: 0, ⇡2 ! R ,
f (x) = x x2 ;
f (x) = |x|(2x 1) ;
f (x) = 7 sin x + sin 2x .
Esercizio 3. Dopo aver individuato il dominio massimale delle seguenti funzioni, determinare, se esistono, massimi e minimi relativi
ed assoluti:
a) f (x) = (2x 1)e x ;
2
b) g(x) = x x2x2 3 ;
p
c) h(x) = x(log x)2 ;
d) k(x) = 2|x| |x 1| ;
e) s(x) = log2 x + 2 log x .
Esercizio 4. Siano a > 0 , p > 1 . Determinare il minimo della
funzione f (x) = xp ax in R+ .
Esercizio 5. Si cosideri una funzione f (x) derivabile su R con derivata
continua e tale che
f 0 (x) = 0
,
lim f (x) = +1 ,
x!+1
x = x0 ,
lim f (x) = 1 .
x! 1
Dimostrare che il punto x0 non può essere né punto di massimo né
punto di minimo relativo per f (x) .
6.11 Funzioni concave e convesse: la derivata seconda
193
6.11. Funzioni concave e convesse: la derivata seconda
Abbiamo visto che la monotonia di una data funzione può essere
studiata attraverso la sua derivata. Analogamente, si può stabilire se
una funzione è concava o convessa in un dato intervallo studiando
la derivata seconda. Diamo le seguenti definzioni preliminari:
Definizione 6.36. Si dice che K ⇢ R2 è convesso se
8x1 , x2 2 K
[x1 , x2 ] ⌘ {tx1 + (1
t)x2 : t 2 [0, 1]} ⇢ K.
(vedi figura 14). Un sottoinsieme di R2 si dice concavo se il suo
complementare è convesso.
Figura 14
Definizione 6.37. tx1 + µx2 si chiama combinazione convessa
se t + µ = 1 .
Definizione 6.38. Sia f : I ! R , I intervallo. Si dice epigrafico (o
sopragrafico) di f l’insieme {(x, y) : x 2 I , y f (x)} .
L’epigrafico di una funzione f si denota con epi-f (nella figura 15,
corrisponde all’area tratteggiata).
Definizione 6.39. Una funzione f : I ! R si dice convessa (o
concava) in I se per ogni x1 , x2 2 I il segmento che congiunge (x1 , f (x1 ))
con (x2 , f (x2 )) si trova tutto sopra (risp. sotto) il grafico di f .
Questo equivale a richiedere che epi-f sia convesso (concavo).
In Figura 16, la funzione è convessa, ossia l’epi-f è convesso; in
Figura 17, è rappresentato il grafico di una funzione concava, cioè
l’epi-f è concavo.
6.11 Funzioni concave e convesse: la derivata seconda
194
Figura 15
Figura 16
Figura 17
Sia f una funzione convessa in I . Per ogni x1 < x2 consideriamo
il segmento
(1
t)(x1 , f (x1 )) + t(x2 , f (x2 )) ,
t 2 [0, 1] .
Tale segmento deve stare sopra il grafico. In altre parole, indicando
6.11 Funzioni concave e convesse: la derivata seconda
195
con xt l’ascissa del segmento e con yt l’ordinata, ciò significa che
f (xt )  yt
8t 2 [0, 1] .
Osserviamo che, essendo
(1
t)(x1 , f (x1 )) + t(x2 , f (x2 )) = ((1
t)x1 + tx2 , (1
t) f (x1 ) + t f (x2 )),
la condizione f (xt )  yt si traduce in
f ((1
t)x1 + tx2 )  (1
t) f (x1 ) + t f (x2 ) 8t 2 [0, 1] , 8x1 < x2 2 I .
Agli estremi si ha f (xt ) = yt . Se f (xt ) < yt (per ogni t estremi esclusi)
si ha convessità stretta. Se f (xt )
yt per ogni t 2 [0, 1] e per ogni
x1 < x2 si ha concavità; se f (xt ) > yt (per ogni t estremi esclusi) si ha
concavità stretta.
Introduciamo ora la nozione di derivata seconda di una funzione.
Sia f :]a, b[! R una funzione derivabile in tutto l’intervallo ]a, b[ .
Allora esiste la funzione f 0 :]a, b[! R che abbiamo chiamato derivata
prima di f . Supponiamo che f 0 sia derivabile in un punto x0 2 ]a, b[ .
La sua derivata in x0 si indica con f 00 (x0 ) (oppure D2 f (x0 ) o anche
d2 f
(x )) e viene detta derivata seconda di f in x0 . E analogamente per
dx2 0
le derivate di ordine successivo al secondo.
Enunciamo ora un teorema che fornisce un’utile criterio per
stabilire se una data funzione è convessa.
Teorema 6.40. Sia f :]a, b[! R una funzione derivabile. Allora f è
convessa in ]a, b[ se e solo se f 0 è debolmente crescente in ]a, b[ .
Dimostrazione. ())
dove
f (xt )  (1
Siano a < x1 < x2 < b . Per ipotesi
t) f (x1 ) + t f (x2 ) per ogni t 2 [0, 1]
xt = (1
Se consideriamo t =
x x1
,
x2 x1
t)x1 + tx2 .
x 2 [x1 , x2 ] si ha che xt = x e
x2 x
x x1
f (x1 ) +
f (x2 )
x2 x1
x2 x1
con il secondo membro che è una combinazione convessa essendo
x2 x
x x1
x2 x1
+
=
=1
x2 x1 x2 x1 x2 x1
(6.15)
f (x) 
196
6.11 Funzioni concave e convesse: la derivata seconda
x x1
(abbiamo di fatto xx22 xx1 = 1 t ,
= t) ).
x2 x1
Abbiamo inoltre che
x2 x
x x1
x2 x1 xx1 + x2 x
· x1 +
· x2 =
x2 x1
x2 x1
x2 x1
x(x2 x1 )
=
= x.
x2 x1
x1 x2
Ora, osserviamo che la (6.15) è equivalente a
(x2
x1 ) f (x)  (x2
x) f (x1 ) + (x
x1 ) f (x2 ) ;
inoltre, poiché
x = (x2
x2
x1 )
(x
x1 ) ,
l’ultima disequazione è equivalente a
(x2
x1 ) f (x)  (x2
x1 ) f (x1 )
(x
x1 ) f (x1 ) + (x
x1 ) f (x2 )
ossia
(x2
x1 )( f (x)
Ora, essendo (x2
x1 ) e (x
f (x)
x
f (x1 ))  ( f (x2 )
f (x1 ))(x
x1 ) .
x1 ) positivi, si ha
f (x1 )
f (x2 )

x1
x2
f (x1 )
.
x1
Abbiamo cosı̀ ottenuto che se f convessa risulta
x1 < x < x2
f (x)
x
)
Quindi, per x ! x+1 , si ottiene
f 0 (x1 ) 
f (x1 )
f (x2 )

x1
x2
f (x2 )
x2
f (x1 )
.
x1
f (x1 )
.
x1
Osserviamo ora che
x
x1 = (x
x2 ) + (x2
x1 ) ;
e sostituendo nella (6.15) si ha
(x2
,
,
x1 ) f (x)  (x2
(x2 x1 )( f (x)
f (x) f (x2 )
x x2
x) f (x1 ) + (x
x2 ) f (x2 ) + (x2
f (x2 ))  (x x2 )( f (x2 )
f (x2 ) f (x1 )
x2 x1
f (x1 ))
x1 ) f (x2 )
197
6.11 Funzioni concave e convesse: la derivata seconda
perchè x x2 < 0 e x2 x1 > 0.
Allora prendendo x ! x2 si ottiene
f (x2 )
x2
f 0 (x2 )
f (x1 )
x1
f 0 (x1 ) .
Perciò la derivata prima di f è non descrescente.
(() Siano ⇠1 2]x1 , x[ e ⇠2 2]x, x2 [, la cui esistenza è data dal
Teorema di Lagrange, tali che
f 0 (⇠1 ) =
f (x)
x
f (x1 )
,
x1
f (x2 )
x2
f 0 (⇠2 ) =
f (x)
.
x
Poichè f 0 è non decrescente si ottiene
f (x)
x
f (x1 )
f (x2 )

x1
x2
f (x)
x
che equivale a
(x2
x)( f (x)
f (x1 ))  (x
,
(x2
x) f (x) + (x
(x2
x+x
,
(x2
x1 ) f (x)  (x2
,
x1 )( f (x2 )
x1 ) f (x)  (x2
x1 ) f (x)  (x2
f (x))
x) f (x1 ) + (x
x) f (x1 ) + (x
x) f (x1 ) + (x
x1 ) f (x2 )
x1 ) f (x2 )
x1 ) f (x2 )
equivalente a sua volta alla (6.15) cioè alla convessità.
⇤
Corollario 6.41. Sia f :]a, b[! R una funzione derivabile due volte
in ]a, b[ con f 0 continua in [a, b]. Allora f e convessa se e soltanto se
f 00 (x) 0 8x 2 ]a, b[ .
Esempio 6.42. Consideriamo la seguente funzione
f (x) = x3 + x2 + x + 1 .
Si ha
f 0 (x) = 3x2 + 2x + 1
e
f 00 (x) = 6x + 2 .
Si osservi che f 0 (x) > 0
8x 2 R . Inoltre
f 00 (x) = 0
,
x=
1
3
6.11 Funzioni concave e convesse: la derivata seconda
e
f 00 (x) > 0
Nel punto x =
x>
,
198
1
.
3
1
si ha un flesso a tangente obliqua.
3
Definizione 6.43. Il punto x0 si dice flesso se esiste h > 0 tale che
• f :]x0 , x0 + h[! R è convessa (o concava) ,
• f :]x0 h, x0 [! R è concava (o convessa) .
Osservazione 6.44. Se x0 è un punto di flesso per f e la derivata
seconda di f in x0 esiste, allora essa vale zero.
Infatti, supponiamo per assurdo f 00 (x0 ) > 0 . Allora f 0 è strettamente crescente in un intorno di x0 . Procedendo analogamente, si
domostra che non può essere f 00 (x0 ) < 0 .
Teorema 6.45. Sia f :]a, b[! R una funzione derivabile in
]a, b[ . Allora f è convessa in ]a, b[ se e solo se 8x0 2 ]a, b[ si ha
f (x) f (x0 ) + f 0 (x0 )(x x0 ) per ogni x 2]a, b[.
Dimostrazione. ())
Consideriamo la funzione
g(x) = f (x)
f (x0 ) + f 0 (x0 )(x
x0 ).
Essa è tale che g(x0 ) = 0 . Sia x > x0 ; per il Teorema di Lagrange
applicato in [x0 , x] si ha che
9 ⇠x 2]x0 , x[ : f (x)
f (x0 ) = f 0 (⇠x )(x
x0 ) .
Pertanto la g(x) diventa
g(x) = f 0 (⇠x )
f 0 (x0 ) (x
x0 ) , < con x0 < ⇠x < x.
Ora, essendo ⇠x > x0 si ha che f 0 (⇠x ) f 0 (x0 ) poiché f è convessa, e
quindi la derivata è non decrescente.
Sia poi x < x0 ; per il Teorema di Lagrange applicato in [x, x0 ] si
ha che
9 ⌘x 2]x, x0 [ : f (x)
f (x0 ) = f 0 (⌘x )(x
x0 ) ,
quindi risulta
g(x) = f 0 (⌘x )
f 0 (x0 ) (x
x0 ) ,
con x < ⌘x < x0 ,
199
6.12 Studio di funzione
e poiché i termini f 0 (⌘x ) f 0 (x0 ) e x x0 sono entrambi negativi, si
ha g(x) 0 .
(() Sia a < x1 < x2 < b . Dall’ipotesi, scegliendo x = x1 e
x0 = x2 , si ha
f (x1 )
f (x2 ) + f 0 (x2 )(x1
x2 )
invece se x = x2 e x0 = x1 risulta
f (x2 )
f (x1 ) + f 0 (x1 )(x2
x1 )
,
f (x1 )
f (x2 )
f 0 (x2 )(x1
x2 ) ;
,
f (x2 )
f (x1 )
f 0 (x1 )(x2
x1 ) .
Si ottengono quindi rispettivamente (ricordando che x1 < x2 )
f (x1 )
x1
f (x2 )
 f 0 (x2 ) ,
x2
f (x2 )
x2
f (x1 )
x1
f 0 (x1 )
da cui
f (x2 ) f (x1 )
f (x1 ) f (x2 )
=
 f 0 (x2 ) .
x2 x1
x1 x2
Risulta dunque f 0 (x1 )  f 0 (x2 ) da cui si evince che f è debolmente
crescente.
⇤
f 0 (x1 ) 
Esercizio 6.46. Sia f :]a, b[! R una funzione derivabile nel suo
insieme di definizione. Se x0 è un punto di flesso per f , allora la retta
tangente il grafico della funzione nel punto di coordinate (x0 , f (x0 ))
attraversa il grafico di f (la di↵erenza tra il valore della funzione f
e quello della tangente quando x si trova a destra e a sinistra di x0
cambia di segno).
6.12. Studio di funzione
Studiare una funzione f significa analizzare alcune sue proprietà
al fine di descrivere a livello qualitativo l’andamento del suo grafico.
Per prima cosa si determina il dominio di f , si indagano eventuali simmetrie (ad esempio se f è pari o dispari) o periodicità della
funzione e si determinano i punti di intersezione con gli assi.
Si analizza quindi il comportamento della f agli estremi del dominio, si indiviuano gli evenutali asintoti orizzontali e verticali e si
cercano, se esistono, gli asintoti obliqui.
200
6.12 Studio di funzione
Dopo aver determinato la derivata di f (si isolano gli eventuali
punti di non derivabilità), si studiano gli intervalli di monotonia della
funzione e si individuano, se esistono, i punti di massimo e minimo.
Si procede quindi, quando questo non è proibitivo, con il calcolo della derivata seconda per studiare gli intervalli di concavità o
convessità della f e individuare gli eventuali punti di flesso.
Seguendo questo schema, studiamo la seguente funzione:
f (x) = e
|x|
p
x2
5x + 6 .
Il dominio massimale di f è
D = {x 2 R : x  2
oppure
x
3}.
Ricerchiamo le eventuali intersezioni di f con gli assi cartesiani :
f (x) = 0
x=2 _
p
f (0) = 6 .
,
x = 3;
Determiniamo l’andamento della funzione agli estremi del dominio:
lim f (x) = 0, lim f (x) = 0 lim f (x) = 0, lim+ f (x) = 0.
x! 1
x!2
x!+1
x!3
Scriviamo esplicitamente l’espressione della f :
8
p
>
>
< e xp x2 5x + 6 , se x 2 D \ {x 0}
f (x) = >
>
: ex x2 5x + 6 , se x 2 D \ {x < 0}
Determiniamo l’espressione della derivata prima di f . Se x > 0 ,
si ha
!
p
2x 5
0
x
x
2
f (x) = e ( x 5x + 6) + e
.
p
2 x2 5x + 6
Osserviamo che
✓ ◆
0
3
3 1
f+ (3) = e · 0 + e
= +1
0
✓ ◆
1
f 0 (2) = e 2 · 0 + e 2
= 1
0
p
5
f+0 (0) =
6 + · p < 0.
2 6
201
6.13 Formule di Taylor
Se invece x < 0 , allora
p
f (x) = ex x2
5x + 6 + e
Inoltre
x
2x
p
2 x2
5
5x + 6
!
.
p
6
5
p > 0.
2 6
Cerchiamo ora i punti di stazionarietà: per x < 0 abbiamo che
!
2
10x + 12 + 2x 5
0
x 2x
f (x) = 0
,
e
=0
p
2 x2 5x + 6
,
2x2 8x + 7 = 0
f 0 (0) =
le cui soluzioni
p
4± 2
x1,2 =
2
sono entrambe positive e quindi fuori dall’insieme {x < 0} .
Se x > 0 si ha che
!
2
2x
+
12x
17
f 0 (x) = 0
,
ex
=0
p
2 x2 5x + 6
,
2x2 12x + 17 = 0
le cui soluzioni sono
p
p
6+ 2
6
2
x1 =
,
x2 =
;
2
2
x1 è accettabile, memtre x2 non lo è, in quanto cade fuori dal dominio
di f . Pertanto il punto x = x1 è punto di massimo per il Teorema di
Weierstrass generalizzato applicato all’intervallo ]3, +1[ .
6.13. Formule di Taylor
Data una funzione, ci poniamo come obiettivo quello di approssimarla con un polinomio di grado n in un intorno di un dato punto
x0 del suo dominio.
Decidiamo di lavorare per semplicità con x0 = 0 . Vorremmo
scrivere f come
(6.16)
f (x) = an xn + an 1 xn
1
+ ... + a0 + R
202
6.13 Formule di Taylor
dove il resto R è un infinitesimo di ordine superiore ad n , ossia
R
! 0,
xn
e si scrive R = o(xn ).
R(x)
Poichè limx!x0 xn = 0 si avrà limx!x0 R(x) = 0, da cui a0 = f (0).
Derivando poi la (6.16) si ottiene
f 0 (x) = nan + an xn
Si noti che
1
+ (n
f 00 (x) = n(n
1)an xn
2
R(0)
2
+ ... + a1 + R0 (x) .
R(x)
=0
x!x0
x!x0 x
x
e quindi R0 (0) = 0. Allora se f 0 ammette limite in 0 si deve avere
a1 = f 0 (0).
La derivata seconda è data da
lim
R(x)
1)an 1 xn
+ (n
= lim
1)(n
2)an 1 xn
3
+ ... + 2a2 + R00 (x) ,
pertanto, in modo analogo, se f 00 ha limite in 0 si ricava che
2a2 = f 00 (0) .
Esempio 6.47. Per n = 3 , si ha
f (x) = a3 x3 + a2 x2 + a1 x + a0 + R(x)
f 0 (x) = 3a3 x2 + 2a2 x + a1 + R0 (x)
f 00 (x) = 6a3 x + 2a2 + R00 (x)
f 000 (x) = 6a3 + R000 (x) .
Quindi
f (0) = a0
f 0 (0) = a1
f 00 (0) = 2a2 = 2!a2
f 000 (0) = 6a3 = 3!a3 .
Si definisce polinomio di Taylor di f (se esiste) il polinomio
n
X
f (i) (0) i
Pn (x) =
·x
i!
i=0
203
6.13 Formule di Taylor
dove la derivata di ordine 0 , ossia f 0 , è la funzione stessa.
Da quanto abbiamo visto per n = 3, e che è valido in generale, se
f è approssimabile come in (6.16), il polinomio che la approssima è
necessariamente il polinomio di Taylor.
Teorema 6.48 (Resto di Peano). Sia f :]a, b[! R una funzione
derivabile n volte in ]a, b[ , e sia x0 2 ]a, b[ . Allora
n
X
f (i) (x0 )
(6.17)
f (x) f (x0 ) =
(x x0 )i + o((x x0 )n ) .
i!
i=1
dove o((x
x0 )n ) viene detto Resto di Peano.
Osservazione 6.49. Notiamo che per n = 1 la (6.17) corrisponde
alla definizione di derivata.
Dimostrazione (Teorema 6.48). Dimostriamo il Teorema per
n = 3 , ossia facciamo vedere che
(6.18)
h
i
f 00 (x )
f 000 (x )
f (x) f (x0 )
f 0 (x0 )(x x0 ) + 2 0 (x x0 )2 + 6 0 (x x0 )3 x!x0
! 0
(x x0 )3
il che equivale ad a↵ermare che il resto è un infinitesimo di ordine
superiore a 3. Osserviamo innanzitutto che sia il numeratore che
il denominatore della (6.18) sono funzioni derivabili. Per fissare le
idee, decidiamo di lavorare sotto l’ipotesi x > x0 . Applichiamo il
Teorema di Cauchy nell’intervallo [x0 , x] : esiste ⇠ 2]x0 , x[ tale che
l’espressione (6.18) risulta uguale a
✓
◆
f 00 (x0 )(⇠ x0 )2
0
0
00
f (⇠)
f (x0 ) + f (x0 )(⇠ x0 ) +
2
(6.19)
.
3(⇠ x0 )2
Applichiamo di nuovo Cauchy ma questa volta nell’intervallo [x0 , ⇠] :
possiamo a↵ermare che esiste ⌘ 2 ]x0 , ⇠[ tale che l’espressione in (6.19)
è equivalente a
f 00 (⌘)
f 00 (x0 ) + f 000 (x0 )(⌘
6(⌘ x0 )
x0 )
.
Ciò che vorremmo far vedere è che quest’ultima espressioen converge
a 0 quando x ! x0 . Possiamo riscrivere tale espressione nel seguente
204
6.13 Formule di Taylor
modo
1 f 00 (⌘)
6
(⌘
f 00 (x0 )
x0 )
f 000 (x0 )(⌘ x0 )
(⌘ x0 )
!
00
f (x0 )
000
f (x0 ) ;
x0 )
1 f 00 (⌘)
=
6
(⌘
!
pertanto la nostra tesi diventa
lim
⌘!x0
f 00 (⌘)
(⌘
f 00 (x0 )
= f 000 (x0 )
x0 )
(si osservi che quando x converge a x0 , anche ⇠ e di conseguenza ⌘
convergono a x0 , poiché si ha x0 < ⌘ < ⇠ < x) , ma ciò è vero poiché
si tratta della definizione di derivata di ordine 3 della funzione f
nel punto x0 . Generalizzando questa procedura si può dimostrare il
teorema per ogni n .
⇤
Esercizio 6.50. Calcolare il seguente limite
arctan x
.
x!0
x3
Si tratta di una forma indeterminata risolubile con la tecnica di
L’Hopital riassunta nel seguente teorema:
lim
x
Teorema 6.51 (Teorema di L’Hopital). Siano f, g funzioni derivabili
in un intorno del punto x0 (eventualmente escluso x0 ) tali che
lim f (x) = 0
x!x0
lim g(x) = 0 .
x!x0
Se in un intorno di x0 si ha g(x) , 0, g0 (x) , 0 per ogni x , x0 , allora
risulta
f (x)
f 0 (x)
lim
= lim 0
x!x0 g(x)
x!x0 g (x)
purchè il secondo limite esista.
Quindi si ottiene
lim
x!0
x
1+x2 1
arctan x H
x2
1
1+x2
=
lim
=
lim
= .
3
2
2
2
x!0 3x
x!0 3x (1 + x )
x
3
Proviamo ora a percorrere una strada alternativa. Quello che ci
proponiamo di fare è scrivere lo sviluppo della funzione arcotangente
205
6.13 Formule di Taylor
in un intorno del punto x0 = 0 arrestato al terzo ordine. Indichiamo
per semplicità la funzione arctan x con f (x) . Si ha
f (x) = arctan x
1
f 0 (x) =
1 + x2
1
f 00 (x) =
· 2x
(1 + x2 )2
"
#
x
000
f (x) =
2D
(1 + x2 )2
"
#
(1 + x2 )2 2x(1 + x2 ) · 2x
=
2
(1 + x2 )4
"
#
(1 + x2 ) 4x2
=
2
(1 + x2 )3
2
=
· (1 3x2 )
(1 + x2 )3
)
f (0) = 0
)
f 0 (0) = 1
)
f 00 (0) = 0
)
f 000 (0) = 2 .
Quindi abbiamo ottenuto il seguente sviluppo
2x3
+ o(x3 ) .
6
arctan x = x
Pertanto il limite iniziale diventa
lim
x!0
x
x
arctan x
=
lim
x!0
x3
x + 13 x3
x3
o(x3 )
=
1 3
x
lim 3 3
x!0 x
o(x3 ) 1
= .
x3
3
Un altro modo di risolvere il limite è quello di applicare una
sostituzione per riconoscere eventuali limiti notevoli noti:
y = arctan x
)
x = tan y
206
6.13 Formule di Taylor
da cui
lim
x!0
x
tan y y
arctan x
= lim
3
y!0 tan3 y
x
= lim
y!0
= lim
y!0
= lim
tan y y
y3
·
y3
tan3 y
sin y
cos y
y3
sin y
= lim
y cos y
y3
y!0
(6.20)
y
sin y
y cos y
y3
y!0
·
1
cos y
.
A questo punto, possiamo ricorrere allo sviluppo con resto di Peano
delle funzioni seno e coseno in un intorno di 0 . Come fatto precedentemente per la funzione arcotangente, si ottengono i seguenti
sviluppi
(6.21)
sin x = x
(6.22)
cos x = 1
x3 x5
+
3! 5!
x2 x4
+
2
4!
x7
+ ...
7!
x6
+ ... .
6!
Utilizzando tali sviluppi arrestati al terzo ordine, il limite in (6.20)
diventa uguale a
(6.23)
lim
y
y3
3!
3
+ o(y )

