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Studia Theologica V, 4/2007, 241-253
L’UOMO ALLA RICERCA DI DIO
Dic mihi, quid est Deus ?
A. Lobato, OP
I.
Situazione odierna: L’eclisse di Dio.
Non è facile la descrizione completa della situazione odierna dell’uomo di
fronte a Dio per fare un giudizio su di essa. Ci capita spesso questo fenomeno.
L’occhio umano ha bisogno di una certa distanza per distinguere le realtà che ha
davanti a se, che per essere viste, devono essere situate nella zona della visione, ne
troppo vicine, ne troppo lontane. Di solito l’uomo non è buon giudice in propria
causa, ma è anche vero che nessuno conosce l’uomo dal di fuori come il singolo
uomo conosce se stesso. Il mondo culturale odierno è così complesso che sembra
accogliere tutte le possibilità e realizzare in se stesso la chiamata coincidentia
oppositorum. Descrivere il rapporto odierno dell’uomo con Dio risulta sempre un
rischio. Non basta per farlo l’appello a la propria coscienza, che è solo un punto di
vista, non è possibile a nessuno conoscere a fondo come gli altri soggetti si mettono
davanti a Dio, non basta attenersi alla fenomenologia, a ciò che dicono i mezzi di
comunicazione , al criterio democratico della maggioranza. Mi chiedo come fare per
ottenere una giusta visione di questo rapporto. Parecchie volte ho fissato lo sguardo
sul tema, ho presso parte in tanti congressi, che un tempo si occupavano della
secolarizzazione, della esperienza religiosa, e soprattutto dell’ateismo. Questi erano
gli argomenti più alla mano per parlare di Dio, ma sempre un po’ da lontano,
imitando agli ebrei intorno alle mura di Ierico1.
Il rapporto dell’uomo con Dio nell’attualità viene descritto mediante il
paragone con altre epoche. Per natura l’uomo tende verso Dio, al quale lo porta un
certo instinctus di dipendenza sia nell’origine che nel destino. La religiosità è
connaturale all’uomo. Ma la natura può essere deviata dalla cultura, e solo in questa
l’uomo scopre il Dio al quale è legato in modi nascosti. La religiosità profonda
dell’uomo entra in crisi con la modernità, in quanto questa viene compressa come
una uscita dalla minorità, un entrare nell’età adulta quando l’uomo ha l’audacia di
Cfr. A.LOBATO; L’incontro con Dio: gli ostacoli all’incontro con Dio nella cultura odierna. ESD, Bologna, 1993,
pp.9-35: ID. Hombre y Dios en la sociedad de fin de siglo, El eclipse de Dios en la cultura actual de Occidente, Pont.
Universidad de Comillas, 1992, pp. 93-112.
1
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lasciare la fede e fondare nei limiti della ragione le sue profonde convinzioni,
seguendo il motto: sapere aude!2.
Nei Salmi, colui che non crede in Dio viene descritto come stolto: dixit
insipiens in corde suo, non est Deus (S.13,1). Il poeta medievale spagnolo descrive la
mancanza di religiosità di alcune persone, dicendo che mangiano prima di pregare
:almuerzan antes que fagan oración3. Il filosofo Hegel osserva il comportamento
dell’uomo della modernità, che quando si sveglia al mattino, invece di pregare e
lodare Dio, legge il giornale, o ascolta le notizie dei successi della giornata
precedente. Heidegger descrive la situazione odierna dal punto di vista religioso,
come allontanamento degli dei 4. Nietzsche , nella sua lucidità pazzesca ha fatto
risuonare in tutto il mondo il grido del perturbato mentale che vocifera nella piazza
Got ist tot”5. Ma forse la migliore descrizione di questa situazione sul rapporto
dell’uomo con Dio e la presenza di Dio nel nostro tempo è quella fatta da Martin
Buber , che parla del “eclisse di Dio”. L’eclisse comincia per un progressivo
oscuramento, passa ad una fase di notte buia, per poi ritornare di nuovo alla zona di
luce. Mai nella storia del passato era capitato un simile fenomeno come è accaduto
nel secolo XX, quello dell’ateismo.
L’uomo libero è in grado di dire si e di dire no a Dio. Nella celebre descrizione
di Maimonide, sono pochi, dopo molto tempo e con abbondanti errori coloro che con
la sola ragione affermano l’esistenza di Dio, quando la maggior parte lo fa perché
crede6. Ma la fede deve essere libera. Resta quindi la libertà di dire no a Dio da parte
dell’uomo. Nella cultura moderna, che mette alla base la libertà, la non credenza è
diventata normale. Il Vaticano II afferma che l’ateismo è il fenomeno più grave
dell’uomo dei nostri tempi7. Uomini senza fede, uomini atei ci sono stati sempre nella
storia. Lo stesso Socrate era condannato per la sua empietà, i cristiani erano portati
ad bestias per il fatto di non riconoscere l’imperatore come Dio. Ma che una buona
parte dell’umanità diventasse atea, non era mai capitato. Il sistema comunista,
fondato sul materialismo storico dialettico, ha escluso Dio nel modo più assoluto,
come il nemico dell’uomo, e ha imposto con la violenza l’ateismo. Questa novità
storica, si è diffusa largamente nei due strati opposti della società,quello del mondo
operaio,e quello del mondo dei cosiddetti intellettuali. Per lunghi anni il mondo
risultava diviso in due blocchi contrapposti, uno aperto a Dio, altro dove nominare
Dio o fare atti di culto era un delitto grave. Si poteva osservare un paradosso in
questa divisione; mentre il mondo detto libero e aperto alla religione diventava
sempre più materialista e afferrato a questo mondo presente, nel mondo detto
2
E. KANT, Was ist Aufklârung? GW, 8,p.. 3.
Il poema del Mio Cid. F.C. Saiz de Robles, Antologia, Aguilar, 1955, .p- 238
4
M.HEIDEGGER, Vortrâge und Aufsätze,Pfûllingen, 1954 P. 56.
