La Chiesa cammina insieme a tutta l’umanità lungo le strade della storia.
Presentazione del Compendio della dottrina sociale della Chiesa
«Amate la giustizia, voi giudici della terra,
pensate al Signore con bontà d’animo
e cercatelo con cuore semplice.
Egli infatti si fa trovare da quelli che non lo mettono alla prova,
e si manifesta a quelli che non diffidano di lui.
I ragionamenti distorti separano da Dio;
ma la potenza, messa alla prova, spiazza gli stolti.
La sapienza non entra in un’anima che compie il male
né abita in un corpo oppresso dal peccato.
Il santo spirito, che ammaestra, fugge ogni inganno,
si tiene lontano dai discorsi insensati
e viene scacciato al sopraggiungere dell’ingiustizia».
Sapienza 1,1-5
L’impegno nell’educazione e formazione al sociale, per dei cristiani, si fonda essenzialmente su
Cristo e su Cristo-Parola di Dio, ma non può prescindere anche dalla sapiente azione educativa che
la Chiesa ha sviluppato nel corso del tempo sui temi di rilevanza sociale e che prende il nome di
dottrina sociale. L’importanza della dottrina sociale della Chiesa si fa oggi più evidente, in un
tempo segnato da profondi e radicali cambiamenti, che ci spingono a cercare delle bussole per
orientarci, punti di riferimento per confrontarci con la complessità che ci circonda e che richiede
orientamenti tanto più essenziali quanto più si opera nel campo della formazione all’impegno
sociale e politico.
L’allocuzione “dottrina sociale” risale a Pio XI, che la usa nella lettera enciclica Quadragesimo
anno (15 maggio 1931). Pio XII parlerà di “dottrina sociale cattolica”, nel Radiomessaggio per il
50º anniversario della «Rerum novarum» (1º giugno 1941), e di “dottrina sociale della Chiesa”,
nell’esortazione apostolica Menti nostrae (23 settembre 1950). Da quel momento la dizione
“dottrina sociale della Chiesa” designerà il corpo dottrinale riguardante temi di rilevanza sociale,
che a partire dalla prima enciclica sociale, la Rerum novarum di Leone XIII (15 maggio 1891), si è
sviluppata nella Chiesa attraverso il Magistero dei Romani Pontefici e dei Vescovi, in comunione
con essi.
Attualmente la dottrina sociale della Chiesa è prevalentemente contenuta nel Compendio della
dottrina sociale della Chiesa, documento promulgato il 25 ottobre 2004, dal Pontificio Consiglio
della giustizia e della pace, come raccolta elaborata per esporre in maniera sintetica, ma esauriente,
l’insegnamento sociale della Chiesa. Non si tratta, però, di una semplice sintesi, bensì di una
elaborazione sistematica che interpreta tutto il percorso compiuto dal Magistero sociale ed è offerta
a tutti gli uomini per aiutarli ad orientarsi nella complessità del vivere.1
Il Compendio è dedicato agli uomini e alle donne del nostro tempo: compagni di viaggio della
Chiesa, ai quali offre la dottrina sociale. I primi destinatari sono i Vescovi, i sacerdoti, i laici, le
religiose, i formatori, le comunità cristiane, i fratelli delle altre chiese e i seguaci delle altre
religioni, nonché uomini e donne di buona volontà, seguendo la definizione del Concilio, che si
impegnano a servire il bene comune. La Chiesa, popolo pellegrinante, si inoltra nel terzo millennio
dell’era cristiana guidata da Cristo, pastore grande, via, verità e vita.
1
Al Compendio occorre aggiungere l’ultima enciclica sociale del Santo Padre Benedetto XVI Caritas in veritate (29
giugno 2009), pubblicata dopo la presente relazione. La Caritas in veritate si pone in piena continuità con la Deus
caritas est (25 dicembre 2005), e con la Spe salvi (30 novembre 2007).
Strumento veramente fecondo, il Compendio non lo si può assumere solo come una proposta
sociologica, economica o politica; non dà ricette per risolvere in modo uniforme i problemi
dell’uomo. La sua lettura presuppone la consapevolezza che la dottrina sociale della Chiesa, pur
servendosi delle metodologie delle scienze sociali, non offre soluzioni tecniche per interpretare la
realtà, ma offre principi che vanno poi a valorizzare l’autonomia delle realtà terrene e - infatti - tanti
laici, “illuminati” dall’insegnamento della Chiesa ed impegnati nel campo della politica e del
sociale, hanno contribuito ad essa esprimendo in principi d’azione i dettati evangelici. È bene
ricordarsi sempre «che la dottrina sociale è della Chiesa, perché la Chiesa è il soggetto che la
elabora, la diffonde e la insegna. Essa non è prerogativa di una componente del corpo ecclesiale, ma
della comunità intera» (Compendio, 79). La dottrina sociale non è la bacchetta magica per risolvere
ogni problema!