y 1
y2
2
+ o(y3 )
y3
y!0
y
y3
6
y+
y3
2
+ o(y3 )
(6.24)
= lim
(6.25)
1 y3 o(y3 ) 1
= lim · 3 + 3 = .
y!0 3 y
y
3
y!0
y3
Presentiamo di seguito gli sviluppi di alcune tra le principali
funzioni elementari:
207
6.13 Formule di Taylor
x3 x5
x2n+1
+
... + ( 1)n
+ o(x2n+1 )
3! 5!
(2n + 1)!
x2 x4
x2n
cos x = 1
+
... + ( 1)n
+ o(x2n )
2! 4!
(2n)!
x3 x5
x2n+1
arctan x = x
+
+ ... + ( 1)n
+ o(x2n+1 )
3
5
2n + 1
x2 x3
xn
ex = 1 + x +
+
+ ... +
+ o(xn )
2! 3!
n!
2
3
n
x
x
n 1 x
ln(1 + x) = x
+
... + ( 1)
+ o(xn )
2
3
n
↵(↵
1)
↵(↵ 1) · · · (↵
(1 + x)↵ = 1 + ↵ x +
x2 + ... +
2
n
con ↵ 2 R .
sin x = x
n + 1)
xn + o(xn ) ,
Vale il seguente risultato.
Teorema 6.52 (Resto di Lagrange). Sia f : ]a, b[! R una funzione
derivabile (n + 1) volte. Allora per ogni x, x0 2 ]a, b[ esiste ⇠x nell’intervallo
aperto di estremi x0 ed x tale che
f (x) = f (x0 )
n
X
f (i)(x0 )
(x
i!
i=1
x0 )i +
f (n+1) (⇠x )
(x
(n + 1)!
x0 )n+1 .
La quantità
f (n+1) (⇠x )
(x x0 )n+1
(n + 1)!
è detto Resto di Lagrange di ordine n + 1.
Dimostrazione (Teorema 6.52). Come fatto per il teorema precendente, procediamo dimostrando il risultato per n = 3 .
Sia
!
f 00 (x0 )
f 000 (x0 )
0
2
3
G(x) = f (x) f (x0 ) f (x0 )(x x0 ) +
(x x0 ) +
(x x0 )
2
3!
e consideriamo
G(x)
(x x0 )4
4!
.
208
6.13 Formule di Taylor
Per fissare le idee, supponiamo x > x0 . Per il Teorema di Cauchy
esistono ⇠1 2 ]x0 , x[ , ⇠2 2 ]x0 , ⇠1 [ , ⇠3 2 ]x0 , ⇠3 [ tali che
G(x)
G0 (⇠1 )
G00 (⇠2 )
G000 (⇠3 )
=
=
=
.
(⇠3 x0 )
(⇠1 x0 )3
(⇠2 x0 )2
(x x0 )4
3!
2!
4!
Dalla definzione di G si ha che
!
f 000 (x0 )
0
0
0
00
2
G (x) = f (x)
f (x0 ) + f (x0 )(x x0 ) +
(x x0 )
2
(6.26)
G00 (x) = f 00 (x)
f 00 (x0 ) + f 000 (x0 )(x
G000 (x) = f 000 (x)
f 000 (x0 ) ;
x0 )
pertanto risulta
G000 (⇠3 ) = f 000 (⇠3 )
f 000 (x0 ) ,
grazie alla quale la (6.26) diventa
G(x)
(x x0 )4
4!
f 000 (⇠3 )
=
⇠3
f 000 (x0 )
,
x0
e per il Teorema di Lagtange applicato a f 000 esiste ⇠ nell’intervalli di
f 000 (⇠3 ) f 000 (x0 )
estremi x0 e ⇠3 tale che
= f (4) (⇠) da cui la tesi.
⇤
⇠3 x0
Il seguente teorema fornisce un risultato utile per individuare
massimi e minimi di una funzione.
Teorema 6.53. Sia f 2 C2 (]a, b[) (derivabile due volte con derivata
continua) e x0 2 ]a, b[ . Sia inoltre f 0 (x0 ) = 0 . Valgono i seguenti risultati:
1) se f 00 (x0 ) > 0 allora x0 è punto di minimo locale;
2) se f 00 (x0 ) < 0 allora x0 è punto di massimo locale.
Dimostrazione. Dimostriamo la 1) (il secondo risultato si dimostra in modo analogo). Dalla formula di Taylor con resto di Peano
arrestato al secondo ordine si ha
f 00 (x0 )
f (x) f (x0 ) = f 0 (x0 ) +
(x x0 )2 + o((x x0 )2 )
2
f 00 (x0 )
=
(x x0 )2 + o((x x0 )2 )
2
!
f 00 (x0 ) o(x x0 )2
2
= (x x0 )
+
2
(x x0 )2
209
6.13 Formule di Taylor
e tale espressione assume valori strettamente positivi in un intorno
f 00 (x )
del punto x0 . Infatti, la quantità tra parentesi tende a 2 0 quindi
per il teorema della permanenza del segno è positiva. Inoltre anche
(x x0 )2 essendo un quadrato, è un valore positvo. Deduciamo
pertanto che f (x) > f (x0 ) in un intorno di x0 , ossia x0 è un minimo
locale.
⇤
Osservazione 6.54. Applichiamo ora il teorema relativo agli sviluppi di Taylor con resto di Lagrange alla funzione esponenziale
f (x) = ex in x0 = 0 . Abbiamo quindi che esiste ⇠x nell’intervallo
aperto di estremi 0 e x tale che
0 n
1
BBX 1 i CC
e⇠x
x
e = 1 + BB@
x CCA +
xn+1 .
i!
(n + 1)!
i=1
Se x = 1 si ottiene
e=1+1+
1
1
e⇠n
+ ... + +
,
2
n! (n + 1)!
con ⇠n 2 ]0, 1[ .
Cerchiamo di analizzare alcune proprietà.
e⇠n
= 0 . Infatti per il Teorema del confronto
n!+1 (n + 1)!
1) lim
0<
Quindi
e⇠n
e
<
! 0.
(n + 1)! (n + 1)!
1
X
1
i=0
i!
⌘ lim
n!+1
n
X
1
i=0
i!
= e.
✓
◆
1 n
2) e = lim 1 +
:
n!+1
n
questa è la definizione che abbiuamo dato del numero di
Nepero. Ci chiediamo qual è l’ordine di infinitesimo con cui
✓
◆
1 n
la successione 1 +
e tende a zero. Si ha che
n
✓
◆
1 n
1
1+
e = en log(1+ n ) e
n
⇣
⌘
0
1
1
log(1+ n
)
1
B
CC
log
1
+
1/n
e
e BBB
n
CC
=
·
1
B
CC
B
1
@
A
log(1+ n )
1/n
1
1/n
210
6.13 Formule di Taylor
Lo sviluppo di Taylor della funzione logaritmica arrestato al
secondo ordine e’ dato da
log(1 + x) = x +
x2
+ o(x2 ).
2
Allora
an =
⇣
⌘
log 1 + n1
1
n
1
n
=
1
n
1
2
⇣ ⌘2
1
n
+o
⇣ ⌘
1
n2
1
n
ove con il simbolo ' si intende che an ed
ordine di infinitesimo. Allora
e
1
n
(
1
log 1+ n
1/n
1
n
)
e
1
n
'
1
,
n
hanno lo stesso
,
ha limite finito diverso da zero e quindi la di↵erenza
✓
◆
1 n
1+
e tende a zero con la stessa ”rapidità” della
n
1
successione .
n
3) Cerchiamo n tale che
e⇠n
1
<
,
(n + 1)! 1000
in modo da avere un valore numerico di e approssimato a
meno di un millesimo. Osserviamo che
0<
e⇠n
e
4


