Ovvero:
quando interventi pubblici ben concatenati
costituiscono lo spin-off di un'idea sperimentale
Come è nato il progetto AVICABRI?
Il problema di trovare un metodo di risanamento efficace per
le varietà di carciofo rifiorente che consentisse, al tempo
stesso, di eliminare le infezioni virali (Figura 2) senza
compromettere le caratteristiche varietali è stato affrontato
nell'ambito del progetto “Accertamento dello stato sanitario e
produzione di germoplasma di carciofo Brindisino sano"
finanziato dal Ministero per le politiche Agricole, Alimentari e
Forestali nell’ambito del progetto nazionale “Carciofo.
Il protocollo di risanamento sviluppato dal Dipartimento di
Protezione delle Piante e Microbiologia Applicata
dell'Università degli Studi di Bari (DPPMA-UNIBA) su circa
90 piante di carciofo "Brindisino" infette selezionate con
l'aiuto del Consorzio di Difesa e di Valorizzazione delle
Produzioni Agricole, dell'Ambiente e del Territorio Rurale
della provincia di Brindisi (CODIVABRI), ha portato alla
costituzione di un primo nucleo di circa 8 cloni di carciofo
"Brindisino" esenti da infezioni virali (Figure 3 e 4).
Quando alcuni di questi cloni sono stati trasferiti in campo per una prima prova di omologazione, si è potuto
constatare che il trattamento di risanamento non aveva compromesso le caratteristiche varietali dei cloni, con
particolare riferimento alla precocità (Figure 5 e 6).
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Va anche detto che nell'ambito del progetto Nazionale Carciofo, Il Dipartimento di Produzione Vegetale
dell'Università della Tuscia, Viterbo, ha messo a punto un metodo di moltiplicazione rapida in fuori suolo in
ambiente protetto. La tecnica consente di ottenere, in un qualsiasi periodo dell'anno, un elevato numero di
germogli raccolti per pianta madre, la loro pronta radicazione con elevata capacità di attecchimento e, quindi,
percentuali elevate di piante idonee al trapianto in campo. Poiché tutto il processo avviene in serra, il sistema
ben si presta alla moltiplicazione di piante risanate che per essere utilizzate dall'industria vivaistica, devono
mantenere inalterato lo stato fitosanitario.
Per una fortunata coincidenza, prima che avesse termine il
progetto nazionale Carciofo, la Regione Puglia, anche, sulla
spinta di esigenze manifestate dagli agricoltori della
Provincia di Brindisi e dallo stesso CODIVABRI, ha
promosso e finanziato il progetto “Interventi sul carciofo in
Puglia” (DDS n. 1140 del 12.11.2003). Nell'ambito di tale
progetto il DPPMA-UNIBA è intervenuto su germoplasma di
carciofo "Brindisino" selezionato dall'Istituto di Scienze delle
Produzioni Alimentari del CNR di Bari (ISPA-CNR) con
l'ausilio del CODIVABRI ed ospitato in una serra del Vivaio
F.lli Corrado & C S.a.S. di Torre S. Susanna (BR) (Figura 7).
Su questo materiale, il DPPMA-UNIBA ha sviluppato un altro
protocollo di risanamento originale in cui le piante venivano
sottoposte a termoterapia prima di essere utilizzate per il
prelievo di apici meristematici (Figura 8). In questo modo si
è ridotto il numero di subcolture in vitro che, come è noto, è
ritenuta essere la fase che può compromettere le
caratteristiche di precocità delle cultivar rifiorenti come il
"Brindisino".
Il numero di cloni risanati è così salito a 10 e di alcuni di essi
è stata anche definita una prima mappa genetica basata su
marcatori meolecolari con l'aiuto del DI.VA.P.R.A. -Settore
genetica agraria- dell'Università degli Studi di Torino.
