“L’omosessualità secondo l’Approccio Interculturale alla Realtà.” Articolo pubblicato in forma più sintetica nel blog http://lapecorainkashmeer.it/2016/07/18/omosessualita/ Brandalesi E. Nella nostra società le persone che sono di orientamento omosessuale probabilmente, nel corso della loro vita, avranno provato un senso di inadeguatezza, paura e vergogna verso sé stesso, i familiari e l’ambiente in cui vivono. Sulla base dell’Approccio Interculturale alla Realtà, vorrei esporre sinteticamente come l’omosessualità è stata concepita in modo differente attraverso la storia e le culture e, in seguito, trattare altri approcci e consigli utili all’argomento. Breve excursus storico culturale Tra il VI e il IV secolo a.c., in Grecia e in particolare ad Atene, l’amore che un uomo provava verso una ragazza non era considerato tanto diverso dall’amore verso un ragazzo. Erano due forme di desiderio sessuale che potevano essere più appropriate o meno a seconda dei momenti della vita di una persona. In questa cultura non esistevano, tra l’altro, i concetti di omosessualità ed eterosessualità e il definire la propria identità sessuale, non era un’esigenza così pressante come la viviamo noi oggi! Per quanto riguarda le testimonianze sull’omosessualità femminile purtroppo le fonti sono molto limitate, ma ricordiamo che la figura più rappresentativa dell’amore lesbico è stata la poetessa Saffo, vissuta sull’isola di Lesbo nel VI secolo a. c. Rispetto agli ateniesi i romani, invece, erano un popolo tendenzialmente guerriero e quindi dovevano dimostrare coraggio, determinazione e aggressività. Per questo anche attraverso la sessualità dovevano comprovare la propria dominanza, rappresentata dal ruolo attivo della penetrazione, a prescindere se lo facevano con uomini, donne o fanciulli.1 In seguito con l’avvento del cristianesimo, l’atteggiamento libero e aperto che si aveva verso la sessualità, cambiò gradualmente e nel Medioevo la fede cattolica rappresentò l’unica vera religione. Di conseguenza quelle persone che oggi chiamiamo omosessuali, sia che fossero donne o uomini, venivano condannati, imprigionati e uccisi assieme ad altri criminali. Per la Chiesa il desiderio sessuale era tollerato soltanto se l’unico scopo della coppia eterosessuale era la procreazione. A fronte di questo non mi stupisco che, nel 1492 quando gli spagnoli e i portoghesi conquistarono le Americhe, condannarono i popoli indigeni di “sodomia”, poiché intrattenevano frequenti relazioni tra individui dello stesso sesso. Una delle prime culture con cui gli spagnoli entrarono in contatto fu il popolo Maya. Secondo le loro usanze, soprattutto nell’aristocrazia, incitavano i loro figli ad avere rapporti omosessuali con gli schiavi prima del loro matrimonio.2 Se in Occidente le attività sessuali venivano rifiutate e condannate, in Oriente, in particolare in Cina, il desiderio sessuale assumeva un’interpretazione molto diversa. In questo Paese per oltre 1 2 Aldrich, 2007, p. 47-48. http://gayinsacramento.com/Chron-Mex.htm 1 duemila anni ci fu il taoismo e il confucianesimo e i rapporti sessuali erano fondati da precise gerarchie dove l’idea di rispetto, dovere e sottomissione erano centrali nelle interazioni sociali. In quest’ottica il tentativo di controllare i rapporti anali non era tanto per l’omosessualità in sé, ma per coloro che trasgredivano il loro ruolo di ordine familiare. Per il lesbismo in Cina non vi sono molte testimonianze, anzi, in alcune opere gli scrittori cinesi sembrava che banalizzassero l’amore tra donne forse perché la donna, nel confucianesimo, aveva un ruolo di sottomissione rispetto all’uomo. Quindi la sessualità femminile era molto controllata a tal punto che venne considerata inesistente.3 Successivamente nel XX secolo la Cina entrò in contatto con il mondo occidentale e l’omosessualità fu considerata come patologica e condannata con misure punitive.4 Come per la Cina, anche il Giappone ha mostrato la propria tolleranza verso l’omosessualità rendendola legittima soprattutto grazie al Grande Maestro Kobo Daishi (774-835), fondatore della setta buddista shingon. Ad esempio tra il XV e il XVI secolo le relazioni che intrattenevano i samurai con i loro giovani apprendisti, erano principalmente fondate sull’onore, la lealtà e il rispetto reciproco in un contesto aggressivo e violento. In questi ambienti militari, dove le donne venivano escluse, vi erano frequenti rapporti omosessuali tra uomini. Successivamente nel 1859 il Giappone iniziò ad avere rapporti commerciali con gli occidentali e l’omosessualità non fu più così tollerata come in passato.5 Approccio del costruzionismo sociale e transgenderismo Da questo brevissimo excursus storico e culturale riguardo l’omosessualità, si può comprendere come le società, nel corso del tempo, abbiano definito la sessualità degli individui. A tal proposito vorrei considerare l’approccio del costruzionismo sociale di Peter Berger. Il sociologo sostiene che la percezione che abbiamo del mondo è plasmata sulla base