5
F. NIETZSCHE, Frôhliche Wissenschaft, Der Narr, GW, IX, p. 203.
6
MAIMONIDE, Dux perplexorum, III, 31, Cfr, S. TOMMASO, Summa c.Gentes, I,4.
7
Conc. Vaticano II, Gaudium etr spes, 19-20
3
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comunista si diffondeva mediante una certa mistica di liberazione e di ricerca
dell’uomo del futuro. Ubi Lenim, ibi Jerusalem, proclamava Ernst Bloch8.
Questo “eclisse” di Dio è stato fatale per l’umanità. Il pazzo che grida nella
piazza Got ist tot, invitava a riflettere sulle conseguenze di un tale evento. Se Dio non
esiste, essendo il fondamento della realtà, niente si può dire saldo, tutto crolla nella
natura e nella cultura. Che senso ha la mia stella di capitano, se Dio non esiste? dice
uno dei personaggi di Dostoieski. Come il mondo potrà continuare dopo “la morte di
Dio?. Se Dio è vero Dio, come può morire?. Infatti la proclamata “morte di Dio”, nel
suo significato, è un fenomeno culturale, non metafisico. Significa lo stesso che il
“nichilismo”. L’uomo del secolo XX ha scelto di vivere “come si Dio non ci fosse”9.
Oggi possiamo scoprire il percorso che ha avuto questo “eclisse”. Qualche
volta io ho enumerato i sette gradini che ha percorso la cultura occidentale per
arrivare all’ateismo. Parte del principio di immanenza, si affida alla sola”ragione”,
concede il primato alla libertà e la liberazione, sogna con il progresso per arrivare al
regnum hominis, si dissolve nella storicità, proclama la fine della metafisica, e dal
deismo passa al agnosticismo, alla morte di Dio, e quindi all’ateismo. Il processo ben
concatenato, è una scala di discesa, simile a quella percorsa dal figlio prodigo del
vangelo quando si allontana dalla casa del padre (Lc, 15, 11-20). Anche qui vale
l’adagio virgiliano: Facilis descensus averni10. I sette scalini della discesa si
possono ridurre a tre: esaltazione del soggetto libero, perdita della trascendenza, un
mondo senza Dio11. Dal primo uomo a noi, la tentazione radicale rimane, quella di
voler essere come Dio. L’uomo moderno, libero, ha pensato a Dio come un rivale
della propria libertà, e quindi è propenso a negarlo per restare libero. E’ il filosofo
Sartre colui che espressa questa moderna tentazione: Se Dio esiste, io non sono
libero12. E convinto della sua libertà racconta l’inizio del suo stupido ateismo: “Una
mattina non sapendo cosa inventare, decise di pensare dell’onnipotente. Subito egli
diede un balzo nel azzurro scomparve senza darmi nessuna spiegazione: “non esiste”
dissi a me stesso con strana educazione,e così tutto restò chiuso tra me e Lui”13.
Quando si vogliono scoprire le cause e le radici del moderno ateismo,
l’uomo del sec. XX, oltre all’argomento della propria libertà, non è in grado di
presentare altri argomenti, che quelli due ben noti agli antichi: l’autonomia e ordine
del mondo che non sembra avere bisogno di nessun motore e tutto si può spiegare
senza di lui, etsi Deus non daretur, e quello tremendo e insuperabile della presenza
del male nel mondo.
Tutte e tre sono vere difficoltà per l’uomo d’oggi. Sono
argomenti ben noti a Tommaso che non le nascondi, ma le propone subito quando
8
Cfr. E. BLOCH, DasPrinzip Hoffnung, c. 19,
Cfr. M. GALLIARDO, La tentazione attuale di ateismo, nel vol. “Pensare Dio a Gerusaleme”,Roma,PUL, Mursia,
2000, p255- 262.
10
VIRGILIO; Aeneidos, VI, 126
11
Cfr. A.LOBATO, L’incontro con Dio, ibid. pp.18-2512
J.P. SARTRE, Le diable et le bon Dieu, parte III, pag. 321.
13
J.P.SARTRE, Paroles, 1965, pp. 160.
9
244
tratta dell’esistenza de Dio e cerca la soluzione. Il problema più arduo, già
esperimentato nella sua drammaticità da Agostino, è quello del male. La ragione
trova soluzione a quello della libertà e a quello della sufficienza della natura, poiché
la libertà umana è vera, ma è finita e deve essere radicata nella verità, e la natura è
anche fatta e diretta da Dio, dal quale riceve l’ordinamento, e la stabilità nei suoi
processi, in tale modo che la scienza non fa altro che scoprire ciò che la sapienza del
creatore ha lasciato come sua orma nelle cose. Dio sì è nascosto nella sua opera,
perché egli è un Deus absconditus (Is,45,15). Ma per il problema del male, così
patente nel sec. XX, che stimola ai filosofi a chiedere se, dopo Auschwitz, possiamo
chiedere se realmente l’uomo esiste ancora?. Il problema dal male, va sempre
insieme al problema di Dio. Agostino trova la radice nella onnipotenza di Dio che lo
permette perché dal male egli produce il bene. Tommaso aggiunge che la soluzione
radicale solo si trova nel mistero pasquale: la passione, la morte,e la risurrezione di
Cristo. Il vero male, che è sempre privazione del bene, è il peccato, la
personificazione del male è il diavolo, che sono vinti nella vittoria di Cristo 14.