(n + 1)! (n + 1)! (n + 1)!
quindi basta scegliere n tale che (n + 1)! > 4000 ossia n
Con n = 6 si ha
1+1+
1 1
1
1
1
1440 + 360 + 120 + 30 + 6 + 1
+ + + +
=
2 3! 4! 5! 6!
720
1957
=
= 2, 718...
720
1
approssimato a meno di 1000
. In particolare e 2 ]2, 3[ .
4) Il numero e è un numero irrazionale.
6.
211
6.13 Formule di Taylor
Dimostrazione. Dimostriamo l’irrazionalità di e usando
la relazione
n
X
1
e⇠n
e=
+
,
k! (n + 1)!
k=0
ove ⇠n 2]0, 1[ per ogni n. Supponiamo per assurdo che e sia
razionale, ossia che esistano p, q 2 N primi tra loro e non nulli
tali che e = p/q . Sostituendo nell’espressione precedente, si
ottiene, per ogni n,
n
p X1
e⇠n
=
+
.
q
k! (n + 1)!
k=0
Scegliendo n = q si ottiene
p
1
1
1
e⇠q
= 1 + 1 + + + ... + +
.
q
2! 3!
q! (q + 1)!
Moltiplichando quindi ambo i membri per q! si ha
!
q! q!
e⇠q
p(q 1)! = q! + q! + + + ... + q + 1 +
,
2 3!
(q + 1)
da cui
p(q
1)!
!
q! q!
e⇠q
q! + q! + + + ... + q + 1 =
.
2 3!
(q + 1)
Osserviamo che il primo membro è un numero intero, essendo la di↵erenza di due interi; di conseguenza anche il secondo membro è un intero, ed essendo rapporto di due numeri
e⇠q
3
positivi, è un numero naturale non nullo. Ma (q+1)
< q+1
. Se
⇠q
3
e
q 2 si ha q+1
 1, in contraddizione col fatto che (q+1)
deve
essere un numero naturale. Ma se q = 1 si ha e = p 2 N, in
contraddizione con e 2]2, 3[.
⇤
5) Sappiamo che
e=1+1+
1 1
1
e⇠n
+ + ... + +
2 3!
n! (n + 1)!
Mostriamo che
lim ⇠n = 0 .
n!+1
⇠n 2 ]0, 1[ .
212
6.14 Esercizi
Se consideriamo l’(n + 1)-esimo termine dello sviluppo, si ha
e=1+1+
1
1
1
e⇠n+1
+ ... + +
+
2
n! (n + 1)! (n + 2)!
e⇠n
1
e⇠n+1
=
+
.
(n + 1)! (n + 1)! (n + 2)!
)
Quindi
e
⇠n
e⇠n+1
=1+
n+2
⇠n+1 2 ]0, 1[ .
Ma
0<
quindi
e⇠n+1
n+2
e⇠n+1
e
<
! 0,
n+2 n+2
! 0 e si ha e⇠n ! 1. Dunque ⇠n ! 0.
6.14. Esercizi
Esercizio 1. Utilizzando gli sviluppi di Taylor con resto di Peano,
calcolare i seguenti limiti di funzioni:
1. lim
x!0
2. lim
x!0
ex
1 + log(1
tan x x
tan x x
(1 cos x) sin x
x)
213
6.14 Esercizi
2
3. lim
ex
3 2
x
2
cos x
p
x4
x!0
2
ex
log(1 + x arctan x) + 1
4. lim
p
x!0
1 + 2x4 1
2
5. lim
2 sin(ex
x!0
6. lim
sin(x2 )
x
tan (3x)
sin x
x!0
9. lim
sin x
x
2
esin x
x!0
8. lim
sin2 x
log4 (1 + x)
x!0
7. lim
3 arctan(x2 )
cos x)
x4
p4
log(cos x)
x sin x
1
4x2 + x4
x4
x!0
"
1 + x2
2x2 1
10. lim x 1 + log
x!+1
2x2
!
4
1
cos
x
#
Esercizio 2. Determinare, se esistono, a, b 2 R tali che
lim
x!0
a sin x + b(1
x4
cos x)
= 1.
Esercizio 3. Disegnare approssimativamente il grafico di ciascuna
delle seguenti funzioni:
6.14 Esercizi
1. f (x) =
x
|x + 1|
✓
1+x
2. f (x) = log
1 x
3. f (x) =
◆
x2 + x + 2|x|
x+1
4. f (x) = xe 1
2
2x
1 x
5. f (x) = e 1+x
6. f (x) =
cos x
sin x 1
7. f (x) = arctan x + log(1 + x2 )
214
CAPITOLO 7
Serie numeriche
Nel capitolo precendente, ci siamo occupati dell’approssimazione
di funzioni tramite polinomi (vedere Sezione 6.13 relativa alle formule di Taylor). Tali polinomi sono definiti tramite una somma finita di
termini. In questo secondo capitolo, ci occuperemo di somme infinite, ovvero di serie, ed individueremo alcuni criteri utili per capire se
sommando infiniti termini si ottiene un risultato finito o infinito.
7.1. Prime definizioni
Sia an una successione definita per n n0 . La successione definita
nel seguente modo
N
X
SN =
an
n=n0
è detta somma parziale N-esima ed è la somma di tutto o termini di an
che hanno indice compreso tra n0 ed N (estremi inclusi). Possiamo
definire a questo punto la somma dei termini della successione da n0
in poi come
+1
X
an ⌘ lim SN ,
N!+1
n=n0
dove
+1
X
an è detta serie di termine generale an .
n=n0
Esempio 7.1. Nel precedente capitolo abbiamo visto che
1
scegliendo an =
si ha
n!
+1
X
an = e.
n=0
215
7.2 Il paradosso di Achille e della tartaruga
216
Se il limite della somma paziale è finito, si parla di serie convergente.
Se il limite e’ ±1, si parla di serie divergente. Se il limite di SN non
esiste, si dice che la serie è indeterminata.
7.2. Il paradosso di Achille e della tartaruga
Dedichiamo questa sezione alla presentazione di uno dei più famosi paradossi sul movimento dell’antichità, quello di Achille e della
tartaruga, proposto dal filosofo greco Zenone di Elea nel V secolo a.C.,
e risolto formalmente solo nel XVII secolo da Gregorio di San Vincenzo grazie all’utilizzo di nuovi strumenti matematici e in particolare
delle serie.
Achille e la tartaruga si sfidano in una gara di velocità (in Figura
1 viene illustrata la situazione). Poiché Achille (A) è più veloce,
concede un vantaggio iniziale alla tartaruga (T): al tempo t0 Achille
è in x0 e la tartaruga in x1 con x1 > x0 .
Figura 1
Al tempo t1 A ha raggiunto la posizione x1 , ma nel frattempo T si
è spostata in x2 .
Al tempo t2 , A si trova in x2 , e T è arrivata in x3 .
Al tempo t3 , A è in x3 mentre T si è spostata in x4 e cosı̀ via...
Seguendo questo ragionamento, pur avvicinandosi sempre di più
alla tartaruga (gli intervallini diventano sempre più piccoli), Achille
non la raggiungerà mai!
7.3 La serie geometrica
217
Per gli antichi, non era ancora chiaro che la somma di infiniti
termini potesse essere finita. Tale paradosso verrà chiarito formalmente solo con l’introduzione delle serie, che sono appunto somme
di infiniti termini ma che possono comunque portare ad un risultato
finito (si parla in tal caso di serie convergenti).
7.3. La serie geometrica
Per ogni q 2 R si definisce serie geometrica la seguente serie
+1
X
qn = 1 + q + q2 + q3 + ...
n=0
Il numero q è detto ragione della serie geometrica. Il carattere della
serie dipende dal valore di q . Precisamente, si distinguono i seguenti
casi:
8
>
>
+1 ,
se q > 1
>
>
>
>
>
+1 ,
se q = 1
>
>
+1
>
X
>
1
<
,
se |q| < 1
qn = >
>
>
1 q
>
n=0
>
>
>
indeterminata ,
se q = 1
>
>
>
>
: indeterminata ,
se q < 1.
Infatti se q , 1 , possiamo determinare la somma parziale della
serie:
N
X
1 qN+1
SN =
qn =
.
1 q
n=0
Se invece q = 1 risulta
N
X
n=0
qn = N + 1 ! +1 .
218
7.4 Alcuni risultati
7.4. Alcuni risultati
Enunciamo ora un importante criterio che ci permette di stabilire,
studiandone il termine generale, se una serie può convergere o meno.
Teorema 7.2. Se la serie
+1
X
an converge, il termine n-esimo è
n=0
infinitesimo, cioè an ! 0 .
Dimostrazione. Per ipotesi sappiamo che
SN =
N
X
an
!
n=0
l 2 R.
Di conseguenza anche
SN+1 =
N+1
X
an
n=0
!
l 2 R.
Ma
SN+1
SN = an+1
ed essendo
SN+1
si conclude la tesi.
SN ! l
l=0
⇤
Esempio 7.3. Applicando il criterio appena enunciato, la serie
+1
X
⇡
sin(n )
2
n=0
risulta non convergente, poiché se fosse convergente, il suo termine
generale dovrebbe convergere a zero.
Osservazione 7.4. In riferimento al paradosso di Achille e della tartaruga, abbiamo detto che in quel caso la somma di infiniti
termini via via sempre più piccoli porta ad un risultato finito. Ciò
potrebbe indurre in una errata interpretazione del Teorema 7.2, ossia
P
si potrebbe pensare che se an è infinitesimo, allora an converge.
Sottolineiamo quindi che il Teorema 7.2 non fornisce una condizione
219
7.4 Alcuni risultati
sufficiente a garantire la convergenza di una data serie, ma è soltanto
una condizione necessaria per la convergenza. Infatti, la serie
1
X
1
,
n
n=1
1
n
detta serie armonica, è tale che
la serie diverge.
è infinitesimo ma dimostreremo che
In generale , vale il seguente risultato.
Teorema 7.5. Se
+1
X
n=0
risulta convergente la serie
Inoltre
an è una serie convergente, allora per ogni n0
+1
X
ak = Rn0 (resto della somma a partire da n0 ) .
k=n0
lim Rn0 = 0 .
n0 !+1
Dimostrazione. Dimostriamo anzitutto la convergenza della
+1
X
serie
ak . Sia
k=n0
Sn =
n
X
ak
k=0
la somma parziale n-esima della serie e indichiamo con
Sn,h =
h
X
con h
ak ,
n
k=n
la somma dei termini ak aventi indice compreso tra n e k . Si osservi
che se h n
(7.1)
Sn
1
+ Sn,h = Sh .
Per ipotesi, sappiamo che la serie è convergente, cioè
+1
X
n=0
an = l 2 R ,
in particolare per n ! +1 si ha Sn
(7.2)
1
! l ; inoltre per h ! +1 risulta
Sh ! l .
220
7.5 Criteri di convergenza
Ora, ponendo
X
Rn =
ai
i n
si ha che
Sn,h ! Rn se h ! +1;
quindi dalla (7.1) e dalla (7.2) segue che
Sn
1
+ Sn,h ! l + Rn
e
Sh ! l se h ! +1.
di conseguenza, per n ! +1 si conclude che Rn ! 0 .
⇤
7.5. Criteri di convergenza
In questa sezione, presentiamo alcuni criteri utili per stabilire il
carattere di una serie.
7.5.1. Serie a termini positivi. Una serie a termini positivi è una
+1
X
serie del tipo
ak con termini ak 0 per ogni k .
k=0
Osservazione 7.6. Osserviamo che se ak
somma parziale
+1
X
SN =
an
0 per ogni k, allora la
n=0
è non decrescente ossia
SN+1 SN = an+1 0 ,
+1
X
di conseguenza la serie
an è convergente oppure diverge a +1
n=0
(ricordiamo infatti che le successioni monotone ammettono sempre
limite).
Osservazione 7.7. In generale, data una serie
+1
X
n=0
+1
X
n=0
an =
n
0 1
X
n=0
an +
+1
X
n=n0
an .
an risulta
7.5 Criteri di convergenza
221
Possiamo quindi osservare che, dal punto di vista della convergenza,
è sufficiente studiare la serie a partire da un certo n0 in poi. Il ``sempre
vero ´´e il ``definitivamente vero ´´non fanno alcuna di↵erenza nello
studio della convergenza di una serie.
1) Criterio del confronto.
Supponiamo che 0  an  bn sia definitivamente vera.
X
X
1. Se
an = +1 )
bn = +1 ;
2. se
X
bn < +1
X
)
an < +1 .
Dimostrazione. Osserviamo che per ipotesi esiste n0 :
N
X
n=n0
an 
N
X
n=n0
bn 8N > n0 ,
pertanto
1. se indichiamo con SN e TN le somme parziali N-esime riP
spettivamente di ciascuna serie, si ha che an = +1 implica
SN ! +1 e di conseguenza TN ! +1 ;
2. l’estremo superiore dei valori assunti dalla successione
PN
n=n0 bn è maggiore o uguale al sup dei valori della
P
successione N
n=n0 an , che deve quindi essere finito.
⇤
Osservazione 7.8. Verifichiamo intanto che
X1
n 1
n
(detta serie armonica) è divergente. A tal fine, applichiamo il
principio di induzione per dimostrare che la proprietà
p(n) :
n
X
1
k=1
k
> log(n + 1) .
è vera per ogni n . Ovviamente la proprietà per n = 1 è vera, essendo
p(1) :
1 > log2
,
e > 2.
7.5 Criteri di convergenza
222
Mostriamo ora che p(n) ) p(n + 1) : risulta
0 n 1
n+1
X
1 BBBX 1 CCC
1
1
CC +
= BB@
> log(n + 1) +
,
A
k
n
n+1
n+1
k=1
k=1
quindi è sufficiente mostrare che
1
> log(n + 2) .
n+1
Tale proprietà è vera se e solo se
✓
◆
✓
◆
1
n+2
1
> log
= log 1 +
,
n+1
n+1
n+1
log(n + 1) +
a sua volta equivalente a
1
n+1
Chiamiamo
1
n+1
✓
◆
1
log 1 +
> 0.
n+1
⌘ x e studiamo la funzione
1
2
per individuare i valori di x che la rendono positiva. La derivata
prima di f è
1
x
f 0 (x) = 1
=
1+x 1+x
ed è non negativa per x > 0 . Poichè f (0) = 0 la proprietà è vera per
ogni n e la serie armonica risulta divergente.
f (x) = x
log(1 + x)
con 0 < x 
Osservazione 7.9. Abbiamo visto che la serie
X1
n
n 1
è divergente. La serie armonica è un caso particolare della serie
+1
X
1
n↵
n=1
detta serie armonica generalizzata. Risulta (verrà dimostrato più avanti)
(
X 1
+1 ,
se 0 < ↵  1
=
↵
n
< +1 ,
se ↵ > 1 .
n 1
223
7.5 Criteri di convergenza
2) Criterio del confronto asintotico.
Se esistono 0 < A < B < +1 tali che
(7.3)
Aan  bn  Ban
d.v.
P
P
allora an e bn hanno lo stesso carattere (cioè sono entrambe
convergenti o entrambe divergenti).
Dimostrazione. Se (7.3) è definitivamente vera, a meno di modificare un numero finito di valori della successione posso supporre
che Aan  bn  Ban sia vera per ogni n. Quindi
N
X
n=0
Aan 
Allora
A
N
X
n=0
+1
X
n=0
bn 
an 
N
X
Ban per ogni N.
n=0
+1
X
n=0
bn  B
+1
X
bn
n=0
da cui segue la tesi applicando il teorema del confronto per
successioni.
⇤
se
Osservazione 7.10. La proprietà Aan  bn  Ban vale ad esempio
bn
= l 2 ]0, +1[ ,
n!+1 an
per il Teorema della permanenza del segno.
9 lim
Esempio 7.11. Grazie al Criterio del confronto asintotico la serie
+1
✓ ◆
X
1
sin
n
n=1
risulta divergente perché sin n1 si comporta come n1 , coè per n ! +1
si ha
⇣ ⌘
sin n1
! 1.
1
n
Esempio 7.12. Consideriamo la serie di Mengoli :
X1
1
·
.
n
n
+
1
n 1
224
7.5 Criteri di convergenza
Grazie al Criterio del confronto asintotico, osservando che
1 1
n n+1
1
n2
n
! 1,
n+1
X1
X 1
1
abbiamo che il comportamento di
·
è lo stesso di
.
2
n
n
+
1
n
n 1
n 1
La somma parziale della serie di Mengoli può essere calcolata
esplicitamente. Infatti
=
1
1
1
·
=
n n+1 n
1
.
n+1
Pertanto
N
N
X
X
1
1
1
1
·
=
n n+1
n n+1
n=1
n=1
✓
◆ ✓
◆ ✓
1
1 1
1
= 1
+
+
2
2 3
3
1
= 1
! 1.
N+1
P
Dunque anche la serie n 1 n12 converge.
◆
✓
1
1
+ ... +
4
N
1
N+1
◆
Esempio 7.13. Determiniamo il carattere della serie
!
1
X
n3 + 3n2 1 n
x .
n
+
3
n=1
Poiché xn deve tendere a 0 , mi limito a considerare |x| < 1 . Ora
✓ ◆n
n3 + 3n2 1 n
n3 + 3n2 1
↵
n
|x| < ↵
,
<
.
n+3
n+3
|x|
Dunque scegliendo ↵ tale che |x| < ↵ < 1 si deduce che la serie
converge per |x| < 1.
Esempio 7.14. Studiare il carattere della serie
+1
✓ ◆
X
1
1
sin
.
n
n
n=1
Osserviamo che
1
n
sin
1
n
⇣ ⌘
1
n
=1
sin n1
1
n
! 0,
225
7.5 Criteri di convergenza
quindi non possiamo utilizzare il Criterio del confronto asintotico.
Ricordiamo che
x3
sin x = x
+ o(x3 ) ,
3!
quindi
!
!
o(x3 )
x3
3
3 1
x sin x = x x +
+ o(x ) = x
+ 3
3!
6
x
da cui
Ma
P
1
n
sin
⇣ ⌘
1
n
=
1
n3
1
n 1 n3
< +1 perhcè
1
n3

1
n3
⇣
1
6
+
1
n3
1
n3
1
n2
·o
⇣ ⌘⌘
1
n3
per ogni n
!
1
.
6
1.
Esempio 7.15. Studiare il carattere della serie
X 1
1
en 1
.
n
n 1
Si ha

✓ ◆
1
1
1
e
1
= 2 +o 2
n
n
n
X 1
quindi la serie converge dato che
< +1 .
n2
n 1
1
n
Esempio 7.16. Studiamo il carattere della serie
✓
◆
X
n+1
log
.
n+2
n 0
Si ha
✓
n+1
log
n+2
Pertanto
◆
X
✓
◆
✓
n+2 1
= log
= log 1
n+2
✓
◆
1
1
=
+o
.
n+2
n+2
✓
log 1
n 0
◆
1
⇠
n+2
X
n 0
e quest’ultima serie è divergente essendo
1
n+2
1
n
=
n
! 1.
n+2
1
n+2
1
n+2
◆
226
7.5 Criteri di convergenza
Esempio 7.17. Studiamo il carattere della serie
1
X
p
2 n.
n=0
Osserviamo che
1
1
n2
2
p
se e solo se, ponendo m = n , si ottiene
p
n

1
1
 4.
m
2
m
m
Tale proprietá é definitivamente vera perchè m2 4 ! +1.
Quindi, poiché la serie di termine generale m14 converge, converge
anche la serie iniziale.
3) Criterio della radice (da dimostrare per esercizio).
Consideriamo la serie
• Se esiste il lim
n!+1
• se esiste il lim
n!+1
X
p
n
p
n
an , con an
n 0
an = l > 1
an = l < 1
)
)
0 8n .
X
n 0
X
an = +1 ;
an < +1 .
n 0
4) Criterio del rapporto (da dimostrare per esercizio).
Sia
X
n 0
an , con an > 0 8n .
an+1
=l>1
n!+1 an
an+1
• se esiste il lim
=l<1
n!+1 an
• Se esiste il lim
)
)
X
n 0
X
an = +1 ;
an < +1 .
n 0
Esempi 7.18. Studiamo il carattere delle seguenti serie.
+1 n
X
a
(1)
.
n
n
n=1
Applicando il Criterio della radice, risulta
r
n
a
n a
=
!0
nn n
7.5 Criteri di convergenza
227
si conclude che la serie converge.
+1
X
1
(2)
.
n!
n=0
Osserviamo che
1
(n+1)!
1
n!
=
n!
1
=
!0
(n + 1)! n + 1
quindi nuovamente per il Criterio della radice la serie
converge.
7.5.2. Serie di successioni a segno variabile.
X
Definizione 7.19. Si dice che la serie
an è assolutamente
n
0
X
convergente se
|an | < +1 .
n 0
Teorema 7.20. Se una serie è assolutamente convergente, allora è
convergente.
Dimostrazione. Chiamiamo
S+n
=
n
X
ak
k=0
ak 0
e
Sn =
n
X
ak ,
k=0
ak <0
e osserviamo che
Sn = S+n
Sn .
Inoltre entrambe le successioni S+n e Sn sono non decrescenti. D’altra
parte
n
X
+
Sn 
|ak |
k=0
quindi per il Criterio del confronto si ha che S+n
analogamente, essendo
n
X
Sn 
|ak |
k=0
! l+ 2 R ;
228
7.5 Criteri di convergenza
segue che Sn ! l 2 R . Pertanto
Sn = S+n
Sn ! l+
l 2R
e si conclude la tesi.
⇤
Esempio 7.21. La serie
X ( 1)n
n2
n 1
è assolutamente convergente. Infatti
X |( 1)n | X 1
=
< +1 .
2
2
n
n
n 1
n 1
Osservazione 7.22. Non vale il viceversa del Teorema 7.20, poiché
esistono serie convergenti che non sono assolutamente convergenti.
P ( 1)n
Si consideri ad esempio n 1 n .
Per far vedere che la serie
seguente criterio.
X ( 1)n
è convergente si utilizza il
n
n 1
Criterio di Leibnitz
Xper le serie a segno alterno.
Consideriamo la serie
( 1)n an con an 0 . Se an è una seccessione
n 0
monotona non crescente e convergente a 0 (an & 0), allora la serie è
convergente.
Dimostrazione. Sia
Sn =
n
X
( 1)k ak
k=0
e consideriamo S2n e S2n+1 . Vogliamo mostrare che entrambe le successioni convergono allo stesso limite. La successione S2n è monotona
non crescente, infatti
S2n+2
S2n =
2n+2
X
k
( 1) ak
k=0
2n
X
( 1)k ak
k=0
= ( 1)2n+1 a2n+1 + ( 1)2n+2 a2n+2
= a2n+2
a2n+1  0
229
7.5 Criteri di convergenza
essendo la successione an non crescente.
La serie S2n+1 è monotona non descrescente dato che
S2n+3
S2n+1 = ( 1)2n+2 a2n+2 + ( 1)2n+3 a2n+3
= a2n+2
a2n+3
0
poiché an è non crescente.
Dunque S2n e S2n+1 ammettono limite perché entrambe successioni monotone. Ora dimostriamo che per entrambe il limite esiste
finito ed è lo stesso. Essendo S2n+1 non decrescente, risulta
S1  S2n+1 = S2n + ( 1)2n+1 a2n+1 = S2n
a2n+1 .
Ma per la non crescenza di S2n si ha S2n  S2 e quindi S2n+1 è limitata
e ovviamente lo è anche S2n . Dunque S2n e S2n+1 hanno limite finito.
Poichè
S2n = S2n+1 + a2n+1 .
e an ! 0 si ha la tesi.
⇤
Esercizio 7.23. Studiamo la serie
X
n 1
s
✓
◆
1 3
sin
n
1
.
n3
Risulta
X
n 1
s
✓
◆
1 3
sin
n
X
1
=
n3
n 1
r
✓ ◆ X
1
1
1
+o 5 ⇠
;
5
5
2n
n
n2
infatti
sin x = x
x3
+ o(x3 )
3!
230
7.5 Criteri di convergenza
da cui
3
(sin x)
=
=
x
x
= x3
!3
x3
3
+ o(x )
3!
!3
!2
x3
x3
+3 x
o(x3 ) + 3 x
6
6
x3
x6 x9
+ 3x
+ 3 x2
6
36 63
!
x3
o(x6 ) + o(x9 )
2
3x2 ·
+ 3x
= x3
!
x3
o(x6 ) + o(x9 )
6
!
2x4 x6
+
o(x3 )
6
36
1 5
x + o(x5 ) .
2
Torniamo a studiare la serie armonica generalizzata. Abbiamo
finora dimostrato che
+1
X1
X
1
= +1 e quindi
= +1
8↵ 2 ]0, 1] ,
↵
n
n
n 1
n=1
X 1
< +1
n2
+1
X
1
e quindi
< +1
n↵
n=1
8↵
2.
Consideriamo ora il caso 1 < ↵ < 2 e la proprietà p(n) data da
n
X
1
↵
1