della nostra cultura, la quale ci comunica quali aspetti di realtà dobbiamo trattenere e quali invece nascondere o ignorare. Dunque la società cambia di continuo e, contemporaneamente, si modifica anche il nostro modo che abbiamo di vedere il mondo. Questa prospettiva la si può riportare anche nell’ambito della sessualità umana. L’ambiente ci comunica determinati schemi sessuali, organizza e distingue le pratiche sessuali e i desideri erotici, ci comunica quali sono ammessi e quali invece vietati. Quindi sia l’omosessualità che l’eterosessualità sono il frutto dell’apprendimento sociale di valori culturali e pressioni sociali manifestati nel nostro paese.6 Inoltre, in accordo con il punto di vista del transgenderismo e il biologo A. Kinsey, credo che i vari orientamenti sessuali e la propria identità di genere si sviluppi lungo una dimensione continua, dove ad un estremo vi sono le relazioni sessuali esclusivamente maschio-femmina e, dalla parte opposta, i rapporti esclusivamente maschio-maschio o femmina-femmina.7 Tra i due estremi possiamo trovare i bisessuali, i transessuali, i travestiti ma anche quelle persone che, nonostante si dischiarino eterosessuali, hanno intrecciato, anche se rare, relazioni con lo stesso sesso. Così come, anche le persone dichiarate omosessuali, possono aver avuto relazioni sporadiche eterosessuali. Questo perché, a mio parere, sono eventi che potrebbero influire, anche in minima parte, sulla formazione della propria identità. 3 Aldrich R., 2007, p.311. Ivi, p. 311. 5 Aldrich, R., 2007, p.312-320. 6 Lober J., 1955, p. 90. 7 Lober J., 1955, p. 89. 4 2 Consigli utili con l’aiuto della psicologia gruppale e sociale A fronte di quello detto fino ad ora per quelle persone che hanno difficoltà ad affrontare la propria omosessualità propongo due consigli. Il primo di ricercare informazioni in ambito interculturale ed eventualmente storico che permetta loro di comprendere che l’omosessualità non è una sessualità anomala, ma il risultato di valori culturali che sono stati interiorizzati fin dall’infanzia. Questa consapevolezza, di conseguenza, ci permette anche di capire che il concetto di “normalità”, proposto dalla nostra società occidentale, non è l’unica prospettiva di realtà ma una delle tante presenti nel mondo! Il secondo consiglio è quello di recarsi presso associazioni che trattano il tema dell’omosessualità e di aggregarsi in compagnie dove si condivide questo tipo di orientamento. Infatti, come afferma la psicologia gruppale,8 attraverso il gruppo di persone è possibile sentirsi compresi ed essere sostenuti in momenti particolari della propria vita. Ci permette di sapere come le altre persone hanno affrontato gli stessi problemi, soprattutto con i genitori e amici. In questo modo, ossia con un clima favorevole, possono emergere nuovi spunti riflessivi, ampliare nuove amicizie e soprattutto partecipare insieme a diversi eventi culturali. Critica al Gay Pride e re-integrazione degli omosessuali Vorrei, infine, parlare di un ultimo aspetto che mi preme particolarmente, ossia l’integrazione delle persone omosessuali in una società in cui viene approvata, al contrario, l’eterosessualità. Sicuramente le manifestazioni come il Gay Pride possono essere utili per sensibilizzare il pubblico al problema della discriminazione ma, a mio parere, vi è il rischio di ottenere l’effetto contrario, ossia di “ghettizzare” gli omosessuali e di renderli parte di un gruppo esclusivo e non integrato nella società in cui viviamo. In linea con l’Approccio Interculturale alla Realtà (A.I.R.) per riuscire, invece a integrare o meglio re-integrare (considerando la storia degli antichi greci e romani descritta prima) l’omosessualità nella nostra società, sarebbe più utile avviare le stesse attività di integrazione che si usano con gli stranieri. Si tratta di creare dei momenti di socializzazione dove, sia gli omossessuali sia gli eterosessuali, condividono passioni in comune. Ad esempio si possono organizzare corsi di cucina, di danza, di arte, ma senza rendere troppo centrale il tema dell’omosessualità, in quanto si va a rimarcare un “qualcosa” non accettato dalla nostra cultura. In questo modo, in accordo con la psicologia sociale di Gordon Allport,9 il contatto diretto tra persone di diverso orientamento sessuale, permette di attenuare i pregiudizi e gli stereotipi favorendo una maggiore comprensione e rispetto verso quelle persone che hanno intrapreso una scelta differente dalla propria. Bibliografia ALDRICH. R.(a cura di), Vita e cultura gay. Storia universale dell’omosessualità dall’antichità ad oggi, Cicero Editore, Venezia, 2007. ZAMPERINI A., TESTONI I., Psicologia Sociale, Einaudi editore, Torino, 2002. LO IACONO A., MILAZZO A., La sala degli specchi: comunicazione e psicologia gruppale, Franco Angeli, Milano, 2007. LOBER J., L’invenzione dei sessi, Il Saggiatore, Milano, 1955. Sitografia http://gayinsacramento.com/Chron-Mex.htm 8 9 Lo Iacono A., Milazzo P., 2007, p.149. Zamperini A., Testoni I., 2002, p.292. 3