Un secolo, ma non si vede...
6 giugno 2013
A cento anni dalla sua scomparsa, le
opere di Antonino Leto nelle Collezioni
della Fondazione Sicilia
Nella ricorrenza del centesimo
anniversario della morte del pittore
Antonino Leto (Monreale, 14 giugno
1844 - Capri, 31 maggio 1913), la
Fondazione Sicilia ha dedicato all’artista
uno straordinario percorso espositivo,
mettendo in mostra in maniera organica
13 opere appartenenti alla propria
collezione pittorica.
"Un secolo, ma non si vede - Antonino
Leto nelle collezioni della Fondazione
Sicilia": è questo il titolo dell’esposizione allestita e visitabile fino al 29 settembre 2013, a Palazzo
Branciforte, lo storico edificio nel cuore di Palermo (via Bara all’Olivella 2) che, sede della
Fondazione Sicilia, è divenuto, dopo l'importante progetto di restauro ultimato un anno fa dal genio
architettonico della compianta Gae Aulenti, un vivace polo culturale per la città e per l'intera Isola.
L'allestimento curato dall’architetto Corrado Anselmi, prevede la collocazione delle opere nella
suggestiva Sala della Cavallerizza che già ospita la ricca collezione archeologica della Fondazione.
Meravigliosi e coloratissimi quadri affiancati, in un insolito connubio di forme espressive, a rari e austeri
reperti storici: il risultato espositivo è una contaminazione artistica dal forte impatto visivo.
I dipinti in mostra seguono e raccontano l’evoluzione
stilistica e lo sviluppo del linguaggio pittorico
compiuto dall’artista. È possibile infatti ammirare uno
dei primi lavori di impianto ancora vedutista (Lo
stabilimento enologico Florio a Marsala), i dipinti
realizzati dopo la permanenza a Napoli e a Firenze,
quando Leto si avvicinò alla Scuola Macchiaiola
(Scena agreste e L’ultimo tacchino), un raro
esempio di rappresentazione di un soggetto
mitologico per lo più estraneo alla produzione del
pittore (La fanciullezza di Zeus), opere a cavallo dei
due secoli e, infine, del periodo caprese.
Leto, ispirato dai dolci scenari delle isole
dell’arcipelago napoletano, popola le sue tele di pescatori e fanciulli immersi nella luce solare e
impegnati in attività quotidiane (Bambino e fico d'india, Pescatore in riva al mare, Piccola veduta
caprese, Spiaggetta caprese, Spiaggia con agavi, Studio per La sciabica, Atrio di un palazzo
antico e Ragazzo sul prato). Il percorso espositivo mira proprio a suggerire, quasi a rivelare, ai
visitatori la forza creativa di questo straordinario artista caratterizzata da una viscerale ammirazione nei
confronti della natura e da un innato istinto a indagare il paesaggio con animo poetico.
Tredici, si è detto, le opere che articolano il percorso espositivo. Alle dodici presentate nella Sala della
Cavallerizza si somma quella, assai preziosa, affissa permanentemente alla parete centrale del
Ristorante Branciforte (ubicato all'interno del Palazzo): La mattanza a Favignana, stupefacente per
qualità formale e portata sentimentale.
Le opere in mostra
Lo stabilimento enologico Florio a Marsala (o Fortezza sul mare o Baglio trapanese) - 1865/1870
(Olio su tela, 153 x 83 cm)
Nel 1865 Antonino Leto, già discretamente noto tra gli estimatori d’arte di Palermo, conobbe il senatore
Ignazio Florio, che gli commissionò la realizzazione di una veduta dello stabilimento enologico da lui
fondato a Marsala. Sebbene all’epoca la formazione dell’artista fosse tutt’altro che completa - Leto
aveva trascorso, infatti, soltanto un semestre a Napoli, dove aveva conosciuto Palizzi e i pittori della
Scuola di Resina e, nell’ambito della pittura siciliana, avendo frequentato la bottega del pittore Luigi
Lojacono, aveva conosciuto la pittura verista di origine positivista del figlio di costui, Francesco - la
personale riflessione dell’artista si manifesta chiaramente nell’equilibrio con cui il rigore analitico del
disegno dell’edificio è coniugato alla scelta di rappresentare lo stabilimento nella luce offuscata dell’alba.