Il Compendio attinge alla S. Scrittura, alle decisioni dei Concili, al magistero papale (encicliche,
esortazioni, lettere, messaggi, discorsi…), ai documenti ecclesiali (come il Catechismo della Chiesa
Cattolica), ai documenti delle congregazioni e dei pontifici consigli, alle riflessioni dei Padri della
Chiesa e di alcuni scrittori ecclesiastici, e al diritto internazionale. Ciò che colpisce immediatamente
è, però, la capacità di riportare costantemente agli aspetti biblici, alla Parola di Dio che sostiene
l’esperienza di fede del popolo di Dio e di ascolto dei bisogni di ogni uomo.
Nel testo pubblicato a cura del Pontificio Consiglio della giustizia e della pace, il Compendio ha
come copertina una riproduzione dell’Allegoria del buon governo, affresco di Ambrogio Lorenzetti,
conservato nel Palazzo Pubblico di Siena e databile al 1337-1340. L’opera doveva ispirare l’operato
dei governatori della città che si riunivano nella Sala del Consiglio dei Nove, o della Pace.
L’Allegoria nasce da una figura biblica, la Sapienza, raffigurata in alto a sinistra nell’atto di reggere
una grande bilancia a due piatti, in perfetto equilibrio. Ai suoi piedi, la Giustizia, splendidamente
vestita, coronata dalla scritta «Amate la giustizia, voi giudici della terra» (Sapienza 1,1) e
raffigurata mentre guarda in alto, alla Sapienza, che la guida e con le mani tocca i piatti della
bilancia, su cui due angeli amministrano premi e punizione: quello di sinistra dona a ciascuno
secondo i propri meriti, con una mano decapita un uomo, con l’altra ne incorona un altro; quello di
destra premia due uomini. Pensiamo alla giustizia di Dio, che coniuga allo stesso tempo amore,
misericordia e giustizia.
Ai piedi della Giustizia sta seduta la Concordia, rappresentata con una pialla da falegnami, perché la
concordia abbassa le pretese dell’orgoglio: se siamo concordi è perché siamo capaci di stare insieme
nell’umiltà, che è l’atteggiamento dei grandi. Solo chi è grande può essere umile, chi è piccolo è
piccolo non umile, invece Dio è umile perché è grande e si può abbassare, si può umiliare, infatti
Gesù, il figlio di Dio, da ricco si è fatto povero, da Dio si è fatto Uomo. La Concordia dà ai cittadini
(artigiani, professionisti, nobili, clero…) le corde collegate ai piatti della bilancia della giustizia, e
questi in corteo si dirigono verso il simbolo di Siena, la lupa con i due gemelli, sopra il quale si erge
il Buon Governo, rappresentato da un maestoso monarca. A lui i cittadini offrono la corda per
manovrare la Giustizia. Il Buon Governo è protetto dalle tre virtù teologali (Fede, Speranza e
Carità), mentre ai suoi lati sono assise le figure della Pace, della Fortezza, della Prudenza, della
Magnanimità, della Temperanza e della Giustizia.
L’affresco offre la visione tipicamente cristiana di un mondo in cui l’ordine esteriore scaturisce
dall’ordine interiore che l’uomo ricevuto da una parte in dono da Dio e dall’altra responsabilmente
scelto ogni giorno per poter concorrere attivamente al bene della propria città, della società intera.
Entrando nel cuore del Compendio, notiamo che questo documento è dedicato a Papa Giovanni
Paolo II, maestro di dottrina sociale, testimone evangelico di giustizia e di pace, che lo ha voluto
negli anni di preparazione e di celebrazione del grande Giubileo del 2000. Questo documento è
opera anche dello scomparso Cardinale François Xavier Nguyên Van Thuân, che prima di essere
Presidente del Pontificio Consiglio della giustizia e della pace è stato un grande testimone della
croce, forte nella fede negli anni terribili della prigionia in Viêt Nam.