Un mondo senza Dio è un mondo ridotto alla materia, al caso e alla necessità.
L’uomo senza Dio non ha senso, è un assurdo, dato che non può respirare nel
mondo senza Dio. H de Lubac ha dimostrato quale sia la tragedia dell’umanesimo
ateo. Il mondo senza Dio è una navicella nell’ oceano lasciata alla deriva. L’uomo
senza Dio è condannato a adorare falsi Dei che egli stesso fabbrica,di quelli,che
hanno occhi e non vedono, piedi e non camminano, opera delle mani dell’uomo
(S.115, 5-7). Un mondo senza Dio non è più mondo, e deve essere come l’anticamera
dell’inferno che è il vero luogo della lontananza de Dio. Un mondo senza Dio potrà
essere il mondo del diavolo, ma non dell’uomo 15.
II.
San Tommaso: la ricerca di Dio
Coloro che conoscono San Tommaso e leggono i suoi scritti sanno come egli
sia il genio della sintesi, dei principi, della verità e dell’essere. Nei suoi schemi ha
una preferenza per i processi circolari, simili a quelli della natura, come quello del
sole che ogni mattina inizia il suo cammino, e torna al punto di partenza: o quello
dell’acqua che esce dal mare, sale alle nubi, cade sulla terra e ritorna di nuovo al
mare. Era quest’immagine ed esempio il centro della sua prima lezione a Parigi,
inspirato nel salmo 103, 13: Rigans montes. Ritorna a questo processo quando scrive
il prologo al suo giovanile commento al libro III delle Sentenze: Ad locum unde
exeunt flumina, revertuntur, ut iterum fluant (Ec. 1,7). Lo schema neoplatonico del
exitus-reditus è il preferito da Tommaso nelle grandi opere come le due Somme. Il
principio contiene in nuce tutto il processo. Il piccolo seme ha virtù e potenza per
diventare un grande albero. In questo senso tutta l’opera di San Tommaso, con circa
nove milioni di parole, che una ad una occupano i 52 volumi dell’Index thomisticus,
14
15
S-TOMMASO, QD De Malo, I, 1.
Cfr. C. FABRO, Introduzione all’ateismo moderno, Roma, 1964. I. p. 235 -246
245
risponde ad una breve domanda. Aristotele, il genio metafisico, diceva che tutto
quanto hanno ricercato gli uomini del passato e del presente e continueranno a
ricercare nel futuro è la risposta a questa piccola domanda: cosa é l’ente16. All’inizio
delle questioni sulla verità Tommaso rivela il segreto della vita intellettuale: ha un
punto di partenza, un processo e un ritorno: Primum quod a mente concipitur, et in
quod omnia resolvit est ens17. Il processo della mente è solo lo specchio del processo
della realtà. L’idea segue la cosa ed è solo un mezzo per scoprire la sua verità. Perciò
non basta cercare l’ente, che è una partecipazione finita dell’essere, abbiamo bisogno
di conoscere l’essere, e da questa inclinazione della mente alla verità ha origine tutto
l’umano sapere. Da questo si segue che la domanda radicale che Tommaso ha fatto
lungo tutta la sua vita,e alla quale sapeva che non si arriva del tutto, era la domanda
sull’essere di Dio, la questione prima e ultima, era su Dio. Tutto Tommaso sta nella
domanda che da bambino faceva ai monaci : Dic mihi, quid est Deus?. Tommaso,
bambino fortunato, giovane di grandi intuizioni, maestro che tutto lo rinnova, non fa
altro che cercare una precisa risposta alla domanda radicale, la domanda su Dio; ha
un vitale bisogno di conoscere non solo la sua esistenza, ma di arrivare al meno ai
confini del suo mistero. E questo il punto di partenza, è anche la sostanza del
processo, è la conquista che egli offre alla umanità. Anche se è poco ciò che
possiamo conoscere su Dio, quel poco vale molto di più che tutte le altre conoscenze
che può acquistare l’uomo.
Non possiamo pretendere qui seguire passo per passo l’itinerario di questo
ricercatore di Dio, forse il più grande della storia, dobbiamo accontentarci con tre
brevi approcci: ex ungue leonem!
Bernardo Gui, uno dei biografi di San Tommaso, ha raccolto nella tradizione
benedettina, la quale sempre ha ritenuto che Tommaso fosse un vero oblato, pronto
sempre ad ubbidire, come dice ancora nell’ultimo suo scritto18, ci trasmette la
domanda del bambino Tommaso ai monaci di Montecasino: Dic mihi, quid est
Deus?. La storicità della domanda sembra probabile. Tommaso è portato dal suo
padre da Roccasecca a Montecassino, e consegnato ai monaci per l’educazione nelle
lettere. C’erano per i bambini della borghesia lungo il medioevo, due vie di
educazione, quella delle armi per la guerra, e quella delle lettere, più consona ai
monaci e ai preti. I fratelli di Tommaso furono allevati per la guerra e per la corte
dell’imperatore Federico II, dove la cultura della poesia non era esclusa. Uno dei
primi sonetti della lingua italiana, che canta l’amore, è attribuito a Rinaldo,il fratello
di Tommaso, che sarà decapitato dall’imperatore per la congiura di Capaccio.