8n 1 .
↵
↵ 1
i
↵
1
(↵
1)n
i=1
Si ha che p(1) è vera, infatti
1
↵
1
.
↵ 1 ↵ 1
Facciamo ora vedere che p(n) ) p(n + 1) . Per ipotesi induttiva
si ottiene
n+1
n
X
X
1
1
1
=
+
↵
↵
i
i
(n + 1)↵
i=1
i=1

↵
↵
(↵
1
(↵
↵
?

1
↵
1
1
+
↵
1
(n + 1)↵
1)n
1
.
1)(n + 1)↵ 1
231
7.5 Criteri di convergenza
Basterà allora dimostrare che
(↵
Ponendo ↵
1
1)n↵
1
1=
+
1

(n + 1)↵
1
1)(n + 1)↵
(↵
1
8n
1.
2 ]0, 1[ la disuguaglianza diventa
(n + 1)
1
(n + 1) +

n
(n + 1) +1
1
che è equivalente a
✓
n+1
n
◆
+
n+1
 1
che è vera se e solo se
✓
n+1

n+1
n
◆
1.
Ponendo n = x( 1) , studiamo la funzione
✓
◆
1
f (x) = 1 +
1
x
x+1
per verificare che f (x)
0 8x
1 . Osserviamo che
lim f (x) = 0 ,
lim f (x) = +1 ,
x!+1
✓
◆
1
f (x) = 1 +
x
0
x!0+
1
✓
◆
1
+
.
x2
(x + 1)2
Vorremmo dimostrare che la funzione è monotona. A tal fine ci
domandiamo se esiste una valore di x tale che f 0 (x) = 0 . Si ha che
0
f (x) = 0
,
,
,
✓
◆ ✓
◆
1 1
1
1+
+
=0
x
x2
(x + 1)2
✓
◆
1 1
x2
1
1+
=
=
2
x
(x + 1)
(1 + 1x )2
✓
◆
1 1+
1+
= 1.
x
Poichè +1 , 0, f 0 (x) = 0 =) 1+ 1x = 1 che non ha soluzioni. Pertanto
concludiamo che f 0 (x) , 0 per ogni x . Di conseguenza, non avendo
232
7.6 Serie di Taylor
alcun punto stazionario, la funzione f (x) è monotona. Abbiamo cosı̀
dimostrato la proprietà
n
X
1
↵

a
i
↵ 1
1=1
1
1
↵
·
1
8n
n↵ 1
1,
8↵ > 1.
Si osservi che da questa proprietà, poiché
lim
1
n!+1 n↵ 1
= 0,
segue che
+1
X
1
↵

,
↵
i
↵ 1
i=1
ossia la serie converge per ogni ↵ > 1.
7.6. Serie di Taylor
Data una funzione f definita in un intervallo ]a, b[ e di classe C1
(ossia derivabile di ogni ordine con derivata continua), possiamo
considerare la serie
n
X
f (k) (x0 )
(x x0 )k
k!
k=0
detta serie di Taylor della funzione f (x) centrata in x0 . Si dice che la
funzione f è sviluppabile in serie di Taylor se tale serie è convergente e
la sua somma vale f (x) . In tal caso
f (x) =
n
X
f (k) (x0 )
(x
k!
x0 )k + En (x)
k=0
e il resto En (x) soddisfa
En (x) =
f (n+1) (c)
(x
(n + 1)!
x0 )n+1 ,
con c punto dell’intervallo di estremi x0 ed x , e per ogni x 2 ]a, b[ si
ha lim En (x) = 0 . In questo caso si scrive
n!+1
+1
X
f (n) (x0 )
f (x) =
(x
n!
n=0
x0 )n .
233
7.6 Serie di Taylor
Si osservi che per n = 0 si ha
f (0) (x0 )
(x
0!
f (0) (x0 ) ⌘ f (x0 ) ,
x0 )0 ⌘ f (x0 ) .
Molte funzioni sono sviluppabili in serie di Taylor.
presentiamo di seguito alcune.
Ne
• La funzione esponenziale è sviluppabile in serie di Taylor
con centro x0 e risulta
ex = ex0
+1
X
(x
x0 )n
.
n!
n=0
In particolare, se il centro x0 = 0 , si ha
x
e =
+1 n
X
x
n=0
n!
.
• La funzione seno è sviluppabile in serie di Taylor di centro
x0 = 0 e si ha
+1
X
sin x =
( 1)k ·
k=0
x2k+1
;
(2k + 1)!
risulta infatti
f (0) (0) = 0
f (1) (0) = 1
f (2) (x) =
sin x
f (3) (x) =
cos x
f (4) (x) = sin x
)
)
)
f (2) (0) = 0
f (3) (0) = 1
f (4) (0) = 0 .
• Lo sviluppo in serie di Taylor in x0 = 0 della funzione coseno
è
+1
X
x2k
cos x =
( 1)k
.
(2k)!
k=0
• Le funzioni seno e coseno iperbolico
sinh x =
ex
e
2
x
,
cosh x =
ex + e
2
x
234
7.6 Serie di Taylor
hanno rispettiamente i seguenti sviluppi
sinh x =
+1
X
k=0
cosh x =
x2k+1
,
(2k + 1)!
+1
X
x2k
.
(2k)!
k=0
• La funzione log(1 + x) è sviluppabile in serie di Taylor se
|x| < 1 e si ha:
+1
X
xk
log(1 + x) =
( 1)k+1
k
k=1
(si noti che |x| < 1 ) En (x) ! 0) .
• La funzione arctan x è sviluppabile in serie di Taylor se |x| < 1
e si ha:
arctan x =
+1
X
k=1
( 1)k
x2k+1
.
2k + 1
• Per ogni ↵ 2 R la funzione f (x) = (1 + x)↵ è sviluppabile in
serie e risulta
!
+1
X
↵ k
(1 + x) =
x ,
k
k=0
↵
dove il coefficiente binomiale per definizione è dato da
!
(↵
↵
=
k
k + 1) · (↵
k + 2) · · · (↵
k!
1) · ↵
.
235
7.7 Esercizi
7.7. Esercizi
Esercizio 1. Studiare il carattere delle seguenti serie numeriche:
+1
+1 p
X
X
n
5n + 4n
1.
2.
n
log n + 5
n+1
n=0
n=1
+1
X
n
3.
log
n+1
n=1
5.
+1
X
1
n
e +e
1
n
4.
( 1)n
n=1
2
6.
n=1
Esercizio 2. Sia an =
P
della serie +1
n=1 an .
+1
X
+1
X
n
(n + 1)2
1
e 2n
1
en
n=1
(n+2)↵
.
n2 +2n
Determinare al variare di ↵ 2 R il carattere
Esercizio
3. Determinare
per quali valori di x 2 R converge la serie
⌘
P+1 ⇣
1
n
n=1 (2x) + (4x)n .
Esercizio 4. Determinare il carattere delle seguenti serie numeriche:
1.
+1 p
X
n3
+1
n
n=o
+1
X
1
3.
(
n
n=1
2.
+1
X
1
n=1
1
sin )2
n
n
log(
+1 r
X
n
4.
n+1
n=1
n+1
)
n
r
cos
1
.
n
CAPITOLO 8
Calcolo integrale
Dedichiamo questo capitolo ad una breve introduzione al calcolo
integrale e diamo le definzioni di integrale di Cauchy e integrale di
Riemann, dimostrando la loro equivalenza.
8.1. Introduzione
Il calcolo integrale nasce dall’esigenza pratica di calcolare aree.
Storicamente, si sviluppa prima del calcolo di↵erenziale e di quello
infinitesimale, si pensa intorno al IV secolo a.C. grazie agli studi di
Archimede e al suo metodo di esaustione.
Esso consiste nel “riempire”un cerchio con un poligono regolare di n lati ed aumentare n fino ”all’infinito” in modo da poter
determinare l’area del cerchio come limite dell’area del poligono.
Possiamo procedere in modo simile per determinare l’area di un
segmento parabolico. Consideriamo la parabola di equazione y = x2
Figura 1
e calcoliamo l’area della parte di piano (in grigio in figura 1) compresa
tra il grafico della parabola, l’asse x e la retta x = 1 .
Per far questo, dividiamo l’intervallo [0, 1] in n segmenti ciascuno di ampiezza n1 . Consideriamo l’area dei rettangoli al di sotto del
236
8.1 Introduzione
237
grafico della parabola, aventi come base tali segmenti e un vertice
sulla parabola e indichiamo la misura dell’area dell’i-esimo rettangolo con Si . L’unione dei rettangoli prende il nome di plurirettangolo
inscritto (in figura 2). Si noti che il regttangolo di area S1 ha come
base il segmento che congiunge n1 con n2 ed il rettangolo di area Sn 1
il segmento che congiunge nn 1 con 1.
Figura 2
Sia Sn la somma delle aree dei rettangoli, ossia
Sn =
n 1
X
Si ;
i=1
per arrivare a misurare un’area esattamente uguale a quella del segmento parabolico aumentiamo il numero dei rettangoli che formano
il plurittenagolo facendo tendere n all’infinito.
Osserviamo che l’area del segmento di parabola per x compreso
tra 0 e n1 è maggiorata con l’area
S1 =
1 1
·
! 0.
n n2
238
8.1 Introduzione
Figura 3
Le aree dei rettangoli (vedi figura 3) sono date da
(8.1)
S1
=
(8.2)
S2
=
(8.3)
S3
=
(8.4)
...
(8.5)
Sn
1
=
1
n
1
n
1
n
1
n2
✓ ◆2
2
·
n
✓ ◆2
3
·
n
·
✓
◆
1 n 1 2
·
;
n
n
quindi otteniamo
(8.6)
(8.7)
(8.8)
Sn
✓ ◆2 ✓ ◆2
✓
◆!
1 1
2
3
n 1 2
=
+
+
+ ··· +
n n2
n
n
n
1
= 3 (1 + 22 + 32 + ... + (n 1)2 )
n
n 1
1 X 2
= 3
k .
n
k=1
Ma sappiamo che
Pn
k=1
n 1
X
k=1
k2 =
k2 =
(n
n·(n+1)·(2n+1)
6
e quindi
1) · n · (2(n
6
1) + 1)
,
239
8.1 Introduzione
pertanto risulta
Sn =
1
n · (n
6n3
1) · (2n
lim Sn =
2 1
= .
6 3
1)
da cui
n!+1
Ma chi ci assicura che sia veramente cosı̀?
Sia quindi Rn l’area del plurirettangolo circoscritto al segmento di parabola e indichiamo con Ri l’area dell’i-esimo rettangolo
circoscritto.
Figura 4
Risulta (vedi figura 4)
(8.9)
R0
=
(8.10)
R1
=
(8.11)
R2
=
(8.12)
(8.13)
...
Rn
1
=
1
n
1
n
1
n
1
n2
✓ ◆2
2
·
n
✓ ◆2
3
·
n
·
✓ ◆
1 n 2 1
·
= .
n n
n
8.2 Integrale di Cauchy
240
Ora l’area del plurirettangolo circoscritto é data di conseguenza da
!
✓ ◆2 ✓ ◆2
1 1
2
3
Rn =
+
+
+ ··· + 1
n n2
n
n
1
= 3 (1 + 22 + 32 + ... + n2 ).
n
Ma sappiamo che
n
X
n · (n + 1) · (2n + 1)
k2 =
6
k=1
quindi otteniamo
Rn =
e
1
· n · (n + 1) · (2n + 1)
6n3
2 1
= .
n!+1
6 3
Ora, poiché Sn e Rn approssimano l’area del segmento parabolico
rispettivamente per difetto e per eccesso, risulta
lim Rn =
Sn  Area segmento di parabola  Rn
e poiché abbiamo dimostrato che
1
1
,
Rn !
3
3
possiamo concludere, grazie al Teorema del Confronto, che anche
l’area del segmento di parabola misura 13 .
Sn !
8.2. Integrale di Cauchy
Sia f : [a, b] ! R una funzione limitata. Dividiamo il segmento
[a, b] in n sottointervalli di uguale lunghezza, considerando per il
segmento [a, b] la partizione
Pn = {x0 = a ; x1 ; x2 ; ... ; xn 1 ; xn = b} ,
ove x0 < x1 < x2 < . . . < xn ed il j-esimo intervallino (con j
tipo [x j 1 , x j ] con
!
b a
xj = a + j
, j = 0, 1, ..., n .
n
1) é del
241
8.2 Integrale di Cauchy
Si definiscono
• le somme superiori (si considera il plurirettangolo circoscritto,
figura 5)
Sn =
n
X
sup ( f ) · (x j
j=1 [x j 1 ,x j ]
x j 1) ,
Figura 5
• le somme inferiori (si considera il plurirettangolo inscritto,
figura 6)
sn =
n
X
j=1
inf ( f ) · (x j
[x j 1 ,x j ]
Figura 6
x j 1) .
242
8.2 Integrale di Cauchy
Osservazione 8.1. Per ipotesi la funzione è limitata, ossia esistono
m < M in R tali che
m  f (x)  M
Allora si ha
Sn 
e
n
X
j=1
n
X
sn
j=1
M · (x j
m · (x j
8x 2 [a, b]
x j 1 ) = M · (b
x j 1 ) = m · (b
a)
a) .
Inoltre, dal fatto che
sn  Sn
segue che
m · (b
a)  sn  Sn  M · (b
a) .
Diamo ora la seguente definizione:
Definizione 8.2. Si dice che f : [a, b] ! R è integrabile secondo
Cauchy se esistono uguali tra loro i limiti di sn e di Sn per n che
tende all’infinito, (i quali per la limitezza di sn e Sn sono sempre
finiti).
In tal caso si pone
Z b
(8.14)
f (x) dx = lim Sn = lim sn
dove in simbolo
funzione f .
R
a
n!+1
n!+1
sta ad indicare l’operazione di integrazione della
Osservazione 8.3. Nella (8.14) il dx può essere interpretato come
l’ampiezza di un intervallino infinitesimo in cui si divide l’intervallo
[a, b] .
Osservazione 8.4. Se la funzione f : [a, b] ! R assume in [a, b]
valori sia positivi che negativi, per calcolare l’area della parte di
piano compresa tra il grafico della funzione, l’asse delle x e le rette
x = a e x = b , occorre calcolare gli integrali separando gli intervalli
in cui f è positiva e quelli in cui è negativa e cambiando il segno
243
8.3 Integrale di Riemann
all’integrale (altrimenti in tali intervalli l’area risulterebbe negativa).
Consideriamo ad esempio la funzione il cui grafico è rappresentato
in figura 7.
Figura 7
Per determinare l’area complessiva si procede come segue:
Z a1
Z b1
Z b
Area =
f (x) dx
f (x) dx +
f (x) dx .
a
a1
In generale risulta
Z
Area =
b1
b
a
| f (x)| dx .
8.3. Integrale di Riemann
Sia f : [a, b] ! R una funzione limitata. Consideriamo una
arbitraria partizione P dell’intervallo [a, b] data da
P = {a = x0 < x1 < x2 < · · · < xn
1
< xn = b} .
Fissata la partizione P , definiamo
• somma inferiore (si considera il plurirettangolo iscritto)
sP =
n
X
j=1
inf f · (x j
[x j 1 ,x j ]
x j 1) ,
244
8.3 Integrale di Riemann
• somma superiore (prendiamo il plurirettangolo circoscritto)
SP =
n
X
sup f · (x j
j=1 [x j 1 ,x j ]
x j 1) .
Osservazione 8.5. Ovviamente sP  SP per ogni partizione.
Consideriamo ora due partizioni P1 , P2 dell’intervallo [a, b] tali
che P1 ⇢ P2 . Vale la seguente relazione
(8.15)
sP1  sP2  SP2  SP1 ,
ossia la somma inferiore aumenta mentre quella inferiore diminuisce
(si noti che non si può a↵ermare questo con le somme superiori ed
inferiori nella definizione di Cauchy).
Per verificarlo consideriamo la partizione
P = {a = x0 < x1 < ... < xn = b}
e, scelto c 2 ]x j 1 , x j [ (come in Figura 8) , sia
un’altra partizione di [a, b] .
P⇤ = P [ {c}
Figura 8
Ovviamente risulta P ⇢ P⇤ . Verificheremo che
(8.16)
sP⇤
0.
sP
Analogamente si avrà SP⇤ SP
0 e per induzione si può quindi
ottenere la (8.15). Per dimostrare (8.16) osserviamo intanto che
(8.17) sP⇤ sP = ( inf f )(c x j 1 )+( inf f )(x j c) ( inf f )(x j x j 1 ) .
[x j 1 ,c]
[c,x j ]
[x j 1 ,x j ]
Osserviamo poi che in generale
A⇢B
)
inf f
A
inf f .
B
245
8.3 Integrale di Riemann
Quindi dalla (8.17) risulta
sP⇤
sP =
( inf f )(c
[x j 1 ,x j ]
= ( inf f )(c
[x j 1 ,x j ]
x j 1 ) + ( inf f )(x j
[x j 1 ,x j ]
xj
1
+ xj
c
c)
( inf f )(x j
[x j 1 ,x j ]
x j 1)
x j + x j 1) = 0 ,
da cui la tesi.
Osservazione 8.6 (di Riemann). Date due arbitrarie partizioni
P1 , P2 , consideriamo la partizione data dalla loro unione, ossia
P1 [ P2 . Si ha
sP1  sP1 [P2  SP1 [P2  SP2
(la prima e la terza maggiorazione seguono dalla monotonia). Quindi, in particolare, comunque scegliamo due partizioni P1 , P2 ,
possiamo sempre a↵ermare che
sP1  SP2 .
Osservazione 8.7. Data f : [a, b] ! R sia
A f = { sP : P = P( f ) partizione di [a, b] }
l’insieme di tutte le possibili somme inferiori, e
B f = { SQ : Q = Q( f ) partizione di [a, b] }
l’insieme costituito da tutte le possibili somme superiori.
l’osservazione precedente, abbiamo che
Per
a  b 8a 2 A f , 8b 2 B f ;
di conseguenza, grazie all’Assioma di Completezza dei numeri reali,
possiamo a↵ermare che
9 x : a  x  b 8a 2 A f , 8b 2 B f ,
ossia esiste un’elemento separatore; tale elemento è unico se e solo
se
x = sup A f = inf B f .
246
8.3 Integrale di Riemann
Equivalentemente (grazie alle proprietà di estremo superiore e
inferiore e alla proprietà di monotonia) se e soltanto se
8✏ > 0
9 P✏ :
SP✏
sP✏  ✏ .
Diamo ora la seguente definizione:
Definizione 8.8. Una funzione limitata f : [a, b] ! R si dice
integrabile secondo Riemann in [a, b] se per ogni partizione P di [a, b]
del tipo
P = {a = x0 < x1 < x2 < ... < xn
1
< xn = b}
le somme inferiori e superiori date da
sP =
n
X
j=1
inf f · (x j
[x j ,x j 1 ]
x j 1) ,
SP =
n
X
sup f · (x j
j=1 [x j ,x j 1 ]
x j 1)
sono tali che gli insiemi
A f = { sP : P = P( f ) partizione di [a, b] }
e
B f = { SQ : Q = Q( f ) partizione di [a, b] }
ammettono un unico elemento separatore. Tale elemento viene
indicato con
Z b
f (x) dx (= sup A f = inf B f )
a
e viene chiamato integrale definito di f in [a, b] .
R⇤
Osservazione 8.9. Possiamo indicare con
f l’estremo inferiore
delle
somme superiori, detto anche integrale superiore di f ; e con
R
f l’estremo superiore delle somme inferiori, detto anche integrale
⇤
inferiore di f . Con queste notazioni f risulta integrabile secondo
Riemann in [a, b] se e solo se i due integrali (inferiore e superiore)
coincidono.
8.4 Equivalenza tra la definizione di Cauchy e quella di Riemann.
247
8.4. Equivalenza tra la definizione di Cauchy e quella di Riemann.
Una volta definiti entrambi gli integrali, indaghiamo la relazione che intercorre tra integrale di Cauchy e integrale di Riemann.
Anzitutto, valgono i seguenti risultati:
Teorema 8.10.
lim sn = sup sP (2 R ).
n!+1
P
Teorema 8.11.
lim Sn = inf SP (2 R ).
n!+1
P
Osservazione 8.12. Per poter a↵ermare che le definizioni di integrale di Cauchy e di Riemann sono equivalenti, basta avere a disposizione il Teorema 8.10 e il Teorema 8.11. Ad esempio, sia f integrabile
secondo Cauchy, allora
lim sn = lim Sn
n!+1
n!+1
sup A f = inf B f
)
ossia f è Riemann-integrabile. Similmente si dimostra il viceversa.
Lemma 8.13 (Lemma fondamentale). Comunque si scelga una
partizione P di [a, b] si ha che
8 >0
9 n = n(P, ) :
sn > sP
8n
n.
Dimostrazione. Sia
P = {a = x0 < x1 < · · · < xm
1
< xm = b}
una qualunque partizione di Riemann dell’intervallo [a, b] (con
indice m fissato), e sia
Pn = {a = y0 < y1 < · · · < yn
1
< yn = b}
una qualunque partizione di Cauchy di [a, b] tale che
yj = a + j ·
(b
a)
n
con n tale che
(8.18)
b
a
n
< inf{|xi
xi 1 | : i = 1, . . . , m}.
248
8.4 Equivalenza tra la definizione di Cauchy e quella di Riemann.
Sia ji tale che y ji  xi  y ji +1 per ogni i = 1, . . . , m 1 (vedi Figura
9), e [y ji , y ji +1 ] non contiene né xi 1 , né xi+1 .
Figura 9
In e↵etti si puó scegliere ji tale che
xi
1
< y ji  xi  y ji+1 < xi+1 .
Si noti che ji esiste a causa di (8.18). Ricordando la definizione delle
partizioni P e Pn e ricordando che esiste M > 0 tale che f  M in
[a, b] e che y ji +1 y ji = b n a , si ha
sP  sP[Pn =
j1
X
j=1
( inf
[x1 ,y j1 +1 ]
(
[y jm
inf
1
,xm 1 ]
( inf f )(y j
[y j 1 ,y j ]
f )(y j1 +1
y j 1 ) + ( inf f )(x1
[y j1 ,x1 ]
x1 ) + . . . +
n
X
j=jm
f )(xm
1
y jm 1 ) + (
( inf f )(y j
[y j 1 ,y j ]
1
inf
[xm 1 ,y jm
y j1 )+
1 +1
]
f )(y jm
y j 1 )+
xm 1 ) 
1 +1
sn + M
(b
a)
n
(m
1).
Sarà quindi sufficiente scegliere n tale che (8.18) é verificata e
M · (b
a) · (m
n
1)
< ,
ossia
(8.19)
n>
M · (b
a) · (m
1)
,
8.5 Alcune proprietà fondamentali dell’integrale di Cauchy-Riemann.
249
per avere
sP < sn + .
⇤
Dimostrazione (Teorema 8.10). Sia = sup sP . Fissato ✏ > 0 sia
P✏ una partizione di [a, b] come in figura 10
Figura 10
Sia
=
✏
> 0 tale che
sP✏
✏
>
✏
Per il Lemma 8.13 abbiamo che
9 n✏ : n
n✏
)
SP✏
✏
< sn .
Dunque
n
da cui la tesi
n✏ )
✏ < sn 
⇤
Osservazione 8.14. Dal Lemma 8.13 si deduce la dimostrazione
del Teorema 8.10. L’analogo del Lemma 8.13 nel caso delle somme
superiori ci dà la dimostrazione del Teorema 8.11. Sempre con la stessa tecnica della dimostrazione del Lemma 8.13 si deduce l’analogo
risultato concernente la definizione di lunghezza di una curva.
8.5. Alcune proprietà fondamentali dell’integrale di
Cauchy-Riemann.
Incominciano col provare che le funzioni limitate e monotone
sono Riemann - integrabili. Vale infatti il seguente risultato:
8.5 Alcune proprietà fondamentali dell’integrale di Cauchy-Riemann.
250
Teorema 8.15. Sia f : [a, b] ! R una funzione limitata e monotona.
Allora f è integrabile secondo Riemann in [a, b] .
Dimostrazione. Per dimostrare il teorema, sarà sufficiente
mostrare che
Sn
sn
n!+1
! 0.
Ossserviamo innanzitutto che, scelta una partizione di Cauchy per
[a, b] tale che
(b a)
xj = a + j ·
j = 1 , ... , n
n
si ha
n
X
0  Sn sn =
( sup f
inf f )(x j x j 1 ) .
[x j 1 ,x j ]
j=1 [x j 1 ,x j ]
Per fissare le idee, supponiamo che f sia monotona non
decrescente; di conseguenza
f (x j 1 )  f (x)  f (x j )
8x 2 [x j 1 , x j ] .
Risulta quindi
(8.20)
Sn
(8.21)
sn 
=
(8.22)
=
n ⇣
X
⌘ b
f (x j 1 )
f (x j )
j=1
n
a X⇣
b
n
b
!
n
⌘
f (x j 1 )
j=1
a
n
f (x j )
a
· f (b)
f (a)
!0
se n ! 1.
⇤
Dimostriamo ora due importanti proprietà dell’integrale:
l’additività e l’omogeneità.
Teorema 8.16 (Additività dell’integrale). Siano f, g : [a, b] ! R
integrabili. Allora anche f + g è integrabile in (a, b) e risulta
Z b
Z b
Z b
( f + g)(x) dx =
f (x) dx +
g(x) dx .
a
a
a
251
8.5 Alcune proprietà fondamentali dell’integrale di Cauchy-Riemann.
Dimostrazione. Poichè
inf f + inf g[↵, ]  inf ( f + g)  f (x) + g(x) 8x 2 [↵, ]
[↵, ]
[↵, ]
e
f (x) + g(x)  sup( f + g)[↵, ]  sup f[↵, ] + sup g[↵, ] ,
risulta anzitutto
n
X
sn ( f ) + sn (g) =
( inf f )(x j
[x j 1 ,x j ]
j=1
x j 1) +
j=1
n
X
( inf ( f + g))(x j