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La lettera di promulgazione, del Card. Angelo Sodano, afferma che la Chiesa non ha mai rinunciato
a dire la parola che le spetta sulle questioni della vita sociale. La dottrina sociale ha, infatti, un
valore di strumento di evangelizzazione e quindi di educazione e di formazione. L’attuale Santo
Padre, Benedetto XVI, nell’esortazione apostolica Sacramentum caritatis, pubblicata a conclusione
del Sinodo sull’Eucaristia, scrive: «Il mistero dell’Eucaristia ci abilita e ci spinge ad un impegno
coraggioso nelle strutture di questo mondo per portarvi quella novità di rapporti che ha nel dono di
Dio la sua fonte inesauribile. La preghiera, che ripetiamo in ogni santa Messa: “Dacci oggi il nostro
pane quotidiano”, ci obbliga a fare tutto il possibile, in collaborazione con le istituzioni
internazionali, statali, private, perché cessi o perlomeno diminuisca nel mondo lo scandalo della
fame e della sottoalimentazione di cui soffrono tanti milioni di persone, soprattutto nei Paesi in via
di sviluppo. Il cristiano laico in particolare, formato alla scuola dell’Eucaristia, è chiamato ad
assumere direttamente la propria responsabilità politica e sociale. Perché egli possa svolgere
adeguatamente i suoi compiti occorre prepararlo attraverso una concreta educazione alla carità e
alla giustizia. Per questo, come è stato richiesto dal Sinodo, è necessario che nelle Diocesi e nelle
comunità cristiane venga fatta conoscere e promossa la dottrina sociale della Chiesa. In questo
prezioso patrimonio, proveniente dalla più antica tradizione ecclesiale, troviamo gli elementi che
orientano con profonda sapienza il comportamento dei cristiani di fronte alle questioni sociali
scottanti. Questa dottrina, maturata durante tutta la storia della Chiesa, si caratterizza per realismo
ed equilibrio, aiutando così ad evitare fuorvianti compromessi o vacue utopie» (n. 91).
Come cristiani, siamo chiamati a costruire uno sviluppo e un progresso che siano sostenibili e
storicamente realizzabili, mantenendo sempre ferma la consapevolezza che l’uomo è al centro del
progetto di Dio. La Genesi dice che l’uomo è posto nel giardino di Dio per coltivare e custodire (cfr
Genesi, 2,15), quindi la presenza dell’uomo è necessaria al giardino di Dio, altrimenti il giardino
stesso non avrebbe senso di esistere: il giardino di Dio esiste perché c’è l’uomo; anche gli animali e
tutti gli altri esseri viventi vengono dati da Dio in dono all’uomo.
Il testo del Compendio si compone dell’introduzione, di tre parti e di una conclusione.
L’introduzione ci prospetta l’impegno per “Un umanesimo integrale e solidale” (nn. 1-19) e ci
presenta una Chiesa che «cammina insieme a tutta l’umanità lungo le strade della storia» (n. 18).
La parte prima si sofferma sulla dimensione teologica, offre cioè i principi fondamentali «sia per
interpretare che per risolvere gli attuali problemi della convivenza umana» (Centesimus annus, 55).
Nei quattro capitoli trovano sviluppo:
1. “Il disegno di amore di Dio per l’umanità” (nn. 20-59), invito alla visione del volto di Dio, che
«risplende in pienezza nel volto di Gesù Cristo crocifisso e risorto» (n. 31);
2. “Missione della Chiesa e dottrina sociale” (nn. 60-104), rapporto illuminato da una Chiesa che «è
tra gli uomini la tenda della compagnia di Dio» (n. 60);
3. “La persona umana e i suoi diritti” (nn. 105-159), riflessione fondata sulla Chiesa che «indica e
intende percorrere la via dell’umanità» (n. 105), dal momento in cui il Figlio di Dio si è incarnato
e si è fatto uomo, Dio ha detto la sua passione per l’uomo e la Chiesa non può che fare altrettanto;
4. “I principi della dottrina sociale della Chiesa” (nn. 160-208), esposizione dei principi del bene
comune, della destinazione universale dei beni, della solidarietà e della sussidiarietà alla luce del
fatto che «il fine della vita sociale è il bene comune storicamente realizzabile» (n. 168), non le
utopie, ma progetti che rispettano la persona e il suo sviluppo integrale.
La parte seconda presenta la dottrina sociale come «strumento di evangelizzazione» (Centesimus
annus, 54) ed è composta da sette capitoli, ognuno dei quali si apre con un excursus biblico:
5. “La famiglia cellula vitale della società” (nn. 209-254), ribadisce che «senza famiglie forti nella
comunione e stabili nell’impegno, i popoli si indeboliscono» (n. 213);
6. “Il lavoro umano” (nn. 255-322), indica la persona come «il metro della dignità del lavoro» (n.
271), l’attenzione alla dignità della persona fa scaturire un lavoro decente;
7. “La vita economica” (nn. 323-376), ribadisce come solo «una finanza pubblica equa, efficiente,
efficace, produce effetti virtuosi sull’economia» (n. 355), il contrario di ciò, come abbiamo visto
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tutti nell’attuale crisi economica mondiale, produce effetti disastrosi sull’economia, sulla società,
sulle famiglie, sul lavoro;
8. “La comunità politica” (nn. 377-427), si basa sul l’asserto che «l’uomo è una persona, non solo
un individuo» (n. 391);
9. “La comunità internazionale” (nn. 428-450), fondata su «verità, giustizia, solidarietà, libertà» (n.