Dall'attività sperimentale dei due progetti precedenti era
stato creato un nucleo di germoplasma di carciofo
"Brindisino" sano e parzialmente caratterizzato sotto il profilo
varietale e che, quindi, possedeva le caratteristiche pere
essere considerato, a tutti gli effetti, materiale "di base" per
l'avvio di un'attività vivaistica per il carciofo rifiorente. Si
trattava di definire le condizioni più idonee per attuarne la
premoltiplicazione in modo da ottenere, in poco tempo, un
numero più consistente di piante senza alterarne lo stato
fitosanitario (Figure 9-15).
L'occasione per passare dalla fase sperimentale a quella applicativa è venuta, ancora una volta per una
fortunata coincidenza, dall'Avviso per la presentazione delle domande di Progetti Esplorativi in materia di
Ricerca Scientifica della regione Puglia nell'ambito dell' Accordo di Programma Quadro in materia di “Ricerca
Scientifica” nella Regione Puglia. Facendo tesoro delle esperienze precedenti, è stata creata un'Associazione
Temporanea di Scopo (ATS) tra DPPMA-UNIBA, ISPA-CNR e Vivaio F.lli Corrado & C S.a.S. di Torre S.
Susanna (BR) per presentare il progetto “Innovazione di processo e di prodotto per l’avvio della produzione
vivaistica di germoplasma di Carciofo Brindisino risanato: aspetti tecnici e gestionali (AVICABRI)” in risposta al
bando sui progetti esplorativi emanato dalla Regione Puglia.
Il progetto AVICABRI è iniziato nella primavera 2007 e si conclude nella primavera 2008 e rappresenta un chiaro
esempio di spin-off con positivo impatto dei risultati della ricerca sul sistema produttivo, misurato come loro
effettiva applicabilità e valorizzazione industriale.
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Quali sono le finalità del progetto?
Obiettivo generale del progetto è di valutare gli aspetti tecnico-gestionali per l’avvio di un’attività vivaistica per il
carciofo “Brindisino” in modo da generare valore aggiunto alla produzione, stimolare il rilancio della coltura nelle
zone tradizionalmente vocate e migliorare la competitività del prodotto sul mercato.
Quali sono gli aspetti innovativi del progetto?
a) L'idea di disporre di materiale di propagazione sicuramente sano sotto il profilo sanitario e certificato sotto
quello varietale da utilizzare nei nuovi impianti in sostituzione del materiale standard;
b) il processo di produzione del materiale di propagazione che si svolge in vaso a ciclo chiuso ed in ambiente
protetto in modo da garantire il mantenimento dello stato sanitario del materiale di moltiplicazione iniziale;
c) il prodotto finale destinato ai nuovi impianti che sarà più omogeneo e vigoroso in quanto sano;
d) l'avvio di un'attività vivaistica per le varietà di carciofo rifiorente come il carciofo "Brindisino", attualmente
sviluppata per le sole varietà non rifiorenti o tardive;
e) offrire la possibilità di mantenere in campo la carciofaia per due anni senza osservare cali di produzione
dovuti ad infezioni da agenti patogeni.
Perché è necessario disporre di materiale di propagazione certificato sotto
il profilo sanitario e varietale per avviare un'attività vivaistica?
Il contesto legislativo che regolamenta la produzione e commercializzazione del materiale di moltiplicazione
vegetale di provenienza vivaistica è definito, tra l'altro, dal D.M. del 14.4.1997, pubblicato sul S.O. n.122 alla
G.U. n. 126 del 2.6.1997. Tale Decreto recepisce, tra l’altro, le Direttive della Commissione n. 93/61/CEE del 2
luglio 1993 e n. 93/62/CEE del 5 luglio 1993 relative alle “norme tecniche sulla commercializzazione delle
piantine di ortaggi e dei materiali di moltiplicazione di ortaggi, ad eccezione delle sementi” ed ha l’obiettivo di
elevare il livello qualitativo delle produzioni vivaistiche definendo una nuova tipologia di vivaista, quella di
“produttore accreditato”.