j=1
[x j 1 ,x j ]
 Sn ( f + g) =
n
X
( inf g)(x j
j=1 [x j 1 ,x j ]
x j 1)
[x j 1 ,x j ]
x j 1 ) = sn ( f + g)
( sup ( f + g))(x j
x j 1)
j=1 [x j 1 ,x j ]
n
X
( sup f )(x j

n
X
x j 1) +
n
X
( sup g)(x j
x j 1)
j=1 [x j 1 ,x j ]
= Sn ( f ) + Sn (g).
Dunque
sn ( f ) + sn (g)  sn ( f + g)  Sn ( f + g)  Sn ( f ) + Sn (g)
e poiché
Z
sn ( f ) + sn (g) !
Z
b
a
f+
Z
b
a
g,
Sn ( f ) + Sn (g) !
per il Teorema del Confronto si ha che
Z b
Z b
Z
sn ( f + g) !
f+
g,
Sn ( f + g) !
a
a
a
f+
Z
b
a
Z
b
f+
a
b
g,
b
a
g.
⇤
Teorema 8.17 (Omogeneità dell’integrale). Sia f : [a, b] ! R
integrabile, 2 R . Allora anche f è integrabile e risulta
Z b
Z b
( f )(x) dx =
f (x) dx .
a
a
8.5 Alcune proprietà fondamentali dell’integrale di Cauchy-Riemann.
Dimostrazione. Supponiamo
inf f 
> 0 . Si ha intanto
f (x) = ( f )(x) 8x,
e quindi
inf f  inf( f ) .
Inoltre
f (x) 
da cui
sup f
sup( f ) 
Dunque
sn ( f ) =
n
X
j=1
inf ( f ) · (x j
[x j 1 ,x j ]
8x,
sup f .
n
X
x j 1)
( inf f )(x j
[x j 1 ,x j ]
j=1
x j 1 )).
Analogamente si ottiene che
Sn ( f ) 
n
X
( sup f ) · (x j
x j 1 )) = Sn ( f ) .
[x j 1 ,x j ]
j=1
In conclusione
· sn ( f )  sn ( f )  Sn ( f ) 
e poiché
Z
sn ( f ) !
Z
b
a
· Sn ( f )
f,
Sn ( f ) !
b
a
f,
per il Teorema del Confronto si ha la tesi quando > 0.
Nel caso particolare in cui = 1 , si ha che f è integrabile e
Z b
Z b
f (x) dx =
f (x) dx .
a
Infatti inf( f ) =
(8.23)
a
sup( f ) e sup( f ) =
n
X
sn ( f ) =
( inf ( f ))(x j
j=1
(8.24)
inf f e quindi
=
n
X
j=1
[x j 1 ,x j ]
( sup f )(x j
[x j 1 ,x j ]
x j 1)
x j 1 ) = Sn ( f )
252
253
8.5 Alcune proprietà fondamentali dell’integrale di Cauchy-Riemann.
e similmente risulta
Sn ( f ) = sn ( f ) .
Pertanto
Sn ( f ) = sn ( f )  Sn ( f ) = sn ( f )
e di nuovo per il Teorema del Confronto segue la tesi.
Infine, se < 0 si ha
f = (
)f
e quindi l’integrale di f esiste e si ha anche
Z b
Z b
Z b
( f) =
( )f =
( )f = (
a
a
a
Z
Z
b
)
a
f =
b
a
f.
⇤
Osservazione 8.18. Sia f (x) = c costante.
Figura 11
Allora (vedi figura 11)
Z b
a
f (x) dx = (b
a) · c
ovvero l’integrale è la misura dell’area del rettangolo di base b a
(ossia l’ampiezza dell’intervallo) e altezza c (cioè il valore della funzione), dato che le somme inferiori e le somme superiori valgono
c · (b a) , qualunque sia la partizione scelta.
8.5 Alcune proprietà fondamentali dell’integrale di Cauchy-Riemann.
254
Osservazione 8.19. Se ↵  f (x) 
per ogni punto x
dell’intervallo [a, b] , allora
Z b
↵ · (b a) 
f (x) dx  · (b a) .
a
Osservazione 8.20. Non tutte le funzioni sono integrabili secondo
Riemann. Ad esempio la seguente funzione
(
1 se x 2 Q \ [0, 1]
f : [0, 1] ! R ,
f (x) = [0,1]\Q =
0 se x 2 (R \ Q) \ [0, 1]
è tale che
(8.25)
Sn ( f ) =
(8.26)
=
n
X
( sup f )(x j
x j 1)
j=1 [x j 1 ,x j ]
n
X
j=1
1 · (x j
x j 1) = 1 .
Infatti risulta sup f = 1 perché in ogni intervallino cade sempre
[x j 1 ,x j ]
almeno un r 2 Q. Inoltre
(8.27)
sn ( f ) =
n
X
( inf f )(x j
j=1
(8.28)
=
n
X
j=1
poichè
x j 1)
[x j 1 ,x j ]
0 · (x j
x j 1) = 0
inf f = 0 per ogni j dato che in ogni intervallino cade
[x j 1 ,x j ]
sempre un x 2 R \ Q . Si conclude quindi che tale funzione non è
integrabile.
Teorema 8.21 (Additività dell’integrale rispetto ad intervalli adiacenti). Sia a < r < b , f funzione integrabile in [a, b] . Allora f è
integrabile in [a, r] e in [r, b] . Inoltre risulta
Z
(8.29)
a
Z
b
f (x) dx =
a
Z
r
f (x) dx +
r
b
f (x) dx .
8.5 Alcune proprietà fondamentali dell’integrale di Cauchy-Riemann.
255
Dimostrazione. Dimostriamo anzitutto l’integrabilità della funzione negli intervalli [a, r] e [r, b] .
Fissato ✏ > 0 ,
sia
P✏ = {a = x0 < x1 < ... < xn = b}
una partizione dell’intervallo [a, b] tale che
0  SP✏
sP✏ < ✏ .
Consideriamo poi la partizione
P✏,r = P✏ [ {r} ;
si ha SP✏,r  SP✏ e sP✏,r
sP✏ e quindi
0  SP✏,r
sP✏,r  SP✏
sP✏ < ✏ .
Sia ora
Abbiamo che
b✏,r = {a = x0 < x1 < ... < r} .
P
0  SPb✏,r
sPb✏,r  SP✏,r
sP✏,r < ✏
(la di↵erenza diminuisce ancora perchè sommiamo un numero inferiore di elementi). Pertanto la funzione è integrabile in [a, r] . Si
procede similmente per provare l’integrabilità in [r, b] .
Dimostriamo ora la (8.29) . Siano P✏ ([a, r]) , P✏ ([r, b]) due
partizioni dei rispettivi intervalli tali che
Z r
(8.30)
✏+
f (x) dx  sP✏ ([a,r]) ,
a
Z
(8.31)
b
✏+
r
f (x) dx  sP✏ ([r,b]) ,
Z
(8.32)
SP✏ ([a,r]) 
r
Z
(8.33)
SP✏ ([r,b]) 
f (x) dx + ✏,
a
b
r
f (x) dx + ✏.
8.5 Alcune proprietà fondamentali dell’integrale di Cauchy-Riemann.
256
Sia P✏ = P✏ ([a, r]) [ P✏ ([r, b]) una partizione di [a, b] .
Sommando membro a membro la (8.30) e la (8.31) si ottiene
Z r
Z b
2✏ +
f (x) dx +
f (x) dx  sP✏ ([a,r]) + sP✏ ([r,b]) = sP✏ .
a
r
D’altra parte per le (8.30)–(8.33) abbiamo
Z r
Z
SP✏ = SP✏ ([a,r]) + SP✏ ([r,b]) 
f (x) dx + ✏ +
a
b
f (x) dx + ✏ .
r
A questo punto, essendo
Z
sP✏ 
b
a
f (x) dx  SP✏
possiamo sfruttare le disuguaglianze precedenti e ottenere
Z
Z
r
2✏ +
a
f (x) dx +
Z
b
r
f (x) dx 
b
a
Z
f (x) dx 
r
a
f (x) dx +
Z
b
r
Infine, facendo tenere ✏ a zero, si ottiene la tesi.
f (x) dx + 2✏ .
⇤
Notazione 8.22. Se ↵ > si pone per definizione
Z
Z ↵
de f
f (x) dx =
f (x) dx .
↵
Osservazione 8.23. Con la notazione precedente si può estendere
il teorema di additivitá dell’integrale rispetto ad intervalli adiacenti
anche la caso in cui r < [a, b], come si dimostra considerando i vari
possibili casi.
Teorema 8.24 (Monotonia dell’integrale). Sia f : [a, b] ! R una
funzione integrabile. Allora
Z b
f 0 )
f (x) dx 0 .
a
8.5 Alcune proprietà fondamentali dell’integrale di Cauchy-Riemann.
257
Dimostrazione. Per ipotesi, risulta f 0 , quindi
n
X
0  sn =
( inf f ) (x j x j 1 ) 8n .
[x j 1 ,x j ]
j=1
Poichè sn !
f
Rb
a
f (x) dx si ha
Rb
a
f (x) dx
0.
⇤
Teorema 8.25. Siano f e g due funzioni integrabili in [a, b] tali che
g . Allora
Z b
Z b
f (x) dx
g(x) dx .
a
a
Dimostrazione. Dal fatto che f (x) g(x)
che
Z b
Z b
0
( f (x) g(x)) dx =
f (x) dx
da cui la tesi.
a
0 per ogni x , segue
Z
a
b
a
g(x) dx
⇤
Lemma 8.26. Sia f : [a, b] ! R integrabile. Sia ↵ 2 [a, b] e
(
f (x) , se x 2 [a, b] \ ↵
f˜(x) =
, se x = ↵ .
Allora f˜ è integrabile e
Z
Z
b
f (x) dx =
a
b
a
f˜(x) dx .
In altri termini, se la funzione integranda cambia in un punto,
l’integrale non cambia.
Dimostrazione. Limitiamoci a considerare il caso ↵ 2]a, b[. Nel
caso in cui ↵ coincide con a oppure b la dimostazione è piu’ semplice
(e comunque analoga). Nell’intervallo [a, b] consideriamo
(
f (↵) , se x = ↵
g(x) =
0 , se x 2 [a, b] \ ↵.
Poniamo
f (↵) = . Prendiamo una partizione
P = {x0 = a < x1 < . . . ↵
< ↵ + < . . . < xm = b}.
Abbiamo
sP = ( inf
[↵
,↵+ ]
g)2  SP = ( sup g)2 .
[↵
,↵+ ]
8.5 Alcune proprietà fondamentali dell’integrale di Cauchy-Riemann.
258
Dunque, 0  SP sP  2| | e per l’arbitrarietà di si ottiene che
g è integrabile.
Per fissare le idee supponiamo > 0. In questo caso
Z b
Z ↵+
0
g(x) dx =
g(x) dx  2 ,
a
↵
Rb
e per l’arbitrarietà di abbiamo che a g(x) dx = 0. Poichè f˜ = f + g
si ricava che f˜ è integrabile e
Z b
Z b
Z b
Z b
Z b
f˜(x) dx =
( f + g)(x) dx =
f (x) dx +
g(x) dx =
f (x) dx.
a
a
a
a
a
⇤
Teorema 8.27. Siano f1 : [a, b] ! R , f2 : [b, c] ! R funzioni
integrabili secondo Riemann. Allora la funzione
8
>
>
f1 (x)
se x 2 [a, b[
>
>
<
f (x) = >
un qualunque elemento di R
se x = b
>
>
>
: f2 (x)
se x 2 ]b, c]
(vedi figura 12) è integrabile in [a,c] . Inoltre
Z c
Z b
Z
f (x) dx =
f1 (x) dx +
a
a
c
b
f2 (x) dx .
Figura 12
Dimostrazione. Per il Lemma 8.26 f è integrabile sia in [a, b] che
in [b, c].
Siano f˜1 la f ristretta ad [a, b] ed f˜2 la f ristretta a [b, c]. Fissato ✏ > 0
esistono P✏1 = P✏1 ([a, b], f˜1 ) e P✏2 = P✏2 ([b, c], f˜2 ) tali che SP✏1 sP✏1 < ✏ ,
e SP✏2 sP✏2 < ✏.
8.5 Alcune proprietà fondamentali dell’integrale di Cauchy-Riemann.
259
La partizione
P✏ = P✏1 [ P✏2
è una partizione di [a, b] e risulta
(8.34)
SP✏ ( f ) = SP✏1 + SP✏2
(8.35)
sP✏ ( f ) = sP✏1 + sP✏2 .
Di conseguenza
0  SP✏ ( f )
sP✏ ( f ) = (SP✏1
sP✏1 ) + (SP✏2
sP✏2 ) < ✏ + ✏ = 2✏ .
da cui l’integrabilità di f .
Ma per l’additività dell’integrale e per il Lemma 8.26 si ha
Z c
Z b
Z c
Z b
Z c
f (x) dx =
f˜1 (x) dx +
f˜2 (x) dx =
f1 (x) dx +
f2 (x) dx.
a
a
b
a
b
⇤
Per la dimostrazione del prossimo teorema ci serviranno le nozioni di parte positiva e di parte negativa di una funzione. Sia
f + (x) = max( f (x), 0) la parte positiva della funzione f che vale f
dove f è positiva e vale 0 dove f è negativa.
Sia f (x) = max( f (x), 0) la parte negativa che vale 0 dove f è
positiva e vale f dove f è negativa .
Abbiamo che
f (x) = f + (x) f (x) ;
si noti che
(I)
se f (x) > 0
(II)
se f (x) = 0
(III)
se f (x) < 0
Inoltre
)
f + (x) = f (x) ,
)
f + (x) = 0 ,
)
f (x) = 0
f + (x) = f (x) = 0
f (x) =
f (x) .
| f (x)| = f + (x) + f (x).
Osservazione 8.28. La di↵erenza tra sup e inf di una data funzione in un intervallo [a, b] si chiama oscillazione di f in [a, b] e si
denota con OSC[a,b] f . Vale la seguente proprietà
OSC[x j
1 ,x j ]
f +  OSC[x j
1 ,x j ]
f.
8.5 Alcune proprietà fondamentali dell’integrale di Cauchy-Riemann.
260
Per verificarla in [x j 1 , x j ] distinguiamo i seguenti casi:
1° caso:
se
sup f > 0 ,
inf f
sup f +
2° caso:
se
0
allora
inf f + = sup f
inf f < 0 < sup f
inf f ;
allora
sup f = sup f + ,
inf f < 0 = inf f +
e quindi
sup f +
3° caso:
se
inf f + < sup f
inf f < sup f  0
sup f +
inf f ;
allora f + ⌘ 0 e si ha
inf f + = 0 < sup f
inf f
Analogamente si dimostra che
OSC[x j
1 ,x j ]
f  OSC[x j
1 ,x j ]
f.
Possiamo ora dimostrare il seguente
Teorema 8.29. Sia f : [a, b] ! R limitata e integrabile. Allora | f | è
integrabile.
Dimostrazione. Sia ora Pn una qualunque partizione di Cauchy
di [a, b] . Dalla osservazione 8.28 segue subito che
0
SPn ( f + ) sPn ( f + )
n
X
=
( sup f +
inf f + )(x j
j=1 [x j 1 ,x j ]