Tommaso fu destinato alla formazione letteraria, clericale. Aveva solo cinque o sei
anni, quando nel 1230 lasciava la famiglia, il castello nativo, per entrare nel collegio
dei monaci. Ciò che oggi pensiamo sia una lacuna, è stato per Tommaso una fortuna.
16
ARISTOTELE, VII Met. 1028.
S. TOMMASO, QD De Veritate,1,1
18
S. TOMMASO, Epistola ad Bernardum, abbatem Casinensem. Ed. Leonina 42, p.413-415. Cfr. D. BERGER, Der
Letzte Schrift des hl Thomas, Forum Kathol. Theologie, 1998221-230-.
17
246
Lungo nove anni si è iniziato nella cultura e la vita dei monaci, insieme ad altri
bambini della sua età e della sua classe sociale. Nella scuola ha imparato le lettere, le
materie del trivium e del quadrivium. Quando nel 1230 viene trasferito a Napoli
prosegue lo studio della filosofia nello Studium di Federico II, la prima Università
laica. In questi anni, bambino, adolescente, universitario, Tommaso ha assimilato le
fondamenta della cultura del tempo, non solo quella latina, ma anche quella che
veniva dall’oriente. molto più ricca nella tradizione greca, ebrea e araba. Tommaso
alla fine di questo lungo periodo conosce la Bibbia, e ha assimilato la sintesi della
cultura cristiana, si apre alla filosofia di Aristotele e dei pensatori arabi, tradotti in
latino nelle scuole di Palermo, di Toledo e di Napoli. La domanda su Dio nasce in
Tommaso in questo contesto culturale ben preciso. E’ una domanda radicale,
esistenziale, prima vissuta, poi formulata. La domanda su Dio lo ha portato alla scelta
fondamentale della sua vita, quella della vocazione domenicana, che ha difeso con
tanto coraggio di fronte ai fratelli, ai genitori, agli stessi benedettini. La sua
vocazione domenicana è frutto di questa appassionata ricerca di Dio. Il carisma
domenicano lo libera del lavoro manuale, ma le impone un grave dovere, quello dello
studio, della ricerca, del lavoro intellettuale, della predicazione che è esercizio
profetico dell’annunzio della salvezza19. Questa prima tappa della formazione di
Tommaso, dai 5 ai 19 anni, è quella dell’interrogazione, non della risposta. Nessuna
delle domande che egli ha fatto nella scuola era per lui tanto importante quanto lo era
questa: Dic mihi, quid est Deus?.
La domanda, come tale, è costitutiva della vita intellettuale. Da una parte
indica ignoranza, ma dall’altra implica una certa conoscenza. Si domanda proprio per
conoscere meglio quello che si sa di ignorare. Non si cerca se non ciò che in parte
già si è trovato quando si inizia la ricerca. Senza dubbio Tommaso ha ascoltato le
risposte dei monaci, ma nessuna le ha soddisfatto del tutto, e lo lasciano ancora con
più fame e sete di Dio. Egli, come il poeta, cerca l’incontro con Dio, al di la delle
risposte. Nessun mediatore è sufficiente: “no saben decirme lo que quiero”.20
Un secondo momento dell’itinerario di Tommaso è quello della ricerca
intellettuale, della risposta della mente. Tommaso ha avuto gran fiducia nella capacità
della mente per la verità. L’uomo si distingue delle altre creature per questa sua
condizione di intelligente. L’intelligenza richiede l’esercizio, lo sviluppo, gli abiti
intellettivi, l’assimilazione personale del problema e la risposta esatta. Agostino
confessa che egli è arrivato a un punto, nel quale si era fatto una enorme confusione,
magna questio21; quid sum ergo, Deus meus?—Tommaso non è diventato problema
per se stesso, il suo problema è Dio. Dieci anni più tardi, circa il 1254, dopo che ha
ascoltato i maestri, e ha ricevuto il primo titolo della carriera verso il magistero, egli
propone la sua intuizione giovanile, che in fondo è una risposta alla questione su Dio.
19
Cfr. A. LOBATO; Filosofia y teologia. El uso y abuso de la filosofia en las primeras obras de Santo Tomás,[Studi
tomistici, 59] LEV, 1995, pp- 59-84.
20
Cfr. S.JUAN DE LA CRUZ, Poesia, Cántico espiritual,estrofa 6
21
S. AGOSTINO, Conf. X, 23.12
247
La espone in un piccolo scritto, che lo dedica ai suoi confratelli, e lo titola De ente et
essentia. E’ una risposta trasparente, lucida, nuova. La risposta su Dio implica tutto il
processo della vita intellettuale. Tommaso non nasconde le fonti, lascia parlare ai
filosofi che sono in grado de adoperare il linguaggio della ragione umana. Tutto il
sapere si concentra nella questione dell’ente. Ma l’ente dice un rapporto all’essere e
alla essenza. Ciò che conosciamo sono le essenze delle cose, composte e semplici,
sostanze e accidenti. Il modo normale di conoscere è un processo che va dalle cose
sensibili alle intelligibili, dalla composte alle semplici. Così egli scopre la scala che
porta dai corpi agli spiriti, e dagli enti all’essere. L’intelligenza umana ha l’ente come
oggetto. Nell’ente scopre le due sfere del reale, quella della potenza e quella
dell’atto, e tra gli atti, nell’alto della scala, si trova, come causa e principio, il puro
essere, ciò che egli chiama ipsum esse subsistens. Dio è l’essere, la pienezza della
realtà: uno, vero, buono, bello. E dall’alto di questa scala degli enti è possibile la
discesa, per la via della partecipazione, entra nella via della molteplicità nella
misura che si trovano nuove potenze che ricevono l’atto di essere. Il grado più basso
è la materia prima, la pura potenza, capace di tutte le forme, la realtà più lontana da
Dio22.