Per poter operare nel nuovo sistema è, infatti, necessario che il produttore che intende impegnarsi
professionalmente nell’attività vivaistica presenti domanda di accreditamento al servizio Fitosanitario regionale.
L’accreditamento è rilasciato sulla base di un dossier in cui sono descritti l’attività e il processo produttivo
dell’azienda che deve indicare, fra l’altro, in quali fasi e con quali modalità intende effettuare i controlli di
corrispondenza varietale e di stato fitosanitario delle proprie produzioni, nel rispetto di quanto previsto dal
Decreto. Per rendere più attendibili i risultati dell’intero processo, il produttore deve anche indicare un
laboratorio, a sua volta accreditato presso il Servizio Fitosanitario regionale, al quale intende affidare le analisi di
tipo fitopatologico e varietale. Come si vede, la procedura è complessa e solo in poche regioni, tra cui la Puglia,
il D.M. è pienamente operativo mentre molti restano ancora gli esempi di parziale o non soddisfacente
attuazione, soprattutto nei casi in cui la commercializzazione riguarda piantine micropropagate o derivate da
seme. Fra le piantine di ortaggi e dei materiali di moltiplicazione di ortaggi che ricadono nel campo di
applicazione del citato D.M. figura il carciofo i cui requisiti, ai fini della commercializzazione, riguardano
essenzialmente l’identità varietale e lo stato fitosanitario. L’identità varietale, oggi stabilita quasi unicamente su
base morfologica, può essere definita utilizzando specifici marcatori molecolari (una sorta di impronta diogitale
della pianta) mentre riguarda l'assenza di organismi nocivi specifici e di malattie specifiche pregiudizievoli alla
qualità delle produzioni vivaistiche. Nel caso del carciofo, tali organismi nocivi e malattie sono elencati
nell’allegato II al D.M. e sono sono: insetti, acari e nematodi, in tutte le fasi del loro sviluppo (Aleyrodidae,
Aphididae, Thysanoptera), Funghi (Bremia lactucae, Leveillula taurica f. sp. Cynara, Pythium spp, Rhizoctonia
solani, Sclerotium rolfsii, Sclerotinia sclerotiorum, Verticillium dahliae) e tutti i virus e gli organismi patogeni virussimili. Come si vede l’elenco è piuttosto impegnativo e senza dubbio difficilmente attuabile in assenza di
un’attività vivaistica basata su appropriati processi produttivi.
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Il materiale micropropagato o ottenuto da seme può essere utilizzato per
l'attività vivaistica?
Al momento c’è motivo di ritenere che anche i materiali ottenuti per micropropagazione spesso proposti sul
mercato per le varietà non rifiorenti come, ad esempio, il Romanesco, non possano essere considerati idonei
alla commercializzazione ai sensi del citato D.M senza essere stati sottoposti agli accertamenti per quanto
riguarda lo stato sanitario e le caratteristiche varietali. Il materiale micropropagato, infatti, non è sinonimo di
materiale esente da patogeni perché la procedura adottata per la micropropagazione può garantire l'assenza di
patogeni batterici o fungini ma certamente non garantisce l’assenza di virus. Anche l’impiego di seme non può
essere considerato un mezzo sicuro per ottenere piante virus-esenti in quanto è stato dimostrato che alcuni
importanti virus del carciofo si trasmettono attraverso il seme, fino al 10% dei casi.
Quando vanno effettuati gli accertamenti e chi li esegue?
In base al protocollo di moltiplicazione definito nell'ambito del progetto AVICABRI, l'accertamento della
rispondenza varietale può essere effettuato sulla pianta capostipite o pianta madre dalla quale si ottengono altre
piante per semplice propagazione vegetativa attraverso, cioè, il prelievo di carducci e ovoli. Tutte le piante
ottenute in questo modo sono geneticamente identiche alla pianta madre, cioé sono cloni della pianta madre e,
quindi, non è necessario effettuare ulteriori accertamenti se si pone attenzione nell'etichettatura della progenie.
