La cefalea. Il ruolo dei fattori fisici e psichici. Come procede lo

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DOSSIER
la cefalea
DOSSIER
Il ruolo dei fattori fisici
e psichici
Oggi conosciamo numerosi fattori che giocano un ruolo significativo nella cefalea. La
psicologia chiama in causa il tipo di personalità e lo “stile emotivo”, mentre la biologia
attribuisce importanza ai meccanismi biochimici che provocano modificazioni di alcune
sostanze nel sistema nervoso centrale, governando anche la percezione del dolore.
vamente prolungata (da 4-5 ore,
fino ad un massimo di 48 ore),
con localizzazione precisa
(spesso le tempie, o la fronte o,
più raramente, tutta una metà
del capo), con dolore pulsante
(“un martello che batte”, “dolore che va e viene”, “come il cuore che batte”), accompagnato da
fastidio per rumori e luce e da
nausea e/o vomito.
Se l’attacco di emicrania viene
preceduto da una serie di disturbi neurologici (alterazioni
della visione come punti neri,
immagini colorate o puntini
scintillanti, difficoltà a parlare,
alterazioni della sensibilità tattile come formicolii, sensazione
di arto che si gonfia o si allunga,
alterazioni della forza muscolare fino alla difficoltà di movimento) si parla di emicrania con
aura.
Quest’ultima è una forma di emicrania che allarma molto e
non è raro che le prime volte
per questo tipo di attacchi il paziente venga condotto d’urgenza
al pronto soccorso.
Si definisce invece cefalea tensiva quel dolore ricorrente che in
genere interessa in maniera diffusa l’intero capo, è di intensità
minore rispetto a quello emicranico ma di durata molto maggiore (anche più giorni).
Il dolore non è mai pulsante ma
in genere gravativo e/o costrittivo (i malati lo descrivono come
“cerchio che stringe”, “peso che
schiaccia”).
Non è quasi mai accompagnato
da altri disturbi (nausea, vomito, fono-fotofobia sono occasionali e compaiono solo negli attacchi più forti) e più frequentemente, rispetto all’attacco emicranico, viene messo in relazione dal malato con momenti di
tensione emotiva, stress o affaticamento psico-fisico.
Cefalea
ed età
È ormai convinzione comune
che le varie forme cliniche di
emicrania e di cefalea che abbiamo appena descritto rappresentino manifestazioni differenti di
una identica malattia.
Il passaggio da una forma ad
un’altra sembra dovuto essenzialmente a fattori legati alla
crescita biologica, come se, ad
ogni età o periodo della nostra
vita caratterizzato dal prevalere
di alcune abitudini rispetto ad
altre, la malattia si manifestasse
in modo differente.
È ben noto, per esempio, che
bambini molto piccoli possono
manifestare una sorta di fragilità
del sistema che recepisce gli stimoli/eventi negativi (sistema
nocicettivo centrale) e sono propensi a scaricare le tensioni intrapsichiche sotto forma di manifestazioni fisiche (caratteristiche entrambe che predispongono a sviluppare successivamente una cefalea essenziale).
Nel neonato si tratta generalmente di coliche addominali ricorrenti, nel bambino più grandicello di vomiti con acetone e,
successivamente, di mal d’auto
(sintomi per questo definiti equivalenti emicranici).
Solo dopo i 5-6 anni compaiono
i veri attacchi di mal di testa, in
genere inizialmente come cefalea e poi come emicrania, con o
senza aura.
Fino alla pubertà maschi e femmine ne sono affetti in egual misura mentre dopo l’adolescenza,
a riprova dell’influsso dei fattori
ormonali, le ragazze ne sono
colpite con una frequenza 4 volte maggiore rispetto ai maschi.
Cefalea
ed emozioni
Benché oggi siano noti molti dei
meccanismi biologici che stanno alla base dell’attacco emicranico, il “mal di testa” rimane
una malattia neurologica in cui
è riconoscibile uno stretto legame con il mondo profondo e
sfuggente delle emozioni.
Potremmo definirla come la malattia delle emozioni bloccate,
sottolineando così che in molti
di questi soggetti vi è la tendenza ad eliminare dalla coscienza
qualunque emozione forte, troppo coinvolgente e, in quanto tale, percepita come pericolosa.
Spesso si ritrova, pur nelle diversità individuali, quel tipo di
personalità che alcuni autori
hanno definito “relazione bianca” per la tendenza ad instaurare relazioni interpersonali fredde, poco spontanee e ipercontrollate.
Il cefalagico può apparire una
persona che difficilmente perde
le staffe ma che, altrettanto difficilmente, si lascia trasportare
dall’entusiasmo per qualche cosa, come se le sue emozioni fossero scomparse dalla psiche e si
fossero trasferite nel corpo.
Spesso si tratta di soggetti con
un’elevata idealità che vivono
come molto frustranti tanti piccoli insuccessi della vita quotidiana.
In altri casi si possono ritrovare
nella storia di questi bambini
eventi emotivamente pregnanti
(come lutti, separazioni dei genitori, insuccessi scolastici,
ecc.) ai quali il soggetto incredibilmente sembra attribuire poca
importanza: ciò dimostrerebbe
proprio che l’evento “psicologicamente traumatico” è stato
svuotato della componente emotiva e viene vissuto con distacco, come se riguardasse un altro.