Tommaso alla ricerca di Dio con il primo strumento affidato all’uomo, è
arrivato a dare la sua prima risposta, quella della natura, dell’intelligenza, della mente
umana che è aperta alla totalità, e perciò è capax Dei, come le piace a Agostino. Il
Tommaso giovane raccoglie in questa risposta tutti i contributi dei filosofi sia degli
aristotelici, che dei neoplatonici. Avicenna è stato per Tommaso un grande aiuto
nella metafisica che arriva a Dio e tiene conto della creazione, nella quale l’atto di
essere procede solo dall’essere che è Dio. In questa ricerca Tommaso resta
soddisfatto quando avverte che è proprio questa verità su Dio, come essere, quella
che Dio stesso ha rivelato a Mosé: e la chiama la sublimis veritas23.
Un terzo approccio nella ricerca di Dio è quello che Tommaso fa come maestro
di teologia. Egli ha presso sul serio il suo ufficio di maestro, e dall’inizio si propone
percorrere l’itinerario nel quale si risponde veramente alla questione su Dio. Nel
principio della Summa contra Gentiles ci lascia una finestra aperta verso l’interno di
Tommaso teologo, colui che vuole parlare solo di Dio. Ha scelto l’ufficio del
“sapiente”, che ordina e giudica . Il suo compito e proporre la verità che professa la
fede cattolica, e questo in un modo integrale, cioè non solo con le parole, ma anche
con tutti gli altri modi umani de locuzione, con la stessa vita, con le opere. Parlare di
Dio e non tacere di Dio. Solo Dio parla bene di se stesso, ma parla agli uomini,
mediante i due libri che ha scritto con il suo dito: la natura e la scrittura. Di Dio
parlano tutte le creature, e bisogna ascoltare questo linguaggio: ignorare le creature è
ignorare Dio24. La sacra dottrina che il teologo deve proporre o porta a parlare
22
Cfr. A.LOBATO, De ente et essentia. Introduzione e traduzione italiana. Cittá Nuova, 1989.
S. TOMMASO, Summa contra Gentes, I, 22.
24
S. TOMMASO; Sunna contra Gentes, II, 4
23
248
sempre di Dio, o in se stesso, o come principio e fine di tutto 25. Due questioni deve
proporre su Dio, l’esistenza, e l’essenza. La prima è più facile, e si fa percorrendo il
cammino dell’ente, partendo dei fatti di esperienza e salendo nella scala con la base
del principio di causalità, percorrendo cinque vie, al termine delle quali si arriva al
principio che chiamiamo Dio 26. Siamo davanti a Dio, ma ancora resta la domanda
radicale: Dic mihi, quid est Deus?Il teologo propone la questione dell’essenza, e si
trova tra due poli: Dio è mistero, e Dio si rivela e manifesta all’uomo. E deve
conciliare tutte le due cose, che sono vere. Come fare? Tommaso percorre questa via
della risposta: si comincia per la via negativa, poiché diciamo più facilmente cosa
non è Dio, ed è un modo di approccio; passiamo poi alla via positiva, e abbiamo due
modi di salire fino a Dio: uno, nell’analisi delle perfezioni degli enti che sono
partecipate e quindi si trovano in Dio in un modo originario, causativo; altro nella la
via dell’eminenza, Deus sempre maior. Così è possibile conciliare due affermazioni
in contrasto, che nessuno ha visto Dio (Gv, 1, 18) e che “vedremo Dio faccia a facia,
come egli è” (I,Cor, 13,12). Solo Dio comprende totalmente se stesso.Per noi e per
tutte le creature Dio resta un mistero da adorare27.
E così nella misura che conosciamo Dio lo possiamo nominare. Tommaso,
come Dionigi, ha meditato a lungo sui nomi di Dio, quello rivelato a Mosè “Io sono”
(Ex, 3,14), che è sacro e va sempre rispettato, e quello che indica l’essenza in quanto
principio e fine di tutte le cose, appunto Dio. Questo ci da una certa comprensione e
non si oppone al mistero che importa sempre Dio.28
Ma al teologo resta una via più accessibile per parlare di Dio, è la via
principale in quanto è lui che si é presentato così: Io sono la via (Gv, 14, 6). Nella sua
scuola Tommaso proponeva così la questione: se uno studente conoscesse che vi è un
libro nel quale si contiene tutto il sapere , lo cercherebbe subito e si metterebbe allo
studio di quel tesoro così grande. Noi siamo in questa situazione: tutto il nostro
sapere su Dio è veramente contenuto in un libro che possiamo acquistare: questo libro
e Gesù Cristo, nel quale il vero Dio si rivela agli uomini. Tommaso ha dedicato a
questa via l’ultima parte della Summa, nella quale tratta di Cristo, qui secundum quod
homo, via est nobis tendendi in Deum29.
Tommaso ha cercato lungo tutta la sua vita la risposta adeguata alla domanda
su Dio. In realtà il suo discorso abbraccia la totalità, ma sempre dal suo punto di vista
formale, parla di Dio, e parla all’intelligenza umana. Vi è un luogo che concentra
tutto il discorso su Dio e sull’uomo,questo è il commento al salmo 8, che in principio
è una interrogazione sull’uomo. Ma in fondo si tratta della comprensione dell’uomo
davanti a Dio. E’ Dio che ha fatto cose grandi, e la più grande nel cosmo è
25
S. TOMMASO, Summa Theologiae, I, 7
S.TOMMASO, Suma Theologiae, 2,3.