Differente è la situazione per quanto riguarda lo stato fitosanitario, con particolare attenzione alla presenza di
infezioni da virus. Sebbene si parta da materiale iniziale certificato sano, non si può escludere che questo si
infetti durante il processo di moltiplicazione. E' noto che i virus sono trasmessi da insetti, che i funghi si
trasmettono attraverso spore e che i batteri possono facilmente contaminare gli ambienti di lavoro e l'acqua di
irrigazione, per cui se non si pone attenzione alle strutture in cui tale materiale è ospitato ed ai materiali
impiegati nel processo di produzione – cosiddetti "punti critici", si può incorrere nel rischio di infezioni. Pertanto,
anche se il vivaio dispone, come prescritto dalla legge, di strutture idonee per prevenire la infezione del
materiale, esso non può esimersi dal fare effettuare controlli periodici da un laboratorio "accreditato" presso il
servizio fitosanitario nazionale. In pratica, i controlli presso un vivaio pugliese, possono anche essere effettuati
da un laboratorio accreditato che sia ubicato in Toscana. Un elenco dei laboratori "accreditati" è disponibile
presso il Servizio fitosanitario della Regione Puglia.
Particolare attenzione deve essere posta non solo nella scelta del tipo di saggio da effettuare ma anche dello
stadio vegetativo e del periodo più idoneo per effettuare l’accertamento. Su piante molto giovani la
concentrazione del virus può essere estremamente bassa e difficilmente rilevabile anche con i più sofisticati
sistemi d’indagine oggi disponibili. Una giovane pianta capostipite di carciofo risultata sana ad un saggio di
laboratorio non può essere semplicemente licenziata come tale senza aver prima effettuato un ulteriore
accertamento su indicatori biologici sensibili. Per quanto riguarda gli accertamenti su “carducci” e ovoli prelevati
dal campo o ottenuti per moltiplicazione in ambiente protetto, il periodo ottimale per rilevare i virus sembra
essere compreso tra settembre e fine novembre. Lo stesso processo produttivo vivaistico è, come si è detto, una
delle componenti fondamentali ai fini dell’accreditamento. La prima fase del processo è, infatti, costituita
dall’approvvigionamento del materiale di moltiplicazione iniziale che dovrebbe già possedere i requisiti
fitosanitari e di identità varietale richiesti dal citato D.M. La fase successiva riguarda le strutture nelle quali sono
prodotte ed allevate le piantine fino al momento della commercializzazione. Le soluzioni che si devono mettere
in atto hanno la finalità di escludere che agenti patogeni siano in qualche modo già insediati negli ambienti
destinati a vivaio, o abbiano la possibilità di venire in contatto con le piante tenute in allevamento. Per esempio,
le aperture o le parti soggette ad apertura periodica o utilizzate per immissione forzata di aria devono essere
protette da rete a maglia fitta (14/10 o superiore) necessaria ad escludere l’ingresso di insetti e, con essi, anche
dei virus dagli stessi trasmessi. All’interno e nelle immediate vicinanze della serra adibita a vivaio non devono
essere presenti specie spontanee o altre specie vegetali e la stessa dovrebbe essere ubicata a non meno di 10
metri di distanza da altre colture sia arboree, sia erbacee e tale spazio tenuto sgombro da piante spontanee o
residui vegetali di precedenti cicli produttivi. All’interno della serra devono essere installate trappole adesive
cromotropiche di colore azzurro e giallo (all’incirca una ogni 150 m2) poste all’altezza della vegetazione ed in
corrispondenza delle aperture laterali. La serra deve ospitare una sola specie botanica o specie della stessa
famiglia botanica, deve essere destinata esclusivamente al vivaismo orticolo e non vi possono essere esercitate
attività tese alla produzione di ortaggi o al vivaismo ed alla produzione di fiori o piante ornamentali. Questi
aspetti sono particolarmente rilevanti nel caso di patogeni trasmessi attraverso vettori alati o dotati di strutture di
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conservazione che ne garantiscono la permanenza nel terreno o su substrati inerti, per molti anni. La
problematica è particolarmente attuale per il germoplasma di carciofo reso virus-esente attraverso un laborioso
procedimento di risanamento e necessario ad avviare le successive fasi di propagazione al fine di ottenere
giovani piantine di questa specie rispondenti alle norme fitosanitarie vigenti e, quindi, le sole idonee per
sviluppare un’attività vivaistica.