n
X
( sup f
j=1 [x j 1 ,x j ]
= SPn ( f )
[x j 1 ,x j ]
inf f )(x j
[x j 1 ,x j ]
sPn ( f ) ! 0
x j 1)
x j 1)
Questo dimostra che f + è integrabile. Analogamente f è integrabile. Di conseguenza | f | = f + + f è integrabile in quanto somma di
funzioni integrabili.
⇤
Proprietà 8.30.
Z
Z
b
a
f (x) dx 
b
a
| f (x)| dx .
8.5 Alcune proprietà fondamentali dell’integrale di Cauchy-Riemann.
261
Dimostrazione. La proprietà è equivalente a
Z b
Z b
Z b
| f (x)| dx 
f (x) dx 
| f (x)| dx
a
a
a
ma sappiamo che
| f (x)|  f (x)  | f (x)|
8x 2 R
quindi, per la monotonia dell’integrale, segue la tesi.
⇤
Definizione 8.31. Data una funzione f : [a, b] ! R , la funzione
F si dice primitiva di f se F è derivabile e F0 (x) = f (x) 8x 2 [a, b] .
Osservazione 8.32. Siano F1 e F2 primitive di f nell’intervallo
chiuso [a, b] . Allora F1 F2 è costante. Infatti
(1) F2 F1 è continua in [a, b] perché derivabile in [a, b] ,
(2) (F2 F1 )0 = F02 = F01 = f f = 0 .
Pertanto, applicando il Teorema di Lagrange a F2
funzione è costante.
F1 , segue che tale
Osservazione 8.33. Sottolineiamo che nella osservazione 8.32
siamo in un intervallo. Per chiarire questo punto consideriamo
f : [a, b] [ [↵, ] ! R , con b < ↵ , tale che f ha primitiva F in [a, b] e
primitiva G in [↵, ] . In altre parole
F0 (x) = f (x)
in [a, b]
G0 (x) = f (x)
in [↵, ] .
L’insieme delle primitive di f in [a, b] [ [↵, ] è dato, al variare di c, d
in R dalla funzione H tale che
(
F(x) + c 8x 2 [a, b]
H(x) =
G(x) + d 8x 2 [↵, ]
L’insieme
di tutte le primitive di una funzione f si può indicare con
R
f (x)dx che viene detto integrale indefinito di f .
CAPITOLO 9
Integrali e funzioni continue
In questo capitolo diamo alcuni risultati fondamentali che
riguardano gli integrali delle funziono continue.
9.1. Integrabilità delle funzioni continue
Abbiamo visto che le funzioni limitate e monotone sono integrabili. Faremo vedere che anche le funzioni continue sono
integrabili.
Ricordiamo intanto la nozione di continuità:
Definizione 9.1. Una funzione f : [a, b] ! R si dice continua in
[a, b] se per ogni x0 2 [a, b] , per ogni successione xn ! x0 risulta
f (xn ) ! f (x0 ) .
In alternativa, si ha:
Definizione 9.2. Una funzione f : [a, b] ! R si dice continua in
[a, b] se per ogni x0 2 [a, b]
8✏ > 0
9 (x0 , ✏) : |x
x0 | <
| f (x)
)
f (x0 )| < ✏ .
Diamo ora la seguente definizione.
Definizione 9.3. Una funzione f : A ! R si dice uniformemente
continua in A se 8xn , yn ⇢ A : |xn yn | ! 0 ) | f (xn ) f (yn )| ! 0 .
In modo equivalente si ha:
Definizione 9.4. Una funzione f : A ! R si dice uniformemente
continua in A se
8✏ > 0
9
✏
, 8x, y 2 A , |x
y| <
262
)
| f (x)
f (y)| < ✏ .
263
9.1 Integrabilità delle funzioni continue
Osservazione 9.5. Si noti che nella Definizione 9.4 di continuità
uniforme, il dipende solo da ✏ (e non dai punti x, y). L’equivalenza
delle Definizioni 9.3 e 9.4 può essere dimostrata in modo simile a
come fatto per la continuità.
Osservazione 9.6. La continuità uniforme implica la continuità
(nella Definizione 9.3, fissato x0 , basta prendere yn = x0 per ogni n ).
Esempi 9.7. Per comprendere meglio il significato di uniforme
continuità, presentiamo alcuni esempi.
1) Sia A =]0, 1] , f : A ! R , f (x) = 1x . La f è continua in A , ma
non è uniformemente continua . Infatti, sia
1
1
xn = , yn = + ✏n , con ✏n ! 0 .
n
n
Risulta
yn xn ! 0
ma cosa succede a | f (xn )
f (xn )
1
f (yn ) =
1
n
=
Fissato ✏n =
1
n
f (yn )| ? Si ha che
1
n
1
n
⇣
1
=
+ ✏n
✏n
1
n
+ ✏n
1
n
+ ✏n n1
⇣
⌘
1 1
+
✏
n
n n
⌘.
abbiamo
f (xn )
f (yn ) =
1
n
1
n
⇣ ⌘=
2
n
n
! +1
2
pertanto la funzione non è uniformemente continua.
2) Consideriamo la funzione f : R ! R , f (x) = x2 .
Prendiamo xn = n , yn = n + ✏n con ✏n ! 0 .
Risulta
ovviamente
xn yn ! 0 .
Quindi
f (yn )
f (xn ) = (n + ✏n )2
= n2 + 2✏n n + ✏2n
= 2✏n n + ✏2n .
n2
264
9.1 Integrabilità delle funzioni continue
Scegliendo en =
1
n
risulta
✓ ◆2
1
f (yn ) f (xn ) = 2 +
!2
n
pertanto la funzione non è uniformemente continua.
p
3) Sia f : [1, +1[! R , f (x) =
x . Si può dimostrare
(esercizio) che è una funzione uniformemente continua.
E’ di fondamentale importanza il seguente Teorema (di HeineCantor):
Teorema 9.8. Sia f : [a, b] ! R una funzione continua nell’intervallo
[a, b] . Allora f è uniformemente continua in [a, b] .
Osservazione 9.9. Grazie al Teorema di Heine-Cantor, possiamo
a↵ermare che la continuità e l’uniforme continuità di una funzione
in un intervallo chiuso e limitato sono equivalenti.
Dimostrazione. Supponiamo per assurdo che f : [a, b] ! R non
sia uniformemente continua, dunque
9 xn , yn 2 [a, b] :
xn
yn ! 0
ma
f (xn )
f (yn ) 6 ! 0 .
Dunque esiste ✏ > 0 ed esiste una successione nk crescente tale
che
| f (xnk ) f (ynk )| ✏ 8k ,
mentre xnk
ynk ! 0. Siano
xnk = ↵k ,
ynk =
k
.
Abbiamo ↵k
k ! 0 , con ↵k , k 2 [a, b] 8k . Per il Teorema di
Bolzano-Weierstrass esiste ↵km ! x0 2 [a, b].
Inoltre, poiché
km
=
km
↵km + ↵km ,
km
↵km ! 0 , e
si ha che anche
km
Ora, sappiamo che
| f (↵km )
f(
! x0 .
km )|
✏>0
8m
↵km ! x0
265
9.1 Integrabilità delle funzioni continue
ma
| f (↵km )
f(
km )|
da cui l’assurdo.
! | f (x0 )
f (x0 )| = 0
✏ > 0,
⇤
Possiamo a questo punto enunciare e dimostrare il seguente
teorema:
Teorema 9.10. Sia f : [a, b] ! R una funzione continua. Allora f è
Riemann-integrabile.
Dimostrazione. Consideriamo le somme inferiori e superiori
(secondo Cauchy) per ogni n. Si ha
0
1
n
X
BB
CC
BB sup f
0  Sn sn =
inf f CCCA · (x j x j 1 ) .
B@
[x j 1 ,x j ]
[x ,x ]
j=1
Fissato ✏ > 0 , sia
cosı̀ abbiamo
=
✏
j 1
il corrispondente
y| <
|x
j
Sia ora n✏ tale che
| f (x)
)
b
dell’uniforme continuità,
f (y)| < ✏ .
a
< ✏ 8n n✏
n
(osserviamo che n✏ con tale proprietà esiste sempre, grazie al
Principio di Archimede).
Siano xM j ed xm j punti di massimo e minimo di f in [x j 1 , x j ] (che
esistono per il Teorema di Weierstrass). Si ha
0  sup f
inf f = f (xM j )
[x j 1 ,x j ]
[x j 1 ,x j ]
Ma
|xM j
xm j |  |x j
x j 1| =
b
da cui, per l’uniforme continuità,
| f (xM j )
a
n
<
✏,
f (xm j )
per ogni n
n✏ ,
f (xn j )| < ✏ .
Dunque
0  Sn
sn 
n
X
j=1
✏(x j
x j 1) = ✏
n
X
j=1
(x j
x j 1 ) = ✏(b
a) .
9.2 Il Teorema fondamentale del calcolo integrale
Allora, dalla definizione di limite segue che Sn
sn ! 0.
266
⇤
Enunciamo ora un’importante risultato che riguarda le funzioni
continue.
Teorema 9.11 (della media integrale). Sia f : [a, b] ! R continua.
Allora
Z b
1
9 ⇠ 2 [a, b] :
f (x) dx = f (⇠) .
b a a
Dimostrazione. Siano
M = max f
m = min f .
m  f (x)  M
8x 2 [a, b] ,
[a,b]
[a,b]
Ovviamente risulta
da cui segue
Z
Z
b
m dx 
a
che implica
f (x) dx 
a
Z
m(b
Z
b
a) 
b
a
M dx
b
a
f (x) dx  M(b
a) .
Otteniamo quindi
m
Z
1
b
a
b
a
f (x) dx  M .
e infine, per il Teorema dei valori intermedi, esiste ⇠ 2 [a, b] tale che
Z b
1
f (⇠) =
f (x) dx .
b a a
⇤
9.2. Il Teorema fondamentale del calcolo integrale
Il Teorema della media integrale viene utilizzato per dimostrare il
seguente teorema, che costituisce un risultato di importanza centrale
nella teoria del calcolo integrale:
9.2 Il Teorema fondamentale del calcolo integrale
267
Teorema 9.12 (Teorema fondamentale del calcolo integrale). Sia
f : [a, b] ! R continua. Allora la funzione
Z x
F(x) =
f (t) dt
a
detta funzione integrale, è una primitiva di f , ossia è derivabile e risulta
F0 (x) = f (x) 8x 2 [a, b] . In altre parole:
• F è derivabile in ]a, b[ ;
• F0+ (a) = f (a) , F0 (b) = f (b) ;
• F0 (x) = f (x) 8x 2]a, b[ .
Dimostrazione. Dimostriamo il teorema nel caso in cui x 2 ]a, b[ .
I casi x = a e x = b sono analoghi. Il nostro scopo è quello di mostrare
che
F(x + ✏) F(x)
lim
= f (x) .
✏!0
✏
Osserviamo che
!
Z x+✏
Z x
F(x + ✏) F(x) 1
=
f (t) dt
f (t) dt
✏
✏ a
a
e procediamo distinguendo i due casi indicati in figura 1.
Figura 1
Nel I caso ✏ > 0 , e quindi
Z x+✏
Z
f (t) dt =
a
f (t) dt +
a
mentre nel II caso, ✏ < 0 e si ha
Z x+✏
Z
f (t) dt =
a
Z
x
a
x+✏
Z
x
f (t) dt
f (t) dt ,
x
x
x+✏
f (t) dt .
9.2 Il Teorema fondamentale del calcolo integrale
Nel I caso risulta quindi
F(x + ✏)
✏
F(x)
1
=
✏
Z
268
x+✏
x
f (t) dt ;
per il Teorema della media integrale si ha che esiste ⇠✏ appartenente
all’intervallo chiuso di estremi x e x + ✏ tale che
Z
1 x+✏
f (t) dt = f (⇠✏ );
✏ x
inoltre risulta
lim ⇠✏ = x ,
✏!0
ed essendo f continua si ha
lim f (⇠✏ ) = f (x)
✏!0
cioè quello che volevamo dimostrare.
Per quanto riguarda il II caso si ha
!
Z x
Z x
F(x + ✏) F(x) 1
1
=
f (t) dt =
f (t) dt
✏
✏
✏ x+✏
x+✏
(quest’ultimo passaggio ha lo scopo di mettere in evidenza il ✏ che
risulta una quantità positiva e rappresenta l’ampiezza dell’intervallo); per il Teorema della media integrale esiste ⌘✏ 2 [x + ✏, x] tale
che
Z
1 x
f (t) dt = f (⌘✏ );
✏ x+✏
e come prima si ha
x + ✏  ⌘✏  x
)
lim ⌘✏ ! x ,
✏!0
e per la continuità di f segue la tesi.
⇤
Osservazione 9.13. Consideriamo la funzione integrale
Z x
F(x) =
f (x) dx
a
nel caso in cui f è continua in [a, b] e domandiamoci: chi è F(a)?
Sappiamo che
Z x
|F(x)| 
| f (t)| dt
a
9.2 Il Teorema fondamentale del calcolo integrale
269
ed f è continua in [a, b] . Inoltre | f (x)|  M 8x 2 [a, b] . Quindi
Z x
Z x
| f (t)| dt 
M dt = M(x a) ,
a
a
da cui limx!a F(x) = 0. Si noti che, in generale, se a < x1  x2  b ,
risulta
Z x2
Z x2
|F(x2 ) F(x1 )| =
f (t) dt 
| f (t)| dt  M(x2 x1 ) .
x1
x1
Di conseguenza F è continua in [a, b] ponendo per definizione F(a) =
0.
lim F(x) = 0 ,
x!a
concludiamo che F(a) = 0 .
Osserviamo anche che se ↵(x) e (x) sono funzioni di↵erenziabili, dal teorema di additivitá dell’integrale rispetto ad intervalli, dal
teorema di derivazione della funzione composta e dal Teorema Fondamentale del Calcolo Integrale si ottiene facilmente la derivata dela
R (x)
funzione G(x) = ↵(x) f (t)dt, la cui derivata e’ data da
G0 (x) = f ( (x)) 0 (x)
f (↵(x))↵0 (x).
Osservazione 9.14. Sia G una qualunque primitiva di f continua
in [a, b] . Allora
Z b
f (t) dt = G(b) G(a) ⌘ |G|ba .
a
A questo proposito basta osservare che la funzione integrale F di
(9.13) è una primitiva, pertanto esiste c 2 R tale che, per ogni x 2 [a, b],
si ha
G(x) F(x) = c = G(a) F(a) = G(a) .
Per x = b si ha
G(b)
F(b) = G(a)
quindi
Z
G(b)
G(a) = F(b) =
b
a
f (t) dt .
Quest’ultima formula è anche conosciuta come Formula fondamentale
del calcolo integrale.
9.2 Il Teorema fondamentale del calcolo integrale
270
Esempio 9.15. Applicando i risultati visti finora si ottiene
Z b
b
x3
b3
2
x dx =
=
3 0
3
0
ossia il risultato che avevamo ottenuto all’inizio del capitolo nel caso
b = 1.
Osservazione 9.16. Sia G una primitiva di f in [a, b]. Ossia
G0 (t) = f (t) 8t 2 [a, b] .
Sia poi
⇢ : [↵, ] ! [a, b]
t = ⇢(x) ,
tale che ⇢ è derivabile in [↵, ] . Risulta
d
(G(⇢(x))) = G0 (⇢(x)) · ⇢0 (x) = f (⇢(x)) · ⇢0 (x)
dx
Poniamo
(x) = G(⇢(x))
con
{⇢(↵), ⇢( )} = {a, b} e
⇢(↵) , ⇢( ).
Supponiamo ⇢(b) = , ⇢(a) = ↵. Poiché G(t) è primitiva di f (t) risulta
che (x) è primitiva di f (⇢(x)) · ⇢0 (x) . Pertanto
Z b
f (t) dt = G(b) G(a) = G(⇢( )) G(⇢(↵)).
a
Poiché G ⇢ è primitiva di f (⇢(x)) · ⇢0 (x) in [↵, ] , allora si ottiene
Z b
Z
f (t) dt =
f (⇢(x))⇢0 (x) dx .
a
↵
Similmente, se ⇢(↵) = b e ⇢( ) = a si ha
Z b
(9.1)
f (t) dt = G(b) G(a) = G(⇢(↵))
a
(9.2)
=
(9.3)
=
(G(⇢( )) G(⇢(↵)))
Z
f (⇢(x)) · ⇢0 (x) dx .
↵
G(⇢( ))
CAPITOLO 10
Calcolo di integrali tramite primitive
In questo capitolo diamo alcuni esempi di come si possono calcolare integrali usando le primitive delle funzioni integrande. Di solito
non si e’ cosı̀ fortunati da riuscire ad avere le primitive nella classe
delle funzioni elementari. Ma ci sono alcuni casi in cui questo accade. Naturalemnte dalle derivate delle funzioni elementari calcolate
in precedenza si ha anche un modo per ottenere primitive che sono
funzioni elementari.
10.1. Un esempio istruttivo di cambio di variabile
Determiniamo, utilizzando gli strumenti del calcolo integrale, la
formula per il calcolo dell’area del settore circolare. Consideriamo
una circonferenza di raggio r e centro in O come in figura 1
Figura 1
e sia P✓ il punto sulla circonferenza corrispondente all’angolo ✓
compreso tra 0 e ⇡2 (vedi figura 2:
Vogliamo mostrare che l’area del settore circolare è data da
_
Area(AOP✓ ) = r2
271
✓
.
2
10.1 Un esempio istruttivo di cambio di variabile
Figura 2
Risulta anzitutto
OH✓ = r cos ✓ ,
H✓ P✓ = r sin ✓ .
Inoltre nel primo quadrante, la circonferenza, la cui equazione è
x2 + y2 = r2
è rappresentata dalla funzione