27
S. TOMMASO, In Ioannem,1, l8, lect. 11.
28
Cfr. J.P. TORRELL, Saint Thomas, maitre de vie spirituelle, Fribourg, Cerf, 1996, pp. 58-63.,
29
S. TOMMASO, Summa Theologiae, I, q. 2 prol.
26
249
propriamente l’uomo. Distingue con Boezio due categorie di uomini: i semplici del
popolo, e i dotti. Di sé i dotti sono in grado di conoscere Dio più e meglio che i
semplici. Ma talvolta succede il contrario, quando i dotti sono deviati dagli errori. In
questi casi sono i semplici che hanno il giusto rapporto con Dio al quale si dirigono
per un certo istinto infallibile, mentre i dotti deviati dicono con lo stolto che Dio non
c’è. Il salmo paragona il mondo universo e l’uomo. In quantità l’universo, opera delle
dita di Dio, eccede l’uomo che diventa parva res. Ma davanti a Dio l’uomo ha più
valore dell’immenso universo: Dio lo visita, ha cura di lui, lo ha fatto un po’ minore
degli angeli e lo ha coronato di gloria, dei doni, per conferirle il dominio del mondo.
Il rapporto giusto dell’uomo è cooperare con Dio portando il mondo al suo destino di
rendere gloria a Dio. Il salmo parla dell’uomo in pienezza quale si realizza in
Cristo30.
Tommaso era un uomo alla ricerca di Dio. Il suo itinerario dura tutta la sua vita
e le conferisce una splendida unità. Se nell’inizio fa una domanda che perdura lungo
l’itinerario, se nel mezzo egli ascolta la voce di Cristo che lo incoraggia a
proseguire: Bene scripsisti de me, Thoma!, alla fine ha la sensazione che le resta
tanto per la risposta, che tutto è ancora paglia non grano. Qui cerca trova. Tommaso
non è solo il teologo della pura domanda, come lo è dalla pura ricerca, ma si converte
nel teologo della risposta su Dio, per tutti quanti lo cercano.
III.
Facciamo l’uomo
L’ingresso nel III millennio è allo stesso tempo per noi grazia e impegno
responsabile. Sulle nostre spalle , come nuovi Atlanti, gravita tutto il peso del passato
cristiano, e alla nostra mente e alle nostri mani viene affidata la costruzione del
futuro. In questo versante risuonano con tutta la sua forza le parole originarie del
principio dell’umanità: Facciamo l’uomo (Gen, l,26). Questo imperativo al plurale ha
due sensi complementari, da una parte l’invito di Dio ad ogni singolo uomo alla
collaborazione con lui, creatore dell’uomo, senza la quale l’uomo non raggiunge la
sua misura, e d’altra l’invito a tutti gli uomini a portare avanti questo compito in
quanto comunità e famiglia umana dalla quale nessuno può sentirsi escluso. In questo
senso il Papa invita alla collaborazione in vista al nuovo umanesimo cristiano,
Salviamo l’uomo. Salviamolo tutti insieme”. L’esempio di Tommaso ci incoraggia a
mettere ben saldi i fondamenti in questa costruzione, come saggi architetti, in parole
di S. Paolo (1 Cor, 3,10), come uomini prudenti che edificano la casa sulla roccia
(Mt.7,24-27). Mediante questa collaborazione al plurale, con Dio e con gli uomini
nuovi, tutti diventiamo una “edificazione di Dio” (1 Cor, 3,9), costruttori dell’uomo,
della casa e della città (Sal. 126.1 ).
30
S. TOMMASO, In Psal. 8. Cfr. A.LOBATO, El hombre en cu erpo y alma, Valencia, EDICEP, 1994. pp.55-71
250
La costruzione della casa, nella moderna architettura può iniziare dall’alto,
dalle stanze superiori. In realtà anche l’uomo comincia dall’alto. Mentre l’anima,
forma della materia, non viene creata da Dio e infusa nel corpo organizzato, non vi è
l’uomo, essere personale. All’inizio del trattato De Anima, Aristotele fa un paragone
tra l’uomo e l’albero, la bocca dell’uomo è come le radici dell’albero.
Quest’immagine si è sviluppata nel medio evo. L’uomo è un certo albero, ma con le
radici in su. Alberto Magno prega in questo modo: “Insegnami, Signore, a inserire la
radici del mio albero nel cielo e non nella terra…”31. La biologia attuale ha scoperto
come l’uomo inizia la sua esistenza e porta avanti lo sviluppo , come architetto di se
stesso, partendo della testa, del sistema neurovegetativo, con ammirabile precisione, e
edificando allo stesso tempo la corporeità e la propria casa, a spesse del seno materno
nel quale è ospite. Tommaso ha conosciuto questi processi, e ha meditato a lungo
sulla embriologia umana, la prima formazione dell’uomo, affidata alla natura32. Ma
ci ha aperto un’altra via, che porta a compimento quanto fa la natura, e questo è il
compito della famiglia. I genitori non solo sono chiamati alla cooperazione con Dio
nella generazione dei figli. Il figlio non è una copia dei genitori, è una persona ben
distinta di loro. Aristotele lo aveva detto chiaro e tondo: “Socrate non genera altro
Socrate, ma un altro uomo”33. Tommaso va oltre. Se la natura basta con i suoi
processi, come opera di Dio, nella generazione del figlio nell’utero materno, lascia ai
genitori la cura del nuovo essere umano, affinché possa acquistare la perfezione
umana. Compito della famiglia è l’educazione e la promozione dei figli. L’uomo è un
essere educabile, un essere che non si accontenta con ciò che riceve della natura, ma
viene conformato dalla cultura. Questa è la nobiltà del compito della famiglia34.