434), quattro pilastri per un’autentica convivenza tra le nazioni.
10. “Salvaguardare l’ambiente” (nn. 451-487), invito a custodire il mondo «come traccia di Dio,
luogo nel quale si disvela la Sua potenza creatrice, provvidente e redentrice» (n. 487)
11. “La promozione della pace” (nn. 488-520) ci ricorda l’eterna verità: «al centro del “Vangelo
della pace” (Ef 6,15) resta il mistero della croce» (n. 493), costruire la pace non è fare solo marce,
ma anzitutto cercare Dio, Signore della pace, ed essere in pace con se stessi, il prossimo, il creato.
Nella parte terza si approfondisce il messaggio sociale del Vangelo come «fondazione e
motivazione per l’azione» (Centesimus annus, 57) e si parla anche dell’impegno dei fedeli laici.
Nell’unico capitolo “Dottrina sociale e azione ecclesiale” (nn. 521-574), a partire dall’affermazione
che «Dio in Gesù Cristo salva ogni uomo e tutto l’universo» (n. 526) si parla anche dell’impegno
dei fedeli laici: «È compito proprio del fedele laico annunciare il Vangelo con un’esemplare
testimonianza di vita, radicata in Cristo e vissuta nelle realtà temporali: famiglia; impegno
professionale nell’ambito del lavoro, della cultura, della scienza e della ricerca; esercizio delle
responsabilità sociali, economiche, politiche. Tutte le realtà umane secolari, personali e sociali,
ambienti e situazioni storiche, strutture e istituzioni, sono il luogo proprio del vivere e dell’operare
dei cristiani laici. Queste realtà sono destinatarie dell’amore di Dio; l’impegno dei fedeli laici deve
corrispondere a questa visione e qualificarsi come espressione della carità evangelica: “l’essere e
l’agire nel mondo sono per i fedeli laici una realtà non solo antropologica e sociologica, ma anche e
specificamente teologica ed ecclesiale”» (n. 543).
Qui trova spazio anche il rapporto tra dottrina sociale ed esperienza associativa, nonché tutti gli
ambiti della vita in cui il cristiano è chiamato a mettersi al servizio. Alle associazioni e movimenti è
riconosciuto un ruolo importante nella formazione dei fedeli laici, una formazione che è
profondamente inserita nella stessa esperienza di vita apostolica. Il Compendio evidenzia il ruolo
dei fedeli laici e delle loro associazioni e invita i cristiani e, con loro, anche tutti gli uomini di buona
volontà, ad assumersi responsabilità sul futuro dell’uomo ribadendo l’importanza di ispirarsi
all’umanesimo integrale, personalista e solidale che mette al centro la dignità della persona umana e
valuta con attenzione e rigore tutte le situazioni che la indeboliscono e la degradano. Il principio
ispiratore del cristiano non possono essere le utopie o le ideologie, ma sempre la responsabilità
verso l’altro, che scaturisce dall’attenzione evangelica verso il nostro prossimo: la carità «fa vedere
nel prossimo un altro te stesso» (San Giovanni Crisostomo, Homilia De perfecta caritate, 1, 2).
La conclusione è “Per una civiltà dell’amore” (nn. 575-583) con l’auspicio che «la forza del
Vangelo risplenda nella vita quotidiana familiare e sociale» (n. 579). È necessario rivalutare
«l’amore nella vita sociale - a livello politico, economico, culturale -, facendone la norma costante e
suprema dell’agire» (n. 582) e così rendere la società più umana, più degna della persona.
«Solo la carità può cambiare completamente l’uomo», essa «rappresenta il più grande
comandamento sociale. Essa rispetta gli altri e i loro diritti. Esige la pratica della giustizia e soltanto
essa ce ne rende capaci. Essa ispira una vita che si fa dono di sé: “Chi cercherà di salvare la propria
vita la perderà, chi invece la perde la salverà” (Lc 17,33)» (n. 583).
Il Compendio si chiude con una preghiera di Santa Teresa di Gesù Bambino: «Alla sera di questa
vita comparirò davanti a te con le mani vuote. Possa Tu rivestirmi con la Tua giustizia e quindi
ricevere dal Tuo amore l’eterno possesso di te stesso» (n. 583). Aperto dall’immagine di una Chiesa
pellegrina nel mondo, il Compendio si conclude con la Chiesa dei santi che continua a pregare il
Signore, affinché riempia queste nostre mani vuote della sua giustizia e del suo amore.
don Angelo Casile
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direttore Ufficio Nazionale
per i problemi sociali e il lavoro
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