p
y = r2
x2 ⌘ f (x) ;
Quindi l’integrale di f calcolato tra H✓ e A è dato da
r
Z r p
Z r
✓ ◆2
x
r2 x2 dx =
r· 1
dx ,
r
r cos ✓
r cos ✓
e complessivamente risulta
r2
Area(AOP✓ ) = cos ✓ sin ✓ +
2
_
Z
r
r
r cos ✓
r·
1
✓ ◆2
x
dx .
r
Poniamo
x
= t;
r
grazie alla osservazione 9.16 si ha
Z
r
r
r cos ✓
r·
1
Z 1
✓ ◆2
p
x
dx =
r · 1 t2 r dt
r
cos ✓
Z 1 p
2
= r
1 t2 dt
cos ✓
Utilizziamo ora il cambio di variabile t = cos ⇢. Osserviamo che
t = cos ✓
)
⇢ = arccos(cos ✓) = ✓ ,
272
273
10.2 Integrazione per parti
t=1
essendo 0  ⇢ 
r
Z
⇡
2
1
r·
. Pertanto si ottiene
Z 0q
✓ ◆2
x
2
= r
1 cos2 (⇢) · ( sin ⇢) d⇢
r
✓
Z 0
2
= r
sin2 ⇢ d⇢
r
r cos ✓
⇢ = arccos(1) = 0 ,
)
Z
= r2
Z
= r
= r
✓
0
2
Z
(10.1)
✓
sin2 ⇢ d⇢
✓
1
cos 2⇢
d⇢
2
✓
1
2
cos 2⇢
d⇢ .
2
0
2
0
Infine
r2
✓
Area(AOP✓ ) =
cos ✓ sin ✓ + r2
2
2
_
2
Z
2
r
r
1
=
cos ✓ sin ✓ +
✓
2
2
2
◆
2 ✓
r sin 2✓
sin 2✓
=
+✓
2
2
2
2
r
=
✓.
2
(10.2)
✓
0
Z
cos 2⇢
d⇢
2
✓
0
!
!
2 cos 2⇢ d⇢
10.2. Integrazione per parti
Il metodo di integrazione per parti, si basa sulla formula di
derivazione del prodotto di due funzioni
D( f · g) = f 0 · g + f · g0 ;
integrando ambo i membri, si ottiene
Z x
x
( f 0 (t)g(t) + f (t)g0 (t)) dt = f (t) · g(t)
a
a
274
10.2 Integrazione per parti
da cui la formula
Z x
f 0 (t) · g(t) dt = f (t) · g(t)|xa
Z
a
x
a
f (t) · g0 (t) dt .
10.2.1. Esempi di integrazione.
Esempio 10.1. Calcoliamo l’integrale
Z x2
sin3 t dt .
0
In questo caso di ottiene si ottiene
Z x2
Z x
3
sin t dt =
(sin t) · (1 cos2 t) dt
0
0
Z x
Z x
=
sin t dt +
sin t cos2 t dt
0
0
! x2
=
cos3 x
cos x +
3
=
cos3 x2
cos x2 +
3
0
2
.
3
Esempio 10.2. Calcoliamo l’integrale
Z x
sin4 t dt .
0
Si ha
Z
x
0
Z
x
4
sin t dt =
0
sin t(sin3 t) dt
3
= ( cos t) sin t
x
0
x
Z
x
0
Z
( cos t)3 sin2 t cos t dt
x
= ( cos t) sin t + 3
sin2 t cos2 t dt
0
0
Z x
Z x
3
2
=
cos x sin x + 3
sin t dt 3
sin4 t dt
3
0
essendo cos2 x = 1 sin2 x . Quindi
Z x
Z
4
4
sin t dt = cos x sin x + 3
0
0
x
0
sin2 t dt
10.3 Integrazione delle funzioni razionali
da cui
275
!
Z x
1
2
sin t dt =
cos x sin x + 3
sin t dt .
4
0
0
Resta dunque da calcolare l’integrale a destra (per parti):
Z x
Z x
x
2
(10.3)
sin t dt =
sin x cos x|0 +
cos2 x dx
0
0
Z x
(10.4)
=
sin x cos x +
(1 sin2 x) dx
0
Z x
(10.5)
=
sin x cos x + x
sin2 x dx
Z
x
4
Z
)
0
0
x
sin2 t dt =
x
sin x cos x
.
2
Osservazione 10.3. Il metodo di integrazione per parti consente ad esempio di trovare le primitive delle funzioni log x, arctan x,
arcsin x, considerandole copme il prodotto di se stesse per la funzione
1, come si può verificare per esercizio.
10.3. Integrazione delle funzioni razionali
Le funzioni razionali hanno la importante proprietà che le loro
primitive sono funzioni razionali. In questa sezione accenneremo
al perchè di questo fatto facendo vedere anche alcuni esempi. In
ogni caso e’ bene tenere presente che grazie allo sviluppo del calcolo
simbolico e’ possibile individiare le primitive di funzioni elementari
(quando esse sono funzioni elementari) grazie a programmi come ad
esempio Mathematica o Maple risparmiando spesso molto tempo.
Da questo punto di vista quello che facciamo in questa sezione e nella
successiva e’ quello di far conoscere il motivo per cui tali programmi
funzionano per questo tipo di problema.
E già che ci siamo e’ utile ricordare che ci sono anche metodi
numerici molto potenti (che non possiamo però a↵rontare inq uesto
corso) che permettono di calcolare in modo approssimato gli integrali
definiti senza dover ricorrere alla ricerca di primitive.
Sia
N(x)
f (x) =
D(x)
10.3 Integrazione delle funzioni razionali
276
un rapporto di polinomi di gradi n e d rispettivamente. Nel caso
in cui n
d si può e↵ettuare la divisione tra polinomi ottenendo
R(x)
N(x) = Q(x) + D(x) dove Q(x) e’ il quoziente ed R(x) e’ il resto che ha
grado strattamente minore del gradi di D(x). In questo modo ci si
riconduce ad avere n < d.
Se D(x) è di primo grado la funzione razionale si presenza nella
forma x a ↵ , con a costante. In questo caso si ha
Z
a
dx = A log |x ↵| + c, c 2 R.
x ↵
Se D(x) e’ di secondo grado dobbiamo trovare le primitive di
ax + b
x2 + px + q
Sia = p2 4q < 0. Si decompone la frazione nella somma di due
frazioni, una con il numeratore dato dalla derivata del denominatore
ed una con numeratore dato da una costante:
2b ap
ax + b
a 2x + p
1
=
+
,
2
2
2
x + px + q 2 x + px + q
2 x + px + q
ottenendo
Z
Z
2b ap
ax + b
a
1
2
dx = log(x + px + q) +
dx.
2
2
x + px + q
2
2
x + px + q
1
Per trovare le primitive di x2 +px+q
osserviamo che il denomitare si può
scrivere nella forma:
⇣ 2x + p ⌘2
p 2
p2
2
x + px + q = (x + ) + (q
)=
+
,
2
4
2
4
e questo ci permette di trovare che
Z
1
2
dx = p
2
x + px + q
Se invece
⇣ 2x + p ⌘
arctan p
+ c, c 2 R.
> 0, dette ↵1 , ↵2 le sue radici si cercano A1 , A2 tali che
x2
ax + b
A1
A2
=
+
+ px + q x ↵1 x ↵2
che equivale a richiedere
ax + b = (A1 + A2 )x
(A1 ↵2 + A2 ↵1 ),
10.3 Integrazione delle funzioni razionali
277
ossia
(A1 + A2 ) = a, A1 ↵2 + A2 ↵1 = b
da cui si ricavano i valori (univocamente determinati) di A1 e A2 .
Se infine = 0 allora possiamo trovare costant A e B tali che
x2
ax + b
A
B
=
+
,
+ px + q x ↵ (x ↵)2
e a questo punto le primitive si trovano immediatamente.
Nel caso in cui il grado del denominatore sia maggiore di 2 supponiamo prima di tutto che le radici complesse di D(x) siano tutte
semplici. Per ogni radice complessa ↵ + i si considera la radice
coniugata ↵ i , e moltiplicando tra loro x (↵ + i ) e x (↵ i ) ottenendo un polinomio di secondo grado con determinante negativo.
Allora abbiamo
D(x) = (x
↵1 ) . . . (x
↵r )(x2 + p1 x + q1 ) . . . (x2 + ps x + qs )
dove le ↵1 sono le radici reali di D(x). A questo punto si tratta di
cercare le costanti A1 , . . . , Ar , a1 , . . . , as , b1 , . . . , bs in modo che
N(x)
A1
Ar
a1 x + b1
as x + bs
=
+ ... +
+ 2
+ ... 2
D(x) x ↵1
x ↵r x + p1 x + q1
x + ps x + qs
Nel caso generale indicando con hi la molteplicità della radici reali ↵i
e con k j la molteplicità delle radici complesse di può scrivere
D(x) = (x
↵1 )h1 . . . (x
e si può decomporre
primitive del tipo
Z
N(x)
D(x)
↵r )kr (x2 + p1 x + q1 )k1 . . . (x2 + ps x + qs )ks
in somme ricondicendoci alla ricerca di
dx
,
(x ↵)h
Z
ax + b
(x2 + px + q)k
ove x2 + px + q ha discriminante negativo. Tramite un cambiamento
di variabile si osserva che rimane solo da calcolare le primitive di
1
problema che si puà a↵rontare aggiungendo e togliendo x2 al
(1+x2 )k
numeratore e integrando per parti la funzione x (1+xx 2 )k .
278
10.4 Integrali abeliani
Osservazione 10.4. Se dobbiamo trovare le primitive di
R(sin x, cos x) con R funzione razionale di due variabili, ci si riconduce alla ricerca di primitive di una funzione razionale con il cambio di
variabile t = tan x2 scrivendo sin x e cos x in funzione di tan x2 .
Esercizio 10.5. Si calcoli
Z 5
x + 2x4
dx,
x3 + 1
Z
dx
.
sin x
10.4. Integrali abeliani
Un’ altra classe di funzioni elementari che hanno primitive elementari si può inquadrare dal punto di visto dei cosidetti integrali
abeliani. Senza esaminare il caso generale limitiamoci a considerare
due casi particolari ma significativi.
Sia R(x, y) il rapporto di due polinomi nelle variabili x ed y. Se
cerchiamo le primitive di
r
⇣ n ax + b ⌘
R x,
,
cx + d
ci possiamo ricondurre all’integrale di una funhzione razionale con
la sostituzione
r
t=
n
ax + b
.
cx + d
Consideriamo ora l’imntegrale
Z
p
R(x, ax2 + bx + c)dx
Se a > 0 si usa il cambio di variabile
p
p
ax2 + bx + c = a(x + t).
se invece a < 0 perhce’ lintegrale abbia senso (almeno in un intervallo)
il discrimimante di ax2 + bx + c deve essere positivo. In tale caso
abbiamo due radici ↵ distinte e
ax2 + bx + c = a(x
↵)(x
)
279
10.4 Integrali abeliani
e pertanto
p
ax2 + bx + c =
p
r
a(x
↵)
riconducendoci al primo caso considerato.
x
x
,
↵
Esercizio 10.6. Determinare i seguenti insiemi di primitive
Z
Z
Z p
dx
dx
,
,
1 3x + x2 .
p
p
2
(1 x) 1 + x
4 3x x
CAPITOLO 11
Integrali impropri
Nell’integrale di Riemann abbiamo finora considerato come funzione integranda una funzione definita in un intervallo chiuso e
limitato.
Sia f definita in [a, b[ una funzione limitata in [a, ↵] per ogni
↵ 2]a, b[ . Se tale funzione è Riemann-integrabile per ogni ↵ si pone
Z
Z
b
a
f (x) dx = lim
↵!b
↵
f (x) dx
a
se tale limite esiste.
Analogamente vale nell’intervallo ]a, b] .
Definizione 11.1. Sia f :]a, b[! R tale che 8 a < ↵ < < b la
funzione f : [↵, ] ! R è limitata e Riemann-integrabile. Si pone
Z
a
Z
b
f (x)dx = lim
↵!a+
!b
Z
a
f (x) dx ⌘ lim+
↵!a
a+b
2
a
Z
f (x) dx + lim
!b
a+b
2
f (x) dx
se i due limiti nella somma sono entrambi finiti, oppure uno solo dei
due limiti è infinito, oppure se sono entrambi inifiti hanno lo stesso
segno. Se un limite vale +1 e l’altro 1 l’integrale non è definito.
Tali integrali si chiamano integrali impropri (anche se questa denominazione è davvero impropria). Se nella definizione sopra, al
membro destro un limite vale +1 e l’altro 1 , l’integrale non è
definito.
280
11. INTEGRALI IMPROPRI
281
Esempio 11.2. Consideriamo la funzione f (x) = 1/x↵ , con ↵ > 0 ,
nell’intervallo ]0, 1] . Risulta
8
1
x ↵+1
>
Z 1
>
se ↵ , 1
>
↵+1
✏
>
1
<
dx = >
>
↵
>
>
✏ x
: log x 1 se ↵ = 1
✏
e consideriamo separatamente i due casi.
1° caso: ( ↵ , 1) risulta
(
Z 1
Z 1
1
✏1 ↵
f (x) dx = lim+
f (x) dx = lim+
=
✏!0
✏!0 1
↵ 1 ↵
0
✏
2° caso: (↵ = 1) si ha
Z 1
Z
f (x) dx = lim+
0
✏!0
1
1 ↵
1>↵
+1 1 < ↵ ;
1
✏
f (x) dx = lim+ 0
✏!0
log ✏ = +1 .
Osservazione 11.3. Se f non cambia segno l’integrale improprio
esiste sempre perchè la funzione integrale risulta monotona. In questo caso spesso il problema spesso da a↵rontare è stabilire se l’integrale improprio è finito o infinito. Invece non si riesce a dare senso
a
Z 1
1
dx
1 x
Siano f , g limitate, Riemann-integrabili in [↵, b] per ogni ↵ 2 ]a, b[
e consideriamo gli integrali
Z b
Z b
f (x) dx ,
g(x) dx .
a
a
Se f non cambia segno ed 9no 0 < < M < +1 tali che per x in un
intorno di a si ha che g(x)  f (x)  Mg(x), allora il comportamento dell’integrale di f in [a, b] è lo stesso di quello di g nello stesso
intervallo.
Esempio 11.4. Consideriamo la funzione
f :]0, 1[! R ,
1
f (x) = p p
x 1
x
.
11. INTEGRALI IMPROPRI
Applicando la Definizione 11.1 risulta
Z 1
Z 12
1
1
(11.1)
dx =
p p
p p
0
0
x 1 x
x 1
282
Z
x
dx +
1
1
2
1
p p
x 1
x
dx .
Grazie all’osservazione precedente, possiamo a↵ermare che
Z 12
1
dx
p p
0
x 1 x
si comporta come
Z
1
2
0
mentre
Z
1
p dx
x
1
1
dx
p
p
1
x 1 x
2
ha lo stesso comportamento di
Z 1
Z 12
1
1
dx s
p
p dt .
1
t
0
1 x
2
Quindi, essendo gli integrali al membro destro della (11.1) entrambi
finiti, si conclude che lo è anche l’integrale a sinistra.
Teorema 11.5. Sia
Z
b
a
Allora l’integrale
| f (x)| dx < +1 .
Z
b
a
f (x) dx
esiste finito.
Dimostrazione. Si può ottenere una dimostrazione usando il
Criterio di Cauchy per le succcessioni.
⇤
Esempio 11.6. Ci domandiamo se l’integrale
Z 1
1
1
p sin dx
x
x
0
11. INTEGRALI IMPROPRI
283
esiste finito. Osserviamo che
Z 1
Z 1
1
1
1
p sin dx 
p dx < +1
x
x
x
0
0
e grazie al teorema precedente possiamo a↵fermare che l’integrale di
partenza esiste finito.
Osservazione 11.7. Sia a 2 R e consideriamo l’intervallo [a, +1[ .
Dalla definizione (che vale anche quando a e/o b sono indifiniti) si ha
Z +1
Z N
f (x) dx ⌘ lim
f (x) dx .
N!+1
a
Analogamente
Z
Z
a
1
e
Z
f (x) dx ⌘ lim
N! 1
Z
+1
1
f (x) dx ⌘ lim
N!+1
a
1
Z
f (x) dx + lim
M!+1
1
a
M
f (x) dx .
1
dx .
x↵
1
dx = lim
N!+1
x↵
1
e distinguiamo due casi a partire da ↵ :
N
f (x) dx
N
Z
+1
1° caso: se ↵ , 1
Z +1
1
x1 ↵
dx = lim
N!+1 1
x↵
↵
1
a
N
Esempio 11.8. Determiniamo
Z +1
Risulta
a
Z
N
1
1
dx
x↵
N1 ↵
1
= lim
=
N!+1 1
↵ 1 ↵
(
+1
1
↵ 1
2° caso: se ↵ = 1
Z +1
1
dx = lim log(x)|N
1 = lim log N = +1 .
N!+1
N!+1
x
1
Riassumendo:
Z
+1
1
1
dx =
x↵
(
+1
1
↵ 1
se ↵  1 ,
se ↵ > 1 ;
se ↵ < 1 ,
se ↵ > 1 ;
11. INTEGRALI IMPROPRI
284
Osservazione 11.9. Grazie al risultato appena ottenuto, si può
determinare il carattere della serie armonica generalizzata
X 1
n 1
n↵
al variare di ↵ .
Sia N 2 N . Se ↵ = 1 si usa la disuguaglianza
Z N
N 1
X
1
1
dx <
n
1 x
n=1
essendo l’intergale a sinistra la misura dell’area della parte di piano
sotto la curva, mentre il secondo membro è l’area del plurirettangolo
circoscritto. Poiché l’integrale diverge, per il Teorema del Confronto
diverge anche la serie.
Se ↵ > 1 si usa la disuguaglianza
Z N
N
X
1
1