Il processo dell’arte educativa deve essere simile al processo naturale, ars
imitatur naturam in quantum potest. Tommaso parla, con immagine plastica, della
famiglia come utero spirituale35. Su questi presupposti se basa la costruzione del
nuovo umanesimo, degli uomini nuovi per il terzo millennio. La chiesa percorre la
via dell’uomo36. Anche essa è una famiglia il cui compito è costruttivo, edificante, in
quanto inviata al mondo ad insegnare e fare possibile la salvezza dell’uomo in Cristo
(Mt, 28,16).
Il primo e insostituibile fondamento dell’uomo è Dio. L’uomo si rinnova
e trova la risposta alla sua vocazione nella misura nella quale si rapporta con Dio.
Malraux aveva detto, che l’uomo del prossimo secolo ò sarà religioso o non ci sarà
affatto. Tommaso è andato molto più oltre nel mostrare quale sia la via dell’uomo che
porta alla nuova umanità. L’uomo, nella sua profonda struttura è vocazione, è un
essere in rapporto a Dio, cioè teologale, teotropico, religato con Dio come principio
31
S. ALBERTO MAGNO , Summa De Homine, I,1, 3. Borgnet, 35 p. 3.
S.TOMMASO; QD De Potentia, 3, 9.
33
ARISTOTELE; De generazione animalium, IV, 4 771° 1-19.
34
S-.TOMMASO, In IV Sent. D. 26. q.1.a 1
35
S TOMMASO, Summa Theol. II:II, 10, 12.:
36
Cfr. A. LOBATO, L’uomo, via della Chiesa, Roma, PUST, 1991.
32
251
e fine37. Questa sua condizione deve essere il fondamento del nuovo umanesimo
cristiano, già in parte attuato, ma ancora da attuare nella maggior parte degli uomini
fino ad arrivare a tutti in tutto il mondo. L’uomo è un essere davanti a Dio, capace di
Dio, da cui viene e a cui tende. Ma essendo per natura libero, può prendere una delle
tre posizioni, teista, ateo, agnostico. Tommaso ci guida a superare l’agnosticismo, a
evitare l’ateismo, a costruire l’uomo integrale che conosce e ama Dio, quale si
manifesta in Gesù Cristo.
Nelle attuali circostanze dell’inizio del terzo millennio, il nuovo umanesimo
cristiano implica tre grandi compiti: il ricupero della trascendenza, la concezione
dell’uomo nella sua integralità, la conformazione con Cristo, uomo in pienezza,
perfetta immagine di Dio. L’orizzonte che si apre davanti a noi è affascinante, ed è
decisivo per la sorte dell’uomo lungo questo nuovo millennio cristiano. Percorrere
queste vie richiede tempus et oleum. Qui dobbiamo accontentarci con indicare le vie
, lasciando il percorso sotto la guida di Tommaso.
Il ricupero della trascendenza è un compito assai arduo. Il discepolo di
Tommaso sa quale sia il suo più qualificato contributo alla cultura filosofica di
occidente: la scoperta della trascendenza dell’atto di essere. Questo non era possibile
senza i passi precedenti, che lo stesso Tommaso enumera. Nella via di accesso alla
trascendenza, l’uomo ha percorso la salita paulatim et pedetentim in tre momenti: il
livello fisico dei corpi, il livello dell’ente come sostanza, il livello dell’atto di essere e
l’origine dell’ente, non soltanto nel suo atto di esistere, ma dello esse come atto puro.
Anche se Tommaso attribuisce questo terzo passo ai grandi pensatori della filosofia
greca, Platone e Aristotele, è ben chiaro che questo passo definitivo, è lui, Tommaso
d’Aquino, che lo ha fatto per primo nella storia38. Ma le conquiste culturali non hanno
la stabilità delle montagne, rischiano la dimenticanza nel corso della storia, e sono
soggette alla scomparsa nell’oblio. E’ molto significativo che questo contributo di
Tommaso no sia conosciuto da tutti i discepoli, a abbia un certo “offuscamento” nella
storia. Il fatto grave è accaduto nel pensiero moderno, che inizia con la
proclamazione kantiana del principio d’immanenza, e nega la possibilità della
metafisica. L’oblio dell’essere cambia la faccia della cultura. Il problema dell’essere
lascia il posto a quello del conoscere, per passare presto a quello del parlare o del
linguaggio. Gli ostacoli alla trascendenza sono oggi quelli del
materialismo,l’edonismo, l’estetismo. Dio è assente, e l’uomo viene lasciato in preda
alla sola fenomenologia, alla scienze empiriche,all’immanenza. Quantum mutatus ab
illo39. Senza il ricupero della trascendenza non sarà compito facile trovare la roccia
come fondamento per la nuova antropologia. Dio si è allontanato dall’orizzonte della
modernità. Il primo compito della nostra impressa di andare verso l’uomo è quello
chiamato “removens prohibens”, togliere di mezzo gli ostacoli. L’uomo moderno ha
37
Cfr. A. LOBATO, Sentieri aperti verso il nuovo umanesimo, RTL, 2000,443-461.