Un clima di ascolto rivolto non
solo al sintomo cefalea, ma esteso a tutte le problematiche che
il soggetto manifesta nel corso
della visita, rappresenta spesso
il primo fondamentale intervento terapeutico.
la VISITA
Come procede
lo specialista
− ANAMNESI
− ESAME OBIETTIVO GENERALE E
NEUROLOGICO
− ELETTROENECEFALOGRAMMA
− VISITA OCULISTICA
FATTORI E/O SINTOMI E/O
REPERTI SUGGESTIVI PER
CEFALEA SECONDARIA
APPARENTI DIFFICOLTÀ
EMOTIVO-RELAZIONALI
Specifiche indagini cliniche e/o
strumentali e/o biochimiche
(RMN o TAC)
Colloqui o
valutazione
psicodiagnostici
NON REPERTI PATOLOGICI SIGNIFICATIVI
ALTERATI
CEFALEA ESSENZIALE
CEFALEA SECONDARIA
(secondo i criteri dell’IHS)
Provvedimenti iniziali:
ELIMINARE EVENTUALI FATTORI
TRIGGER
EVENTUALE COUNSELING PSICOLOGICO
TENERE UN DIARIO DELLA CEFALEA
CONTROLLI LONGITUDINALI
Presa in
carico di
eventuale
patologia
psichiatrica
SCELTA TERAPEUTICA
Terapia NON farmacologica
* Bio feed-back EMGrafico
* Tecniche di autorilassamento
* Agopuntura
* Ipnosi
Cefalea
ed
alimentazione
In alcuni soggetti l’attacco di
mal di testa si verifica sempre in
coincidenza dell’assunzione di
alcuni particolari cibi.
Si parla in questi casi di “dietary migraine” (emicrania alimentare).
Numerosi alimenti sono in grado di scatenare un attacco: maggiormente incriminati sono
quelli contenenti una sostanza
detta tiramina, di cui sono ricchi i formaggi, ma anche la birra
e il vino. Altri cibi come il cioccolato o la liquirizia, dolcificanti sintetici come l’aspartame,
esaltatori di sapidità come il
glutammato monosodico, la gelatina utilizzata per la preparazione di capsule ad uso farmaceutico e per caramelle, vari
preparati dell’industria dolciaria, sono altresì in grado di scatenare la crisi emicranica, in
funzione naturalmente della
sensibilità specifica del soggetto. Il tipo di cottura dei cibi
(particolarmente la frittura), determinando variazioni della loro
composizione chimica con formazione di sostanze tossiche
per l’organismo, può essere a
sua volta un fattore scatenante.
la cefalea
La cefalea è un capitolo della
medicina ormai molto studiato e
approfondito.
Gli specialisti che se ne occupano
hanno quindi messo a punto uno
schema generale per affrontare il
paziente cefalalgico sia dal punto
di vista della diagnosi che da quello
della terapia.
All’interno di questo schema vengono
poi introdotti tutti i provvedimenti
specifici che risultano più adatti
per il singolo caso.
Trattamento farmacologico
* Solo SINTOMATICO se attacchi
inferiori a 4 al mese, di lieve intensità
* SINTOMATICA e PROFILATTICA
se più di 4 attacchi al mese di intensità
medio-grave
DA SAPERE
I FARMACI PER LA CEFALEA
La terapia del mal di testa dovrebbe essere sempre intrapresa solo dopo una precisa diagnosi e, preferibilmente, sotto il diretto controllo di uno specialista. Si
può distinguere tra farmaci prescritti per alleviare il
singolo attacco (sintomatici) e farmaci utilizzati per diradare gli attacchi stessi e ridurne l’intensità (terapia
profilattica). Di farmaci sintomatici ve n’è una grande
quantità: in generale tutti gli analgesici possono risultare efficaci nell’alleviare il dolore del singolo attacco.
Alcuni sono però specifici: i derivati dell’ergotamina
sono noti da molto tempo, mentre i triptani sono i più
efficaci tra quelli di ultima generazione. Quando gli attacchi si presentano con elevata frequenza (più di 4
episodi al mese) o risultano molto invalidanti è opportuno affiancare alla terapia sintomatica una terapia
profilattica basata sull’impiego di sostanze che si presuppone contrastino i meccanismi che scatenano la
cefalea. Si tratta di farmaci da assumere quotidianamente per cicli in genere mensili. Le classi di più frequente impiego sono calcioantagonisti, serotoninergici, dopaminergici, antidepressivi, beta-bloccanti e, più
recentemente, alcuni antiepilettici.
DA SAPERE
LE CAUSE PIU’ ACCREDITATE
Illustrazione di Alberto Ruggieri
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Nel corso degli anni diverse ipotesi sono state formulate dai ricercatori impegnati nel tentativo di comprendere le cause della cefalea. Negli anni ‘30-’50
prevalse l’ipotesi del meccanismo vascolare (vasocostrizione primaria e secondaria, vasodilatazione ed
edema) che successivamente venne considerato un
fenomeno che accompagnava, più che provocarlo,
l’attacco di mal di testa.
Negli anni ‘60 ha poi preso piede la teoria biochimica
periferica, secondo la quale sarebbero le variazioni di
alcune sostanze (serotonina, chinine, istamina e altre)
nei liquidi biologici a provocare le modificazioni vascolari ed il sintomo dolore. L’interesse sempre maggiore sul ruolo della serotonina e della dopamina ha
portato successivamente alla formulazione della teoria biochimica centrale, per la quale l’emicrania sarebbe il risultato di una disfunzione del sistema che
controlla i meccanismi di modulazione e integrazione
della trasmissione del dolore a livello cosciente. L’interesse di tale teoria è stato rafforzato dalla constatazione che alcuni farmaci capaci di interferire con il
“turnover” di queste sostanze sono in grado di indurre/prevenire l’attacco. Negli ultimi anni abbiamo infine
assistito al notevole aumento delle informazioni sui
meccanismi sottostanti al sintomo cefalea: dal ruolo
dell’ossido nitrico, all’azione del sistema trigemino
vascolare, che spiegherebbe i sintomi che accompagnano la cefalea, e al ruolo dei canali del calcio in alcuni quadri specifici come l’emicrania emiplegica familiare.