Quali sono stati i risultati del progetto?
In circa un anno di sperimentazione, le attività di progetto hanno :
1) portato alla definizione delle condizioni per effettuare la premoltiplicazione in vaso ed in ambiente protetto di
cloni di carciofo rifiorente "Brindisino" sani sotto il profilo fitosanitario e certificati sotto il profilo varietale;
2) portato alla costituzione di un nucleo di piante premoltiplicate costituito da oltre 8000 soggetti partendo da
circa 150 piante madri. Il processo ha, quindi, un rendimento medio di oltre il 500%!;
3) portato alla determinazione dei costi del processo;
4) formato due giovani ricercatori nello specifico campo della premoltiplicazione in sanità di cloni di carciofo
rifiorente che potranno mettere a disposizione degli operatori il know-how acquisito;
5) effettuato attività di divulgazione sulle potenzialità di sviluppo di un'attività vivaistica per il carciofo rifiorente;
6) posto le basi per la definizione della filiera vivaistica per il carciofo rifiorente che, in via del tutto preliminare,
potrebbe essere articolata come di seguito rappresentato:
7) posto le basi per la riqualificazione della coltura del carciofo "Brindisino" e per una sua migliore presentazione
al mercato.
Chi occorre ringraziare?
- Il prof. Francesco Saccardo del Dipartimento di Produzione Vegetale dell'Università della Tuscia, Viterbo, che,
ha avuto l'idea ed ha coordinato il progetto nazionale Carciofo, consentendo al Dipartimento di Protezione delle
Piante e Microbiologia di Bari di costituire, un primo nucleo di cloni risanati di carciofo "Brindisino".
- Le istituzioni che attraverso la concessione di specifici finanziamenti hanno sostenuto le attività dei vari progetti
ed in particolare:
- il Ministero per le politiche Agricole, Alimentari e Forestali,
- Il Ministero dell'Ecoomia e delle Finanze
- il Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca Scientifica e
Tecnologica
- la Regione Puglia:
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Assessorato per le risorse agroalimentari;
Assessorato Sviluppo Economico settore industriale, industriale energetico
e
programmazione;
• Osservatorio per le Malattie delle Piante;
• Servizio di Sviluppo Agricolo
- il Consorzio di Difesa e di Valorizzazione delle Produzioni Agricole, dell'Ambiente e del Territorio Rurale della
Provincia di Brindisi
- il Vivaio F.lli Corrado & C. S.a.S di Torre S. Susanna (BR)
- le Aziende Agricole Abbracciavento, Mondadore e Destino della Provincia di Brindisi
- il Comune di Mesagne (BR)
- la Provincia di Brindisi
- tutti coloro che, a vario titolo e con grande impegno e competenza hanno contribuito alla realizzazione dei vari
progetti:
Angelo Corrado (Vivaio F.lli Corrado), Antonietta Campanale (IVV-CNR), Antonio Corrado (Vivaio F.lli Corrado),
Antonio Guario (OMP-Regione Puglia), Antonio Legittimo (CODIVABRI), Bernardo Pace (ISPA-CNR), Donato
Gallitelli (DPPMA-UNIBA), Franco Nigro (DPPMA-UNIBA), Giovanna Bottalico (DPPMA-UNIBA), Giovanni
Corrado (Vivaio F.lli Corrado), Luigi Trotta (SSA, Regione Puglia), Maria Antonietta Papanice (DPPMA-UNIBA),
Mariella Matilde Finetti-SIALER (DPPMA-UNIBA), Nicola Calabrese (ISPA-CNR), Pietro Gallone (DPPMAUNIBA), Pietro Sumerano (CODIVABRI), Sebastiano Vanadia (ISPA-CNR), Sergio Lanteri (DIVAPRA-UNITO)
•
•
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Didascalie delle figure
Figura 2. Sintomi di infezioni virali molto frequenti su piante di carciofo. In A, infezione da Artichoke Italian latent
virus (AILV) (a sinistra) e da Artichole latent virus (ArLV) (a destra). In B, infezione da Artichoke mottled crinckle
virus (AMCV). In C e D, infezione da Tomato spotted wilt virus (TSWV).