Scena agreste - 1874 circa (Olio su tela, 55 x 31,5 cm)
Tra il 1873 e il 1874, sussidiato da Ignazio Florio, Antonino Leto soggiornò a Portici, dove eseguì studi
dal vero sul paesaggio vesuviano con i pittori della Scuola di Resina, e a Roma dove strinse amicizia
con Francesco Paolo Michetti; artista questo con il quale perfezionò la resa del paesaggio e del quale
assimilò le tematiche agresti. Questo dipinto è testimonianza di una fase creativa dell’artista
caratterizzata dalla costante ammirazione della natura: il paesaggio è indagato con animo poetico e con
ricerca analitica e studio costante.
L’ultimo tacchino - 1875 circa (Olio su tavola, 13,5 x 23,5 cm)
Dal mese di novembre del 1874 sino a tutto il 1877, Antonino Leto visse a
Firenze dove potè usufruire di un pensionato artistico, frequentando il
quale si avvicinò alle espressioni più attuali della pittura di paesaggio e alla
scuola macchiaiola; corrente artistica questa che influenzò profondamente
la sua concezione coloristica. La scena ritratta in questa tavoletta è
ambientata in una periferia urbana, probabilmente fiorentina come lasciano
intuire le similitudini del dipinto con la maniera di Gioli e Cannici; artisti
questi che formatisi con i maestri della “macchia”, si volgevano verso
espressioni emotivamente coinvolgenti in linea con il naturalismo francese.
La fanciullezza di Zeus (Bambini e capretta) 1877 (Olio su tela, 173 x 167,2 cm)
Il dipinto di notevoli dimensioni e caratteristico per il
soggetto classicheggiante per lo più estraneo alla
produzione di Leto, si colloca alla fine del soggiorno
dell’artista a Firenze (1874–1877). La circolazione
nell’ambiente fiorentino di saggi tedeschi incentrati
sull’argomento mitologico potrebbe aver spinto il
pittore a occuparsi di un simile tema. La maniera
"saporosamente pittorica" adottata dall’artista in
questo dipinto è riconducibile a quella con la quale
Leto eseguì i bozzetti per la decorazione di una sala
di Villa Florio all’Olivuzza, poi realizzata nel 1880.
Bambino e fico d’india - 1880/1885 circa (Tempera su carta, 54,8 x
70,2 cm)
Dopo la spossante esperienza a Parigi (1879-1880) che lo aveva debilitato
nel corpo e nello spirito, e dopo aver trascorso un breve periodo a
Palermo, nel 1882 Antonino Leto si rifugia nelle isole dell’arcipelago
napoletano, dove ispirato dall’incontaminata bellezza dei luoghi, si
riavvicina ai temi semplici, legati al paesaggio e alla natura. L’immagine
dell’opera è incentrata sulla ricchezza vegetativa del cactus e le pale di
fico d’India sono descritte con un impianto disegnativo preciso ma quasi
volutamente dissimulato con la resa a macchie del colore.
Piccola veduta caprese - 1882 circa (Olio su tavola, 16 x 17,5 cm)
Spiaggetta caprese - 1882/1885 circa (Olio su cartone, 32,5x 24 cm)
Dopo l’esperienza parigina che lo aveva avvicinato ai
temi di vita contemporanea di derivazione
impressionista e che lo aveva fiaccato nel corpo e
nello spirito e forse insofferente a una cultura nella
quale non si riconosceva più, Antonino Leto, ritornato
in Italia, si dedicò allo studio delle possibilità
luministiche ed emozionali del colore; si ridestò in lui
l’interesse per la natura mediterranea, fonte di
ispirazione continua e di emozione costante. Da
questo momento, infatti, il mondo semplice e i gesti
quotidiani dei pescatori e dei contadini diventano
ricorrenti soggetti dei dipinti dell’artista, caratterizzati
dalla perfezione del disegno e dalla stesura del
colore "a macchie".