Cfr. TOMMASO, De Potentia, 5,7: Summa Theologiae, I, 45. A. LOBATO, Fundamento y desarrollo de los
trascendentales en Santo Tomás de Aquino, in “Aquinas” 34 (1991) ppp. 203-222
39
Cfr. A, LOBATO, L’incontro con Dio, ESD, 1993, pp. 20-25.
38
252
delle grosse difficoltà per farlo. Sembra l’antico Sisifo condannato a spingere la
pietra fino al vertice della montagna, con enorme fatica, e quando le sembra di aver
raggiunto la meta, la pietra rottola veloce per la pendice e ritorna nel profondo,
mentre Sisifo è dannato a cominciare di nuovo la infinita e inutile fatica.
Non meno laboriosa appare la fatica della scoperta della verità tutta
intera sull’uomo. Dopo Kant l’uomo è diventato la questione radicale del pensiero,
quasi l’unica perché quella del mondo è lasciata alla scienza, quella invece di Dio, è
lasciata da parte, agli agnostici o agli atei. La tappe di questa nuova prospettiva
sull’uomo sono due, quella iniziata da Kant, e quella cercata da Max Scheler. In
realtà non è sorta una antropologia, ma la cultura odierna si trova in mezzo al bosco
delle antropologie, la maggior parte in conflitto tra di loro; mentre alcune sono
prodotto delle scienze dell’uomo, altre procedono dalla prospettive dei filosofi, e
sono anche molte proposte dai teologi 40. In verità, come erano sorte un tempo,
partendo dal albero aristotelico tante psicologie senza anima, così possiamo oggi
trovare le cosiddette antropologie senza l’uomo. In questa situazione babelica, è
necessario come seconda tappa del pensiero verso il nuovo umanesimo, percorrere le
vie che conducono alla verità integrale sull’uomo. Quali sono? In una sintesi attenta
all’essenziale, sotto la guida di Tommaso che scopre le cinque vie che partono dalla
umana esperienza e arrivano a Dio, io ho proposto cinque sentieri da percorrere
verso, la antropologia del futuro dell’uomo. L’uomo deve essere visto nel suo essere
da cinque prospettive complementare: cioè, integrale, personale, relazionale,
culturale, teologale41.
Inoltre il nuovo umanesimo per il terzo millennio è quello cristiano. E’
questo l’umanesimo proposto e sviluppato da Tommaso. Da teologo cristiano, che
decide parlare di Dio e poi di tutte le altre cose in ordine a Dio, ci ha lasciato un
programma di grande portata. L’uomo nuovo deve esse l’uomo che si conforma con
l’uomo tale quale è nel progetto di Dio e si verifica nell’uomo creato da Dio, e molto
meglio ancora in Gesù Cristo, uomo-Dio. Questo uomo nuovo richiede attenzione ai
tre momenti, inizio, processo e modello. L’inizio si trova nell’opera trinitaria, che
per primo ama e progetta l’uomo dall’eternità. Tomaso vede l’uomo nella sua origine
come un progetto di Dio. Prima di essere oggetto, e proprio per farlo soggetto,l’uomo
ha sue radici nel progetto divino. Dio amore, genera il figlio, e dall’eternità progetta
l’uomo. Questo progetto sta nell’origine della nuova umanità42. Il processo della
realizzazione dell’uomo nella dottrina di San Tommaso implica le due grande tappe
della salvezza, quella dell’exitus, e quella del reditus. L’uomo è creato da Dio per
amore, e messo nel mondo come immagine sua, personale e famigliare, vincolo tra lo
spirito e la materia, anello nella scala degli enti, l’infimo degli spiriti, e il vertice dei
corpi. La sua grande dignità nell’essere si sviluppa nel divenire, nell’itinerario della
libertà che il cammino dell’uomo verso Dio, un lungo itinerario dove la natura, le
40
Cfr. A.LOBATO, El hombre en cuerpo y alma, EDICEP. Valencia, 1994, pp- 72-95.
Cfr. A. LOBATO, I cinque sentieri aperti verso l’uomo, RTL, 2000, pp. 443-461.
42
Cfr. A. LOBATO; Jesucristo y el proyecto hombre, Barcelona. Actas SITA, 1999, pp. 297-311
41
253
potenze, gli abiti, la grazia e l’ordine sopranaturale delle virtù e dei vizi, della carità e
dei carismi, fa possibile la pienezza dell’umanità. Ma questo itinerario ascendente ha
un modello, una via che deve essere accolta, l’incontro con Gesù Cristo, il Dio fatto
uomo, affinché tutti gli uomini possano essere conformi con lui. Sequela, imitazione
e conformità con Cristo, sono il vero cammino per il nuovo umanesimo. Tommaso
l’amico di Cristo, il teologo dei misteri di Cristo come via di salvezza, indica questa
via della conformazione come il grande itinerario del nuovo umanesimo 43.
Il nuovo umanesimo, sotto la guida di Tommaso, è possibile nel III millennio
nella misura di realizzazione di questo triple itinerario. La povera situazione attuale
ancora con le sequele del eclisse di Dio, deve lasciar passo alla novità cristiana, e alla
presenza di Dio tra gli uomini, non solo nel modo radicale della presenza, essenza e
potenza, se non anche nel modo trasfigurante della conformazione di ciascuno degli
umani con l’uomo, immagine di Dio, Gesù Cristo. L’ateismo superficiale e falso,
lascia il posto all’uomo cristiano, religioso, che contempla il volto di Dio nell’uomo.
43
Cfr. S. TOMMASO, Summa Theologiae, III,24, J.P. TORRELL, Le Christ et ses mystères, Desclée, 1999.