Figura 3. Fasi del protocollo di risanamento mediante coltura di apici meristematici messo a punto dal DPPMAUNIBA attraverso il progetto “Accertamento dello stato sanitario e produzione di germoplasma di carciofo
Brindisino sano" finanziato dal Ministero per le politiche Agricole, Alimentari e Forestali nell’ambito del progetto
nazionale “Carciofo", svolto in collaborazione con il CODIVABRI.
In A, il cerchio indica la porzione di apice meristematico da prelevare. la grandezza dell'apice non deve
superare le dimensioni indicate, altrimenti si corre il rischio di trasferire parti di tessuto infetto. In B, l'apice posto
a radicare su idoneo terreno agarizzato produce germogli che poi sono separati e posti a radicare singolarmente
(C). Questo procedimento consente di eliminare dalle piante virus come ArLV ma non AILV. per cui le piantine
sono trasferite in camera calda (38°C) dove sono sottoposte a termoterapia. Dalle piantine termotrattate, è
prelevato nuovamente l'apice meristematico che divine germoglio attraverso due tre subcolture in vitro, come
descritto in precedenza. Con questo procedimento si eliminano anche le infezioni da AILV. Ciascun germoglio,
ora divenuto piantina, è trasferito su terriccio per essere gradualmente ambientato alle condizioni di serra (D).
Figura 4. Le piante ottenute attraverso coltura di apice meristematico e trattamento termoterapico sono saggiate
per l'assenza di virus e mantenute in vaso (B, C) in serra protetta da rete antiafidi (A), in condizioni atte a
prevenirne la reinfezione. Tale materiale è conservao dal costitutore, il DPPMA-UNIBA, in questo caso, e
costituisce il materiale certificato "di base".
Figure 5 e 6. L'impiego della coltura di apice meristematico può compromettere le caratteristiche varietali del
materiale sano esitato e, nel caso delle varietà rifiorenti, far perdere la precocità. Il materiale sano prodotto dal
DPPMA è stato valutato in un primo campo di omologazione dimostrando che il protocollo di risanamento non
aveva alterato le caratteristiche di precocità, morfologiche e organolettiche proprie della varietà "Brindisino".
Figura 7. Serra idonea alla moltiplicazione ed al mantenimento in sanità del materiale di moltiplicazione
vegetale. Tale serra è stata messa a disposizione dal Vivaio F.lli Corrado & C. di Torre S.Susanna (BR) per le
attività del progetto “Interventi sul carciofo in Puglia” (DDS n. 1140 del 12.11.2003) finanziato dalla Regione
Puglia. La serra presenta le aperture laterali protette da rete antiafidi, il pavimento isolato da un doppio strato di
film plastico appoggiato su brecciolino (A) ed un vestibolo a due porte che consente di isolare l'ambiente interno
da quello esterno (B).