Pescatore in riva al mare - 1882 circa (Acquarello su carta, 26 x 33 cm)
Dopo il ritorno dalla Francia, Antonino Leto ispirato dal
paesaggio incontaminato delle isole napoletane e dalla vita
semplice condotta dagli abitanti di questi luoghi, incentra la
propria attenzione sullo studio della natura e delle presenze
umane che in essa operano. La figura del pescatore che
osserva l’orizzonte dalla riva del mare è stata oggetto di
approfonditi studi da parte dell’artista, basti ricordare tele quali Il
richiamo, Vecchio pescatore e La sciavica.
Spiaggia con agavi - 1884 (Olio su tela, 42,7 x 28 cm)
Spiaggia con agavi - 1884 (Olio su tela, 42,7 x 28 cm)
Nei primi anni della frequentazione delle isole
dell’arcipelago napoletano Antonino Leto, recuperata la
salute fisica perduta a Parigi a causa del clima e
dell’eccessivo lavoro scaturito dal rapporto con il
mercante Goupil, ritrova con rinnovato slancio la
passione per la natura. Egli trova nell’incontaminato
paesaggio isolano, infatti, la situazione più confacente
alla propria disposizione d’animo. Particolare è il taglio
dell’inquadratura di questo dipinto, che dà risalto più alle
piante che al mare, evocando con straordinaria intensità
la bellezza della natura mediterranea. Il quadro è stato
realizzato negli stessi anni de I funari di torre del Greco,
presentato all’Esposizione Nazionale di Roma del 1883.
Studio per La sciabica - 1887 circa (Olio su tavola, 35 x 17,4 cm)
Nel 1887 alla mostra della Società Promotrice di Napoli, Leto
espose La sciavica – Marina di Portici, dipinto questo che fu
particolarmente apprezzato da pubblico e critica. Per portare a
termine quest’opera, Antonino Leto aveva realizzato molti studi e
bozzetti che ritraevano figure di pescatori e ambientazioni marine:
questa tavola potrebbe rappresentare uno di questi studi. Realizzata
probabilmente dal vero, ritrae le sagome inclinate di tre uomini con i
piedi puntati a terra, nella caratteristica posa del pescatore che tira a
riva le reti.
La mattanza a Favignana (La pesca del tonno) - 1887 (Olio su tela, 188 x 96 cm)
Dopo la parentesi parigina e prima di trasferirsi nel
napoletano, nel 1881 Antonino Leto tornò a Palermo
ospite di Ignazio Florio; questi gli commissionò, alcune
decorazioni per la villa all’Olivuzza e per la villa ai Colli e,
dopo una visita a Favignana – durante la quale Leto
presumibilmente assistette a una mattanza - un dipinto
che raffigurasse la pesca del tonno. L’opera è di notevoli
dimensioni e stupefacente per le qualità formali: il vero –
la brutalità della lotta tra le forze dell’uomo e del tonno - è
permeato di intenso pathos. Il dipinto ebbe una lunga e travagliata gestazione, iniziato, infatti, nel 1881 fu
ultimato e consegnato soltanto nel 1887. Alla mostra della Promotrice Napoletana del 1890, l’artista presentò
Un dettaglio della pesca del tonno in Sicilia, realizzato tra il 1881 e il 1884, di dimensioni ridotte e di diverso
impianto compositivo.
Ragazzo sul prato - 1888/1890 (Olio su tavola, 17,4 x 12,5 cm)
Alle soglie degli anni Novanta lo stile di Antonino Leto era ormai pienamente
definito e maturo: il giusto equilibrio tra la precisione dell’impianto
disegnativo e la stesura del colore "a macchia" che permette di dispiegare le
svariate possibilità cromatiche e luminose, era stato raggiunto. Questa
tavola, probabilmente realizzata dal vero, ha come protagonista la luce;
essa, sobria nell’intonazione cromatica, investe l’immagine del bambino
realizzata con sommari tocchi di pennello, e sembra quasi immobilizzarla.