dx
↵
↵
n
x
1
n=2
poiché il membro di destra misura l’area del plurirettengolo inscritto
e l’integrale a destra misura l’area della parte di piano al di sotto del
grafico della funzione. Sappiamo che l’integrale converge, quindi
anche la serie è convergente.
Esercizio 11.10. Consideriamo l’integrale
Z +1
Z 1
Z +1
log x
log x
log x
dx
=
dx
+
dx .
3/2
(x + 1)3/2
(x + 1)3/2
0
0 (x + 1)
1
Il primo integrale al secondo membro per x ! 0 si comporta come
Z 1
log x dx
0
che converge, mentre il secondo é finito per x ! +1 , poiché
log x
log x
1
=
·
✏
3/2
(1 + x) (1 + x)3/2
(1 + x)
✏
con 32 ✏ > 1 . Possiamo concludere perció che l’integrale iniziale
converge.
285
11.1 Esercizi
Esercizio 11.11. Si consideri l’integrale
Z 1 2
(x x)
dx .
ex
0
Osserviamo che
(x2
é vero definitivamente perché
lim (x
x!+1
Inoltre
Z
N
0
2 x dx =
1
|
log 2
x)
ex
2

1
2x
✓ ◆x
2
x)
= 0.
e
2 x |N
0 =
2 N
1
+
log 2 log 2
N!+1
!
1
,
log 2
quindi anche l’integrale iniziale converge.
11.1. Esercizi
Esercizio 1. Studiare la convergenza dei seguenti integrali:
Z 1
Z +1
x2
dx
1.
dx
2.
p
q
p
0
1
1 x2
x 1+ x
Z
+1
3.
1
Z
+1
5.
1
1 + sin2 x
x
dx
log x
Z
+1
4.
1
Z
+1
6.
0
dx
x2 + 4x + 9
arctan 1x
dx
p
x
Esercizio 2. Studiare la convergenza del seguente integrale al variare
di ↵ 2 R:
Z 1
(1 x)↵
dx.
1
log
x
2
Esercizio 3. Studiare al variare di ↵ 2 R la convergenza dei seguente
integrale:
Z +1 ⇣
1
↵ ⌘
dx.
p
0
3x2 + 1 x + 1
⌘
P ⇣ 1
↵
p
Che cosa si può dire del carattere della serie +1
?
n=0
2
n+1
3n +1
286
11.1 Esercizi
Esercizio 4. Calcolare
1
lim
x!0 x
Z
x
2x
e2t
1
t
dt.
P
Esercizio 5. Studiare il carattere della serie n 1 an ove
Z n1
1 + sin t
an =
et
dt.
1+t
0
CAPITOLO 12
Funzioni integrali
Dal momento che il calcolo delle primitive di funzioni elementari
in generale non puó dare ”risultati” é molto utile studiare il comportamento ed alcune proprietá delle funzioni in cui compaiono integrali.
Lo faremo facendo vedere alcuni esempi ed esercizi significativi.
Esempi 12.1. Iniziamo prima di tutto dal calcolo di alcuni limiti in
cui compaiono funzioni integrali.
(1) Determinare
1
lim 3
x!0 x
Z
x
0
sin2 t dt.
Applicando la tecnica di de L’Hopital si ottiene
Z x
sin2 x 1
1
H
lim 3
sin2 t dt = lim
= .
x!0 x
x!0 3x2
3
0
(2) Determinare
1
lim 3
x!+1 x
Z
x
1
t2 arctan t dt .
Osserviamo che si tratta di una forma indeterminata essendo
Z x
Z x
x
t3
2
2
t arctan t dt ⇠
t dt =
3 1
1
1
e quest’ultimo integrale diverge. Applicando L’Hopital si ha
Rx
t2 arctan t dt
x2 arctan x 1 ⇡ ⇡
lim 1
=
lim
= · = .
x!+1
x!+1
x3
3x2
3 3
6
(3) Determinare
Z
1 2x sin t
lim
dt
x!0+ x x
t
con
287
0 < x < 2x .
12. FUNZIONI INTEGRALI
288
Grazie al Teorema della media integrale esiste ⇠x tale che
Z 2x
sin t
sin ⇠x
dt = (2x x)
con x  ⇠x  2x ,
t
⇠x
x
quindi
1
x
Z
2x
x
sin t
1 sin ⇠x
dt = x
= 1.
t
x ⇠x
Esempio 12.2. Studiamo la seguente funzione integrale
Z x
1
t2
f (x) =
p e 2 dt .
2⇡
1
Anzitutto ci domandiamo:
A↵ermiamo che
8t
1
la funzione é ben definita?
9L > 0 : e
Infatti
t2
2
lim t2 e
t!+1
t2
2

L
.
t2
= 0,
essendo
quindi
8a > 1
Ovviamente risulta
Z x
1
e per t0 1 si ha
Z +1
Z
1
t2
2
p e dt =
2⇡
1
9 t0 :
1
p e
2⇡
t0
1
lim x↵ = +1 ,
e 8↵ > 0
8t
t2
2
1
p e
2⇡
x!+1
t0
Z
dt 
t2
2
e
+1
1
Z
dt+
t0
t0
t2

1
.
t2
1
p e
2⇡
1
p e
2⇡
t2
2
t2
2
dt
Z
dt+
+1
t0
1
p e
2⇡
t2
2
dt
Osserviamo subito che il secondo integrale al secondo membro
t2
converge; inoltre, poiché la funzione integranda g(t) = e 2 é pari, il
primo e il terzo integrale al secondo membro sono uguali tra loro e
risulta
Z +1
Z +1
1
1 +1 1
t2
2
e dt 
dt =
= 2 R 8x .
t2
t t0
t0
t0
t0
12. FUNZIONI INTEGRALI
289
Pertanto la funzione é ben definita su tutto R . Facciamo vedere ora
che f é una funzione strettamente crescente. Per x0 < x si ha
Z x
Z x0
Z x
f (x) =
g(t) dt =
g(t) dt +
g(t) dt .
1
x0
1
Fissato x0 il primo integrale al secondo membro é un numero reale
che non dipende da x0 . Applicando il Teorema fondamentale del
calcolo integrale si ottiene
1
f 0 (x) = p · e
2⇡
x2
2
quindi f é strettamente crescente. Ora, calcoliamo i limiti agli estremi
del dominio di f . Risulta
Z +1
1
t2
lim f (x) = p
e 2 dt = l 2 R
x!+1
2⇡ 1
quindi esiste un asintoto orizzontale (destro). Per determinare il
limite di f quando x diverge negativamente, facciamo ricorso alla
seguente osservazione.
Osservazione 12.3. Sia h : [a, +1[! R , tale che h 0 . Si ha che
Z +1
Z +1
h(t) dt = l 2 R )
lim
h(t) dt = 0 .
x!+1
a
Infatti risulta
Z
Z
+1
a
h(t) dt =
Z
x
a
x
h(t) dt +
x
+1
h(t) dt
e poiché, passando al limite per x ! +1 , il primo membro e il primo
integrale al secondo membro sono uguali, segue che il limite del
secondo integrale al membro destro deve valere 0 , ossia la tesi.
Dall’osservazione, segue immediatamente che
Z x
t2
lim
e 2 dt = 0 ,
x! 1
1
quindi l’asse x é asintoto orizzontale sinistro per f . Ci chiediamo
ora: f é dispari? Sappiamo che in generale
h( x) = h(x)
)
h(0) = 0 ,
12. FUNZIONI INTEGRALI
290
e poiché per f la seconda proprietá non vale, non puó essere una
funzione dispari. Calcoliamo la derivata seconda di f per avere
informazioni sulla concavitá:
✓ 2
◆
1
1
x
x2
f 00 (x) = p
e 2 · ( x) = p · x · e 2 ,
2⇡
2⇡
quindi
f 00 (x) > 0
se x < 0 ,
f 00 (x) < 0
se x > 0 .
Esercizio 12.4. Data la seguente funzione integrale
Z x
sin t
F(x) =
,
2
0 (1 + t )
determinare il limite
F(x)
.
x!0 x2
Osserviamo che il suddetto limite presenta una forma indeterminata
[ 00 ] . Per risolverla, possiamo applicare il Teorema di de L’Hopital nel
seguente modo:
lim
lim
x!0
F(x) H
F0 (x)
=
lim
x!0 2x
x2
sin x
= lim
x!0 2x · (1 + x2 )
sin x
1
1 1
= lim
·
· = .
2
x!0
x
1+x 2 2
Esercizio 12.5. Trovare l’ordine di infinitesimo della seguente
funzione
Z x
1 cos t
F(x) =
dt .
1 + t2
0
Si ha
F(x) H
F0 (x)
lim ↵ = lim
x!+1 x
x!0 ↵ · (x↵ 1 )
1 cos x
=
↵ · (x↵ 1 ) · (1 + x2 )
1 cos x
1
= lim
·
.
↵
1
x!0
↵ · (1 + x2 )
x
12. FUNZIONI INTEGRALI
Ricordiamo che
1
+ o(x2 )
2
x
cos x = 1
quindi si ottiene
0
F(x)
1 BBB 1
lim
= lim B@
x!+1 x↵
x!0 ↵
291
x2
+
2
x↵ 1
1+
1
2
2
o(x2 ) CC
CC = lim x + o(x ) .
A x!0 2↵ · x↵ 1
Perció, poiché se ↵ 1 = 2 , ossia se ↵ = 3 , il limite sopra vale 1 ,
concludiamo che F é un infinitesimo di ordine 3 .
Esercizio 12.6. Studiamo la seguente funzione integrale:
Z 2x
1
f (x) =
dt .
1 + t log t
x
Osserviamo anzitutto che il dominio di f é {x 2 R : x > 0} . Poniamo
poi
g(t) = 1 + t log t ;
si ha
g0 (t) = log t + 1
da cui
g0 (t) = 0
con
,
t=
1
,
e
✓ ◆
✓ ◆
1
1
1
e 1
g
= · log
+1=
> 0.
e
e
e
e
Torniamo allo studio di f . Risulta
lim f (x) = 0
x!0+
osservando che
0
Z
2x
x
1
dt  M · (2x
1 + t log t
x) = M · x
e applicando il Teorema del Confronto . Inoltre, abbiamo che
Z 2x
Z 2x
dt
1
1
0  f (x) =

dt =
· (2x x)
g(t)
g(x)
g(x)
x
x
essendo
1
1

g(t) g(x)
8t
x
12. FUNZIONI INTEGRALI
292
poiché g(t) é strettamente crescente (dimostrato prima). Perció
x
x
⌘ =0
lim
= ⇣
x!+1 1 + x log x
x 1 log x
x
da cui
lim f (x) = 0 .
x!+1
Ora abbiamo
f 0 (x) =
2
1 + 2x log(2x)
1
.
1 + x log x
Ora, nel suo dominio la f (x) é strettamente positiva poiché f > 0 e
tendente a 0 per x ! 0 e per x ! +1 . Esiste quindi almeno un
massimo per f . Troviamo il punto di massimo:
2(1 + x log x) = 1 + 2x log 2
)
)
2x + 2x log x = 1 + 2x log x + 2x log 2
2
x=
.
log 2
Il grafico approssimativo della funzione é rappresentato in figura 1.
Figura 1
Esercizio 12.7. Individuare il dominio massimale di definizione
della seguente funzione
Z x2 p
f (x) =
4 t2 dt .
x
293
12.1 Esercizi
Individuiamo anzitutto il dominio della funzione g(t) =
p
4
t2 :
2  t  2.
Ci domandiamo ora: quando l’intervallo di integrazione é contenuto
nel dominio di g(t) ?
(1) Sia x  x2 . Ció é equivalente a x  0 _ x 1 :
a) nel caso x  0 , si ha
8
8
p
p
>
>
>
>
x2  2
2x 2
>
>
p
>
>
<
<
,
,
2  x  0;
x

2
x

2
>
>
>
>
>
>
>
>
: x0
: x0
p
b) se x 1 , acccade se e solo se 1  x  2 .
(2) Sia poi x x2 , si ha
(
(
x2  x
0x1
,
, 0  x  1.
x2
x2
p
Quindi, riepilogando, il dominio massimale é dato da
2  x 
p
2.
12.1. Esercizi
Esercizio 1. Studiare il grafico delle seguenti funzioni integrali:
Z 2x2 p
Z x p
x +1
1.
1 + t2 dt
2.
t2 1 t2 dt
1
3
1
Z
x
x 1
3.
0
e
t2 +1
Z
dt
4. x
0
x
e
t2
dt
Esercizio 2. Calcolare l’ordine di infinito della funzione
Z x2
t
F(x) =
arctan t dt.
1+t
0