Figura 8. Anziché essere sottoposte per due volte al prelievo dell'apice meristematico, le piante ottenute da
carducci infetti, purché robuste e ben radicate (A), possono essere direttamente trasferite in camera calda e
sottoposte a termoterapia. A causa dalla esposizione al calore la pianta principale muore rapidamente ma nell
due-tre settimane successive emergono nuovi carducci (B) dai quali, sebbene molto deboli, può essere
prelevato l'apice meristematico che sarà trasformato in piantina sana come descritto in precedenza. Questo
protocollo, definito "termoterapia in vivo" consente di limitare ad una sola il numero di colture di apice
meristematico, riducendo il rischio di perdita della precocità. Il metodo, sebbene efficiente nel risanare le piante
presenta l'inconveniente di una elevata mortalità delle piante sottoposte a termoterapia.
Figura 9. L'avvio del progetto AVICABRI. Le circa 150 piante esitate dalla precedente attività di sperimentazione
sono state sottoposte a premoltiplicazione nella serra messa a disposizione dal Partner di progetto Vivaio F.lli
Corrado & C. Come già sottolinato in precedenza, la serra presentava le caratteristiche necessarie a preservare
lo stato fitosanitario del materiale di moltiplicazione iniziale (A, B).
Le piante madri fornite dal DPPMA-UNIBA sono state capitozzate (C) e forzate ad emettere carducci (D)
utilizzando una miscela di terriccio e composizione dell'acqua di irrigazione definite dal Partner di Progetto ISPACNR.
Figura 10. Le condizioni di allevamento in fuori suolo hanno consentito di ottenere tassi di moltiplicazione media
di 1:20 cioè da una pianta capitozzata è stato possibile ottenere mediamente 20 carducci. La pianta madre
capitozzata che ha prodotto i carducci presentava un imponente apparato radicale (A, B, C,) dalla cui ceppaia
a
a
a
sono stati separati carducci di ottima vigoria e provvisti di radici che sono stati classificati in 1 , 2 e 3 classe in
base a dimensioni e peso crescente (D, da sinistra verso destra).
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Figure 11-13. Da ciascun carduccio radicato si genera una nuova pianta madre che, sottoposta a capitozzatura,
produce altri carducci che sono separati, privati delle foglie e trapiantati per ottenere nuove piante madri. In circa
10 mesi di sperimentazione in serra di premoltiplicazione si è passati da un nucleo iniziale di 150 piante a circa
8000 con un rendimento di processo di circa il 500%. I carducci esitati dal processo di premoltiplicazione
possono essere trasferiti ai vivaisti in cassette (Figure 11D e 13I) o trapiantati in vasetto (Figura 13, L, M).
Figure 14. Nel corso dell'intero processo, occorre verificare con cadenza almeno semestrale che lo stato
fitosanitario delle piante in premoltiplicazione non sia mutato. Per tale finalità le foglie di piante selezionate con
metodo di campionamento sistematico randomizzato validato dal DPPMA-UNIBA sono prelevate e tagliate in
corrispondenza della parte basale della costa (Figura 14, B). Il taglio fresco è appoggiato su una membrana di
Nylon imbevuta di una soluzione denaturante (Figura 14, C, D). Su una membrana di 200 cm2 possono essere
"impresse le tracce" di circa 200 campioni (E). la membrana è sottoposta ad ibridazione molecolare secondo un
protocollo sviluppato dal DPPMA-UNIBA. per rivelare la presenza di infezioni.
Figura 15. A margine delle attività di progetto, sono stati impiantati due campi di omologazione e confronto
ospitati da Aziende agricole della zona. I campi sono stati realizzati e valutati con l'ausilio del CODIVABRI. In A,
è visibile la differenza di taglia fra piante standard (in primo piano) utilizzate dall'Azienda e piante risanate (in
secondo piano) ottenute da carducci moltiplicati in fuori suolo. In B e C, esempi di carducci prodotti dai campi
sperimentali.
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